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ΪΊΙΙΛΙΑ- ΚηΐΖ.ΙΟΤί3ΓΕ
GREGORIO SE TTARI I.IBRAJO AL· CORSO
AT.L·· IJSr^K G]>i A η ' ΟΛ1Κ R Ο
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j KuNSTHiSTORitìC;}-? iNSTrruuT
-ocr page 2-Al ΝοΜΓιβηιο e ύβηήΐιβπίο Cdvdteré
IL SIGNOR CONTE
Patrizio Spoletino Confìgliere intimo d'Ambafdata
di S. A. E. di' SaiTonia, e Canonico delllUuftrs
Cattedrale di Varmia,
L' EDITORE.
Oche fono le dedicatorie nelle
quali non fia nafcoflo qualche
fermento d'adulazione, ο d'in-
tereiTe . Io sfido gli occhi i più penetranti a
trovarne un piccol feme in quefla che io caro
Signor Conte ora vi prefento, e ne appello
a chi conofce noi due, anzi a voi medefimo . La
fola riconofcenza , che è la pietra di paragone
degli animi' ingenui ed onorati, l'amicizia che
^ a è il
-ocr page 3-1 i
è il più dolce il più omogeneo affetto deiruo-
mo ben formato, quelle fole me Tanno detta-
ta . Perdonate fe non ve ne ho prevenuto
com'è il coftume 3 me ne ha diflolto il giufto
timore, che la voflra rara modeftia non me lo
impediffe , nel· qual cafo certamente non avrei
faputo difobbedirvi. Sarà quella la fola foper-
chieria che potevate temere^da me , e fon troppo
ficuro deHanimo e della amicizia voilra per dubi-
tare dWamorevoIe gradimento. Inoltre queila
dedica vi conviene per ogni conto, giacche per
Tanguiliadel tempo non mh flato permeffo rindi-
rizzarvi qualche cofa del mio, come avrei defide-
rato. E'quello libro opera d'un Ecclefiailico, che
quando viife era faviiiinio, e voi Io fiete al pari
di qualunque. E' opera di belle Arti, e chi ne è
più amante e conofcitore di Voi ^ che avete
raccolte tante e sì belle cofe in queflo genere?
E' opera da me data alla luce, e chi v'è più
tenuto di me per tanti contraifegni d'amore che
la voftr'anima grande m'ha dato mai fempre per
lo fpazio di vent'anni, che ho l'onore di conofcer-
vi? Permettetemi, che io qui fra tant'altri che
potrei accennarvi vi rammenti quanta confolazio-
ne mi davate nel tempo che la più violenta guerra
Ili
a ζ
ci faceva impallidire, quandoInfieme quafi pri-
gionieri paiTeggiavamo talvolta per confòrto'nel-
la incomparabile Galleria delle pitture del Re
Nofìro Signore, e fentivamo d'intorno a noi rim-
bombare le nimiche artiglierie ^ Ricordatevi di
quel funeilo afledio di Drefda > che per tanti
giorni mi tenne amaramente da Voi Ìeparato 9
giacche Voi refiafle fra gli Auftriaci nel voftro
fuburbano Giardino, ed io co miei Sovrani fra
le truppe Prufliane chiufo dentro della Città
ilretta e bloccata , Ricordatevi quale trafporto
di gioja ebbi nel rivedervi appena dopo ria-
perta la piazza e che vi trovai ilare ed impavido
benché il cannone, e le fiamme oflili foiTero
venute fino alle voilre camere a fpaventarvi .
Fumavano ancora le rovine de' miferi borghi
quando io uno de' primi impaziente le paflai
per venire a darvi tra lagrime di tenerezza le
nuove della migliore delle Sovrane la vofìra e
mia Protettrice , e ad abbracciarvi. Ricordate-
vi che dopo la relazione fattavi della Real Fa-
miglia che tanto v'intereiTava la prima cofa che
mi domandale fu dello flato della Regia Gal-
leria delle pitture fin allora circondata da tan-
ti pericoli · Non vi fu mai Piloto fcampato
dal
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dal naufragio, cìie giunto nel Porto fenta mo^
nienti più dolci di quelli che voi, ed io allora
quafi a gara provammo. Oh caro Conte quan·
to bramerei di poter chiamare Porto per me
anche quefìa gran Capitale ove ora per gli ordì-
ni del mio Sovrano rifiedo, e rifiedo appreflb
del più adorabile de' Pontefici, ma pur troppo
malgrado i fuoi Archi, gli Obelifchi, e l'ope-
re di Raffaele ο di Michelagnolo la bella , la
gran Roma non farà mai porto tranquillo per
me finche tanto tratto d'Europa mi feparerà da
Voi, e da chi per mille ragioni dee tanto ftar-
mi a cuore come fapete. Addio caro Conte,
confervatemi la grazia voftra ed afficurate-
vi , che non ceiTerò mai d'amarvi che quan-
do cefferà in me la vita, ο il defiderio di ri-
vedervi · Vale >
IM-
-ocr page 6-'IMPRIMATUR:,
Si vtdebitur Reverendiffimo Patri Magiftrò' Sacri Pa-
latii Apoftolici.
D. 'Jardaniis Patrìarch, Amtoch. Vkefgerens.
# "Ι"· ι·'-· Il ' I I
IN qiieile Vite de" Pittori j Scultori j ed Architetti fcritte da Giain-
battifta PaiTeri e da me rivedute per ordine del Rmo P. Mae-
ftro del Sacro Palazzo Apoftolico ho io ritrovato uno ftile unifor-
me j e facile j una ferie di fatti riuovi ^ ed intereflanti^ ed una rara
modeftiaj che regna per tutta l'Opera. Divertono effe^ ed ammae-
flrano . Ne prefagifco dunque ^ dandoli alla luce j un applaufo uni^
verfale. Ecco le ragioni della mia approvazione ►
D' Cefareo Pozzi Abb. Olìvetano Lett. Pub. G. nella Sapiens
za di Roma j e Bibliotecario della Biblioteca Imperiali 4
Pr. Thomas AuguftJnus Rìcchinius Ordinis Priedica-
torurn Sac» Pai. Apoft. MagiileT,
XVΙ
DISCORSO PRELIMINARE
iambattifla PaiTeri Pittore ed Autore delle
prefenti Vite nacque come da quefti fcrit-
ti lì raccoglie circa Tanno i(5io. 11 Ta;a
nella fua defcrizzione del Vaticano dice ,
che quefta famiglia de PaiTeri era origina-
ria di Siena , ed egli ne faprà le ragioni.
Da chi il noilro Scrittore apprendeiTe i primi rudimenti del
difegno non faprei dirlo < Egli medeiimo narra nella Vita
dei Domeni-ctóno , che da giovinetto fi diede allo iludio
delle belle lettere > e che non fi rivolfe al difegno che
aiTai tardi . Ivi pure dice che al fuo vigefimoquinto anno
appena era inoltrato nell'arte del colorire, e che in queir
anno medefimo andò ad ajutare in Frafcati il Canini per
ritoccare la^ Cappella domeftica de' Signori Aldobrandini
dipÌDta ad olio dal paiiìgnani la quale per Γ umidità co-
iti in eia va a fcroftarlì . Trovavafi allora in quella belliiGma
Villa il Domenichino fuggito come ogniun sà da Napoli, ed
ivi imparò il PaiTeri a conofcerlo. Egli fteiTo fe ne efprime
dicendo che Io guardava^ come farebbefì un* Angelo difcefo
dal cjelo, tant'era laftima, che ne àvea concepita. Lavo-
rò doppoi il PaiTeri var; quadri per particolaiì^ e fpecial-
mente per la cafa Coftaguti che ha fempre amate le bell'ar-
ti , ma non v'è del fuo in Roma al publico, ch'io fappia ,
verun'opera d'importanza. V'era un folo quadro da altare
in S. Gioan della Malva di là da Ponte Siilo ove avanti la
loro abolizione ftavano i Gefuati, ma ora non v'è più per-
chè è flato rinovato l'altare , ed il quadro trafportato in una
camera dell'abbandonato convento ove è quafì perito . Appe-
na fi riconofce , che v'era una gran Croce nel mezzo con
S. Girolamo da una parte, e il Beato Giovanni Colombini
dall' altra,^ Qiian-
y
XVΙ
Quando mori in Napoli accorato da difgiifti il povero
Donienichino che fu l'anno 1541 il PaiTeri , il quale appunto
in queir anno, fe non isbaglio , era Principe dell'Accader
mia di S. Luca ne ebbe un dolore atrociflìmo, Non potè
egli apportare altro alleviamento alla fua afflizione, che fa-
cendogli celebrare un* accademia funebre di verfi , che fi
recitò folennementé nel gran falone della Cancelleria a_»
S. Lorenzo e Damafo. La Chiefa dell'Accademia di S. Lu*
ca ove avrebbe dovuto efeguirfi era ingombrata dalla fab-
brica , che ne flava allora facendo Pietro da Cortona . 11
Paiferi come Amico, Letterato , e Pittore vi volle fare
l'orazione funebre, e dipingere il ritratto 4el Defunto che
con belli ornamenti dall'Autore ideati fervi alla funzione,
e pafsò dappoi fra i ritratti de'Pittori illuftri , che fi ve-
dono prefentemente nella Sala di S. Luca . Doveano per
mezzo delle ftampe publicarfi coli' orazione tutte quelle
compofizioni poetiche ma l'invidia lo impedì come fuccef-
fe varj anni dopo in Bologna anche per la morte dell'Albani.
Fu chiamato al fervizio del Re di Francia del 154S
il celebre fcultore AleiTandro Algardi di cui era grand'a-
mico il PaiTeri. AleiTandro lo invitò ad accom.pagnarlo a
Parigi, ma quello viaggio non ebbe poi luogo, perchè l'Ai-
gardi dopo varie incertezze perfuafo dal principe Don Ca-
millo Pamfìlio rinunziò a COSÌ luminofa occafione e finì di
fìabilirfi in Roma,
Dilettavafi molto di far verfi ii noftro PaiTeri, e fcri-
vea fpiritofamente benché nello ilile affettato di quel feco··
lo. L'anno , quantunque egli foiTe attempato reci-
tò in una di quelle folenni Accademie che all'occafione del-
la diftribuzione dei premj del difegno foglionfi ora celebra-
re in Campidoglio alla prefenza della primaria nobiltà , e
di molti Cardinali. Bravi tra gli afcoltanti il Cardinale Al-
tieri parente di Clemente X allora regnante , e che per
tanta fublime aderenza avea in Roma grande autorità , e
vili
credito . II PaiTen diiÌe un fonetto che fcherzava fui pro^
prio nome moilrando che il pafTero benché vile, e dirprez-
zato uccelletto col rapido fuo volo può innalzarfi fopva
tutti gli altri j e lanciarfì fin preiTo alle nubi. Quello biftic-
cio, che a giorni noftri avrebbe al più fatto ridere fu per
lui fortunato , perchè il Card. Altieri lo trovò una cofa in-
comparabile, e innamoratofene gli ottenne dal Papa un be-
neficio Corale nella iniigne Collegiata di S, Maria in Via
Lata . Mediante queila grazia il PaiTeri, che era già Chie-
rico provetto fi ordinò Prete , e diiTe MelTa.
Il rariiTìmo cafo d'avere fatto fortuna per un fonetto
produiTe a Giambattifta ozio, e tranquillità, ed è molto pro-
babile , che in queflo tempo s'impiegaiTe a lavorare ο almeno
a profeguire l'opera preiente» Lo avrà fatto tanto più vo-
lentieri quanto che parlando di ProfeiTori fuoi conofcenti ,
e d'un argomento a lui tanto famigliare era ficuro di feri-
vere un'opera intereifante e guftofa per gli amatori delie
belle arti. Ma pur troppo è vero che Tuomo non può vivere
lungamente nella felicità, e che il ripofo è un dono falla-
ce , che non fa ilare con noi . Andò egli un giorno a vi-
etare Luigi Garzi fuo parente, e buon Pittore, e Io tro'
vò gravemente ammalato. Non fi può efprimere quanto fi af-
fìiggeiTe quell'onorato vecchio vedendo in pericolo Tamico
nel più bel fiore degli, anni, nel germoglio delle fperan-
ze , e nel maggior bifognodi fua numerofa famiglia . Oh Dio>
diife il PaiTeri colle lagrime agli occhj , perchè mai non
lafciate voi in vita quefto valente artefice, che è all' au-
rora de' fuoi giorni, e delle fue fperanze, e non chiama-
te me piuttofto, che fono inutile ed al fine della mìa car-
riera ? Non fi farebbe certamente afflitto tanto fé aveiTe
potuto indovinare , che il Garzi non dovea morire che nona-
genario . FoiTe cafo, ο fofle volontà del cielo il PaiTeri andò a
cafa e s'ammalò , e mentre che il Garzi guariva , egli anda·
va peggiorando» Abitava allora Giambattifta nelle Cafe di
S. Mar-
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S, Martina fpettanti all'Accademia de' Pittori, fotio la par-
rocchia di San Lorenzo in Miranda . Ivi ordinariamente
flava foletto, e fenza neiTuno che lo ferviiTe per la qual
cofa ,credette opportuno il fariì trafportare non fo appreiTo
cìi chi fotto la parrocchia di S. Tommafo in Parione. Fu in
quefta cafa che in alcuni giorni con criftiana , e filofoiìca
reiTegnazione morì li 22. Aprile 1579 , e ne fu folenne-
mente trasferito il cadavere alla fua Collegiata al Corfo
ov'ebbe onorata fepoltura.
Fu il PaiTeri, come da Tuoi fcritti pare, uomo di foda pie-
tÀ. benché confeffi incidentemente in uno de'fuoi prologhi,
che nella gioventù avea fatto come tant'altri. Ebbe molta
vivacità nello fcrivere, e forfè eguale ingegno. Per la Teo-
ria dell' arti fue egli ne parla fempre con gran faviezza e
criterio, e ne fa i' iftoria municipale al pari di chiunque ,
Fu fuo nipote Giufeppe PaiTeri Pittore non difpregge-
vole e fcuolaro di Carlo Maratta. Quelli pure morì qui in
Roma affai attempato del 1714, e fe non erro finì in lui la
ilirpe mafchile de' Pafferi. II loro nome però durerà lun-
go tempo per le pitture di quefto, le quali vedonfi fparfe per
Koma, e durerà mercè la prefente opera di Giambattifta,
Queile notizie le ho raccolte parte dalle vite che ora ef-
cono ove parla di fe medefimo, parte da un manofcritto
di Pittori del 17Z4 di Nicola Pio efiftente alla Vaticana,
parte dal fuo Capitolo di S. Maria in Via Lata , e parte
dal Libro de' Morti di S. Lorenzo in Miranda. Ragioniamo
ora della copia di cui mi fono fervito , e dell'opera medefima,
11 mio manofcritto apparteneva al celebre Pittore Be-
nedetto Luti, il quale Io avea fatto trafcrivere nitidifilma-
mente, contraffegno del cafo che ne facea . Bifogna che il
PaiTeri non gli deiTe l'ultima mano perchè oltre a mille
periodi non finiti v'erano varie lacune che ho trovate in
tutti gli altri efemplari della medefim' opera a me noti .
Se quelli che poiTeggono quefto manofcritto Io collazione-
χ
ranno colla mi^ edizione vi troveranno qua , e la grande
diverfità ; ragion vuole adunque che io di queila ancora ren-
da conto al publico.
Fu il PaÌÌeri come s'è detto Scrittore del fecolo paf-
fato , fecolo pieno di falfa eloquenza , di penfìeri affetta-
ti di giuochi di parole. In quefta cattiva fcorza erano in-
volte le prefenti Vite, e ne fono ftate ripurgate alla me-
glio che s'e potuto . Oltre a ciò dimentico della bella
femplicità di Cornelio Nipote avea egli voluto attaccare
ad ogni Vita un prologo, come fecero il Vafari , e dopo
lui tant'altri Biografi Pittorici cofa difficilifiìma a farfi be-
ne . Oggidì fi flcnta a leggere i Prologhi buoni quando fo-
no frequenti, come fi farebbero mai potuti leggere fenza
noja queiH del PaiTcri per Io più inutili , e quafi fempre
lunghiffimi i Tutti quefti Prologhi, fono itati rifecatì perchè
non erano fufcettibili di ritocco, e fidati pure di me Leg-
gitor caro che me ne devi eiTere obbh'gato. Nel contefto
delle Vite ho meiTo il verbo dove mancava , il che era
aÌTai famigliare al buon PaiTeri, ho amputate quafi tutte
le frafi feicentiftiche, 1 giuochi di fpirito le repliche faftidio-
fe di parole che erano preiTo chè infinite ; fono tanto lon-
tano dai pentirmene, che non fono pienamente ficuro d'a-
verne levato abbaftanza. Al contrario ho lafciato religio-
famente tutte le riflefi^oni dell'arte, che nel noiiro Auto-
re fono fempre magiftrali e giufle egualmente che i fatti
pittorici e gli anegdoti i quali a mio giudizio formano il
migliore di queft'opera. In fomma il ritoccarla ha confifti-
to più nell'amputare, e cancellare l'inutile che nell'abbel-
lirla. Secondo me iJ miglior ornamento de' libri iitorici
è il non averne neiTuno.
Della purità della lingua non fono flato molto folleci-
to , affine di non tormentare troppo il tetto, e torre con
ciò al PafiTeri quell'aria di originalità , che egli fe vìveiTe
avrebbe diritto di confervarfi. I Libri di Pittura non è ne-
cefla-
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ceiTario , che abbiano tutte le parole bagnate nell'Arno come
il Rtpofo del Borghini, ma devono eiTe re chiari ed inftruttivi ·
Lafcerò giudicare a te il PaflTeri iìa tale.
E' neceiTario il prevenirti, che l'autore non era niente
amico del Bernino contro cui s'era formata qui in Roma
«na terribil congiura parte a cagione dell'invidia ? e parte
per le fue maniere troppo prepotenti, e fevere . Non ti
maravigliar dunque fe il PaiTeri non ha lafciato sfuggir'oc-
cafione di mordere acremente la fua morale, ο la fua
poca fìncerità , benché non manchi di rendergli giuftizia
quando fi tratta dell'arte . Non iilà a me a dar ragione, ο tor-
to al PaiTeri , ο al Bernino ma fe doveiTi farla da giudice
farei troppo preoccupato per fautore della incomparabil fon-
tana di Piazza Navona, del gran Colonnato di S. Pietro e
di tant'altre maraviglie di Roma, e dell'arte . Come lì
può dar torto a chi ci da quotidianamente tanto piacere ì
Se mai qualcuno domandaiTe perchè il PaiTeri lìa ilato per
quafi cent'anni fepoho nelle tenebre deirobh'o , facile ikrà
il dargli rifpofta. lo credo doverlo attribuire alla libertà
con cui aveva fcritte quefte fue Vite. Non fo negare che
qualcheduna delle fue efpreiKoni è iìata da me addolcita,
benché da tanto tempo in qua fieno morte le perfone che
v'erano intereiTate . La carità , ed il rifpetto iì devono
anche ai Defunti , che per eiTer tali non anno perduto il
diritto di pretenderlo quando Tan meritare in vita . Di più
non fi trattava qui folamente' di Pittori, ο di Scultori ,
ma di perfone fommamente rifpettabili, ο di Magnati del-
le j)rìme famiglie di Roma . Di quello però non bifogna ma-
ravigliarfene. Gli artefici delle bell'arti fono per lo più ca-
pricciofi, e come dice Orazio de' Poeti Genus ìrmabìle, e
chi gli adopra non è fempre abbaftanza docile ο intelli-
gente. Se non avelli moderato quefti luoghi tu farefti an-
cora privo del piacere di leggere queila bell'opera perchè
non avrei potuto prefentartela . Hahent fua fata libelli. ^
b 2 Singo-
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Singoiar cofa è che il PaiTeri non citi mai le Vite
del Bellori, che erano pure ilampate lu i vivente in Roma,
c fra le quali v'era quella di qualcuno de' medefimi Pro-
feiTori trattati da lui . Quello filenzio fembra troppo affet-
tato . Chi fa fe ancora contro il Bellori come contro il
Bernini non aveva il PaiTeri qualche cofa fui cuore ? Dal
contefto de fuoi fcritti mi pare di travedere che il noilro
Autore aveiTe le pailìoni affai vive, e non perdonaffe fa-
cilmente · Ma non è poco quando gli fcrittori fi vendica^
no de' loro avverfar; colla fola preterizione e col filenzio.
Al fecolo noftro vi fono pur troppo molti che penfano
altrimenti anzi fi direbbe , che i giuochi de' Gladiatori fo.
no ormai paffati dairAnfiteatro alle Accademie per diver-
tire l'Europa·
11 Malvafia no, che io non credo foflfe noto al noilro
Autore , poiché non ufcì che due ο tre anni al più prima
della morte del PaiTeri già vecchio , malinconico , e folr-
tario, ed ufcì in Bologna . E' naturale che dopo la ftampa
fe ne ritardaife anche la publicazione per mandarne i pri-
mi efemplari a Verfailles al Re di Francia a cui fu dedi-
cato . Al Malvafia però non fu ignota la perfona del PaiTeri,
perchè io nomina airoccafione dell'orazione funebre da Ini
fatta tant'annì prima al Domenichino, benché ne ilorp; U
nome chiamandolo GiambattiUa PaiTcrino . Ma fiafi come
fi voglia certo è che il Biografo Bolagnefe in fatto di Pit-
tura avea più da imparare dal PaiTeri , che queili da lui'.
11 primo fovente annoja , e non fempre inilruifce , il fe-
condo non ceiTa di divertire, e d'ammaeilrare dal princi^
pio fino alla fine. QLiefle poche cofe non mi pareva giuilo
che tu ignoraifi. Vivi felice.
LET-
-ocr page 14-xm
MONSIGNOR GIOVANNI BOTTARI
all'editore di q^ueste vite.
On pojjo abbaflanza fpkgarvi II piacere j che mi ha
recatt) la Lettura delle Vite de'Pittori fcrltte da^
GIAMBATTISTA PASSERI ^ fiate finwa Inedite
anzi fepolte neW oblio ^ ne pojfo a fufficlenza rin-
graziarvi della gentilezza amichevole y che mi
avete fatto di anticiparmi quejìo piacere col mandarmi ì fogli che
'via via tirava lo Stampatore . Elle fono bene dljìefe j con uno
jìlle elegante e vero j ma naturale e niente affettato quafì fuW an-
dare dello βΐΐβ del Vafarl j e piene di notizie recondite 3 le qua-
li fodlsfano la curlofità di chi β diletta della Storia de''Profeβ'orì del-
le tre Belle Arti 3 de'' quali fono uno lo 3 che pluttoflo me ne diletto
joverchìamente ^ anzi è Punico fpaβo che mi fa rlmaflo in quefla mia
grande età .
La prima notizia che aveffi di quefle Vite ^ Ρ ebbi daWeruditlf-
fmo Slg. Pietro Marlette j che In una Lettera a me fcrltta j e ftam~.
pata al numero primo nel Tomo fefio delle Lettere pittoriche a car-
te IO., dice·. Io ho una Vita dì Pietro da Cortona MS. di Gio. Bat-
tifta Pafferi j che non è terminata j e quel che ò terminato è mal
fatto . Ma quefla critica di Monfeur Marìette nou Vi faccia fpeci^
perche è d^ un uomo ^ che In genere di quefle afe è il più erudito ^
ed incontentabile che fìa tra i viventi ^ e forfè tra tutti l trapala-
ti ^ nè fo fe verrà mal un altro ^ che abbia un Mufeo di sì fatte co-
fe più ricco j e più curlofo tanto di libri flampatl ^ che di manofcrit-
tì 3 i quali fe aveffe potuto vedere II Pajferl Ρ avrebbe fatta certa-
mente più bella 3 più piena j più accertata e ricca come ha fatte le
altre . l/ol che conofcete queflo celebre letterato francefe 3 ^ ^^^ ^^
Parigi avefle 3 per quanto mi pare j la forte di ammirare la fua cor-
• ■ tefia
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tefia e la fua ìrrimenfa collezione mn mi darete torto . Eccovi quello
che ρφβ psr la mente a Monfìeur Marktts quando fcrìjje è mal fatto,
// Sig. Abate Lucci Qentlluomo Cortomfe Cafionko nella Dia-
conia di S. Euflachlo mi dljfe molti anni fono di a'vere ancF egli fcrlt-
ta la Vita di Pietro da Cortona e 'volerla fare jìampare j ma fone
anche molti anni pajfatl j e non è 'venuta alla luce forfè ritardata
per 'varie ragioni.
Del rcjh lo φ/ poffo ajjìcurare che quefi^ opera del voflro Pajferl
farà molto gradita ^ ne riceverete applaufo 3 e vi obbligherete le tre
Belle Arti ^ e l loro profejjorl 3 come anche quelli che fe ne diletta-
lo 3 e tanto più fe fe ne intendono ( il che non fiegue fempre ) per-
che dilettante pon vuol fempre dire intelligente , Per una fatale dlf
grazia da molti anni c^uejU due Epiteti non fi conglungono che di
rado Infteme come β congiungevano al tempi de^ Leoni X, j de" Cle-
menti Vlh ) e degli altri Principi Medìcei 30α quelli degli Vrba-
ni J/IIL A'vrel defiderato bensì 3 che foffe fatta a quejlo Libro qual-
che piccola annotazione per aggi ugn ere alcune particolarità Importan-
ti fcappLite al Pajferl 0 per hbagllo dì memoria 0 di cognizione j «
fuccedute dopo la fua morte 3 e che egli ncn poteva fcrlvere fe non^
per profezia 3 ma ciò non pregiudica al merito del libro,
Ve lo dico per isfuggire qualche Inglujla critica di alcuni mo-
derni 3 che fcrivono di quejV Arti 3 ì quali β può dire col Foeta Ϊ2.-
clunt nae ìntelligendo ut nihìl intellig^nt ' ^ quepl β adatta per
appunto quel luogo del pcflro buon Dante
Non ragionar di lor ma guarda e paflii,
Vale.
DI Cafa li 4. Novembre 1771.
-ocr page 16-xr :
Omenico Zampieri detto 'il Domenichino . Pittore,
ed Architetto morto l'anno 1541. pag. i
Baccio CiArpi. Pittore morto 49
PiERTo Wander detto il Bamboccio. P. m. 1542.
Guido Reni . Pittore morto 1542. 57
Francesco Fiammingo . Scultore morto 1^43. 83
Agostino Tassi. Pittore morto 1644. 99
Francesco Mochi . Scultore morto 164.6. 114
Giovanni Lanfranco. Pittore morto 1647. 122
Andrea Camassei . Pittore morto 1648. 157
Giambattista Calandra. Mufaiciila morto 1548. 16$
Vincenzo Armanno . Pittore morto 1549.
Alessandro Turco. Pittore morto i^Jo. 173
Pietro Testa . Pittore morto ι6ζο. - 178
Angelo Caroselli . Pittore morto 165^. 188
Alessandro Algardi . Scultore morto 1^54. 196
Girolamo Rainaldi . Architetto morto i^j^. 217
Giovanni Miele. Pittore morto 1656. 224
Martino Lunghi. Architetto morto ι6$6. 229
Guido Ubaldo Abatini . Pittore morto ι6$6. 24o
Luigi Gentile. Pittore morto 1557. 249
Giuliano Finelli . Scultore morto ι6$η. 254
Agostino Mitelli . Pittore morto i^-^o, 26^
Francesco Albani. Pittore morto 1660, 275:
Michelangelo Cercìuozzi . Pittore morto i6"5o. 299
Caterina Ginnasi . Pittrice morta 1660» 106
Andrea Sacchi . Pittore morto i5ì5i. '
Gio; Francesco Romanelli * Pittore m to 1662. 328
Giuseppe Peroni . Scultore morto 1661- 337
Mi co-
D
I I.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VI I I.
IX.
X.
XI.
XI I.
XI II.
• XIV.
Xv.
Jtvi.
Χνϊ I.
XVI I i.
XIX.
XX.
XXI.
XXI I.
XXIII.
XXIV.
XXV.
XXVI.
XXV 1 I.
XXV III.
XVΙ
xxix. Nicolo'POUSSINO. Pittóre morto ι6$6. 343
XXX. Francesco Baratta. Pittore morto 1666. g5o
xxxi. Gio: Aistgelo Canini . Pittore morto 166^. 564
xxxir. Gio: Francesco Barbieri detto ii Guercino . Pit-
tore morto i66j,
xxxi li. Francesco Bordm ino, Architetto morto ιβό^. 383
XXXIV. Pier Francesco Mola. Pittore morto 166S. 390
xxxv. Pietro Berettini da Cortona Pittore , ed Archi-
tetto morto 1^70. 398
xx^vi. Salvator Rosa, Pittore, e Poeta morto 1573. 416
'detto
Morì V Anno 1^41.
Acqiìe Domenico Zampieri in Bologna ΓΑη·
no 1581. regnando Gregorio Xill., e die-
de a divedere nell'efercizio della Pittura
il più bel genio, che abbia mai neiTun'in-
gegno faputo dimoitrare con tante prero-
gative. Ben è vero," che il Tuo nobile ta-
lento non fu tradito fotto la difcipiina di
Dionigio Calvart Fiammengo , c dopo per miglioramento
ibtto Ludovico Caracci , dal quale ebbe occafione di be-
vere ne'prìmi anni il foftanziofo latte di così dotti infegnamen"
ti. Da giovinetto era da' fuoi Parenti mandato alla fcuola
della grammatica con intenzione d'incamminarlo per la via
delle lettere al Dottorato : mentre un* altro fuo fratello ,
che chiamavafi Gabrielle , deftinavano alla Pittura . Ma
perchè la fua vocazione era di contrario fentimento , non
concorreva con la volontà a quefta difcipiina : anzi refofi
neghittofo per quello profitto per lo più tradiva fe mede-
fimo nel progreiTo della fcuola , impiegando i giorni in-
tieri in un'ozio infingardo ritirato in cheta folitudine , ο
dando ad intendere a' fuoi d' efercitariì nello Audio . Sco-^
perta al fine dal Padre la poca inclinazione del figlio alla
letteratura, fecegli domandare a che cofa defiderava applicariì,
ed egli manifeilò d'eiTer chiamato con violenza alla Pittura .
Concorre il Padre col parere degli amici ad aprire Γ adi-
to a quella fuo defiderio, ed applicatolo in tutta diligenza
a così beir efercizio confegnollo , come diflì prima , a
Dionifio Calvari, e poi a Ludovico Caracci . In queila_j
nuova applicazione del Zampieri mi viene avanti una
cofa molto difficile ad eiTer creduta , perchè vogliono
alcuni, eh'egli faceiTe apparire fui principio in fe medefi-
mo una rozzezza del tutto incanisce a ricevere qualunque
forte d'infegnamento nella profefiìone , e che di lui fi te-
neÌÌe difperato il cafo di potervi far profitto d' alcuna for-
te . Non poiTo darmi ad intendere, che un talento così" vi-
vo j ed un* ingegno così ben organizzato con sì buona dif-
pofizione deiTe fegno di tanta incapacità , come aiierifco-
no 5 ma credo che quefto fia un' inganno di cognizione ,
perchè alcuni pretendono , che Γ apparenza d' un' indizio
fpiritofo confìfta in una violenta dimoftrazione d' una fubi-
ta vivacità , la quale è foggetta ad operare come il lam-
po, che dimoftra uno fplendore così luminofo > e non è che
un baleno . Noi vediamo che una pianta , la quale nelle pri-
mizie della fua cultura manda in un fubito le foglie alla
luce , con la medefiraa celerità fi flerilifce j ma quello
quercie annofe, che s'inalzano cosi fiiperbe, hanno prima
di ibllevare le loro cime con molto tempo dilatate le ra-
dici per fabbricarfene un fondamento corrifpondente alla lo-
ro elevazione. Perchè refti diilrutta così fallace opinione
di quefto grand*uomo, egli medefimo ne fece apparire le
pruove: poiché quando fu il tempo di far conofcere nell'ope-
re fue quanto aveva guadagnato in quella fua taciturna len-
tezza , diè chiaramente a conofcere, che non era inferio-
re a quelli > che s'erano dimoflrati così pronti, e velo-
€i ► Se pareva che pello itile di difegnare egli foife timi-
ζ A Μ ρ I E R I . 19
do , ed irrefoluto, non era ciò perchè mancaiTe nella par-
te del buono intendimento , ma il fuo timore nafceva dal
defiderio di ftabiliriì in una perfetta determinazione nelle
fue cofe , e andava indagando le più vive, c le più pro-
fonde finezze dell'Arte. 11 maggior errore della gioven-
tù inefperta è , che inalzano la fabbrica de' loro ftudii fen-
za foftanza di fondamento, e s'appagano folamente del fcm-
plice diletto dì un briofo maneggio di lapis, fenza attende-
re ( quanto al nudo ) alla buona Intelligenza dell' Anato-
mia , quanto ad un Pittore è neceiTaria per collocare per-
fettamente i mufcoli al proprio luogo , e non a capriccio,
e di propria invenzione, come interviene a molti, che fi
ibno lafciati trafportare da quella trafcuraggine. Egli Γι vol-
le bene iftruire in tutto ciò, che potevagli occorrere nell'e-
fsrcizio della fua profeffione. Procurò d' erudirfi nella per-
fezione della buona lìmetria dell' Ottica , e della Profpet-
tiva, tanto neceiTaria a chi defìdera collocare faggiamente
a fuo luogo le figure in un copiofo componimento, e fa-
perlo diftribuire regolatamente in un piano, Non s" arreftò
di fare quello iludio, che convenivafi ad un perfetto Pit-
tore di paefì , per dare da fe medefimo il compimento do-
vuto air Opere fue. QLiello in che fi refe maravigliofo fu
V oiTervanza del decoro : ftudio il più Indifpenfabile ad un
nobile Pittore , per fapere efprimerc proporzionatamente
le figure nell' eiìèr proprio, con tutt gli accompagnamenti
dovuti. Ha certamente il Zampìeri occupato il primo luo-
go neir erprefiìone, ed ha introdotto a favellare le fue di-
pinte figure , dando a ciafcuna debitamente quanto conve-
niva. Per quello che fece conofcere di fe medefimo fui
bel principio ne fono teilìmonj le tre lunette dipinte da^
lui a frefco nel portico di fuori della Chiefa di S. Ono-
frio, dove rapprefentò tre avvenimenti del S. Dottore del-
la Chiefa Girolamo , Nella prima vicino alla porta del
Convento , dipinfe quando il Santo giovinetto ( com' era
A a
coftu^
-ocr page 21-4 DOMENIC O
coftiime) ricevette le velli candide dette di Crifto in Ro·
ma, cioè a dire quando fu battezzato nella conformità del
rito di quei tempi . Nella feconda quando invaghito deire-
x.udita lettura di Cicerone fu flagellato da un' Angelo per
comando di Noftro Signore in penitenza di queir infrut^
tuofo trattenimento. Nella terza le invaiioni, che riceve-
va nel deferto dall' inimico comune con le lafcive appa-
renze .di donzelle danzatrici, e d'altri diletti del fenfo .
benché in quelle lilorie egli fi ferviiTe d' alcuna figura del
Caracci della Galleria Fariiefe, non è per quefto degno di
biafimo , nè dee incolparfi di debolezza neirinvenzione , ο di
mancanza d'un buon ricapito: poiché in quel fuo furto fe-
ce fcoprire una faggia avvedutezza, che feppe valerli d'una
attitudine molto a propoiito per il fuo bifogno , applican-
dola così adattatamente. Diede però Tempre chiariffimi fe-
gni d' un profondo fapere , e di un gufto perfettiflìmo in
nittc Γ opere fue, riducendole ad un fine efattiffimo , che
le rendeva bene ftabilite, e conclufe, La fortuna, che non
iftimò bene di laiciar languire un' ingegno cosi fegnalato ,
fenz' eiTere da lei in alcuna parte favorito , gli porfe co-
jnodità di qualche follievo in Cafa di Monfignor Agucchia
Bolognefe, nepote del Cardinale di quello cognome , che
fu Titolare di S. Pietro in Vincola . Qiiefto Prelato inva-
ghitoli del fuo bel talento , ed avendoli- dato llanze nel fuo Pa-
lazzo, gli andava del continuo procurando occafionì, defi-
derofo eh' egli fi avanzaiTe nella cognizione, e nel credi-
lo . Ma il Cardinale fuo zio più volte Io riprefc di quella
inutile protezione ( com' ei diceva ) che impiegava-»
nella perfona di Domenico, da lui giudicato per inetto, ed
jnfufficiente. Da quella finillra opinione , che aveva del
SSampieri il Cardinale prefe occaiione Monfignore, cheJ
egli dipingeiTe un quadro con ogni iludio polTibile, ed ef-
ponendolo al pubblico delTe a conofcere , che la fua pro-
tezione noii era vana in un giovine di quel valore, ed eC-.
fendo
-ocr page 22-2 A Μ Ρ Ι Ε R ι: 5
fendo il Cardinale , come diffi , del Titolo di S. Pietro ία
Vincola, volle che Domenico dipingeiTe in una tela quail
di mifura d'Imperatore, quando il Prencìpe degli Apofto-
li trovandofi carcerato, aiTiftito dalla cuilodia dì alcuni foÌ-
dati, gli furono dall'Angelo rotte le catene, e fpalancate
le porte per rendere il dominio delia libertà al Tuo proprio
volere. Si portò il Z^mpieri così valorofamente, che avendo
il Prelato fatto efporre queft* opera nella Chiefa di S. Pietro
in Vincola il dì primo d'Agofto, nel quale fi celebra la feili-
vità, fu comunemente da tutti ! ProfeiTori pubblicata per ope-
ra d'Annibale Caracci, non facendo di Domenico menzione al-
cuna . La vide ancora il Cardinale, ed eiTendo concorfo nella
comune opinione, ne pafsò a lodi non ordinarie; di che pre-
io animo il nepole, gli fece fapere, che quel quadro era di
mano di quel giovine, che egli proteggeva fenza profitto
alcuno, e non altrimente di Annibale. Quefto inganno le-
ce cambiare l'animo del Cardinale, che rivolto con aitet-
to verfo il Zampieri concorfe di buon cuore col nepote al-
la dì luì protezione , nè mancò mai fipo che viiTe di por-
tarlo , e fovvenirlo. Stimò fempre il Tuo nobile talento, la
bella imitazione di tutti i Maeftrl più rinomati , perchè
quantunque il Zampieri foiTe della fcuola de' Caracci ,
non tolfe però V occhio dalF opere degli altri , per aver
campo nella varietà de' gen; di fabbricare a fe fteiTo una
propria , e particolare maniera , compofta di tutto il bel-
lo di quegl' uomini di miglior guiio : di che accortoii An-
nibale Caracci ne fece fempre ftiraa non ordinaria, e gli
procurava occafioni , con le quali poteife approfittarfi, e
farfi conofcere. Venne congiuntura , che il Signor Cardina-
le Odoardo Farnefe, eiTendo Abate Commendatario del Mo-
nalìero dì Grottaferrata voleva far dipingere nel muro a->
frefco una Cappella , che aveva fatta riftorare, aggiunta al-
la Chiefa dì queirAbazzia, e dedicata a' Santi Nilo, e Bar-
tolomeo Monaci Bafilianl, uno Fondatore di quel Monafte,
TO3
-ocr page 23-^ D OMENICO
χο , Γ altro fuo Difcepolo , e in feguito Abate del Mona-
fiero medelimo, ne diede la cura ad Annibale, il quale
gli propofe Domenico, e Γ ailìcurò, che ne farebbe rima-
ilo foddisfattiflìmo. Avuta che ebbe il Zampien queft' ope-
ra fi pofe con ogni applicazione , e iludio, e per ve-
rità lì portò a fegno , che io ftimo difficilifliraa cofa, che
poiTa yederfi opera condotta a quel fegno di Audio , e di
perfezione da altro Pittore di queir età . V iilorie , cho
v' ha rapprefentate fono appartenenti ad alcune azioni di
qiie' due Santi. Le due che fono maggiori quanto all' or-
dine dello fcompartimento , che ha fatto per la neceiTità
del iito , fono veramente maravigliofe per la vivacità deiref-
preffione , e per Γ efattezza del difegno , ed oifervazioni.
In una, che è alla mano delira della Cappella neiringref-
fo, v' ha dipinto a mezza diiìanza ( eiTendo le principali
figure di grandezza del naturale) la tìruttura di quella Chie-
fa medefima edificata per opera di S. Bartolomeo Abate ,
la quale eiTendo ancora imperfetta viene attualmente inal-
zata da quelli operarj. Vedeii da una parte il S. Abate, il
quale ftà attentamente confiderando il difegno della fabbri-
ca prefentatogli da un Capomaftro ; e dall' altra ha efpref-
fo un cafo maravigliofo accaduto in occafione di quella ,
come lì ha nelle memorie del Monaftero. Con Tajuto di
un' argano girato, come è ioJito da un cavallo, fi ftà at-
tualmente alzando una colonna , e mentre quefta fi trova
fofpefa per aria li ilrappa il canapo principale con eccidio
irreparabile di alcuni, i quali itanno raccogliendo la fune:
fe non che un fanto Monaco accortofi del fuo , e dell' al-
trui rifchio ordina alla colonna , che immobile fi reftì, e
immobile in fatti s' arrefta con evidente prodigio operato
da Dio per i meriti del fuo Servo. Per àrricchire il com-
ponimento d'avvenimenti confacenti al foggetto principale,
vi ha dipinto alcuni manuali, che avendo nello fcavo dei
fondamenti ritrovato un' urna antica con figurine dì baffo
rilie-
-ocr page 24-ζ A Μ ρ I E R I . 19
rilievo > poflala fopra i curii la ilanno iì^ngendo avanti per
condurla cosi illefa ad un luogo deilinato. vi ha anche»»
introdotto alcuni fcalpellini fotte un coperto come è Γοΐί-
to, li quali attendono alla loro operazione, e fra gli al-
tri un vecchio fenza alcun fegno di barba, il quale eiTen-
do da un fanciullo diftratto dal Tuo lavoro fi volge riden-
do , dove quello gli'ilà moilrando Γ accidente di un giu-
mento caduto fotto il pefo di due bigoncia di calcina, che
vengono portate alla fabrica , ed i fuoi conduttori procu-
rano di follevarlo tirandoli uno la coda, e Γ altro percuo-
tendolo nelle orecchie. Vi è nel rimanente un' accorapa-
pagnamento di Paefe , ma fenza affettazione : il tutto ef-
preffo con una mirabile efattezza , e perfezione » L' altra
air incontro (la quale a mio giudizio , è lo i]"»avento d ogni
ingegno, per ardito che lia , per le mirabili efprefsioni ,
che vi ha introdotte ) rapprefenta quando Ottone IlL Im~
peratore ritornando dal Monte Gargano alla volta di Ro-
ma , andò a vifitare S. Nilo , che aveva in molta venera·^
zione , e dimorava in quel tempo in un Monaftero prei^
fo Gaeta, di cui parimente era Abate, Ma rapprefenta-
to V Imperatore difcefo da cavallo , ed il S, Abate, che
viene ad incontrarlo con il iéguito de' fuoi Monaci ?
Ottone fi moflra con la comitiva della fua Corte, e.»
a quefti moti finge uno della famiglia Imperiale in atto di
fcendere da cavallo , e quello deir injperatore reilato vuo-
to , follevatofi in aria rapprefenta un' atto ferocifsimo , e
violento, ficchè pare che appena baili a raffrenarlo il Pa-
lafraniere, che è rimafto alla fua cura, tirandolo per la
briglia a tutta forza. Vi fono altri Peribnaggi tanto di guer-
rieri , come di valletti, avendo reiò il componimento co-
piofo, e ricco di figure, ma fra gli altri vi ha elprelTo tre
trombettieri a cavallo , !Ì quali fuonando la loro trombaj
danno a conofcere chiaramente ciafcheduno di loro Γ efprei-
fione della lor parte ; cioè quello, che foftiene a note fer-
me
8 D Ο Μ Ε Ν I C Ο
me k parte del baiTo , Γ altro che diminuendola in cro-
me , e femicrome và paiTeggiando , e Ί terzo foftenendo
la parte di mezzo và toccando armonicamente tiitte le con-
fonanze, che fono frappofte tra il baiTo, ed il foprano. Que-
lla efprefsione fo, che può eiTer tenuta favolofa, ovvero
iperbole d' una penna , che voglia piuttofto far pompa di
una mendicata fpiegazione , che d' una vera narrativa, pa-
rendo impofsibile che la Pittura , la quale ha nome di muta ,
poiTa così bene efprimere un cafo , dove è neceiTaria laj
voce viva, in cui confifte la forza maggiore di queil'ac-
cidente , e pure è così bene efpreiTo quello , che io feri-
vo , che non vi farà neiTun giudiziofo, che vedendo quefta
liloria da fe medefimo , non ravvili quello , che rappre-
fenta . Nè queilo può renderli impofsibile nel Zampieri ;
avendogli Iddio dato un talento mirabile nell' efprefsione ,
ed un' acutezza d' ingegno quali fuperiore a gli altri in_»
queilo particolare . Ha refa tutta quella Iftoria un maravi-
gliofo componimento, avendovi accompagnato un fìto di pae-
fe in una collinetta, dove ha moftrato una fabbrica di alcu-
ni edificj domeilici con Γ adornamento d' alcuni arbofcelli
ridotti al maggior fegno di perfettifsimo guilo. Neil' iilef-
fa mano in mezzo alle due porte , che introducono nella
Cai)pella ( Γ una delle quali per necefsità fconcerta Γ ordi-
ne dell'Architettura, ed è chiamata Porta Santa) ha ri-
partito uno fcompartimento, in mezzo dei quale con fito
di maggiore altezza , che larghezza ha finto un quadro ri-
portato con fua cornice d'oro fui muro, e in q-uello ha
dipinto S. Nilo in un luogo folitario, che avendo afsicura-
to ad un tronco d' albero un Crocefiflb , lo ila adorando
inginocchioni, e a capo chino con una devozione così af-
fettuofa, che nella tefta di quello vedefi mirabilmente ef-
preiTa la pietà , e la riverenza : e per dargli quel Crifto
CrocefiiTo qualche fegno, di gradimento dell' amore, che gli
ix)rta; fchioda-Ia mano deftra, e lo benedice, Dirimpet^
ÌQ
κ
tTM
ζ A Μ ρ I E R I . 19
to a quefto ha fatto parimenti un quadro che riefce della
mcdefima grandezza , e vi ha dipinto il Santo Abate Bar-
tolomeo con il fuo compagno in un luogo campeiire, do-
ve fi vede un aja di grano mietuto , ed eiTendofì levato
un fieriiTimo temporale con pioggia groiTiflìma , e ^ lampi
con folgori, per Γ interceffione delle fue orazioni il gra-
no è falvato dall' acque , anzi tutto il circuito dell' aja ,
ov' Egli ila inginocchiato è percoiTb dal Sole , e gode una
felice tranquillità . Vi ha rapprefentate a mezza diftanza^
alcune figurine di contadini li quali eiTendofi coperto il ca-
po col mantello , fi fono ridotti al ridoiTo d' alcuni arbo-
ri , e così bene ha efpreiTo quelli travagliati dal rigore di
una pioggia rovinofa , che non vi è che defiderare in
queft' azione . In faccia all' Altare della Cappella , che
viene ad eiTere 1' eftremo di lei, nel mezzo del quale è
una nicchia , dove è collocata un' urna antica di marmo ,
ha dipinto un ripartimento tutto di chiaro fcuro , ove ha
finto due nicchiarelie , una per parte con una Statua in
ciafcheduna , luna delle quali rapprefenta il Profeta David,
e r altra Ifaia . Sopra quelle due nicchie in proporzione
uguale ha finto due baiTi rilievi piccioli dì due fagrificii.
Sopra la figura d'Ifaia vi è un fagrificio nel rito ebreo
con Γ immolazione della Vittima , e Γ fuoco accefo fopra
TAltare ; fopra il David un v'è Sacerdote celebrante all'al-
tare nei rito Criftlano con paramenti facri ad ufo della
Chiefa Romana , e in atto dell' elevazione dell' Oilia. So-
pra la porta principale dell'ingreiÌo, e fopra un'altra, che
ne ha finta all'incontro , ha fatto un medaglione d'oro per
ciafcuna in forma ovata, ed un'Angelo per banda che Io
regge . In uno di quelli ha efpreiTo S. Adriano Martire :
neir altro Santa Anatalia fua moglie , a' quali Santi era an-
ticamente dedicata quella Cappella , ma di un guilo aiTai
nobile, e molto aggiuftato nel difegno . Ha finto ancora un
cornicione , che gira intorno a tutta la Cappella fino ali*
Β Arco,
-ocr page 27-IO D Ο hi E Ν I C Ο
Arcò , che è l'ingreiTo all'Altare, ed è rimpofta del det-
to arco , fopra il quale ha rapprefentati in ugual diftanza
( cioè a dire nel vano , che è tra una fineftra , C Γ altra
nelle partì laterali ) alcuni Santi in abito di Sacerdoti alla
Greca tre per ciafchedun lato, e tré dalla parte della nic-
chia in faccia all' ultima parte, uno fopra Γ Ifaia, e l'al-
tro fopra il David . Dalla parte della Chiefa , ove non fo-
no fineftre , nel luogo , che a quelle competerebbe , ha di-
pinto in chiaro , e ofcuro verde alcune iftorie del vecchio
teilamento . Nelli due vani dell'arco fopradetto ha rappre-
fentato la SSma Annunziata : in un' angolo Γ Angelo Ga-
brielle , e nell'altro Maria Vergine. Dentro l'arco, ov' è
collocato l'Altare v'è una picciola cuppola , nel mezzo
della quale dov' è il lanternino vi ha dipinto il Padre Eter-
no in atto , com' è folito di benedire . 11 rimanente di tut-
to il refto della cuppola è di ftucchi finti di chiaro, e fcu-
ro con puttini ripartiti nell'ordine de'fogliami così belli,
eh' ingannano , e vi ha frappofte alcune medagliette gialle
tocche d' oro . In faccia a detta cuppola, che è nel volto
del tamburo vi è per neceffità di, lume una picciola fine-
ftra in ovato , ed egli per rendere Γ ornamento in propor-
zione vi ha finti ahri tre ovati uguali, cioè uno in faccia
alla fineftra, e uno per ciafcheduna parte laterale . In quel-
lo incontro alla fineftra vi ha dipìnto S. Francefca Romana ;
in quello del Iato deftro del corno dell' Altare S. Agnefe ,
e nell'altro S. Cecilia. Negli angoli delia cuppola vi ha fat-
to li'quattro Evan^elifti. In alcuni vani , che ftanno in.>
faccia ov' è Γ Altare , e nelle parti laterali a mano fìnìftra
è una fineftra , ed all'incontro un'Iftorìa , dove ha dipin-
to San Nilo morto , al di cui cadavere è celebrato il fu-
nerale da' fuoi Monaci. D' ambo i lati di quefta vi fono al-
cuni putti con iftrumenti in mano , che fervono al Sagrifi-
ciò : de' due, che fono nella facciata , uno tiene in mano
un' Incenfiere , e Γ altro un MeiTale , e nelli tondini che
ftan^
-ocr page 28-ζ A Μ ρ I E R I . 19
ftanno in queirangolo , che refta dal quadrato della fìneftra,
ed air incontro , dell' Iftoria , v' ha dipinti alcuni candelie-
ri con le torcie accefe , ed un putto > eh' affifte all'accen-
fione di eiTe . Ne' due lati delV Altare vi ha fatte duelfto-
rie, nella delira v' ha rapprefentato S. Nilo, ch'aiTifte all'
eiorcifmo di un putto indemoniato , ed avendoli pofto un
dito nella bocca intinge il dito dell' altra mano , eh' è la
delira, in una lampada , che ila accefa avanti Γ Immagine
di Noilra Signora Maria Santiflìma per fegnarlo con detto olio.
Ha efpreiTo quel putto veflato con torcimenti di 'vita , e
d'occhi così violenti , eh'atterrifce in vederlo e muo-
ve compaffione , ed è foilenuto da un uomo ( che forfo
deve eiTere il Padre di lui ) che appena è bailante a repri-
mere l'empito delle fue furie . Per compimento dell* 1 ito-
sela vi ha dipinto una Donna , con un putto in braccio, ed
altre figure d'uomini , e di fanciulli intimoriti dal cafo mi-
•ferabile dell'indemoniato , ed un'aUro Monaco , eh' aflìile
alia perfona del Santo . All' incontro ha rapprefento Maria
Vergine accompagnata da un coro d' Angioli j che avendo
in . braccio il fuo figlio noilro Salvatore portato da_>
ϋπ' ίΐυοίο d' Angioletti , porge con la mano delira un po-
mo d' oro a S, Nilo, che ilando inginocchioni avanti di lei
col ilio compagno S. Bartolomeo , lo riceve con eilrema al-
legrezza , e per una picciola fineilra , che ha finto in una
parte eftrema dell'lftoria , ove fa vedere un (ito di paefe,
moilra che il cafo fuccedeffe nel tempo di notte. Raccon-
tano in fatti que' Monaci ( e dicono di'faperlo per tradi-
zione ) come in un viaggio, che fecero que' due Santi da
Gaeta a Roma , eiTendoii ricoverati di notte tempo in una
grotta iìtuata in queilo luogo medefimo, dove fu poi edi-
cato il Monaiìero, comparve loro la Madonna SantiiTima ,
e loro iìgnificò , che ivi doveiTero edificarle una Chiefa ; e
per fegno della verità d'una tal viilone diede a S.Nilo un
pomo d'oro , che fu poi a fuo tempo gettato per primaj
\
-ocr page 29-DOMENICO
pietra nelle fondamenta del Campanile . Anzi moilrano
un' effigie di quel pomo fatta di marmo, la quale dicono,
era fiata pofta nella cima del Campanile per additar que-
llo fatto , e poi ne cadde in occafione che quello fu dan-
neggiato da un fulmine. Quando il Zampieri dipinfe que^
Ila Cappella vintinove come ne fa fede il fof-
iìtto , in cui leggefi V anno 15io. , eflendo egli nato
nel i^Si. La Tavola dell' Altare di detta Cappella è d'
Annibal Caracci però delle cofe inferiori ; ma quel po-
co di Paefe che vi è dentro , è di mano del Dome-
nichino , avendomi detto egli medefimo d* averlo fatto ,
Nella Villa de' Signori Aldobrandini detta Belvedere ne'col-
li Tufcolani oggi Fraicati nel piano del Teatro maggiore ,
ove fono infiniti giochi d' acqua , v' è la ftanza delle Mu-
fe nella quale in faccia alla porta , eh' è l'ingreiTo di quel-
la, v' è il Monte Parnafo ; in cima al quale v' è Apollo
aiTiiTo, e circondato dalle nove Sorelle, figure di tutto ri-
lievo fatte di ilucco, e ciafcuna di loro fuona un iilromen-
to da fiato : tutto a forza d' acqua j ma con tant' armo-
nia , che difficilmente è creduto eiTer fatto con tal artifi-
cio , Sotto a quel monte vi è un Organo, il quale col ven-
to pure cagionato dalla caduta dell' acqua , fa da fe me-
defimo un concerto muficale con ogni aggiuflatezza . In-
torno a detta llanza vi fono alcune favole d'Apollo dipin-
te tutte lotto la direzione del Zampieri , e con fuo dife-
gno da AlefTandro Fortuna, che fu Cuo difcepolo , ma di
poca vita. Però li Paefi , che fono affai di buona maniera >
fono di mano del Viola . Sopra la porta vi è Apollo che
fcortica Marfia , per aver voluto coilui competere cotL·»
-quel Dio nella maeftria del fuono. In una delle due fac-
ciate laterali Apollo cafliga il Re Mida con l'orecchie Afi-
nine per lo fuo falfo giudizio nella fentenza della gara tra
jui , e Marfia , e nel!' altra fi vede Mercurio che invola
r armeiiio del Re Admeto , dd quale Apollo era cuilo-
de.
I 2
ZA^M PI ERI. ir
de . Nella parte iileiTa dì quefta favola vi è quando con
Γ aiTiftenza d' Apollo , e di Nettuno fi ilabilifce il difegiio
delle mura di Troja col Re Laomedonte . Nell'altra mano
Apollo in aria eh' uccide la Ninfa Coronide , ed all·^ incon-
tro Dafne convertita in lauro mentre infeguivala Apol-
lo ; neir altra parte CipariiTo trasformato in cipreiTo ; nel!'
altra Apollo eh' uccide il ferpe Pitone, e nel luogo ^ della
fineftra v'ha finto un arazzo attaccato là dov' ha dipinta la
favola d'Apollo, che faetta i Ciclopi, ed avendo fìnto una
parte di detto Arazzo un poco alzata, ( fotte del quale fi
vede fìnta la ferrata nella conformità della vera all' incon-
tro , ) vi ha fatto legato a guifa di fchiavo col ferro al
collo un Nano, che ftava con li Signori Aldobrandini per
mortificare detto Nano , il quale com' è folito di quefta.»
canaglia , era divenuto impertinente al maggior fegno 5 e
vedendofì con tanto fcherno dipinto , con le mani legate ,
col ferro al collo , fenza calzoni, e tra alcuni piatti di cu-
cina con gli avanzi della tavola , che gli erano dati perchè
mangiaiTe in compagnia d' un gatto , che li toglie una qua-
glia arroftita, divenne umile a fegno, che mai più fu ar-
dito di pigliarla con neiTuno , come faceva per lo paiTato j
perchè gli mettevano innanzi con rimprovero il luo ritrat-
to efpreiTo con viltà tanta , e vituperio , di che egli ne
reftò fortemente fdegnato con il Domenichino . 11 giorno»
in cui iì fcoperfe quella ftanza dipìnta , il Cardinale , ed i
Principi Aldobrandini, 1 quali erano più fratelli, fecero una
fontuofa ricreazione alla famiglia nel Belvedere, e vollero
che tutti a guifa d'un baccanale entraiTero nella ftanza dan-
zando dov* era apparecchiata la menfa per lo definare , e
il Nano più baldanzofo di ciafcheduno non avendo notizia
del fatto, andava tutto altiero, e feftante. La Pittura dov*
era il Tuo ' ritratto era coperta ( così di concerto co' Pren-
^ìpi ) ί e dopo aver date alcune girate intorno alla tavola
da. tutta Γ allegra bri2;ata fu ad un cenno calato il pa^a-
meo-
-ocr page 31-DOMENICO
mento , che copriva tutto quel fito della fineftra 'finta , ed
air improvvifo fcoperto il Nano dipinto fi diede in una for-
te rifata ( e/Tendo cosi penilero de'Signori ) con fuo fcher-
no , e beffe grandiilìme , ficchè il mefchino perduta la-ϊ
parola non volle in modo alcuno , benché pregato , e vio-
lentato da'Principi, rimanere a quella ricreazione j ma ri-
tiratofi in una fianza ftiede tutto quel giorno folitario , e
melanconico . Queiìo avvenne nel Pontificato di Paolo V". nel
medefimo tempo, che il Zampieri dipingeva in Grotta Fer-
rata . In qiiefti medefimi tempi il Card. AieiTandro Peretti
Montalto , che fu nipote di Siilo V fece fare alcuni ovati
da diverfi Pittori per adornare la Villa Peretta di Roma
iituata nel Colle Erquilino , il qual Colle include nel fuo
circuito S. Maria Maggiore, e la Madonna degli Angioli a
Termine ; delli quali ovali uno ne toccò a Domenico , ed
egli perche ciafcheduno vi faceva qualche azione del gran-
de AieiTandro Re de' Macedoni vi dipinfe il cafo di Timo-
elea donna Tebana condotta avanti la prefenza di Alefi^an-
dro, ed accufata di avere uccifo un Capitano de' fuoi Ma-
cedoni , che entrarono vittorioii nella Città di Tebe , di
che ella fcufandoii narrò l'ingiurie da quello ricevute nell'
onore, e dopo Γ infoienti richiede aggiunfe , che V avaro
Soldato voleva obbligarla a palefare il fuo nafcofto teforo.
E/Tendo ella neceffitata a sbrigarfi da tali importunitcà lo
precipitò in un pozzo , dove gli diede ad intendere di aver
nafcofto il fuo teforo ; le quali cofe udite da AieiTandro la
donna fu liberata . Queil' ovato del Zampieri gli riufcì di
grandi/fimo guilo, di mirabile efpreillone , e di perfetto di-
fegno ; io credo che al prefente non fia più in detta Villa , ma
che fia ftato portato in Francia . Nel medefimo Pontificato di
Paolo V. il Card. Scipion Eorghefe nipote per parte di fo-
rella di Paolo fece nel Monte Celio fabbricare alcune Chie-
fe picciole contigue a quella di S. Gregorio Magno , una
dedicata a S. Andrea Apoiiolo, e 1' altra a S. Silvia madre
Η
ζ A Μ ρ I E R I . 19
di S. Gregorio, ed anche fece riilaurare quel luogo dov' è
la tavola , fopra cui il Santo dava da mangiare a'Pellef^ri-
ni , nel numero de' quali una volta per gratitudine delfat-
to di pietcì fi compiacque Criflo noftro Salvatore d' eiTer
riconofciuto. Nella Chiefa di mezzo, eh'è dedicata a S.An-
drea Apoftolo, nelle parti laterali vi fono due Iftorie gran-
di della vita del S. Apoftolo , una è di mano di Domenico
Zampieri , e Γ altra di Guido ( come nella vita di lui fi,
dirà ) quella del I>omenichino è quando eiTendo Γ ΑροίΙο-
la in Patara a predicare il S. Evangelio con grandiiTio frut-
to di quelle Anime per ordine del Proconfolo Egea fu pre-
10 5 e dopo d' averlo fgridato della fua predicazione per ca-
ftigare la fua coiìanza il fece legare e battere dura-
mente · Rapprefenta egli una loggia cinta da un Colon-
nato d'ordine Corintio , il pavimento della quale è un mat-
tonato in coila , ed effendo in mezzo di quella portato un
banco fatto per queili fupplicii , fa che da' Manigoldi lia-»
llato denudato il Santo , e legato con le mani di dietro fo-
pra il banco già detto· Un Eunuco gli ilringe ilrettamen-
te le gambe , un altro alzando la mano lo minaccia con
grande feverità, ed un fanciullo porta fopra le fpalle^un
fafcio di funi , che vengono prefe da un altro 5 in queita
azione uno impaziente avendo fatto un fafcio di verghe
incorainda a percoterlo, e queila è una figura voltata di
fchiena con mirabile efpreffione , e difegno . Vi ha rappre-
fentato un Sargente che ila reprimendo la Turba, la quale
è accorfa allo fpettacolo, ed in queila vi fono teile mira-
bili . In mezzo alla loggia fopra il bafamento vi ha fatto
11 Proconfole afiìfo , che aiTiile all'efecuzione del fuo com-
mando , ed ha vicino a fe le fue guardie. Sopra il pofa-
mento delle Colonne che formano la loggia nell' interco-
lonnio di eiTe vi ha fatto molte figure di Donne, di fan-
ciulli , di Vecchi, e di altre perfone di un efquifito guflo,
le quali motono di eiTere concorfe a vedere, e nel lon-
tano
DOMENICO
tano un Paefe , ma doraeftico > con un Tempio , che ha
ii portico , come il Panteon, ed alcune altre fabbriche d*
aiTai buono itile . Quefta Iftoria va intorno intagliata in_,
acqua forte da Carlo Maratta Pittore di nome aiTai cele-
brato , com' anche quelle favole foprannominate d' Apollo
nel Belvedere di Frafcati intagliate pure in acqua forte da
Domenico Barriere . Non aveva ancora il Zampieri acqui-
fìato nome proporzionato al fuo valore , perchè non gli
erano venute occaiìoni d' avanzarli publicamente nel cre-
dito , quando gli fu prefcntata quella del quadro dell'Ai-
tar maggiore nella Chiefa di S. Girolamo della Carità j e
benché il prezzo di elfo non afcendeife più che a ^o. feu-
di di moneta ( come egli medefimo mi diiTe) tuttavia non
volle per Γ intereiTe reitar di farlo. Il cafo di queilo qua-
dro è quando il Santo Dottore giunto air età decrepita di
anni 99 vedendofi nell' eftremo della fua vita , inftava di
volere il Sagramento della S. Eucariftia per lo fuo eilremo
viatico , e perche fon varie Γ opinioni , ο eh' egli fi fa-
ceiTe condurre all' altare, ο che fe lo face/Te portare alla
camera , dove flette infermo degli anni nel letto per le fue
molte indifpofizioni , egli Γ ha dipinto , in atto di eiTerfi
fatto condurre nella Chiefa a' piedi dell' Altare . Ha rap-
prefentato un Sacerdote nell' abito della Chiefa Greca , e
mi pare che giudiziofamente lo abbia veiìito in quella for-
ma > attefo che il S. Dottore mori in Betlemme . Tutto il
Sagrificio è all' ufo del rito Greco, ii^ Sacerdote ila in at-
to di comunicare il Santo , ma con Γ Oftia in una mano,
e con la Patena nell' altra all' ufo del rito latino . li Santo
eh' è iloilenuto da alcune figure ma d' abito diverfo , che
non indicano d' eiTere di alcun'ordine Regolare, moftra di
ricevere Γ Oftia Santiflìma con eflrema devozione . Vera-
mente è un quadro che tra quanti fono in Roma efpofti
fu'pnbblici altari, toltone quello di Raffaele nell'AItar mag-
giore di S, Pietro in Montorio, del iìcuro riporta il maggior
vaa-
-ocr page 34-ζ A Μ ρ I E R I . 19
vanto . Fù incolpato di averne egli rubato il partito da quello
d'Agoftino Caracci che fui medefimo foggetto è nella Chiefa
della Certofa di Bologna e reità pofto in faccia air Altare
di S. Bruno di mano del Guercino . Per altro quel-
lo d' Agoftino moftra il rito latino, e tutte le figure , tan-
to quelle che foftengono il Santo , quanto quelle, che fo-
no air Altare hanno l'abito di Monaco con molta dieferen-
za . Non nego però che non poiTa il noftro Domenico ave-
re pigliato qualche'lume , ο concepita qualche emulazio-
ne da queir opera d' Agoftino ; deiìdererei però vedere
un quadro fui foggetto medefimo di mano di qualche altro
Pittore, per provare come fapeiTe quefti ufcire da quella imita-
zione , avendo egualmente da fare il Santo portato all'Altare ,
ed il Sacerdote che lo communica . Fatto quefto quadro fo-
fpirò qualche anno fenza vederfi prefentare mai altra occaflone
da farfi onore nel pubblico , ed avendo per quello acqui-
ftato grido di qualche riputazione ne defiderava alcun frut-
to di fuo vantaggio . Dovendofi dipingere la feconda Cap-
pella a man dritta della Porta maggiore di S.Luigi dcTran-
cefi , che per devozione di chi la faceva fare doveva eiTe-
re di S. Cecilia, fu data a lui per opera de'fuoi amici, di
che egli ne reftò con molta foddisfazione . Vi fono nelle
parti laterali di detta Cappella due grandi Iftorie con figu-
re della grandezza naturale . In una v' ha rapprefenta-
tO quando la Verginella generofa difpeafa tutte le fue ric-
chezze a'poveri, ed eiTendo fopra d' una loggia del fuo pa-
lazzo , ed avendofi fatto condurre tutte le fuppellettili del-
la fua cafa, e tutte le gioje , e denari le ila generofamen-
te difpenfando per Γ amore di Dio . Il concorfo de' pove-
ri è numerofo , ed ha rapprefentato alcuni fanciulli , de'
quali uno folleva fulle fpalle l'altro perchè quelli fìa più vi-
cino alla mano della Santa. Un povero ftroppiato ed infer-
mo fi è fatto cavar dalla fua carriola, e fopra le fpalle di
un'altro fi fa efporre a §li occhi di lei per maggiormente im-
C pie-
-ocr page 35-xS D OMENICO
pietofirU. Nelle figure principali vi ha pofti varSi accidenti,
in una delle quali cli'è di uomo , finge che uno de' po-
veri tenendo tre dite della mano dritta alzate, moftri ad un*
altro , il quale trovafi lontano da lui , che ha avuto tri
monete, Poco diftante vi ha fatto una Puttina, che fi met-
te in doiTo una vefte di drappo fiorato della Santa, ed una
vecchiarella la quale fembra fiia madre Γ ajuta a metterfe-
la , di che raoftra con un rifo piacevole gran contentezza,
Afliia fopra il pavimento vi ha fatto una Donna , che mo-
fìra un altra veile alla detta vecchia , e tenendo accanto un
puttino, fe ne ila quegli tutto applicato a contare alcuno
monete d'argento . Nel fine deiriftoria vi ha fatto due fan-
ciulle una delle quali ha una picciola vefiicciola, e fe ne Ila
aOìfa fui pavimento , Γ altra moilra volergliela togliere ,
ed e/Tendo ibpraggiunta dalla madre , che tiene legato al
feno un picciolo fanciulletto , fi fta riparando con una ma-.
no da una guanciata, con la quale la madre la vuol caili-
gare della fua infolenza . Nel quadro all' incontro vi ha
fatto un ripartimento come di una fala nobile fcompartita
con alquante nicchie con le fue Statue dentro , e il pavi-
mento divifo in corrifpondenza da pietre di varii colori in-
tagliate iti ovati , ed in ottangoli con le fue lille di mar-
mo bianco , In mezzo a queffca fala evvi la Santa fe-
rita nella gola dal manigoldo con tre colpi non ancora mor-
ta ma flefa fopra il pavimento già moribonda. Viene af-
fiftita da alcune donzelle che la confoiano, e ilanno pian-
gendo amararneme , ed alcune raccolgono con panni lini
il fuo fangue , e Io fpremono in alcuni vafi . V'ha rappre-
fentato il S» Pontefice Urbano I., che fi è moiTo per con-
folarla con la" fua vifita , e benedizione nella fua morte
accoinpagnato dal Clero, e con eiTo vi fono concorfe alcu-
ne perfone criiliane , che fono uomini, donne, e fanciulli
per rendere copiofo , e vario il componimento. Sopra la
volta della Cappella in un quadro, di cui la cornice è for-
mata
ζ A Μ ρ I E R I . 19
mata dì ftucco dorato, ha rapprefentato la Santa , che aven-
do riportato la palma del martirio fe ne afcende »Ìorio-
fa air eterna Beatitudine , e per moflrare una nuo° a in-
venzione partorita dalla fua bella idea , ha finta l'anima
di lei gloriofa ornata di nobili veftimenta, che fé ne vo-
la leggiera all'Empireo; per fegno della qu al leggi erezza è
retta da un fottililTimo zendado, tenuto nelle mani da un
Angiolo, il quale accompagna col volo la fua falita, c che
non riceve , benché premuto dalli piedi di Id , opprefllo-
ne neiTuna. E' attorniata da alcuni Amorini , de'quali al-
tri portano con vago fcherzo la fpada che la ferì, altri la
palma , altri la corona del· martirio , ed uno di maggior
età porta Γ organo , che è il contrafegno di detta Santa .
Ha finto quando queft' anima beata ha già trafcorfo la re-
gione delle nuvole , ed eiiendoiì avvicinata alle fìelle , ve-
defi neir eftremo aprirfi Γ Empireo , e difcoprirfi lo fplen-
dore del Sole eterno , ed i raggi della felice patria_>
de' Beati Sopra Γ Iftorie grandi ve ne fono due piccole
alquanto più lunghe , che larghe , e fopra quella dov' è la
Santa ferita , vi ha dipinto quando la Santa Verginella, ef-
fendo ftata fcoperta criftiana fu condotta ad Almachio Pre-
fetto di Roma , lo che fu ne' tempi d' Antonino Caracal-
la , ed egli avendola fatta condurre avanti la ftatua di Gio-
ve , ed avendovi preparato il Tripode, e fattovi accendere
il fuoco per il fagrificio , acciocché ella adoraiTe Γ Ido-
lo , s' era pofto nel feggio del Tuo Tribunale . Si vede già
pronto il Sacerdote in abito di fagrificare , il compagno
con Γ acetta nelle mani , e li Vittimarii coronati di lauro
uno de'quali conduce pacificamente un vhello , Γ altro ftra-
fcina un montone ritrofo per offerirli in facrificio al Nu-
me . Uno di coftoro ha già nelle mani la fcure, l'altro tie-
ne al fianco cinta la dolabra, e ftandofi nel mezzo la Ver-
gine intrepida ricufa con magnanima coilanza Γ adorazione
a queir marmo infenfato , ancorché il Prefetto adirato le
C a "e
-ocr page 37-DOMENICO
ne additi la riverenza. Il Sacerdote ftupifce della fortezza
dell'animo fuo, ed il compagno ne refta ammirato, opera-j
nella quale riiteiTo Zampìeri ha fuperato fe medefimo neir
efquifitezza del difeso del colorito , e della efpreiTione .
Neir Iftoria in faccia vi è quando la cafta Donzella aven-
do convertito Valeriano fuo Conforte alla fede di Crifto ,
fìando Γ uno , e Γ altro inginocchioni fopra d' un gradino
coperto d' uno ftrato verde ricevono ambedue per le mani
di un Angiolo le corone di fiori in fegno della loro vergi-
nità. 11 quadro dell'Altare è copia che viene da RafFaelle,
il cui originale è in Bologna , ma è mano di Guido Reni
per la qual cagione viene ad eiTere di qualche ilima per ef-
fere originale di così gran Maeftro , e copiato da Pitto-
re cosi rifpettal)ile · Il noftro Zampieri per andare fe-
delmente unito con detto Qiiadro ha veftito la S. Cecilia
che fale al Cielo colle medefime veilimenta , che adornano
quella di Raffaello tanto nella forma , quanto nel colore,
oiTervazione veramente degna del fuo raro ; e perfpicace
ingegno ·
Benché tra Sifto V, e Paolo V liane flati cinque Pontefici,
tuttavia quattro di eiTi viiTero pochiflìmo nel Pontificato,
e folo Clemente Vili regnò anni 13 e giorni 4. Urbano VII
che fu dopo Siilo viife giorni 13 Gregorio XiV che gli fuc^
ceiTe dopo la vacanza di due mefi, e 9 giorni, viiTe mefi
IO e giorni 10 Innocenzo iX vi/Te due mefi , ed un gior-
no . Clemente Vili come diffi regnò varii anni, e dopo la
vacanza di giorni as , fucceiTe Leone XI che viiÌe 27 gior-
ni , dopo il quale nella vacanza di giorni 20 venne Paolo V
Così in tanti Pontefici appena fi contano quattordici anni ,
e mezzo . Morì intanto Paolo V. Borghefe , il quale viÌTiLa
nel Pontificato anni, 8 mefi, e iz giorni , e dopo la
vacanza di giorni ig fiicceiTe Gregorio XV nel i6zi della
famiglia Ludovifia , e di Patria Bolognefe , e perchè oltre
Γ eiTere della medefima Patria di Domenico era di più fuo
20
ZAMPIERI.
compare , fu il Zampieri da quefto Pontefice molto accarez-
zato, e tenuto in grande ftima. Era in quefto frattempo il Zam»
pieri tornato in Bologna , e v' avea prefo moglie, ed avuto
figliuoli ; ma udita la nuova del Pontefice fuo amico crea-
to nuovamente fe ne venne a Roma , e fu da quello, fa-
pendone il fuo genio , dichiarato Architetto del Palazzo Apo^
ftolico , ma non della Fabbrica di S. Pietro . 11 Card. Lu-
dovifio Nepote del Papa ne faceva aiilii conto per eiTergli
compare, e lo teneva impiegato in varie operazioni, ed a
lui fece fare quattro quadri al Prencipe Ludoviiio, anch'egli ni-
pote per parte del Fratello di,Gregorio , in Zagarola , eh'
era il fuo Principato . Non fono però tutti di mano
del Domenichino , perche in quello della Creazione del
Mondo vi fono gli animali di mano di un Fiammingo , e
il Paefe del Viola ancorché fquifitamente e gli animali , e i
paefi fapeiTe il Zampieri dipingere . Lo fteiTo vuol dirfi degli al-
tri tre quadri, de'quali le fole figure fono del fuo pennello , ed
i paefi deirifteiTo Viola , però fotto la direzzione fua . Di
quelli io non ne parlo gran cofa , come farò anche d' altri
quadri particolari , perche eiiendo cofe portatili vanno ora
in un luogo , ora in un altro , e quantunque alcune ope-
re belle, delle quali ho parlato, fiano fuori di Roma, tut-
tavia perche fono dipinte a frefco nella muraglia , non pof·
fono di lì eiTere trafportate altrove . Dipinfe anche per lo
medefimo Card. Ludovifi alcuni paefi a olio in tele affai di
buona maniera ; ma perche quefti fono andati in Spagna ,
è fuperfluo il parlarne, ancorché fiano flati molto tempo ,
cioè fin al Pontificato d' Innocenzo X. nella Villa Ludovifl
fui Monte Pincio , La brevità della vita di Gregorio non
diede occafione a Domenico d'impiegarfi nel!' Architettu-
ra ; fplamente fece una porta al Palazzo de' Lancellotti a'
Coronari ; ma per indicare la facoltà d' un copiofo ingegno
i^pn fa al cafo una fola picciola cofa . Il Pontefice Grego-
rio non viiTe che due anni, e cinque mefi, ficchè a lui fu
di
£1
DOMENICO
di poco follìevo per le fne fortune . Aven<io fatto un
quadro a olio del bagno di Diana con alcune Ninfe, mol-
te delle quali fi lavano nello ftagno d' una fonte, altre fi
efercitano nel colpire collo ftrale il fegno d' una Colomba
fopra d' un albero, ed alcune altre fe ne flanno oziofe ai-
fife ali' ombra delle frondi, non potè fottrariì con tutto il
favore de'Padroni da non riceverne difgufto per eiTergli ftato
levato di cafa a forza dalla potenza del Card. Scipiono
Borghefe con fuo grandiilìmo ciifpiacere. 11 Marchefe Vin-
cenzo Giuiliniani fece dipingere tutte le ilanze del Palazzo
di Baifano a diveriì Pittori , e tra gli altri il Zampieri vi
dipinfe un camerino , nella volta del quale eiTendovi un
quadro in mezzo colla cornice di itucco , vi fece una
Diana fopra le nuvole . In una parte vi dipinfe la favola
d'Ifigenia j che dovendo eiTer fagrificata a quefta Dea , nel
tempo ifteiTo fi vede per opera di Diana fparita la donzel-
la , ed in fuo luogo foftituita una cerva . In un altro qua-
dro eh' ha medefimamente la cornice di ftucco dipinfe la
favola d'Atteone convertito in cervo dalla medefima Dea
per la fua temerità di averla guardata nuda nei bagno con le
fue ninfe. (Juando il Card. Aldobrandini fece fare il foffit'
to di S.Maria in Trailevere che era già la Taberna meritoria,
il che fu 1' anno 1617 , diede la cura di queilo lavoro a
Domenico, ed egli con fuo difegno lo conduiTe a finej, e
perche nell' arme de'Signori Aldobrandini > fi veggono fei.
ftelle, ha fatto tutto il ripartimento angolare, in modo che vie-
ne fempre a formarfi , ο una ftella intiera, ο pure la metà
dì eiTa. Nel quadro di mezzo vi dipinfe Maria Vergine Af-
funta al Cielo portata da un gruppo di Angioli , e di ce-
leili amorini con uno fcorcio mirabilmente intefo. Doveva
anche nella medcfima Chiefa dipingere la cappella ov* è Γ
Immagine miracolofa di Maria, detta di Strada cupa, e già
con iuo difegno n'avea fatto fare gli ftucchi , e tutto l'or-
dine de* compartimenti 3 ma Γ occafiouc del lavoro di Na-
* poli
2 3
ζ A Μ ρ I E I.
poli lo diftoire da quefto ; nondimeno vi iì vede di fua ma-
no un putto non anche finito in un angolo.
Ma per tornare alla narrativa , il Pontefice Gregorio ebbe
breve la vita nel Pontificato come già diflì, e dopo la vacanza
di 28 giorni gli fucceiTe Urbano VIH Barberini , e fu neir
anno nel qual tempo s* andava terminando la fabbri-
ca della Chiefa di S. Andrea della Valle del Card. Alef-
fandro Peretti Monta Ito , e per mezzo del Card. Ludovi-
fi ( come fi dirà'nella vita del Lanfranco ) ebbe il Zam-
pieri da dipinger la Tribuna del maggior Altare facendo
con fuadifegno il compartimento degli ftucchi , ed anche
gli angoli della cupola. In queil' opera il Zampieri fi sfor-
zò di toccare il legno per Γ emulazione del Lanfranco ,
ed in vero ne confeguì l'intento . Li fiti delle tre iilorie,
che fono nel femicircolo della Tribuna riefcono fconci per
le figure per eiTere flato in neceilltà di camminare con le
coftole , che la ripa'rtifcono, ma vi fi è adattato giudizio-
famente , Nel vano di mezzo dipinfe quando il Noftro Re-
dentore paiTando per la riva del mare di Galilea vide Pie-
tro , ed Andrea, li quali come Pefcatori gettavano le reti
neir acque , ed eiTo li chiamò con dir loro venite dopo me,
che io vi farò Pefcatori d' uomini , e il Barcarolo con ef-
preffione mirabile volge la prora alla riva , ed ha accom-
pagnata r iftorìa con un fito di Paefe aiTai piacevole. Nel-
la parte deftra dell'Aitare vi ha fatto la Flagellazioae del
S. Apoftolo Andrea come fece in S. Gregorio ma con di-
verfo partito ; perchè lo rapprefenta che venga legato per
le mani , e per li piedi a quattro ceppi conficcati nel pa-
vimento , e volendo uno de' manigoldi ftringere con violen-
isa la fune per afiìcurare il piede deilro del Santo fe gli
ftrappa la corda precipitando con una fconcia caduta, di
che ne viene derifo da un altro, e viene anco additato da
uno di quella canaglia , mentre altri getta in terra un fa-
fcio di funi, che aveva ivi portato fopra le fpalle. Vi ha
fatto
-ocr page 41-Ζ4
DOMENICO
fatto alcune donne con fanciulli accorfe allo fpettacolo ,
ed un accompagnamento di fabbriche d'aiTai nobile ed in-
gegnofa bruttura . All' incontro quando il medefimo Apo-
Itolo è mandato al fupplicio per eiTere crocifiiTo, ed eiTen-
do vicino al patibolo al primo vederlo, fi gitta con le gi-
nocchia a terra per adorarlo . Alcuni di quei manigoldi
gli fanno violenza per efeguire prettamente la fentenza.»
della fua morte , e con percoiTe lo follecitano. Ha fatto il
Capitano de' Sargenti a cavallo, che va ftradando il cami-
no , -ed uno della sbirraglia tiene a dietro la calca delle
genti per reprimere la loro curiofità , ed ha accompagna-
to il rimanente con un paefe, che moftra eilernamente le
mura di Patara , fuori della quale Città il Santo fu
crocififTo . Nella parte acuta delle coitole di detta Tribu-
na , ov'è il vano del femigiro , vi ha dipinto il Santo il
quale avendo ottenuta la palma del martirio, fe ne va glo-
riofo al Cielo portato da gì'Angioli che inalzano come in
trofeo la Croce fopra la quale morì > com' anco la coro-
e la palma del Tuo fanguinofo trionfo . Terminate le
na
coitole vi è un quadramento con la cornice di ilucco co-
me gli altri tutti dorato, dove ha dipinto quando Γ Apo>
itolo Andrea infieme con Giovanni figlio di Zebedeo pacan-
do dove era S. Ciò. Battifta gli viene da lui additato il
Salvatore che paiTava da lontano, dicendogli ; Ecco VAgnel-
lo ài Dio, ecco chi toglie li peccati del Mondo^, ed effi con
ammirabile attenzione lo guardano_ per feguirlo . Sopra il
cornicione che gira intorno alla Chiefa , € fopra di cui in-
comincia la volta della Tribuna , ne' vani delle tre fineflre
vi ha dipinto fei Virtù diverfe , e la prima incominciando
a deftra dell' Altare è la contemplazione delle cofe cele-
ri , ed a queita fiegue la fortezza, il difprezzo delle cofc
umane, la religione, la fede criftiana, la carità , le quali
fono di maniera nòbile , e grande . Ha ornato le due fi-
neitre laterali con artificio fingendo una conchiglia . Nel mez-
zo
ζ A Μ ρ I E R I. 2f
ì^o al frontifpizio di eiTa vi ha fatto due figure di nudo co-
lorite , che rapprefentano termini , le quali legano un fe-
fìone di varie frutta , che circonda detta conchìgUa , ed
alcuni putti fcherzanti , li quali hanno tolte da quei fcao"
ne varie pere per indicare Γ imprefa della Cafa Peretti .
Nelli quattro angoli della Cupola v'ha dipinti li quattro
Evangelifti uno per ciafchedun angolo , In quello della de-
fìra vi ha dipinto S. Matteo in atto di confìderare con gran-
diflìma applicazione di mente , e vi ha fatto appreifo il
fuo Angiolo , che foiliene una Croce con due Angiolini, che
reggono una tavola , e vicino a fuoi piedi un putto dentro
una culla che raccoglie una fafcia, e quefto con grandiP
fimo giudizio , perchè vi ha fatto la Croce non -come iftro-
mento della morte di lui, perche fu uccifo di fpada, ο di
lancia per ordine di Irtaco Re d' Etiopia , mentre celebra-
va la MeiTa all'Altare , ma vi ha fatto quefto per dirao-
ftrare eh* egli non folo fu Evangelifta , ma Croniiìa infìeme
diCrifto, e di tutta la fua vita, avendola fcritta ordinata-
mente dalla Culla alla Croce. U fecondo nella medefimaj
facciata, è S.Giovanni, e l'ha dimoftrato con un efpreflìo-
ne mirabile in atto di volarfeue al Cielo leggiero , e ve-
loce portato dalla fua Aquila generofa , ed appreiTo a lui
neli' alto vi ha fatto un putto , eh' inalza un accefa facella
per dimoftrare eh' egli folo con la vivacità del fuo acuto
intelletto, quafi Aqiiila ha potuto mirare la luce inaccefli-
bile dell' incomprefo, ed allude alle parole di Crìiio incar-
nato che fi leggono nel fao Evangelo * ίρβ erat lux ^c^
Vi ha fatto a'piedi due puttini, che fi ftringoiio caramen-
te per fignificare Γ unione ipoftatica delia divina, e dell'
umana natura quando diiTe, O* Verhum caro faBum efl, Π
terzo che fiegue è S. Luca, il quale in atto maeftofo fpie-
ga una Hfta a guifa di fafcia , nella quale è fcritto . Fuit
Sacerdos magnus fecundum ordìnem Melchtfadech , e perciò
ha fatto a' piedi di quefto Santo due putti, uno che inai-
D Ο Μ E Ν Ι e Ο
za la mitra del Sacerdote Mafììmo all' ufo degli Ebrei , c
Taltio quella fìbbia giojellata > la quale fi legava avanti il
petto il Sacerdote medefimo ν Vi ha anche fatto una imr
magine di Maria Vergine in un quadro nelle mani di un
Angiolo , che tiene li Pennelli per indicarlo Pittore , ed
ha medefimamente il Bue accanto coin' è il folito. 11 quar-
to è S. Marco , che ftà in atto di leggere fopra una gran
tavola , ed ha vicino a fe in atto di volare un Angiolo ,
che tenendo in mano una candida, infegna , in ci-
tna della quale è la Croce , e da alcuni fegni i quali ap-
parifcono , fi inferifce , che nel mezzo della bianca bandie^
ra vi è una croce xii color roiio , fulla forma di quello
bandiere , che fogliono metterfi in mano a Gesù Crifto ri^
fufcitato. V Angelo moftra di fpiegare queila bandiera per
indicare che qneiìo Evangelifta fpiegò il miftero gloriofiiTi-
mo della Refurrezzione di Crifto non di propria veduta ^
ma per relazione, eiTendo egli flato Γ interprete di S. Pie-
tro, e l'Evangelo ch'egli fcriiTe fu per averlo intefo dire,
e predicare da detto Apoftolo . Ben è vero, che da quel-
lo fu confermato , con ordine , che lo confermaiTe al mon-
do . Ha dipinti qiiefti Angioli con uno ftile follevato , e di
gran maniera in modo che nella forza, nella proporzione,
e neir artifizio ha fatto un gran giovamento al Lanfranco
nella cupola di detta Chiefa, le figure della quale ( com'è
dovere ) reftano" di minor grandezza, e più dolci. Dìpinfe
alcutìi anni avanti nel Palazzo già de'Pàtrizii di Siena , ora
d€' Coftagutì nella piazza de' Mattci ìn una volta a frefco
di un camerotto il tempo che fcopre la verità, e dentro
il Palazzo del Signor Duca Mattei non molto lontano la vol-
ta d'un camerino, com'a fuo luogo fi dirà. In quello tem-
po il Card. Levi fini la Chiefa di San Carlo de' Catenari ,
e diede al Zampieri a dipingere gli angoli della cupola ,
nelli quali fece le quattro virtù Cardinali. Ha inferite ne
gieroglifici di quefte ingegnofamente Γ arme de'Borromel,
della
25
«k'
della qual famiglia fu il S. Card. Carlo . Nelli due angoli,
che fono in faccia dell' ingreiTo, della Chiefa a deftra dell*
Altare vi ha fatto la Prudenza, la quale oltre U fuoi fo.-
liti iìgnifìcati , ha alli piedi il tempo in atto di volare, per-
che ha voluto dare ad intendere che la Prudenza dev'eiTe-
re ufata a tempo . ISlella iìniftra ha dipinto la Giuftiziju
coronata da un putto con una corona d'oio f ed ha in ma-
no lo fcettro per indicare che quella è amminiftrata da Te-
tte Coronate , ed è la Regina delle Virtù Cardinali , ,Sojto di
lei è una Donna la quale fi fpreme ugualmente dall' una ,
e l'altra mammella il latte, acciocché s'impari che la giu-
ftizia non dev'eiTere parziale. All'incontro di quella vi ha
fatto la Fortezza che con la punta della fpada addita^
un cartello foftenuto da un putto nel quale è fcritto
m'iUtas ) motto dell'arme de'Borromei, che vuol fignitìca-
re che la Fortezza d'un animo ben compofto dev'eiTere con
umiltà lontano da ognValterigia , e di fotto a queila vi è
un Giovine , che doma con un piccolo dardo un feroco
leone . La compagna di lei è la Temperanza , ed oltre lo
fcherzo di due Putti , che con un vafo per ciafcheduno di
criftallo nelle mani vanno temprando Γ acqua col vino , l*
ha rapprefentata affifa fopra d' un camelo, al quale pone il
freno nella bocca che va mitigando la fua ruftichezza. Tan-
to il freno, quanto il camelo s'include in detta arma , co-
me anche Γ Alicorno che a' piedi della Temperanza fi ri-
covera nel feno d'una donzella , per fignificare che la Vir-
ginità di lei tempra Γ indomita natura del feroce animale.
Finito il lavoro di S. Andrea immediatamente s' im-
piegò a dipingere nella Chiefa di S. Silveftro nel Quirinale
eh' è de* Padri Teatini . In quefta v' è la Cappella detta
de' Signori Bandini a mano finiilra della porta dell'ingrei>
io vicino air Aitar maggiore . E' dedicata a Maria-»
Vergine, e vi era com' è al prefente il quadro dell'Altare
di Maria AiTunta al Cielo di mano di Scipion Gaetano . Π
D 3 Card,
27
DOMENICO
Card, della medeiìmd famiglia Bandini fi rifoife di termi-
narla del tutto , e diede al Zampieri la cura di dipingere
li quattro tondini, che fono negli Angoli della Cupola , e
che hanno d'intorno la cornice di ftucco dorata. In que-
ili egli vi dìpinfe quattro iftorie del vecchio Teilamento
che hanno alluiione alla Vergine SantiiTima JMadre del no-
Aro Redentore · Nel primo tondino nell'ìngreiTo della cu-
pola a iìniilra v' ha rapprefeniato il Re Salomone, il qua-
le nel principio del fuo Regno eiTendo richiefto da Berfabea
fna madre , che voleva eiTer feco in ragionamento , egli
andatole incontro ricevendola amorofamente Γ introduiTej
nella ftanza, ove rifìedeva il fuo regal Trono, e facendo-
la federe nel Trono medefimo alla fua deftra mano, volle
con queil'atto far conofcere ad altri la fuperiorità della ma-
dre . La feconda che iìegue è quando AiTuero eiTendo per-
fuafo da Aman fuo privato a diftruggere nel fuo regno il
Popolo Ebreo , come inimico , e contumace per ribellio-
ne , fece pubblicare Γ editto dell' uccifione , e deir cfilio
degli Ebrei per tutti i luoghi foggetti alla fua Corona . Efter
addolorala per così crudel decreto contro il Popolo della
fua nazione , fece ordinare un rigorofo digiuno per tre
giorni a tutti gli Ebrei , acciò placata Γ ira di Dio , il
Ke fuo marito fi alleneiTe da queilo comando . Entrò dal
Ke per configlio del fuo Zio Mardocheo, ove egli rifedea
per fupplicarlo di queiìa grazia, ed avendo già fatto con-
tro l'ordine regio, per cui fotte pena delia vita veniva proi-
bito , che neiTuno andaiTe da lui in quel tempo per fuppli-
che, atterrita dal fuo sguardo cadde fvenuta in braccio del-
ie due donne che l'accompagnavano. Intenerito il Re per
la pietà , e per V amore che le portava, levatofi immanti-
nente dal Trono ov'era ailìfo, corfe velocemente ad ab-
bracciarla, e confolarla, con dirle che la legge d* andare
a lui non chiamato era per lì foggetti al fuo Regno, e non
per lei eh' era fua compagna regnante , V altra che pure
fiegue
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/
iìegue è Γ iiloria di Giuditta , la quale avendo tronco il
capo ad Oloferne capitano degli Affirii, io moftrò in pub-
blico al Popolp Ebreo per confolarlo col fargu vedere
morto il fuo inimico . V ultima è quando David Re della
Giudea avendo in battaglia fuperati li Paleftini, ed avendo-
gli tolte tutte le ricchezze , e le cofe più preziofe , volle
che l'Arca di Dio foiTe condotta da-PaJeftina in Gierufa-
lemme, e facendola portare fopra di un carro, e vedendo
che Oza mori incontanente perchè a quella iì era avvicina-
to per toccarla,, temè l'ira Divina che contro di lui non
fi volgeiTe. Ordinò dunque che quattro Sacerdoti eletti la
portaiTero fopra le fpalle , precedendo a lei fette cori da_j
lui ordinati, ed egli fonando Γ arpa .andava aeranti di tut-
ti cantando inni, e danzando in maniera che ne fu derifo
daMichol fua moglie, e figliuola del Re Saul. Qiiefte Ifto-
rie benché non molto grandi fono però di guilo, e di mae-
ftria ai fegno maggiore , e vi è una crpreflione non ordi-
naria , una iingolare efattezza nel difegno, ed un guilo af-^
fai faporito , Alcuni hanno accufato Domenichino nell'elez^
zione del panneggiamento, e Io hanno chiamato alcuna vol-
ta fcarfo nella copia, e duro neirintrecciamento delle pie-
ghe . In quefto non faprei, che mi dire ; ma oiTervandoiì
bene in lui il rigore della fua intelligenza può confeguir per-
dono in alcuna parte, dove habbia potuto fare apparire qual-
che difetto. E' certo che^ ponendo il fuo veftire delle figu-
re fotto il tochlo della più crìtica oifervazione poco vi fi
può defiderare di vantaggio , fe però non vogliamo giudi-
care più fecondo il gufto, che fecondo la ragione, in que-
lle iftorie ha fuperato fe medefimo, perche la maniera che
ha nel panneggiare è degna di gran lode, e d'imitazione,
però ogn'uno la può francamente ricevere con fodisfazzio-
ne, e piacere .
Nel medefimo tempo ebbe da dipingere la Tavola ddl'AItair
inaggiore nella Chiefa di S. Petronio della nazione Bolo^
nefe ^
gì
-ocr page 47-30 D Ο Μ E Ν I C Ο
gnefe j nella quale pofe in Trono di Maeftà come Regi-
na la Madre di Dìo a (Γι fa in una fede d'oro, ed ha appog-
giato al feno il figlio fuo unigenito Gesù . Stà nel mez-
zo ad un -Coro celefte d'Angioli, uno de'quali fuona l'Ar-
pa j Γ altro il flauto j il terzo il violino ; ed il quarto laj
viola a gamba, formando fra di loro una dolce iinfonia .
Fing€ due ptìttini, che alzano un panno di velluto cremifi-
ijo, per la qual cofa ii fcopre un teatro d'mia fabbrica no-
bile in mezzo del quale è pofto il pofamento ove rifiede la
Vergine nofira Avvocata , A deitra dell·'Altare vi è ingi-
nocchiato S. Gio. Evangelifta , che dà anche titolo a detta
Chiefa , e fono d' intorno a lui alcuni amorini che fcher-
zano con l'aquila , ed uno tiene nella mano il calice fim-
bolo di detto Santo , da cui efce un ferpe indicando ii
veleno, che perdette la fua mortifera qualità, quando fu
dato a bevere al Santo Evangelifta ; di che il fanciullo fi
moftra fpaventato. A finiilra vi è S. Petronio in abito Epi-
fcopale , che additando al Popolo Maria moftra di fuppli-
carla come interceiTore per quello , ed anciie egli ha ai
piedi due puttini , lì quali con piacevole fcherzo β pongo-
no ambedue fopra il loro capo la di lui mitra . Queilo
quadro è di aiTai bel genio , e molto ben condotto , ma
non è del valore di quello di S. Girolamo della Carità an-
corché fatto alcuni anni dopo, e non fi può negare, che
lo sfogo di tiitli gr ingegni è nel bollore della gioventù
ia quale in quegl' anni ha raeolta tutta la fua forza.
Ne' medefìmì tempi regnante Urbano V Π Γ ebbcj
da fare ^^no de'quadri grandi in S, Pietro nel Vaticano nel
fecondo Altare à mano deilra delle porte maggiori . In qne··
ilo quadro il Zampieri dipinfe S. Sebafliano, che per ope-
ra di S. Irene giiarito dalle freccie , a cui venne efpoilo ,
un'altra volta fi prefentò a Diocleziano . L'Imperatore fi
àccefe di fommo fdegno al vedere vivo colui , che egli fi
■credeva già morto j e perche il Santo martire rinfacciogli
libe-
-ocr page 48-•ζ A Μ Ρ I Ε R r; 31
liberamente ia fua crudeltà contro ì Griftiani > comandò ii
Tiranno > che Sebaftiano foiTe fatto morire » ' L' ha egli
dunque erpreiTo quando dal manigoldo è- legato al patibolo
per eiTer raartirizzatò , ed uno de' tormentatori efpone al
pubblico un cartello , nel quale è fcritto Sebaflianus ChriflU·^
nus y perche quello era il delitto che lo condannava adef-
fer reo di morte. V è da una parte Criilo portato da uii^
coro d' Angioli , che gli apparifce per riceverlo nella fua
gloria eterna, ed' un Angelo gli prepara la corona , e la
palma del martirio . Nel foro vi è una turba di gente con:
corfa alla giuftizia , e un Sargente a cavallo che trattiene
U Popolo addietro . Non molto dopo queilo fece una pie-
ciola Tavola in S. Lorenzo delli Speziali nel foro Bovario,
dove era già il Tempio di Fauilina della Dea Vefta , nel
quale le Vergini Veftali avevano in cuftodia il fuoco fa ero
che ferviva alli facrificii, eretto da Numa Pompilio, che
fu il fecondo Re de'Romani. Vi è in quello la Beatiifìma
Vergine col Figliolino in braccio aiTifa in un trono di nu-
vole con due puttini uno per banda , che la ftanno ad
adorare, ed a piedi li due Santi Apoftoli Filippo ,, e Gia-
como minore.-Alla delira della Vergine è S.Filippo in pie-
di col trionfo della fua Croce fopra la quale fu inchioda-
to , e non ballando quello per martirio lo finirono cru-
delmente d'uccidere con le pietre . Dalla parte finiilra è
S. Giacomo con le ginocchia in terra , che fuppiica k Re-
gina del Cielo per il Popolo, ed ha a'piedi un baftone
che fu Jllromento della fua morte , la quale egli'fofferfe
per voler collantemente mantenere la fede di Crifto . L'Ar-i
chitettura del detto Altare con lo fcherzo di. diie termini
che fervono in vece di colonne è anche fuo^ difegno , L'ul«
tima opera che Domenico fece in Roma » fu meiTa nellaj
Chiefa detta della Vittoria fituata nella piazza ove fono le
Terme di Diocleziano , Quella Chiefa fu eretta ne' primi
anni del Pontefice Urbano Vili in onore della miracoloia
DOMENICO
Immagine per mezzo della quale gì' Imperiali ottennero
una fegnalata vittoria contro gli eretici , Concorfe con la
fua iblita generofa pietà alia fpefa della fabbrica di detta
Chiefa il Card. Scipion Borghefe ; la Cappella di cui parlia-
mo , è la feconda a mano deftra dell' ingreiTo dedicata a
S. Francefco d'AiTill . Nel quadro dell'Aitare vi è quan-
do il Santo riceve per le mani di Maria fempre Vergine
il fuo fantiillmo figliuolo ancora pargoletto nelle braccia.»
con accompagnamento di Angioli , e di amorini celefti .
Nelle due parti laterali vi fono due quadramenti con la
cornice di ftucco dorato ; in uno vi è dipìnto nel muro a
frefco quando il S. Serafico fopra il monte deirAIvernia ri-
ceve dalla vifione d'un infocato Serafino le facre Stimmate,
ed è per lo dolore di quelle foilenuto da due Angioli :
nell' altro è dipinto quando il medefimo Santo defiderofo
di fentire una volta qualche picciola parte della dolcezza
della gloria della beatitudine eterna ne ricevè la grazia
con due dolciflìme arcate d* un angelica lira , al fuono
della quale fu immediatamente rapito in eftafi . Quefte iilo-
rie non fono di mano del Zampieri j ma con fuo difegno ,
e cartone le dipinfe Antonio Barba longa Meirmefe ch'era
fuo difcepolo in quel tempo, e fu lo fteiTo che in S. Silve-
ilro del Quirinale fece il quadro dell' Altare incontro alla
Cappella dov' Domenico dipinfe li quattro Tondini accenna-
ti piiVfopra . in quefto quadro fono dipinti S.Gaetano Fondato-
re della Religione de'Teatini, e il Beato Andrea d'Avel-
lino der medefimo ordine , con un Padre ctemo in aria
foftenutO dagli Angioli, e con Γ accompagnamento di moL·
ti amorini in una gloria celeile li quali portano dell'uve,
e delle fpiche alludendo al Sacramento dell'Eucariftia, ed
altri iKCalice, e la Patena , che fervono al facrificio del-
la MeiTa . Non dipinfe di fua mano il Zampieri quefte due
iftorie , perchè aveva la tefta occupata dal trattato in cui
allora era d' andare a dipingere a Napoli, come gli forti.
ZAMPI E R Ϊ.
Nel fine adunque dell'anno κίζρ conclufe il lavoro
dell'opera della Cappella dì S.Gennaro detta del Teforo nel-
la Chiefa Arcivefcovile di Napoli, e partiffi per quefto af-
fare da Roma con tutta la famiglia alla volta di quella Cit-
tà che fi può chiamare la delizia dell' Italia , e forfè del
Mondo . Appena arrivato , incominciò a fentire gl'amari
frutti dell' emulazione , e dell' invidia ; poiché trovandoli
mal contenti li Pittori Napoletani che un Foreftiere occu-
paiTe quella occaiìone da loro come nativi pretefa, ne fre-
mevano, e la feconda mattina nell'ufcire della fua came-
ra , eh' era nel medeiìmo Palazzo dell'Arcivefcovato, tro-
vò nel buco della chiave un viglietto , nel quale veniva
minacciato fortemente fe non follecitava il ritorno a Roma
e non defìfleva dall' intraprefo lavoro . Sbigottitoii per que-
fto Domenico , ed avendo gli efempj di Guido Reni , ο
del Cavalier Giufeppe non molto ben trattati per avere
anch' eiTi procurata queft'opera , fe n' andò fenz'indugio al
Vice-Re, che in quel tempo era il Conte Monterei uomo
di gran valore neirefercizio dell'armi , ed egli datogli ani-
mo , ed aiTicuratolo fopra la fua parola, lo efortò a profe-
guire il lavoro fenza alcun timore . Prefe alquanto coraggio
il Zampieri per le parole del Vice-Re j ma pure malamen-
te il fidava di ufcir di cafa , non facendo altro viaggio >
che dalle ftanze al lavoro , ch'era il medefimo quanto non
ufcire per la vicinanza . Quefla Cappella ha fimilitudine a
quelle due che fono in Roma nella Chiefa di S. Maria Mag-
giore fatte dalli Pontefici Sifto, e Paolo V ma a mio giu-
dizio non è della grandezza di neiTuna di que due . Inco-
minciò dunque Domenico ad operare facendovi in eiTa le
principali azzioni di S.Gennaro, che fu Vefcovo di Bene-
vento , ed il corpo di cui al tempo di di Papa Aleifan-
dro VI venne portato in Napoli , e ripoilo nella Chiefa Cat-
tedrale . Il martirio di quefto Santo Vefcovo fiTCceife fotto
Diocleziano, e Maifiiniano, e morì in Pozzuoli eifendo ai-
fi lora
-ocr page 51-DOMENICO
lora Preiìciente della Provincia di quelle parti Timoteo , il
quale fu mandato a Nola di Campagna dall' Imperadore ,
acciocché vi diftruggeflTe li Criftianì . Nella parte iinifhraj
dell' entrar della Cappella ha il Zampìeri dipinto quando il
Prefidente volendo andare a Pozzuoli , per atterrire tutti
li Criiliani, volle che S. Gennaro , e fuoi Compagni , che
furono Fello , Sofio > e Procolo, li quali erano Diaconi ,
e Defiderio, Acacio , ed Eutiche foiTero con catene legati
nella parte davanti del carro , fopra del quale egli and_ava
e che tutti foiTero condotti neir Anfiteatro di detta Città
per eiTere divorati dagli orfi, ma non gli fucceiTe il pen-
llero , perchè le fiere per loro medefime rabbiofe e cru-
deli, divennero manfiiete. Sopra la porta, eh'è Tingref-.
fo della Cappella , e fopra la cornice maeftra che gira in-
torno ove principia un femicircolo , che da il feilo alle vol-
te , che formano li quattro archi principali nelli quali è
ilabilita la cupola, in quel vano vi dipinfe quando il Mon-
te Vefuvio , eh'è diilante cinque miglia da Napoli fi aper-
fe con iftraniifime eruzioni' dì fuoco , e vomitando globi ar-
denti iTimi a e cenere in copia grande , atterriva non folo
gli abitatori vicini, ma anche quelli di lontane parti , te-
mendo che tutto il paefe fi abbruciaiTe . Per interceiTione
dunque del Santo ( e queilo fu molt'anni dopo la fua mor-
te ) al quale con preghiere , e voti ricorfe il Popolo fuo
divoto , s' acquietò il Vefuvio , ne più recò timore al-
cuno .
Lo fcoprimento dì quefta ìitoria che fu nell'anno 1631
parve un vaticinio molto prodigiofo , perchè nell' ifteiTo
tempo s'aprì di nuovo la bocca di detto monte , ed em-
pì di gran terrore con li terremoti con le fiamme , e con
le ceneri, che vomitava non tanto Napoli , quanto ancora
le Terre circonvicine , Giunfe lo fpavento fino nella Dalma-
zia , e neir Arcipelago, ed eiTendo tutta la Città sbigottita
come fe veramente foiTe giunto Γ eilremo giorno del giu-
dizio >
34
zio , fu cagione che l'opera reftaiTe per qualche tempo in-
interrotta ed intermeiro il lavoro ; attefochè in quella con-
giuntura neiTuno poteva applicar Γ animo ad altra cofa Cal-
vo che alle orazioni » difcipline, digiuni , ed altre opero
di pietà , e di penitenza .
Nell'arco, ch'è fopra la porta vicino alla fudetta ifto-
ria vi fono tre quadri in ano vi è una donna , che prefe
il Sangue di S. Gennaro volendolo occultare per propria de-
vozione y ma convennele rimetterlo nel luogo da dove lo avea
prefo , non potendolo tenere appreiTo di fe . Neil' altro ,
eh' è quel di mezzo , il Santo vedefi follevato nell'aria ,
e nel terzo e dipinto quando il corpo del Santo Vefcovo fu
portato proceffionalmente . Incontro all' iftoria del trionfo
del Prefidenté , che viene ad eiTere la delira dell' entrata
della Cappella , vi è una giornata campale che fecero Η
Criftiàni contro li Saracini, e per dare alli Criftiani la gior-
nata intiera con la vittoria fu veduto miracolofamente ii
Santo neir aria combattere contro degl'Inimici che atterriti
li diedero alla fuga perdendo, ancorché in maggior nume-
ro , la gloria della battaglia . Neil' arco che da il fefto a
queft' iftoria come negli altri , vi fono medefimamente tre
iitorie ; in una è il Santo carcerato con fuoi Compagni ,
nella feconda, eh' è nel mezzo il Santo in una gloria , e
nella terza fi vede , quando fu condotto dal Prefidente avan-
ti Γ Idolo acciocché a quello fagrificaiTe. Sopra Γ arco del
maggior altare vi ha dipinte tre iftoiie compagne agli al-
tri archi j in quella a deftra dell' Altare è quando il Santo
Vefcovo per ordine del Prefidente è fatto denudare , ac-
ciocché foffe afpramente flagellato , come fu , finché i
nervi gli fofiero difgiunti dalle membra . All'incontro quan-
do il medefimo Tiranno, permettendolo Dio , dopo aver
pronunciata 1' ingiufta fentenza , che il Santo folte decapi-
tato , rimafe cieco del tutto, ma ravveduto per un poco
del fuo errore fatto a fe richiamare Gennaro ^ ottenne per
E a le
-ocr page 53-DOMENICO
le fue orazioni la perduta villa , ilcchè a tanto iluporo
molti fi convertirono alla fanta Fede di Crifto , diche fde-
gnato il malvagio Timoteo fatto maggiormente crudele man-
dò il Santo al niartirio.
Neir iftoria di mezzo è quando il Santo Vefcovo fu
j-iofto co' fuoi compagni fra i Leoni perche foiTe divorato,
il che non avvenne . Vi fono li quattro peducci della cu-
pola li quali non hanno Γ angolo eilremo così acuto, come
ibgliono avere per ordinario in ogni altro loco , e quefto
10 ftimo iìa ftata una neceffità , perche volendo fare fotto
ad ogni angolo un altare , come è flato fatto , non poteva
riufcirvi luogo abbailanza fe aveiTero feguitato a terminare
Γ angolo in acuto , ed a fua proporzione ; ma con averlo
lafciato recifo ha dato il comodo alla proporzione delI'AK
tare piantatovi, Qiiefti angoli anch'effi fono da lui dipinti
a frefco , ed in effi non ha rapprefentato Dottori, Evange-
lifti, Profeti, ο virtù di una, ο più figure finte eh' appa-
rifcono in quel fito foilenute da nuvole , e datogli rilievo
con lo sbattimento fopra il muro dell' angolo , come fece
in S, Andrea , e in S. Carlo di Roma ; ma gli ha finti
quadri riportati con l'ornamento intorno della loro cornice j
non v'ha rapprefentato iftorie , ο avvenimenti particolari,
ma capricci ideali, ed allufioni concettofe, ed appropriate
ad una devota fantafia . In una di eiTe vi è Crifto Signor
iioftro , che a braccia aperte riceve nella fua gloria beata
11 Santo dopo il fuo martirio con alcuni contrafegni della
vittoria da lui avuta del Mondo , del fenfo , e del Demonio ,
e poco diftante le virtù di lui perfettamente efercitate, la
Fede, la Speranza , e la Carità che ilanno in atto contem-
'plativo. Nel fecOrtdo per moftrare la protezzione , che tie-
ne S. Gennaro della Città di Napoli apparifce armato d'afta
alla difefa di quella , con V affiftenza di Crifto Signor noftro
e degr Angioli Gabrielle, e Raffaele con due puttini figni-
iìcanti k Giuftizk i e la Pace, eoa le quali virtù debbono
eifer
-ocr page 54-ζ A Μ ρ I E R I. 2f
eiTer mantenute le Monarchie , ed appreiTo la confidenza >
e la fortezza . Nel terzo vi è il Santo con altri Protetto-
ri della Città in atto di pregare Gesù Crifto, che ftà afsi-
fo Topra una nuvola , e per indicare Γ amore , e la^
pietà vi è una figura di una donna j la quale ofFerifce un
cuore a Gesù , e tiene nell' altra mano un incenfiere, e la
figura della Carità ftà diftribuendo l'elemofina ad alcuni fan-
ciulli , ed uno ignudo in atto di flagellarfi con difcipUne ,
che dimoilra il pentimento. Nel quarto v' è Maria Santifsi-
ma in atto di pregare Gesù acciocché perdoni le colpe al
popolo pentito , e defifta dal fuo giudo caftigo con Γ ef-
prefsione d' un amorino , che toglie di mano a Crifto la
fpada ed alcune figure che rapprefentano Γ orazione, e la
penitenza con i fuoi fignificati . La teila del Santo in un re-
liquiario d' argento , ed un infegna che rapprcfenta Γ im-
maculata Concezzione dì Maria Vérgine con le figure degli
Eretici Calvino , Martin Lutero , e Neflorio Calpeftati in-
fieme con li loro libri .
Qiieili angoli per non eiTer di molta grandezza ? e per
avervi fatto quantità di figure, e putti con glorie piani, e
diftanze in propofito de' foggetti, e perche fono in propor«
zione ogni figura minore dell' altra mi parvero quando lì
viddi non eiTere della" qualità dì tutte l'altre cofe del Zani-
pieri , ma le giudicai opere mefchine, deboli , e confufe ,
e non del valore dell'altre cofe fue ; fe pure ciò non deb-
ba attribuirfi pillttofto all'ignoranza del mio poco intendi-
mento .
Li quadri nelle quattro Cappelle fotto gli angoli fono
dipinti ad olio in lamine di rame concatenate, ed unite in-
fieme con ferri, e conficcate con branche nel muro accioc-
ché non fìano rimoiTe , e durino maggior tempo . In uno
vi è quando il Santo è decapitato , nelì' altro quando refu-
fcita un morto, nel terzo quando una femminella piglia 1
olio della lampada accefa avanti Γ Altare dei Santo , col
■ qua-
3S DOMENICO
quale gnarifce alcuni ftroppiati , ed attratti , e tra gli altri
una Zitella , che porge la mano deftra contratta, e moftra una
leggiadriflima ilroppiatura ; nei quarto , quando il Corpo
di S. Gennaro è portato alla fepoltura , e molti vi fi tro-
vano per ricevere da quello grazie, e miracoli.
Quefta Cappella ha quattro Altari de'quali, come fu det-
to tre fono fotto gli angoli uno è il maggiore , e due
laterali nelle braccia , e quelli hanno quadri dipinti dal Zam-
pieri . Quello, eh'è alla delira dell'entrata della Cappella,
è. di mano dello Spagnoletto, che l'ebbe dopo morto il Do-
menichino , e fi credè di batterlo con quel fuo quadro ,
avendo fempre malignamente fchiamazzato di lui, dicendo
che non era Pittore ♦
Incominciò Domenico anche la cupola , ma per ca-
gione della fua morte lafcioUa imperfetta. Per quello eh'
egli medefimo mi diiTe, eiTendo quella cupola compartitaj
con le coilole , tanto iftigò , ed oiiinoifi nel dire , che con-
feguì Γ intento che foiTero levate le dette coitole, ed egli
ebbe fempre penfiero di fingere arazzi attaccati alla volta
di quella , ad imitazione delle due volte della loggia de*
Chigi nella Lungara di Roma dipinte da Raffaele , per non
obbligarfi alla necefìità delli fcorci, e vedute di fotto non
bene intefi da tutti . Di quefto lavoro io non ne difcorro
perche non v'è più , e perche eiiendo reftata non finita
la cupola, fu guaftato il lavoro deìZampieri, e poi la di-
pinfe il Lanfranco , come dirafiì nella vita di lui . Nel
quadro eh' è all' incontro di quello dello Spagnoletto vi di-
pinfe il martirio del Santo , e delh' fuoi compagni , e vi
ha efpreiTi alcuni morti , e decollati, ed altri in procinto
d' eiTcr uccifi alla prefenza del Tiranno ,
Nel tem.po che dipingeva queila Cappella fu fatto tra-
lafciare il lavoro dal Vice-Re di quel tempo , che era il
Duca di Medina il quale fucceiTe al Monterei . Quelli lo
impiegò in alcuni quadri ad olio d' una lunga operazione ,
che
-ocr page 56-ζ A Μ ρ I E R I. 2f
che andavano in una Galleria del Re in Madrid, e ne die-
de a dipingere anche ad altri Pittori , e perch' era cónve-
nuto per iilrumento ed obbligato di terminar l'opera in mi
tempo prefiiTo con li Cavalieri deputati del Teforo non po-
teva adempire la fua parola a motivo di quel tempo tolto-
gli dal lavoro di quelli altri quadri . Procurava la proro-
ga, e riftanza non era indifcreta, eifendo ilato dal Vice-Re
neceiTitato a rompere le leggi, e l'oiTervanza della fua pro-
meiTa ; ma non gl'i fu pofsibile reftarne fodisfatto , perche
il Medina non voleva benche lo aveiTe impiegato obbligar-
ci di una parola a fuo favore, anzi quelli deputati lo ram-
pognavano , e minacciavano di dare ad altri il rimanente
dell'opera, dì che egli fentiva una pafsione infoiFribile ; Af-
faticandoiì egli per ottenere di eifere confolato nelle fue gia-
lle richiefte, e quelli Cavalieri oftinandofi nelle loro perti-
nacie foprafFatto da collera violenta diiTe loro ; io me n'an-
drò, e così farà finita ; al che quelli rifpofero ; andatevene.
Alterato, e confufo queir uomo prudente, e fentendo che
il Vice-Re Γ aveva fatto chiamare intimorito di ricevere_i
qualche affronto, così come fi trovava allontanatofi a poco
a poco dalla Città quando fu alquanto diilante prefe un ca-
vallo a nolo in Averfa , e s'inviò a Roma con ogni fol-
iecitudine, folo , e camminando fempre giorno , e notte .
Così gli riufcì di partire da Napoli fenza ricevere incontri
d* alcuna forte , ed in tre giorni giunfe a Frafcatì che po-
tevano eifere veni' ore ; in modo che poteva arrivare lo
ileiTo giorno a Roma . Ma perche nel mefe di Luglio la
Cagione fi ftima del tutto contraria per elTef Γ aria di Ro-
ma groifa e di cattiva qualità , per quello pensò di fermarfi
in Frafcatì, trovandofi anche per il viaggio , e per il difgu-
ilo incomodato , e mal ridotto.
Gli fu favorevole congiuntura eiTere in quel tempo
Guardaroba della Villa Aldobrandini dov' egli fece ricapito
per la fermata , un tal Ventura Bolognefe, il quale come
Pae-
-ocr page 57-DOMENICO
Paefano !o ricevè cortefemente. Inianto ne fu avviYato il
Card. Ippolito AÌdobrandini , e mandò il fuo Segretario il
quale era Francefco Angeloni perfona molto erudita in let-
tere, ed aiTai curiofo delle belle Profefsioni , avendo la_j
cafa tutta adorna di quadri di valore di cofe antiche , ed
uno iludio di medaglie, e difegni dei più famofi Pittori,
acciocché in fuo nome faceiTe de'complimenti a Domenico,
ed a lui iignificaiTe il gradimento che aveva provato ch'egli
aveiTe fatto capo in cafa fua , ordinando al Guardaroba che
lo teneiTe proviilo di quanto bifognava . Si trattenne il Zam-
pieri in Frafcati tutto il rimanente dell' eftate , e perche
flava egli nel Belvedere gli fece fcrivere il Cardinale, che
deife un occhiata alla Cappella di quel luogo dipinta dal
Pafsignani la quale incominciava a patire per Γ umidità ·
Egli per fervire quell'Eminenza vedendola in cattivo flato ,
e perche non gli pareva giuilo d'impiegare il fuo pennello
in quell'operazione, chiamò a fe Gio. Angelo Canini giova^
ne affai lludiofo già fuo difcepolo prima dell' andata a Na-
poli . Andò il giovine , e facendogli vedere la cagione
per la quale l'aveva fatto muovere da Roma , gli domandò
fe gli pareva di poterne ufcire da fe folamente , ma il Cani-
ni gli rifpofe che averebbe deiìderato un compagno: torna-
ta a Roma, gli rifpofe il Domenichino , e pigliate uno a
voilro gufto .
Ritornato il Canini in Roma venne da me eh' ero in
età di venticinque anni, ed ero neiii principj del dipingere
eiTendomi pofto a difegnare aiTai avanzato negli anni, per
cagione d' eifermi io prima impiegato nello ftudio delle let-
tere . Volontieri accettai Γ invito , perche defideravo cono-
fcere il Domenichino, uomo nella mia idea di ftima gran-
de. Giunti che fummo a Frafcati mi fece cortefìe , e fen-
teniio eh' io mi dilettava di belle lettere mi gradì più, c
mi ricordo eh' io guardava queir uomo con tanta maravi-
glia, come fe foiTe ilato un Angiolo , Ci trattenemmo io,
ed
-ocr page 58-ζ A Μ P I E R I, 41
Cd il Canini fino al Settembre , ed attendemmo a reilau-
rare la Cappella di S. Sebaftiano , eh' era malìflimo ridot-
ta perchè eiTendo dipinta ad olio nel muro > s' era tuttaji
fiìbbollita, e 11 fcroflava affatto. Veniva qualche volta Do-
menico a ilar con noi, e cantando allegramente procurava
dì follevariì al poflibile. La notte finito il lavoro ci ritira-
vamo nelle ftanze , ed egli- fe la faceva per Io più da fe
folo a difegnare , e non voleva eiTer veduto j ma per paf-
fare alcuna volta il tempo faceva diverfe caricature di tut-
ti noi , e di quelli che fi trovavano allora nella villa , e
quando gli riufcivano di fodisfazione prorompeva in rifate
grandiffime , e noi che iiavamo di camera vicini correva-
mo a lui per faperne la cagione , e ci moftrava quelle fpi-
ritofe galanterie . Fece il mio ritratto alterato con una chi-
tarra in mano j quello del Canini ; quello del Guardaroba,
eh' era ftroppiato dalla podagra , e del Sottoguardaroba >
eh' era figura ridicola j ma perchè noi non ci alteraflìmo
a quefte caricature, fece anche fe medefimo . Conferva al
prefente quefti ritratti il Signor Gio; Pietro Bellori nel fuo
Audio , eiTendo egli molto curiofo , e di buona intelligenza ,
e la fua penna è di tanto valore che paiTa tra i primi in-
gegni del noftro fecolo.
Nella rinfrefcata il Card. Aldobrandini con i Principi
fuoi fratelli andò com' era folito a Frafcati per villeggiare
nella foave ftagione, e condurre feco le tre Nipoti figHe di
due Tuoi fratelli , le quali erano fanciulle. Una figlia del
Principe chiamata D. Olimpia, che fa moglie del Principe
Paolo Borghefe, e dopo del Principe Camillo Pamfilj , la
madre della quale prima fu moglie del Prencipe Aldobran-
dini, e dopo la morte di quefto fposò D. Flavio Orfini Du-
ca di Bracciano ; Γ altre due nipoti del Cardinale erano le
figliuole dell'altro fratello delli Aldobrandini, il quale morì in
Germania , e di Donna Carlotta Savelli, la maggiore del-
ie quali pure di nome chiamavafi Olimpia , e fu moglie
D Ο MENICO
del Duca di Ceri , e dopo del Marchefe Sentinelli da Pe-
faro , e la minore D. Caterina che fi fposò col Prencipe
Giulio Savelli allora Duca dell' Ariccìa , che le era cugino
carnale ν ma queita morì aiTai giovinetta . Con r occaiìone
che Domenico era in Frafcati il Cardinale fi compiacque
eh' egli facefle i ritratti di queile tre fanciulle , ma tutte
in un quadro per maggior curiofità , Reilò fodisfatta S. E.
del fuo defiderio perche fece le tre figure con gufto , ed
applicazione, e finito ch*ebbe quefto lavoro fe ne venne a
Roma il Zampierl con li medefimi Prencipi .
Vi fi trattenne tutto Γ inverno fino all'anno idj^ nel
qual tempo fece anche venire da Napoli la fua famiglia, e com-
battendo con lettere tutto quel tempo per ottenere la proro-
ga , incontrava grandiffime durezze ; ma per non perdere
in tutto il tempo pofe mano ad uno de'quadri per fervi-
zio del Vice-Re, che Domenico fi aveva fatto venire, ben-
ché poi lo terminaiTe in Napoli. Stavano mal difpofti ver-
fo di lui quelli Deputati del Teforo per la Tua improvvifa
fuga , ma placati dalla moltiplicità degli interceiTori condi-
fcefero ad ogni aggiuftamento . Finalmente ottenuto quanto
bramava ritornoiTene a Napoli la primavera feguente del
con la moglie, e una figliuola ch'era grandicella, e
fi diede in tutta diligenza al compimento del fuo lavoro
nella detta Cappella.
Non fu mai più veduto di buon occhio da quelli Na-
poletani ; e li Pittori lo deteftavano perche egli era ritor-
nato S del che fentiva non ordinario difpracere . S* aggiun-
gevano a quefti fuoi difgufti eterni altri domeftici , che
Io affliggevano all' eftremo . Egli vedendofi circondato
da tanti affanni per non avere a chi ricorrere per con-
iìglio, e non valendo da fe a riparare tante inquietitudini,
fi riduiTe a fegno tale di ialute, che cadendo in una grave
infermità in breve fe ne morì lafciando Γ opera imperfet-
ta, e quella era la fua aiflizzione maggiore .
4Ζ
ζ A Μ ρ I E R I. 2f
Per informazione del Lettore non farà fuori dì pro-
pofito il far qui due parole dell'interno della fua cafa ,
da cui ebbe a foiFrire tanti affanni . Conviene dunqiio
fapere , che alla fine del Ponteficato di Paolo V erafene
il Zampieri tornato in Bologna perche non gli pareva d*
eiTere contento in Roma , e colà vi avea prefa moglie
Bologne/e . ChiamoiTi queila Marfibilia Barbetta donna è
vero di non vile condizione , e di fìraordinaria bellez-
za , ma altiera oltremodo , imperiofa , e intereiTata . Ne
ebbe alla prima due figliuoli mafchj , i quali con fuo
gran dolore gli morirono di patimento , perche la loro
Madre affine di formarli gentili , e dilicati non li volle
mai nudrire abbaftanza . Avvedutofi Domenico di quefto
fconiìgliato capriccio donnefco non volle , che così fof-
fe fagrificata la terza iìgliuolina che dopo i due primi gli
nacque, e malgrado i clamori della moglie la fece nudri-
re a fufficienza . E' queila quella figliuola che flette con
lui fino alla morte , e che egli amò tenerifsimamente ,
perche in vero era dotata delle più amabili qualità · Ef-
fa fu doppoi maritata ad un Cavaliere Pefarefe, e da quel
tempo io non ho più intefa novella ne di lei , ne della
madre . Due fratelli della Mariibilia forfè fotto mano
chiamati da lei vennero da Bologna a Napoli a trovare il
Zampieri , e gli cagionarono i fuddetti atrocifsimi difgu-
ili . Oltre al non avergli efsi mai pagata la dote della lo-
ro forella erano di natura maligni , infolentifsimi , e fa^
cinorofi , a fegno che lo fventurato Zampieri temeva da
loro qualunque ecceiTo . 11 tormento che ne rifentiva fu
così grande , che dovette alla fine focomberci , e finir di
vivere. Così fra mille crepacuori morì uno de'più eccel-
lenti artefici del mondo , anzi quegli che oltre al fuo va-
lore pittorico avrebbe più d' ogni altri meritato di viver
fempre per la Tua oneftà perfonale. Lafciò un valfente di
ventimila feudi oltre a' fuoi mobili . .
F a Xa
-ocr page 61-κ::
Λ.
DOMENICO
La fua morte avvenne nel mefe d'Aprile 1S41 eiTen-
do il Zampieri d' anni 60 e con qualche fofpetto di vele-
no , e queilo non è inverilìmile perche Γ intereiTe è un
perfido Tiranno. Fu fepolto nella Chiefa Arcivefcovile dì
Napoli xon poche dimoftrazioni rifpetto al fuo merito . Ave-
va avuto tutti li Sagramenti della Chiefa , e lafciò erede
delle fue gloriofe fatiche quella figliuola che tanto amò, ed
il fuo itudio lafciollo a Francefco Rafpantini fuo difcepolo
di molt* anni , il quale fece poca riufcita . Queilo ftudio
viene oggi confervato , e tenuto in gran conto da Carlo
Maratta. Fu di coftumi convenienti ad un virtuofo uomo ,
divoto , e ritirato, ma li refe poco amabile nel tratto, ef-
fendo di genio rozzo, e fofpettofo . Era modeftiffimo nel
parlare, così nel veiìire , e moderato nella menià. Nel
vedere Γ opere degli altri ancorché di qualche valore non
era prodigo nelle lodi, e ne meno eccedente nel biafìmo,
ma fi conteneva nel mezzo. Nella profeflìone fu femprej
iludiofo, ed applicato , e credo che non la vivacità e pron-
tezza del fuo ingegno, ma più toffco raiFiduità del fuo ftu-
dio , che non intermife mai , il faceiTe arrivare a quel fe-
gno di perfezzione, alla quale pervenne , In ogni cofa ap-
partenente air arte procurò d' erudirli , e fece aiTai bene
de'paefì , intefe di profpettiva , e fu molto fludiofo di Ar-
chitettura , ma non ebbe occafione di sfogare queilo fuo
ialento 5 del che fempre iì-dolfe. Non ebbe di lettere no-
tizia; particolare. Nell'opere fue fu rigorofo oiTervatore del
decoro , e fì applico vivamente aircfpreifione, ed alla pro-
prietà degli abiti alcoftume, ed all'aria delie teile in cia-
;fcuna figura .
Coir occafione della lettura dì Vitruvio per Io ftu-
dio Architettonico s'internò nel trattato, che egli fa del-
la miifica in propofitó dell'armonia , la quale debbono ave-
re fra di loro le proporzioni delle mifure , ficchè fi invo-
gliò di metteif in pratica r apprefa Teorica ì e fabbricò
44
■f.
1
jt i
I' '
iWttHM
ζ A Μ ρ I E R I. 2f
con le fue proprie mani alcuni iftrumenti mulìcalÌ , cioè
a dire Arcileuti, ma di ftravagante figura , ed io li vidi
in Roma nel tempo che egli vi dimorò , quando fuggirsi
da Napoli , Penfava egli d'introdurre in quelli tali iftrti-
menti con novo modo, ed inufitato , tutti li toni^, e .fe-,
mitoni delle quattro parti della mufica per via di molte
Spezzature ne'tafti fatti ad ufo del manico delle cetre tan-
to nel modo , come nella materia , e voleva portare ììl*
un fol tono la varietà di tutta Γ armonia Diatonica , Ar-
monica , e Cromatica, prefa dal Dorio , dal Lidio, e dal
Frigio con cavarla da quella fua taftatura , avendovi fpar-
tita tutta la melodia , che per natura , ο per accidente
vien comprerà nell' artificio della ^mufica in tutte le Tue
parti . Quello fuo nuovo modo , benché non male intefo
quanto alla fcienza , li rendeva impraticabile fui fatto ,
avendo già refperienza di tanti anni facilitato l'ufo di ado-
perare queir iflrumento con la fodisfazione di tutti gli ac-
compagnamenti j nulladimeno egli fece conofccre la fottio
gliezza dell'animo fuo in una cofa tanto lontana dalla pro-
pria profefsione . Fece anche fabbricare per fe un cimba-
Io da Orazio Albani in quei tempi celebre cimbalifta , ed
io vi fui prefente quando n' ordinò a quello la taftatura ,
nella quale aveva fatto un cantone proporzionato alla gran-
dezza del cimbalo, che conteneva oltre le ottave ftefe tan-
to nella parte del baiTo , come del foprano , mcilte fpez-
zature di femitoni nelli tafti neri per cavare tutti li die-,
fis , e li bemolli , che poiTono accadere in una perfetta^
armonia nell' accompagnare ; ma quella fua fatica non por-
tò neiTun' utile , e neiTuna imitabile novità.
Era tacciato di lentezza , e d'irrefoluzione nell' opera-
re, ma io non faprei condifcendere a riconofcere in lui fr
mìl difetto ; perche confiderando la quantità, e la qualità
dell' opere fue , pare che un uomo folo non fia ftatg ba-
cante a farle . Le fue opere fono bene condotte , e ilu-
dia-
-ocr page 63-45 DOMENICO
diate, e ridotte ad una efatta perfezzione, e finitezza ; c
pure ciò non baftò a far tacere i maligni . Dopo morte
io procurai per quanto permifero le mie forze di onorare^
la memoria dì un uomo di tanto merito con fargli un pub-
blico funerale nella naftra Accademia di Roma ; e per-
che in quel tempo non fi potè ciò efeguife in S. Luca a
motivo appunto della nuova fabbrica della Chiefa princi-
piata da Pietro da Cortona , come dirò nella vita di lui ,
fi fece la funzione nel Palazzo della Cancelleria , ed io
compofi Γ Orazione funebre , e la recitai pubblicamento
con Γ intervento del Signor Cardinale Francefco Barberi-
ni Protettore, e di molti Prelati, e Virtuofi , che favori-
rono con l'affiilcnza. E perchè poi non fi potè parare tutta
la fala a lutto non eiTendo conveniente per eiTer quella
propria della Cancelleria , fi ftefe un panno nero in alto
fopra il banco , dove fi recitò Γ Orazione , ed in mezzo a
quello collocoiTi il ritratto di Domenico dipinto di mia ma-
no cavato da alcuni difegni venutimi da Napoli, ed è quel-
lo eh' oggi fi conferva nell' Accademia j il quale ritratto
aveva intorno un fellone di cipreiTo toccato in alcune par-
ti d' argento , cioè erano tutte inargentate le coccolo
di queir albero j e quello rendeva vaghezza a quel qualun-
que ornamento . Mi furono dati in fua lode , oltre quelli
che furono recitati al pubblico, molti componimenti poe-
tici dei primi ingegni di quel tempo , nel quale numero
eranvi Cavalieri titolati , e Principi, e penfato di pub-
blicarli colle ftampe infieme con 1' orazionema ne ven-
ne impedita V efecuzione da qualche Tuo nazionale per al-
cune malignità, che mai non ceiTano d'intorbidare Γ ope-
re lodevoli. Funefta pafsione farà mai fempre l'invidia.
Dalla fcuola del Domenichino fono ufciti molti chej
fanno figura di galant'uomini, e molti hanno dato fperan-
za d' un ottima riufcita, ed eccone il numero , e le loro
qualità · AleiTandro Fortuna che fu delli primi , e fe non
mori^
-ocr page 64-2 A Μ ρ I E R Γ. 47
moriva cosi prefto fi farebbe avanzato a gran fegno . Dì
fna mano vi è una Tavola d' Altare in S^n Lorenzo delli
Speziali in Roma, nella quale ad olio è dipinta Maria Ver-
gine Annunziata dall' Angelo con una gloria in alto . An-
tonio Barbalonga MefìTmefe fi fece conofcere per valoro-
fo in quella Tavola grande in S. Silveftro a Monte Caval-
lo in cui come ho detto è dipinto San Gaetano , e il
Beato Andrea Avellino con Γ accompagnamento d'una glo-
ria affai copiofa di putti in varie attitudini , e un Padre
eterno foftenuto dagl' Angioli fatto con gran maeitria , e
vaghezza . Così molta lode fi è meritato nel quadro di
Maria Vergine AiTunta al Cielo in mezzo al Conciftoro
degli Apoiloli , che è nell'Oratorio di S. Andrea dellcU
Valle , ed in quello della Chiefa de'Lucchefi nell' ultima
Cappella alla deftra dell' Aitar maggiore , nel quale è la
Regina del Cielo aiTìfa in un regio trono fervita , ed of-
fequiata dagli Angioli, ed alli fuoi piedi vedoniì inginoc-
chiati nel terreno li due Santi Girolamo , e Francefco d*
AfTifi . Gio, Batiifta Ruggieri Bolognefe detto il Geisi ,
che ajutò il Zampieri in S. Andrea della Valle , e del
quale Domenico avria fatto gran capitale per Napoli , ma
fi difguflarono inlìeme · Era quefto Ruggieri Pittore di gu-
fto fquifito , e rifoluto nel dipingere , come fece vedere
nel fuo Prefepe nel Clauftro della Minerva, e dentro, e
fuori della pìcciola Chiefa dell'Ofpedale di S. Giovanni iu
Laterano a frefco , ed in altri luoghi , Andrea CamaiTei
da Bevagna, del quale fi parlerà a fuo loco. Pietro Teila
detto il Luccheilno , il quale fi gloriava di dipendere da-
gli infegnamentì del fuo Maeftro. Gio, Angelo Canini Ro-
mano , che fu un gran difegnatore , e di lui fi dirà a par-
te . Francefco Cozza Calabrefe molto intelligente, e ftu-
diofo , che in molte occafìoni ha fatto conofcere il fuo va-
lore , ed altri eh' hanno dato a vedere nelle loro opere la
buona educazione ricevuta da così erudito Maeftro . So
tutti
-ocr page 65-4S
Ί I
tutti quelli che difcendono da una faggia fcuola non fan-
no un' eguale felice progreiTo , s' afsicuri il jnondo > che
la cagione non viene dai documenti conferiti , ma dall*
incapacità di chi li riceve , non avendo difpofizione baftan-
te per approfittarfene . Ad uno che ha difpofizioni fuffi-
denti per imparare tanto fervono gì' infegnamenti dell*,
opere morte, quanto quelli della voce viva %
PITTORE,
Ε1Γ Anno 1578. da un uomo di mediocre
condizione, ma di onorati parenti , de*
quali non fi è faputo la qualità , nella Cit-,
tà di Fiorenza nacque Baccio Ciarpi, nome
fra il popolo in quella Città aiTai in ufo ,
ed iftruì queilo fuo figliuolo non folo nell*
educazione della fcuola per le lettere ,
ma con più diligenza nella difciplina d' una vita criftiana ,
efercitandolo nelle divozioni degli Oratorj , ed in altre eC'
clefiailìche occupazioni. Dava il giovanetto Baccio gran con^
trafegni di genio alla Pittura j e perche Fiorenza in quefta
Profefsione è un Accademia fiorita , ebbe in quella Città
molte buone iilruzzioni di difcgno da eruditi Maeitri, ftu-
diando infieme con Andrea Comodi , col Pafsignano , co!
Ciampelli , e con altri di queila età . Portatoiì egli avanti
col colorito fé ne pafsò a Roma , dove quefti Tuoi condi-
fcepoli fi erano avanzati nel credito, e nelle comodità , ed
egli ancora di continuo lavorando fi acquiftò qualche nome.
Tra l'altre fue qualità fu affai abile nell* iftruire la gioven-
tù , e fempre ebbe numerofo concorfo di fcolari , perche
infegnava con amore, e con carità, e non facevali ilare tra
le baje , e tra le partite com'è il folito degrignoranti , che
infegnano a difegnare . Intanto che procurava di ben fondarli
ne' buoni princip; della profeiTione , non mancava d'incul-
BACCIO
cargli aiTiduamente il Santo timore di Dio . Tra gli al-
tri della fua rcuola ( e quello è un gran eontraiTegiio dèi
fuo non ordinario valore ) ebbe Pietro da Cortona del qualo
fi dirà quando farà il fuo tempo , ed altri , che fecero
onorata riufcita così nella pittura , come nella fcultura ,
Al pubblico di fua niano vi è un quadro d' Altare nella
Chiefa de' Cappuccini nella piazza delli Barberini a Ca-
po alle cafe , ed è quello della terza Cappella a mano
deftra dell' ingreiTo , nel quale fi vede Gesù Crifto , che
fa orazione nell' Orto con Γ Angiolo che lo conforta , e
li tre Apoftoli che dormono . QLiefl-o quadro glie lo die-
de a fare ii Cardinal Francefco Barberini , perche amava
le buone qualità di queft'uomo da bene . Un altro nella
Chiefa della fua nazione Fiorentina nella Cappella della
Crociata alla parte dell' Evangelo dell'Altare maggiore ,
nel quale dipinfe Maria Maddalena cioè l'Anima di queir
efempio di penitenza portata dagl'Angioli a godere la glo-
ria del Paradifo.
Aveva inoltre continue occafioni di lavorare per
perfone particolari , e fi tratteneva" in una onefla como-
dità di vita , fempre dedito più che altro all' opere di
pietà , e caritatevoli. Una volta gli fucceflfe un fatto ve-
ramente barbaro , ed inumano anche in perfona d' un in-
fedele , e fu che pacando una mattina avanti a quelle,)
Carceri chiamate Corte Savella , che fìavano incontro al-
la Madonna di Monte Serrato e che furono abolite, uno
di quelli Carcerati da baffo con grand' iftanza gli chiefe
Γ elemoiìna per Γ amor di Dio , ed egli eh' ebbe fempre
vifcere pietofe gli s' avvicinò per porgergliela . Mentre
egli ftende la mano dentro la ferrata i>er dargli la carità un
Villano indifcreto fenza fapere perche gli diede in quella una
baronata così fiera, che per molto tempo non potè valer-
fene per operare, ma con una tolleranza incredibile fof-
ferfe quello male fenza rifentirii ne meno d'una parola .
Ir
/
Tra V altre fue opere pie , come d' afsiftenza negli Of-
pedali , Comunioni , e vifite de' Carcerati , β pr^fe
cura di quelle povere Zitelle dette di S.Filippo Nedo , così
chiamate perche ebbero principio al fuo tempo, e Baccio quan-
do quelle ufcivano andava femprjg con loro con le caiTette
cercando per Roma Γ elemofina per le fteiTe povere fan-
ciulle abbandonate , Per fare un atto di pietofo Cri-
lliano , non aveva ne il freno della mala vergogna , che
ritiene tanti fpiriti deboli dal fare del bene , ne la vani-
tà di farlo in pubblico , che fuol muovere alle volte gì*
Ipocriti genere di perfone più difprezzabile di qualunque»
altro .
Non farà inutile il dire qui, che queft' opera pia ebbe
principio da un Profumiere il quale faceva raccolta di quel-
le povere figliuole derelitte, e che erano in pericolo di
capitar male . Egli le radunava in cafa propria , le ri-
veiliva , e le governava con il fuo povero avere cofa.»
efemplariiTima a tutta la Città . S'andò avanzando la fant*
opera, e fu gradita alli Superiori ecclefiailici , che gli pre-
ftarono ajuto, ed eiTendo noto, che quello buon'uomo al-
levava, e nudriva coi timore di Dio le upericlitaati don-
zelle, più d' uno lafciò a quefta cafa quanto aveva di ere-
dità . PaiTato air altra vita il Profumiere , fubentrò Bac-
cio alla cura di eflfe ; ed oggi è così crefciuto quefto luo-
go , che è divenuto quaiì Claufura , e per entrare in quel
numero fi richiede protezzione , e dote . Finalmente queil'
uomo da bene caduto in breve infermità morì con tutti
li Sagramenti della Chiefa l'anno 1641 d'anni feiTantaquattro
in concetto di vita efemplare , e lafciò egli pure tutte le
fue facoltà alla Cafa di quelle povere Zitelle . Fu Baccio
di affai picciola ftatura j ma di animo grande , e alquanto
zoppo in un piede . Non ebbe molto comodo di beni di
fortuna ; ma ricompensò la fcarfezza di queili colie molte
virtuofe azzioni · Dirà forfè taluno , che io ^li ho rap-
i G 2 pre-
51
Β A C C LO C I A R Ρ I.
prefentato il Ciarpi più per buon criiliano, che per buon
Pittore , ma mia intenzione è di far conofcere al Lettor
re egualmente il faperc , che il carattere de' foggetti de*
quali intraprendo a parlargli , come dal feguito di queftsui
mia iitoria potr^ rilevare ,
PII.
-ocr page 70-lì
PITTORE,
L padre di Pietro Wander detto per foprano-
me il Bamboccio fu di nazione Olahdefe , e
nacque in Arlem da un Mercame di vario
merci air ufo di Amfterdam , che viveva con
qualche comodità. Avendo coftui tolta moglie
al fiio proprio paefe ebbe più figliuoli tanto ma-
fchi, quanto femmine, che la maggior parte deftinò al traffico·
L' ultimo di quelli figliuoli fu Pietro, di cui ora fcriviamo,
e quefto volle il padre, che fi appIicaiTe alla Pittura di cui
ebbe in Olanda li principj , e cominciò ad averci qualche
fodisfazzione , allorché prefe a colorire le tele . Ma perche
non forti una certa introduzzione di grande indrizzo in-
vaghito delle femplicità naturali, come più facili , e più
conformi al fuo genio dipingeva dal vero ogni cofa ancor-
ché vile , e triviale con grande imitazione , ed oiTervazio-
ne rigorofa. Vennegli in penfiero di portarfi a Roma, ben-
ché foife giovinetto , e tolta licenza da' fuoi , meiTi in-
fìeme alcuni pochi denari per lo viaggio vi fi conduiTe in
tutta diligenza. Giunfe Pietro a quefta Calciale del mondo
'nel mezzo della Primavera Tanno \6τ6 dopo l'anno lanto
d' Ur-
-ocr page 71-PIETRO
d'Urbano Vili, avendo egli trenta in trentun'anni di età.
In quelli tempi gli Oltramontani , fecondo le loro diffe-
renti nazioni s' univano tutti infieme , cioè Francelì con i
Franceit gli Olande fi tra di loro e li Fiamminghi con_j
li loro nazionali., e iioichè allora erano tempi d' allegria ,
perche il denaro fi lafciava vedere più alla fcoperta , fo-
levano fare fpeiTo geniali ricreazioni , e quando giungeva
in Roma qualchedunp chiamato., perpiò da laro .Novizio ,
quelli faceva a tutta -la brigata- de' paefani una lefta di un
pailo fontuofo in qualche oileria delle più celebri, nel qua-
le ciafcheduno fpendeva la fna parte . La maggiore fpe-"
fa però toccava al Novizio come fi può ben figurare ,
Quefta ricreazione durava almeno ventiquattro ore con-
tinue fenza mai levarfi da tavola , ed in tal tempo fa-
cevano i convitati portare il vino a barili intieri , ο
con pochiffima riverenza chiamavano quefta ricreazione
la feila del Battefimo. Si valevano indifcretamente di sì fan-
to nome per fignificare una facezia , perche metteano ia.»
quefta ricreazione al Novizio un nome diverfo dal fuo pro-
prio , e quefto lo cavavano , ο dalla figura , ο dalla fifono-
mia, ο pure dal portamento della perfona di quello, che
dovea in tal modo eiiere battezzato col vino . Pietro
perche era gobbo, mal difpofto, e di fconcertata propor-
zione il chiamarono il Bamboccio , e con quefto nome fu
riconofciuto , e chiamato per fempre . Parve una fatalità,
perche il fuo genio nella Pittura fu folo dipingere Bamboc-
ci, e Bambocciate, ed introduiTe quelli foggetti vili, po-
polari , e di baiTe fcempiaggini, che rendono tanto diletto
alla plebe , ma poco agli animi follevati da una nobile idea.
Ciò non ottante portò coftui tanto avanti il gufto di tinge-
re con una imitazione così efatta del naturale, e con una
verità tanto grande , che non fe gli può per giuftizia to-
gliere il merito della lode. Quel fuo nuovo modo fu gra-
dito dairUnivejfaie, e giacché tutte le cofe nuove piaccio-
no,
, - W A Ν D E R.
no , ebbe un concorfo numerofo ci' imitatori , a' faci gior-
ni ? ed anche dopo , iìcchè a que' tempi altro non fi ve-
deva , che una quantità di Pitture vili , ed inconvenienti al
bel decoro della Pittura , che fi era ridotta nelle pubbliche
piazze a fare fpettacolo di rifate da taverna , ed a met-
tere in comparfa r allegria , e le feile del popolazzo più
minuto , e più baifo . Dimorò in Roma qualche tempo fa-
cendo giornalmente quadri di varie mifare , ma di figure^
in proporzione della grandezza d' un palmo , e non pafsò'
mai queft' altezza ; vi rapprefentava tutti gì' avvenimenti
che fuccedono tra la marmaglia , cioè i bagordi della Caf-
farella, le vignate d'Artiili , e di donnicciuole , li fuccef-
fi > e le varie operazioni dell'acque acetofe, e le ridicole
baje delle mafchere nel Carnevale . Dipingeva anche aitai
bene gli Animali, come le pecore , i cani > ed i cavalli
non già rapprefentando qualche cofa di nobile^ ma folo met-
tendo in vifta co' quadri fuoi accidenti ordinar; di PaiTag-
gieri con donne, e queile talvolta veilite da uomo con cap-
pelletti bizzarri adorni di varie piume , e di altre curiofità
dilettevoli. Qiiefto è certo che fe ogni Pittore ( efprimen-
do però a-zzioni*nobili, e convenienti ) ufafife il gufto di tin-
gere , e d'imitare il vero del Bamboccio , fi potrebbe que-
fti chiamare degno di lode, e d'ammirazione, perche Pie-
tro certamente era iìngolare ,nel rapprefentare la verità
fchietta ? e pura neir eiTer fuo . Li fuoi quadri parevano
una fineftra aperta > per la quale fi foiTero veduti quelli
fuoi fucceifi fenza alcun divario, ed alterazione j e vi era-
no delli Pittori anche di qualche ilima, i quali guardavano
le cofe del Bamboccio con molto diletto, e procuravano di
averne qualcheduna appreiTo di loro per esemplare di quel
vero così bene imitato, ed efpreiTo .
S'annojò il Wander di Roma , perche quantunque vi gua-
dagnaife molto per la quantità delle occafioni che aveva ,
pure non poteva mai far capitale di' quattro foldi , per
effer-
Μ
eiTerfi Pietro lafciato dominare dalla pafsione degli amori
quafi che la fua ridicola figura foiTe fatta per queflo meftiere.
Rifolvette pertanto di tornare in Olanda al fuo cielo
nativo , ed oltre che vi era affai defiderato, la voglia di
rivedere i iuoi era a lui un follecito fprone , e giuntovi
appena perdio concorfo che ebbe di occaiìoni non poteva re-
lìftere a fodisfare a ciafcheduno che Io richiedeva di lavo-
rare de'quadri , Ma perche in materia di femmine tutto il
mondo è paefe, il Bamboccio li trovò Tempre da per tutto
il medefimo . In Arlem fua patria acquiftò certo male per
cui cmpitofi mirerabilmente di doglie , e di altre infezzioni
gli convenne per procurare rimedio alla fua falute andare
alla ilufa fecca ; ma perche la fua complefsione, e la fua fi-
gura non furono baftanti a fofFrire una crife così abbondan-
te , diftruggendofi in fudore gii convenne cedere alla vio^
lenza del male troppo impoiteiTato, onde finalmente nella.»
ilagione autunnale del 1642, fe ne morì. Era egli allora d*
anni 47 in 48 età aiTai frefca , anzi la più vigorofa dell'uo-
mo , ma il male ed i difordini bene fpeifo abbreviano la
vita . Fu di figura ridicola , e come fi difle gobbo , e grof··
fo di tefta , con un nafo beftialiiTimo , anzi pareva un ve-
ro Bamboccio , come ne portava il nome , ma faceto ,
amico della ricreazione, e buon compagnone,
57
PITTORE,
' Morì V Anno 1542.
Uìdo Reni fu di molta riputazione alia Pa-
tria , e fu Γ ornamento , e Io fplendoro
de'fuoi tempi nel beirefercizio della Pittu·
ra . Ebbe il fuo natale in Bologna 1* an-
no l'i75 ? e in confeguenza fu coetaneo
del Domenichino , e dell' Albano . 11 Pa-
__dre di lui per profcifione era Maeflro di
Mufica , c chiamavafi Daniele Reni . Infegnava in Bologna
a cantare , ed aveva iftruito in queft'arte anche il fuo
figliuolo Guido , il quale eiTendo giovinetto cantava leg9;ia-
dramente la parte di foprano . Andava queft'uomo attorno
per le cafe infegnando a putti > ed a zitelle l'arte del can-
to , e conduceva iempre Guido in fua compagnia. Fra gli
altri , alli quali Daniele andava a dare lezzione , vi fu un
fanciullo in cafa delii Signori Eolognetti , i quali vedendo
il giovinetto Guido portato più al diiègno , che alla mu-
fica , perchè lì faceva vedere del continuo dedito a queft'
applicazione , gli fecero iftanza s' egli volontieri farebbefi
meiTo allo lludio della Pittura ; e il giovinetto con prontez-
za rifpofe, che di buona voglia avrebbe attefo a così no-
bile Profeflìone . Sentendo que' Signori il defiderio di Gui-
do , col confenfo del Padre , Io introduiTero da Dionigio
Calvart Fiammingo Pittore in quel tempo di molta ftima^
?a Bologna ·
18 υ I D Ο
Durò qualche tempo Guido a difegnare fotto la difci-
plina di quefto uomo, il quale nello itile della fua nazio-
ne era aiTai intelligente , dìfegnando con regole di buona
iìmetria. Guido per altro col configlio del fuo Maeftro an-
dò fempre appreàb Alberto Duro , e coli' imitazione dell'
opere, e delle oiTervazioni di quello procurò di fondarii in
un perfetto intendimento . Sò che ad alcuni delF arte pa-
rerà ftrana queila fcorta , tenendofi Alberto per pericolofo
ad eiTere imitato, come fecco, tagliente, e-Pittore trop-
po fimile al fuo cognome j nondimeno chi guarda con oc-
chio conofcitore le opere di quel grand* uomo vi trova
dentro grandiffime bellezze degne aiTai di eiTere oiTervate,
ed imitate con molto iludio.
In tanto fi fentiva il fufurro , e lo ftrepito forgente
delli Caracci, conofciuti da Guido per uomini ben fondati
nel buono , e nel gullo perfetto del vero Itile . Voltato
adunque il mantello s'incamminò Guido alla fcuola di quel-
li con qualche difpiacere del Calvari . Datofi alla totale
direzzione delli Caracci fi avanzò ad una perfetta cogni-
zione del buon gufto , e nella maniera più ficura , e poco
dopo la partenza di Guido Γ Albano pure lafciò la fcuola
del Fiammingo. Avendo già li due fratelli Annibale , ed
Agoflino Caracci girata la Lombardia , ed eiTendofi im-
bevuti del colorito di quelli faporiti Pittori s'invogliorono
di vedere Roma moflì dal grido di Raffaele , di Michel An-
gelo , e di altri, come pure delle belle ftatue , e bafsi
rilievi antichi delli quali è così abondanie la noftra Città.
Quello loro genio fa feguitato da Guido , dal Domenichi-
no, e dall' Albano, li quali cifendo infieme fcolari vollero
feguirc li loro Maeflri in queila moiTa, e con cfsi a Roma
fe ne vennero , e concordemente ftanziarono iniìeme nel
Convento di S. PraiTede, introdottivi dal Cardinale allora^
Titolare di quella Chiefa amico delli Caracci. Spendevano
intanto il Reni, e l'Albano tutta la notte giuocando a car-
te
R Ν Ι, 19
te per paÌTare lietamente il tempo ; ma in verità accefafì
neir interno dì quelle due anime grandi una certa tacita^
gara cominciarono a mirariì Γ uik) P altro con emulazio-
ne . Guido era in iflato già di colorire le tele , e ve-
dute le opere di Michel Angelo da Caravaggio , che ap-
punto in quel teni]ìo s' avanzava in credito , s' invaghì di
quello ftile gagliardo , ed oiTervante del naturale con un
forte impafto di colore , Offertaregli pertanto Γ occafione
di un Sarto, che ,lo faceva operare per proprio jniereiTej
dipinfe per quello alcune mezze figure , ed anche figure
intiere ad imitazione del Caravaggio con idea, e con par-
tito più nobile, e con più leggiadria, ed efattezza nel di-
fegno ; reftando Guido inferiore quanto all' impafto del co-
lore , e ad una certa imitazione rigorofa del vero . Nel
principio quel Sarto gli dava fei feudi di moneta per cia-
fcheduno de'fuoi quadri , poi s'avanzò a dodici, e perche
gli efitava con gran vantaggio, andò tanto crefcendo , che
giunfe fino alli trenta , ma accortoiì Guido finalmente, che
quefto il faceva folo ])er fuo proprio interefle, defiftendo
dal lavorare per colui, totalmente fe ne allontanò .
Della abilità eh' egli aveva nelle belle idee dell* aria
delle tefte, dono particolare della natura, non voleva con-
feiTarne a quella Tobbligazione, ma la attribuiva al fuo Au-
dio , ed alla fua fatica particolare ·, volendo che ne riportaf-
fe la lode piuttoflo la fua applicazione in colorirle con fi-
tiifsimo gufto. EiTendo una volta richiefto da un fuo difee-
polo da quale efemplare egli cavalTe così nobili idee , e bel-
lezze di volti tanto divini nell'aria, e nelle fattezze, mo-
ftrando a quello alcune tefte di geiTo formate dall' antico ,
che vanno in volta della Niobe, e della Venere del Giar-
dino^ de' Medici , ed altre ancora, rifpofe alla domanda di
colui j quefte me lo infegnano , e. voi da quefte faprete
fftrarre le medefime fembianze come faccio io, fe averete
ingegno da farlo . Aveano di già ufato li Caracci per iilrui-
re
H
-ocr page 77-6ο υ D Ο
re maggiormente la gioventù neiraccnrato eferdzio del di-
fegno , di fare, che con Γ emulazione gareggiando tra di
fe li loro difcepoli Ά rendeffero più atti , e più fpirìtofi .
Con quefte gare Guido , il Domenichino , l'Albano , il Lan-
franco , Siilo Batalocco, il Guercino, ed altri di quella^
fcuola , i« cui tutti fecero acquiilo di fapere, e di credito ,
iì affaticarono affai ne'concorfi , che venivano propofti nell*
Accademia da perfone letterate fotto la direzzione deiCa»
racci, con proporre ad efeguirfi qualche foggetto partico-
lare d'alcuna iftoria , Ciafcheduno li affaticava per renderil
fuperiore , e per guadagnare , oltre il premio promeiTo , Tau-
ra di grande llima, e ciò ferviva a tutti per maggiore fti».
molo di avanzamento,
Queilo buon efercizio fu anche a mio tempo profe-
guito con la direzzione di Pietro da Cortona neir Accade-
mia de'Pitt.ori, Scultori, ed Architetti nellaChiefa di S.Lu-
ca di Roma, e Γ Emo Cardinale Francefco Barberini nipo-
te del Pontefice Urbano VII! allora regnante con molto
amore , e zelo, eiTendo fua Eminenza Protettore dell'Ac-
cademia , volle , che li continuaile quefta buòna opera > anzi
egli medefimo foleva intervenirvi quando fi faceva Felez-
zione del primo, e di fua propria moneta voleva che fof-
fe ricOnofciuto con premio fino al quarto . AI primo or-
dinava un quadro dell' iiloria medefinia, della quale fi era
fatto il difegno , e queilo durò per molti anni finché dopo
il difmeiTe per difetto della nuova fabbrica della Chiefa di
S. Luca , e poi di nuovo fi tornò a ripigliare quali con
più fervore nel Pontificato di Aleifandro VII. QLieilo Au-
dio per verità è di gran giovamento alla gioventù j ma le
cofe non vanno bene fpeiTo per il fuo buono incammina-
mento ; perche fi vedono per lo più comparire al pubblico
difegni de'giovani, che rendono impoffibile il credere che
da'Maeilri ne poiTano effer fatti de' migliori , e benché fe
ne procuri Γ auteatica dal paragone del difegno fatto dal
mede-
-ocr page 78-R Ν I; 6t
medefimo nella propria Accademia , tuttavia non baila quel-
10 per giuftificare un componimento così bene aggiuftato ,
e compito , come fi è veduto alcune volte, ed in ciò la
gioventù tradifce fe medefima, perche io Himerei più l'uj,
timo luogo con un difegno legittimo di propria mano, che
11 primo con un adulterato , e fatto da altri. Il parto del
proprio ingegno facilita Γ ingegno medefimo all'avanzamene
to, c Io fprone d' uno fvergognamento fofFerto per proprio
difetto follecita col continuo itimelo ad una più gloriofa_>
carriera ; ma chi ricerca ajuto da altri in vece di cavarne
benefizio , ne riporta danno notabile, perche con quella
falfa apparenza entra in prefunzione di fapere quel, che non
sà , e il fuoMaeftro in vece di beneficarlo lo tradifce, e l'in-
ganna . Per quella ftrada Guido Reni > fìccome gli altri del Tuo
tempo, fece gran profitto nella profefllone, e tanto più in
lui s'accefe vivo il defìderio di avanzarvifi, quanto che una
volta il Domenichino , che era di minore età della fua , eb-
be il primo luogo in quella virtuofa gara con iftupore di
tutti non eflendo gran tempo che quefti attendeva al di-
fegno .
CoH'occafione, che lì Carocci fi erano trasferiti in Ro«
ma nel Pontificato di Silìo V, , ebbero occafione di ope-
rare nel Palazzo de'Sìgnori Farnefi in alcune ilanze , e fpe-
cialmente nella famofa Galleria , che intagliò in acqua for-
te Carlo Cefio, come anche in diverfi quadri ad olio . Volle
Guido non abbandonarli per fare un vantaggio a fe medefi-
mo , e col godere la protezzione de' proprj Maeftri, e col
perfezzionarfi ne' fuoi ftudj della Pittura, ed infine per fa-
cilitarfi la ftrada di ottenere qualche lavoro in Roma me·^
defima . Incominciava Guido a farfi conofcere oramai al pa-
ri di quahinque altro ; ma perche quel fecolo era contami-
nato da un gufto aiTai contrario, venivano quelle loro Pit-
twe tenute per fredde infipide , e dure , non eiTendo maneg-
giate con quella furia fregolata che fi ufava allora . H Ca-
6ζ G υ D Ο
valiere Giufeppe'd'Arpino che teneva occupato Π primo
luogo nel credito , non amava la converfazione delli Carac-
ci ne delli Tuoi feguad perchè erano dì dìverfa maniera del-
la fua , e non troppo 11 confaceva il bizzarro col modeilo,
e il furiofo col pacifico. Veramente Giufeppino la faceva^
come fanno talvolta i Grandi , li quali con quelli che fo-
no in grado minore fono gentili , corteii , ed umani ,
ma con gl'eguali , ο con coloro che ροίΓοηο pretendere
qualche fuperiorità fono ritrofi , alteri, e guardjgni, e mal
volentieri poiTono vederfegli vicini,
Michel Angelo da Caravaggio fece qualche giova-
mento al gufto di quella nuova fcuola , promoiTa da
fratelli Caracci , e da' loro fcolari ; perche eiTendo ufci-
to fuora con tanto impeto con quella fua maniera ga-
gliarda , fece prender fiato ai gufto buono , ed al na-
turale , il quale allora era sbandito dal mondo , che folo
andava perduto dietro a un dipingere ideale , e fantaftico,
ma lontano dalla natura, e dal vero, di cui imitatrice fe-
dele ha da eiTere la Pittura, Bene è vero che egli non ab-
bellì il nuovo fuo gufto con quelle vaghezze , colle quali
la fcuola Caraccefca lo ha portato all'eftremo , cioè ren-
dendolo pieno di piacevolezza , e di delizie , ricco nelli com-
ponimenti , adorno di accompagnature , e difcreto in tutto
il portamento . Tuttavia aperfe una ilrada, per la quale fe-
ce ritornare in vifta la verità che erafi ad un certo modo
da lunghi anni fmarrita.
Refofi Guido confpìcuo tra gli altri , ebbe occafione di
fare nella Chiefa di S. Cecilia in Traftevere un picciol qua-
dro d' Altare eh' è dentro la Cappella accanto alla Sagre-
ili a, la quale era il bagno, della cafa medeiima della San-
ta , ornata oltre ciò da alcuni paefi di Paolo Brilli . Dìpin^
fe in quello quando la Santa Verginella riceve per mano del
manigoldo il martirio, ed in aria pofe due amorini celefti , che
le preparano la corona, e la palma. Aveva , come diflì nel-
la
R Ν I, <^3
la vita del Domenichino, copiato il quadro di Raffaele che
è in Bologna , la qual copia è in Roma nella Chiefa di
S. Luigi de' Francefi all' Altare della Cappella di s. Cecilia
dipinta dal Zampieri, e ad iniitazlone di quello fi valfe deir
abito, e della idea della Santa, e fi conofce, che il mani^
goldo è di un altro gufto , benché vario , dovendofi in quel-
lo rapprefentare un uomo plebeo , e rozzo , e nella Santa una
Verginella gentile . Sì portò a fegno che non difpiacque
ciTendo egli affai -giovine ; e fu cagione che da quella.»
gli nafceffero altre occafioni di dare nuovi faggi di fe. Fe-
ce dipoi acquino d' una maniera che appagò generalmente
il gufto de' Profeffori, e di quelli che non hanno nella Pit-
tura altro intendimento che di un femplice diletto ; perche
effendo egli induftriofo nell' operare , con una certa mae-
ftria di pennello accompagnò quella vaghezza , e nobiltà che
lo rendeva quafi agli altri fuperiore , e tra tutti di queir
età diftinto.
Nel Pontificato di Paolo V avendo Guido ventifette,
ο vent' otto anni di età incominciò ad acquiftare gran cre-
dito , e gli fi prefentarono occafioni rìguardevoli da ope-
rare nel pubblico . Faceva egli vedere del fuo alcuni qua-
dri ad olio di affai gradita maniera, e in una , ο in due
figure ^ di ciafcheduno di effi fi rendea maravigliofo per la
nobiltà dell'idea , per la vaghezza , e per la maeftria, dan-
do ad ognuna delle fue tefte un aria affai maeftofa . Ave-
va penfi^ro Γ Arclconfraternita della Santiffima Trinità de'
Pellegrini di Roma di far dipingere la cupola della Ghie-
fa , e ne aveva già dato la cura a Guido , ed egli comin-
ciando dal lanternino diede principio a quell'opera, nel qua-
le lanternino dipinie il Padre Eterno , rche effendo per. ne-
ceiTità veduto di fotto fu da lui fatto in un mirabile fcorcio,
come oggidì ancora fi vede. Il rimanente della cupola non;
fu poi tirato a fine, e fe ne difciolfe il trattato, ne sò ve-
ramente per qual cagione cioè fe per difetto della moneta,
. ο per
<?4 υ D Ο
ο per difcordìa di quelli della Compagnia, come iuole av-
venire nella diverfità di tanti pareri.
Aveva il Card, Scipione Borghefe ( come ho detto
nella vita del Domenichino ) fatte riftanrare quelle tro
picciole Chiefe contigue a S. Gregorio nel Monte Celio, e
per renderle maggiormente vaghe pensò di farle ornare di
pitture f come lo era giàTultima dipinta dal Sordo da Urbino;
ed in cui vedevafi quella tavola di marmo, della quale ho
parlato . La prima ch'è dedicata a S. Silvia Madre di S.Gre-
gorio ha una nicchia in cui è una Statua di marmo , che
figura la Santa dì mano del Francefino : le pitture di que-
lla nicchia furono date a farfi a Guido. Nella volta di que^
ila egli ha rapprefentato un aperto, e fìnge dalla impofta
deir arco > che dà il fello alla volta di detta nicchia , par-
tirii una loggia > nella fpalletta della quale ha fatto due
gran panni ileiì per rendere nobiltà come di uno apparato :
moitra che dalla parte dell' aria ila ivi comparfo un coro
d'Angeli, li quali elTendoli fermati a quel fineilrone, che
corrifponde nella Chiefa , formano tra di loro una foaveji
melodia di var; muficali iilrumenti . La grandiofìtà delle
fembianze, e de* volti dì quefti danno chiariilìmi fegni di
bellezze angeliche , e divine, ed eiTendo vefti-.ti con un va-
go panneggiamento non lì può negare che non fiano affai
leggiadramente dipinti . Nel mezzo a quefti Angeli che mo-
jftrano d' eiTere di età adulta, vi ha dipinti tre amorini ce-
leili, de' quali quel di mezzo tenendo in mano una parti-
tura di mufica , cantano gli altri al concerto di quelli iilru-
menti un armonibfo terzetto. Nel mezzo di quefta nicchia
che è centro al giro dell* Angelico Coro vi ha dipinto V
Eterno Padre , che a braccia aperte riceve tutto pietà co-
me fuoi figli il genere umano . Dall' uno, e dair altro lato
dell' Altare ha finto due nicchie , ed in ciafcheduna di effe
vi è la figura di un Profeta di chiarofcuro per accompagna-
re kSutua di marmo deir Altare ; uno è il Profeta Ifaia, e
ΐια-
/
RENI.
V altro è David di mano di Siilo Batalocco. Tutto il la-
voro è nel muro a frefco con qualche ritocco a fecco
com' è il folito di queftc operazioni . Neir altro Tempiet-
to di mezzo dedicato a S. Andrea Apoftolo fi dovevano
fare due iftorie del medefimo Santo, e n'ebbe Guido TaC.
fokto dominio ; ma egli come buono amico, e compagno
ne diede una al Domenichino , e queilo fu di fuo proprio
moto, anzi ebbe principio da un virtuofo coraggio j perche
conofcendo egli molto bene il valore , e la finezza deiria-
gegno deir emulo , non fi curò di mettere al confron-
to di fe medefìmo un iiloria , la quale nella ftringatezza
del difegno, nell'artificio del componimento, nella vivaci-
tà dell' efpreflìone , ed in tutto il rimanente , gli poteva
mettere in dubbio il primato della riputazione, e lì appa-
gò di vedere divifa col Domenichino quella gloria, che ogni al·
tro avrebbe procurata a fe folo e fenza verun competitore .
Quelle due iilorie fono laterali all'Altare di detta Chiefa,
ed ha voluto Guido fingere due quadri colla cornice attac-
cati alla parete con due anelli di ferro , che li foilengo-
no pendenti a un architrave, che ricorre d'intorno, c reg^
ge il foffitto , e dietro a detti due quadri ha voluto fìnge-
re un aperto ripartito con pilailri d' ordine corintio fcana- <
lati come fi ricava dal vederfi al di fopra li capitelli , ed
al di fotte le bafi. Nella fua iiloria ha rapprefentato quan-
do il S. Apoftolo Andrea Q il quale è il titolo di quelliL»
picciola Chiefa ) è condotto al patibolo della Croce per far
fopra di lei con la propria morte acquiilo della palma del
martirio . Finge che il Santo , di lòntano, avendo veduta
la Croce piantata fopra la cima di un monte .fi getti ingi-
nocchioni per adorarla come fi narra nella vita di lui, e
che fi rallegraifc di quella viila, per eiTer cofa da lui tan-
to riverita, e bramata . Moftra che i manigoldi a forza
vogliano che fi levi, e s'incammini frettolofamentc per efe-
guire la giuftizia fentenziata dal Proconfole. La sbirraglia-s
I ' pre-
-ocr page 83-'!5S υ D Ο
precorre > ed un garzonetta porta in un picciolo canefhro
i chiodi per conficcarlo , ed alcune funi per fervirfene a
quel bifogno , Vi fono certe Donne fpinte dalla curiofità ,
coiti'è folito della plebe, che itando alTife fopra il terreno
iTJoilrano d'afpettare il condannato per eiTere fpettatrici del
fupplicio . A dietro viene la foldatefca per aiiìcuramento che
non reili impedita Γ efecuzione , e vi ha fatto alcuni fol-
dati coperti d* armatura di ferro, ed altri di effi a cavallo
di affai nobile ftile , ed una parte della turba, che fegue,
anch' eiià Clirioia di vedere lo ^ettacolo del martirio , è
dipinta fui guilo medefiino . Fa che il tutto fucceda neU'
aperto di una campagna , dove ha finto certe collinetto
veftite di minuti arbofceJIÌ , che intrecciandofì fra di loro
con poche frondi , rendono quelle colline vezzofe, ed ame-
ne . La maeftria del fuo pennello rende quel!' opera a pri-
ma vifta degna di grande ammirazione , ed invaghifce la
curiofitcà de' rifguardanti a trattenervi Γ occhio, ed appor-
ta non poca fodisfazzione. Da i lati deir Altare ( il qua-
dro del quale è di mano'di Criiìoforo Roncalli dalle Pomo-
rance } vi fono due nicchie finte , e il medeiimo Guido
dipinfe in eife di marmo a chiaro fcuro li due grandi
Apoftoli Pietro , e Paolo j il rimanente delle pitture di
quefta Chiefetta è di altri Autori.
Lo fteiTo Card. Borghefe avendo riitauraia Ìa Chiefa
delle tre Fontane fuori della Porta Oilienfe , ο pure Tri-
gemina , la quale Ghiefa delle tre Fontane ftà un miglio
oltre la Chiefa di S. Paolo , penso di far dipingere 1Ì qua-
dri degli Altari , che fono laterali a quelle tre fonti mi-
racolofe. In uno v' è la Decollazione del Santo Apoflolo
Paolo f il di cui capo recifo fece con tre sbalzi fcaturire
ad ogni sbalzo una fonte , come anche oggidì fi vede > e
nell'altro la Crocififlìone di S.Pietro, e voleva dare quefto
lavoro a Michel Angelo da Caravaggio, il Cavaliere Giu-
feppino che Γ odiava per cagione dell' opera della cupola
di
-ocr page 84-R Ν I. 6j
dì S. Luigi de'Francefi, e dì S. Matteo Apoftolo , ove di-
pinfero in concorrenza egli , e il Caravaggio , dalla quale
nacquero tante fazzioni contrarie , procurò, che quefto pen-
fiere del Cardinale andaiTe a vuoto , acciocché il Caravag-
gio reftaiTe privo dì quella occafione da farii conofcere mag-
giormente , e gli forti il fuo intento, procurando che Gui-
do aveiTe il quadro della Crocififfione, e l'altro foiTe da-
to ad un altro Pittore di poca levatura. Avuta che Guido
ebbe tale incombenza fu pregato dal Cavalier Giufeppe che
s'ingegnaiTe di dipingere nello iliie del chiaro fcuro, ο
che procuraiTe con la nobiltà della fua idea di fuperar
quello nella maeftà , e nel decoro . S' adoprò Guido con
ogni diligenza per fervire il Cavaliere , e per fare a fe me-
defimo un maggior vantaggio ; e veramente in quel qua-
dro fi portò affai bene tingendolo con gran forza , e mae-
ftria , e non mi pare, che nell' altre fue cofe abbia più
camminato per fomigliante ftrada , forfè perche quel fog-
getto glie ne diede qualche comodità. Efpoilo che ebbe il
quadro , ne ricevè applaufo grandiffimo , ed il Cavalier
Giufeppino allora accreditato al maggior fegno > ne faceva
encomj non ordinar) . Ma quefte Iodi benché foiTero di gran
giovamento alla fama di Guido erano fatte dal Cavaliere
più per abbattere l'avverfario, che per giovare a Guido .
Tuttavia furono a lui di grandiifima utilità , Riceveva del
continuo dagli amici , e da altri vive congratulazioni , e
venendogli detto da un tale , che il fuo quadro era così
bello , che pareva dì mano del Caravaggio , rifpofe con
modeftia : Phceffe a Lio y moftrando con quelle parole di
non ifdegnarfi per iìmil lode . Non s' accorgeva Guido che
egli era lodato folamente per maligna politica , ed oltre
ciò ftimava gran valentuomo il Caravaggio , come realmen-
te lo era , ne lo credeva folamente capace, come diiTe ta-
It^no , di dipingere piedi fangofi , e fcuffie fdrufcite , e
fudice .
<58 υ D^ Ο
Sodisfatto il Card. Borghefe di quello quadro gli die-
de a dipingere il Calino del Palazzo che comprò dal Signor
Duca Altemps nel Quirinale, che poi fu de' Signori Ben-
tivogli, indi del Card. Mazzarini . Guido nel mezzo della
prima loggia dipinfe a frefco' Γ Aurora , e quella fu l'ope-
ra , che cominciollo a rendere veramente famofo, Figurò
in eiTa Febo il Nume del giorno , che ufcendo cinto di lu-
ce dalla porta d'Oriente fopra carro dorato , condotto da
quattro veloci deftrieri, vien fervito dall'Ore, le quali ef-
fendo donzelle vaghe , e leggiadre gli fcherzano danzando
d' intorno . Portano quefle le chiome ivolazzanti, e s'am-
mantano le belle membra di gentiliiiìme velli, con accon-
ciature vezzofe , e bizzarre > le quali ftringendofi infieme
avvinte per k mani con un piacevole intreccio calcano col
piede lucidiffime nuvole . Neil' alto è un amorino che vo-
lante porta primogenita della luce un' accefa facella , ej
precorrendo fopra il campo dell' aria l'Aurora foriera, và
fpargendo d'intorno i fuoi fiori. Vedefì all' ellremo d' un
mar ceruleo roiTeggiar lOrizzonte, che indicando la nafci-
ta del dì novello, ha il tutto efpreiTo con eftrema arte, e
vaghezza · In foggetto fìmile ha veramente Guido fupera-
to fe ileiTo , ed ogni penna che ne voglia celebrare gli en-
com;, rende la fua fatica infruttuofa , e fuperflua, perche
Γ opera per fe medefima favella fempre di più . D'intor-
no a detta loggia in alcuni ripartimenti vi fono dì fua ma-
no certi putti, li quali per la nobiltà della bella idea pof-
fono eiTer giudicati non fole di regie fembianze ma d' an-
geliche , e fovraumane bellezze.
Quelle parti che a nobil Pittore fono dovute, furono
ireramente in Guido , poiché nel rapprefentare Immagini
del noftro Redentore , di Maria Vergine, di Angeli, e d'
altri Santi, e Sante Verginelle , gì' imprelTe nel volto idee
di Paradifo, ed in quello è degno d' ogni ammirazione, e
forfè ( fenza pregiudicare chiccheiTia ) vi riufcì più d'ogni
altroe
-ocr page 86-R E Ν I , 69
altro . La maggior parte di queft' operé le fece nel Ponti-
ficato di Papa Paolo V. di gloriofa ricordanza , il qualo
fucceiTe come diffi già a Leone XI die non viflTe nel Pon-
tificato che vejitirette giorni, e fu nel Π Pontefice
Paolo avendo avuto da'Signori Eftenfi il Palazzo nel Qui-
rinale , ed avendolo comprato per proprio ufo , e per la
comodità de' SucceiTori, pensò d' ampliarlo, e di renderlo
magnìfico , e degno d' eiTere abitato dà un Sovrano come
lì vede al prefente. Oltre la fabbrica che aggiunfe al vec-
chio edificio , lo adornò di giardini di fontane , e di altre
delizie ; e perche pare che la pittura iìa il compimento d' _
ogni nobile abitazione, volle anche di quefta rendere co-
fpicuo queir incomparabile Palazzo . Per neceiTità doveva
farvi la Cappella nella quale fi celebrano tutte le funzioni
appartenenti al culto divino \ e perche quefta doveva eiTere
di una grandezza capace di quella gran moltitudine dì
Signori , e di popolo , che fuole intervenirvi in tutte le
funzioni, la refe in quella proporzione ch'era conveniente .
Quanto all'ornarla pensò che il farla dipingere era il più ri-
guardevole ornamento ; ma fpaventato di una lunghezza di
tempo che portano feco l'opere grandi, e di confiderazio-
ne, s'intimorì, e s^arreilò di farvi por mano a verun'Pit-
tore , benché penfaffe di ripartire Γ operazioni in più fog-
getti . II Pontefice adunque intimorito da quella tardanza
che vi voleva ad elTer dipìnta quefta vaila Cappella , ftabi-
lì d' ornarla di Cucchi , li quali fece dorare, e tolfe l'oc-
cafione di farfi onore a moItì Pittori, che fiorirono nel fuo
Pontificato . Fece però una picciola Cappella dedicata alla
Madre di Dio, nella quale poteiTero i Pontefici celebrare
la meiTa fegretamente, e quefta fi contentò farla dipingere
sì per non eiier eiTa molto grande , come anche per non
eiTer di tanto bifogno come la Cappella maggiore . ΜοίΓο
dall'aura del nome di Guido Reni volle che egli la dipin-
geiTe , e vi pofe tofto mano immediatamente con ogni ac-
70 υ D Ο
curatezza , Il quadro dell' Altare è fatto ad olio , ma
tutto il reflo della Cappella è a frefco , e rapprefenta in
eiTo Maria Vergine Annunziata dall' Angelo Gabriele , che
doveva, eiTer Madre di Dio j ed all' incontro dell'Altare in
un vano che viene ad eiTere fopra la porta vi ha dipinto la
nafclta gloriofa della Regina del Cielo . Nella cupola ha
rapprefeniato Γ Eterno Padre , che rifìede nel mezzo ad
un abiiTo di lume y e ita efpreiTo , come fe nella fua
mente incomprefa ilia formando idealmente Maria SantiiTi-
iiia concetta fenza la macchia del peccato originale , e per
dar Guido ad intendere queft' alto miilero ha fatto a deftra
del Padre Eterno la gloriofa Vergine tutta veilita di bian-
co fopra candida nuvola in atto d'adorare il Re del Cielo ,
Ha d'intorno un coro d'Angioli, li quali formano un gi-
ro , di cui è centro il Dio Padre , e ciafcheduno di loro
ha in mano un iftrumento muficale , e tutti Hanno in atto
di fuonare, moftrando dVaccordarfi con quegli altri , che
cantano nel medefimo concerto, Nelli quattro angoli della
cupola vi ha fatto quattro Profeti , e ciafcheduno ha in
mano una tavola , entrovi una ifcrizzione , che allude a
Maria Vergine . In uno vi è David , e porta fcritto San^
BìfìcaiÀt Domlnus Tahernimlum Juum » Neil' altro è Salo-
mone , ed ha nella tabella Saptentia ^àliìcaroit Jibt domum.
11 terzo è Moisè col motto, Tdbernaculum foderìs arca te-
fitmonn · 11 quarto è Daniele , che tiene fcritto Vlrga de
radice JeJfe , e ne'pilaflri de'dettì angoli, che fono divifi
in varj ripartimenti vi ha dipinto in campo d' oro alcu-
ne virtù morali , che fono figure poco più di due palmi»
In una lunetta la quale ila fopra la porta dov' è queftaj
ifcrizione Faulus V, Pont, Max. Deipara Annuntiata An-
no MDCX, Pontìficatus K» ha dipinto a figure di iiiinor pro-
porzione del rimanente quando la Santiffima Vergine fi pre-
.fentò al Tempio, ed all'incontro in una iìmile lunetta che
ila fopra d'una medefima fineftra, vi ha fatto a figure del^
R E Ν I. 71
la fteiTa grandezM quando l'Angiolo prcdiiTe a S. GioacchÌT
no nel Tempio, che da lui, e dalla moglie s. Anna, ben-
ché fterili per l'età , doveva nafcere una figliuola che fareb-
be Madre di Dio . Nel vano a delira deU' Aliare, che fta
incontro ad una fineftra, ha dipintó una pia meditazione ,
in cui idealmente viene rapprefentata la Madre di Dio ,
la quale ftando all'ufo donnefco a cucire , è fervita da al-
cuni Angioli, ed amorini celefti ; e nell'arco, che ila di
Ibpra, vi ha fatto quattro Angioletti, ο come vogliam di-
re quattro alati fanciulli , che tengono nelle mani rami di
oliva, ed una piccioia fafcia cheli ricinge, ed intreccia,
nella quale è fcritto Oliva pullulans, Nella lunetta fopra a
queila ideale iiloria vi ha fatto medefimamente due amo-
rini , che tengono nel mezzo di loro una pianta di rofe ,
e di fopra una hida. , nella quale fi legge Coronemus eam
ìyfis . All' incontro dov' è la fineilra ( feguendo Γ ordine
iileiTo ) neir arco ha dipinti li medeiìmi putti, ma in viir
rie attitudini , e ciafcheduno di loro ha nelle mani unaj
palma, e nella fafcia ch'è di fopra fi legge fcritto Affmh
lata Valnidi'y ed in quella lunetta uguale all' altra ha Guido
dipinto pure due altri putti, ma in differente geilo , che
ilringono una pianta di gigli bianchi, e nella fafcetta fimile
Γι vedono quelle parole lÀlìum Inter fptnas , Nelle· parti de'
pilailri di detti due archi, fono quattro figure dentro una
fìnta nicchia, cioè una per nicchia , e fono Adamo , Eva,
S. Gioacchino , e S. Anna . Sopra il quadro dell' Altare ,
in una piccola volta ha dipinto un coro d'Angioli con
affai bella idea di nobiltà d' arie di teile, e di belliiTima
panneggiatura, e ciafcheduno tiene in mano una carta mu-
ficale moflrando di cantare , e danno a divedere che vengono
accompagnati nel loro canto da quelli "d' intorno alla cupo-
la col concerto degl' iilrumenti. Per verità ( a giudizio de'
più faggi j la tinta degli fplendori della gloria , e di quei
lumi che fi moilrano alla noilra frale intelligenza per far
appa-
-ocr page 89-72 G υ D Ο
apparire un abiflfo di luce, non riefce in Guido molto gra-
ta , e foave come fi vede in alcune altre pitture . Io non
vorrei con queilo dire eiTer giudicato di malanimo , eiTen-
do Guido Reni nella mia ftima ( come ne è commune il
grido , e l'applauib ) il più nobile , e maeftofo Pittore , che
abbia con maeftria maneggiato il pennello ; ma bene fpeiTo
ogni più favio può ingannarfi nella propria opinione , e guf-
ilo, e vuol contentarfi più toilo di un fuo capriccio poco
ben configliato, che di farfi vedere imitatore di un altro ,
il quale prevaglia in qualche particolarità . E' vero che Γ
eiTere il primo inventore d' una cofa è fingolarità di lo-
de ; ma bifogna avvertire fe quella è gradita, e fe fupera
gi' altri in quella elezzione. Io ho fentito dire da uomini
grandi , e valorofi, eh'è meglio imitare alcuno in cofa.?
nella quale ha prefo il pofto primiero , e lafciarfi cono^
fcere immitatore fcoperto di quello, che volere apparire in-
ventore di quella cofamedefima, e peggiorarne il partito ,
e Neil'ifteiTo tempo fi fabbricava nella Cliiefa di S. Ma-
ria Maggiore nell* Eit]uiIino la ricca ., e fontuofa Cappella
dal medefimo Pontefice Paolo V dedicata alla Madonna della
Neve, che dà il titolo principale a quella Bafilica, e per-
che quel Pontefice la valeva rendere adorna , e cofpicua
di tutte quelle particolarità che fi richiedono ad un edifi-
cio compito·, pensò di adornarla con la pittura , e procu-
rò di fcegliere quei Pittori, che nel fuo tempo andavano
in giro con qualche grido ; ma in tutte l'umane cofe vuol
far conofcere la fortuna di avervi la fua parte particolar-
mente, nell'elezzione d'alcuni foggetti, che fi promuovono
in qualche oocafione particolare. Toccarono a Guido folamente
le parti laterali fopra li due Depofiti, uno dell'ifteiTo Ponte-
fice , e r altro di Clemente Vili al quale era Paolo obbli-
ga/to , per eiTer flato da quello promoiTo alla Porpora . Di-
l^infe nella parte deilra dell'Altare fopra l'arco della vol-
ta il Padre Eterno in atto fulminante) e dalli due lati del-
la
RENI.
fìneftra eh' è nel mezzo , da una parie vi dipinfe Nar-
la
fete Eunuco , che tiene nello feudo fopra il quale appog-
gia la deftra mano Γ immagine di Maria Vergine , ed
il piede llniftro fopra d' un Cadavere con la faccia ri voi,
ta al Cielo . A fuoi piedi fi vede una fafcia bianca , nel-
la quale è fcritto Narfetem Virgo docet quomodo Toùhm ir^
ruens Itdìam Itheret a Gotis . Dall' altra parte ha rapprefen-
tato Eraclio Imperatore , che pofa il piede deftro fopra^
un elmo , ed ha fqtto di quello diveriì Cadaveri di ribel-
li ; ed appreiTo un giovinetto con uno ftendardo giallo nel-
le mani , ov' è dipinta la gloriofa Vergine Maria , ed ifi
una fafcia uguale all'altra è {cYÌtto Heraclm Auguflus Co/-
rhoe profugato , Perfis vìBis ape Vìrginis Regem ded'it . Neil'
impoila dell'arco in faccia all'ingreiTo della Cappella vi ha
fatto il Patriarca S. Domenico in atto di contemplare il
Cielo con due altri Santi appreiTo della Religione medefi-
ma. All' incontro il Serafico Padre San Francefco con le
braccia in croce in atto contemplativo , ed ha vicino me-
defimamente due altri Santi dell' ifteiTo ordine . In faccia
da un lato della fineftra vi dipinfe S. Giovanni Damafceno,
al quale apparifce un Angiolo, che gli rende la delira , la
quale per avere fcritto a favore di Maria Vergine, gli fu
troncata dagr infedeli ; e da piedi, come ila all'incontro ,
fcorgefi un putto , che tiene una fimile fafcia con quelle
lettere . Reddìdìt truncam manum SanBo Joann'i Damafcem
qua fcrìbens de hnaginibus e]us pugnarat. Dall'altra parte ha
rapprefentato la Vergine Santiflima che pone adoiTo a S.ldel-
fonfo una veiìe purpurea, e nella fafcia che cammina coli*
ordine delle altre fi legge . SanBum Idelphonfum, qui hae·
retìcos prò gloria Virginis confutabat facra vejle ornai . Nel
mezzo dell'arco, com'è all'incontro nell'ovato , ha di-
pinto lo Spirito Santo, eh'è centro ad una gloria di Che-
rubini , e d' Angioletti che lo circondano . Neirimpoiìa di
quello al pari di S, Domenico , qual' è neir altra parte ,
74 υ D Ο
vi ha rapprefentato tre altri Santi Vefcovi Greci di grande,
e maeftofa maniera ; ed air incontro tre Sante Regine che
dimoftrano una mirabile nobiltà .
Ma per parlare in fuccinto delle pitture , che di Guido
fono fuori di Roma dirò, che in Napoli dentro la Tribuna del-
la Chiefa di S. Martino vi è un quadro di fua mano ad olio,
nel quale è figurato il Natale del Redentore j ma non è
finito, e nella medefima Città nella Chiefa detta lì QtYoU"
mini de'Filippini vi è del fuo un S.Francefco ad olio.
In Perugia vi è un quadro da lui fatto ad olio dell*
immacolata Concezzione di Maria Vergine nella Chiefa ,
che pure è de'^ Padri fuddetti .
In Bologna come fua patria vi fono molte opere del
fuo , e fra Γ altre nel portico del Convento di S. Michele
in Bofco . Ad olio nel muro vi fi rapprefenta S.Benedetto , che
fìando alla bocca della grotta , in cui abitava , riceve al-
cuni doni portatigli dalli Paftori, cioè frutti > uova , ed un
caprone, e tra gli altri vi è uno di quelli Contadini , che
tira per la corda un giumento , il quale portando un_j
facco di carbone fopra ia groppa non vuole avanzarfi , Per
figura principale vi ha dipinta una femmina in piedi, che
follecita una fanciulla a portare al Santo un bacino di frut-
ti , che ha nelle mani, e tiene in braccio un putto lattante ,
Celebri fono le due tavole d* Altare della ftrage degl' In-
nocenti , e della Pietà come tani'altre , che non ho prefenti.
- Mentre dimorava in Roma gli fu data a dipingere una
Tavola in S. Pietro nel Vaticano, che già doveva fare il
Cavalier Giufeppe d' Arpino , ed è quella che dopo molti
anni fece Γ Algardi di marmo in baiTo rilievo , e doveva
rapprefentarvi la medefima iftoria d' Attila . Aveva avuto
dalla fabbrica 400. feudi per arra di quel lavoro, ed era'
no paifati alcuni anni , ch'egli non lafciava vedere non fo-
lo il fine di queilo lavoro , ma ne anco il principio . Io cre-
do che queilo tirare al lungo nafceife da timore della
R Ν Ι. 75
fua riputazione , perche dovendo fare un iftoria della qua-
le non molto lontano da S. Pietro, anzi nel medefimo Pa-
lazzo Vaticano, ve n'è una d' un paragone così confidera-
bile, eh' è quella di mano di Raffaele , ed avendo a farla
in un lito fcomodo , reilando quel foggetto fottopofto ad
un lume alquanto infelice ed obbligato a diilanza grande,
erano quefte tutte confiderazioni da riflettervi fopra matu-
ramente . In quel tempo tra i Cardinali fopraffcanti della-»
Fabbrica trovavafì^ il Card. Spinola Genovefe che gran tem-
po fu Auditore della Camera . Qiìefto Signore con un ze-
lo un poco troppo violento incontrandofi in Guido fece dir-
gli che defiderava parlargli , ed egli prontamente andò da
lui, che abitava a Borgo nuovo a man iìniftra per andare
da Ponte S. Angiolo a S. Pietro. Quando il Cardinale fe lo
vide avanti con maniere siTai afpre gli diiTe , Io non
sò che modo dì fare fia il voflro , vi fete prefl quattrocento
feudi dalla, fabbrica , e non penjate di concludere una 'volta
quefla Doflra cofa , e come fe uolefle burlare ve la ρ a fate in
canzone , e gli replicò più volte Γ avere avuti quattrocen-
to feudi . Sentì Guido con amarezza un rimprovero co-
sì vile , e trovandoii offefo da quefte parole rifpofe aiTal ri-
fentito così ; Signor Cardinale , de* pari fmi il Papa ne può
fare quanti ne vuole , ma. il fare deipari miei non iflà in altro
potere , che in quello d' Iddio ; e sbrigatoli da lui al meglio
che fu poÌTlbile , fe ne andò a cafa , e immediatamente
mandò alla Fabbrica li quattrocento feudi avuti, ed in po-
chi giorni fi partì da Roma , andoifene a Bologna fuaj
patria , ne mai più volle ritornarvi, ancorché da alcuni Prin-
cipi glie ne foifero fatte caldiÌTime, e replicate iftanze ,
Fermatoli in Bologna vi fi tratteneva con fplendore no-
tabile , riverito , amato , ed onorato da tutta la nobiltà *
Gli fucceiTe il cafo del Cardinale Spinola nel Pontificato d*
Urbano Vili, e il Signor Card. Francefco Barberini nipo-
te dello fteiTa Pontefice che fu fempre amatore delle per-
K 2 fon e
-ocr page 93-υ D Ο
fone di merito , più volte ma indarno tentò di procurar-
ne il ritorno con varie , ed onorate promeiTe . Stabilitofi
in ogni maniera di non più partirfi dalla patria, e vivere
fotto quel Cielo a lui nativo , e favorevole , ivi fermò
tutte le fue mire, ed ingrandito dall'aura di gloria, che aveva
acquiflata al fuo nome fofteneva un poilo di fomma ripu-
tazione . Non vi era Principe, ne Potentato , ancorché di
nazione lontana , e ftraniera che non procuraiTe opere di
fua mano , e che non le riconofceiie con prezzo di fom-
ma ricompenfa. Avvedutofì egli di quefti faci vantaggi per
riputazione propria, e della profefilone fermò il prezzo per
eiafcheduna delle fue figure in cento feudi di moneta ;
inezza figura cinquanta, e venticinque per una femplice te-
fla . Quello non raffrenò il deiìderio de' fuoi ammiratori ,
anzi s'avvaloravano maggiormente a procurarfi acquifto dell'
opere fue, e quanto più egli crefcea nelle domande, tan-
to più s'aumentava la voglia degli^ amatori. Per verità la
Profeifione è molto obbligata alla grandezza dell' animo di
Guido , perchè il credito fuo ha pofto in una grande fti-
ma con Γ opere di fua mano quelle di altri eccellenti Pit-
tori, li quali coll'efempio di lui fi fono fatti arditi di far-
li trattare onoratiiTimamente nella ricognizione . Se ne fla-
va in Bologna in un pofto conliderabile , ed onorato a fc-
gno che quando giungeva in quella Città qualche Perfo-
naggio foraftiero il· quale reftaiTe fervito da quelli Cava-
lieri, dopo avergli fatto vedere le cofe più cofpicue, e ri-
guardevoli della Città , lo conducevano da Guido , e con
fargli acquiftare la cognizione^ della fua perfona, pretende-
vano di fargli un regalo preziofo , com' era in effetto .
Ebbe egli per ufo continuo dipingere col mantello ad-
doilb in ogni ftagione non sò fe per maggior grandezza ,
'ovvero per eiTere pronto di andare a ricevere li Perfonag-
gi che con frequenza venivano alla fua ftanza . Godeva co-
si della tranquillità del fuo flato, e trovandoli lontanodal-
. ^ le
Ι!
Vi
'¥ li:
■ %
R Ν I. 77
le emulazioni impertinenti, che inquietano fenza motivo ,
e ragione , paiTava i giorni feliciffimi nel foave efercizìo
delle fue belle operazioni. Dopo le fatiche del pennello era
il fuo paiTatempo il giuoco delle carte , che forfè più del
dovere prendeva per fuo follievo , e per ricreazione , pa-
rendogli in queila maniera di toglierfi dalla noja delle ore
oziofe , Nelle gran perdite che fece fi portò con tanta fu-
periorità e difintereiTe , che moftrò fempre la raedefima-»
moderazione d' animo , e compofizione di affetti. Trovan-
dofi una volta con alcuni Cavalieri al cimento d' invita in
giuoco di primiera , egli diede al refto di alcune centinara
di feudi, e toccò a lui la perdita . Non fi alterò punto per
uno sbilancio così confiderabile j ma lo fofferfe con gran-
diffima indifferenza, e vedendo che quelli Cavalieri fi itupi-
vano con flemma mirabile gli diife : Signori non fono gli
gambe ne braccia, quelle che ho perdute, purché lo ritorni ja-
no, e Ubero a cafa. ogn' altra perdita è di poco rilievo .
Inoltratofi nel credito avanzò alle operazioni fue an-
che il merito, e le riduiTe a fegno , che gli furono pagate
le fue figure quattro , e cinquecento feudi Γ una . Quefto
accrefcimento di prezzo non lo procurò per avidità di gua-
dagno , che non fu mai avido di far raccolta copiofa di
denaro , anzi trafcurò fempre con gran negligenza 1' afilcu-
ramento dello flato fuo ; ma folo per un generofo itimelo
di gloria , e di riputazione flimando egli la pittura fopra
Ogni altra profeiiione degna d'eiTere onorata, e riconofciu-
ta con magnificenza , Aveva fommamente in odio la viltà
di quei Pittori, li quali impiegano le loro fatiche , e gli
ftudj maggiori nel!' efpreiTione di foggetti baifi , e di acci-
denti plebei, e a non altro pare che penfino fe non a far
ridere il volgo ignorante , e le donniciuolc più vili . Gii
pareva degno di grande aborrimento il. genio di quel Pitto-
re , che fi pone a rapprefentare il fucceiTo di un goffo, e
dozzinale avvenimento della marmaglia j perche eifendo
78 υ I D Ο
la pittura inftituita , e coltivata folo per ammaeftrare e fol-
le vare Ja mente degli nomini ad alte , e fublimi contem-
plazioni , e per dettare gli animi altrui con gli efempj > ed
azzioni eroiche , e generofe , nobili fatti folamente, e non
villane, ο indecenti buffonerie voglion dipingerii , a fino
che chi queili mira rapprefentati con maeftria , accendafi
di defìderio di confeguire un limile onore , cioè di eifere
propoilo ad altri per efempio . Difpregiava Guido anche
quegli altri , li quali mercenarj della propria rij)utazione
uniti in aiTemblea con quei bazzarrattori che vanno procu-
rando di vendere nel!' opere altrui più Γ opinione , che la
verità ifteiTa , non lafciano mai ad un quadro trovare un
luogo permanente, e con mille cambj, e baratti avvilifco-
no, le opere, e gli Artefici di quelle ,
Si refe degno finalmente d' ogni lode, perche al valo-
re della fua mano , ed alla nobiltà del fuo genio aggiunfe
la bellezza de'coHumi , e Γ ingenuità dell'animo, e por-
tando nella fronte la chiarezza del fuo cuore , lafciò ve-
derfi fempre meritevole del nome di virtuofo , parola non
bene intefa dal volgo ignorante che ad ogni profeiììone che
iìa di un poco d'ingegno dà nome di virtù, non intenden-
do che la virtù vera confiile nell'operazioni morali, e non
nelle meccaniche. Ebbe veramente Guido l'animo virtuo-
fo , e zelante dell' onor fuo, e non s'imbrattò mai in baf-
fezze, ne in viltà -d'alcuna forte , e fece cafo grande
d'ogni minima ombra, che poteiTe orcurargli la buona fa-
ma . Non fi trovò nel fuo tempo penna ne pigra , ne ozio-
fa che non procuraife di celebrare con encomj il fuo no-
me ; ficchè a volerne fare una raccolta fe ne formerebbe
un groffiffimo volume . Non fi curò mai d'ingerirfi nella
fopraintendenza de'lavori, e sfuggiva quella petulante pom-
pa d'eiTer del continuo corteggiato da numerofo concorfo
de'giovani come fuoi feguaci. Non s'ingerì mai in occafio-
ne alcuna per far figura di capo, ο di arbitro principale ;
R Ν I. 79
ed in quel tempo , che fi fermò in Roma non volle in-
combenza alcuna d'impiego in cui aveiTe egli da valerii
di altri Operar) per non incontrare de' difguiii nel faro
fcelta più d'uno, che dì un altro, e procacciarfi con que-
fte parzialità gì' od; , e l'inimicizie di molti . Godeva nel-
la fua patria una pace tranquilla amato , e riverito da tut-
ta la nobiltà , e da per tutte le parti del niondo a lui ve-
nivano commifsioni di opere diverfe, e n'era profufamen-
te riconofciuto. ,
Gli fu ordinato la Tavola del maggior Altare della
Chiefa della Trinità de' Pellegrini in Roma , ed è quella
che oggi vi fi vede , che rapprefenta Γ alto miitero della
Santifsima Triade , con la figura dell' Eterno Padre veilito
in abito facerdotale con le braccia aperte di maniera aiTai
maeftofa , e divina . 11 Figlio conficcato nella Croce , la'
quale è piantata fopra un globo terrefhre , che rapprefenta
il Mondo , e tra Γ uno , e Γ altro lo Spirito Santo in for-
ma ( com' è il coilume ) di Colomba ; veggono le brac-
cia della Croce due alati puttini , ed a piedi di quelli, uno
per parte, ilanndfi due Angioli adoranti, e piangenti ingi-
nocchioni j li quali per verità fono di uno ftile che a mio
parere toccano Γ eftremo d' ogni perfezzìone in ciafcuna
cofa fpettante ad un arte di effcrema meraviglia . Tutto il
quadro è mirabile per la maeftà , grandezza, decoro, mae-
ilria , e nobiltà impareggiabile .
Quando il Cardinale del titolo di S. Onofrio , che fu
fratello del Pontefice Urbano Vili , e che era flato Cap-
puccino , fabbricò la Chiefa detta della Concezzione de'PP.
Cappuccini su la piazza Grimana, chiamata la piazza Sfor-
za , con ordine del medefimo Papa allora vivente , fi di-
fìribuirono le Tavole di tutti gli Altari a i primi uomini
che foiTero in quei tempi nella Profefsione , e tra gli al-
tri fu eletto Guido, benché non foiTe in Roma, e mandan-
ilogli la mifura, e 1' avvertimento del lume , che doveva
80 G υ D Ο
ricevere y dipinfe la prima a man deftra dell'entrata della
Chiefa ove fi vede S. Michele Arcangelo , che tiene folto
i piedi incatenato il noilro comune nimico , del quale qua-
dro vi Tono copie fenza numero.
Quanto al fare fcuola, e quantità d'allievi non fu mol-
to felice , e il proporne la cagione filmerei che foiTe una
vanità , perche non fe ne può fapere Γ intiero , fe fu per
non volere, ο per non avere comunicativa fufficiente, fic-
chè altri li approiìttaiie de' fuoi infegnamenti . Gioan Gia-
como Sementi ed un giovane Pefarefe , chiamato Simone
Cantarini che morì nel più bello della fua età furono li
migliori che ufciiTero dalla fua ftanza .
Aveva di già avuta quand' era in Roma Γ opera della
Cappella di S.Gennaro detta del Teforo di Napoli, ed aven-
do ftabilite le condizioni fe n'andò in quella Città per dar
principio al lavoro j ma appena giuntovi li Pittori Napole-
tani j che non volevano eifer pofpoili alli foreftieri, pren-
dendo di notte in cambio della fua perfona uno che s'era
condotto feco, il maltrattarono con alcune ferite , ficchè
egli valendofi di qucfto falutare avvifo, rinunziò il lavo-
ro , ed immediatamente partifsl da quella Città . Quell'uomo
che più di ogni altro Pittore fu riconofciuto delPopere fue
e che guadagnò del continuo quantità grande di denaro ,
non lafciò d'avanzo un minimo foldo, anzi reilò più toilo
debitore a molti per le caparre ricevute , In lui non fu
veduto mai un luiTb , ed uno fplendore di fpefe magnifi-
che , ne alcuna lautezza fuperOua d'una menfa abbondante ,
ma in tutte le cofe fi trattò con ogni moderazione , ej
fapendofi il fuo continuo , e groiTo guadagno , refe flupore
che rimaneiTe così fcarfo d' avanzi. Nacque ciò da trafcu-
raggine , da un genio liberale , e da neiTunà premura d'ac-
cumulare i indiz) d'animò piuttoilo generofo che prudente .
Fu Guido aiTai grato, e cortefe, piacevole nel tratto,
e nel difcorfo, facile, e nobile nell'operare , affai vago del-
la
R Ν I,
la gloria, ma non però fuperbo di quella. Settenne fopra,
modo il decoro di fe fteiTo, e della profefsione, e per tal
caufa fu fempre onorato , e riverito da tutti, e non diede
occaiìone giammai, che alcuno fidoleiTe di lui. Giunto fi-
nalmente all'età di feiTantafette anni infermatoli di una len-
ta malattia , la quale fu conofciuta da lui per mortale, ben-
ché aveiTe fembianza di leggiera, accomodale le partito
dell' anima fua con fentimenti di perfetto Criitiano , avuti
tutti li Sacramenti di fanta Chiefa , fe ne morì ai i8 de!
mefe d' AgOfto Γ anno 1^42, con eftremo difgufto di tutta
Bologna, ed anche del mondo intero per la perdita d' un
uomo così Angolare . Fu fepolto nella Chiefa di S. Domeni-
co veftito da Cappuccino con'grande onore .
Dopo alcuni anni ufcì un quadro di fua mano nella Chie-
ia di S. Maria Maggiore in una di quelle cappellette late-
rali air Aitar maggiore ch'è vicina alia Cappella di Paolo V
ov' è dipinta Maria Vergine Santifsima in atto di coprirò
con un pannicello di bianco lino il fuo figlio Gesù , il qua-
le eiTendo Bambino dorme ripoiatamente . La maniera di
quel bel quadro è nello ftile di quelle fue prime cofe così
bene, e maeftrevolmente condotte con quel fuo gullo va-
go , maeftofo , e divino. Il Padrone di quello era un Ca-
nonico della medefima Bafilica , e per quanto fi vede alla
proporzione così ben adattata al fito dov'è collocata al pre-
fente , par fatta^ a pofta per quel luogo medefimo , e così
dev' eÌTere certamente . Avrà forfè queilo Canonico fattolo
fare da Guido con quefta intenzione , ed avrà voluto go-
derfelo mentre viiTe, e morendo lafciare, che foiTe efpo-
Λο nel iito, pel quale lo aveva desinato, come oggi fi ve-
de , D' altre opere di Guido che non fono collocate in lo-
co particolare, maflìme di quelle dipinte ad olio, e vani-
tà il parlarne , eiTendo fottopofte conforme all' ufo comu-
^^^ di cangiar Padrone, e luògo di giorno in giorno, e co-
sì fl-imo che non fi poiTa indicarle come efiftenti in un luo-
S2
go aiTegnato, mentre póiTono forfè eiTere già camminate mi-
gliara di miglia in altri paefi . Così fi lafciano in qiial par-
te fi fiano y perchè in ogni luogo mentre fono di mano di
Guido fono opere mirabili e di valore , da eiTer gradite-»
fempre , e tenute care anche dalle teile coronate » E' da
notarfi che il fopraccennato quadro efpofto nella cappellet-
ta di S» Maria Maggiore per volerlo rinfrefcare fi perfe
affatto cadendo tutto il colorito . Dio perdoni a quel profano,
che ardì di comettere così gran iàcrilegio . La Marchefe Criili-
na Duglioh' Angelelli aveva tra Taltre cofe degne di ftima nel-
la fua cafa un CrocefiiTo di mano di Guido ,, figura fola ,
non ancor morto , ma agonizzante , di proporzione poco
più del naturale, dipinto ad olio in tela . Quando morì eiTa
ne fece gencrofo dono alla Chiefa di S. Lorenzo in Lucina
quale era fua Parochia, con obbh'go di tenerlo fempre ef-
}x)ilo in detta Chieia , ed è quello eh' oggi fi vede colloca-
to con gran pompa neir Aitar maggiore, opera in vero
mirabile.. In Frofinone nell'AItar maggiore del Duomo vi
è un tondo grande di fua maniera ; ma perche è foii^ctto
fe fia originale di lui non ne parlo ► Di altre opere di ma-
no di Guido X che fono in diverfe Città dell' Italia non ne
ragiono per non averne io intiera, e piena notizia di tutte,
ma folo ho parlato di quelle che di certa fci?nza ho fapu-
to eiTer opera del fuo valorofo , e leggiadro pennello ..
FraU"
-ocr page 100-Si
. Morì V Anno
Rancefco , di cui m
nacque nella Città di Brufelles in Fiandra
e fi fece chiamare de Quefnoy , non so fe
per cagione del cognome deYuoi Antenati,
ο pure dalla Terra de' Valloni così chiama-
ta , dov'era nato Girolamo fuo Padre, Qiie-
tìi nel primo della fua età s'applicò airintagliare in legno,
profefiìone efercitata da Girolamo , e forfè ancora daYuoì
AnteceiTori . EiTendo quefti venuto da Quefnoy in Brufel-
les per Γ impiego del fuo efercizio , ammaeilrò Erance-
fco come anche un altro fuo figliuolo , di cui non fi sà
il nome , nel medefìmo meiliero d' intagliatore di legno,
rna Francefco riufciva più accurato , più diligente , e più
induilriofo , e fì affaticava In modellare di Creta ^ ed in la.·
vorare anche di ftucco, e di cera con fommo ftudio , e
fatica. Operò per la Città diverfe cofe, e incominciò ad
impìegarfi anche nel marmo , c fece qualche Statua per al-
cune Chiefe di Brufelles, co' quali lavori fi fece conofcere
da molti , ed acquiftò credito di valorofo eiTendo di età
così giovanile. Prefe a favorirlo con grande amorevolezza
Γ Arciduca Alberto, e dopo averlo impiegato in lavorare
una figura dell' Evangelifta Giovanni, lo perfuafe a paiTare
a Roma , dove avrebbe potuto con più comodità , e ftudio
avanzarfi nella Profeflione anche con avantaggio maggiore,
§4 FRANCESCO
che in quelle parti prive di difciplina , di maeftranze , e
di occupazioni. Gradì Francefco un invito così defiderato j
tanto più che confeguiva queilo fno fofpirato penfiero fotto
gli aufpicj di tanto Principe , che gli proponeva l'aiTegna'
mento per vivere, e per avere comodità di ftudiare ,
Vi fi trasferì in tutta diligenza avendo allora da ven-
tifei anni in circa che poteva dirfi nel più belio della fua
gioventù . Dicono alcuni, che quel fuo fratello il feguitaiTe in
quel viaggio , curiofo anch' egli di vedere quella Roma
defiderata dal Mondo tutto , ma che per la itrada nafceiTe-
ro fra di loro male fodisfazzioni , e che perciò fi difunif-
fero . Quando un uomo nafce fotto influenze maligne di
ftella contraria tutti li beneiìc; provenienti dalla foriuna_i
fono in lui lampi, che fi dileguano in un baleno .
. Morì fventuratamente in quefto frattempo l'Arcidu-
ca , e Francefco vedendofi privo del fuo Mecenate, fu ne-
cefsitato procacciarfi il vivere al miglior modo , che fc
gli rendeva pofsibile ; e così col modellare, reilaurare , la-
vorare di ftucchi riparava alle fue quotidiane necefsità . Si
ineiTe a lavorare nella Bottega d' un Itagliatore Lorenefe ,
che abitava allora incontro S. Girolamo della Carità-, e con
lui vi dimorò qualche tempo , e vi fece varie tefle aiTa!
belle di legno d' alcuni Santi. Di lì a non molto tempo un
Mercante Fiammingo fuo paefano chiamato Pietro Pefcato-
re gli fece fare qualche cofa di marmo, ed in particolare
una Venere ignuda con un amorino, che l'abbraccia come
fua madre diletta, e fi ftà pafcendo con le mammelle di
lei. La figura gli riufcì d' affai buona maniera tenera , ftu-
diaia, e con diligenza lavorata , e credo che ancora fi con-
fervi in cafa delli fucceifori di Pietro . Fece anche alcuni
bafsi rilievi di marmo per lo fteiTo, ove inclufe fcherzando
Γ arme della famiglia Pefcatori . QLiefto Mercante gli pre-
fe grande afFezzione , sì per eiTergli paefano , come per
averlo efperimeiitato uomo valorofo , e di buone qualità ,
^ e per-'
fiammingo»
e perche era commodo il teneva contento con regali , ^
con ricognizioni onorev^oli delie fue fatiche . Queila cofa
fu a Francefco dì qualche ajiito, e fi godeva iì^eiTo lari-
creazione delli Fiamminghi fuoi compatriotti dentro Fofpi-
zio dì quella nazione alla Chiefa di S. Giuliano alli Cefa-
rìni, ed io che abitavo incontro , benché foiTi affai Giovi-
netto , lo vedevo ivi fpeiTe volte a banchettare con molti.
Lavorava anche in avorio Crocififlì , ed altro dì uno ili'
le aiTaì ftudiato i e di buona maniera.
Fu» propoilo'Francefco al Conteftabile Filippo Colonna?
che era Γ onore di quella gran Cafa , per le fue am-
mirabili qualità , per la riftaurazione d' alcune ilatue che
fervivano di ornamento al fuo Palazzo. Nel praticar D. Fi-
lippo quell'uomo di tanto merito , e valore gli prefe affet-
to non ordinario , e ne fece quella ilima che era dovuta
alla fua virtù . Gli ordinò un CrocefiiTo d'avorio di altez-
za vicino a tre palmi, che da Francefco fu ridotto a tal
perfezzione, e cosi compito , che avendolo ammirato quel
gran Principe , per dimoilrazione di quanto Io flimava ,
ne fece un dono al Pontefice Urbano VIH fuo parente . Fu
cagione quello bel dono che il Papa pigliaiTe cognizione di
Francefco , e che concepiiTe per lui qualche benevolenza .
QLieilo fatto ingelosì non poco altri ProfeiTori già in poiTeiÌo
della grazia d^ Urbano, e parlavano del Fiammingo con lo-
di fcarfe , fredde , e di poco momento , aiTèrendo eiTere
folo abile a piccioli modelli di qualche putto , ο d'altre co-
fe dì poca portata . Facendo iitanza il Papa , che queilo
grand' uomo foife impiegato in qualche occhinone , per li
fuoi ilimoli folleciti , ed inceiTanti gli furono dati da fare
alcuni modelli di putti di non molta grandezza, che dove-
vano gettarfì di metallo , per fervire d'ornamento alle quat-
tro colonne del Ciborio di bronzo che nella gran Bafilica
di S, Pietro è fotto alla circonferenza della gran Cupola .
Penfarono, gli emuli di Francefco, che queili'putti per ef-
u FRANCESCO
fere tiafcofti con frondi di lauro j e per eiTere fparfi nel
giro delle colonne non molto grandi, e diftanti dall'occhio
non così facilmente potrebbe la gente riconofcerli , e ri-
trovarli , ma s'ingiinnarono di molto .
Queil' uomo era aiTai afiìduo , ed indefeiTo negli ftu-
àj , e v' aflìftcva con una fìiTa applicazione , che lo ren-
deva aiTai folitario, e malinconico , ed egli ancora aveva
qualche ftimolo fofpettofo , che altri non approfittaiTe con
il fuo efempio , ed imitazione nello ftudio per lo timore
di non eiTere uguagliato , ο fuperato , Praticava più d'ogni
altro intrinfecamente Monfieur PouiTino per una certa fim-
patìa di nazione , per eiTere Γ uno, e l'altro Oltramon-
tano j e di profeflìone analoga y cioè Γ uno Scultore , e Γ
altro Pittore Non faprei dire però quale di loro foiTe di
giovamento all'altro fe Francefco a Pouflìno ^ ο Pouffino a
Francefco ; sò bene , che tutti due feguivano una medefi-
ma traccia , particolarmente nello iludio de' putti , chej
ambedue facevano su quel quadro d'amorini fcherzanti di
Tiziano , ch'era già in quel tempo nella villa Ludovifia , e
che paiTato in Ifpagna, reftò priva Roma, ed Italia di ope-
ra cosi degna « In quel quadro ii affaticarono molto l'uno,
e Taltro , e ne eftraiTero una imitazione efattiifima di quel
genere di putti, l'uno nel dìfegnarli , e formarne model-
li, e l'altro nel difegnarli , e colorirli. Francefco s'im-
bevè di quel guilo a fegno , che palesò il frutto che ne
aveva ritratto in alcuni modelletti ài baiTo rilievo di certi
puttini fcherzanti fra di loro in alcuni baccanali, ed oggi-
dì ne vanno in giro le forme di geiTo, come di alcuni put-
ti di tutto rilievo fatii da lui non molto grandi per diver-
fe occaiìoni , che fono di ajuto , e follievo iìngolare a i
ProfeiTbri. il Card. Francefco Barberini lì valfe di lui iti
alcune bagatelle , e benché poteiTè conofcerlo per uomo
grande, tuttavia veniva impedito da impiegarlo in cofe ri-
guardevoli, da chi poteva raggirare le faccende principali
a fua
-ocr page 104-F I A M Μ I Ν G Ο. S?
a fua diTpofizione . Non operava cofa, in cuKnon facefife
conofcere una finezza di gufto , e di fapere impareo-criabile,
e fi vedeva che gli fpaffionati ravvifavano nel fuo ftiie quel
fapore , e quella fquiiitezza che iì vede degli antichi anzi
fi era tanta internato in quelle accortezze, che pareva uno
di efsi tornato per noftra forte a viver tra noi . Si vedono
del fuo alcune ftatuette di gefso per gli ftudj de'Pittori,
e Scultori di Roma con attitudine, ed elezzione aiTai nuo-
va , e galante , e fi conoice in quella un fapere non ordi-
nario · In cafa d' alcuni Signori , e Principi fi coniérvano
de fuoi modelli con iftupore degl'intendenti, che li guar-
dano , ed ammirano, come nel Palazzo del Signor Card.
Cammino de Mafsimi , Principe non folo intelligente del
buon difegno , ma erudito , ed efficace air operazione di
quello , ed in cafa del Cavalier del Pozzo^ che molto fi
dilettò di quefte vaghezze»
Come piacque alla Divina difpofizione la Confraternita
de' Pomari di Roma ingrandì la iiia Chiefa detta la Madon-
na di Loreto vicino alla Colonna di Trajano , e vi aggiun^
fe la Tribuna dell' Aitar maggiore come fi vede al prefen-
te . Volendola ornare di ftucchi indorati di pitture, e di
flatue nelle quattro nicchie laterali delle due che reilano
dalla parte della fagreftia , quella più vicina all' Altare fu
data da farfi a Giuliano Finelli , come fi racconterà nella
vita di luì , e l'altra a Francefco . Sono quefte le figure di
due Sante Vergmelle , le quali per Io contra/Ìegno della pal-
ma che tengono nelle mani faranno anche Martiri , Non
avendo effe veruna particolarità che le dichiari più quefta,.
ehe quella Santa > ed avendone io fentito chiamare Γ una
S.Sufanna, per non errare la chiamerò tale anch'io, non ef-
fendo quefta la foftanza del fatto.Quella del noftro Francefco è
una figura di grandezza naturale dif^^oiìa in attitudine leggiadra
con uno sfiancheggiamento vezzofo , e galante , veftita con
veile lunga fino a'piedi , ma fottilifsima, e gentile ricoper-
ta
88 PRANCESCO
ta con ammantatura fuccinta , e maeftofa . La forma del
fuo veitimento, è una religiofa imitazione delle più belleL»
ftatue antiche quanto all'ufo del panneggiamento j le quali
benché veftite palefano apertamente tutto il nudo ; ma non
con modo troppo libero . Quantunque in eiTa fi diftingua la
forma delle mammelle , reilano però oneftamente ricoper-
te, e velate. 11 braccio iiniftro, che addita verfo l'Alta-
re benché mezzo ignudo , anch'eiTo è però concepito con
tal'arte e vaghezza , che moftra che il modo di additare gli
abbia cagionato quel accidentale fcoprimento . Con la delira
con cui moilra diftringerfi al feno l'ammantatura per adattar-
la al commodo del vellimento , foftiene in un tempo iileiTo
la palma dinotante il Martirio . V aria della tefta è di una
nobile, e modefta Verginella , e Γ acconciatura de' capelli
è riilretta , e con ordine ben compofta, ed ornata, ed aven-
do corrifpondenti tutte le altre parti delle mani, e de'pie-
di, che poco fi veggono , moftra di eifere una donzella di
quelle elette tra le più caiìe , e tra le più belle. E' con-
corfo fempre il parere delli più eruditi neir arte che il
Fiammingo in quella fua figura abbia raccolte tutte le fi-
nezze migliori delle ftatue Greche, che fono reilate, e che
le abbia compendiate in quella Sufanna . Se fi fieno vedute
dopo di quella ilatua altre ο di uguale , ο di migliore la^
voro , il dica il mondo illefso , che n'è flato e farà conti-
nuo fpettatore . Andrea Sacchi Pittore de* noffcri tempi la
teneva in grande ilima e ne faceva acclamazioni ilraordi-
narie, e per accfeditare maggiormente la llima , che ne fe-
ce , la riportò nel fuo quadro, che dipinfe ad olio .nella_i
Chiefa de' Padri Cappuccini di Roma del miracolo infigne
di S. Antonio di Padova come dirafsi nella vita di lui ^ e
la collocò in una nicchia che finge egli inclufa nell'Archi-
tettura della Chiefa, nella quale fi pubblica il miracolo.
Confegui Francefco dalla efpofizione di quella fuaope-
ra non ordiniaria riputazione , e benché vi faticafse gran
FIAMMINGO. 8?
tempo non dico nello fcolpìrla, ma negli ftud; di quella »
ne riportò una lode Immortale, e gli cagionò l'opera del-
la grande ftatna di S. Andrea nella Chiefa di S. Pietro ia
Vaticano . Il Pontefice Urbano Vili con la Congregazione
della Fabbrica determinò ne'pilaftroni della Chiefa di S. Pie-
tro , che fono il principal reggimento della cupola intro-
durre una fcaletta a chiocciola che portaiTe fegretamento
fino al loggione di mezzo per moftrare al pubblico quel-
le reliquie, che in detto luogo fì confervano , cioè il Vol-
to Santo, il Legno della SantiffimaCroce, la Lancia, e la
Tefta di S. Andrea Apoilolo , e fotto detta ringhiera fece
una nicchia grande, per collocare in ciafcuna di quelle una
tìatua di ventidue in ventitre palmi d* altezza , cioè una
della Veronica , una di S. Elena Imperatrice, di S.Longi-
no, e del Santo Apoftolo Andrea le due altre . Se quefta
rifbluzione d'indebolire, e d'affli gere con forami, e per-
coiTe quel gran Maflìccio così fuilanziofo , e folido foi·
fe ben configliata , ο nò io non voglio entrare in quefti giu-
dizj , trattandofi di materia che non è mia particolar Pro-
feflìone . Sò bene che gl'ifldiz; avutine poco dopo han dato fe-
gno di qualche pregiudizio alla cupola ; però ftimo partito
migliore il ragionare di tutt'altro. La figura di S.Andrea fu
per ordine di Urbano data al Fiammingo eletto tra li mi-
gliori di quell'età, ed egli dopo qualche tempo di ftudj ne-
ceiTar; ne fece un modello di iiucco grande quant' è l'ope-
ra iftelTa . Egli che credea ftabilirla nel luogo da prima af-
fegnatoli , cioè dov' è ora la ilatua di S. Elena, s'accomor
dò al lume , ed alla veduta conveniente di quel luogo dan-
do quell'attitudine , e quella dirpolìzione di panni, che cre-
dette adattata. Quando fi fcoperfe quello fuo modello vi
concorfe infinità d* intelligenti veramente eruditi . S' inge-
gnavano molti di applaudire per la verità del fatto , e mot-
ti a quefti fi opponevano per aderire alle parti contrarie^
ma però il numero maggiore fi ftabiliva nella lode, di che
F R Α Ν C E S C Ο
Francefco reftò confoIatiiTimo , e benché gli fuccedeiTe quel-
la difgrazia, che fe gli disfaceiTe il modello grande nel con-
durlo alla Fonderìa, dove doveva lavorare il marmo , fof-
fe ciò accaduto ad arte , ο vero per pura difgrazia , fat-
toii coraggiofo, benché gli faceiTe qualche imprefsione que-
llo infortunio , rifatto un altro modello pofe mano al lavo-
ro del marmo con grandifsima afsiduità . Impiegò in que-
lla operazione Io fpazio di cinque anni, e nulla ο poco fe-
ce di confiderabile d' altra cofa in quello tempo ; ma quan-
do dopo averla in tutto terminata , intefe eiTergli flato dal-
la Congregazione cangiato il fito per collocarvela , penfan-
do al lume , ed alla veduta , con li quali accidenti fi era
egli regolato , fi prcfe tal malinconia , che quafi fiordi ,
giudicando eiTere il tutto arte maligna , ed invidiofa deTuoi
malevoli.
Comunque s'andaiTe il Fiammingo efpofe le fue do-
glianze , e ne fece efclamazioni pubbliche , con le quali
forfè inafprì Γ animo di qualcheduno , che poteva almeno
non moilrarfegli così poco favorevole fentendoli ofFefo , e
lacerato a torto . Ne' grandi affari , e coi nemici potenti
la iìmulazione è una gran virtù, perchè con quella fe non
iì può guadagnare Γ avverfario a far del bene , almeno è
baftantc ad arreilarlo perchè non faccia del male. Efpoila,
ς commendata la fua figura non trovava egli la ilrada da
yeilare intieramente fodisfatto di queila fua operazione ,
gttefo che quello che aveva avuto in pagamento non era
fufficiente, per trattenere le fpefe del fuo proprio ufo, e per fo-
disfare il debito , che aveva contratto negli a;uti neceifar; ad
m opera così confiderabile . Vedeva che le fue iflanze^
erano non folo infruttuofe , ma quanto più replicate ina-
fprivano maggiormente quelli che dovevano ricompenfarloj
onde egli fi trovava tanto inconfolabile di queilo fatto ,
che s' era refo già difperato del tutto. Gli amici lo con-
fortavano β € gli davano animo ; ma egli che dopo alcuni
anni
-ocr page 108-r I A Μ Μ I N G ύ.
anni ài richieflc non vide altra fodisfazzione, che quella ,
la quale ottenne per colui, che gli gettò le due braccia^
'della Croce , che volle farle di bronzo , talmente s' avvi-
lì, e s' accorò che quafi ne divenne pazzo . H Mondo lo
compativa al maggior fegno, e non ceiTava dì mandare im-
precazioni contro chi li credeva eiTerne la caufa , e gli pa-
reva impoffibile che vi foiTe un cuore così indurito , che non
s'impietofìiTe allo ftato miferabile d' un uomo di tanto va-
lore , e che non voleiTe, potendo, Impiegare una fola pa-
rola in fuo favore . Queile anguille , e quefti rancori dì
Francefco , lo avevano coftituito in un peffimo flato ,
e quanto più veniva commendato nel valore, e nella abi-
lità , tanto più fi tormentava di vedere così male ricono-
fciuto quello, che in lui dicevano merito grande.
Aveva intanto Francefco fatti per la Chiefa dell'Ani-
ma quelli due putti cosi famofì nel Depofito al pilaftro che
è alla delira deirentrata della Chiefa , e che fono a dire il
vero Γ efemplare dei due più bei fanciulli di quell'età ,
che fieno forfè nel mondo , Gli altri putti che fono in det-
ta Chiefa in altri Depofiti non fono intieramente di fua ma-
no , ma fatti con fuo modello. Di molte altre cofe che
fi trovano , ο di fuo proprio lavoro , ο formate daYuoi mo-
delli non ne ragiono diffufamente , ne le deferivo , per-
che ^ non fono permanenti , ne collocate con ilabilità · L*af-
flduità, e la continua applicazione di Francefco negli ilud;
lo refero così timorofo , e guardingo in ogni particolarità,
che confumò tutta l'età fua in queile irrefoluzioni, ne mai
fi ilabiliva in verun partito, fenza farvi fopra lunghe , e
faticofe confiderazioni , ancorché foiTero minuzie di neÌTuti
rilievo , Quefta fua inerzia nel determinarfi gli fece fare
poco acquiilo di denari, perche fiancava con la pigrizia chi
aveva defiderio dell' opere fue , non trovandofene Francefco
J^ai fodisfatto al tempo promeiTo, ne mai , per dir così ,
reftando egli contento del fuo lavoro . Così paifava il me-
M 3 fchi-
-ocr page 109-fchino una vita travagliofa , ineomoda, ed infelice , fempre
circondato da fofpetti , da gelofìe, e da timori. 11 fuo in-
gegno conteneva in fe finezze fottilifsinie , ed aderiva al
migliore, ed al più fcdto della perfezzìone nell'arte, Ave-
va un talento così raffinato , che nelle elezzioni faceva cono-
fcere la profondità del fuo fapere, e nella fua tardanza nel-
le rifoluzioni > dava a vedere, che Tefecuzione era fempre
inferiore al fuo. concepimento, Egli foiea dire che portava
invidia a quelli che rimanevano fui primo fodisfatti di fe
inedeilmi . Si voleva dimoftrare rigorofo imitatore dellaj
maniera Greca , la quale chiamava la vera maeftra del per-
fetto operare, perche in fe ritiene in un tempo iileiTo gran-
dezza , nobiltà , maeftà, e leggiadria, tutte qualità diffici-
li ad unirfi iniìeme in un folo compofto , e queft' amore
gli veniva accrefciuto dall' oiTervazioni del Pufsino , che
voleva del tutto avvilire la maniera latina per cagione ,
che dirafsi nella vita di lui . Tutto il buono, che riportò
dalli fuoi ftudj , e che Io refe più di ogni altri unico , e
iìngolare nella fua profefsione, fu quello de' putti, che egli
principalmente imparò da Tiziano, e li fece veramente in
modo che non vi è in quefto genere chi lo pareggi fe non
la più bella natura . Nella riftaurazione delle ftatue antiche
fu perfettifsimo , perche aggiungeva quelle parti che man-
cavano con tanta accortezza, e iìmilitudine, che reftava in
dubbio fe erano le proprie antiche ο le moderne aggiunte
come fe ne vedono al prefente in alcuni ftudj di Roma ed
in diverfi Palazzi.
Faceva anche fquifitamente de* ritratti , perche oltre
la fomiglianza li lavorava con diligenza ^ e pulizia grande.
Molte tefte bellifsime d' argento fatte con fuoi modelli fi
vedono in alcune Chiefe di Roma, ed altre cofe fece per
diverfe parti del mondo, e per alcuni Perfonaggi foreftie-
ri , ma però quanto alle facoltà mai non potè ftabilirfì uno
fiato di ripoio ! Tra'le afflizzioiii dell'animo di tante fue
fcia-
-ocr page 110-fiammingo. 95
fciagure fe gli aggiungevano quelle del corpo , efsendo tor-
mentato bene fpeiTo dalla podagra, che Io fermava li me-
ii intieri nel letto , nel quale pativa ogni incomodo di in-
fermità , di governo, e di aflìftenza, cofe che unite infie-
me Io rendevano più contriftato , e dolente .
Mentre fi trovava nel colmo di tanti affanni, la for-
tuna che lo aveva perfeguitato fino a queireftremo , come
fe voleiTe mutarfegli di faccia gli apparve tutta benigna , e
favorevole ; ma fu in vero una femplice apparenza . Quefto fu
quando il Re di Francia Luigi Xlll mandò alla Santa Cafa
di Loreto quel voto così riguardevole per la grazia avu-
ta da quella Madre Santiflìma della prole del primogeni-
to , che oggi vive gloriofo nella fucceiTione del Regno di
Francia lo che fu nel 1642. In quel tempo medefìmò, che
nella Corte criftianiffima con quella occafione di figure di
gettiti , e di modelli fi difcorreva di Scultori neceiTarj ìu
quelle operazioni , venendone la congiuntura fi fece men-
zione di Francefco Fiammingo , e quel Prelato che allora
era fopraintendente generale delle fabbriche regie , e Se-
gretario di Stato del Re ne diede gran motivi , ed efortò
fua Maeftà a tentare Γ andata in quelle parti di Francefco
dicendogli, che oltre il fervirfi di lui nelle operazioni di
fcultura, farebbe flato di gran benefizio alla Francia, fer-
vendo di Maeftro alla gioventù , che pativa in quel Regno
di buoni , e fodi infegnamenti neJli precetti del perfetto di-
fegno, e della fcultura , Reilò perfuafo il Re di quefte iftan-
ze, ed immediatamente diede ordine, che fi faceiTe il ten-
tativo di chiamarlo al fuo fervigio > e che fe gli promet-
teiTero le medefime condizioni, con le quali era ilato trat-
tato Puffino fino a quel tempo cioè con titolo di Scultore re-
gio , e capo dell'Accademia delle fculture di Francia . Sen-
_tendofi egli fare offerte cosi di confiderazione, cioè di mil-
le feudi Γ anno di provifione ordinaria, ftanza, parte > ed
altre comodità necelTarie, avendo fino allora patito di tutte
que-
-ocr page 111-94 F R Α Ν C E s e Ο
queilc cofe , non volle perdere tempo di accettare queà*
offerte , e rcftando tutto accordato fece il Re rimettere a
Roma il denaro d' ajuto di cofta per Io fuo viaggio , che
furono fopra mille feudi. Così quel grand* uomo fin allo-
ra afflitto , e tormentato da diverfe pafsioni rcfpirò prenden-
do fperanza di mutar la fua forte , e col cangiamento dell*
aria anche ftabilirfi in uno flato di perfetta falute . Noti
pofe tempo nel mezzo di prendere una parte di quella mo-
neta depofitata nel Banco per fuo fervigio , ed andava met-
tendofi air ordine per efeguire il viaggio , continuando hi
tanto le fue indifpofizìoni, e perche ο per le fue afsidue
applicazioni, ο per li penfieri nojofi , che l'inquietavano
Ja fua tefta era così indebolita, come fe aveiTe patito di con-
tinue vertigini, fi avanzò tanto quefto fuo male , che in-
cominciò a vaneggiare , ed a moftrarfi veramente pazzo
del tutto, benché non furente , ed impetuofo, ma folo de-
lirante .
Si trovava già dì animo inquieto per lì difgufti ri-
cevuti -da un fuo fratello germano , il quale per eflere del-
la medefima profefsione j ma non di tanto valore comej
Francefco > pretendeva mefcolarfi in tutte le fue facende ,
anzi di togliere a FrancefcO il pofto nel credito. Procura-
va Γ infelice di tenerlo lontano dalla fua perfona , ma con
r occaiìone della fua infermità gli ritornò in cafa, e fono
molti di parere , che quefto fuo fratello gli follecitaiTe la
morte con veleni, ed in fatti aiTerifcono che egU medefimo
accufaiie quefto delitto nel punto della fua morte che in
paefi lontani fofFerfé dalla pubblica giuftizia , che lo fece
abbrugiare per Γ enormità de'fuoi delitti. A quefto non mi
dà Γ animo di concorrere con la credenza , fembrandomi
appena pofsibile ? che un fratello voglia avvelenare l'altro
fenza cagione inftigativa : non dico che io ftimi impofsibilé
un fratricidio, ma mi fi rende incredibile quefto per non avere
motivi fufficienti da perfuadermelo. Se Francefco foife fta-
to
-ocr page 112-F ; I A Μ Μ I Ν. G 9?
IP in un ροίΐο opulento di ricchezze, potrebbe eiTere che
umana avidità lo aveiTe iftigato air efecuzione di sì «ran
misfatto per rimanere padrone di tanto denaro ; ma il po-
vero Fiammingo era miferabile . Quanto al defiderio di ri-
manere egli erede del poilo , e delle occafioni di fuo frateU
lo è uno fpropofito , perche non poteva confeguire l'eredità
del fuo valore, poiché quefta non fi lafcia ,ai fucceiTori j
ma è facoltà propria, parte cagionata dalla natura , e par^
te dallo ftudio, e così fe non era egli di quella, abilità ,
non poteva fperare d'eiTergli legittimo fucceiTore nello
operazioni. io adunque in verun modo non mi sò fotto-
fcrivere a quefta calunnia : dico bene che fi-farà cammi-
nato fin ora con equìvoco , e per avvelenare ij farà in te--
fo quel veleno di difgufti che riceve ogni uomo onorato
cagionatogli dall' altrui ipdifcretezza , il quale a poco, a
poco contamina , ed al fine uccide , quafi foiTe una morti-
fera bevanda , e così avrà egli nel punto della fua morte
accufato fe fteiTo di- reità per aver dato il tofsico di tanti
^'fpiaceri al proprio, fratello coi quali lo aveva privato dì
vita. Comunque fi foiTe, Fraocefco era in pefsimo^ flato di
falute , e li medici lo efortavano a ricorrere per Γ acqui-
lo della fanità alFaria nativa ficchè egli aiFrettatofi fi po-
fe in viaggio per le parti oltramontane. , .
.Partirsi Francefco da Roma mal difpofto delia falute ,
tormentato da varie infermità, e da molte noje ; ficchè
giunto in Fiorenza fi trattenne alcuni giorni per tentare fe
ivi poteva confeguire qualche riftouo per renderfi più vi-
gorofo al viaggio j ma. configliato a profeguìre fenza inter-
inittenza pafsò a Livorno_con intenzione d'imbarcarfi a quel
porto e portarfi in Francia in tutta fpedizione , ma fenteado-
fi aggravato dal male fu necefsitato a fermarfi nel Ietto ,
e tanto fi refe inabile alle forze, che in pochi giorni mo-
rì fenza potere inoltrar^ fuori d' Italia . SucceiTe la fua
morte nel mefe di Luglio , ftagione in tutto contraria al
-fi
Ί ? il
viaggiare per gli eftremi caldi , che in quella fi fopporta-
no , ed è vanità il dire , che fi và ad incontrare il fre-
fco , perche è neceiTario di metterii in camino folo nello
ftagioni temperate, per non fentire li difagi di un caldo ,
ο di un freddo eccefsìvo. Correva Tanno 1545 nel qua-
le morì anche Guido Reni, e parve elezzione del Cie-
lo , che voIeiTe chiamare a fe in un anno medefimo due
uomini tanto inligni , uno nella pittura , e Γ altro nella
icultura.. Gli diedero fepoltura li Padri di San Francefco
di Livorno ; e parve che quel Santo , di cui portava il
nome voleiTe confervare in cafa propria il fuo onorato ca-
davere . Per verità il mondo avrebbe voluto goderli un
uomo di tanto valore per maggior tempo , e la Francia
ne pianfe la perdita prima di averlo guadagnato ; ma Id-
dio difpone di noi nella miglior farma > che Egli giudica
per noftra falute.
La perfona di Francefco fu di mediocre ftatura , ma
leggiadra , e proporzionata , di faccia lieta , e di gratej
fembianze , di carnagione bianca , ma colorita , di pelo
biondo , e di occhi vivaci , e fpìritoiì , di complefsione
malinconico , e di natura timido, e forpettofo , inquieto ,
ed implacabile nelle Tventure . Fu affai applicato allo Au-
dio , ma non molto dedito a cofe copiofe , ne a nume-»
rofi componimenti inclinato folo al poco , però incon-
tentabile nelle elezzioni . Ebbe un efqùiiìtezza di gufto ,
e profondità d* intendimento , e non fi curava che altri
praticaiTe con domeftichezza feco , e sfuggiva a tutto po-
tere r intriniìchezza delle amicizie, difetti , che lo rende-
vano poco amato , e igradito, e ne fentiva il nocumento
nelle fue necefsità trovandofi cosi fcarfo di denari , di
aderenti , e di partigiani . In poche occafioni ebbe cam-
po di far conofcere il valore del fuo talento perchè dalla
Statua di S. Andrea in poi nella Chiefa di S. Pietro non eb-
be altra opera rilevante *
Que-
ψ Μ
iiii
lì
fiammingo. 97
Quefta fi rende confiderabile per la fua gigantef-
ca grandezza , ed elegante per una pofìtura sfiancheg-
giata air ufo degli antichi . Col braccio deftro foftic-
ne la Croce , che gli viene dopo le fpalle formata.»
alla guifa di un X com' è folito figurarli la Croce
di Sant' Andrea , e col braccio finiftro porge la ma-
no in fuori in atto di raccomandarfi : tien follevato
il volto al Cielo , e pofando a drittura con la gam-
ba delira , tiene U iìniilra fofpefa , e piegata porgen-
do in fuori la cofcia per dar grazia all' attitudine , Si
cinge con una ammantatura confiilente in un panno che
moftra eiier di lana , e lafciandoli tutto il petto ignu-
do lo ricopre dal mezzo in giù cingendofene con una
parte il braccio finiftro , e cadendone un lembo dall'
ifteiTa parte con un intreccio negletto ad arte che ren-
de maeftà , ed ornamento a tutta la figura . L' ope-
ra è bella , e non fi può negare ; ma ο fia per la
grandezza , ο per altra cagione , non è di quel fa-
pore di tutte Γ altre cofe fue , perchè a giudizio del-
li più intendenti non ha in fe una fingolarità ammira-
bile nel maneggio del marmo , nel motivo dell' az-
zione , e del partito , e nella efquifitezza delle parti per
loro medefime .
In queilo- io non pretendo di dare il mio giu-
dizio > che non mi farei tanto ardito , ma il fenti-
mento de' più favj fpaffionati concorre unitamente ia-r
quefta fentenza , giudicandola una ftatua tale , che non
fi renda impoiTibile il fame una uguale da altri , il
quale fia di fufEcienza ballante , Quanto all' eÌTere fla-
to Francefco uomo Angolare , è certifllmo > che egli
lo fu , e la fcultura è coftretta a profeiTargli perpe-
tua obbligazione per cosi belli lumi , che ha ripor-
tati dalle vivezze delle fue induftriofe riflefsioni , ed
al certo rellerà viva la fua ricordanza a motivo del-
98 FRANCESCO FIAMMINGO.
le molte , e belle opere del fuo fcalpello r che 11 tro-
vano In diverfe parti di Roma , ed anche altrove .
Il Regno di Francia βηοΐι*^ eiTo deve non poco dolerii
deirimmatura , ed intempeftiva mancanza d" un così grand*
artefice, perchè le tanto fece neir opere fue qui in Italia
dove per la fua maligna ftella viiTe Tempre travagliato dall'
anguftie , e dair invidia , quanto non potevafi fperare , che
faceiTe colà do\re lo afpettavano la liberalità > la più reale
accoglienza , e le belle occafioni > cfie non mancano mai
nelle corti dei gran Sovrani.
99
PITTORE,
Movi Γ Anno 1^44.
Er fegnitare l'ordine incominciato del cor-
fo degli anni mi viene fra le mani in_j
quefto tempo Agoftino TaiTi Pittore, e fon
neceflìtato per dare intiero compimento al-
la mia iftoria fcrivere anche dì lui, perche
follevò il fuo nome con qualche credito.
Quefti non fu icarfo d'ingegno , ma lafciò
di fe una mala opinione nel buon coftume , e li fabbricò
un odio univerfale , che gli fu di pregiudizio anche per
la profeflìone . Benché 11 faceiTe Romano nacque in Peru-
gia capo deir Umbria T anno 105 , e fuo Padre non fi
chiamò già dei Tafsi, ma Pietro Buonamici , e l'arte fua
era di fare il Pellicciajo . Da giovinetto fuggì Agoftino
dairubbidienza paterna , e perche fu fempre di fpiriti tor-
bidi, ed inquieti fi compiacque molto d'andar vagando , e
venuto a Roma fu introdotto in cafa del Signor Marchefe
Taffi , e fervi quel Signore di paggio , eiTendo di buona
prefenza, e di fpirito ; ma licenziofo air eftremo . Conti-
nuando a ilare con quel Marchefe diceva egli di eiTer anda-
to feco in Spagna ; ma nelle relazioni, che dava di quelle
parti faceva conofcer beniiTimo eiTer quefta una fua menzogna,
eiTendo egli di proprietà, e di genio di non ne dir mai una
vera . Bafta che dalla Cafa Tafsi riportò egli il cognome,
venendo chiamato Agoilino Tafsi, di che fempre fi valfe dopo.
ιοα AGOSTINO
Il genio Io fpingeva alla pittura per naturale inclinazione,
e davafi a difegnare di fuo talento fenza infegnamenti, ed
in particolare di fabbriche , e di paeii ; ma con molto mag-
gior applicazione lì dava all'efercizio dell'armi , nelle qua-
li teneva occupato l'animo fortemente. Curiofo d'invefti-
gare varj paefi fi portò a Fiorenza ? eiTendo ia età giovi-
notto e di qualche rifoluzione. S'introduiTe neiramicizia d'
alcuni Pittori di quella Città , e la fua naturale sfacciatag-
gine gli faceva fortire ogni tentativo , e perche aveva fon-
do di fpirito grande , fi affaticava di venire alla notizia del
Gran Duca allora Cofimo de Medici. Avendo in parte con-
feguito quefto fuo defiderìo, fatto fuperbo di si grand' o-
nore divenne cosi impertinente , che non attendeva ad al-
tro , che a promovere liti, e contefe, a fegno che fu cau-
fa d'una riffa coniìderabile, dalla quale nacque uno fcan-
dalo , ed un pregiudizio notabiliifimo . Queir Altezza Sere-
nifsima il fece perciò condannare alla galera per alcuni an-
ni , ma però non al fervizio del remo, e folo col titolo
di relegazione. Praticando per la galera con il Capitano di
quella , e col Gomito fi rendeva grato col fuo fpirito vivo,
e faceto, e con quella occafione diedefi allo ftudio di di-
fegnare vafcelli, navi , galere, porti, borafche , pefcagio^
ni, e fimili accidenti di mare per avere del continuo avan-
ti agli occhi Γ efemplare di quefti foggetti . Praticò quefto
fuo ftudio per qualche tempo , e ne divenne erudito a fe-
gno , che occupò il primo luogo in quefto particolare, in
cui egli per Γ addietro non erafi efercitato giammai, ed è
giufto che fi confervi memoria, di chi fi fa unico in qual-
che particolarità .
Compito il tempo della fua relegazione , la quale egli go-
dè con qualthe libertà , fi trattenne in Livorno, ed ivi fi
diede a dipingere con grande afsiduità , tanto per diletto ,
quanto per bifogno . Fu in quella Città impiegato a dipin-
gere la facciata d'una nuova cafa, che fi fabbricò proprio
. . ^ sù
-ocr page 118-A I. ΙΟΙ
su la riva del porto , nella quale tra lì vani delle fineftre
fece alcuni quadri riportati con la loro cornice finta d'oro,
ed altri ornamenti fopra le fineftre di chiaro fcuro , con_>
mafcherine , putti, vafi , e fogliami di affai buon gufto ,
ed intelligenza . In quelli quadri vi dipinfe varj accidenti
marinerefchi ; ed in alcuni luoghi con accompagnamento di
fabbriche nobili, e di paefi con quantità di figure tutte ope-
ranti in affari diverfi di pefcatori , e di marinari . Perchè
in quel porto veggonfi del continuo perfonaggi di abito cu-
riofo , e vago , come a dire Turchefchi, Perfiani , e Le-
vantini , per il gran concorfo di tutte le nazioni, Agoftino
s'imbevè di quelle forme , e di quei coftumi in modo, che
fe ne fece affatto Padrone.
Dopo quella facciata , Che fu di gran fodisfazzione >
glie ne furono propofte delle altre , alle quali diede com-
pimento in breve tempo . 11 proprio del fuo operare era di
non avanzarfi nella mifura delle fue figure che a due , ο tre
palmi al più j rna per ordinario di minor grandezza . Non
effendo egli molto fondato in un perfetto fapere , ven^
ne ioftenuto da uno fpirito naturale, che l'inclinava al buo-
no, ed alla cognizione del migliore. Era di memoria , e
di prontezza feliciiTimo , e fe fi foffe contenuto in una vi-.
ta più raodefla , e quieta avrebbe fatto gran paffaggio nel-
la profeffione per il fuo bel talento , effendo ricco nelle
invenzioni, vario , capricdofo , e conofcendo con diftinzione
il buono , Era imbevuto di certe forme di dipingere, ed
aveva apprefo , benché fuperficialmente , il guflo di tingere
della Lombardia . Perche li Caracci furono a fuo tempo,
fi faceva anche egli di quella fcuola } ma quefto fu vero
come tutte le altre bugie che diceva , perche egli non ne
praticò giammai neffuno, e quefto me lo confermò il Do-
i^ienichino di fua bocca propria .
Avendo con tante occafioni guadagnato molti denari
f» Livorno, meffofi all'ordine di abiti , c di bizzarrie fe
102. AGOSTINO
ne tornò a Roma, ove fi tratteneva alla grande con dimo-
fìrazioni sfarzofe, ed altiere j facendo da potente, e diu
fmargiaiTo con la fpada , e con veftki pompofi , e fu nel
principio del Pontificato di Paolo V. In quello tempo il Card.
Lancellotti ingrandì, riilaurò , e diede fine al fuo Palazzo
poilo nella ftrada delli Coronari, la porta del quale come
diiTi nella fua vita è Architettura del Domenichino, e no
diede ad Agoftino la cura perchè penfava farvi orna'
menti di pittura ne'foffitti , ne'fregi , nelle volte , e
dovunque foiTe creduto più neceiTario . Incominciò egli a
por mano al lavoro con Γ ajuto di molti , ed aveva gran-
de abilità di mettere in opera ogni forte di perfone, per^
che valeva aiTai la fua direzzione acciocché ogni uno riufciiTe
nel fuo lavoro benché manuale . Li foffitti in genere fuo
li conduceva in buono flato , e fu delli primi, che apriiTe
quella flrada di dipingere , e fìngere quadramenti, ed in·
caiTature di rofe varie capricciofe, e ricche cavandole dall'
antico in divcrfe occaiìoni, in particolare dalla volta dell'ar-
co di Settimio Severo incontro alla Chiefa di San Luca in
S. Martina, che chi vi fa rifleiTione le ritroverà di buona
maniera »
Ben è vero che hanno di poi ridotte a gofFagginl , ed
a fporchezze tali idee, le quali nel loro principio furono
ricavate dal buono j ma ogni cofa fatta con giudizio di buo-
na imitazione , ed intendimento è degna di lode. FeceAgo-
Hino queili lavori ne'foffiiti di folo chiaro fcuro, ο al più
fece il campo delle rofe finto di raofaico dorato a quadret-
ti , e le borchie dorate . Dipinfe egli medeiimo a buon fre-
fco la fala principale tutta dal foffitto al pavimento , fin-
gendo una loggia d'intorno retta da archi con le fue vol-
te compartite, e raddoppiate col primo , e fecondo ordine ,
Li primi archi li finge aperti nella luce , ed in quella aper-
tura fa comparire varie e belle vedute di mare , di paefi ,
e di fabbriche diverfe. Nelle vedute di mare, com'era fuo
coftu-
-ocr page 120-TASSI 103
coftume, rapprefenta diverfi accidenti di pefcagioni, d'im-
barchi, di fabbriche , di vafcelli , di ritirate nei porti , 'di
arfenali, di borrafche, e di altri accidenti con figurine va-
rie , numerore , e galanti di grandezza d' un palmo , rna
dipinte con uno fpirito mirabile. Sopra quefti archi diviiì
con le fue impofte , e compartiti con le colonne d' ordine
corintio col fuo architrave , fregio , e cornice come nel
primo ordine , finge che vi pofi fopra il foffitto di tutta la fa-
la , il quale reftò di legno a cagione della difcordanza di
prezzo, nata fra'Agoftino, e il Cardinale. Vi fono in que-
fto fecond' ordine alcune porte le quali finge, che introdu-
cano negli appartamenti fuperiori, e ficcome che non è nel
mezzo quella dell'ordine inferiore, la quale introduce nella
fala Agoftino la aggiuftò in modo, che ne ha ricoperto il difetto
fingendovi alcuni quadri riportati, con cornice d'oro . In quefti
il Tafsi dipinfe la favola di Polifemo, e Galatea , a figure
maggiori dell'altre , e quelle che rapprefentano Polifemo fono
da quattro palmi d* altezza . Quefti quadri non fono d'uno
fquifito difegno, e perfezzione j ma fi conofce che egli ave-
va il guilo raro , ed un genio che aderiva al buono , e
tutta la fala è ben intefa , condotta in buono flato cotL.
forza , e con intelligenza . Nelle ftanze da bailo al piano
del cortile , che riefce affai commoda abitazione per Tetta-
te , perche fono piccole, e fatte a volta non molto alte ,
Agoftino per dare ad effe maggiore sfogo ha rapprefentato
nelle volte , sfuggite di colonne vedute di fotto in sù ,
con loggie, e diverfi accidenti di profpettiva, che lafciano
un apertura d' aria, che dà vaghezza, e curiofità al tut-
to . Nelli vani di queir arie , cioè a dire nel mezzo del-
le volte fece dipingere alcune figure a proporzione a.?
frefco , e riefcono poco minori del naturale , parte da
Giovanni Lanfranco , e parte dal Guercin da Cento li qua-
li erano fuoi amici , e fece che il Cardinale trattaiTe ambe-
due bene nel prezzo , Fingono quefte figure alcune Deità
de"
-ocr page 121-ιοα AGOSTINO
de' Gentili fopra nuvole con accompagnamento di putti > e
di altre cofe lignificanti a propofito . L'ultima ftanza è tut-
ta di fua mano, ed ha finta la volta tutta compariita di
fogliami di ilucco bianco di aiTai buono ftile imitante.?
Γ antico, e vi ha lafciato in eiafcheduna delle quattro par-
ti , eiTendo perfettamente la ftanza quadrata , un ovato per
facciata , ed ha in 'quelli rapprefentato quattro avvenimen-
ti di Armida con Rinaldo defcritti dal TaiTo nel fuo Poe-
ma del Goffredo .
Qucfta occafione da lui ben condotta glie ne portò un
altra, e fu quella de' Signori Patriz; Sanefi , li quali aven·»
do fabbricato un Palazzo per loro abitazione in Piazza Mat^
tei , penfarono di ornarlo di pitture , ed eiTendovi allora.»
Monlìgnor di quel cognome , il quale era Teforiere della
Camera, e per confeguenza fìcuro del Cappello Cardinali-
zio t fe la morte non lo precorreva, fi andavano metten-
do air ordine con quella grandezza che fi conviene a tanta
dignità. Ebbe Agoftino Γ incombenza di ornare alcune ca-
mere dell' appartamento nobile , ed egli vi fece molte va-
ghezze nel Àio ilile affai gentili , e fpiritofe ; ma è iuper-
fluo il difcorrerne, perche λ mio tempo che Io compraro-
no li Signori Coftaguti, a cagione d' ingrandire le ftanze ,
e di rimuovere fcale, e di mutare i quartieri, gittorono
giù ogni cofa, ne vi è reftato di Agoilino altra memoria,
che alcune poche , ed in particolare Γ ornamento di
quella volta , nella quale il Domenichino dìpinfe il Tempo,
che fcuopre la Verità , come fi è detto nella fua vita . Si
diceva allora pubblicamente che^ le cofe de' Signori Patriz;
andaffero così precipitofamentc in rovina per cagione che
avendo voluto eftendere il loro Palazzo a quella grandezza,che
oggi fi vede , gettaffero giù una Chiefa dedicata a S. Leo-
nardo , eh' era in quella parte della piazza della Chiefa di
Santa Maria in Publiculis dei Santa Croce j nella qua!
Chiefa era fepolta una quantità di Criftiani > Γ offa dei
qua-
-ocr page 122-Τ Α S S I. lo^
quali nelle rovine di quel getto tra ii calcinaccio , ed al-
tre immondezze furono buttate nel fiume , ed in luogo di
quella Chiefa fi fecero rimeiTe per carrozze , e ita Ile per li
cavalli. Siafi come poiTa eiTere, parve una vera difdetta di
quella famiglia, che così in breve tempo, tutti giovani ne!
fióre dell' età moriiTero , e non folo col difcapito della per-
dita delle perfone ; ma anche con quella degli Ufficj com-
prati , che afcendeva alla fomma di centomila feudi , ed ia
un fubito fi difperfe , e fi atterrò una cafa che rifplendeva
con tanta grandezza, e comodità.
Tornando ad Agoilino foleva egli trattarfi aiTai nobil-
mente di abiti, € di portamenti , ufando ièmpre di anda-
re a cavallo con la fpada, e con una collana d'oro a tra-
verfo , conducendofi alla ilafFa un fervitore, e con quefto
ii rendeva cofpicuo, e movea la curiofità in tutti di fape-
re chi foiTe quel Signore , e così sì faceva ftrada grande .
Tenne ftretta amicizia con Orazio Gentilefchi Pittore de!
fuo tempo di qualche nome , ed eiTendo aiTai fimile a lui
di genio , e di coftumi fi amavano cordialmente , Aveva.»
Orazio una figlia chiamata Artemifia, che nella pittura ii
refe gloriofa , e farebbe fiata degna d' ogni ftima , fe foiTe
iìata di qualità più oneila > ed onorata. Era quefta affai bel-
la nelle fembianze , e molto manierofa , tanto che Agoili-
no nel praticarla fe n'invaghì, e trattando con lei con do-
meilichezza con l'occafione deiramicìzia del Padre, s'inol-
trò a fegno , che fu da Orazio querelato eh' egli Γ aveilè
violata ; il caio era veramente fucceiTo, ma che foiTe flato
Agoilino non fe ne ha certezza . Carcerato per quella ac-
cufa gli convenne fofFrire il tormento della corda , la qua-
le foilenne con intrepidezza , ed ufcl dalla prigione inno-
cente , fe pure era tale . Divenuto per queflo fiero inimi-
co d' Orazio , fi diede fortemente a perfeguitarlo , ed in-
ventando varie calunnie , com' era folito colle fue macchi-
il tormentava con querele, ed impoilure. In fine per
ιοα AGOSTINO
opera degli amici pofte in dirnenticanza le paiTate oftilità
ritornarono a praticarli, e più che mai fu la loro amici-
zia ftretta , ed afFettnoia ·
In quello tempo ebbe Agoftino Toccafione di dipinge-
re il fregio della fala grande del Palazzo Pontificio di Mon-
te Cavallo , e fingendo un cornicione andante d'intorno
rapprefentò fopra di quello alcune loggie diilribuite con la
volta fiiperiore ornata di var; mofaicì , e compartimenti ,
coin' era Tuo folito . Neir apertura di quelle loggie , nelle
quali finfe aria fece affacciarvi alcune figure di abiii ftrani,
e pellegrini, come dì Perfiani , Arabi > Greci , ed ancho
Religiofi di veiliture diverfe , quali fpettatori delle azzioni
Pontificie folite farfi in quella fala. Sopra le balauftrate di
quelle loggie rapprefentò alcuni arazzi gettati com' è foli-
to nelle funzioni grandi per ornamento della feila , ed in
var; fodi del fregio vi fece medaglioni con iftorie colori-
te del vecchio Teftamento con alcune figure colorite me- ,
defirnamente, che rapprefentano varie virtù con Angioli ,
e putti, che reggono dette medaglie e molti ornamenti di
varj vafi , ed altre vaghezze includendovi fempre Γ Aqui-
la , ed il Drago imprefa del Pontefice Paolo V della fami- .
glia Borghefe » Impiegò in queflo lavoro il Gentilefchi , il
Lanfranco , ed altri, li quali fecero Γ Iftorie , e le altre
figure , che fono maggiori del naturale . Fece anco nel me-
defimo Palazzo Quirinale il fregio d* una fìanza vicina alla
fala , e fecela tutta di fua mano con paefi compartiti da
alcuni putti , dentro li quali vi fece iftorie della fcrittura
facra, ma fono figure d'un palmo d'altezza, ed è quefta
ftanza vicino a quella dove dipinfe Antonio Caracci pure
iftorie dello fteiTo argomento . Dopo ciò il Cavalier Giu-
feppino il chiamò ad operare a Bagnaja due miglia diftan-
te da Viterbg, e perche quefto luogo era folito ftare fot-
to il dominio de'Signori Cardinali Camerlenghi, allora il
Card. AleiTandro Peretti Montalto come tale ne era Padro-
ne,
τ A S SI. 107
ne , e nell' arco famofo, che già vi fabbricò il Card. Gam-
bara con varietà di giuochi d'acqua , e di varj ornamen-
ti , e vaghezze, avendo fatto edificare un cafino per ugua-
gh'are quello che vi era nella prima ftrutturs > Io voleva
adornare di pitture varie, e capricciofe. Aveva queita cu-
ra Giufeppino come Pittore , che in quelli tempi occupava
il primo luogo , ed avendo chiamati parecchi, volle anche fer-
virfi di Agoilino ilimandolo idoneo per molte cofe, come
era in effetto. Vi dipinfe alcuni ftanzioni a frefco , nelle vol·
te de' quali egli rapprefentò iiloriette varie del Teilamento
vecchio di affai buono ftile, e guflo , e fono delle cofe mi-
gliori eh' egli faceiTe , e che fìano in quel cafino di genio
più al Pittore confacente. Dipinfe il fregio della fala nel-
la quale iìnfe una cornice grande che raggira unitamente.)
d' intorno a quella , affai bene intefo , ed in ciafchedun an-
golo della fala fatto da lui riempire vi fece una ilella gran-
de mattematica con artifìcio ingegnofo per alludere alla ftel-
la dell' arme de" Feretri , e il medeiìmo Giufeppino vi di-
pinfe di fua mano un lione maggiore del naturale, che paf-
feggia con maeflà fopra quella cornice con alcune figure di
accompagnamento di affai buona maniera nello itile di lui
medefimo . Nella loggia del piano del giardino dipinfe il
Tafiì molte curiofità da per tutte le parti di fua propria
mano, tolto alcune figure grandi nella volta di quella , che
fono del Gentilefchi j ma però egli la follevò con l'aper-
tura d' alcuni sfondati afiTai bene intefi , e le diede grandez-
za , e magnificenza per efTer la loggia baffa , ed angufta.
Nelli due capi principali , che fono le parti più ftrette ,
eifendo quella più lunga, che larga , rapprefentò come fe
la medefima feguifl"e il fuo andamento dal piano coli' ordi-
ne ifleffo della volta . D'intorno a quella fopra d'una cor-
nice finta fece alcuni vafi d' oro con fiori dentro , e va-
rie verdure aiTai di forza, e con differenza mirabile efpref-
iì > e ne' muri laterali, e nelle due parti eftreme finfe alcu-
Ο a ni
-ocr page 125-ιοα AGOSTINO
ni quadri riportati con le cornici d'oro , e con le fue cor-
tine di taffetà cremiilno con ferri , e cordoni finti da tirar-
li per coprirli com' è folito per maggior grandezza . In det*
ti quadri rapprefentò al fuo coilume tutti foggetti di marea
come a dire tempere , ritirate nel porto , fabbriche di ga-
lere, pefcagionì di pefci , e di coralli , ed altro , e per
verità è un opera aiTai ben condotta , ma adeiTo Γ umi-
dità Γ ha ridotta qiiafi all' eilerminio fé la pietà del Si-
gnor Duca Lanti , che Γ ebbe da Noftro Signore AleiTan-
droVU fino alla terza generazione con il dominio anche del-
la terra , non la foccorre è perduta affatto . N'è poiTeiTore
il Duca per la fodisfazzione che gli deve dare la Camera
per il giiafto fatto della vigna del Cardinal Lanti fuo Zio,
che fu disfatta da Urbano Vili perche impediva la fabbri-
ca delle mura di Roma che fece di nuovo dalla Porta di
S. Pancrazio a San Pietro in Montorio , dov' era detta vi-
gna , e come erede del Cardinale, n' è per queila cagione
poiTeiÌore il Duca . Li Signori Bentivogli avevano compra-
to dal Duca Altemps quel Palazzo fui QLiirinale eh' ora è
del Duca Mazzarini , aggiunfero li Bentivogli alcuni como-
di al detto Palazzo , e tra gli altri una loggia nel giardi-
no , e la diedero a dipingere al Tallì , ed egli accordatoli
col Gentilefchi , che ne fece la maggior parte, la adornò
di Cucchi finti, ed altri compartimenti, e con figure nei-
la volta grandi al. naturale di mano d'Orazio.
La vita di Agoftino fu fempre torbida, ed inquieta per
la fu a natura altiera , e garrula inducendofi facilmente a
travagliare ciafcheduno con impoilure , e falfità , e nafce-
va queilo difordine perche egli aveva poco timor di Dio ,
ed in lui non regnava divozione d'alcuna forte . Per li
mali trattamenti che ufava con tutti fi era incitati molti
nemici, che gli infidiavano la vita j ma effendo egli fortu-
nato nelle difgrazie , era perciò divenuto audace , e teme-
rario ^ eiTeiidogli fucceiTe cofc da fare inorridire , e da re-
ftarne atterrito , e tra 1' altre ne vuò narrare una fola .
Avendo Agoftino di molti nimlci > fi rifolfero varj dì que-
fti infieme di vendicariì delle ingiurie , e delie ofFefe ri-
cevute da lui, ed eiTendofi uniti, e provifti di arme Io af-
Spettarono dov'era folito di paiTare giornalmente. Se ne ve-
niva Agoilino a cavallo fecondo il confueto in prima fera,
e quefto fu avanti il Palazzo de* Borghefì per quella iìra-
da delle colonne con le catene. AiTaltandolo quefti con ìm-
peto airimprovifo Io tirarono giù da cavallo gli diedero tra
tutti da venti pugnalate , ο cortellate che fi foiTero , ej>
credendolo morto , perche non refpirava , fe ne fuggirono
con fretta , Agoftino avendo veduto fuggir coftoro faltò in
piedi illefo del tutto perche difefo dagli abiti, e dal man-
tello non era flato ferito in neiTuna parte del corpo , ri-
montò preilo a cavallo gridò verfo coloro che fuggivano ;
ah traditori, vi conofco , e vi chiarirò, e fpronando il ca-
vallo andò via di carriera . Coloro che non erano molto
lontani , fpaventati dallo ftupore che un morto ( fecondo
il lor giudizio ) gli minacciaiTe , entrarono in maggior te-
ma di lui. Se non aveffi promeiTo di non imbrattare il mio
libro con racconti finiftri m'introdurrei in alcuni particola-
ri che renderebbero al certo curiofità, e diletto per gli av-
venimenti ilrani , ma sò che farebbero di fcandalo ad una
innocente lettura. Queft'uomo fi compiacque fempre di pra-
tiche di donne poco oneile , e con 1' amicizia di fimili ri-
balde fi fece apertura a molti difegni, e trame, che ordi-
va a tutte Γ ore ai danni di quelli , che prendeva a perfe-
guitare, ed anche gli fervivano per mezzane in confeguir
delle opere . Soleva tenere in cafa alcuni giovani a dipin-
gere per lui , e molti ne fono ufciti con qualche profìtto ,
e fi fono avanzati nel buon credito, eiTendo egli aiTai atti-
vo per rifvegliare la gioventù alla rifoluzione. EiTendo egli
temerario in tutte le fue azzioni, voleva, che ciafchedu-
no fi faceiTe animofo con l'ardire ; ma però per lo contra-
rio
rio era molto pericolofa" la pratica di lui mediante l'occà-
iìone di quelle fue femmine , le quali ftando nella fiia cafa
per tenere invifchiata la gioventù ne'Ioro allettamenti, fa-
ceva che quelle li teneiTero allacciati con lufìnghe al fer-
vigio di lui fenza chiedere alcuna mercede ,
Quando il Principe Maurizio di Savoja, ebbe il tito-
lo di Diacono di S. Euftachio per adornare ^ ed abbellirò
quella Chiefa per fe iteiTa rozza , e mal acconcia, pensò di
renderla amena con la pittura , e facendo ricapito ad Ago-
ilino allora in qualche credito diede a lui queila cura . Egli
accettando TofFerta fi refe pronto , e fubito propofe a queir
Altezza il partito di far telari da riportarli fopra le mura
ugualmente ripartiti tra di loro a proporzione del fito, ed
,in eflì progettò di dipingere tutti gli avvenimenti più par^
ticolari di S. Euftachio . Piacque al Cardinale il penfiero ,
e facendogli un mandato di 300 feudi gl'ordinò che ci met-
teiTe mano fubito , defiderandone la fpedizione . Agoftino,
eh' era rifoluto , dando ordine alli telari col caldo di quel-
la moneta, e dividendola a molti Pittori ordinò loro le ifto-
rie , che doveano farvi. Perche il lavoro fu a guazzo che
è più fpeditivo , in poco tempo fe ne cavò fuori, e facen-
doli mettere di fubito in opera, il Cardinale ne reftò mol-
tiflìmo fodisfatto , e perche fu fempre Principe generofo ,
fu da lui Agoftino ben fodisfatto, e regalato , Con quefti
denari Agoftino fi mife in un poco di cafa ben mobiliata,
e adornata di varie fupcllettili con raddoppiata fervitù , ca-
valli , lufiì con ogni grandezza , e oftentazioni , che non
contengono altro che femplicità , e debolezza di cervello ,
a fegno che ciafcheduno ne ftupiva . Sopra la porta della
fua cafa alzò V arme del Cardinale , e con quel patrocinio
β refe rifpettato , e temuto , ma tanto li fece infoiente con
quella autorità, che non rifolvendofi di fodisfare del tutto
quei Pittori, che lo avevmo aiutato in quel lavoro , e fa-
cendo anche altre ingiune, e mali trattamenti a tutti, ri-
J IO
Ili
cevendone quel Principe molti richiami perdette affatto ogni
benevolenza yerfo di lui. Quando il Cardinale intefe, che
Agoftino non folo non fodisfaceva quelli , che avevano Ia<
vorato per lui in S. Euftachio, ma li minacciava di bafto-
nate , ordinò a fuoi fvizzeri, che ftaccaÌTero di notte la fua
arma dalla cafa del Taiiì , così penfando renderlo mortifi-
cato . Agoftino, che la mattina vide quefta cofa, efìfendoii
per mezzo di Monfignor Faufto Poli allora Maggiordomo
del Pontefice Urbano , e che fu dopo Cardinale, ìntrufo in
Palazzo con qualche poco di conofcenza , fattoi? ardito ,
immediatamente nel medefimo luogo fopra la fua porta.»
collocò Tarme del Pontefice per dare ad intendere al Prin-
cipe Cardinale , che viveva fotto la protezzione di perfo-
naggio maggiore di lui . Queft'^ uomo, che fu Tempre accor-
to, e maliziofo usò un artificio ; appaltò con il cantiniere
di Palazzo la vendita di una di quelle parti di pane , e di
vino che fogliono darfi a varj Palatini , e giornalmente man-
dava a prenderla a viila di tutti per dare ad intendere di
eiTer anch'egli come Palatino nel ruolo della famiglia prov-
vilìonata. 11 Card» dì Savoja fi rife di queila Tua petulan-
za , e non ne fece cafo ; per altro avrebbe faputo caligare
la fua temerità ,
Fu Agoftino Angolare nella ProfeiHone, perche faceva
bene^ di^ figure , di paefi , e di profpettive ; ricco nell'in-
venzioni , copiofo ne'componimenti , capricciofo neir ador-
nare , ed in fatti di gufto raro , e iquifito, e molti qua-
dri fi fono veduti del fuo in diverfe cafe di confiderazìone
degni di ftima , e molti altri lavori a frefco nei Palazzi
de'Principi, cioè freg; di ftanze, gabinetti , volte y ed al-
tre opere curiofe. Nel Palazzo deVSignorì Panfil; in Piaz-
za Navona quando Innocenzo X era Cardinale vi dipinfe al-
cune ftanze tanto di freg;, come di foffitti, belle a fegno,
che afi^unto il Cardinale al Pontificato non fi curò d'ingran-
dire il fuo Palazzo per renderlo degno d" un Papa per non
I.
ιοα AGOSTINO
gettare abbaiTo quelle ilanze , delle quali era tanto inva-
ghito j e benché aveiTe in quel tempo ricevute da lui mol-
te cofe difobbliganti , volle in ogni modo portar rifpetto
alle opere fue , benché in quel tempo Agoilino foiTe morto.
Nel principio del fuo Pontificato in occafione di varie fab-
briche , che egli intraprefe , gli veniva propofto per ren-
derle più gradite , di farle adornare di pitture ; al che ri-
fpondeva , che mal volentieri s'impicciava con Pittori , per-
che aveva Tempre ricevuti da loro varj difpiaceri, ed
giorno fi lafciò intendere che da tutti lì Pittori, con lì qucL"
lì aveva trattato fijm a quel tempo , s'era veduto ingannato da
loro, eccettuatone Agoflìno Ta£i, Fece ftupire il Papa chi lo
intefe dir quefto , e fapendo li coftumi di lui, e quello,
che gli aveva fatto, quand'era Cardinale, lo {limarono un
paradoiTo , il Papa che s' avvide di quello rifpofe j Abbiami
tenuto fempre in cattivo concetto molti dì quejia ρrofeβone ,
ma con averli praticati, ci Jono rmfcitì onorati , e dì buone
qualità , ed avendo fempre tenuto per uno J'ctagurato Agoflìno ,
ci è fempre in ogni efperìenza rìufcito tale, e così non ci fia"
mo ingannati nel penfare di lui. Nel portico di fuori dellaj
Chiefa di S. Onofrio, dove il Domenichino da giovine di-
pinfe quelle tre lunette a frefco come fi è detto nella Tua
vita, vi è una Cappelletta dedicata a Maria Santiffima del
Rofario. Queila è di dentro dipinta tutta di mano d'Ago-
ilino, e di fuori nelli due angoli della cancellata vi fono due
figure pure di fua mano.
ElTendo avanti con Tetà incominciò ad eiTere tormen-
tato dalla podagra , e dalla chiragra , e fi era ridotto in cat-
tivo ilato di piedi , e di mano ; con tutto queilo egli di-
pingeva j e fe la pafi^ìiva con le fue folite bizzarrie, e dif-
folutezze, e la fortuna il foilentava in piedi ; benché foiTe
lutto ilroppiato, e mal ridotto . Fece cofe molto fconcio
con Tadefcamento di quelle fue Taidi, che foleva tenere in
cafa 3 e s' arrifchiò ad alcune rifoliizionì » per le quali ogni
1 Λ ύ 5 1 χ J^
altro ne farebbe flato caftigato feveramente , e non sò da
quale ftella foiTe ajutato, che gli riufcì rimanere impunito
particolarmente di alcuni delitti . In fine lì riduiTe a poco
a poco in cattiviiTimo flato > e vìveva in qualche flrertezza,
vecchio , infermo , e mal voluto ^ tuttavia il fuo fpirito fem-
pre violento non fi fmarrì giammai, ed avendo comprata^
una piccola poiTefiìone in Tivoli per via di un certo trabal-
zo fenza cavar fuori denari, fe la faceva per Io più in quel
paefe con preteilo di goderfi le delizie della Villa Tibur^
tina già fabbricata dal Signor Cardinal d' Efte, e dal Duca
di Modena. Finalmente tornatofene a Roma andò ad abita-
re nella medefima cafa già abitata per molti anni avanti da
lui vicino al Popolo , giuilo alla moiTa delli barbari . Ag-
gravato dagli anni , e dalle molte indifpofizioni e andando
le fue cofe di male in peggio , morì, e Dio sà come , di
anni fettantanove nel principio del Pontefìcato d' Innocen-
zo X nel mefe di maggio . Fu fepolto privatamente nellrij
Chiefa del Popolo , non avendo lafciato tanto che iuppliife
alle fpefe neceiTarie per poterlo fotterrare.
.114
UÉÉéi
SCULTORE,'
Morì V Anno τβί^β»
s; A continuazione degli anni mi porta a di-
I fcorrere di Francefco Mochi Scultore , il
quale nacque nello Stato di Fiorenza , ο
volle Tempre moftrarfi rigorofo imitatore
della maniera Fiorentina . Non pretendo
io di fare da findaco impertinente in cen-
furare io fìile di neiTuna nazione ; ma fe-
guendo la corrente opinione delH pareri, mi confermo nel
difinire , che la/Toitana è collante nelle fue leccaggini,
e la Lombardia trafcurata nelle fue negligenze . Vogliono
alcuni che il Mochi non aveife vile il natale, e per verità
dal fuo afpetto , dalla fua civiltà, e dal fuo buon coitume,
potevafi argumentare eiTer nato civilmente . Ma perche
tutte le verità non paffano ad una efatta cognizione , par-
ticolarmente la nafcita , la quale tutti nafcondono ad ar-
te quand' è ordinaria , ed alcuni per negligenza , così di
loro fi ha fovente , neiTuna , poca , ο falfa notizia .
Francefco Mochi nacque alli di Luglio nel 1580 in un
luogo detto Monte Varchi , Contado di Firenze del Gran
Duca dì Tofcana , per la qual cofa poteva dirfì Fiorenti-
no , ed eiTendo paiTato alla Città per attendere a qualche
profeilìone , dicono che lì accomodaiTe con Santi di Tito
Pittore al fuo tempo di qualche valore , e ftima. Da lui
imparò le primizie del difegno , il quale lo portava molto
più
-ocr page 132-FRANCESCO MOCHI. xif
più alla fcultura , che alla pittura, perche li sfogava più
tìei modellare, che nel dipingere, per ciò fare andò da^
uno Scultore detto Camillo Mariani , che a lui fervi per
avere le prime iilruzzioni per maneggiare lo fcalpello.
S'invogliò di venirfene a Roma , e fu nel Pontificato
di Clemente Vili , e perchè il Papa era di origine Fioren^
tino , ciafcheduno della fua patria fperava qualche appog-
gio , c follievo dalli compatriotti che dominavano in quel
tempo a Palazzo . Allora il Moehi era 'giovinetto , e di
molto fpirito, e incominciava ad operare con dimoftrazio-
tie, e fperanza di portarfì a qualche fegno nella profeifio-
ne , e faceva vedere alcune cofe di fua mano di molta vi-
vacità , e maneggio di marmo, Morì in queilo tempo Papa
Clemente , ed a lui fu fucceiTore Leone XI pure Fiorentino
ma non viiTe un mefe intiero· Dopo lui fu creato Pontefi-
ce Paolo V,
11 Mochi intanto fi era avanzato nel valore , e nel
credito , e gli fu data un occafione in Orvieto, dove fi tra-
sferì per lavorare due ftatue per la Chiefa del Duomo di
quella Città. Una fu la figura dell'Angelo Gabriele , e Γ
altra di Maria fempre Vergine Annunziata. Si portò a gran
fegno bene in quelle due figure aiTai fpiritofe nel 'moto ,
ben lavorate nel artifìcio dello fcalpello , e molto intefe nel-
la parte del difegno , ficchè ne riportò fomma lode , ed ap-
plaufo , e ciò gli fervi d'introduzzione al credito, ed air
acquiilo di opere maggiori.
Finiti i lavori d'Orvieto andò a ^Pàrma chiamatovi da
quel Sovrano, e vi fece non sò qua! Duca allora vìvente a
cavallo in atto imperiofo di comando di grandezza più che
naturale, e di metallo dorató * La' figura egualmente che
il cavallo gU riufcirono opera mirabile , e di molto ^ valo-
re . Toltone un poco di fpirito chiamato manierdfo , il qua-
le era fuo proprio quell'opera può· ftare a fronte'con qua-
lunque fi fia delle moderne.
.FRANCESCO
Ritornato a Roma trovò, che il Cardinal MafFeoBar-
berini il quale doppoi fu Pontefice fotto nome d' Urba-
no Vili faceva la Cappella fua in S.Andrea della Valle ,
ed è -la prima a iiniilra delI'ingreiTo . Per renderla del tut-
to compita, e ricca , e perche aveiTe tutti li requiiìti di
bellezza procurava d* adornarla di pittura , e di fcultura,
ma aveva gran genio di valerfi d' Artefici della fua patria
eiTendo egli pure Fiorentino . Sentendo parlare con credi-
to di Francefco Mochi, gli diede a fare una delle quattro
lìatue , che fono nelle nicchie laterali, due per parte , ed
è la figura di Santa Marta, eh' è maggiore del naturale .
prefe il Mochi un capricciofo partito per dare alla fiatila
maeilà , e grandezza, eiTendo che la nicchia non è molto
grande, non comportandolo il fito , ne il compartimento
del tutto . Fece adunque la Santa a federe , . ed ha fotto di
fe il dragone legato com'è folito, che fe le figura appref-
Γο , e fìà premendolo con la mano lìniilra ed avendo nel-
la deftra un afperforio fi china per bagnarlo in un vafo che
le ftà pofato a piedi, nel quale fi fuppone eiTervi Γ acqua
benedetta per ifpruzzare con quella la beilia feroce , e ren-
derla mortificata , ed avvilita . Riefce quefta figura ben pan-
neggiata , difinvolta, nobile, e ben intefa nel tutto, e nel-
le parti, ed a giudizio di chi bene intende è la migliore^
ti' ogni : altra di detta Cappella fenza pregiudizio di neifu-
no . 11 Cardinale ne reftò fodisfatto , e volle che anche
egli da lui ricevere uguale fodisfazzione nell' e/Ter ricono-
ÌcidtO , ficchè il Mòchi ne reftò contento , e gloriofo .
Terminò il Pontificato intanto còri la vita Paolo V" ,
ed a lui fu fucceflOre Gregorio XV per poco più di due
anni, e perche era Bolognefe vi era poco da far bene per
<]nelli «di altra nazione . Morto Gregorio fu eletto Papa il
fuddetto Card. Maffeo Batberim , che fu Urbano Vlil , e
perche il Mochi l'aveva fervito da Cardinale , prcfe ani-
mo di continuare a fervirlo da Papa j ma s'ingaiinò, per-
che
iid
Μ Ο
117
che vennero occupati li migliori luoghi da altro foggetto
di maggior fortuna, che tenne rigorofamente ìndietro'^tLit-
ti, e convenne foffrire con pazienza a lui , come agii al-
tri per cosi duro incontro , e perche era uomo di valore
non reftava mai privo d* occafionì, ma non di quella forte
cofpicua, e confìderabile come egli averebbe defiderato, e
pretefo . Il Pontificato d'Urbano fu gloriofo per eiTere egli
di genio grande, nobile , e generofo , e amatore oltremo-
do delle belle' arti , e procurò per publ)Iico follievo di dar
continuo trattenimento agli operar; in ogni genere , e ne
faceva nafcere Γ occafione fotto varj pretefti. Volendo egli
tenere impegnato anche il Mochi gli ordinò un altra figu-
ra per la fua Cappella , che fece quando era Cardinale in
S. Andrea della Valle , la quale veniva ad eiTere compa-
gna a quella di S. Marta fatta già da lui molti anni addie-
tro . Qiiefta figura, che gli ordinò era di S, Gio, Battifta,
e doveva eiTere collocata nella medeiìma nicchia , nella qua-
le è oggidì quella di Pietro Bernini del medefimo Santo .
Avendo ricevuto il Mochi quefto comando del Pontefice ,
vi fi pofe in tutta diligenza, e concepitane qualche geniale
emulazione , fece una figura di tutto fpirito rapprefentan-
do il Santo in atto predicante ma a federe , e moilra col
getto delle mani e delle dita di difcorrere col popolo , con-
numerando qualche particolarità necefiiaria ad efi^ere diitin-
ta , e divifa . Compita che V ebbe ne diede parte al Pon-
tefice, il quale gli diede ordine, che la faceiTe efporre nel-
la Cappella , che ivi farebbe andato a vederla. Quando fi
venne all'atto di collocarla , ne fu impedita Γ efecuzionc»
da chi aveva forza da comandare j e benché molto tem-
po fi combattere del si , e del nò, reftò fuperiore il par-
tito di non metterla. Chi vuol parlare privo affatto d'ogni
paffìone , non può negare , che non poteva venirfi all'effet-
to di fituarla nel luogo detèrminato fenza ingiuria, ed offe-
fa di Pietro Bernini , perche fe gli veniva a fare uno sfre-
gio
I 8 FR ANCESCO
gio pubblico con dichiarare Γ opera fua debole, e di niun
valore , e quello non conveniva j eiTendo egli flato uomo
di valore, e ftima nella fua profeiTione , lafciando da par-
te altri rifpetti di dipendenza , che pure erano degni dao
eiTere riveriti. Da tante ragioni perfuafo, ed appagato Ur-
bano fece intendere al Mochi che foiFriiTe con pazienza que-
lla congiuntura a lui disfavorevole, e fece rimanerlo con-
folato con larghe promeiTe 3 e perchè di quefte ancora non
veniiTe defraudato , ordinò che fe gli deiTe da fare una del-
le ftatue grandi d' altezza di palmi Γ una , che fono
collocate nelle quattro nicchie maggiori ne' pilailronì di
S. Pietro che foilengono la cupola . Fu data a lui quella
della Veronica la quale è una figura di tutto fpirito, e mae-
ilria . La rapprefentò in atto di moto , e d' un moto vio-
lento non folo di camminare , ma di correre, e qui man-
cò ( e fia detto con fua pace ) della fua propria eiTenza ,
perche fe la parola denominativa di ilatua deriva dal mo-
to latino fio flas , che fignifica eiTer fermo, ftabile in pie-
di, quella figura non è più ilatua permanente, ed immo-
bile come eiTer deve per formare un fimulacro da eiTer go-
duto, ed ammirato da'riguardanti , ma un perfonaggio che
paiTa , e non rimane . Qiieflo che io dico non fia prefo fi-
niilraraente, quafi che io pretenda di fare il cenfore, e di
biafimare quella bell'opera, eh'è degna di ogni applaufo ;
tanto più, che mi fi può citare il belliilìmo Apollo in Va-
ticano, che ila in moto, anch'eiTo, ma fi difcorre per un
certo modo di favellare ; del rimanente ciafcheduno difen-
da fe ftefib con queir armi , che tien preparate . 11 gefto
della figura è fingolare con tutte quelle oiTervazioni , che
li richiedono ad un attò di moto . Lo fcherzo del panneg-
giare è mirabile , perche fa che la vefte riceva un colpo
di vento che la rende agitata , e percoiTa ; in modo che >
confermando tutto il nudo diilintamente del corpo, rimane
artificiofamente vellita fcherzandone i lembi con uno fvo-
Μ Ο
Ιΐρ
lazzo che rende adornamento, e vaghezza . Moftra alquan-
to le braccia nude, le .quali efponendo quel lino ove ila im-
preiTo il volto fudante di Criilo ai riguardanti fanno un ge-
tto leggiadriffimo delle mani di graziola , e vaga propor-
zione . Nel Tembiante è tutto fpirito, perche nel moto de-
gli occhi , e della bocca fa conofcere che efclama ad alta
voce il mirabile portento della impreffione , e pare che gri-
di CrifiUnì eccovi Gesù Crìflo. Ha lavorato quel marmo con
fommo artifìcio , e fatica, con fondi gagliardiiiìmi di fcu-
ri, e piegature di panni oltremodo follevate , e benché di
più pezzi congiunti non lafcia penetrare il luogo ove infie-
me fìano collegate ; tanto ha faputo fchernire Γ arte cooj
Γ arte .
Ne riportò applaufo il Mochi da quefto fuo bel lavo-
ro , ed andò in giro alla ftampa una raccolta di varie poe-
iìe in fua lode , ma quefto non rende iicura teftimonianza
del valore d'una operazione j perche tali applaufi mendican-
doli poiTono guadagnarfi ancor da coloro, che colla debo-
lezza delle loro opere fi fono meritati piuttoilo vilipendio
che lode . Non dico eh' egli lo procuraiTe , perche era uo-
mo modefto , e fodo ; ma fovente alcuni parziali al ga-
lani' uomo fanno più danno , che benefìcio con certe Iodi
sfacciate , e fenza proporzione . 11 Pontefice Urbano lodò
fommamente quefta beli' opera ufcita dal fuo valorofo fcal-
pello , e quanto alla fodisfazzione del prezzo non è bene di-
fcorrcrné , perche andò malamente come per Io più nelle
corti fuccede. Ciafcheduno s' accomodò alla ftranezza del-
la congiuntura, e fi fece virtù della neceilltà , tanto più
che fi aveva a combattere con l'aria. Si andava trattenen-
do il Mochi con altri impieghi , benché non così rilevan-
ti, e li Sig. Falconieri volendo compiere la loro Cappella del
maggior Altare della Chicfa dì S. Gio. de'Fiorentini, per-
che non contiene in fe ornamento di pittura d'alcuna for-
te , ma folo marmi, itatue, e rilievi, gli a/fegnarono tut-
ta
I 20 FR ANCESCO
ta l'opera deir Altare delle figure di San Giovanni , che
battezza Crifto nel fiume Giordano .
Nel corfo di quefti anni morì Papa Urbano, e fu dopo di lui
eletto Innocenzo X, e volendo il Popolo Romano erigerli per
varie obbligazioni una ftatua di bronzo nella fala de'Conferv^a-
tori del Campidoglio , ne diedero al Mochi la cura, e gli fuc-
ceiTe quello che diraflì nella vita deirAlgardi j perche vienc'piii
a propofito nel parlarfi di lui. In tanto eiTendofi il Mochi avan-
zato neir età , fopraggiunto da una lenta indifpofizione a
poco a poco aggravandofegli il male con un aiTalto di feb-
bre violenta mori nell'anno 1545 eiTendo in età d'anni fef-
fantafei . Lafciò un figliuolo mafchio chiamato Gio, Batti-
ila, che morì poco dopo in Bologna con qualche comodi-
tà , e lafciò parimente viva la moglie che rimafe molto
addolorata della fua perdita . Aveva egli già fatte le duo
figure di S. Gio. Battiila , e di Crifto per li Falconieri , ed
anche due altre aiTai maggiori del naturale per la Chiefa di
S· Paolo fuor delle mura, cioè una del Principe degli Apo-
iloli S. Pietro, e Γ altra di S. Paolo j ma eiTendo egli mor-
to , e quefte fue opere riufcite di non molta fodisfazzione
di quelli, che dovevano prenderle , quelle delli due Apo-
itoli recarono alla moglie . L'Abate di Monte Cafino per
cui erano ftate fatte non volle prenderle , eiTendone mal
fodisfatto , ma quelle de' Falconieri furono onorata mento
prefe , e pagate j benché non pofte in opera.
Morto anche Innocenzo dopo dieci anni, ed alcuni me-
iì gli fu fucceiTore Aleifandro VII , e perche ebbe fentiraen-
ti gloriofi d' ingrandire , ornare , e rendere magnifica di
fabbriche , e d'ornamenti la Città di Roma, riftaurando per
Γ appunto nel principio del Tuo Pontificato la Chiefa , e la
Porta del Popolo , fu periuafo dal Card. Girolamo Farne-
fe , che allora era Prelato, e fuo Maggiordomo a compra-
re le due ftatue de' SS. Pietro , e Paolo Ufciate dal Mochi
per efporle neiringreffo della Porta nella parte di fuori del-
la
Μ ο C Η I.
la Città come li due tutelari, e protettori di Roma ; lufiti^
gandolo che egli poteva con poco prezzo fare un acquifto
di due gioje così preziofe, quali erano le due llatue d' un
uomo così celebre, che per altro farebbero coilate un tefo^
ro , Condefcefe il Papa a quella compra , e le fece pren-
dere con lo sborfo di mille feudi , per collocarle do-
ve oggi fi vedono dal pubblico , e ciò fece il Farnefe per
rendere quello fervizio alla moglie , ed al figlio del Mochi
da lui protetti, e per accomodarli con maggiore agio . Com-·
prò anche per fe quella llatua di S. Gio. Battifta, che do-
veva andare in S. Andrea della Valle. Quelle di S. Gio. de
Fiorentini fono reftate in abbandono , e tenute in poca Ài-
ma . Lavorò qualche cofa per Francia, ed anche da Spa-
gna ebbe varie commiffioni .
Il Mochi fu d'una prefenza aiTai grata, ma grave, di
coftumi ingenui, e moderato nel trattare j aveva del Perfo-
naggio di rifpetto , non garrulo , ne pertinace, ο maligno , ma
cortefe , ed affabile con ciafcheduno , veftiva civilmente ,
ma con gran moderazione , ed aveva buonìiTima legge di
amicizia , ed in particolare coli' Algardi una ftrettezzaj
fraterna, la quale fi difciolfe per cagione della llatua di bron-
zo del Pontefice Innocenzo X , come meglio dirò nella vi-
ta deir Algardi medefimo . Trattava ciafcheduno con
grandiffimo rifpetto , e perche fu fempre quieto, pacifico ,
e moderato , non vi è di lui da riportare avvenimenti cu-
riofi, ne accidenti di ilravaganza . ViiTe con modeftia , e
con la medefima morì fempre in concetto di buon cri-
lliano , devoto , e rigorofo oiTervante del Sagro Rito di
Santa Chiefa ·
α
GIO-
-ocr page 139-ΙΖΖ
Mori V Anno 1^47.
Acque Giovanni in Parma Città della Lom-
bardia , e fu figliuolo di Stefano Lanfran-
chi , e fua madre ctiiamavafi Cornelia ·
Fu la fua nafcita Tanno i^So nel Ponti-
ficato di Gregorio XllI portando feco fin
dalle fafce un genio particolare inclinato
alla pittura , e può dirfi con ragione, che
egli Pittore nafceiTe . II Padre ebbe due figliuoli mafchi il
maggiore chiamato Egidio, il quale fi diede air intaglio di
legno , e riufcì di qualche valore, e Giovanni di minore
età, il quale fu incamminato allo itudio delle lettere , e
per facilitargliene il poiTeiTo, eiTendo egli uomo civile, lo
accomodò per paggio col Marchefe Scotti della medefima
fua patria » Giovanni moftrandofi poco dedito agli ilud; di
grammatica s'andava fvagolando con difegnare del conti-
nuo cosi nelle carte con la penna, come nelle mura co!
carbone . Accortofi il Marchciè di quefta fua così bella in^
clinazione, e che arditamente fenza alcuna difciplina fi da-
va a difegnare, gli fece iftanza scegli fi farebbe applicato al-
la pittura, e Giovanni che temeva Γ indignazione di lui ri-
maneva timido ne! dichiararfene . Quel Signore prudente^
ner dargli animo glie ne replicò amorevolmente le richie-
ile , ed egli fattofi coraggio fi lafciò intendere che volen-
tieri averebbe attefo al difegno.
In quel tempo Agoftino Caracci fi tratteneva in Par-
ma al fervizio di quel SereniiTimo Duca , e per quefta co-
modità il Marchefe Scotti a lui inviò Giovanni , π qualej
per la poca età era chiamato Giovannino , nome che fi por-
tò feco per Tempre . Agoftino gli diede i principj della pit-
tura , che da Giovanni furono apprefi con una celerità in-^
dicibile , con iftupore del Maeftro ^ del Marchefe , e di
ciafcheduno, e faceva conofcere quanta violenza eraii egli
fatta a non feguitare Tempre la fua naturale difpofizione · L*
eiTere nato in Parma fece, che egli confervaiTe per fempre
nella memoria , e fi teneiTe, quafi uno fpecchio avanti la
fantafia, l'opere del Correggio , le quali in quella Città ten-
gono occupato il primo luogo della riputazione , e ne ve-
niva fomentato dalli buoni infcgnamenti dei Caracci , li
quali fempre andarono alla fonte del buon guilo di tutti li
più rinomati Maeftri della Lombardia . Mentre attendeva^
Giovanni allo iludio del dìfegno , morì fuo padre , ed eiTen-
do neceiTitato per quefta perdita di applicare alle cure do-
meftiche j e trovandoli avanzato in una età che non aveva
più proporzione per Γ ufficio di paggio , fi licenziò dal
iervigio del Marchefe Scotti, e fi diede in tutto allo ftudio
della profeffione applicandofi a quella inceiTantemente.
Agoftino , ed Annibale Caracci fratelli germani , dopo
aver girata tutta la Lombardia , ed operato in quelle parti
con grandiffima loro gloria , e vantaggio fi rifolfero pafc
re in Roma, ed ivi ilabilire la loro fortuna. Ebbero oc-
cupazione nel Palazzo detto delli Farnefi della Sereniifìma
Famiglia di Parma, ed allora vi era il Card. Odoardo, da
cui furono impiegati in opere divcrfe , così nelle tele ad
olio, come nelle mura a frefco . Avendo adunque i fratel-
li Caracci lafciata una gloriofa memoria di fe in Roma, s*
invogliò Giovanni paiTarc a quefta volta , parendogli danno
notaljìle il ritrovarfi lontano dalla buona educazione di co-
sì rari Maeftri; ed anco perla fperanza di portarii avanti
in una Città la quale è la fede delle beirartì. Quivi giun-
to fu ricevuto amorevolmente dalli Caracci , e con e-
gual corteiìa dal Cardinale, che aveva avuto cognizione del
fuo bel talento, e come a fuddito gli promife tutta la fua
aflìftenza, e protezzione. Avendo dato principio ad opera-
re coi pennello , e non fenza qualche gufto di maniera ben
fondata, col parere delli Caracci gli furono dati a fare al-
cuni quadri ad olio per certi foffitti di Hanzioni per il me-
defimo Palazzo de' Farnefi in quella parte del quarto ver-
fo ftrada Giulia dov' è queir arco che introduce dal Palaz-
zo al Giardino , che refta precifamente in faccia alla ri-
va del Tevere , dove è collocato quel picciolo Palazzo
famofo per la rairabil loggia dipinta da Raffaele d' Urbino
detto de Chigi. Dipinfe in quelli alcuni S. Eremiti abitan-
ti in luoghi folitarj , e felvaggi , e rapprefentò quei de-
ferti alpeftri , orridi , e difaftrofi , ma che contengono in.
quella orridezza tanto di amenità , che in vederli invita-
no li rifguardanti a portarli in quella balza per godere co-
sì foavi folitudini . Benché egli fia fempre comparfo con
pochifiìmo genio al far paeiì, dipinfe quelli con tanto gu-
ilo , e fapore , che fi rendevano degni di elTere imitati »
Allora Giovanni Lanfranco poteva eiTere in età d'anni ven-
tiquattro ο venticinque .
Nel Pontificato di Clemente Vili fi era ingrandita col
favor del Papa "la Cafa Sannefia , e aveva confeguito oltre
molte ricchezze titolo .di Marchefato, e Cappelli Cardina-
iizj , e continuava nel Pontificato di Paolo V in auge di
opulenta fortuna. Il Marchefe allora di quella famiglia trat-
tandofì con grandezza fi rendeva cofpicuo nelle fabbriche
di Palazzi, Ville, e Cafini , fpendendo fplendidamente ne-
gli ornamenti di quelle , ,ed in particolare in pittura . Aven-
do fabbricato il Palazzino di delizie fopra il monte di San-
to Spirito inSaffia, e volendolo ornare di pitture in alcu-
ni fitl nel mazo delle volte di quelle ilanze , gli venne
dai
ί 24
LANFRANCO, ϊζ^
dai Caracci propofto Gio\^anni Lanfranco , il quale come
di0i benché giovane appariva Pittore di molto gufto , valo-
re , ed abilità fufficiente, ed il Sannefi perche aveva bifogno di
uno per lungo tempo, lo prefe al fuo fervigio, dandogli
in cafa propria trattamento , flanze , e provifione . Parve a
Giovanni quefta occafione molto benefica per le fue comodità j
perche oltre che aiTicurava in quella il faftidio di prov-
vedere. al bifogno neceiTario ( noja la quale è d' impedi-
mento per attendere a portarfi avanti ) gli porgeva anche
occafione continua di operare , con qualche ftimolo di glo-
ria , e di emulazione . Si applicò Giovanni a quel lavoro con
tutta diligenza, e dipinfe ne' vani di mezzo di quelle ftan^
ze nel piano nobile , le quali erano a volta, e tutte quan-
te ornate di cornice di ftucco dorato con diverfi inta-
gli , ed ornamenti , fingendo quadri riportati per isfiiggire
quelle difficoltà nojofe di fcorci, e di vedute di fotto ; tan-
to più che vi rapprefentò alcune iftorie del vecchio Tefta-
mento obbligate ad apparire ne'piani per la neceilìtà degli
avvenimenti, ed accompagnate da fabbriche, e da apparta-
menti di iìanze, ed anche di aperture di campagne, ed al-
tre occorrenze,
Fece per quel Marchefe diverfi quadri ad olio di va-
rie iftorie , e differenti raifure , e tra gli altri in tela di
mifura intorno a fette, e cinque palmi. Dipinfe il gloriofo
Natale di Chriilo Signor Noftro nel Prefepe , e fingendo la
notte ) per foilenere la verità dell'avvenimento, rapprefen-
tò quando li paftori andarono ad adorarlo nella Capanna^
di Bettelemme . Fece che il lume maggiore veniiTe dalla
faccia luminofa del Santo Bambino, il quale percotendo nel
volto di quelli pailori , e pailorelle , che affiflevano per
adorarlo , rimanevano abbagliati da quel lucido fplendore,
ed efpreiTe queir avvenimento con tanta vivacità , grazia^
G leggiadria , che fuperando il Lanfranco fe fteiTo , itimo
diflicile che altri poiTa farvi il compagno , per cosi mn-a-
bilc
-ocr page 143-GIOVANNI
bile paragone . Quefta occafione gli fu di molto profitto „
e Γι fece maggiore perche veniva accompagnata dalle ac-
clamaEioni del Marchefe, e del Card. Sanneiìj che lo ave-
vano ricevuto fotto la loro protezzione ; facendofi così
Giovanni una favorevole apertura a quel grido , che è ne-
ceiTario a ciafcheduno per farfi conofcere. Per verità a fol-
levare il nome è neceiTario ad ogni buon princìpio la pro-
tezzione di perfonaggi, li quali con amorevolezza iì com-
piacciano di beneficare alcuno, quando venga fcoperto abi-
le a farfi onore , altrimenti fi fono veduti languire ingegni
molto elevati, e morire oppreiTi dalle miferie di una ma-
la ventura,
Il Marchefe Sannefio dunque introduiTe Giovanni nel-
la cognizione del Card. AleiTandro Peretti detto Montalto,
ed egli lo impiegò in due ovati di giufta proporzione, che
faceva fare per ornamento nella fua villa nella piazza di
Termini, già fabbricata dal Pontefice Siilo V fuo zio , mor-
to alcuni anni innanzi , Quefti ovati erano in tàvole, ed
avendone difpenfati molti a diverfi Pittori , ne diede due
al Lanfranco , li quali contenevano ^ come tutti gli altri ,
azzioni del grande AleiTandro Ke della Macedonia . Coa_,
quella occafione guadagnò Giovanni la grazia di quel gran
Cardinale > il quale rimpiegò anche in alcuni quadretti per
la medefima villa , e comprendevano tutte cofe fagre , cioè
in uno Santa Maria Maddalena portata dagh Angioli a go-
dere Γ eterna gloria de' Beati , in un altro Maria Vergine
Annunziata dall' Angiolo Gabriele ; un altro avea un iilo-
ria del vecchio Teftamento, ma in piccolo , ed era quan-
do Giacobbe incontrò per la via Tamar fconofciuta , alla
quale diede un anello per teftimonio dell'amor fuo , e que-
fto anello fu poi cagione , che da lui foiTe riconofciuta per
quella, che era.
Vedendo il Card. Montalto , il bel genio , ed il buon
guiìo del Lanfranco , gli venne gran defiderio, che que-
sti
125
L A Ν F R A
fti faceife il fuo ritratto , e fattolo chiamare a fe gli diiTe
quella fua volontà j foggiungendogli, che deiìderava\nche ,
che Io fodisfaceiTe in ciò con ogni compiacenza , ed egli
fi moftrò prontiifimo ad ubbidirlo. La fodisfazione del Car-
dinale fu 5 che flando egli in atto di farfi dipingere fi era
fatto porre avanti uno fpecchio aiTai grande, nel quale ve-
deva fe fteiTo , e il ritratto , che. andava facendo il Lan-
franco . Pretefe il Montalto , che Γ efattezza della fua fo-
miglianza aveiTe da dipendere totalmente dal fuo configlio j
il quale egli prendeva da quello fpecchio , ed avvifava Gio-
vanni a fcemare, e crefcere , ed alterare , e diminuire le
parti del vifo, conforme pareva a lui, regolandofi dal ve-
der fe iteiTo originale, e la copia di quefto nella pittura .
Quando gli parve di rimanere abbaftanza fodisfatto impofo
al Lanfranco , che non faceife altro ; perche Io aveva colto
di fua intiera fodisfazzione , ed il Lanfranco prontamente fi
fermò fenza replica alcuna » dando foltanto compimento al
rimanente quanto all'abito , ed a quello che reilava , e fo-
disfatto dal Cardinale fe ne andò . Dopo alcuni mefì il Car-
dinale incontratolo per Roma, fece dirgli dal fuo Decano ,
che defiderava parlargli , ed egli il giorno feguente andò
da lui prontamente. Quando il Cardinale Io vide gli fece
intendere , che il parere dell' univerfale correva in quefto
fentimento cioè , che quel ritratto , che fattto gli aveva >
non aveva di lui fomiglianza di alcuna forte , e Giovanni
gli rifpofe, che non aveva memoria di tale ritratto . Fatto-
fi il Cardinale condurre avanti il quadro, anche il Lanfran-
co fi unì col partito di quelli , che dicevano non fomigliarfi
a lui in cofa alcuna : del che fcandalizzato il Montalto ,
diilè, che egli non aveva operato da uomo valorofo com-
mettendo tale mancamento ; e Giovanni fi fcusò con rifpon-
dere di non avere fatto quel quadro , ma che quando fi foC-
fe compiaciuta fua Signoria llluilriirima, e Reverendiilìma
di fermarfi per qualche tempo , finche egli Γ aveiTe fervi-
ta.
Ν
GIOVANNI
ta, avrebbe operato da Tuo pari. Intefe il Cardinale quel-
lo , che Giovanni voleva inferire, e fenza rifpondergli al-
cuna cofa li contentò di tornare ad efporfi con pazienza ,
acciocché a beli' agio il ritraeiTe , ed egli in pochi colpi il
fece fomigliantiiTimo , e fu quel ritratto famofo del Cardi-
nal Montalto il vecchio, del quale andarono ra giro mol-
tifsime copie. EiTendone rimafto fodisfatto quel gran Porpo-
rato , oltre la ricognizione, fe gli offerfe pronufììmo ad ogni
occorrenza , quando fi fofTe prevalfo del fuo favore ; ed il
Lanfranco lo pregò a ricordarfi di lui quando era tempo
di far dipingere nella Chiefa di S. Andrea della Valle , che
in quel tempo il Cardinale medefimo faceva fabbricare j
di che gli diede promeiTa di parola infallibile .
Aveva di già dato Giovanni faggio di gran Pittore nel-
la fua prima Tavola, che efpofe al pubblico , e fu nella
Chiefa delle Monache di S. Giufeppe a capo le Cafe, nel-
la quale dipinfe una gloria veramente divina , quanto all'
idea dell' umano intelletto , in mezzo della quale ila Ma-,
ria Vergine afiìfa fopra un Trono in compagnia del fuo
fpofo Giufeppe , ed arricchifcono di candida veile , e di
gemmata collana S. Terefa dell' Ordine Carmelitano , con
accompagnamento di Angioli, e var; amorini celefti così ben
difpofti nel componimento, e con tanta armonia di colore,
che rende grandiilìmo - diletto . Quello itile di cosi forte
impailo, di un chiarofcuro di tanto rilievo, accompagnato
con tenerezza , grazia, e leggiadria , diede gufto a Profef-
fori, e lo aveva Giovanni iludiato fulle opere del Correg-
gio , così Γ eiTer nato in Parma gli fu di molto benefìzio .
Era già l'anno iói<$ , in cui regnava il Pontefìco
Paolo V , e il Lanfranco fi trovava in età d' anni 55 quan-
do per una certa congiuntura più tollo geniale , che con-
fiderata, fi invogliò dì una giovine chiamata CaiTandra Bar-
li Romana di aiTai grata fembianza, e di fpirito molto lì-
foluta. Seco fi congiunfe adunque inMatrimonio ì ed i prin-
cipe
128
LANFRANCO.
eìpj furono a lui di grandiflìma fodisfazzione, perche ne vi-
veva contentiiTimo.
Poco tempo vi corfe dopo quefto fuo accafamento ,
che gli nacque 1' occafione della Cappella nella Chiefa di
S. Agoftino , la quale è la feconda dalla parte dell'Evali-
gelo vicino là dov' è la Cappella di S. Tomafo di Villano-
va . ivi fece conofcere il valore del fuo pennello j ed ac-
crebbe grido più vantaggiofo al fuo nome . Dìpinfe nella
volta di quella^, la quale volta non è molio acuta , e fol-
levata , la Regina degli · Angioli aiTunta al Cielo portata^
come in ricco Trono fopra candida nuvola con leggiadro in-
treccio di Angioli, c di celeili amorini , e fervendo que-
fta Vergine Madre gloriofa come di centro alle lucide sfe-
re , che la circondano , vaifene cinta di fplendori avvi-
cinandoiì all'Eterno Padre, che con aperte braccia l'afpet-
ta. Incomincia queila celefte apparenza dal termine dì una
sfera che moflra una fìnta cornice di chiarofcuro come fe
foiTe di bianco llucco ma quanto alle tinte , ed alla for-
za dell' ombra inganna con quel finto la verità . Vi fono al
di fotto quattro angoli li quali per la proporzione del tut-
to non fono di molta grandezza, ed in quelli ha dipinto li
quattro Evangelifti j ma coloriti, e con ifcorci mirabilmen-
te intefi . Nella lunetta incontro alla fineftra che dà il lu-
me alla Cappella , ha rapprefentato gli Apoftoli , lì quali cer-
cando nel fepolcro il Corpo prezìofo di Maria Santifsima ίϊ
veggono miracolofamente rapirlo dagli Angioli in Cielo, iti
varie , e mirabili attitudini, che rapprefentano devozione ,
e ftupore , ma di itile così nobile, e d'un gufto così fa-
perito, che può^irfi francamente che il pennello del Lan^
franco , così ad olio , come a frefco, ila flato il più van-
taggiofo , e il più fpedito d' ogni altro . Le tefle di quelli
Apoftoli fono di una fquifìta maniera nel colorito , e nel
difegno , avvicinandofi con grandMmitazione al naturale ,
ina con modo pittorefco , ed artificiofo . Lo itile del fuo
R pan-
izg
paniieggiàre quanto al bel modo di veflire Γ Ignudo, e di
fcherzare le pieghe con facilità , e con verità non ha para^
gone, ed a .mio parere tengo che fia flato di un gran lu-»
liie alli iludiofi . Gli ha inoltre coloriti con arte affai inge-
gnofa effendofi iervito per lo più di tinte biffate, le quali,
partecipano d'un certo colore mirto, che in fe contiene for-
za , e tenerezza , ma in effetto non fono di neifun colore,
e fenza una certa ilomacofa sfacciatagine , ha faputo renderli
bellifsimi con v;ighezza ftraordinaria . Sotto quefta lunetta
in un quadro ad olio di grandezza a proporzione ha dipin-
to S. Agoftino quando fi trovava in Civita Vecchia vicino^
alla fpiaggia del mare , ove tra li fragmenti di alcune fab-
briche antiche fi trattenevano varj fanti uomini facendo ivi
vita eremitica, in compagnia de'quali v'era il Santo Dot-
tore della Chiefa . E perche in quel luogo ftava componen-
do i fuoi libri De Trìmtate, paifeggiando alla riva del ma^
re andava feco medeiimo efaminando, con quali fottigliez^
ze d* ingegno potrebbe individuando fpiegare queir ineffa-
bile millerio . Incontrò intanto Agoilino fopra la fpiaggia^
afsifo un fanciullino , il quale avendo fatto fopra Γ arena
lina pìccola foifa fi affaticava con una marina conchiglia di
trafmettervi tutta queir ampiezza di mare, e beffeggiando-
lo il Santo per quefta fua leggiera fanciullagine , perocché
affaticavafi in un impofsibile , gli fu da quello rifpoflo j che,
era più facile fenza paragone quefto impofsibile, di quello,
che foife air ingegnò di lui il ridurre al termine la grande
imprefa incominciata di fcrivere diftintamente della Trini-
tà . Air incontro di queilo, della medefima grandezza , vi
ha dipìnto il Santo Vefcavo Guglielmo il quale eifendo fta-
to percoifo dalli Demonj, viene miracolofamente guarito da
Maria Vergine con r olio d' una lampada accefa avanti la
fua Sacra Imagine con 1'afsiftenza di S. Caterina Vergine ,
e Martire . II quadro dell'Altare, non è molto grande y
ma egli vi ha iltuati in proporzione del naturale li due·
San-
ìjp·
L A Ν F Κ A Ν C ^O. 131
Sa^ti Agoftino , e Guglielmo Vefcovi in atto d' adorare il
gran mìftcro della Santifsima Trinità , la quale è neir alto
Γη un abiiTo luminofo di una gloria incomprefa . Neil' ar-
co , e ne'fianchi de'pilaftri di detta Cappella ha finti alcn.
ni fogliami di chiarofcuro bianchi come di ilucco con una
maniera aiTai pittorefca , e con forza , e dolcezza mirabile.
Queft' opera gli diede con ragione un grido univerfa-
le, e fu caufa, che facendo la famiglia Borghefe un ame-
nifsima villa vicino alla Porta Pinciana , che fi ilende qua-
fi fino a quella del Popolo operò in una loggia di quel ibii-
tuofo Palazzo . Dipinfe adunque in una di'quelle volte un
cielo delle Deità de' Gentili afsife fopra candide nuvole in
varie pofiture , ed attitudini con var; ripartimenti d'intor-
no interrotti da alcuni termini di chiarofcuro fingendoli di
fìucco ; ed in alcuni vani , che moftrano l'apertura d'aria
vi collocò figure colorite , che rapprefentano fiumi, e fo-
no di maniera affai grande , e da Maeftro di buon guilo in
modo che tutta Γ opera è portata a fegno, che riefce aifai
nobile, grandiofa, e molto vaga.
EiTendo il Lanfranco amico di Agoftìno TalÌi , come
fi è detto nella vita di lui, ed avendo per lui dipinto al-
cune picciole volte nel primo piano del Palazzo de'Signori
Lancellotti alli Coronari, continuando ramicizia , ed aven-
do avuto Agoftino r opera del fregio della fala grande del
Palazzo Pontificio a Monte Cavallo , che il Pontefice Pao-
lo V ingrandì, ed ornò , fi valfe del Lanfranco in molte
figure, ed in alcune iflorie, che vi andavano , e diilinta-
mente in una di eife, che viene ad eifere nel mezzo alli
due fianchi inferiori . Dipinfe in quella Giovanni quando
Moisè convertì la fua verga in un ferpente , ed all'incon-
tro quando Àbramo vuol facrificare il fuo figlio Ifac , aven-
do anche dipinto var; ornamenti, ed alcune virtù con put-
ti fcherzanti .
In quelli tempi medefimi la famiglia de'Signori Patri*
R ζ ' zj
-ocr page 149-zj di Siena trovandofi in auge di ricchezze , e di prbfpe-
rità , ed avendo in lei titoli di Marchefato , ed officio ca-
merale di Teforiero > iì andava mettendo all'órdine per po-
ilo di maggior grandezza . Comprò un Palazzo fituato nel·
la piazza detta de Mattei, dov' è quella belliilìma fonta-
na difegno di Giovanni da Bologna , il quale Palazzo è al
prefente de'Signori Coftaguti, e lo fece adornare di vaghe
jiitture per renderlo più grato , ed ameno . Impiegarono
quefti Signori anco il Lanfranco tra gli altri, e vi dipinfe
due vani in alcune volte di ilanze fingendo quadri riporta-
ti colla loro cornice di iìucco indorato . Dentro ad uno di
quelli dipinfe Galatea, che và fcherzando per mare fopra-s
una conca marina tirata da'Delfìni in compagnia di vezzo-
fe Nereidi, e Polifemo fulla fponda al fuono della fua roz-
za zampogna ila cantando li fuoi fpropofitati amori per una
Ninfa così gentile , e leggiadra. Nell'altro Ercole infuriato
per vederli delufo dall'ingannatore NeiTo Centauro , che feco
fi porta all'altra riva la fua amata Deianira , ed egli gli fcoc-
ca adirato uno ftrale pungente per ucciderlo, come gli forti.
Poco tempo vi corfe , che il Lanfranco fu impiegato
nel lavoro della Cappella del Sàntìffimo Sagramento nella
Chiefa di San Paolo fuor delle mura, nella quale fece fpic-
care il valore del fuo pennello^ e la facoltà del fup^buon
talento. Dipinfe in quella dieci iilorie ad olio, le quali han-
no allufione al gran miilero dell' Eucariftia. Neil' Altare
di detta Cappella dipinfe in un quadro pure ad olio di pic-
ciola grandezza, due putti in piedi, che moftrano d'apri-
re im panno a guifa di portiera fcoprendo con quella aper-
tura una gloria incomprefa di Cherubini , che fervono di
corona fplendidifllma alla cuiìodia di preziofe pietre , nel-
la quale fi conferva Γ Gftia fagrofanta del Santiffimo Sagra^
mento . In una lunetta all'incontro che è fopra la por-
ta dell' ingreiTo della Cappella , ha dipinto a frefco la Ca-
rità che ilà nutrendo iimoxeyolmentt due fanciulli. Nelle
due
-ocr page 150-LAN F R A Ν C O.
due lunette laterali all' Altare , che hanno corrifpondenzaj
con quelle della Carità, ma di maggior grandezza , dipin-
fe in quella dalla parte dell'Evangelio la caduta della man-
na nel deferto, ed in quella air incontro Γ adorazione che
•fecero gii Ebrei del ferpente porto fopra quel legno incro-
ciato a guifa del Tau Greco . Quefte due iftorìe fono^ in
tela ad olio ; ma-fenza telaro afsicurate con alcuni chiodi
nel muro , ed ivi flabilite con grandifsimo pregiudizio per
Γ umidità che^ le danneggia . Sotto quefte due iftorie cara-
mina Γ ordine dell' altre otto diilribuite con uguaglianza in
ambedue i lati. Per incominciare da quelle di mezzo al-
le pareti laterali in quella fotto alla manna che è di pro-
porzione più lunga che alta , vi dipinfe la Cena di Criilo
con li fuoi dodici Apoftoli , quando iilituì per cibo vitale
deir anime de' fedeli il fuo Corpo fantiisimo dentro l'Oftia
fagrofanta . Dall' incontro, compagno alla Cena, ha dipin-
to quel, che fece Cri ito nel deferto quando con cinque pa-
ni e due pefci faziò cinquemila perfone, che erano anda-
te per fentirlo predicare in quelle folitudini aggiungendo al
miracolo della fufficienza Γ avanzo di fette caneftre , che
ne ritraiTero gli Apoftoli . Dalli due lati d' ambedue que-
ite iftorie, in quella verfo Γ Altare dalla parte della Cena
dipinfe (■^)............. ,
Air incontfo rappteientò quando ίί profeta Elia perfeguita-
to dalla Regina Jezabel moglie d^Acab Re d'ifdrael, per-
che egli aveva comandato , che foiTero ucci fi li falfi Pro-
feti da lei iftituiti cóntro le leggi del vero Dio , per Ιίο
tema dell'irata Regina ii era fuggito in Berfabea ultima Cit-
tà della Regione di Giuda neli' Idumea , ed eiTendo folo ,
e inoltrato nel deferto pregando Dio dì morire fi addormen-
to ;
( * ) Qt*l mancano alcune righe nel pire per U dijpctlta di trevarm m"^
Manefcrttto f f//e non fi fono iotatt tiim· altro t,
i
tò ; ma deilato dall' Angiolo in sù 1' Aurora quefti Io coii^
fortò , e fece trovargli del pane, ed un vafo d' acqua ac-
ciocché fi riftoraiTe . Dall'altra parte pure a delira dell'Altare,
dipinfe quando il popolo Ebreo fuggitivo per Io deferto da_i
Faraone foiFrendo grandifsimi difagi venne foccorfo da Dio
con le Coturnici, ed airincontro di quefto quando , aven-
do mandato Moisè gli efploratori ad indagare la qualità del-
la Terra promeiTagli, ritornarono quelli con un grappolo
•di uva così grande, che appena due uomini vigorofi erano
baftanti a foftenerlo . Nella delira dell' ingreiTo della Cap-
pella rapprefentò pure il Profeta Elia quando ( come Iddio
10 aveva avvifato ) eiTendo alla Porta della Città di Saretta
vicino a Tiro gli h fè incontro una vedova infieme con un
fuo figliuolo che faceva legna , alla quale diiTe il Profeta,
che Io foccorreiTe di cibo , ma eifa icufoiTl con dire, che
era mal proveduta , avendo appena pochiilima farina , ed
olio ballante a nudrire fe medefima > e il fuo figliuolo ,
del che egli la confolò con buona fperanza , e Γ efortò a
fare , che prima di lei egli reilaiTe nudrito . Α1Γ incontro
11 Profeta medefimo avendo predetto al Re Acab , che non
farebbe venuto per alcun anno ne pioggia , ne rugiada in
quelle parti auitrali tra le folitudini, e bevendo l'acqua del
torrente era giornalmente pafciuto da' Corvi, che gli por^
tavano il pane. Perche quefti quadri incominciavano a pa-
tire per Γ umidirà 5'furono levati dalla Cappella foderati d'
un altra tela con fomma diligenza , e ornati di cornice,:
ora fi confervano nella fagreftia della medefima Chiefa . 11
gufto, e la maniera di quelli quadri è mirabile, e fariano
baftanti a dar grido a ciafcheduno. 11 rimanente della Cap-
pella è di altro Pittore , e fi conofce, alla diverfità della
maniera .
Già nel Pontificato di Paolo V , prima che Giovanni
prendefi^e moglie, aveva egli dipinto nella Chiefola dedica-
ta a S. Andrea Apoftolo , dove fecero Γ iilorie del mede-
554
LANFRA NCO.
fimo Santo Guido , e il Domenichino ; ed egli vi fece di
chiarofcuro bianco le due figure laterali alla porta deirin-
greiTo , che fingono eiTer fituate dentro una nicchia di gran-
dezza maggiore del naturale, ed un arme pure di chiato-
Ìcuro bianco del Card. Borghefe con due putti» che la reg-
gano , e fopra la porta, che và a SS. Giovanni j e Paolo
un Ecce Homo a frefco, che è quafi perduto. Nel picco-
lo cortile del Palazzo di Monte Cavallo fopra la porta nel-
la parte di dentro medefimaraente a buon frefco dipinfo
due mezze figure colorite dellì due Apoiloli Pietro, e Pao-
lo con due mezzi putti di maniera affai gagliarda , e bene
impailata , ma il tempo a poco a poco le difperde , e le
confuma. Dentro la Chiefa Nova nella picciola volta del-
la prima Cappella a mano deftra, nella quale è il Croci-
fiiTo di mano di Scipion Gaetano, in tre vani uguali dipin-
ie ad olio nel mezzo Noilro Signore Gesù Crifto ( per
corrifpondere al quadro dell' Altare ) quando fu flagellato
alla Colonna , da una parte la di lui Coronazione di fpinej
e dall' altra quando fece orazione nel!' orto di Getfemani
EiTendo morto il Pontefice Paolo , ed a luì eiTendo
creato fucceiTore Gregorio XV , che fu iiell'anno lóti ,
eiTendo compita la fabbrica dì S. Andrea della Valle , e ri-
dotta quella Chiefa a perfezzione , volendo il Card. Mon-
talto renderla del tutto adomata , come fi era già labili-
t,0 , con pitture, pensò di valerfi di uomini del grido mag-
giore . Gli fu dal Card. Ludovifi nipote di Gregorio propo-
fto , e raccomandato il Domenichino , che in quel tempo
fioriva con aura di valorofo ; e perche era nipote del Pa-
na , ed in quel tempo venuto di nuovo nella grandezza di
Card. Padrone, il Montalto non feppe negarli quella do-
manda , e diede al Zampieri tutto il lavoro . Non ricordan-
dofi il Cardinale in quel momento della promeiTa già fat^
ta al Lanfranco, e fopra cui Giovanni fi era confidato>
iftantemente lo pregò a contentarfi di noa incorrere in una
dìmen-
-ocr page 153-1^6
dimenticanza , così ingiuriofa verfo la di lui riputazione ,
Il Cardinale, che conobbe il fuo torto , fi dolfe, che gli
foiTe iifcita di mente la iua promelTa nel tempo della ri-
chieda del Ludovifi , e diftribuì Γ opera per metà , dando
la Tribuna, e i quattro angoli al Zampieri , e la cupola.»
al Lanfranco . Intefoii quefto dal Domenichino > e non ra-
pendo , ο non volendo fentir parlare della promeiTa ante-
cedente alla Ìua data dal Card. Montalto al Lanfranco, fi
alterò , e dolendofene col Card. Ludovifi fi cbìaraò ofFefo,
e tradito com' ei diceva , nella parola datagli , ma fu dal
medefimo Card· Ludovifi acchetato con renderlo capace
della neceffità del JVlontalto per Γ impegno della fua pro-
meiTa col Lanfranco , e Io perfuafe a contentarfi di eiTer
rimailo con la fua parte. Si diede pace il Zampieri , ma
però rimafe turbato col Lanfranco , e da quella cagione eb-
be origine rinimicizia , che durò per Tempre fra dì loro;
e per verità Γ uno , e Γ altro aveva ragione . Per cagione
di quefte difcordie fece il Lanfranco intagliare dal Barrier
air acqua forte il quadro di mano d' Agjaftino Caracci, eh*
è dentro il Clauftro delli Padri della Certofa in Bologna,
nel quale è dipinto Γ avvenimento del S. Dottore Girolamo
nell'eilremo della fua vita, e quefto fece per fare un pub-
blico rimprovero al Zampieri, quafi egli aveiTe da quel-
lo tolta la fantafia del fuo quadro in S. Girolamo della Ca-
rità , iìimandolo un furto del tutto chiaro , e patente . Di
quello lafcierò dar giudizio aiii TpaiTionati, ed alli più pe-
liti , li quali giudicheranno fenza livore, ο invidia , pur-
ché il loro giudizio non fia fondato full'ignoranza ; per al-
tro quel quadro del Domenichino è Angolare nell'effer fuo.
Attefe il Lanfranco ad operare con aiTiduità, e con le
punture dell' emulazione nel faticofo lavoro della cupola ,
e quafi v' impiegò il tempo di quattr' anni , ed egli mi
diiTe ? che in una opera , la quale richiede tante fatiche ,
e contiene in fé tante difficoltà ^ Rimava, d' eiTerfene sbri-
gato con follecitudine j ο foiTe che egli fu Π primo a di-
lucidare Γ apertura d' una gloria celefte con la viva efpref".
iione di un imnienfo luminoCo fplendore fenza eiTerfene ve-
duto per Γ innanzi Γ efempio d' altro Pittore, o^ che vera-
mente Umile operazione fia difficultofa, egli mi partecipò
una gran quantità di fatiche, che aveva durate in così la-
boriofo travaglio . Del refto il lavoro del fuo pennello non
lafciò fcoprire in lui ibiferenza di ftento, e di pena di al-
cuna forte . Il concetto di quella fua gloria , a mio giudi-
zio tengo, che voglia erprimerii in queila forma . La glo-
ria fudetta viene rapprefentata nell' apertura di un Cielo ;
ed eiTendo Maria Vergine Santiffima la Regina degl' Angio-
li , Γ ha fatta federe fopra un Trono di candidiifime nuvo-
le foftenuta , ed accompagnata da un coro di amorini ce-
kfti, da fpiriti alati , e da Cherubini vezzoii , ftando cot
volto ridente rivolta al centro del più Juminoib abiiTo , nel
quale Crifto fuo figliuolo diletto la ila amorofamente afpet-
tando, ed ella con le braccia aperte fi moftra defiderofa d*
incontrarlo , e d'accompagnarfi feco nella gloria beata. Que^
ilo ha rapprefentato nel campo tranquillifsimo dell'aria, do-
ve fono diftefi a fchiere i Santi Profeti, i noftri Padri, gli
Apoiloli, e uno ftuolà di Sante Martiri , e Verginelle per
incontrarla , e per unirfi feco nel godimento eterno del Pa-
radifo. Alla deilra di lei è il Santo, che dà il titolo alia
Chiefa, cioè S.Andrea , il quale avendo per la mano S.Gae-
tano Fondatore della Religione Teatina fa dimoftrazione d'in·
trodurlo, e di raccomandarlo alla Tua amorofa protezzione.
Più vicino a Maria Vergine a finiftra pofa fopra un gruppo
di nuvole il Santo Principe degli Apoiloli Pietro, e dalla
parte fteiTa il B. Andrea Avellino della Religione Teatina >
ed air incontro li noftri primi parenti Adamo , ed Eva' ,
ed il rimanente è occupato da'Patriarchi, da'Profeti, e da-
gli antichi Santi Padri, e dagli Apoftolì pofti in varie at-
titudini fopra chiariifime nuvole con efpreilìone di godimen-
S toj,
-ocr page 155-OG I Ό V ANNI
to , e di ambre. Nel termine dell'aria ha rapprefentato
il feggio della gloria beata χ e fìnge aver principio da una
sfera compofta di celeftì vapori , che partecipa il colore ,
come di lumiRofo, e d'aereo fopra cui pofano affifi quan-
tità di mufìci alati formando un armoniofo teatro, e trat-
tando diverfì foavi , e mufici ìilromenti , per indicare Γ
applaufo feilivO i che fanno in ricevere la loro eletta , e^
gloriofa,Regina rf Nel più alto della cupola , e nel più acu-
to di lei , dove nafce il Janternnio , che ne è il compia
mento a proporzione di tutto il fefto principale, ha moilra-
to Γ abiiTo della fua gran gloria , nella quale fi vanno di-
minuendo , ε fperdendo tra Γ acutezza degli fplendori più
luniinoii a fchiera a fchiera gli. AngioH , e li Clierubini,
e per dare qualche cagione, che non fia a cafo il giro che
è il fondamento del lanternino , ha giudizioilimente finto
un vago feilone di varj fiori portato quait per corona da
fette amorini celeili, e nella volta eftrema del lanternino
ha come diffi rapprefentato il noftro Salvatore in tutto d*'
un ingegnofo fcorcio che fi parie dal fuo. Trono per incon»
trare la fua Santiilìma Madre . JL^ idea di quella gloria, la
vaghezza, e Tartificio del colore neU'cfprefsione dello fplen-
dorè , e Γ armonia foave del tutto è al parere di ciafche-
duno fingolare , e mirabile, ed ha dato gran lume nelle
particolarità dì queila efprefsione a tutti gPingegni purga-
ri, e iè per irafcuraggine e per difavventura può oiTervar-
lì nel tutto di quella grand'qoera qualche picciola partcj
jnancante ο difettofa > non v'è prudente Pittore , che non
iappia compatirla , avendo in lei tante gran qualità fupe-
jiofi di bellezze, e di perfezzione «
II lavoro di S.Andrea fu incominciato nel fine delfant
|]Q 1(52.1 regnante in Roma Gregorio XV , e fu fcoperto
terminato nei Γ Anno Santo del Giubbileo d'Urba-
no Vili efi^endo nei princip; del fuo^ Pontificato. Scoper-
ta pubblico quell'opera vi concorfero tutti li Pjcofeitor
. ; ^ ris
138
ri , li quali'diilribuendoii in fazzioni facevano fentire tra
di loro il difuguale parere, preadendo ciafcheduno la par^
te più geniale , ο più intereiTata per paffione . Veramente
è ridicola la protezzione , che vogliono moilrare certi ilrac-
ehi partigiani, li quali a difpetto della verità, che non co-
nofcono, e della ragione, che non intendono , chiamano il
loro favorito un Dio , ed eiTere un vero impofsibile Γ ope-
rare meglio di lui ; e chiamano Γ avverfario una beftia, e
dicono renderli ^difficile TeiTer peggiore di quello: e pure
nella loro cofcienza non fanno quello , che fi dicano , ne
conofcono ο il buono , ο il cattivo dell' uno , e delFaltro,
fe non per una certa infarinatura di averlo fentito dire da-
gli altri, La verità fi è, che coftoro fanno, qualche volta
giovamento ad un profeiTore, perche lo promovono a qual-
che opera la quale è Torigine del grido del fuo nome j ma
il danno che poi cagionano per lo contrario per le tanto
ilomacofe iperboli, che vanno fpacciando, fono od} ed ini-
micizie a fvantaggio di taluno , il quale non fa ^Itra dimo-
ilrazione , che d' una efemplare modeftia verfo la propria
acclamazione, e di una ftima Angolare degli altri . Mi dif-
fe il Lanfranco di avere avuto un fuo paefano chiamato Fer-
rante de Caoli , per altro uomo di ftima nella- letteratura,
che per moftrarfi fuo parziale diceva del Domenichino co-
fe nefande, improprie, ed ingiuriofe ; a fegno , che il me-
defimo Lanfranco ne concepiva fdegno verfo di lui 5 benché
conofceiTe , che egli lo faceva per portare avanti lui , oj
per fargli avere il primo luogo nella fama ; perche in fat-
ti con quello parlare alterato offendeva la verità , e non
parlava con ragione . Col tempo ceiTarono tutte le oftilità ,
e le perfidie , e reflarono ambedue quelle opere fingolari,
e di ftima , e la cupola del" Lanfranco è rimafta Γ unica
efemplare in genere di gloria j poiché quanto alFidea cele-
re , al giudizio de'più favj fpafsionati , ha egli tocco il
maggior fegno così neir armonia del tutto, che è il prin-
S 2 cipa-
-ocr page 157-chpale come nella diftribuzìone de'colori, nelle parti, nella dol-
cezza delle tinte , e nella forza del chiarofcuro a propor-
zione , iìcchè quegli, che gli fi avvicinerà nel guito , ovvero
nell'intendimento, avrà guadagnato gran pofto nel buon cre-
dito . Stimo che egli abbia toccato in queila fua pitturaj
la meta dell' umana mente , e che non poifa imaginarfi Γ
incomprefo del Paradifo in altra forma migliore , ed ha ri-
dotto ciafcheduno ingegno per necefsità a feguirlo, nell'imi-
tazione, come fi è veduto accadere nelle operazioni di al-
tri Maeftri dopo di lui.
Nello Γραζίο dell'anno lóió , che fu quello nel qua-
le prefe moglie fin all' anno ló^i fece diverfe opere oltre
h cupola di S. Andrea della Valle , eifendofi avanzato in
un aura di molta riputazione ; ma però non con molto ac-
quifto di facoltà , elÌendq aftretto per lo foverchio luiTo del-
la fua famiglia a fpefe aflFai cforbitanti . Fece in Roma la
Cappella de'Signori Sacchetti in S. Gio. de Fiorentini, che
è laterale aiÌ^AItar maggiore dalla parte dell' Evangelo ,
dov' è il CrocefiiTo di metallo , opera di Profpero Brefcia-
ni . Nel mezzo della volta di quella dipinfe a frefco Gesù
Crifto rifufcitato in uno fcorcio veramente ilrano, e di non
molto decoro 5 ma fecondo Γ arte è mirabile , circondato
da alcuni Angioli , e amorini, che portano gì' iftrumenti
della fua pafsione ; ma in un campo di gloria luminofa , e
xifplendente ciafcheduno in attitudine diverfa veduta al di
fotto con ingegnofi partiti . Nelli quattro angoli della vol-
ta , che non fono di molta grandezza , dipinfe gli Evange-
lifti ; e benché in luogo anguilo ha dato loro coir arte una
l)uona proporzione. Nelle due lunette laterali dipinfe me-
defimamente a frefco > nell' una la coronazione di fpine del
uofìro Redentore , e nell'altra quando tradito da Giuda fu
prefo nell'orto . Dipinfe anche nel inedefimo luogo duo
quadri ad olio nelli due fianchi di detta Cappella ; in quel-
,lo alla pgru deir Evangelo vi è Crifto Signor noftro, che
140
porta la Croce verfo il Calvario incontrato da Maria fiia
cara Madre , la quale fveniita per la vifta di fpettacoio co-
sì dolorofo viene confolata da Giovanni , e dalle Marie j
ed air incontro, quando il medefimo Gesù ila orando doio-
rofamente nell'orto , ed ha finto , per non partirfi dall'ifto-
ria , il cafo di notte , ambedue del l^uo buon gufto , e della
fua forte ed impattata maniera. Nella Chiefa di S. Marta.»
nel Vaticano vi fono due piccole tavole d/Altare : a mano
iiniilra dell'ingre/To della porta nel primo vi è S, Orfola
accompagnata dalla fchiera delle fue Vergini, ed in queir
ultimo S^ Antonio Abate, e s.Giacomo A portolo , e nell'
altro Maria Vergine Santifsima col fuo figliuolo in braccio.
Ια S. Lucia in Selci nella mano deftra per entrare nella
porta della Chiefa vi è del fuo una tavola d'Altare centi-
nata , nella quale è dipinto il Martirio della Santa ucciia
dal manigoldo , ed un Angiolo in aria , che le prepara la
corona deh martirio con accompagnamento d'altre figure j
ma non è delle fue cofe migliori .
Nel gran Tempio del Principe degli Apoftolì nel Va-
ticano dipinfe prima una di quelle tavole d' Altare già di-
pinte da Bernardo Caftello , e guafte dairumidità , che fem-
pre farà d'offe fa a qualunque opera di pittura che vi fi fa-
rà per la fua imperfezzione deiraria j e vi è in queilo qua-
dro quando gli Apoftoli ftando nella barca alla pefcaggione ,
ed eiTendo ài notte , Cri ilo caminando per l'acque del ma-
re di Galilea avvicinandofi a loro chiamò S. Pietro, il qua-
le moiTo dalla fua voce fi gettò nell· acqua per incontrarlo j
ma temendo di afFondarfi , Crifìo lo rimprove-rò della fua
poca fede, e Io foilenne con la mano. Nell'aria vi dipin-
fe alcuni putti, ed Angioli di un gufto raro, e maraviglìo-
fo , e tutto il quadro è degno di lode, e di ftiraa . Per ca-
gione di quell'opera il Pontefice Urbano Vili allora regnan-
te , ^ che ne fu contentifsimo , lo onorò deirabito di Crifto, e
lo dichiarq Cavaliere ; col qual nome fu Tempre dipoi chiama-
to con fomma onorevolezza, e riputazione, Do-
141
Dopo colorì a frefco nel medefimo Tempio la pTÌma
Cappella a mano dritta del CrocifìiTo , e nel cupolino di
quella vi dipinfe la Croce trionfante in queila forma . Rap-
prefentò nel mezzo quel legno facrofanto portato da alcu-
ni celeili fpiriti volanti, e da amorini delParadifo? li qua^
li come trofeo di una fpoglia vittoriofa il vanno follevando
neir immenfità di una gloria rifplendentìilìma , e con uno
fcorcio ingegnofo apparifce, che fi vada inoltrando all'insù
con una proporzionata grandezza. D'intorno al giro di quel-
la volta ha rapprefentato fopra candide nuvole una fchiera
angelica , che in varj gefti affiftono adoratori di quel San^
to Legno, e negli angoli di quello con uno fcherzo fpirito-
fo ha finti alcuni putti frappoili ira le nuvole , che agli
angoli fteiTi lì attengono. il colore di quella gloria celefte
per la fua dolcezza, e chiarezza apparisce a gran fegno mi-
rabile y perche efprime un fulgore di luce così inacceflì-
bile , che rende abbaglio ( per cosi dire) alla vifta de'ri-
guardanti . Dalli due lati di quella piccola Cappella vi fo^
no alcune lunette y ed altri vani , nelli quali rapprefentò
varj avvenimenti della Paffione del noiìro Signor Gesù
Criflo -
Avendo il Pontefice Urbano per la comodità del Qui'
rinal Palazzo , e per maggior delizia porrata la Chiefa , e
la Cafa de'PP. Cappuccini nella Piazza già Grlmana , ora
Barberina a Capo alle Cafe , ed avendo Γ ifieflb Pontefice
eretto, ed ornato il maggior Altare di quella Chiefa , ben-»
chè contro le regole dell' ìftituto loro , confegnò al Lan-
franco il quadro di quello nel quale dipinfe l'idea della Con·
cezzione di Maria fempre Vergine, rapprefentando la figu-
ra di lei, che calca con i Santiffimi piedi la Luna , com'
è il coftume, e moftrandofi dimeiTa , ed umile per Io ri·^
cevimento di grazia foprannaturale , e tanto fpeciofa . Tien
le mani congiunte per fegno dell' umiltà fua . A lei d' hv*
torno aiTifte un coro gloriofo di Angioli., li quali fopra va-
ή
142
L Α Ν F R ANCO. 141
rf mufii^aH iilriimenli cantano le glorie di lei, e nell'alto
fopra iLicidlirime nuvole la Santifsima Triade , che la com-
prende . Il gufto , e Γ armonia di quel quadro al giudizio
de'più ienfati, è fenza paragone ^ e fi rendè degno di effe-
re imitato da ciafeheduno , che ha occafione di praticarej
fimil genere di pittura, perche fi rende Angolare del tutto.
Aveva in queilo tempo operato aiTaì per diverfe parti
d' Italia, le quali opere per eiTere lontane da Roma a mio
giudizio non ii^ rendono neceiTarie d' eiTere narrate in fpe-^
eie . Ma chi girerà varj paefi , ed avrà cognizione della
pittura , nella maniera fatta nota in tante occafioni cono-
fcerà quelle del Lanfranco. Baita dire, che operò per Par-
ma fua patria , mandò dell' opere a Gaeta , ed Orvieto j e
neir Aitar maggiore della^ Chiefa fuori di Vallerano vi è
un quadro di fua mano , come in Caprarola nella Chiefa
nuova, la quale è a mano deftra del Palazzo architettato
dal Vignola , e fituata in un campo, ed. è architettura di
Girolamo Rainaldi . A mano finiftra dell'ingreilò di quel-
la il quadro dell' Altare , nel quale è il Santo Pontefice Sii-'
veftro , che imprigiona quel Dragone micidiale, che appar-
ve a fuoi tempi, è di mano di Giovanni, ed è per il dife-
gno , per Γ invenzione , e per il colorito un opera mi-
rabile .
Avvicinandofi Fanno κ^^ι fu dato a lui il lavoro del-
la Chiefa de'PP» Gefuiti in Napoli detta il Gesù , la quale
Chiefa è all'incontro di S, Chiara, ove ibno nobilifiìme Mo-
nache Francef^ane col titolo di quella Santa , ed aggiuftate
le condizioni della fua fatica, con tutta la famiglia rima-
ftagli fi partì da Roma per quella Città, e fu appunto nel
nel qual tempo era Vice-Re di Napoli il Conte di-
Monterei, Benché il Lanfranco aveiTe avuto tante occafioni
di opere, e guadagnata gran quantità di monete, come fi
può comprendere dai lavori da lui fatti , con tuttociò fi ·
ritrovava fcarfo a fegno di eiTere piuttoiio necefsitoro .^Bea
- ^ è ve-
GIOVANNI
è vero, che la fpefa della fua famiglia era fiata confiderà-
bile , il luiTo delia moglie da non poterfi fofFrire, e di pììi
gli fi era aggiunto il difpendio continuo d'una fua vignai
comprata ne' Monti di Bravetta fuori della Porta S, Pancra-
zio,, la quale era, come fuol dirfi a Roma una tigna , che
gli aveva fatto grattare il capo di continuo con fuo gran
rammarico ; dolorofo contrappofto alla delizia, che ne pren"
deva. Aveva fabbricato in quella un aiTai comodo Cafino >
ed oltre Ìa fpefa dì quattromila feudi che vi fece per farlo
mettere in ordine, lo adornò da per tutto di pitture. Senza
parlare di quelle, che vi fece di fua mano, chiamò ad ope-
rarvi altri Pittori , e li trattava prodigamente nella rico-
gnizione * In quella vigna Giovanni fi era confumato affat-
to , perche oltre le fpefe continue, che richiedono occafio-
ni di lavori , di opere , e di canoni diforbitanti , vi face-
va fpefsifsime ricreazioni di amici , e d' intiere famiglie ,
che talvolta vi concorrevano con una fpefa indicibile , la
quale faceva volontieri per Io diletto , che aveva della gio-
ventù geniale di donne , che vi η trovavano ; ficchè
egli era fempre in anguftia di monete. Abbracciò dunque
volontieri Γ occafione di Napoli , e colà fi portò in tutta
diligenza per follevare la fua condizione , e s'impiegò neir
opera come difsi della Chiefa del Gesù ove dipinfe la cu-
pola ; ma perche reftava quella impedita dall' ordine delle
coilole, che interompono quel bello fpazio eh' è neceifario per
Γ efprefsione d* un ampiezza di gloria , che fi richiede ad
una vifionc beatifica di Paradifo, Γ opera non riufcl di tan-
ta fodisfazzione , come quella di S. Andrea , Non fu mai
pofsibile alla fua eloquenza di perfuadere quei buoni Padri
a levare gl' impedimenti , che guaftavano in qualche modo
la fua pittura, perche loro rincrebbe mandare a male tan-
te fpefe , che vi avevano fatte intorno con ornarla di Cuc-
chi, ed arricchirla d'oro, e fi contentarono piuttofto di pri"
vare dei fuo cfifere naturale } e ragionevole un' opera così
ina-'
144
LANFRANCO, 145
magnifica, che di perdere qualche denaro già impiegato ία
limili adornamenti. Ebbe almeno occafione di fodisfariì ne-
gli angoli , ne' quali dipinfe li quattro Evangelifti di manie^
ra grande affai , e di buono ftiìe 3 e tutti gli riufdrono
del fuo bel genio ; ma nella figura di S. Luca fuperò fe me-
deiìmo, e la riduffe ad una miglior perfezzione > così nel
difegno , come nel colorito .
SucceiTe in quella Chiefa nel 10^4., 0 5^ falcando it
vero una affai ^coniiderabile difgrazia , e fu che efponendoii
il Santiilimo Sagramento per l'orazione delle quarant'ore,
come è folito anche in Roma nella Chiefa del Gesù per
Carnevale, ed effendo efpofto un apparato di machine , e
di belle invenzioni per una trafcnraggine inefcufabile s' at-
taccò fuoco alla machina , e s' incendiò tutto Γ apparato ,
ed appena riufci con pericolo di falvare da quelle fiam-
me voraci Γ Oftia facrofanta . 11 fumo di quel fuoco anne-
gri quegli angoli già dipinti dal Lanfranco , che fu di necef-
iità rifarli, e non faprei dire fe con meno , ο più vantag-
gio , in riguardo della pittura ; sò bene, che la detta-di^
fgrazia fu a lui di profitto per Γ utile del fuo intereffe.
Terminata l'opera del Gesù s'impiegò di iubito nel la-
voro di S. Martino , ove dipinfe la volta di quella Chiefa
la quale è iituata nel più eminente luogo di Napoli , ed è
governata dalli PP. della Certofa . Scompartì quella voltai
con iilorie divefre , feparata da alcuni chiarolcuri tìnti di
ftucco bianco di figure che rapprefentano termini in varie
attitudini , di maniera affai gagliarda , e di tinte foavi, che
ingannano , e le iftorie contengono alcuni avvenimenti della
PaiTione di Criilo Noiìro Signore , Nella facciata fuperiore
dipinfe li dodici Apoftoli , ed in breve tempo fi sbrigò d'
un opera così magnifica , e laboriofa ; perche veniva folle-
citato dalli PP., Teatini , che penfavano d'impiegarlo nella
loro Chiefa che ha il titolo de'Santi Apoftoli . E' quellaj
Chiefa di una buona proporzione , ed ha gran limilitudine
GIOVANNI
con la Chiefa di S. Andrea della Valle di Roma, e fe non
è di tanta grandezza, di poco è a quella inferiore. Dipin-
fe tutta la volta compartita in quattro vanì grandi continen-
ti iilorie degli Atti de'SS.Apoftoli, che fìngono quadri ripor-
tati per isfuggire la neceflità degli fcorci, che fecondo il folito
averebbero refo l'avvenimento improprio, e difficoltofo. Que-
lli quadri , che hanno la loro cornice fìnta di ilucco dora-
to vengono collegati con li fordini delle fìneflre, nelle lu-
nette delle quali fon finte alcune figure colorite, che rap-
prefentano varie virtù . Nelle due braccia della Croce della
Chiefa , nelle quali è una fineilra per ciafcheduna parte ,
dai cui lati reilano due vani ma centinati per Γ obbe-
dienza della volta, e dentro a quella come foiTero le due
parti un vano folo , vi dipinfe da una parte la Crocififììone
di S. Pietro , e dair altra la decollazione di S. Paolo . Di-
pinfe anche tutta la Tribuna dell' Aitar maggiore , ed in^
ogni iftoria vi fi vede il martirio di alcuno de' SS, dodici
Apoftoli, Nelli quattro peducci della cupola, la quale non
è molto acuta , anzi piuttoilo fatta a catino , fece li quat-
tro Evangelifti , e in tutta la facciata dov' è la porta dell*
ingreiTo della Chiefa vi dipinfe una grande iftoria della pro-
batica Pifcina fingendo un portico di colonne , che vanno
degradando con a-rtificio mirabile di profpettiva, con un par-
tito ingegnofo accompagnandoiì alla neceiTità delle porte lo
che rende maeilà, e maggiore sfuggita a tutta la Chiefa ,
eiTendoiì aiTai bene accomodato all' ordine di quella , Ufci
fuori con quefto lavoro di profpettiva , .perche fentiva , che
molti lo motteggiavano , che egli non ne ave/Te intelligen-
za alcuna , e foiTe aiTai mancante in quella parte , Per far
rimanere li fuoi avverfarj maligni, e bugiardi , volle farfi
conofcere valido in tutto quello, che è di neceiTità ad ec-
cellente Pittore,
Fece anche a frefco la Tribuna della Cappella del Vi-
ce-Re in Palazzo 3 opera della quale fe ne avanza tuttavia la
ricognizione , e dipinfe anche la Sagreftia di S. Anna de
Lombardi } come pure nella Chi,efa dell' Annunziata diie^
quadri uno per parte dell'Aitar maggiore ad olio , cioè in
uno 1' Angelo Gabriele , che avvifa Maria Vergine , averla
Iddio eletta Madre del fuo Verbo umanato ; e nell' altro
Maria Vergine annunziata da quello » Fece ancora per lo
Vice-Re il Conte di Monterei alcuni quadri di mìfura lun-
ga quafi un terzo dell' altezza , che andavano donati al Re
di Spagna, facendone anche altri Pittori, nelli quaii_iì di-
moftrano le azzioni de' trionfi , e delle vittorie de' Ro-
mani .
EiTendo fucceduta Ìa morte del Domenichino , che fu:
nel 1Ó41 , ed avendo lafciata la cupola del Teforo imper-
fetta , chiamato da^Deputati il Lanfranco acciocché la termi-
oaiTe, egli fi dichiarò di non voler por le mani nel!' ope-
re degli altri , per una quafi neceiTaria impoiTlbilità di ac-
cordarfi infieme , ed aggiunfe , che fe defideravano , che
egli dipingeiTe in quel Cito , gli confegnaiTero il muro li-
bero fenza alcun impedimento , e li lafciò con quella condi-
zione . Confultando fra di loro quelli Cavalieri fopraintenden-
ti, e non parendo ad efll bene ìafciare un opera di quella
qualità imperfetta iìabilirono gittare a terra V incominciato
dal Domenichino , e darne del tutto la libertà al Lanfranco,
e così fu conclufo . Avutafi da lui queft' opera , la quale
defiderava fommamente per la vecchia emulazione . tra lui,
ed il Zampieri, pensò di farlo rimanere ofcurato al fuo pa-
ragone ; e perche gli angoli della cupola , li quali erano
più vicini a lui, erano di maniera non molto grande, per
cagione di quello, che rapprefentavano in quel fito , e di
non molta forza di chiarofcuro , perche non la richiede-
vano , fi ilabilì di farli reftare avviliti del tutto, Quella cu-
pola non ha lanternino , ma è tutta una volta chiufa , ed
acuta , ed egli per principiare nel tamburo di quella rap-
prefentò uii giro di virtù, dipingendovi uno icherzo di put-
147
GIOVANNI
ti, di Angioli , di nuvole , e di lumìnofi fplendori aflai va-
gamente coloriti giufta il fiio coftume . Le figure di quelle
virtù, le quali rapprefentò con la veduta di fotto col fuo
debito fcorcio , ad imitazione degli Apoiloii del Correggio in
Parma , le volle fare apparire di proporzione grande , ed
affai gagliarde nel colorito , e con gran forza nelF ombre ,
c quefto fece perche reilaiÌero deboli gli angoli del Dome-
nichino , e perdeiTero la loro fìima . Confeguì egli il fuo
intento, ma per offendere gli altri giovò poco a fe fteffo ;
perche apparendo prima gli angoli co me li più vicini alla
villa dì proporzione piccola , ed alzando gli occhi al ca-
tino , ch'è più lontano , e maggiore nella grandezza, e nel-
la forza, non fi allontana a proporzione, come richiede il
dovere , ed in vece di falire difcende con precipizio , e
non riefce come in S. Andrea della Valle , che gli angoli
del Domenichino con le fue figure grandi, e con la forza
del chiarofcuro di quelle , fanno andare in sù la fua cupo-
la , e vederla nel luogo debito, ed a propofito . La miao
penna fi è dichiarata nel bel principio di dire la verità , e
così voglio, che ilia nella fua promeffa , e non penfi mai
di offendere, ne difendere alcuno in qualunque occafione3
2iia β contenga Tempre nello feri vere il giuflo.
Fece anche a Pozzuoli una Cappella , il quadro della
quale è ad olio, e le parti laterali fono a frefco ; ma per
■ la qualità di queir aria fulfurea , e contaminata fi è di-
Urutta affatto, ed appena vi fi conferva alcuna piccola me-
moria , che ivi iìa flato dipinto .
Era già paffato l'anno 1^45 , ed avendo in Napoli
terminate le opere già dette , effendo rimafto privo d'
impiego , e con avanzo di quei cinquantamila feudi roma-
ni , e forfè più da lui guadagnati nel lavoro della Cappel-
la del Palazzo, ftimolato dalla moglie fece ritorno in Ro-
ma , e fu nel 164Ó. Recarono in Napoli due delle fue fi-
gliuole maritate Γ «iia con un ricco Mercante di fpeziarie
chia"
J4S
chiamato Giufeppe Ponzi , e 1' altra con Giuliano FinelH
valorofo Scultore , come diraflì nella fua vita, [avendo pri-
ma già mandata la terza , la quale era la minore a ferii
Monaca in Roma nel Monaftero di S. Caterina a Montema-
gnanapoli, che Tuonava aiTai bene Γ arpa doppia ^ e canta-
va comodamente bene , ma morì prima del ritorno in Ro-
ma de'fuoi parenti. NeKfuo arrivo andò per queir iftante
ad alloggiare nella Cafa , che già teneva Egidio fuo fratel-
lo in Traiìevere al vicolo del Cinque , non molto comoda
per lui, ma gli fervi per queir iftante ; cercandone in tan-
to un altra di maggior fodisfazzione j che non gli riufcì di
trovare . Appena giunto li Padri di S. Andrea della Valle
bene aiFetti alla fua fama , fi per la loro cupola da lui
dipinta, e per il quadro del Beato Andrea d'Avellino, che
per neceffità della fua fefta era iìato da lui fatto in ot-
to gion?ì, lo tenevano in fomma venerazione, e lo prega-
rono che doveiTe adornargli col fuo indirizzb un imagine di
Maria Vergine fantiilìma , che avevano in un tondino col-
locata in uno degli Altari delle Cappelle laterali all' Aitar
maggiore , ed è quella dalla parte dell'Evangelo compagna
di quella del CrocifiiTo . Egli ii trovava iiracco , ed anno-
jato , onde ne diede Γ incombenza ad un fuo giovane, che
fi aveva da Roma condotto a Napoli, e da Napoli a Ro^
ma chiamato Antonio Richieri Ferrarefe , e quefto con li
difegni del Lanfranco ferviti in altre occafioni , e con qual-
che cofa di proprio coli' affiiìenza qualche,,gioita del Mae-
ftro, la terminò. Scoperta che fu quella pìccola bagatella
corfero li Pittori avverfarj a fchiere , e cominciorono a ful-
minare maledizzioni contro il Lanfranco , come caduto in
una infelice povertà , dalla ricchezza del fuo abbondanto
pennello, che in foftanza aveva del tutto perduto fe fteifo,
e che non valeva più niente non volendo intendere in mo-
do alcuno che egli non ci avelie pofto mano . Si rife il Lan-
franco di queile grida fenza ragione, e fe ne diede pace,
e fi
H9
e fi applicò ai lavoro della Tribuna di S.Carlo ai Catena-
ri ) dove gli fucceiTe un cafo , che Io turbò gravemente .
Nel tempo , che fi tratteneva in Napoli fi trattava di
queft* opera dai Padri Barnabiti , ed in particolare dal Pa-
dre Criitofaro Cardi fuo paefano, e amico f che fu poi elet-
to come Parmigiano Vefcovo di Caftro, e fu quello chej
fu ammazzato dai due facrileghi Sicarj , poco dittante da
Monte Roii , mentre andava con ordine del Pontefice Inno-
cenzo X alia Tua refidenza . Quel che fegùì per queft' enor-
me delitto il Mondo lo sà , perche per lo fdegno che con
ragione ne prefe il Pontefice fu demolito Caftro , e ridot-
to in una deferta, e difabitata pianura con tanto danno, e
pregiudizio delli Cittadini che l'abitavano , e con tanto orro-
re della Criftianità . Per tornare al Lanfranco egli ne fece
li difegni in Napoli , e feco li conduiTe in Roma, ed aven-
dogli i PP. Barnabiti confegnata una ftanza per fuo commo-
do nel Convento di S.Carlo ivi conduiie tutto quello llu-
dio fatto , e Io teneva rinchiufo dentro una caiTa . Avea
dato princìpio all'opera una mattina come era folito , e an-
dando per lavorare , trovò la porta delia Camera aperta ,
e sfafciata la caiTa , dalla quale fu portato via tutto il fuo
lludio intiero, fenza lafciargliene ne meno una piccola car-
ta . Con quanta aftiizzione ne rimaneiTe può confiderarii da
chi mettendofi nelli Tuoi piedi sà valutare un danno co-
sì notabile in fìmile occafione ; e benché ne veniiTe confo-
lato da quei >Fadri, li quali ne fentirouo travaglio al pari
di lui , tuttavia ne reftò addolorato per qualche tempo , e
per non fi perdere in tutto, e profeguire l'opera, gli con-
venne rintracciare con la memoria gli ftudj già fatti, e ri-
metterli al miglior modo poffibile . Qlicììo danno ricevu-
to non gli fece riufcire quel!' opera come fi aveva egli nel-
la fua idea ftabilito ; nientedimeno non gli riufcì difpiace-
vole , particolarmente nell'ordine di mezzo , quanto allaj
dolcezza delia tinta , delia gloria , ed in altre circoftanze
Ν Ν I
150
G I Ο V
LANFRANCO.
praticate col fuo folito buon gnflo, e valore . Ha finto ia
quella il Trono gloriofo della SS. Trinità fopra un globo di
chiare nubi , nel mez?o , quafi centro delle sfere celefti ,
ed a deftra Maria Vergine inginocchiata fopra nuvole por-
tate da Angioli, ed amorini del Cielo , che introduce avan-
ti Γ Eterno. Padre, ed al fuo diletto figliuolo Gesù, il San-
to Card. Carlo Borromeo , e d'intOrno quafi in celefte tea-
tro , affìftono fpettatori li Santi Pietro , e Paolo Principi
degli Apoiloli r e S. Gio. Battifta, ed altri Vefcovi, e Fon-
datori di Religioni ; nella feconda sfera v'è uno iluolo delle
Sante Martiri , e Verginelle , e neireftremo l'abiiTo lumi-
nofo della gloria beata fìnta con eftrema dolcezza. Nel va-
no di mezzo , ed arco della volta nella Tribuna fece le
tre Virtù Teologali, Fede , Speranza, e Carità affife fopra
le nuvole in un campo d' aria tranquilla di un azzurro fe-
reno , e nelli fordini delle fincilre due putti volanti per
ciafchedun vano, che fcherzano con alcuni contraiTegni deir
arme Borromea. Per queiìa opera ceiTarono le furie prefe
per quella bagatella di S. Andrea, e fi moftrarono placati
gli eraoli j ma non ii dichiararono contenti del tutto, accu-
fandolo di qualche trafcuraggine , e ftrapazzo, ma confef-
favano il buono nel tutto , fe pure elfo mancava in qual-
che parte .
In tanto negoziava col mezzo di D. Olimpia Maidal-
chini Panfilia cognata dTnnocenzio P. X il lavoro della log-
gia della benedizzione in S. Pietro nel Vaticano -avendone
fatti li difegni fin al tempo del Pontefice Paolo V , i qua-
li difegni egli non potè mettere in efecuzione per la mor-
te di quello ileiTo Pontefice ; ma penetrato quefto trattato
glie ne fu fatta perdere la fperanza > benché fomentata da
alte promeiTe . Fu configliato il Papa a non s'Jmpicciaro
«ella lunghezza di qucfto lavoro, e toccandolo nel vivo del
iuo genio , r induifero a farla ftuccare, imbiancare , e la-
fciarla così lifcia fenz' altra pittura , e il Lanfranco reftò
delufo , e fuor di fperanza. Già
GIOVANNI
Già da Napoli aveva mandati li due quadri ad olio
per la Chiefa di S. Agoftino nella Cappella vicino alla Sa-«
greftia , e fono i laterali dell'Altare , ove è il quadro di ma-
no del Guercino. In uno è S. Agoftino, che fulmina Tere-
iìa , e neir altro il medefimo Santo , a cui, efercitando Γ
atto della fua carità io lavare li piedi alli poveri Pelle-
grini , apparve una volta il Signor noftro Gesù Crifto ίη_,
quella forma j ma non fono delle fue cofe migliori . Tor-
nato in Roma fece anche quel quadro piccolo del Crocefif·"
fo , che è nella Chiefa de'SS. Sifto , e Domenico delle Mo-
nache a Montemagnanapoli , che quanto alle novità del par-
tito è degno di lode . Ma io non voglio tralafciare di rac-
contare due avvenimenti , che gli fucceiTero in Napoli in
quel tempo che vi. dimorò, e che non faranno difcari.
Quando fu in Napoli vi era Vice-Re il Duca di Medina ,
il quale aveva per moglie una Dama fpagnuola affai galan-
te , e manierofa , 'Era eiTa molto vaga di fe medefima , e
defiderava ardentemente che qualcheduno le faceiTe il ri-
tratto . Aveva con lei famigliarità il VefcoVo di Pozzo-
li > e perche la voleva veder fervila di quefto fuo defìde-
rio , ne fece ifbanza al Lanfranco acciocché fi compiaceffe im-
piegarii in dipingere attentamente una Dama tanto qualificata.
Egli che fi trovava obbligato al Vefcovo , ed anche non gli
era difcaro il fervire la Vice-Regina, fi pofe a ritrarla con
tutta diligenza, ed avendo finito il lavoro con fua fodisfaz-
zione, volle la DucheiTa efporlo alle cenfure delle fue Da-
migelle, e d'altre Dame di corte i veduto da quelle ognuna
dì loro diceva ; quella è la mia Signora ? oibò . Chi diceva
ella è più bianca , 1' altra diceva è più bella , V altra più
vermiglia , e ciafcheduno opponeva de' mancamenti a quella
pittura. Monfignore malcontento di quefte oppofizioni, pre-
gò il Lanfranco a renderle fodisfatte in quello, che ftima-
vano difettofo , ed egli promettendogli di fervirlo la portò
a cafa, c fenza farvi cofa alcuna la lafciò abbandonata per
mol-
liz
molto tempo fenza mai più guardarlo. Venendo dopo qual-
che mefe richiefto dalla Vice-Regina il Vefcovo ne feco
illanza al Lanfranco, fe lo aveva aggiuftato , il quale di-
cendo di si , benché non vi aveiTe fatto nulla di nuovo lo
riportò a Palazzo . Fece la DucheÌTa venire a fe tutte le
fue Damigelle, e domandò, fe il nuovo ritratto era me-
glio del primo . AdeiTo sì, che raiTomiglia rifpofero tutte , e
non v'è più che defiderare ; il Lanfranco com'è ben naturale
fe ne rife di cuore . Qiiefti fono gli effetti delle opinioni,
e quefta è la fventura de*ritratti , li quali reftano foggetti
anche alla cenfura della Plebe più ignorante j onde con ra-
gione mi diceva un giorno il Lanfranco , che in mateiia di
ritratti un Pittore, che già è in poiTeiTo di credito , può
perdere aiTai, e guadagnarci poco , eiTendo cimento molto
pericolofo, L' altro avvenimento fu aiTai più ferio , Dipin"
fe d' ordine d' un certo Abate CajfTinenre una Tavola dia
Altare con Maria Vergine aififa in Trono a cui il Bambi-
no che ila in piedi pofa in feno le braccia guardando un
Santo vecchio , che lo adora , V è pure in atto d' ado-
razione un Santo Vefcovo , ed un Angelo che in piedi fo-
pra un piedeftallo alza un panno , e fcuopre tutta la com-
pofizione dell' opera . Terminato che egli ebbe detto qua-
dro fece avvifare Γ Abate , che andaiTe a vederlo perche
ne diceffe il Tuo parere , ma Γ Abate vi fece molte op-
pofizioni . 11 Lanfranco defiderofo di compiacerlo vi mutò
alcune cofe ad iftanza fua , e di nuovo il fece ritornare,
perche lo rivedeiTe, ma ne pure quefta volta fe ne moftrò
intieramente fodisfatto, e biafciando fra di fe diede ad in-
tendere di non incontrarvi il fuo gufto . Sdegnatofi di que-
fta rifpoita detta con qualche difprezzo il Lanfranco gli
diiTe ; l'ho fatto per lei, ed ella il prenderà in che ftato li
iìa , e l'Abate foggiunfe bruttamente : non mi piace, e non
io prenderò mai, e non lo voglio aiTolutamente. Con que-
lle male fodisfazzioni fi reftò fra di loro, finché fi venne
GIOVANNI
alla lite ,'ed alla elezzione dei periti per la ftima . Furono
quefti permutati, a cagione di fofpetto , e benciiè lo dichia-
raiTero di maggior valore del prezzo convenuto , Γ oftina-
tiflìmo Abate , che li era pofto in tefta di perdere prima:
Γ abito j e la vita, che di eiTer vinto, e doverlo prendere
per forza , il oppofe a tutte le cofe nello fpazio di molti,
mefi , che durò la lite, e poteva farlo, perche non fpen-
deva del proprio , ne pagava il Procuratore . Accortofi il
Lanfranco di quefta oilinazione, così configliato dagli ami-
ci , lafciò quelle gare , e perche il litigio lì era pubh'·.
cato per Napoli , acciò li vedeiTe la qualità di quei qua-
dro , ne fece un dono alla Chiefa di S. Anna de Lombar-
di, ove fu efpofto, e veduto da tutta la Città , la qualej
reilò fcandalizzata deir ignoranza , e della pertinacia indi-
fcreta di quell'Abate. Fecelo intagliare da quel fuo giova-
ne Antonio Richieri ad acqua forte per maggiormente pub-
blicarlo, e foleva dire: che quando il Religiofo è buono,
è un Angelo di Paradifo ; ma quando e cattivo è aiTai peg-
giore del Demonio.
Tornato che fu a Roma il Lanfranco , la fua delizia
era quella vigna a lui tanto diletta , e del continuo la fre-
quentava con intenzione d'ingrandirla , e di renderla più
adorna , ed amena , con una cappelletta per la comodità
della meiTa, e fé foiTe flato poffibìle introdurvi Facqua per
una fonte, che già ' penfava di farvi . Perche tutti li penfie-
ri umani fono fallaci nel mefe di Novembre fu forprefo
da una lenta indifpolìzione , la quale non fu lontana dal fo-
fpetto d' un certo difordine, il quale fi rende più dannofo
in una età matura . Si pofe in letto la fera del giorno di
S, Cecilia con tìtolo di ripofo ; ma avendo trafcurato il ma«
le fenza chiamare il Medico , ο prenderne altro coofiglio,
la febbre fe gli accrebbe, e di fatto fi fece maligna , ed
allora ricorfero ai Medici quando il cafo fu difperato
fatto. Finalmente il giorno della vigilia di S.Andrea fi pre-
fe partito di ricorrere a procurare la falute deiranÌma fua ,
giacché del corpo era feiiza fperanza , ed avendo ricevuti
tutti li SS, Sagramenti della Chiefa nella mezza notte a di
29 Novembre 1^47 morì. Fu veramente combinazione confi-
derabile che nella feilivitA di quel Santo , nella Chiefa del
quale moilrò così vivamente coli' artifìcio del fuo pennel-
lo la gloria beata del Paradifo foiTe dal Santo medefimo chia-
mato a godere quella verace per tutta Γ eternità , Fu uo-
mo veramente-degno per le fue rare qualità, e per li fuoi
meriti impareggiabili . Nella profeiTione della pittura fu
Angolare in genere dì maeftria , e di prontezza accompa-
gnato da bontà di coftumi, da una cortefe affabilità , e da
una fchiettezza di tratto con naturale diiinvoltura.
Gli fu fempre gradità la converfazione degli amici, e
fu liberale, fodo , e di poche parole , anzi toltone il va-
lore della Tua prafeiTione valeva poco per altri, ed in par-
ticolare negli affari , e cure domeftiche . Fu di figura noa
molto grande , compleiTo di vita , di capello nero , ma li^
fcio, e calvo del tutto · però non fu di prefenza difpìace-
vole. Sì refe poco atto a fare allievi , ο perche non avef-
ie comunicativa baftante per fuggerire infegnamentì, ο per-
che rendevafì fcarfo nel dare precetti , onde ebbe più attivi-
tà di infegnare con l'opere che con, la lingua ; Te pure non
era la folita infermità generale di non volere , che altri rac-
colga in breve tempo il frutto delle noftre lunghe fatiche .
ViiTe fino air anno 67 poco foggetto air infermità , di buo-
na complefsione, e η affaticava affai volontieri , c che fia
il vero ha fatto più opere egli folo, che dieci Pittori infie-
me, e fe non aveffe avuto il contrapoflo dell'alterigia > e
vanità della moglie farebbe flato il più felice Pittore del
noftro fecolo , ed avrebbe lafciato facoltà piùcopiofe. Val-
fe affai nella prontezza! del pennello, che gli riufcì franco
così ad olio come a frefco, ma a fecco con tempra non fi
è veduto del fuo altro che la fagreilia della Chiefa di San
\ Va Fran-
Francefco Xaverio in Napoli , ove dipinfe nel foffitto dì
quella in una tela tiratavi un ordine di Angioli, ed in mez-
zo una gloria. Lafciò un figlio mafchio chiamato Giufeppe
comodo di molte facoltà , e il iuo nome vivrà Tempre'glo-
riofo in bocca della fama j per Γ immortai fuo merito nel-
la pittura,
AN.
-ocr page 174-1^7
PITTORE,
Morì Γ Anno 1^48.
Gmenico Zampieri detto il Domenichino , è
flato a tempi noftri fenza pregiudicare le glo-
rie altrui, il più raro, e pellegrino ingegno
nell'arte della pittura , come fpero avere mo-
ilrato nella fua vita. Egli feppe accompagna-
re una dotta inielligenza del difegno ad una
fquifita bontà di colorito , e fpirando Γ anima nelle fue figu-
re , le ha rapprefentate con un cilrcma vivacità neireipref-
iìone * Fu molto erudito nel coftume, e nel decoro , e die-
de alle fue figure quella parte dovuta al perfonaggio chej
rapprefentano , e fi può dir francamente che niun'altro Pit-
tore dopo Raffaele abbia fatto difcorrere cosi vivacemente
le fue pitture, quanto ha faputo fare il Domenichino , Ol-
tre a ciò è flato copiofo neirinvenzioni, e rigorofo oiTer-
vatore , non ha lafciato vedere nelle opere fue neiTuna fi-
gura oziofa, ed indifferente, ficchè egli è flato fenza con-
tradizione uno de'più dotti Maeftri del noftro fecolo ,
Della fua fcuola fu Andrea CamaiTei, il quale nato in
Bevagna, terra dell' Umbria quattro miglia dittante da Fo-
ligno , fe ne venne a Roma inclinato alla profelfione del di-
fegno per potere con dovuta applicazione approfittarfi in^
queilo ftudio . Non aveva dì fua cafa molta comodità, fic-
chè con buon foilentamento poteiTe attendere fenza difagio
agli ftudj neceiTarj 3 tuttavia induftriofamcnte procurava di
fup-
-ocr page 175-fupplire alla fua povera fortuna. Con gratide avvedutezza
afcoltava gli ammaeftramenti, e gli avvifi del Signor Do^
menico fuoMaeitro^ ed invaghito della maniera di lui pro-
curava imitarlo al poffibik, e difegnava aiTai aggiuftatamen-
te dall' opere di Raffaele, che fono nelle ilanze Vaticane^,
e nella loggia del Chigi alla Lungara . Incominciò a pren-
der animo ne'colori , e rifolvendofl a fare di fuo capric-
cio alcune iilorie , e componimenti fi dava coraggio , e per-
deva ogni timore . Il tempo , e lo ftudio gli fecero acqui-
ilare intelligenza , pratica, e defìderio di volerfi fabbricare
qualche fortuna per avanzarfi . Procurava lafciar vedere di
fua mano qualche quadretto , e dolendofi , che il Maeftrò
gli fomminiitraiTe poche occaiioni per fuo profìtto , fi ri^
folvè di ufcire dall' obbedienza del Precettore , e farfi da
fe medefimo la ftrada alla ventura »
in quel» tempo avevano li Signori Bentivogli compra-
to, ed ingrandito il Palazzo fui Quirinale, che ora è dell'
Eminentiflìmo Mazzarini , e volendo farvi dipingere , fu
propofto il CamaiTei da Filippo Napoletano al Marchefe En^
fe Bentivogli . Andrea chiamato da quello Signore gli dif-
fe , che egli non faceiTe ftima del fuo valore dalla qualità
dell'abito { veftiva il CamaiTei con ogni negligenza, e po-
vertà ) perche con tutta la miferia del veftire era di qual-
che merito nella pittura. Preilò fede il Marchefe alle pa-
role di Andrea, e gli aiTegnò in quel Palazzo ftanze , e
proviiìone per il vitto, e volle che dipingeife una Galleria
( cioè la volta di quella ) in una parte di detto Palazzo .
Col maggiore iludio, che poteiTe dipinfe Andrea quel fìnto
Cielo delle deità de' Gemili , ed avendo avuto il peniìero
alle loggie de'Chigi incontrò aifai il gufto di quel Marche-
fe , e di ciafcheduno , e fi vedeva , che egli operava con
qualche intelligenza , e buon gufto. Scoperta queft' operai
incominciò ad acquiilare credito di Maeftro , ed avanzan-
dofi nelle occafioni non reilò mai di dar faggio della fua in-
telli-
-ocr page 176-tellìgenza, e di un genio inclinato al migliore > applican-
do l'idea airoiTervazioni de'più gran Maeilri . Parlò di lai
con encom; di molta lode il Bentivogli al Signor D. Tad-
deo Barberini allora nipote del Pontefice Urbano Vili , il
quale rnoilrandoil Tempre generofo amatore della virtù , e
delle buone difcipline, ebbe diletto , che nel fuo Pontifica-
to fi rendeiTe cofpicua all' aura del fuo favore infinità di
uomini di lettere , e di altri ProfefFori di ameni , e libe^
rali efercizj . Gradì quello fuo nipote gli applaufi di An-
drea riportatigli dalla faconda amorevolezza di quel Mar-
chefe, e ricevendolo al fuo fervigio animandolo con prov-
vifioni , e ilanze nel fuo Palazzo , e con regali gli fece-»
col tempo fentire il beneficio della fua protezzione.
In tanto comprato dalla famiglia Barberina il Pa-
lazzo dei Signori Sforza alle quattro Fontane , fu ingran-
dito , riftaurato , e renduto in miglior, e maggior forma
dal Cavalier Gio. Lorenzo Bernini , e con queila occalione
venendo diilribuito a molti Pittori delle opere da dipinger-
li nelle volte di quelle ftanze , il CamaiTei ne dipinfe a fre-
fco alcune . In una rapprefentò l'Eterno Padre il quale con
incomprefo , ed alto magiftero crea Γ angeliche Gerarchie ,
e dipingendo quefte coi; celefti , e nobili fembianze, efpref-
fe quel leggiadro componimento con molta dolcezza , e gra-
zia , Neir altro pure a frefco vi riportò con i colori il fa-
volofo Monte Pàrnafo , forinando in eiTo il Tempio della
Gloria , il florido , e deliziofo bofchetto de' Tempre verdi
lauri , air ombra de' quali fi veggono le nove Pimplee fo-
relle, ed Apollo ailìfo con loro sù quelle alte cime inten-
to al dolce fuono della fua lira . La ftrada , che feguita-
va nel dipingere il CamaiTei , non era difpiacevole a Pro-
feiTori, ed agi' intendenti dell'arte, perche camminava affai
con erudita, e foave maniera , ed avendo formato di fuo
giiflo un compofio dilettevole poteva pretendere il luogo tra
buoni Maeilri del fuo tempo · Sodisfatto a gran fegno D.Tad-
deo ,
ANDRE
deo > e tutti li Signori Barberini del fuo fare , gli afifegna-
rono il voltone della fala grande , nella quale aveva da di·
pingere Andrea alcuni concetti poetici con illufioni all' im-
prefe , ed eroiche armi del Pontefice Urbano efpreiTi dalla
l^enna gloriofa del Signor Francefco Bracciolini delle Api ;
ma quefla volta per mutazione di parere , e di fortuna fu
dal medefimo Pontefice data a dipingere al Signor Pietro da
Cortona , che nello fpazio di 14 anni la riduiTe a quella
bellezza , che oggi fi vede con le medefime invenzioni .
Moilrò Andrea gran virtù di tolleranza nel vederfi tolta un
occafione così brillante, e nel maggior avanzamento deila_»
fua fortuna, e della fua gloria , anzi niente alteratofi col Si-
gnor Pietro gli continuò fempre Γ affetto di buona amici-
zia , e fu compatito fe in qualche parte fi dolfe di quefto
ricevuto dìfpiacere, fentendoiì ofFefo sì vivamente nell' uti-
le , e neir onore, Con la protezzione, e col .favore del Si-
gnor Principe Barberini acquiiìò un aura riguardevole di buon
Maeftro, e Tempre fi vide avantaggiato nelle occafioni, fa-
cendo di molte opere così in Roma, come per diverfe altre
Città ,
Nelle llanze , che aveva avute dal Signor D. Taddeo al-
le quattro Fontane per iuo trattenimento, fu fólito di fare
Γ Accademia, che fi cofiuma nel tempo del verno da' Pro-
feiTori , e concorrendovi gran quantità di Giovani iludiofi
guadagnò molti feguaci al fuo itile di difegnare , il quale era
affai graziofo , e di dolce maniera , e fe nelle opere foffe
fiato più rifentito , e rifoluto ( perche non era privo del gu-
fto buono neir elezzione ) avrebbe con molto vantaggio ri-
portato maggior lode , ma riufciva alquanto debole, e fred-
do · Non fu molto favorito dalla fortuna, ne fi vide in luì
confiderabile follievo dalla prima fua povera forte ,
In occafione , che li Signori Barberini Ìblevano nel Pon-
tificato di Urbano far recitare alcuni drammi muficali con
apparati fuperbi, fcene ingegnofe, e capricciofe macchine ,
ι6ο
C A Μ A S S E I.
CamaiTei ebbe la cura un anno di formare un teatro per
le vacanze carnevalefche , nel quale con molte mutazioni
di fcene, e di varie apparenze diede gran gufto, e vi di-
pinfe paefi , profpettive, ed apparati dì regie fuperbe, fe-
ce vedere su Γ alto nuvole con deità , nel baiTo aperture
d'inferno, e Η Regno di Plutone, con tutto quello che fu
neceifario per gl'intermezzi, e pel prologo , Fu quefla ΓΕγ-
minia fui Giordano , opera di Monfignor Rorpigliofi, che fa
poi Cardinale , e dopo Papa, mufica di Michel' Angelo eie
RoiTi del Violino .
Gli fu allocato nella Chiefa di S, Pietro un fopraporta
da farfi a frefco , e quello conduiTe con affai buona manie-
ra facendovi riftoria, quando rinchiufo in carcere il Prin-
cipe degli Apoiloli fece fcaturire da una dura pietra una fon-
te per battezzare i due Centurioni , li quali perfuail dalla
fua predicazione confeffarono la fede di Crifto. Quell'opera
non rìefce difpiacevole per effer maneggiata con maniera^
affai graziofa , e iòave , ma non troppo ben intefa quanto
alla profpettiva , avendovi affegnati due punti improprj dif-·
ferenti , e fenza ragione. Nella Chiefa de' Cappuccini nuo-
vi , che ereffe il Card. SantOnofrio fratello del Pontefice Ur-
bano Vili di gloriofa memoria ,/dipinfe Andrea.un quadro
per una Cappella , e vi fece quando il noilro Redentore le-
vato dalla Croce da Giofeffo diArimazia, e da Nicodemo,
Maria fempre Vergine dolorofa Madre lava col pianto in
compagnia di Maddalena il freddo cadavere dell'amato Tuo
figlio, ed intanto per pietà fe gli prepara il fepolcro . Il
quadro è affai guilofo in quel tuo ftile di macchiare, e di
far panni , ed ha fra gli altri quadri il Tuo luogo onorato.
Anche all' Aitar maggiore nella Chiefola , che fondò il
Signor Card. Barberini appreffo l'arco di Tito dedicata a S.Se-
baftiano martire col titolo di Ballato della Religione di Mal-
> giurifdizzione ch'era in Fiorenza della Famiglia Barbe-
ittia, e il Pontefice .Urbano VII! la trasferì in Roma , fece il
l6i
quadro del martirio di eiTo Santo , ed in S, Cajo , Chìefa
pure fabbricata da Urbano, dipinfe il quadro della Cappella
a mano dritta , dove effigiò San Bernardo Monaco , che
riceve il latte d*una fovramana eloquenza fpruzzatogli dalla
gloriofa Vergine Madre di Dio. Nella Chiefa di S. Andrea
della Valle dipinfe il quadro di S. Gaetano Tieneo , che fu
nella fondazione della Religione deTadri Teatini uno de'com-
pagni del Pontefice Paolo IV Caraffa. Rapprefenta il detto
Santo in atto di fcrivere il più efenziale Iftituto della Reli-
gione, il quale ilando inginocchioni tiene le luci al Cielo,
ove fe gli prefenta il divin Redentore in candida vefte fervi-
lo dagli Angioli , e che tiene colla deftra il globo terreftre .
Da piedi in fui pavimento vi è un Angelo che foftiene una
tavola dove il Beato ha fcritto j Refplctte volatUta Cosll, iff
confiderate liUa agri, volendo con quefto fignificare la divi-
na providenza , fopra quali fondamenta ftabilifca tutto il
teforo della fua Religione ad imitazione degli augelli dell'a-
ria , e nella purità moiìra la fìmilitudine ai gigli dei campo·
Ebbe fra tanto Andrea Sacchi Romano infigne Pittore
la cura di dipingere il tempietto rotondo del Fonte Batte-
iìmale contiguo a S.Gio.Laterano , e diipensò Tiilorie che vi
fono d'intorno ad alcuni , e tra gli altri diede al CamaiTei
da fare quella del trionfo del magno CoHantino , nel quale
fi portò di maniera che fuperò fe medefìmo , e Io ridufle
ad una perfezzione, e ad un guilo molto grato a ProfeiTori ,
e di aitai buona tinta , e vaghezza nel colorito . Aveva Gio·
Francefco Romanelli avuta quella della battaglia di Coftan-
tii^o da dipingerli nel medefimo luogo, ma non sò per qua-
le fua comodità rinunziò al medefimo Andrea Sacchi di far-
la > ed egli la allocò medefimamente al Camaifei . Vienej
quefta pittura ad eiTere contìgua a quella del trionfo , ma
non gli riufcì dì quella perfeazione, come la prima, ο per
la fcomodità del fito , ο vero per la difficoltà del foggetto \
tuttavia il vede; che non la ha trafcurata^.
ι6ζ
Il Sig. Cavalier d'Afte rinovando la fua Cappella in
S, Maria in Vialata al Corib , la quale era già per Γ anti-
chità perduta di forma, e di bellezza, diede al CamaiTei
a dipingere la Tribuna , che per Γ innanzi era dipinta da
Daniele da Volterra, e facendovi il foggetto medefimo dì
Maria fempre Vergine aiTunta al Cielo incontrò la fodisfaz-
zione di quel Cavaliere, dal quale fu riconofciuto genero-
famente . Nella Chiefa della Rotonda detta anticamente il
Panteon nella prima Cappella a mano iìniftra appartenente
al Signor Abate Pompilio Zuccarini Canonico di detta Chie-
fa vi è di fua mano il quadro dell' Altare medeiimamente
dell' AiTunta.
In quefto tempo lì (labili di accafarfi, e per avere più
uniformità nel genio , e nel coftume fi rifolfe di pigliaro
una della fua medefima patria . Ma perche le cofe del Mon-
do riefcono per lo più diverfe da quello, che Γ uomo fe
le và immaginando , gli forti alcun difparere nel parenta-
do, e i difpareri s'avanzarono a male fodisfazzioni , e final-
mente a nemicizie crudeliilime non fenza qualche ftrano
accidente di venire al cimento dell' armi ♦ 11 CamaiTei ri-
cevè una fera ( eiTendofi portato alla patria) alcune ferite,
dalle quali guarito alquanto fi rifolvè di tornarfene a Roma
per maggior ficurezza ; ma venendo più che mai inquietato
daYuoi parenti nemici fi ricorfe alla giuftizia , e reiterando
fra di loro querele il CamaiTei fu carcerato , ed alquanti
mefi fofFerfe lo ftrazio d'una prigionia, dalla quale fenten-
dofi aggravato prefe partito col mezzo de' fuoi amici di ri-
correre a'Padroni acciocché il toglieiTero da quefti affanni.
Era di poco tempo aifunto al Pontificato Innocenzo X Pan-
filj, e facendo capo alla 4ì lui cognata, perche fi contea-
taiTe col fuo favore di fottrarlo da tante moleftie , fu da
quella aggraziato , e fatto fcarcerarc con patto , che doveife
nel Palazzo che veniva ingrandito, ed adornato della fami-
glia Panfilj in Piazza Navona dipingere alcuni fregi per quel-
JÓ4 AND R E A C A Μ A S S E I.
le ftanzc , come in fatto egli fece dì alcune iftoriette su
frefco delle metamorfofi d' Ovidio. Qiieile fue inimicizie ,
le quali mai non ceiTarono ( eiTendo iempre le più fiere quel-
le che nafcono tra parenti ) lo riduiTero ad una inquietiiii-
ma vita, e ad una trafcuraggine della profeffione , che non
aveva più nefllina applicazione al pennello . Finalmente ef-
fendo reilato fenza una minima occafione di operare , mal
fodisfatto anche di fe medefìmo, non che della fua mala
fortuna, reilò che non aveva in quel punto da fare ne me-
no un occhio per fervigio altrui . Per verità fi vede una
pertinace inimicizia alcune volte della fortuna ; perche ef-
fendo il CamaiTei uomo di valore , e di credito come po-
teva mai eiTere cosi fcordato nella memoria del mondo ,
che il faceiTe rimanere in abbandono fenza trovarli neiTuno,
che ricorreiTe a luì per impiegarlo anche in cofa di poco
momento ? Finalmente dopo lunga oppreiiìone di travagli ,
ed in fine ftraziato da molte malinconie morì l'anno 1648
in età d' anni quarantafette. Fu il Camaiiei di coilumi non
difcaro , ma ofcurò alquanto il candore della modeilia_?
con qualche vizio, di che fi pretende che foiie macchiato ^
e che io non voglio ne confermare ne riferire ·
»
Ν qualunque operazione nella quale impieghi
l'uomo la mano, ο Γ intelletto , e che coti-»
quella tocchi la più fublime iìngolarità è fem-
pre degno di gran lode. Tutti grartificj fono
laboriofi , ed è raro in una profeilìone colui
che chiami a forza Γ applaufo univerfale . 11
noitro trattato è delle figlie fpiritofe del difegno , e tutte
quelle operazioni, che derivano da queilo, hanno da par-
tecipare delle fuc glorie, e prerogative. L'artificio del la-
voro di mofaico è mirabile , perche coli' operazione di
congiungere infieme tante piccole fcheggie di materia im-
pietrita e tinta a forza di fuoco con ogni varietà di colori
tanto propr; , ed efFettivi, quanto mifti , e bìiFati con va-
rietà di tinte , ne nafce una fpecie di pittura lapidea che è ma-
ravigliofa , e ingegnofiiiìma . Gli antichi che fono il lume pri-
miero di tutti i più bei ritrovamenti, ed i Maeftri princi-
pali di tutte le fcienze TintroduiTero , e tengo fuof d'ogni
dubbio , che lo faceiTero per ifchermirfi maggiormente dalU
ingiurie del tempo, in quegli ornamenti che hanno fembiaii-
2a di pittura, e per afficurare nei muri la perpetuità di co-
sì vaga apparenza . In queft' arte il noftro fecolo non pare
inferiore ai pafìfati ; perche dalli rincontri d'alcuni fragmen-
ti, che fi fono veduti di quei tempi , e che fi vanno fco-
prendo alla giornata , non vi lì vede molta fupcriorità, giac-
ché
chè quefti noftrì hanno palefata un eftrema finezza di per-
fezzione »
In quefto mirabile lavoro abbiamo fra le mani nel gi-
rp degli anni noftri Gio. Eattifta Calandra il quale venne
da Vercelli Città del Piemonte^' nè di lui il è avuta mai
notizia alcuna quanto alla nafcita , ancorché io ne abbia^
procurata con ogni premura efatta informazione, Dicono ,
che egli da giovine foiTe lilialmente applicato al dipinge-
rete con quello > come con profeflìone propria , viveiTe
ma che avendo avuta congiuniura di conofcere , e di pra-
ticare Marcello Provenzale nel Pontificato di Paolo V , il
quale lavorava perfettamente di mofaico, come ne ha la-
fciate gloriofe memorie nella Bafìlica di^S.Pietro in Vati-
cano in tante opere mirabili da lui efeguite, c conofcendo
l'utile di quel lavoro eiTere più vantaggiofo dell'altro del
pennello Gio. Battiila vi fi applicò con ogni diligenza , e
forza, benché forfè il fuo genio non v' inclinaiTe. Per ren^
derll pratico , e facile in quefta paziente applicazione fotto
Γ ordine , e direzzione di Marcello , andava guadagnando
la cognizione di quelle materie, il modo di comporre quel-
le piccole fcheggie, e come metterle in operazione , tanto
che col tratto del tempo divenne padrone di quell'artiikio,
Morto che fu il Provenzale , eiTendo fucceduto queào ap-
punto nel principio del Pontificato d' Urbano Vili , rima-
fé il Calandra a continuare quell'opere di mofaico lafciatc
da quello imperfette ; e perche egli fe ne era impoiTeiTato >
e fatto pratico diede fodisfazzione agli Architetti , e fopra-
intendenti della Fabbrica di S.Pietro.
La prima cofa > che faceiTe colla propria direzzione di
difegno, e di fuo cartone, fono due piccole figure di quat-
tro palmi in circa d'altezza, che rapprefentano uno il Prin-
cipe degli Apoftoli S. Pietro , e Γ altro il gran predicator
delle genti S. Paolo , che fono fotto il mirabile Ciborio di
S.Pietro in quel Juogo^ nafcofto ^ che chiamano il pozzo dei
JÓ6
Martiri, nel piano di quella fcala fcoperta nel mezzo del-
la Chiefa, che termina nel pavimento , il quale ha ugua-
glianza , e conneiTione colla Chiefa fotterranea * Sono que-
lle due figure laterali una per parte a*quella porticella che
flà fempre chiufa per maggior venerazione di quel Santua-
rio , ed hanno d'intorno un piccolo ornamento di un fem-
plice arabefco lavorato con gran diligenza, e maeilria con
piccoliiilmi pezzetti . Quefta fpecie di lavoro fi chiama mo-
faico aruotato , e da lui cominciò il Calandra ad aprirfi la
fìrada alla ftimà univerfaie .
Il medefimo Pontefice Urbano, il quale procurò Tem-
pre di dare ornamento al gran Tempio di SrPietro, pensò
d' introdurre , fe foiTe flato poffibile, un nuovo ftile nelle
Tavole degli Altari di detto Tempio , per liberarle dal dan-
no , che eiTe fono foggette a ricevere dairumido , dal qua-
le viene del continuo dominato , Pensò dunque di farle tut-
te di mofaico , e per dare principio a quefto penfiero , lì
llabilì in una di quelle piccole per efprimentare la riufcita.
Ordinò al Cavalier Giufeppe d' Arpino , che faceiTe il dife-
gno , e il cartone di uno di quelli Altari di minor gran-
dezza , ed egli fece il S. Arcangelo Michele, il quale con
un afta nelle mani calpefta l'oppreiTo Lucifero , quando in-
fuperbito fi ribellò dair obbedienza di Dio. II Calandra lo
meiTe in efecuzione col lavoro di moiaico > e fi portò in
queir operazione a fegno , che diede gran piacere al Cava-
lier Giufeppe, al Pontefice , ed a tutto Tuniverfale , e ne
reftò Gio. Battifta con un gloriofo applaufo . Prefe così il
Calandra il pofto di una riguardevole operazione , e con^
efia fi ftabili in uno flato di ilima, e di qualche profitto ,
e fuccefiìvamente andò fempre operando in S.Pietro in que-
gli angoli non ancora finiti nelle piccole cupole con li car--
toni fatti alcuni dal Lanfranco , altri da Andrea Sacchi, uno
da Carlo Pellegrino della fcuola del Bernino , e molti dal
Romanelli, come anche alcuni fordini laterali delle fineflre.
In
-ocr page 185-In queila quantità di lavori ix andò accomodando quanto al-
le facoltà , ma non mife iniìeme denari con molta abon-
danza, eflendo rigorofamente limitati li guadagni dagli ocu-
lati fopraintendenti «'Quel partito di fare, che le Tav^olo
degli Altari fo/Tero tutte di mofaico , non fu ricevuto dal
comun parere per caufa del foverchio luftro , che per ne-
ceiTità contengono quelle pietre cdilalline, ed eiTendo in un
vano grande , piano, ed aiTai vicino all' occhio , avrebbero
cagionate molte inconvenienze di difpiacere venendo da quei
barlumi poco fodisfatta la viila , e mal goduto il compo-
nimenio del tutto ,
SucceÌÌe intanto la morte del Pontefice Urbano Vili, c
fu creato in Γιιο luogo Innocenzo X , e rinacque l'ordine intra-
prefo delli mofaici per compire le cupolette, e gii angoli di
quelle nel rimanente della Chiefa , e lo fteiTo Calandra ne
ebbe con fuo gran piacere la cura . Si diede principio nella
Cappella del SS. Sagramento, ed in quella all' incontro del-
la Pietà , nella quale officiano li Signori Canonici , e Chie-
rici Beneficiati, e ne fecero li cartoni Nicolò Tornioli Se-
nefe , e Giovanni Antonio Spadarino Romano -, ma per la
poca foddisfazzione che ne ricevè il Pontefice , e li Signori
Cardinali della Fabbrica , fé ne tenne fofpefa Γ operazio-
ne per qualche tempo . Intanto eiTendoiì il Calandra invec-
chiato , e fopraggiunto da una grave infermità morì Γ an-
no 1548 ì che era il quarto del Pontificato d'Innocenzo , e
m^ncò il Maeftro pratico del mofaico.
Mancò queito Angolare artefice d'anni fettantadue in fet-
tantatre con buonifilmi fentimenti criilianì ricevendo tutti
li Santi Sagramenti, e lafciò alia Chiefa , ed Accademia di
S. Luca la cafa dov' egli abitava nel borgo di S. Egidio , la
quale per cafa privata è comoda , e galante ; ma non di
molto utile per cagione del iìto , nel quale è polla , ben-
ché a lui fbiTe di gran comodità per la vicinanza di S.Pie-
tro nella qual Chiefa aveva le continue occafioni di ope^
rare.
ÓH
rare . E' di fua mano quel bellifllmo ritratto del fratello
del Card. Ubaldini in un ovato del fuo depofito nella Chie-
fa della Madre di Dio della Minerva , iìtuato nella faccia
dell' ultimo pilaftro vicino all' Aitar maggiore dalla parte
dell'Evangelo. Altre cofe fece in quefto genere aiTai curio-
fe di eiTer godute da vicino per la maeftria , e gentilezza , col-
la quale fono lavorate, e con uguaglianza, e pulizia . Fu il Ca-
landra uomo di iìngolar bontà di coftumi ingenui , di fom-
ma modeftia, e moderazione , di non difcara preienza, ed
aiTai dolce, ed, affabile nel converfare, benché fempre con
fodezza , e gravità . La fua ricordanza è degna di ogni 0110·«
rata memoria.
VIN-
-ocr page 187-alessandro AlgaRdI; 170
PITTORE,
• i
Morì V Anno
Ueili di cui ora ferivo fu un Pittore, che nel
fuo genere merita , che fe ne confervi la me.
moria , perche ebbe una gran parte di fin-
golarità, ma fu un cert' uomo così folitario ?
che ha lafciata di fe poca materia di raccon-
to . Non era chiamato con altro nome , che
con quello di Monfieur Armanno , ed era di nazione Fiam-
mingo . Venne a Roma che già era in uno flato di per-
fezzione , ed il fuo genio maggiore era di far paefi , e vi
accompagnava le figure ma piccole con un accordo , e va-
lore uguale. Aveva uno fìiile ^di tingere, e di sfondeggiare
aiTai diverfo dagli altri , e nelle fue cofe il conofceva IcL·»
maniera di una certa imitazione del vero . Rendeva pure
gran diletto la fua vaghezza di tingere, e fu tra i primi ,
che iniroduiTe nel far de'paeiì quella placidezza di colore
che sà allettare così facilmente alla prima apparenza. Con
rartificio del colorito , che è vezzofo , fi fugge la fatica di
fccgliere il fito , che abbia un certo componimento indu-
fìriofo nel quale fia compendiato il capriccio, e Γ ingegno
unito con l'amenità delle pianure ^ con l'intreccio ben com-
pollo di arbofcelli eletti 5 e tra di loro interrotti con un ar-
tificiofo difprezzo. Benche li paefi di Armanno non abbia-
no avuto una certa qualità di finezza nel componimeftto ,
pare egli fi valeva d'alcuni accidenti di lume, e di ombre,
: che
-ocr page 188-ν I Ν C E Ν Ζ Ο Α R Μ Α Ν Ν Ο. ι^Ι
che facevano vedere novità curiofe in quel poco , che rapprc-
fentava. Oltre al tingerli affai bene, gli accompagnava con
figure a proporzione mirabilmente, e non era fcarfo nell'ag-
grupparle con grazia , e in moltitudine , ed era copiofo neir
Invenzioni, che affai bene iiloriava. In molti Palazzi de'Si-
gnori di Roma fi vedono de'fuoi paefi nelli vani dei fregi
delle fale, delle camere , ed in diverfe Gallerie ; ma perche
non hanno facile Tingreffo llimo fuperfluo il farne menzio-
ne particolare , e venendo Γ occafione poffono vederfi , c
riconofcerfi dalla Tua facile maniera . Così anche veder fi
poffono fenza molta difficoltà li quadri amovili dipinti ad
olio in diverfe mifure , effendo che quelli da lui dipinti nel-
le mura fono a frefco, e talvolta anche a fecco con tempra.
Pochi anni prima, che moriffe gli convenne foggiacere
ad una difgrazia , che io mortificò non poco . Egli fu ac-
cufato di mangiar carne li giorni , e tempi proibiti fen-
za licenza . Querelato di qnefl-a trafgreillone fu carcerato
l>er molto tempo nelle prigioni del Sant'Offizio, e perche
veramente fu verificata in lui la reità dell'accufa, fu con-
dannato in quella pena , che fi conviene a quei difobbe-
dienti, che profeffano in apparenza il cattolicifmo , ma in
realtà vivono in erefìa. Gli fu nondimeno moderata la pe-
na , perche fe ne refe in colpa come negligente j e non be··
ne iftruito de' dogmi eccleiìailici, e chìamandofi pentito con
dichiarazione di emendarfi, ed eiTere obbediente nelFavve-
nire , ottenne in penitenza per qualche tempo la privazio-
ne delia compagnia ,, ed ebbe per carcere il Convento de*
Padri Domenicani nella Chiefa di S. Maria della Minerva .
Mentre dimorò in quel Convento > nel quale era trattato
cortefemente , dipinfe nella Sagreftia della Chiefa due paefi
a frefco ; uno fopra la jjorta ; ma nella parte di dentro, e
l'altro air incontro della grandezza medefima. Qiiello, che
era incontro alla porta fu gettato a terra con Γ occafione >
che in quel fito fi fece la Cappella, che vi è al prefente,
VINCENZO A RMANNO.
per cui fi vede a traverfo d' una ferrata una certa Cappel-
ietta , la quale dicono quei Padri eiTere la camera ove ftan-
ziava in Roma Santa Caterina da Siena , li paefe , che fo-
pra la porta al prefente ancora fi vede , è bene accompagna-
to da figure a proporzione, e quefte pure fatte da lui me-
defimo.
Tornato dopo nella fua libertà, ed anche nel fuo ar-
bitrio di converfare pubblicamente, non fi trovava fodisfat-
to di praticar Roma, come aveva fatto prima della fua pri-
gionia ) avendo in fe una certa vergogna per le cofe palia-
te . Allontanoflì dunque da Roma forfè con penfiero di ri-
durfi alla propria patria, ma fu arreftato in Venezia da una
febbre lenta , non conofciuta per la quale in pochi giorni
munito delli Sagramenti della Chiefa morì Tanno 1^49. Fu
Γ Armanno di prefenza non difcaro , ma rozzo piuttoilo ,
ed impraticabile. Non converfava volontieri, che co' fuoi
compatriotti, ed oltramontani, avendo com'è il folito del-
le genti ftraniere poco genio con quelli d'Italia, ftando fem-
pre in fofpetto , di eiTere ingannato . La fua età non
l' ho potuta fapere > ma fuppongono che ftaiTe intorno agli
anni cinquanta ο di poco farà lo fvario , eiTendo egli uomo
frefco, e di buona compleffione .
i '
-ocr page 190-I7J
PITTORE,
LeiTandro del quale al prefente fi parla fu na-
tivo di Verona Città principale dello Stato
Veneto, dalla quale ufcì quel gran Paolo Cal-
liari , che fu il decoro e la gloria della pit-
tura . Suo Padre aveva nome Gafparo Giovan-
ni Turco , del quale prefe come figlio il co-
gnome . Nacque in circa del i^jSo , e da fanciullo per la como-
dità della patria eiTendòfi applicato al difegno ebbe li prin-
cipi dal figlio di Paolo Calliari . Fu condifcepolo del Va-
rotar] , anch' egli Veronefe , e fotto la fcorta di quello fi
avanzò al colorire . Ma perche il defiderio di veder Roma
è univerfale in tutti gP ingegni de'curiofi artifti, anch'egli
fpinto dallo fteiTo ilimolo fe ne venne a queila volta , ο
perche aveva abilità di operare con qualche guilo , gli fa
facile il farfi apertura a lafciarfi conofcere , e ad acquifta-
re buon credito . 11 Cavalier Gio. Battifta Marino celebre
Poeta fi valfe anche di lui per rapprefentarlo nel numero
de' Pittori celebri del fuo tempo col fargli fare un qua-
dro per la fua Galleria che teneva nel Palazzo de' Signori
Crefcenzj in Roma, e gli dipinfe la favola del Ciclope Po-
lifemo, innamorato della leggiadra Galatea . Lo rapprefen-
tò allora quando ingelofito di lei per cagione di Aci, avven-
tò contro lui quel grave faiTo, che carpì dalla rupe, che
for-
-ocr page 191-w
formava la caverna nelia quale fi ricoverava . Conteneva^
qùefto quadro^nel fuo colorito una certa vaghezza che al-
Iettava , e le carni erano morbide , dolci , e delicate .
Il Marini allettato da quella fua vaga maniera lo introduf-
fc a molti perfonaggi, ed operando che fi valeiTero di lui >
gli forti il- fuo-huon uffizio , perche fu impiegato da alcu-
ni in diverfe occafioni ^ per le quali acquiftò nome , e gran
lode. . -
In quefto frattempo ritornò Aleiiandro alla fua bella
patria dove fece varie , ed iniìgni operazioni sì publiche che
private , ma il defiderio di rivedere la noilra bella Roma
Io richiamò ben pretto fulle rive dd Tevere per il reilo
de fuoi giorni . De'fuoi lavori permanenti non è grande
abondanza ne' luoghi pubblici di Roma toltone quei pochi,
che andrò defcrivendo , e che confìftono folamente in qua-
dri da Altare ad olio . Nella Chiefa , che fi fece di nuovo
per la permuta del fito , dov* è al prefente Γ Oratorio del
Padre Caravita , chiamato delli SS.Romualdo , ed altri Mo-
naci Camaldolefi, vi è del Tuo il quadro dell'Altare alla
mano deilra dell'ìngreiTo nel quale rapprefentò la fuga di
S. Giufeppe, di Maria Vergine , e del nato Gesù Bambino .
Fa vedere la SS. Madre alFifa fopra il giumento , e tiene
nella braccia il fuo figlio diletto , che ella ilà amorofamen-
te guardando, e fe lo ilringe al feno con una affettuofa ef-
preflìoiie di amore , e di tema , ed un Angelo , che mo-
flra la fembianza di leggiadro Giovinetto veilito d' un can-
dido , e gentile addobamento , ma fuccìnto , e volante , che
gli lafcia il petto , e il deliro braccio ignudo , e regge il
freno di quello avventurato giumento . S. Giufeppe tutto
intimorito moftra di accelerare ai paiTi folleciti la fuga ,
e per dimoftrare , che fia vicino all'Egitto , fa vedere nel-
la diftanza della veduta del paefe, per dove camminano,
un obelifco . La vaghezza del colore di quefto quadro è
mirabile^ ed è facile a fermar Γ occhio de' rifguardanti ,
per-
174
\
perche ha una apparenza aiTai gradita , ed a confeiTare il
vero, è degno di molta lode per una certa leggiadria , e fi-,
nitezza di opera ben condotta , che sà allettare, benché non
vi fi veda un perfetto guilo pittorefco j ma contiene in fe
molte parti riguardevoli.
Permutata che fu la Chiefa, e il Convento de'Padri
Cappuccini, e inabilita nel fito detto Capo le Cafe , dove
ora fi vede , volendola adornare di pittura , ebbe anch'egU
al pari degli altri, che in quel tempo erano in maggior cre-
dito il fuo quadro e fu quello della feconda Cappella a
iìniftra entrando nella porta , nella quale Cappella fi con-
ferva il corpo del Beato Felice da Cantalice , che per la_s
fantità della fua vita efemplare, è degno d' ogni encomio,
ed imitazione tanto più per eiTer nato in un paefe , che non
ha bifogno che io mi eftenda più oltre . Ha rapprefentato
in quello Maria Vergine , che porge il fuo diletto figlio
bambino nelle braccia del Beato , il quale Io riceve t e lo
accarezza , e vi ha dipinto un g^iro vezzofo di alati Cheru-
bini , che forma fopra il capo della Vergine una Corona ;
ed ella fta in piedi fopra un trono di nuvole in mezzo a
lucidiffimo fplendore. Quefto quadro è anch'egli maneggia-
to in quel fuo folito ftile foave , e dolce, e le tinte del-
le carni fono delicate, e vaghe. Nella Chiefa detta S. Lo-
renzo in Lucina alla terza Cappella dalla mano finiilra nell'
entrare per la porta maggiore vi è di fuo il quadro dell'Al-
tare , nel quale è dipinta Maria Vergine , e S. Giufeppe ,
che porge il Bambino Gesù nelle braccia di fua Madre , rap-
prefentando quella azzibne dentro di una camera . In alto
apparifce una gloria celefte in mezzo alia quale v'è l'Eterno
Padre portato da alcuni celefti amorini in atto di benedire
il fuo Figliuolo, e la fua SS. Madre, volendo con ciò di-
nioftrarlo fempre aiTiftente a tutte le loro operazioni.
Nella Chiefa già detta S. Salvatore in Lanro , oggi la
Madre Santiffima di Loreto della Nazione Marchigiana , vi
ιηβ ALESSAN DRO
/
è del Tuo un quadro da Altare nella feconda Cappella dalla
parte deftra della porta maggiore , nel quale neir alto di
«na gloria vi è Maria Vergine affiiTa fopra un Trono di nu-
vole , fervita , ed aiTiftita da Angioli , e da amorini celefti,
ed in terra io atto d'implorare il fuo divino ajuto il S.Car-
dinale Carlo Borromeo . Quefto quadro, che fu uno dei pri-
mi ufciti dal fuo pennello , è de' migliori , e del fuo gufto
fiiperiore , ma a mio giudizio manca in qualche parte del
decoro , e di quella convenienza , che fi richiede ad una
perfetta oiTervazione , e credo d' eiTere bcniiTimo intefo da
chi ci farà efatta dflelfione .
Finalmente avendo fempre foftcnuto il credito di Pit-
tore di qualche ilima per la curiofità della fua maniera.»
vaga , e delicata , ridotto all' età d* anni fettanta in circa
cadde in una infermità non conofciuta, e poco curata , e
fopraggiunto da una febbre maligna gli convenne pagare il
debito alla naturala primavera dell' anno 1550, dopo aver
ricevuti come perfetto criftiano li Santi Sagramenti . Fu il
Turco uomo amabile, e "rifpettofo , di non difcara prefen-
za » dì pelo caftagno , ma alquanto lingolare nella guarda-
tura , perche partecipava del lofco , benché graziofamente .
Si trattava con aiTai moderata civiltà , e quello che più im-
porta fu di coilumi degni d'un uomo onorato, e criftiano .
ViiTe con quiete, e con amore colla fua conforte, e fami-
glia , avendo quella tolta per proprio genio , ed intendendo
beniffimo , che'il matrimonio è''Sagramento inviolabile .
Ebbe fempre gran diletto di fabbricare colle proprio
mani alcuni colori come azzurri , e lacche fine con gran-
diflìma efattezza, e purgava la biacca, il giallo lino, e il
cinabro, e fi valeva di alcuni fegreti per rendere purgate,
e fchiette le terre acciocché col tempo non fi cangiaiTero
ο annegriiTero fopra le tele , dilettandofi anche di perfez-
zionare , e purgare l'olio di lino , e quello di noce, a fi-
ne che non guaftaiTero col tempo la vaghezza delle fue tin-
te.
alessandro AlgaRdI; 77
te, Sarebbe molto defiderabile, che tutti i Pittori aveiTero
fatto lo ileiTo , e non fi vedrebbero ora tante beli' opero
rovinate dal tempo , ο dall' adulterazione de' colori difpen-
fati con fraude dall' avarizia de' venditori.
Fu denominato AleiTandro in Lombardia anche /'Or-
hem , fopranome datogli dall' avere eiTo nella Tua puerizia
fervito di guida a fuo Padre, che ho fentito dire che foiTe
cieco . ViiTe dopo di lui la moglie ij anni in 14 donna
molto prudente , ed ebbe di lei due figliuoli mafchi , ed
una femmina e perche avevano dipendenza da un Padre
onorato, reftò fempre una famiglia di molta oneftà. Il mag-
giore mafchio fi addottorò in legge , e il minore chiamato
Giacinto attefe alla pittura, e dava chiarifsimi indiz; di gran
riufcita ; ma la morte lo tolfe nel fiore degl' anni nel i^/j.
Ζ
PIE-
-ocr page 195-17S
PITTORE,
Morì V Anno
letro Tefta nato in Lucca Γ anno idi/ di
ordinar; parenti , perche fu figliuolo di un
Rivenduglioio , che altri chiamano Rigat-
tiere, riportò nel Tuo baffo natale un no-
bile talento atto ad apprendere qualunque
fcienza a cui fi foiTe applicato. Fu fpinto
dall'inclinazione al difegno , ed a queilo ap-
plicò Γ animo , e il fuo iludio maggiore , ma per ciò fa-
re più comodamente fi rifolfe partire dàlia patria per non
avere ivi a fuo gufto Maeilro fuiEciente . Venne in Roma
avvicinandofi fui bel principio a Domenico Zampieri detto
il Domenichino, e diedefì a difegnare con forama premura
fotto gì' infegnamenii di così dotto Maeilro le principali
opere di quefta Città ; ma invaghitofi foprammodo dello
ftatue , e de' bafsi riliei^i antichi fi diede accuratamente a
queilo iludio, come anche a quello delle opere di Raffae-
le, e di Polidoro , de'quali Maeilri difcorreva fempre con
fomma ammirazione , e riverenza .
Acquiftò eoi mezzo di quefle fatiche uno ilile aiTai fpi-
ritofo , e galante , e col fuo naturale buon gufto fece una
leggiadra maniera , ficchè guadagnò tra la gioventù , che nel
fuo tempo andava ftudiando un aura di molta riputazione ,
ed era chiamato il Lucchefino . Il Signor Cavalier Cafsiano
dal Pozzo i che fempre dilettofsi di far raccolta di pitture
fin-
-ocr page 196-lingolari ed in qiicito Tuo bel genio ha con generoOtà fpe-
fo grande fomma di denari , diede a Pietro ordine cho
difegnaiTe per lui li migliori bafsi rilievi antichi, e le fta-
tue più fìngolari della Città, fodisfacendolo per quella fa-
tica con onorevole ricognizione . Quell'occupazione gli. die-
de molt' animo , fervendogli di trattenimento per iiludia-
re , e per vivere. Si avanzò a gran fegno , € diede fpc-
ranza di un ottima riufcita . Nacque in quello tempo al Si-
gnor Domenico fuo Maeilro Γ occafìone di andare a Napo-
li per dipìngere la famofa Cappeila del Teforo , già nego-
ziata con tant' altri Pittori, nella quale finì prima i giorni
di fua vita , che Tcpera , ed eiTendo egli rimailo privo di
così dotta maellranza col favore del fudetto Cavaliere dal
Pozzo fi introduiTe da Pietro da Cortona , e con la fcor-
ta di quelli due gran lumi dell'arte s'imbevè di molti dot-
ti ammaellraraenti, ed arricchì, e nobilitò l'idea di vaghi
componimenti , e di vivaci efpreirioni, Incominciò con li
colori a dar faggio del fuo raro talento j ma perche ciò non
può farfi con valore degno di gloria fenza lunga efperien-
za, non eiTendo il Tefta bene aiTodato nel buon colorito ,
non arrivava a dichiarare ί fuoi fpiritofi concetti con quel-
la raaellria , come faceva difegnando ; nulladimeno dava a
divedere la facoltà del fuo vailo intelletto nella copia del-
le invenzioni .
Vedutofi in uno ilato da poter creicere negli avanza-
menti , volle ritornarfene alla patria , ove pensò con gua-
dagno di buon credito, e di denari portarfi ad un pollo da
poter poi venirfene a Roma ricco di glorie , e con mag-
giore comodità. Ottenne da Signori del Magiilrato di quel-
la Città un opera nel Palazzo Ducale , in cui dipinfe ua_,
iftoria , ο per meglio dire un ideale componimento fpettan-
ie all' amminiilrazione della buona giuilizia di quella He-
publica. Non fodisfece con quella il guilo di quei Signori,
perche di rado, ο non mai Γ uomo profetizza nella pro-
Z 2 pria
-ocr page 197-iSo I E R Ο
pria patria , e per veritcà di quel tempo egli coloriva di non
troppa buona maniera, e li aggiunfe di più, €he ivi dipin-
fe à frefco, la quale operazione aveva poco praticata . Si
avvide egli di non avere incontrato il piacere de'fuoi Con-
cittadini , e parlando a quei Signori, che gli diedero que-
lla occaiìone , con qualche alterezza ( vizio del quale fu
gravemente incolpato ) diiTe : tornerò a Roma, ed ivi ftu-
dierò nel colorire quant' ho fatto nel difegnare , ed allora
fpererò darvi guilo , quando farò da voi riconofciuto nel
prezzo adeguatamente . Irritò non poco la Signoria una rlfpoila
così rigida j quali fentendoiì rimproverare avarizia nella ri-
cognizione delle altrui fatiche, e per Γ iananzi fecero di
lui pochiiilmo conto . Sicché egli dicendo a propofito quel
trito proverbio, Lucca ύ rividi ; tornoiTene a Roma , e fi
diede con più fervore allo fludio . La fortuna , che vuole
'anch' eiTa la fua parte nelle umane contingenze, gli fu po-
co amorevole» ne gli fomminiiìrò mai materia da poteri!
guadagnare un aura fufficiente a buoni avanzamenti, nè fep-
pe mai acquiftarfi un appoggio , dal quale poteiTe eiìer fol-
levato . Quefta fventura nacque forfè dalla Tua troppo fa^
ilofa prefunzione , unita ad una femplice naturalezza così
pura , che veniva battezzata per rozzezza ► S' aggiunga a_3
quello che egli non feppe eiTere di quegh' fcaltri, che fan-
no portare nelle labbra il rifo tenendo fotto il mantello il
rafojo , 0 la fcure per recidere , e troncare l'altrui ripu-
tazione , e buono incamminamento,
Fu il Tefta di nobile , ed elevantiifimo ingegno , ed
inclinato grandemente alla Filofofia , il qual genio gli face-
va amare la ritiratezza e la folitudine, e quefto fu il fuo
maggior male ; perche non mai voile accoraodarii al cor-
teggio delle anticammere. Se Pietro aveiie attefo allo ihi-
dio delle lettere , avrebbe m eiie fatto grandiirimo profit-
to i nientedimeno fenza i dogmi fcolaftici difcorreva aiTai
fenfaiamente di materie foiiftiche , e follevate j ma perche
E A, iBi
non aveva apprefo i precetti di buona regola, ed i princi-
pi di real difciplina delie fcienze , fcoprivaiì per Io più di
foverchio audace , volendo oftinatamente foftenere le fuo
male ordinate ragioni j tuttavìa dichiarava così il valore del
fuo ingegno atto a poteriì render capace di qualunque
fcienza . Faceva di quando in quando vedere di fua mano
qualche operetta, e molta lode ne riportava, ma trovando-
iì fcarfo di occafioni, e di favori diedefi ad intagliare all'
acqua forte, ed avendo dipinte alcune iftoriette di copio-
fe, e ricche^ invenzioni , intagliò quella di Adone, e Ve-
nere con un gentile fcherzo di vaghi puttini. Riufcitagli di
un taglio affai leggiadro , e guilofo diede diletto a molti ,
iìcchè egli inanimatofi a queilo , diedefi ad intagliare diver-
fe altre favole , e concetti di fuo capriccio col più bel mo-
do , che fia flato veduto giammai , moilrandofi vero padro-
ne del difegno , e del brio di maneggiare l'ago, e il trat-'
to neirintaglio . Pubblicò tra gli altri il fuo primo concet-
to della Teorica, e della Pratica, efplìcate con varie ef-
preflloni nel famofo Liceo di Pallade con il motto Intelli-
genza ed ttjo. Rapprefenta ivi una nobile bruttura dì un ric-
co edificio , e d'intorno le iilorie fignificantì le azzioni va-
r ie di perfetta fcienza . In mezzo ha collocato il iìmulacro
di Mmen^a , e d'intorno ricca quantità di Sacerdoti , e di
facrifìcj , e per alcuni gradini che fìnge , che portano nel
piano del Tempio , gruppi di figure con varie operazioni
matematiche , ed aflronomiche , così bene accomodate con
abiti , e coftumi adequati, che fe fi foffe veduta di lui un
opera fimile dipinta con quelle ragioni, che vogliono i co-
lori , avrebbe del certo acquiilata grandiiTima riputazione ·
Ebbe in quefta il penfiero (per quanto fi vede) alla famo-
fa iftoria di Raffaele nelle ftanze Vaticane, dove finge l'u-
nione fcolaftica, che fanno infieme li Teologi, Filofofi , e
g'ì Aftronomi detta dal volgo la fcuola di Atene , non
effendo per verità quella pittura altro , che quando S. Paolo
ι8ζ R Ο
giunfe fuggitivo in Atene, e predicò al pubblico in quella
Città la fede di Crifto . Fu allora Γ Apoftolo dai Filofofì
Epicurei ί e Stoici condotto nell'Areopago, cosi detto dal
Tempio di Marte, luogo , nel quale fi trattavano le ma-
terie criminali > ed ivi i Filofofì, e gli Oratori il trovava-
no a difcutere le caufe , e le altre materie fpettanti al
buon governo » Quefta è Γ idea della pittura di Raffaele ,
benché in altra forma defcritta da Giorgio Vafari .
Ma tornando a Pietro j nel fagrificio d'Ifigenia, e nel-
la adorazione', che fecero i Re Magi al noflro Redentore,
che intagliò dopo , diede a divedere il fuo buono intepidi-
jTiento, e gli ingegnofi partiti, co'quali fi rifolveva nel com-
ponimento , accompagnando tutto il ricco, ed il vago , che
a quello fi richiedeva » Dipinfe intanto a frefco nella Chie-
fa imperiale di Roma detta S. Maria dell' Anima la prima
Cappella a mano finiilra nell' entrare pel Cardinal Franzoni
Genovefe, le quali· opere , morto ch'egli fu , ad iftanza del
fratello di lui furono gittate a terra con difpiacere di alcu-
no , e fatta da quello Signore di nuovo dipingere la me-
defima Cappella da Giovanni A4iele Fiammingo . A dire il
vero non avea fodisfatto il Tefta con quefta fua opera il
gufto de'ProfeiTori , e quella bravura, che moilrava colla
penna, e collo ilile , fi convertiva in altrettanta freddura^
nel pennello , e nel colore . Perciò egli , che conofceva il
vantaggio della fua abilità , feguitava ad intagliare giornal-
mente qualche fuo nuovo capriccio, avanzandofi con quefto
nel buon credito al maggior fegno ; ma con ciò non fi
tolfe giammai dal concetto cattivo, nel quale era tenuto,
di umore ftravagante , e fiero .
Con quefte fue carte andava bufcando il vivere , non
potendo molto farlo colle opere di pittura, attefochè non gli
venivano fomminiilrate occafioni j ma pure andava fempre
facendo qualche piccola cofa . incominciò ad intenerire il
taglio con lungo efercizio, e diedefi a fare de' rami grandi
tutti
-ocr page 200-alessandro AlgaRdI; 183
iiitÉi di concetti ideali, e poetici di fuo capriccio, difficili
alla dichiarazione ; fi vede per altro in quei componimenti,
( trattone il trionfo della pittura dedicato a Moniignor Euon-
vifi , il quale fu poi Cardinale , che molto lo favoriva ) che
egli voleva Tempre eiprimere Γ opprefìlone della virtù , il
trionfo del vizio, le fventure, le poche comodità , e lo
miferie del virtiiofo ; materie nelle quali aveva egli ben pra-
tica a cagione del fuo povero flato ; e così sfogava il pru-
rito del fuo genio , e Γ afflizzione deli'animo fuo . La co-
pia dell'invenzioni, la nobiltà del componimento, e la vi-
vacità delle efpreffioni , che egli faceva vedere in queili
intagli , fi può chiaramente rilevare dalle fue opere mede-
iìme , le quali non hanno bifogno di defcrizzione andando
giornalmente per le mani degl' intendenti con pregio di iìn-
golarità . E a dire il vero , in altro Pittore non fi è vedu-
ta^ mai così gran vaftità di penlleri, idea cosi nobile, e co-
sì pellegrina , ne così fublimi invenzioni, avendo Pietro in
quelle fue opere tutti gli accompagnamenti , che a buon
Pittore convengono , nella ricchezza degli abbigliamenti ,
nella copia degli abiti, nella diftribuzione delle parti, nel-
la efpreflione degli affetti, nella nuovità del portamento ,
e neir accompagnamento vario, ed ingegnofo di tutto quel-
lo , che fi richiedeva alla fua iftoria ; difegnando mirabil-
mente , paeft , e tutto ciò , che per necefsità da perfetto
Pittore fi richiede . Fece vedere una ftravagante chimera
del fuo cervello , e fece conofcere quanto aveva acquiftato
nello ftudiare le opere di gran xVlaeftri , e fuli'antico , for-
mandofi da fe medefimo una maniera di buon garbo . Non
fi fece conofcere cosi povero di talento , e di fpirito da
ftarfene feccamente imitatore della maniera di un. fol Mac-
ero , come accade a molti , li quali non lafciano trovare
iie' ioro lavori novità neflfuna , ne alcuna curiofità, che fìfsi
maraviglia, e con piacere i riguardanti . in ogni iito-
ria, che egli faceva , inferiva alcuno de'fuoi concetu poe-
tici
tS4 R Ο
tid , ed arricchiva il componimento di fantafie , il quale ufo
non viene da tutti lodato, defiderandofi il puro cafo fenz*
altro accompagnamento j non eiTendo da tutti intefe le lon-
tane intenzioni aggiunte di capriccio proprio alla pubblica
narrazione deiriiloria, che viene rapprefentandoiì, Di que-
llo non debbo io dare definizione , perche non trovo degno
di biaiìmo quello , che ingegnofamente accompagna il pro-
prio componimento con qualche vago concetto di fuo , ne
meno dee biafìmariì, chi non vi aggiunge alcuna cofa , ba-
fìandogli la nuda efprefsione del fatto j poiché ciafcheduno
opera colla facoltà del fuo fapere, e del fuo gufto , lo per
altro farei di parere, che nelle iftorie , ο facre, ο di altro
genere , non fi doveiTero aggiungere mai altri capricci poe-
tici per non confondere Γ intelligenza degl' imperiti ; maj
folo concederei quella libertà nelle favole, e nelle cofe idea-
li , Così fece il Domenichino delle Virtù Cardinali nella
Chiefa di S. Carlo ai Catenari, allorachè alludendo all' im-
prefe , ed all' arme de' Borromei , cavò fpiritoll concetti
adequati al propoiito di ciafcheduna di quelle virtù , men-'
tre per altro fi nioftrò neir iftorie rigorofo oiTervatore di
quelle, e le efpreiTe col dovuto decoro mirabilmente .
Dipinfe Pietro a S.Martino ai Monti un quadro nell'Al-
tare accanto alla Sagreftia, allora che il P. Maeftro Filippi-
ni Priore perpetuo di quel Convento (che fu Generale ) ri-
ilaufò , e fece adornare, come oggi iì vede la detta Chie-
fa , e fecevi S. Alberto nell' orrore d' una felva , ove gli
iì moftra il Redentore del Mondo con ' un vago fcherzo di
putti, e di Angioli di maniera^aiTai gagliarda, e di molto
buon gufto con qualche maeftria . Si compiacque di queft'
opera aiTai il Priore , e pensò di valerfi di lui nella Tribuna
già dipinta da altri , della quale fece Pietro uno fpiritofo
penfiero, e pcnfava di rapprefentare una gloria del Paradi-
fo con lìfcir fuori da queir ufo commune delle nuvole in-
cominciato dal Correggio rdicendo efee un goffirsimo er-
rore
testa. iSf
rore che il Trono luminofo delia SS. Trinità, e la Patriaj»
de Beati , eh' è luogo tutto ripieno di tranquillità, e di fe-
renità perpetua, iìa circondato dì nuvole , che altro non in-»
dicano , che turbolenza , ed oicurità . Non sò veramente
come foiTe potuto rìdurii in pratica quello fuo penfiero ,
così bene ideato col difcorfo, dandoft quella licenza al Pit-
tore per dare qualche eiTenza, e qualche forma ad una co-
fa incomprefa , e non materiale ; mentre pure fi cade nel
medefimo errore dipingendo Γ Eterno Padre in umana for-
ma , e medefimamente gli Angioli , eiTendo quelli incor-
poree e pure fpirituali foftanze. RiuCcì al fudetto Priore di
iiiperare il naturale di Pietro foverchiamente irrefoluto , e
lungo nella concluiìone dell' opere Tue , e benché in que-
ito non avelie da lui intiera fodisfazzione , pure ne ricavò
alcuni quadretti di cofe , che doveva porre in opera per lui »
di affai belle invenzioni, e buona maniera.
Seguì fempre ad intagh'are , e facendo giornalmente
uicire al pubblico alcune delle fue rare invenzioni afifai va-
lutate dagli uomini d'ingegno , e di fmcerità , li guadagnò
buona fama ( come in eiFetto egli era ) di grand' uomo ;
ma non potè per quello mai iiberarii dalla peiTima calun-
nia , che gli aveva fabbricata la nimica fortuna del fiiiiftro
concetto di eifer tenuto altero ed irapratticabile . Dipinfo
nella Chiefa di S. Crocè della fua nazione de' Lucchefl un
quadro nelT Altare alla mano dritta nella feconda Cappella
entrando, quando Maria Vergine fu prefentata al Tempio,
In quello quadro vi è molto di buono , quanto al com-
ponimento , ed alfa invenzione in quella fua maniera, e ad
ogn' altro farebbe ilato fufficiente ad arrecar grido <ii buo-
na fama ; ma quella peffima fatalità , che Taccompagnò fem-
pre nelle fventure , non volle mai eh' egli foHevaiTe il ca-
po . Ebbe veramente il collume alquanto rozzo ; ma
non iniquo , e maligno , come fogliono alcuni con faccia
^' ipocriti, e di amorevoli , li quali ingannano colla dop-
quali
A a
ι8<ί I R Ο
piezza della iìmulazione ^ nella faa apparenza ( eiTendo
d'un certo, afpetto fecero) pareva che aveiTe del fiiperbo,
e del temerario , ma nel trattar fuo riufciva aiTai dolce ,
docile X ed umano . Quella impreiTione di eiTere ambiziofo
non fi ftaccò giammai dalla mente di molti, e da tutti del-
la profeOìone era tenuto in fimile concetto , ficchè gli fu
impoflìbile togliere da fe quella finiilra fama . Tante con-
trarietà di fortuna la affliiTero fuor di modo > e dopo aver
data fuori la carta di Proferpina di aÌTai bella maniera , e
di ricca, invenzione , per isfogarfì diedefi ad intagliare la_9
vita di Catone Uticenfe» e ne pubblicò quattro ftampe, ef-
fendofi ftabilito farne una dozzina , cominciando dalla na-
fcita di quello fina alla morte datai! di fua mana con
apririi il petto, piuttofta che perdere la libertà» Negli ac-
cidenti di queil' iilorie pareva a lui di ritrovare una egua-
glianza di fventure ► Queilo fu quafì un prodigiofo vaticinia
della fiera, ed ultima difgrazia , che lo aipettava , perche
svenda data in un eitrema malinconia nel vederfi così
maltrattato dalla ibrte , e conofcendoii non privo di meri-
to , quaii fi abbandonò affatto, e allontanatofi dal commer-
cio , fe ne andava folitario ne luoghi li più ritirati. 11 pri-
mo giorno di Quarefima dell' Anna Sanio^ 1(^50 fa trovato
afiogato nel Tevere dalla parie della Lungara vicina alia
Chiefa de SS.Romualda,, e Leonarda de'Camaldolefi qua-
ii su Ja riva, ma del tutta veftita col mantello addofib ^
Diede quefìa fua morte a molti gran foii^etta, che egli di-
fperato non fi foiie annegato da fe medefirao , ed alcuni male-
voli fi diedero a favoleggiare , che egli preparaiTe queila
tragedia con eipreiTe dimoilrazioni , cioè con abbrugiarej
i fuoi difegni , con licenziarfi dagli amici con parole am-
bigue , ed altre apparenze fignificanti , Pretefero altri, che '
r aveiTe voluta indicare colle carte di Catone da lui inta-
gliate prima di queilo difaflro^ calunnie tutte ed invenzio-
ni de'maligni . Altri indegnamente ridevano di tanta iTia
difgra»
-ocr page 204-τ E s Τ Α. IS7
difgrazia degna di effer pianta, e commiferata da ogni no-
nio onorato , e da ogni criftiano ) mentre , non fapendofi
il modo reale > ed effettivo , fu trovato un uomo dì quel
valore j e di così bel talento morto così miferabilmente, e
nella frefca età di quarantatre anni incirca . Poco difcorrerc-
mo deir opere fue, attefo che il maggior credito confifte
nelle carte da lui efquiiìtaraente intagliate , avendo avute
fcarfifiìme occafioni di dipingere j sì' in pubblico , che in_»
privato, Reilò un fuo nipote dal canto di Padre chiamato
Gio. Cefare Tefta , e diedefi anche egli ad intagliare in aC'
qua forte alcuni de difegni di Pietro in quella fua maniera
con molta imitazione j ed anco ha intagliato il ritratto del
Zio, come fi vede pubblicamente , Quefti ciTendo giovanet^
io di frefca età morì Tanno raa di morte non tan-
io degna di compafiione ,
ΑΝ.
χ-
A a ζ
-ocr page 205-xES
PITTORE,
Morì Ρ Anno 16%
Ngelo Carofelli , del quale intraprendo a de-
fcriverla vita, nacque in Roma Tanno 158^.
Suo Padre fu Rigattiere , e viv^eva d* indi*-
ftrie di bazzarri ; e perche fogliono quefti in
occaiìoni di fuppelkttilì negoziare anche di
quadri , pensò di applicare quello fuo uni-
co figliuolo alla pittura , e Io importunava ad efercitar-
11 in ciò fenza alcuno indrizzo di Maeftro , ne di difcipli-
na , Fu Angelo in tutto il corfo della fua vita molto dedi-
to agli amori, e facilmente s'invaghiva di qualcheduna , e
pafcendofi continuamente di qualche vana lettura de' Ro-
manzi figuravafi talvolta l'incontro di ftrane venture. Ap-
plicò egli per fine ranimo a una giovanetta fua vicina con
teneriilìmo affetto , e defiderofo di fervirla con qualche abi-
lità , rifguardando lo flato fuo non fufEciente per rendere
a quella alcun compiacimento, con una ilrana generofità fi
diede fieramente allo ftudio del difegno per potere ^coir
acquifto di queil' illuftre efercìzio fare guadagno dell'amo-
re della fua diletta . Quella occafione tanto leggiera , gli
fu nn acutifsimo fprone , che lo follecitava a maggiore^
avanzamento , e confumava le notti intiere in un laborioib
iludio difegnando, fe non altro la propria mano , e ritraen-
do fe medefimo alio fpecchio. Conofceva, che malamente
poteva avantaggiarfi fenza la guida del Precettore , e ben-
- che
ANGELO CAROSELLI. '
chè la icorta del naturale , alla cui vera imitazione egli s'
incaminava , fia l'unico efemplare da feguitarfi ftudiofamen-
te, tuttavia è neceÌTario allo ftudente la voce viva del Mae-
ftro per apprendere i precetti, e le buone regole, ed av-
vertimenti come anche per evitare gli errori , e le fpia-
cevolezze .
Si diede a moilrare alcuna volta de'fuoì difegni a^
Francefco Pietra Santa Fiorentino Scultore del fuo tempo
in qualche credito , dal quale traiTe molti documenti eiTen-
do quefti aiTai erudito, ed intelligente ; ma eleggendo per
proprio genio il fare di Mlchel'Angelo da Caravaggio > fof-
fe ο il più facile , ο di fua maggior fodisfazzìone, fi die-
de alla totale imitazione di quello. Come incominciò a di-
pingere da fe medeiìmo alcune bagattelle , fece ufo di una
maniera affai tagliente, e duretta , che nel progreiib del
tempo andò addolcendo, e la refe più pailofa, a fegno ta-
le , che da Oratio Borgiani fu prefo un fuo quadro per Ia-«
voro del Caravaggio , dal che Angelo pigliò grand'animo,
Queft' uomo , che per naturalezza non ebbe altro genio, che
dì compiacere alle donne , trafcurò il guadagnarfì amici ,
che lo ajutaiTero a fare fcelta di un Signore, che lo folle-
vaiTe j in modo , che nelle ritiratezze di una camera, in-
tento alle fue amorofe contemplazioni, ed al difegno fe ne
viveva folitario, e provando fempre fcarfezza di occafioni
dell'opere fi andava trattcDcndo in cofe piccole, e di poco
momento . Incominciava a dar faggio di fe , ed acquiftare
qualche ftima apprefso li ProfeiTori , quando cangiato dal fuo
antico affetto fi diede ad amare una giovane Mefsinefe , la
quale ( eiTendo già morto il Padre ) ottenne per moglie
fenz' altra dote , che quella della bellezza . GÌ' incommodi
della povertà , e li pochi favori della fortuna , non gli fe-
cero troppo aver caro quello matrimonio, e provando con-
tinui difagi, e niiferie fentiva amareggiate quelle dolcezze ^
che guftò in quei defiderati fponfali . Si rìfoivè d'abbando-
nare
ΐρο A Ν G Ο
nare la Patria colla speranza di trovare altrove la Madre,
giacché provava la propria per Madrigna ma nel cangia-
mento del luogo trovò per fempre compagna la fua ftella
infaufta , Andojflfene a Napoli dopo eiTerfì trattenuto qual-
che anno in Piedemonte de Liio > ove lavorò parecchie co-
fe , ed ebbe da queila fua moglie tre figliuoli mafchi
ed una femmina , ma itando medelimamente nelle fue fo-
llie fventure ftabili di tornarfene a Roma , ed aflìcurarc
al miglior modo lo ftato fuo.
Il genio de* fuoi amori non s'intepidì ne cogli anni ,
ne col godimento della propria conforte j ma collocando
del continuo gli affetti in altre ^ toglieva a fe medefimo ,
ed alla moglie Ja quiete per le torbidezze della gelofia ,
iicchè egli per non udire di continuo rimproveri di quel-
la, ne potendo regolare la fua inclinazione flava fempro
dipingendo fuori di cafa, ora in qua , ed ora in la . Gli
toglieva quefto Π concorfo , e per lo difordine del viver
fuo fcapitò molto neir intereiTe , Ebbe occafione di opera-
re per Monfìgnor Fagnani da Sant' Angelo in Vado , allora
Prelato fopra la Congregazione de'Vefcovi, e Regolari, e
per lui fece alcuni quadretti di aiTai buono flìle , e grazio-
fa maniera, faporitamente dipinti3 ed e/Tendo egli di grato
trattenimento nel difcorfo, e faceto nel dire pieno di mot-
ti arguti ^ e di vivezze , guadagnò aiTai Γ affetto di quel
Prefeto, che era uomo di gran valore, e di merito .
fti lo portava con gran violenza, e lo defiderava in poilo
di buona fortuna , procurandogli occafioni continue il man-
teneva in qualche credito. Ma ò che la fortuna non yolef<
fe in neiTun modo eiTergli favorevole, ò che alcuna volta
Γ uomo è fabrjo a fe fteiib della propria forte , non potè
mai avanzare la fua condizione. Fece alcuni quadri per Io
Re d* Inghilterra, che fu jx^i decapitato, e diede in quei
paefi affai fodisfazzione, onde i fuoi lavori andarono qua-
li al pari delle cofe più preziofe j che erano in quella real
Gai-
-ocr page 208-alessandro AlgaRdI; 191
leria . Alcuna volta fece delle opere, che pofe in dubbio
i»arteiìce di quelle , anche al giudizio de'piu periti, Alcu-
ni il calunniarono, che egli pretendeiTe d'ingannare colIa_?
faliìtà deir invenzione de* rari Maeftri la pubblica fede , e
che ardiiie di voler vendere le cofe di fua mano per ope-
re di Titiano, del Correggio , di KafFaele, ο di altro fimi-
le i ma queflo non caddè mai nella fua mente , eiTendo
egli uomo iontaniffimo da ogni intereiTe , ed avidità del de-
naro , anzi neiTano fu più di lui trafcurato e non curante
del comodo, VifTe fempre con tanta itoica Filofofìa > che
ebbe più del Diogene , che del Seneca morale , ed abban-
donando del tutto ogni luiTo veftiva alla guifa quafi de Gi-
nofofìftì, ficchè per lo più era figura ridicola > e di poca
riputazione » Quefto difprezzo delle pompe non Io toglieva
dal brio delle amorofe delizie, ne volle mai , che il fuo
cuore viveiTe oziofo fenza qualche trattenimento di nuovo
oggetto; e non curando altra fodisfazzione, che il piace-
' re dolce della villa , e delle converfazioni di quelle che ama-
va , andava del continuo fpendendo il tempo in queftì dol-
ci traftulli»
^Dipìngeva con grande arduità, e diletto ,, quando at-
torniato da vaghe Donzelle veniva lufingato da qualche dol-
ce viila , ο da foave parola * accrefceva il contento col pia-
cevole racconto di qualche novelletta , la quale faceva fen-
tire con aiTai graziofa narrativa . Fra tante ilie ftrane f\ren-
ture fu feliciffimo nella memoria, e molto fi compiacque
delle poefie , e benché foflfe fenz" alcuno iludio, ebbe però
per naturai talento aitai cognizione delle belle lettere .. Neil'
operare non era molto follecito , ne arditoma dipingen-
cio lentamente andava quafì lambendo coi pennelli Γ opera
iua ; tuttavia operando amorofamente rendeva le fue cofe
, affai ben condotte , ed a gran finimento . Defiderava la con^
Verfazione, e molto più dipingeva volontieri in circolo di
amici, che foloj ne affaticava l'intelletto nell'anticipazio-
ne
ipa A Ν E Ο
ne di quello , che doveva mettere in opera , quanto al
coinponimento con difegni in carta , ne con altri lludj di-
igregati dall' opera , ma nel quadro medefimo li ftabiliva,
e tutte le fatiche le riduceva al pennello : cofa non molto
da feguiril j perche per ^sfuggire alcuna prima fatica , pa-
re , che Γ uomo iia neceffitato operando faticar maggior-
mente , trovandofi fempre irrefoluto nella determinazione »
In cofe piccole, e nelle mezze figure prevalfe più , che in
altra , poiché concludendo aiTai efattamente , e riducendo
le partì eftremé a gran fine ( benché con lunghezza di tem-
po ) rendevate opere fue degne di ammirazione · Tutta-
via quello ftile è poco vantaggiofo per acquiftare ricchezze ;
poiché non baila il prezzo , ancorché profufo a pagare il
tempo che vi fi impiega, e faticando aÓai , ed eiTendo fo-
disfatto degnamente non fi può fupplire al neceiTario bifo-
gno . NeiTuna cofa gli fu favorevole , ne vide mai all' ini-
qua fua forte volger la faccia con qualche benignità j anzi
incontrò fempre maggiore fventura in quelle occafioni, che
potevano eiTer credute più vantaggiofe . Egli pertanto am-
maeftrato dall' iniquo tenore della fua ilella , sfuggiva fem-
pre gì' incontri di qualche favorevole congiuntura , perche
( diceva ) non temere lui qualunque finilìro avvenimento'.
Accomodò però ranimo a quelle fue ftrane rlfoluzioni , e
con un dolce rifo foiFriva con pazienza tutti i colpi, che->
gli venivano dati dalla fempre nimica fortuna , ed ag-
giuilando lo flato fuo alla parvità de' favori di quella, non
applicò più l'animo a defiderar cofa alcuna ; ma vivendo
alla giornata s' era già gettato dietro le fpalle, quello, che
gli poteva fuccedere . Quella fua pacifica fofferenza nelle
miferle non fi confaceva molto co! genio della fua moglie,
che defiderava comodità maggiori , e vita di meno ilen-
to'j e perciò pungevalo di continuo co'rimproveri di pigro,
e di uomo da poco , ed egli maggiormente la tormentava
( oltre le frequenti gelofie ) con dirle , che i di lei peccati
lo coftituivaoo in tante fventure Voi-
caroselli.
Volle Iddio dar fine a quefte lor gare , e chiamando
a Te la moglie il fe rimaner libero da queilo pefo , della
qual perdita non godè , ne fi dolfe . Poteva con maggior
comodo coltivar Γ efFeminato fuo genio , fenza lo fcrupoio.
di coniugale oppofizìone, e vìiTe alquanto rilaiTato in cafa_>
di quell' Agoftino Taflì Pittore a motivo di una donna, che
quegli teneva appreiTo di fe con peffimo concubinato. Vi-
vente la moglie aveva perduto totalmente Γ affetto alla fua
famiglia, e tutto dedito ai piaceri di quel peffimo poftribo·»
lo , trafcurava ogni dovuta convenienza all' età fua , ed al
fuo ftato, Rimaito vedovo , e cangiando fortuna le cofe
del TaiTi, diedefi a nuove pratiche, e ad amori novelli 9
tanto che una fera volendo accompagnare alla cafa una fuà
favorita , nato non sò che diiturbo domeftico tra parenti
di quella , per troppo volerfi interporre in una rilTa fucceilà
tra di loro , ricevè un colpo di taglio da una fpada , col
quale perdette due diia della mano deftra , il che fecegU
notabile nocumento per Γ operazione del dipingere j ma pe-
rò fofFerfe quefto danno con una non credibile tolleranza.
In fine trovandofi avanti coli' età ? e volendo dar qualche
termine a quelli fuoi difordini , oltre che trovava^ mal fa-
no, e difettofo in più parti del corpo, fi ftabilì per le fe^
conde nozze , e pigliò una giovine figliuola di BaldaiTar Lau-
ro Fiammingo Pittore di paefi . In quefto modo aggiufta-
tofi al genio di quella pofe fine ad ogni altra diffipazione .
Incominciò ìi fermariì nella propria cafa , e dipingeva di
continuo con grande aiTiduità , e del fuo onorevole guada-
gno viveva quietamente, e con fommo fuo gufto .
Neir iftruire altrui aveva grande attività ; perche di-
fcorrendo aiTai bene aveva grand' ordine di parole per ren-
der capace chi riceveva i fuoi ammaeilramenti . Intende-
va aiTaifsimo teoricamente i particolari più neceiTarj deir
arte j e fe aveiTe avuto tanta facoltà da porre in efecuzio-
il fuo dotto intendimento avrebbe riportato de'vanti inag-
giO'
Β b
-ocr page 211-. A Ν G E L Ο
giori · Nientedimeno era erudito Maeftro , faceva aiTai be-
ne di ritratti , ed oltre alla fomiglianxa gli conduceva ad
una efattifsima perfezzione . Non molto prevalfe nel frelco,
forfè perche non ebbe occafione per guadagnar quefta pra-
tica , e neir opere grandi fcoperfe qualche freddezza , ej
povertà di itile . In fine eiTendo ridotto air eftremo, fian-
co quafi mifero , ed efofo a fe medeiìmo per le malattie,
e continue fciagure , dopo non lunga infermità , con aiiai
aggiuftata difpofìzione ( eiTendo egli divenuto di eftrema bon-
tà di cuore) d'anni feiTantotto fe ne morì l'anno
Lafciò agli eredi fuoì il mifero avanzo della fua povertà ,
e fu dagli amici , che lo conofcevano pianta, e vivamente
fentita la morte fua , reilando tra Γ ombre del fepolcro ,
non in tutto ofcuro il fuo nome, /
7 Poche occafioni ebbe il Carofelli di operare in pubbli-
co , e del fuo vi fono fcariìfsime memorie. In fua gioventù
dipinfe nella Chiefa Nova di S.Maria in Vallicella nella Cap-
pelletta a mano delira nell' entrare , dov' è il quadro del
Caravaggio fopra la volta nel mezzo una Pietà , e ne due
lati > due Profeti ; ma di queil' opera egli non difcorreva
giammai . Gli fu dato col mezzo di Monfignor Fagnani da
dipingere uno de' quadri piccoli ne' bracci del Tempio di
S, Pietro in Vaticano , e fecevì S. Stanislao Re di Polonia in
atto contemplativo, che però non è delle cofe migliori di
fua mano . Sopra la porta del Convento nuovo de* Padri
Cappuccini, vi è un fuo quadro ad olio ove è dipinta l'im-
macolata Concezzione di Maria , da un Iato il Serafico
Padre S.Francefco , e dall'altro il gloriofo S.Antonio dì
Padova . In S. Francefca Romana detta la Chiefa di S.Ma-
ria Nuova in Campo Vaccino fono tre tavole di fua ope-
ra nelle tre Cappelle a finiilra nell' entrare . In una vi è
S. Gregorio Magno , che celebrando all' Altare la S. MeiTa
libera le Anime dal Purgatorio ; nell'altro di mezzo una
toge di Santi, e Sante Martiri nel Giappone 3 e nel terzo
eh' è
-ocr page 212-caroselli.
eh' è ultimo la Rifurrezzione del noftro Salvatore Gesù Cri-
flo ; le quali, per eiTere egli allora diffipato in altri penfie-
ri, dipinfe con poca attenzione . La prima è quafi tutta di
mano di Francefco Lauro, che fu fratello dell'ultima fua
moglie. In Napoli nelle cafe de* particòlari lì vedono del-
le-opere fue di aiTai buono itile,-e sfinite ; ed in Ferrara.,
nella Chiefa Epifcopale in uno degli Altari della Crociata
vi è del Carafelli un Angelo Cuftode . Come diiTi , in In-
ghilterra vi fono alcuni pezzi di fua mano aiTai ben termi-
nati , Dilettoiìì di riftaurare li quadri, ed aveva molti fe-
greti da pulire , e da imitare le maniere antiche . Aveva
fquilita cognizione dello itile de' celebri Maeilri sì della
fcuola di Lombardia, come di quella di Fiorenza, e di RO'
ma , tanto che la fua perizia fu in grande ftima. Era divenuto
in fine il Carofelli aiTai moderato , e fofFerente nelle difavven-
ture , e di qualunque ingiuria , ed o0efa fofFerta non pensò
mai di vendicarfi . Lodava ciafcheduno della profeiTione, e
nel dire il fuo parere dell' opere di altri fu aiTai guardin-
go . Si raoflrò fempre lontano dall' invidia , e dalla mali-
gnità , fu aiTaiffimo amorevole, e caritativo, e benché lo
fiato fuo foiTe piuttofto bìfognofo , niilladimeno ogni giorno
faceva delle elemofine . Ngn fi curò mai impacciarfi neir
altrui faccende ; ma fu amico della quiete . ViflTe alla fi-
ne obbedientiffimo ai Sagri Dogmi della Chiefa giornal-
mente divoto , e coi Santi Sagranienti di queita morì la^
fciando due figliuoli mafchi , uno de'quali attefe alla prò-
feiHone, benché con poca riufcita,
Β b 2
ALES-
-ocr page 213-1^6
SCULTORE,
Mori V Anno
LeiTandro Algardì fu nomo di prefenza gratii-
iìma , a fegno che s'invogliava di pratticar-
lo ciafcheduno, che ne acquiftava la cognizio-
ne . La fua patria fu Bologna Città , nella^
quale fono fempre fioriti artefici fublimi , e
fu dì famiglia civile , Applicofli fin da fan-
ciullo al difegno , e fotto la direzzione di Ludovico Carac-
ci fi portò a qualche perfezzione ; ma il fuo genio partico-
lare lo fpinfe fempre alla fcultura più , che ad altra ope-
razione . Davafi continuamente a modellare colla creta nel
quale efercizio riufciva aifai fpiritoib, e di un gufto iquifi,
to. Per avanzarfi maggiormente all'acquifto della intrapre-
fa profeffione, dopo eiTerfi trattenuto qualche tempo in Man-
tova al fervizio di quel Duca fi trasferì in Roma per aver
comodità di ftudiare fulle famofe ftatue, che in eiTa fi ve-
dono in tanta moltiplicità . In quel tempo era qui in Roma
la maggior parte della fcuola de'Caracci , ed ancora alcu-
no di loro , e come fuoi paefani, ed amici faceva l'Algar-
di capitale della loro direzzione, e favore. Andava di quan-
do in quando modellando alcuna delle ftatue più celebri di
Homa, e ne faceva ancora bravamente di propria invenzio-
ne . Non avendo allora di cafa fua molta comodità per man-
tenerfi dei proprio ; fi andava addetrando in fare dei mo-
del·
alessandro AlgaRdI; 197
delletti per gli Orefici , e per altri, che facevano getti di
metallo , e così fe la paiTava alla meglio, che gli era pof-
libile .
Perchè fu fempre dì genio ameno , e dedito alli pia-
ceri della converfazione, godeva fommamente del tratteni-
mento degli amici, ma per lo più della profefsione, e fe
non altro di quelli che erano ben eruditi nel difegno. Tra
i fuoi più cari erano Emilio Savonanzi, e Gio. Battiila Rug-
gieri detto del Gefsi, ambedue Bolognefi , e Pittori, l'uno
e Γ altro di qualche valore nell'arte, ma fventurati a gran
fegno ; e percTie anch' egli era nel numero dei poco fortu-
nati , fe la pailavano unitamente in amicizia , benché non
fempre in compagnie troppo efemplari . In quel tempo Do-
menico Zampieri dimorava in Roma, e fi tratteneva fotto
la fua direzzione il fuddetto Gio. Battifta del Gefsi, di cui
lì valfe nell'opera di S.Andrea della Valle, com'anche in
quei tondini in S. Silveilro a Monte Cavallo, che dipinfo
fuccefsivamente al lavoro di S. Andrea . Sotto quei tondi è
una nicchia , nella quale pensò il Padrone della Cappella
porre una ftatua per ciafcheduna, e quella di ftucco . Tan-
to ajutofsi Γ Algardi, che col mezzo del Domenichino ne
ottenrje due, le quali fono la figura di S. Maria Maddalena
in atto piangente, e l'altra S. Gio. Evangelifta . Nell'una,
e nell' altra fi fcorge un vivacifsimo fpirito, un gallo aifai
iaporito , ed una elezzione ingegnofa , e da Maeftro, co-
me anche una intera perfezzione nel difegno . Fu per que-
lle due figure in qualche modo conofciuto, ma non molto
guadagnò di profitto alle fue fortune , Intanto tra Gio. fiat-
tiila Ruggieri, e il Domenichino nacque qualche difcordia,
dalla quale fucceiTe una rottura fcoperta, ed in fine una-?
inimicizia palefe . Ebbero principio quelle turbolenze , e ciò
fia detto di paffaggìo, per alcune male fodisfazzioni che pre-
tendeva di ricevere Domenico dal Gefsi , e tra le altre fi
dolfe an giorno che , ciTendofi Gio. BattiJla ridotto alla per-
fez-
-ocr page 215-ιρ8 ALES S ANDRO
fezzbne fotto la fua fcuola, ed indrizzo , fopportaiTe con
un contraiTegno di eftrema ingratitudine di eiTere ^chiamato
del Gefsi, come allievo effettivo di quel Maeftro, il qua-
le' appena aveva per poco tempo praticato, e non di lui ,
dal quale aveva ricevuti tanti beneficj, e favori. A quello
rifpofe il Ruggieri j può far di meno V. S. di farfi chia-
mare il Domenichino ì ed egli gli rifpofe , che nò , Così
replicò quegli ; io non poiTo fare che non mi chiamino del
Gefsi. Gradì poco quefta rifpoila il Signor Domenico da lui
chiamata difpettofa , e del tutto fi allontanò dal praticarlo ·
Seguitava il Gefsi a converfare coli' Algardi nella formaj
medeiìma , che aveva fatto per l'innanzi. 11 Domenichino ,
che aveva concepito odio contro il Ruggieri, guardava con
mal'occhio anche Γ Algardi, perche avrebbe voluto , che
eiTendo Gio. Battifta in rotta con lui , aveiTe lafciato la fua
amicizia per compiacere al fuo genio , ed al fuo fdegno
verfo del Gefsi . Avvedutofi Alefsandro delle groiTezze del
'Domenichino verfo di fe , incontrandolo a S, Maria Mag-
giore , ed avendolo riverito , avvicinatofi a lui gli difse }
Signor Domenico per quanto pofso avere di ine mcdeiìmo
notizia , e dall' efame di mia cofcienza , io non ho memo-
ria di avervi oiFefo in cofa alcuna , ne avrei mai potuto
commettere tal mancamento colla perfona voftra , mentre
a voi mi profefso tanto obbligato ; onde non sò rinvenire
la cagione, perche vi dimoftriate in tal guifa di me mal fo-
disfatto . Si kfciò intendere il Domenichino , che non fi chia·
ina va oiFefo in altro da lui , fe non che feguitafse anche Γ
amicizia, e la pratica di Gio.Battiila , mentre che egli fapeva
le rotture , che erano pafsate tra di loro . Rifpofe l'AIgar-
di con grande fpirito : Per la parte mia io farei molto con^
tento > che quelli, che ii dichiarafsero miei nemici j pra-
dcafsero fempre cogli amici miei , perche allora mi rende-
•rei iicuro degli avverfarj ; ma quando io vedefsi alcuno ,
che mi vuol male, praticare col mio nemico , farei ne-
cefsi-
-ocr page 216-alessandro AlgaRdI; 9
cefsitsto a temere , che ambedue, come miei maievoli,
fi uniiTero a macchinarmi (jualche ruina . io non ho ceca-
iìone di abbandonare la pratica di Gìg. Battifta, perche mi
è cara la fua converfazione , ed è mio buono amico , ed
afficuratevi, che trattandofi della voftra perfona, ed io ,
e il Gefsi ne parleremo fempre con quel rifpetto ^ che fi
conviene. Ammutì Domenico a quefla rifpoila , e fi partì
da lui poco contento, perchè avrebbe voluto cavarne, una
promefla di mai più non praticarlo j ma era per verità que-
ita una pretenfìone indifcreta.
SucceiTe iìi quefto a Domenico Zampieri Γ occafione
della Cappella del Teforo di Napoli, e conclufe le conven-
zioni fi partì da Roma per quella volta lafciando TAlgar-
di, ma più di lui il Ruggieri con mala fodisfazzione . L*
occafioni dell'Algardi erano di non molto riguardo, e ben^
chè egli foiTe un uomo d'ingegno pellegrino, di fpirito fol-
levato , di gufto efquifito, e di fapore non ordinario, tut-
tavia la fortuna molto non Γ afsiileva . Mancando dunque
air Algardi altri lavori ft andava trattenendo in modelletti,
li quali conduceva ad una perfezzione maravigliofa > ed in
particolare li putti li faceva di un guilo , che non avevaj
pari , Poco intanto fi occupava nel lavoro del marmo noti
avendone occafione . Li fuoi emoli, che ai valentuomini non
mancano , prendevano motivo di dire che Γ Algardi nel
marmo non aveva troppa pratica , e che lo maneggiava con
qualche freddezza , ο con poca maeftria . In queilo tempo
morì GIo. Battila del Gefsi , ed Emilio Savonanzi fe ne an·»
dò nella Marca ad operare in una occafione , che gli fece
pervenire alle mani Andrea Sacchi Pittore in quei tempi
di grande ilima 5 e in quefto modo rimafe Γ Algardi privo
di quella amicizia colla quale perdendofi nel pafsatempo di
donne, e di altre ricreazioni trafcurava qualche poco queir
afsiduità, eh' è necefsaria ad uno ftudio così laboriofo.
Stando così applicato gli furono propofte alcune occa-
^ · fioni
2 00 [A LE SSANDRO
iìoni di lavoro di marmo ; una fu S. Paolo in atto di eise^
re decollato, e la figura del manigoldo, che gli tronca la
teila j le quali figure andarono a Bologna nella Chieia de!
detto Santo * L' altra fu il Depofito di Leone XI ch'è quel-
lo, che oggidì fi vede nella Chiefa di S.Pietro in Vatica-
no vicino alia Cappella de'Signori Canonici come la defcri-
veremo a Tuo luogo . La terza S. Filippo Neri in atto con-
templativo con un Angelo accanto inginocchione , che gli
prefenta un libro nel quale~ è fcritto minàatomm tuo-
rum cucurri cum àilatafiì cor meum , e quefta è in faccia
alia fagriftia della Chiefa Nuova, di figura afsai più gran-
de del naturale. Tutte quelle occafioni benché fofsero con-
fiderabili per acquiftare buon grido al Tuo nome, erano pe-^
rò così tenui nella ricognizione, che il prezzo di loro non
baflò a fupplire alle fpefe che vi aveva impiegate . Quefto
non ottante portò avanti qualche tempo , tanto più che li
andava trattenendo in modellare , ed in riilaurare delle fta-
tue antiche > per ritrarre da ciò il guadagno necefsario a!
fuo mantenimento. Da ciò fu che prendevano occafioni li
malevoli di dire , che l'Algardi fi vedeva confufo nell'ope-
razione de' marmi . Per ifmentire quella ingiuria fece in
pietra di paragone la figura di un putto, che dorme , ii
quale rapprefenta il fonno grande poco più del naturale, ed
è così ben condotto , e lavorato, che non incontrò nell'ap-
plaufo dell'univerfale altro , che lode, ed encomj , e queft*
opera fu polla nella Villa de Signori Borghefl a Porta Pin-
ciana. Ufci in iilampa un libretto d' una raccolta di com-
ponimenti poetici deir Accademia de' Letterati di Perugia
melTe infieme dal Signor Scipione della Staffa per fare ono-
ile ad un uomo dì tanto merito , ed in particolare vi fon
molti di quei componimenti in lode di quella figura del
fonno . L' Algardi ricevè tanta cortefia dell'amico con una
modeilia afsai difinvoltà, e non ne fece una pompa fallofa,
come fogliono fare gli ambiziofi ·
Si
-ocr page 218-alessandro AlgaRdI; 201
Si andava a gran fegno avanzando nel credito > per-
che dava a divedere nelle opere fue una fquifitezza di gu-
ito Angolare , efifendo fcelto nell' elezzione , nobile nelP
idee e nell'aria delle Tette , graziofo negli accompagnamenti,
e ricco in un certo fuo modo di panneggiare, che alletta^
va j ma però fi vedeva in lui poco progreiTo nella fortu-
na , e benché conofciuto, quanto più fi addeftrava per fol-
le varfi nel pofto, altrettanto era oppreiTo da quelli che pon
levano fentire qualche gelofia per i Tuoi avanzamenti.
Mori in quelli tempi il Pontefice Urbano Vili , elisi
viiTe nel Pontificato anni 21 , e gli fucceiTe Innocenzo X
della famiglia Panfil; . Con quello Papa fi apparentò imme^
diatamente il Principe Nicolò Ludovifìo nipote di Grego-
rio XV, il quale per tutto il tempo , che viiTe Urbano fu
neceiTitato com' efule ilarfene ramingo fuori dello Stato Ec-
Clefiailico j e profeiTando aperta inimicizia colla Cafa Bar-
berina , quafi ad onta loro ottenne per moglie la Princi-
peiTa D. Coftanza Panfilj nipote , per parte d' iin fratello
carnale d'Innocenzo . Queito Principe eiTendo Bolognefe ,
come Γ Algardi fu di molto vantaggio ad AleiTandro , ed
eiTendofi anche unite a fuo favore altre congiunture gli fu·
rono tutte infieme quefte cofe di gran follievo. Monfignoc
Segni anch'egli Bolognefe , che era pure amiciiTimo di Alef-
fandro , fu fatto Maggiordomo del Pontefice , ed il Prio-
re Zambeccari, ancl^* egli fuo parzialiflimo , pafsò nell'iftef-
fo tempo alla carica di Vice-Cailellano > ed e/Tendo pure
Bolognefe , tanta unione di amici , e di amici potenti fu
per Γ Algardi il principio di molti avanzamenti nel nuovo
Pontificato. L' introduÀTero quefti Signori dal Pontefice , c
lo fecero contrarre fervitù con D. Camillo Panfilj nìpoto
carnale d'Innocenzo , che fu Cardinale per lo fpazio di un
anno intiero . Nel bel principio del Pontificato del Zio fi
diede il Signor D. Camillo alla fabbrica di una fua villa
fuori della Porta di S. Pancrazio , dove aveva già la Ca-
C c fa
-ocr page 219-fa Panfilia' una- vigna ? alla quale anda\ra ipeiTo Innocenza
quand' era Cardinale a trailullarfi per vivere lontano dalla>
corte > e dal commercio , Ebbe la cura Γ Algardi dell' in-
drizzo di quella fabbrica , e la ibpraintendenza di tutta Γ
Architettura ; ma perche in quella facoltà non aveva mai
avuto impieghi di neiTuna forte , e foiiì non ci aveva ge-
nio particolare , benché foiTc egli dotato di gran talento ,
pure diede ad altri la cura di queftMmprefa , riferbandoiì
di eiTerne egli come il principal direttore . Qiieiì* opera non
rìufcì mai di tanta magnificenza , grandezza , e maeilà ,
quanta fi richiede in ima Villa di Principe grande j ma fi-
nita comparve piuttoilo deboluccia, povera, e mefchina in
riguardo al fito d'una campagna, e d'una vaila apertura;
e trattone qualche ornamento, anch* eiTo di maniera me-
fchina , benché di guilo buono, riufcì fempre accompagna-
ta per ogni fua parte dalla mendicità . L'AIgardi vi fece
alcuni baffi rilievi di ftucco, ed anche vi fece fare da al-
cuni fuoi giovani con fuo difegno particolare in un lungo
ordine di fontane, che fono in un viale di detta Villa , al-
cune figure pure di ftucco in dìverfe occafionì.
In quefto tempo il Senato Romano decretò di erigere
ima ftatua di bronzo al Pontefice Innocenzo in fegno di
o/Tequio ? per avere la Santità Sua fatto erigere nel Cam-
pidoglio il braccio , che refla in faccia a quello de* Con-
fervatori di Roma fatto già col difegno di Michel' Ange-
Io Buonarroti di cosi mirabile architettura ; opera veramen-
te degna , e che rende perfezzione , ed ornamento al Cam-
pidoglio , e vaghezza a tutta la Città . Il Senato eleiTe per
i' opera dì queila ftatua , come nella fua vita diffi , Fran-
cefco Mochi Scultore di quei tempi in qualche ftima per le
opere già fatte da luì, ed efpoile al pubblico ; e perche
daiTe principio a farvi iludio di modelli, ed altro gli fpe-
dì un mandato di 200 feudi al Banco del Serj allora De-
pofitario della Camera · Avuto il Mochi queilo mandato
tra-
2 02?"
"1
-ocr page 220-A R D %oi
mfcurò di andarne a rifcuotere il denaro, ο foiTe per ne-
gligenza , ο per boria di non parerne bifognofo non fecej
quello, che li conveniva alla ibllecitudìne dei negozj. rì«
faputofì queilo fatto dall'Algardi ? e forfè anche per profit-
tare della trafcuratezza del Mochi, ftrepitò cogli amici, e
colli padroni, come di un torto notabile fatto alla fua per-
fona, eiTendo in quel tempo nel poilo della fervitù di Pa^
lazzo, ed impiegato all' attuale fervizio degl' iftefll padro-
ni . Tanto fi adoperò colla forza delle fue iftanze , e con
quella del favore de' fuoi amici, che il Mochi andando a!
Banco per rifcuotere la moneta col fuo mandato trovò ef-
ftre flato ritrattato-il negozio, e che il Cafiiere aveva ri-
cevuto ordine nuovo di non pagarlo. Turbatofi il Mochi ,
e faputo dove veniva il difturbo fe n' andiede immediata-
mente dairAIgardi, col quale teneva per qualche anno una
ftretta , e cordialiiTima amicizia. Non gli fu permeiTo mai
Γ abboccarfi feco , perche AleiTandro fapendo incito bene
quello , di che voleva parlargli , non fi lafciò trovar più ,
ed a bello ftudio sfuggì a tutto potere d' incontrarfi feco ,,
Stancatofi di queilo il Mochi, e fatto avveduto che fe gli
rendeva impoiÌìbile il fodisfarfi con uno sfogo φ parole , in-
cominciò a feminarne doglianze pubbliche con ciafcheduno,
ed in particolare cogli amici fuoi più cari j e con quelli più
parziali dell' Algardi, a fegno tale, che diftribuendofi que-
ili in fazzioni , in voce , e colle fcrjtture oltraggiavano,
e difendevano, chi l'uno, e chi l'altro. L'efito di queilo
fuche AleiTandro ebbe l'opera, e il mandato delli dana-
ri li quali rìfcoiTe fenza alcuna tardanza.
Diede principio al lavoro , e per farlo con cogiodità
migliore gli fu aiìegnata la fonderia Vaticana, la quale ten-
ne fempre per Γ addietro il Cavalier Bernini . Dopo gli ilu--
dj antecedenti neceiTarj ad ogni operazione per renderla per-
fetta, pofe mano al modello in grande , in quella proporzio-
t che doveva eÌTer l'opera per formarlo , e gettarlo di
204 ALESSANDRO
cera per allotarlo dopo , e fare la forma dalla quale iì ca-
va la figura di metallo, Quando fi venne airoperazione del
getto, ο foiTe inavvert&n-za,-ο trafcuraggine , ο poca prati-
ca , andò il tutto in conquaiTo , e la fufione del metallo andò
difperfa col diftruggimento della forma, e con una perdi-
ta confìderabile . Si pubblicò quefto accidente eiTergli acca-
duto per divina permifsione in pena della ingiuftizia da Alef-
fandro commeiTa di togliere ad altri , e con male ar-
ti , ed in particolare ad un amico le occafioni , che già
erano in fuo potere anzi il Mochi ne faceva rifate con
grandifiìma fua fodisfazzione . Quanto a quefto non sò chi
poiTa afsicurarfi del giufto giudizio di Dio , ficchè poiTa di
fatto chiamare fua permifsione una cofa, che può nafcere
con molta facilità da un puro accidente ; ed io non voglio
entrare a decidere fe Γ Algardi faceiTe male , ο bene a
procurare per fe queir opera adducendo per fua difcolpa ,
che eiiendo egli in quel tempo al fervizio attuale de' Pa-
droni , e trovandofi fempre occupato al comando di quel-
li , impiego dal quale riceveva fcarfifsima ricognizione, gH
pareva di ricevere un affronto fe capitando un occafione ai
Padroni medefimi egli fe ne vedeifc vergognofamente efclu-
fo . Dall' altra parte il Mochi non aveva il torto nelle fuc
doglianze , perche avendo egli di già queil'opera nelle ma-
ni , ed avendone per ficuramento Γ arra di un mandato di
200 feudi fi vedeva in un certo modo tradito dall'amico,
e fotto buona fede ,
L'Algardi fi fentì aflTai tormentato dalla pafsione di
quefta difgrazia avvenutagli nel fondere la ftatua , e per
molto tempo ne ebbe qualche afflizzione ; ma rincorato , e
confortato da fuoi buoni amici con offerte amorevoli di
ajuti, di denari, e di altre aififtenze , fattofì animo , in-
cominciò di nuovo ad applicarfi all'operazione, ed in poco
tempo fe iie cavò fuori con ogni fodisfazzione , e lode,
eiÌeiK^ogli riufcito il getto del iiietallo perfettamente, e ri-
pulì-
-ocr page 222-R D I. 20f
pulita , e terminata la ftatua fu pofta nel Campidoglio con
applaufo univerfale , ed approvazione tanto del Senato ,
quanto dì tutto Palazzo , eiTendo riufcita veramente un-,
opera affai ben condotta , e di buona perfezzione.
Racconfolatofi per tale efito felice , e per la ricogni-
zione avuta di quefta Tua opera famofa , fi accalorò mag-
giormente in profeguire il fuo avanzamento , e pensò a fta-
bilirii in un pofto da non temer più gli oltraggi di una
forte perverfa. Pafsò per lui Monfìgnor Segni offic; di mol-
ta efficàcia a fuo favore col Pontefice , e tanto Γ infinuò
nella fua buon^a grazia, che introducendolo un giorno a ba-
ciare il piede a Sua Santità , dopo averlo il Papa raccolto
con amorevolezza , e dopo eiTerfi ftcfo in molte Iodi del
fuo valore colle proprie mani li pofe al collo una catena
d' oro di prezzo dì 200 feudi in circa , che teneva fopra
d'un tavolino coperta da un taffettà , alla quale era atta-
cata una Croce , e lo dichiarò Cavaliere dell'abito di Cri-
ilo . PartitoiI allegro Γ Algardi dopo di avere ringraziato il
Papa di tant' onore , e di tante grazie lafciò da quel tem-
po in avvenire vcderfi per Roma colla Croce al petto, ed
al mantello , e ricevendo dagli amici congratulazioni cor-
dialiffime, acquiftò il nome pubblico di Cavaliere, Il Mo-
chi amareggiato da quefte novità con un rifo fimulato an-
dava beffando quefta elezzione dicendo 5 che aveva faputo ,
le Croci effere ftate^ anticamente il patibolo dei ladroni j
ma che adeffo incominciava ad imparare , che le Croci era-
no cangiate in loro onorcvolezza .
Aveva Γ Algardi portato avanti fino a quel tempo Γ,
opera del Depofito di Leone XI , perche effendo fcarfo di
comodità baftanti a potergli dar compimento per lo poco
utile , che ne ritraeva, non poteva arrivare a ridurlo alla
fua perfezzione j ma trovandofi allora col caldo di qual-
che denaro, e col comodo della fonderia vi fi occupò in
tutta diligenza per terminarla > ed impiegandoii egli me-
deiì-
-ocr page 223-■ζοό A L E S S A Ν D R^ Ο
defimo nella figura del Pontefice, il quale afi^fo in Sedia
Papale, era in atto di dare al Popolo la benedizzione, ej-
nel baiTo rilievo, che è nella facciata dell'urna, come an-
che nei putti, che reggono Γ arme del Pontefice in mez-
zo alla nicchia, diede da fare le due figure di qua , e di
là dall' urna a due giovani fuoi difcepoli . La figura della
generofità, che tiene in mano la cornucopia in atto di ro-
vefciarla con alcune monete , che vi fono dentro , diede
a fcolpirla a Giufeppe Peroni Romano giovane di grande
fpirito , ma di poca prudenza, il quale morì non molto do-
po la morte del fuo Maeftro ; e quella che rapprefenta la
maeftà del Regno diedela ad Ercole Ferrata Milanefe, che
riufcì un uomo di valore, e di ilima j e così terminato il
depofito Io efpofe al iìio deftinatogli con acclamazioni non
ordinane di applaufo generale.
Nacque in quel tempo che fu per l'Anno Santo deli<?<o
quella rivoluzione di Napoli così prodigiofa, che io mi af-
licuro che nel tempo futuro farà tenuta per una favola ,
cioè 5 quando un giovane della plebe, e di poca età in fo-
li otto giorni fi fece padrone di un Regno sì vailo , e fu
efattamente ubbidito da quel popolo di Napoli tanto nume-
ro fo , e tanto poco regolabile . in quelle turbolenze molti
fuggirono da Napoli per porre in ficuro la vita, vedendola
in pericolo così manifefto fenza altra cagione che il capric-
cio di un pazzo infuperbito per lo favore d' una cieca for-
tuna , ed alcuni ne vennero a Roma . Tra gli altri vi ca-
pitò uno Scultore nipote di Giuliano Finelli chiamato Dome-
nico Guidi , il quale avendo già qualche efperienza nella
profefsione, per non perdere l'acquiftato , s'introduiTe coli'
Algardi, dal quale fu ricevuto con qualche amorevolezza
trovandofi in neceiTità di giovani, attefo che il Peroni che
non iì portava male , era poco applicato al ben fare . Tro-
vandofi il Guidi apprefib Γ Algardi ftimò quella occafione
molto profittevole per li fuoi Interefsi, e fi diede a fervir-
alessandro AlgaRdI; 207
lo nei bifogni di lavori con grande afsiduità e diligenza, di
modo che in breve guadagnò tutta Γ affezzione del Mae-
ftro, il quale defiderava un giovine della fua qualità , ed
aflìitenza . Fu dato intanto ali* Algardi il lavoro di quel
mirabile baffo rilievo ( fe pure può chìamarfi così un la^
voro di marmo fi ben condotto di tutto rilievo ) deirillo-
ria di Attila, che al prefente forma uno de' più belli or-
namenti nel Tempio di S. Pietro in Vaticano , ed avendo
Γ aiTegnamento di cento feudi il mefe ben pagati fi diede
a queft' operazione con grande affiduità . Si valfe in quello
lavoro dell* ajuto del Guidi , il quale più di ogni altro gii
fu di gran follievo , particolarmente in certo tempo che
gli convenne fermarfi qualche mefe in Ietto inchiodato dal-
ia podagra . EiTendo finalmente guarito , e tornato al lavo-
ro , lo vide portato così avanti dalla diligenza di quello ,
che fi flupì parendogli , che una fimile fpeditezza richie-
deiTe qualche anno di ailìilenza , e più s* accalorò nell' af-
fezzione verfo del Guidi . Si conduiTe finalmente alla fua
perfezzione un opera cosi confiderabile nello fpazio di po-
chi anni , e riufcì veramente in modo che nella grandez-
za della mole non ha la fomigliante ne tra gli antichi ,
ne tra moderni Scultori . Rapprefenta il Tiranno Attiia_>
quando efl'endo incontrato nelle rive del Pò dal Pontefice
Leone I reità atterrito dalia vifione di due Perfonaggi ce-
lefti , che lo minacciano dall'alto colie fpade nude in ma-
no j acciocché defiila dall' imprefa di condurfi coir efercito
in Roma a danni di quella Città, e furono quefti li due
principali Apoftoli S. Pietro, e S, Paolo , Viene accompa-
gnato il Tiranno da quantità di foldati, e il Pontefice Leo-^
ne in abito Pontificale affiftito dal Clero lo ilà efortando a
non profeguire Γ intraprefo cammino , mentre egii di già
fpaventato per la vifione rimane atterrito , e confufo , Que-
lla opera riufcì a quel grand'uomo di fquifita maniera , e
condotta a un cilrema perfezzione a fegno che non è mai
' ■ - ( a 'pa-
( a parere dei più faggi ) per temere il paragone di qua-
lunque altro benché celebre, e rinomato Scultore. Io mi
aflìcuro, che queila lode, che con tanta icarfezza impiego
in un lavoro così mirabile non farà mai derifa ne dall*
invidia, ne dair ignoranza . Dopo che V Algardi ebbe ter^
minato quefto lavoro , guadagnò col mezzo dì tanti Principi,
ed altri fuoi parziali, e divoti, fortunatamente una lite di
qualche confiderazione in Bologna fpettante ad alcuni fuoi
interefìì ereditar;. Così cogli acquifti delle fue fatiche , e
con quella tale eredità fi trovava Γ Algardi alcune miglia·
ra di feudi . Quanto iìa miferabile Γ umana condizione β
può da lui ritrarre come da un argomento infallibile ; per-
che quando egli lì trovava fcarfo di denari , e di follievi
di fortuna viveva fpeniierato , e contento ; venutagli in ma-
no quantità di monete , ed arricchito di applaufi, e di fa-
vori ii diede ad una vita folitaria, e malinconica , tormen-
tandoli per non fapere il modo di bene impiegare le facol-
tà fue.
Aveva Γ Algardi un fratello carnale chiamato Gio·
Giacomo , uomo di fpirito quanto alla fua vita , ma difap-
plicHto , e dedito ai piaceri . In quel tempo per altro , in
cui AleiTandro combatteva colla fua lite, quefto fratello gli
fu di grande utile, e di giovamento ; perche facendo egli
da follecitaiore in fare che li Procuratori fi trovaiTero pron-
ti all'udienze, f che gli Avvocati tcrmìna/Tero con preftez-
za le loro fcritture , facendo anche da copifta nello feri-
vere tutte le informazioni rotali, portò ad AleiTandro, ed
a quel fuo affare non pìccolo vantaggio . Con tutte quefte
fatiche veniva Gio. Giacomo fempre fgridato, e rimprove-
rato come di un mangia pane a tradimento , avendo dato
AleiTandro in una avarizia fordiiTima ; della qual cofa Gio,
Giacomo fi affliggeva notabilmente ; tanto più che fi vede-
va in neceiiìtà di chiedere al fratello infino un groiTo e non
li vergognava Γ Algardi tutto collerico di domandargli che
cofa
1ο8
alessandro AlgaRdI; 209
cofa ne voIeiTc fare ; ed egli una volta irritato riYpofe ;
voglio comprarmi una carrozza a fei . Finalmente per tan-
ti dirgufti, fatiche , e per Γ età accompagnata da molte
indìfpoiizioni quefto fratello fe ne morì j ed allora 9 che lo eb-»
be perduto , Aleifandro Io pianfe come non dì rado accade «
Aveva anche una forella carnale chiamata CaiTandra ρ
rimaftagii fola dopo la morte della madre , e il era qiiail
invecchiata in cafa , ed era quella pure a lui dì gran
comodità per le cure domeftiche, c neceiTarie. Quefta re-
fafi impaziente per le male fodisfazzioni, che riceveva dal
fratello, divenuto no/ofo al maggior fegno, ed anche per
qualche altro motivo , diede nelle fmanie così fmoderato
di voler marito , che il povero Algardi non aveva più luo-
go da poter capitare, che dagli Amici, da'Padroni, da'Re-
iigiofi, e dall' ifteiTo fuo Confeflfore non veniiTe fubito tor-
mentato col difcorfo di pretto maritare la forella, perche
ne aveva bifogno. Annojato Γ Algardi da tante iftanze li
moftrava colla forella turbato , e più che mai iracondo »
ed ella più accalorata nelle richiefte di maritarli ; ma egli
moitrava non aver genio col partito propoftogli, ed ó per-
che gli difpiaceiTe veramente levarfela di cafa , ο perche
non aveiTe notizia intiera delle qualitcì dello fpofo andava
differendo la conclufione di tale trattato , In fine Monfignor
Segni, ed un P. Gefuita Io coftrinfero con certe relazioni,
ο fuppoile j ο vere , che trovandofi egli colpito nel vivo
della riputazione, fu neceiTitato ad impegnare la parola per
quefto ftabilimento . Conferì AleiTandro tutto il fatto con Do-
menico Guidi -fuo Difcepolo, e confidente , che egli tene-
va continuatamente a tavola feco , e lo pregò ad informar-
li di quello fpofo , ed a rendergliene notizia intiera. Gli pro-
mife il Giovine di farne le fue diligenze, e di fervirlo coti
ogni puntualità , e fede ; e prendendone informazione, gli
riferì colla verità del fatto eiTere quefti non beneftante, c
abituato nella pratica di una donna di mala vita , lo che
D d per-
-ocr page 227-2 IO Ar L E S S A .N D R Ο
perciò dava fofpetto che avrebbe confumato con quella tut-
to Γ avere della dote della moglie, onde il Guidi erortolla
ad aprir bene gli occhi fui trattato * A queile relazioni ύ
raffreddò AleiTandro, e fi ailenne dalla conclulione ; di che
avvedutaiì la forella , Monfignore, e quel P.Gefuita conce-
pirono mal anipio col Guidi, fofpettofi di quello, eh' eraj
in effetto, e replicate le iftanze all' Algardi con doglianze
della fua mancata parola il necefsitarono a ilringere queilo
parentado , benché contro fua voglia , e con eilremo difpia-
cere · Avendo AleiTandro dovuto sborfare una dote propor-
zionata al fuo grado , e per la partenza della forella rima^
ilo folo in cafa j e fenza donne , che badaifero a piccoli
fuoi affari domeftici , diede in una malinconia così trava-
gliofa per tanti penfieri che Γ affliggevano , che nello fpa-
2Ìo di pochi mefi dopo il maritaggio della forella cadde in
una fiera indifpofìzione. Voleva egli dariì animo , e folle-
varfi in qualche maniera col divertimento fenza far cafa
del male , ma fopraggiuntagli la febbre gli convenne fer-
marfi nel letto . La febbre 11 avanzò a fegno , che divenu-
ta maligna , ed eiTendo fpedìto dal Medico era ridotto a
mal termine , e venendo efortato coir iftìgazione della fo-
rella > c del cognato a non far teftamento , ma di lafciare
CaiTandra aiToluta padrona , e difpotica deireredità, il Gui-
di introdotto a lui, com'era folito , il configliò a far te-
ftamento , ed a mettere in ficuro grinterefsi dell'Anima,
Gradi egli queft' amorevole configlio, e facendo veni-
re per opera dell' ifteffo fuo giovine il Notaro , lafciò agli
Orfani di Bologna una certa porzione così perfuafo da Mon-
fignor Segni ; benché egli aveiTe qualche altro penfiero per
fervizio dell' anima fua, e lafciò di più la collana, che gli
diede Papa Innocenzo, a S.Filippo Neri. Indi a poco venen-
do vifitato dal Principe D.Camillo Panfilj nipote d'Innocenr^
20 X , che gli mandò la fua benedizzione -, eiTendofegli ma-
lignata la febbre morì nel mefe di Giugno nel 1(^54 lafcian-r
do
-ocr page 228-^ A L G A R D I. iit
do erede del rimanente delie fue facoltà la forella ifteiTa ,
che fu cagione della fua morte Aveva già legato il fuo
ftudio dì modelli a fuoi difcepoli , li quali allora erano Do.
menico Guidi , Ercole Ferrata, Girolamo Lucenti, e Pao.
lo Crinieri, trovandoli in quel tempo per fuo capriccio il
Peroni nella Svezia, e tra loro Te lo divirero .
Il Pontefice Innocenzo mentre l'Algardi aveva conclu-
fo il modello del baiTo rilievo in S. Pietro andò in perfo-
iia a vederlo dentro lo fteccato , e fu per V Anno Santo
15^0, e quando Io fcoperfe terminato, riiornò a vederlo
accompagnandolo con lodi lingoIariiTìme. Diipiacque gene-
ralmente la fua morte, toltone agli emoli fuoi, che fe ne
rallegrarono ; ma gli amici più cari pianfero amaramente^
per la perdita di così grand' uomo , La fua età poteva ef·^
fere di cinquantacinque anni incirca , e fu fentita con di-
fpiacere quefta morte , perche la giudicarono cagionata da
fe medefìmo per eiTeriì tanto tormentato in una cofa di sì
poco momento.
Aveva avuto da D. Camillo Γ incombenza della Ghie-
fa di S. Nicola di Tolentino , ed egli vi fi era adoperato
neir Architettura del maggior Altare , e ne modelli delle
figure di marmo , che fono in quella nicchia di mezzo ,
delle quali figure una rapprefenta Maria Vergine , e le al^
tre S. Niccola , con S. Monaca , e S. Agoftino inginocchioni
avanti la Vergine, che ila adorando. Il lavoro del marmo
di quelle figure è di Domenico Guidi , e di èrcole Fer-
rata come anco il Padre Eterno nel timpano j e l'Algardi
non vi ebbe altra parte che la fopraintendenza, e la direz-
zione de' modelli di fua propria mano . Li due Angioli ,
che fono fopra il frontefpizio, fono di mano , e difegno di
Francefco Baratta, Difegno, e fantafìa dell' Algardi è tut-
to r Aliare, e le parti laterali, la volta, e tutto Γ ordine
di quelli ftucchi dorati, che vi fono nelli quali fi intreccia
rimprefa dell'arme Panfilia, ed anno, benché dopo la fua
mor-
D d a
-ocr page 229-morte, fcguitato il rimanente di tutta la Chiefa in quella
forma , che AleiTandro Γ incominciò, fotto Γ afllftenza di
Gio. Maria Baratta.
Molti ritratti fi vedono di fua mano in alcuni luoghi
di Roma parte di marmo , e parte fi vedono di me-
tallo co' fuoi modelli . Nella Chiefa di San Marcello nella
Via lata del Corfo dentro la Cappella de Signori Frangi-
pani , che è dipinta da Federico Zuccheri ve ne fono tre,
ma però quanto alle fembianze fono ideali , e non hanno
fimilitudine di alcuno , perche fono Perfonaggi antichi del-
la Cafa Frangipani, delli quali non fi avea memoria di al-
tro , che de'loro nomi, e dignità, e non fi ebbe altro pen-
fiero, che di perpetuare la ricordanza di quei Signori più
colla fcrittura degli epitaffi, che colla fimilitudine dei vol-
ti . Uno ve n' è di marmo fatto da lui nella Chiefa delliu
Scala nella Cappella laterale deir Aitar maggiore nella par^
te dell'Evangelo , οV* è il depofito del giovinetto Marche-
fe Muzio Santa Croce, che era di quella famiglia, che abi-
ta a piedi di Campidoglio , il quale generofamente reftò
morto in un combattimento nella guerra d' Urbano Vili
contro la lega per non volere come codardo ricever quar-
tiere dagr inimici. Due ve ne fono pure di marmo di fua
mano in S.Maria Maniere nella Cappella vicino alla fagre-
Itia de Signori Patrizj , e ftanno alli due lati dell' Altare ,
ove fono li depofiti di Monfignor Santarelli , e del Signor
Coftanzo Patrizj , che morì nel fiore dell'età fua, c li ritratti
di marmo di tutti due fono pure dell' Algardi. Nella Chie-
fa del Popolo nella feconda Cappella a mano finiftra dell*
ingreiTo , eh' è dipinta da Giovanni da S. Giovanni v' è il
depofito del Card. Mellini che fu Vicario, e il fuo ritratto
eh' è lina mezza figura moftrando ilare inginocchioni oran-
le verfo l'Altare, e tutto l'ordine del depofito è difcgno,
e direzzione di AleiTandro. AppreiTo più vicino air Altare
vi è quello di Urbano Mellini > ma è la fola tefta col bu-
llo.
^IZ
fni
àn;
^ A L G A R D I. iit
fio . Nella fagreftia delk Chiefa Nova fopra U porta dell*
ingreiTo v'è di Aio modello il ritratto del Pontefice Grego-
rio XV di metallo ; ma è mezza figura , poftavi per ricor-
danza benefica , che da Sua Santità fu meiTo nel numero
de Santi S. Filippo Neri. Un altro pure di metallo di Pa-
pa Innocenzo X fi trova dentro il Cenacolo della Trinità de
Pellegrini, ov' è una memoria di lui , con due putti pure
di metallo con fuoi modelli, che foftengono il Triregno ·
Avendo queilo Pontefice aperto le Porte Sante per Γ Anno
del Giubileo i6<^o > fu eretto quefto per lafciar di lui la^
memoria che iìi queir Anno fu a fervire li Pellegrini, con
atto così pietofo , e magnanimo , come fece anche Clemen-
te Vili Γ Anno Santo antecedente , di cui ve n' è pure la
memoria vicino a quella d' Innocenzo .
Fece anche Aleiiandro nel cortile del Palazzo Vatica-
no in un arco di quelle loggie ài primo piano di terra per
ordine del Pontefice Innocenzo una fontana di una certa
acqua che fu ritrovata , degna di qualche memoria , ed
egli vi pofe con fuo difegno tutto quello , che oggi fi ve-
de. Quanto alio itile architettonico ( a giudizio de più pe-
riti deir arte ) pare , che riefca deboluccia, e feccarella s
tanto più rifpetto alla vaftità del fito , dove è collocata ,
che richiedeva maniera più grande , e più maificcia ; del re-
ilo quanto all'ornato riefce vaguccia, e dÌ qualche gullo,
C quel baffo rilievo ch' è nella faccia della vafca delia fon-
te è di fua mano · Altri ritratti fono fuoi in diverfi Palaz-
zi di alcuni Principi ; ma come non efpofti al pubblico ili-
mo vanità il parlarne , perche ροίΓοπο eiTere trafportati da
un luogo air altro, com* è folito delle cofe portatili. Nei
cortile grande del Palazzo oggi de Panfilj nella Via lata al
Corfo vi è di fua mano una fontana di ftucco, ov'ha fat-
to nella cima una figura di una Vergine per indicare eifer
quella fonte dell' acqua vergine detta di Trevi ? e da piedi
due Tritoni che reggono il vafo principale eh' è collocato
214 A ' L E S S A Ν D R ^ Ο
mezzo, e compifce queila fonte dentro un arco ov'è di-
pinto un paefe a frefco di mano di Gafparo Duger cogna-
to di Nicolò Pouffino.
Neir ultimo di fua vita fece li modelli di alcuni ca-
pofochi da gettariì di metallo per lo Re di Spagna , e ne
ebbe Γ incombenza D. Giovanni di Cordova Agente d'Italia
di quella Corona , e Γ Algardi pensò di figurare in eiTi ,
che dovevano eiTer quattro , li quattro Elementi. Egli ne
riduiTe nella grandezza , che avevano da eiiere quelli di me-
tallo , due foli dì fua propria mano , e quefti furono il Gio-
ve , e la Giunone ; il Giìove in atto di fulminare i Gigan-
ti , che iìgnifica il fuoco , e la Giunone attorniata da al-
cune figure , che rapprefentano i venti > s* intende per Γ
aria. Riufcirono di maniera aiTai nobile, ingegnofa , vaga,
e mirabile per la bella invenzione , per Γ acutezza del di-
fegno , e per la maeftria del lavoro , ed al prefente ne van-
no in giro molte forme gettate di cera per ftudio , e cu-
riofità de'ProfeiTori. Gli altri due , l'uno ch'è la figura di
Nettuno tirato da cavalli marini dentro una conchiglia ; e
la figura di Scilla che fìgnifìca Γ acqua , Γ altro che rap-
prefenta Cibele dentro un carro tirato da Leoni col reilo
de fuoi accompagnamenti, che denota la terra , furono ri-
dotti nella grandezza di quella proporzione da Domenico
Guidi, e da Ercole Ferrata , ma dalli modelletti eh' aveva
fatto Γ Algardi prima di morire. QLianto alla cura di get-i
tarli di bronzo prefela il Guidi peritiiTìmo in queft' opera-
zione , così di farli rinettare , e di condurli alla fua per-
fezzione. Fatti che furono ed imbarcati per la condotta di
Spagna , vicino al mare di Genova per cagione di una bo-
rafca fi fommerfe il naviglio colli naviganti che li condu-
cevano , e così tutti quattro gli Elementi reftarono confufi
in un folo , ed andarono a male opere di tanto valore , e
pregio ; fe pure la cofa andò come fu rapprefenrata , e pianta*
Nel 1648 il Card. Mazzarini tentò di tirare l'Algardi
-ocr page 232-^ A L G A R D I. iit
in Francia , e per indurlo a far quefta moiTa gli offerì condU
zioni del tutto vantaggiofe per mezzo dell'Abate Elpidio
de Benedetti Agente in Roma dì quell'Eminenza. Prefentò
quelli all'Algardi un foglio in bianco fottofcritto dal Car-
dinale , fopra !a quale firma poteva feri vere egli di propria
mano tutto il tenore delle condizioni, colle quali bramaiTe
d' eiTer trattato , fenza comprendervi le fpefe del viaggio ,
e l'ajuto di corta. Furojio tante le offerte , le perfuafioni ,
e le fperanze che ne riceveva giornalmente dalli Miniftri
di quella Corona, che pofero TAlgardi in una gran confu-
fione di penfieri , Era già imbarcato , e vogliofo di accetta-
re il partito , e di già aveva follevati li fuoi giovani il Gio-
di , e il Ferrata per andar feco in Parigi, e perfuadeva me
ancora di andare con elfo lui. EiTendo ciò per altro avve-
nuto nelli primi anni del Pontificato d'Innocenzo X nella
fervitù del quale era FAlgardi' ben intrcjdotto trattando
fpeiTo col nipote: > e venendo feco in difcorfo di queilo par-
ticolare , fu da quello diiTuafo a fare tale rifoluzione , e ia'>
fciar Roma nel tempo, che nafcevano per; lui tante buone
fortune , dall' affetto di'un Papa e dall' amore che gli por-
tava il nipote . Tante offerte, tante promeiTe , tante fperan-
ze finalmente lo rimoiTero da quelle fantaiié, e ne difciol-
fe ogni trattato^
Quanto alle^ qualità déirAIgardi fu egli uomo di buo-
na prefenza , affabile nel, tratto / piacevole , allegro , acu-
to nelle rifpolìe , faceto , e facile nel converfare j moflran-
do fempre con tutti cordialità di amicizia . Era alquanto
corpulento , e le fattezze del volto grandi, e maeftoie col-
li capelli non copioll, ne fcarii ; di coftumi gentile, nobi-
le, civile nel portamento , divoto , e timorato di Dio j e
benché foiTe nella fua gioventù molto dedito agli amori del-
le Donne , diede poi in una moderazione , e continenza,?
efemplare. Si trattò fempre con civiltà nel veftire , ma
non con maniere vane , e fmoderate , rendendofi fempre ri-
guar-
-ocr page 233-2ld ALESSANDRO ALGARDI
guardevole, e degno d' ogni rirpetto . Mori con fentimea-
ti di perfetto criftiano, con tutti li Sagramenti di S.Chie-
fa, e dal buono fine di fua vita fi fpera che goda al pre-
fente il premio deir eterna falutc. Ha lafciato di fe una me-
moria onorata nel valore de' fuoi difcepoli , e i^iù di ogni
altro Scultore de' fuoi tempi ha formato var; foggetti, che
tengono la profeilìone in un decoro confiderabile , e che
vanno accrefccndo il merito, e il valore della fcultura,
GIRO-
-ocr page 234-217
^Irolamo Rainaldi di cui ora prendo a feri-
vere la ftoria , può dirfi nato neirinduftre
profeilìone dell' Architettura , perche dagli
Avi ne ereditò Γ efercizio . li Padre che>
Adriano Rainaldi chiamavafi , figho anche
egh', e nipote di Architetti, fubito che Io
_ ^ vide in età di renderiì capace di regole ,
e d'iftruzzfone incominciò a fargh' itudiare , l'Architettura,
e praticarla coi precetti, e coli'ufo, rendendolo così a po-
co a poco erudito nella notizia degli ordini, nel ripartimen-
to delle mifure , e nella fimetria delle proporzioni . Am-
maeftrato dal Padre , ed oiTervando il migliore degli anti-
chi , e le buone imitazioni del Buonarroti , di BaldaiTar da
Siena, e degli altri, che l'avevano rifufcitata , incomincia-
va a renderli accorto, e faggio nella perfezzione della buo-
na maniera.
Nella Tua giovinezza era in carica di Architetto prima-
rio il Cavalier Domenico Fontana , lo che fu nel Pontifi-
cato di Siilo V , e perche il Fontana era comunemente oc-
cupato in varie incombenze confiderabili dategli da quel ge-
nerofo Pontefice , fi valeva di molti in fare difegni per oc-
cafìoni diverfe. Era il Fontana a quefto |x)co atto , e pri-
vo anche di quel tempo , che richiede una fiiTa applicazio-
, ne per inventare , e ridurre a compimento un bello , ed
£ e eiat-
-ocr page 235-efatto difegno colle fue perfezzioni, e pulizie , EiTendo Gi-
rolamo di fiimiglia Romana, e trovandoli dà putto nato ,
e crefciuto in queila Città gli fu facile l'introdurfi dal Fon-
tana , il quale era uomo veramente onorato , come ne fa-
rà Tede la leguemte azzione . Avendo ricevuto ordine'dal
Pontefice di fare un difegno per un opera, che pénfava di
effettuare il Fontana ordinò quefto difegno- a Girolamo il
quale era nel fiore della fua età . Si pofe il Rainaldi corij
ogni ftudio, ed afsiduità ad efeguirlo , e quando fe ne vi-
de intieramente fodisfatto , lo portò al Fontana , il quale
10 ricevette con molta cordialità, e contraiTegno di gradi-
mento , ed immediatamente Io fece vedere al Pontefice .
Siilo lo lodò fommamente, e moilrò rimanerne del tutto
fodisfatto , e il Fontana vedendo il compiacimento del Pa-
pa , gcnerofamente e da galantuomo foggiunfe : Padre San-
to non V hò fatto lo , ma Γ ha fatto un Giovinetto Romano ,
che è tutto Jpirito, e voglio farlo conofcere alla Santitk Vojira ♦
Gradì Siilo Γ offerta , e gli fece iilanza, che quanto prima
a luì lo introduceiTe , ed egli conduiTe Girolamo a baciargli
11 piede » Vedendolo il Papa così giovane , e pronto alle
rifpoile di quello, intorno a cui lo interrogava, piacendogli
queir indole vivace , gli ordinò d'incominciare la fabbrica
efpreiTa da lui così elegantemente nel fuo difegno , e da
queila occafìone ebbe principio la fortuna di Girolamo Rai-
iialdi. Queila candidezza, e bontà di trattare del Cavalier
Fontana pronto ad ajutare gli altri della fua profefsione la
vedo reilare in lui unica , e fenza imitazione . Gli altri ,
quando veggiono fpuntare qualche fiore , che poiTa rende^
le ombra di gelofia, procurano non folo dì levarlo, ma di
xeciderne fino fultima radice.
L'occafìone, che diede il Pontefice Siilo a Girolamo
per il difegno da lui fatto d'ordine del Fontana , era di
«na Chiefa in Montalto terra della Marca , in cui era na-
to Sifto, alla quale diede dopo il titolo di Città, e il Rai-
naldi
ziS
R A I Ν A L D I. zig
tìaldi dimorò in detta Terra fino al compimento della fab-
brica . Efercitò per quella cagione dopo del continuo il fuo
talento nelle fabbriche di detto Pontefice 5 ma però fotto
la direzzione del Cavalier Fontana , dal quale fu fempre
impiegato in tutte le occaiìoni ·
Morto che fu Siilo V , al quale fucceiTero Urbano VII,
Gregorio XIV , ed Innocenzo IX che ira tutti tre regnaro-
no pochi meiì , fu creato Clemente VII! della famiglia-?
Aldobrandina j e perche dopo la morte di Siilo convenne
al Fontana fuggire a Napoli per alcune perfecuzioni de'fuoi
emoli , fu eletto dal Pontefice Clemente per fuo Architet-
to Girolamo j il quale era già in credito di perito, ed ac-
corto neir operare . Fu medefimamente per la morte di
Giacomo della Porta chiamato alla carica di Architetto del
Popolo Romano , e durò in detta carica tutto il tempo ,
che viiTe . Volendo II Pontefice fare una Cappella partico-
lare per la famiglia Aldobrandina nella Minerva ^ diede a
lui la cura di architettarla , e di ridurla alla perfezzione^
con fuo ordine, e difegno, ed egli la refe nella forma , che
ora fi vede , coi due depofiti laterali de' parenti di quel
Pontefice , collo fpartimento delle pietre, e colla volta di-
pinta da Cherubino dal Borgo a frefco , e il quadro delF
Altare ad olio da Federico Barocci, in S.Giovanni Late-
rano ebbe la cura della Cappella , nella quale officiano li
Signori Canonici nel tempo del inverno per eiTer più co-
moda , c meno foggetta al freddo , ed è de' Signori Co-
lon nefi ..
Accomodò nel medefimo tempo le Chiane di Fioren-
za ? le quali per la loro iraperfezzione cagionarono quella
fiera , e miferabilc inondazione di Roma a dì 24 Decem-
bre vigilia di Natale nel Pontificato di Clemente Vili , ed
aggiuftò con fua gran gloria le differenze , e gì' intereffi ,
che per quefta cagione paifavano tra il Papa , e il gran Du-
ca di Tofcana . - ^
GIROLAMO
Morto Clemente, che celebrò il decimo Giubblleo dell'
Anno Santo , fu eletto Leone XI al cui breviffirao Ponti-
ficato , fucceiTe Paolo V Romano della famiglia Borghefe ,
e celebrando quefto Pontefice la Canonizzazioiie delli due
Santi Carlo Borromeo, e Francefca Romana , ebbe la cura
Girolamo del ricco , e magnifico teatro ornato pompofamen-
te, e con ogni fplendidezza , com' era il coftume di quel
tempi . Oggi fi è difmeiTa tanta folennità ilimandofi fpefa
fuperflua , e difutile > ma fenza ragione , per lo beneficio,
che ne ricevevano molti operar;, e pel decoro di queil'al-
ma Città.
11 medefimo Pontefice mandò il Rainaldi a. Fano per
Ìa fabbrica del Porto di mare tutto circondato di fortiffi-
me muraglie, e ridotto con eilrema vaghezza . Fece anche
per il medefimo Pontefice il difegno dell' Altare di metal-
lo dorato , ed arricchito di gìoje per la fua famofa Cap-
pella nella Bafilica di S. Maria Maggiore detta Paolina , or-
nata , ed arricchita di ftatue di ftucchi dorati di vario ripar-
timento di pietre , e di celebri pitture , degna veramente^
della pietà, e della magnificenza di così gran Sovrano . Nel
tempo del medefimo Pontefice volando la fama delle fue
belle operazioni, fu richieilo Girolamo a Parma per fervi-
zio di quel Sereniifimo Duca , e portatovifi ebbe fubito Γ
impiego di erigere il magnifico, e fontuofo Palazzo Duca-
le ) che oggi fi vede , e varie Chiefe cofpicue di quella
Città. In Piacenza medefimam.ente follevò dalle fondamen-
ta il Palazzo di quel!' Altezza con grandifiima magnificei>
za . Continuò fempre anche in Roma il fervizio di quel
Sereniflìmo Principe, ed ebbe qui la direzzione della fab-
brica della Cafa profeiTa de'P. Gefuiti congiunta colla beì'-
lifiìma Chiefa del Gesù , difegno del Vignola^. e quefta Ca-
fa fu principiata , e finita colla protezzione , e fpefa del
Card. Odoardo Farnefe.
D' ofdine del medefimo Cardinale fece quella vaghifìì-
210
ma Chìefa in Caprarola a deftra del Ponte nello fcenderej
dal Palazzo, intitolaia S. Silveftro de' PP. Carmelitani fcal-
zi ; nella quale il quadro dell' Aitar maggiore è di Guido
Reni, e nell'Altare a iìniitra dell'ingreiTo vi è quella bel-,
lifiìma opera del Cavalier Lanfranco. In Bologna per la fa-
ma del fuo valore fece la Chiefa dì Santa Lucìa de' Pa-
dri Gefuiti , la quale rìufcì un edificio di bellezza fingo-
lare, e di vaghezza non ordinaria. In Modena col fuo di-
fegno fi avanzò molto il Palazzo di queir Altezza Eilen-
fe fatto con ogni fplendore , e grandezza . Colla fua vi-
gilanza , ed aftiftenza fi fece il Ponte di Terni tanto im-
portante , e maravigliofo fopra la Nera , il quale per eiTer
di una lunghezza confiderabile , è formato di un folo arco
di leggiadra proporzione , e và in piano col pari della.»
ilrada .
Nel Pontificato di Siilo V fotto il comando del Cava-
lier Fontana era Girolamo fempre flato afsiilente al lavoro
del Ponte fopra il Tevere al Borghetto , a cui egli diede
poi perfezzione per la mancanza del Fontana , ritiratofi a
Napoli nel Pontificato dì Clemente Vili, Quando fu aiTun-
to al Pontificato il Cardinal Gio. Battifl-a Pànfilj , che fece
chiamarfi Innocenzo X, per la ftretta familiarità , con cui
il nuovo Pontefice aveva da Cardinale trattato il Rainaldi,
lo fece ritornare in Roma da Parma , e Io dichiarò fuo
Architetto j ma non della Fabbrica di S. Pietro , come ne
fu fofpettaio . Diedegli la cura del fuo Palazzo in Piazza
Navona , il quale fu piuttofto rappezzato che edificato per
alcune ftrane fantafie di quel Pontefice, il quale fu fempre
Principe inefplicabile. Ebbe il Rainaldi anche la cura della
Chiefa di S, Agnefe contigua al fuo Palazzo, ma perche fu
più rigorofo oiTervatore dei comandi del Principe D. Camil-
lo nipote di Sua Santità , che del medefimo Pontefice ,
adirato quefti di tale inobbedienza un giorno che andò a
rivedere quella fabbrica., gli tolfe con ira quell'impiego di
^ ^ ma-
zzi
τιζ GIROLAMO
mano , c lo diede al Cavalier Borromini , ma neppur egli
Io feguitò dopo morto Innocenzo ·
NelI'ifteiTo tempo fi terminò il Campidoglio coli*ac-
compagnamento del Palazzo degrEccelIentifsimi Conferva-
tori alla vecchia fabbrica difegno del Buonarroti, e ne eb-
be la cura , e direzzione Girolamo , ficcome aveva avuta
prima quella della facciata del Palazzo deirEccellentifsimo
Senatore nel Pontificato di Clemente Vili. Finalmente, ne-
cefsitato a pagare l'umano tributo, di una pon molto gra-
ve , e breve infermità morì con fentimento di dolore ge-
neralmente compianto il dì di Luglio Tanno di
anni oitantacinque Fu fepolto nella Chiefa di S. Luca in_»
S. Martina, e tutti gli Accademici afsiftérono al fuo fune-
rale come di compagno riguardevole, e benefattore di quel-
la Chiefa , alla quale lafciò quattro luoghi di Monti . Ebbe
la fepoltura vicino a quella di Adriano fuo Padre . Ha fat-
to ,in più occafioni molte fabbriche di Tempj , Chiefe ,
Cappelle, Monailerj, Altari, Palazzi , e facciate di Chie-
fe -y Opere le quali per eiTere in varie parti, non fi rammen-
tano particolamienie , Fu Girolamo quanto alla prefenza
dì mediocre ilatura, di fembianze non difcare j uomo do-
cile , iiifabìle , e di amorevoli qualità, Amò meglio la pro-
pria fodisfazzione, die una perta convenienza dovuta a per-
fona di propofito j ed ebbe gran diletto della mufica fonan-
do aiTai bene il lento , non eiTendofì ancora a fuo tempo
introdotto l'arcileuto coi bafsi diftefi nella lunghezza del
manico . Non ebbe molta premura di leiaurizzare , ma
lafciò di fe buona fama per la bontà de' coftumi , e molto
difpiacque la perdita di uomo così onorato , e valorofo nel-
la fua profefsione, Ha lafciato un fol figliuolo , il quale vi^
ve al prefente onorato dell' abito de' SS. Maurizio , e La-
baro della Religione di Savoja chiamato Carlo Rainaldi. E'
anch' egli Architetto infigne del Popolo Romano , amato ,
c tenuto in grande ftima da' Principi , e dall' univerfale ;
accora-
-ocr page 240-R A I Ν A L D I.
accompagnato anch'egli dall'ornamento delk mufica , coni'
ponendo con gufto non ordinario le ariette ad una , ed a
due voci, e fuonando fquifitamente il cimbalo , V organo,
Γ arpa doppia, la lira , la rofidra , con maniere rare , e
foavi ; ed è- flato eletto Principe dell' Accademia Romana
neU' anno 1^75. - - - ^ * ^
GIO-
-ocr page 241-214
mm
PITTORE,
Mori Γ Anno ló'^ó^
Eguitando il corfo della mia iftoria m'in-
contro in perfona > che feppe entrare nel
numero di quelli , che fi fono guadagnato
qualche nome , e fu uno degrimitatori del
Bamboccio j ma è folito di chi fiegue al-
cuno di non paiTargli giammai avanti. Quel
fecolo per verità contaminò alquanto
pittura in quella parte , che a lei più fi conviene cioè nella
nobiltà, e nel decoro j perche guadagnarono gran credito alcu-
ni , che fi impiegarono a dipingere li più vili, e baffi ac-
cidenti della natura con efprefiioni abiette, e ftomacofe .
QLieft' opere partorivano più rifate che meraviglia : cofa del
tutto contraria a così maeftofa profefsione.
Giovanni Miele che fu uno di coftoro era Fiammingo ,
ma non faprei dire ne di qual Città , ne da qual Padro
traeiTe Γ origine ; mi fi dice che foiie figliuolo d' un Mer-
cante, ma non ardirei afsicurarlo . Applicatofi alla pittura
ed avendo praticato con Antonio Vandick fuo compatriotta
Pittore affai qualificato , s'imbevvè di qualche jgufto nel co-
lorire ; ma eiTendo ufcito fuori il Bamboccio con un applau-
fo univerfale , fpinto anch'egli da un fimil genio , fi die-
de alla totale imitazione di quello ftile, nel quale non ave-
va bifogno di un certo ilringato , e rigorofo difegno , ne
meno
-ocr page 242-GIOVANNI MIELE· %2i
meno di artificio nel panneggiarci mentre ogni cofa, ben-
ché mal (iifpofta , faceva a propofito per quello , che fi
rapprefentava.
Datofi ad operare in quelle forme anch' egli, vi pre-
fe nome , ed aveva efito delle cofe fue con qualche con-
corfo , tanto più , che in queir iflante mancò il Bamboccio*
che ne era flato Γ introduttore , Tutti li fuoi feguaci face-
vano Crepito con quelle laidezze, che non contenevano iti
loro altro che un brio di colorito , ed uno fcherzo di un
vezzofo pennello . Fu fortuna che quelle pitture erano cofq
piccole > e il tutto fi concludeva in quadretti, che occupa-
vano poco luogo ; ma non recavano però coftoro di infet-
tare alcune gallerie degne di gran j^eribnaggi con quelle vil-
tà , che erano foltante proprie da cafali , e da camere lo^
cande , In quefto io non vorrei contaminare Γ animo di
qualche appafsionato , perche io non intendo di biafimaro
quelle galanterie, che nel loro genere fono degne di lode;
ma non vorrei che fi deiTe nome di Pittore a chi ci fi im-
piega, ma folo di dilettante dì pittura. 11 vero Pittore aj
mio fentimento è obbligato a rapprefentare azzioni , che
dettino Γ animo a fatti generofi , magnanimi , ο devoti ,
non a rifvegliare nelle menti umane l'idea dei gefti j e mo-
ti più vili della plebe .
Giovanni con quelle fue bambocciate fece qualche avan-
zo di moneta , e faceva vedere di eiTer figlio di mercante,
perche era molto accorto nel negoziare , ed aveva Tempre
intorno di quelli rivenduglioli da pitture . Veniva anche por-
tato da Cavalieri perche era affai deliro , e manierofo , e
perche incominciò a vederfi ihtrufo tra la nobiltà , che lo
frequentava , diede principio a vergognarfi di eiTerfi tanto
trattenuto in quelle baiTezze , e pensò di avanzarfi per di^
venire Pittore di qualche maggior propofito. Principiò a fa-
re rtudio nel genere nobile, ed a volerfi avanzare in opere
a frefco , e di foggetti civili, ed avendo la PrincipefiÈi D.An-,
F f m
-ocr page 243-126- G 1 Ο V "A Ν Ν Γ
m Colónna , moglie di D. Taddeo Barberini nipote del Fon-
teiìce^ Urbano Vii! eretto un nuovo Monailero di Carme-
litane fcalze alla Longara , col titolo della Cliiefa di S. Ma-
ria Regim Coelì, e bifognando farvi alcune cofe di dentro
di pittura, Giovanni per provare, a dipingere a frefco vol-
le anch'egli farvi la fua parte. Fu queilo nell'anno 1(549,
che era il quinto di Papa Innocenzo X , e dovendo dipingeriì
entro Γ immagini delle fette Chiefe per devozione dello
Monache , che non ροίϊοηο viiltare le pubbliche , Giovan-
ni Miele vi fece a frefco un S. Bailiano , eh' è il Santo d'
una di quefte Chiefe . Lo rapprefentò quando fu legato
ad un albero, e trapalato da gran quantità di faette , ed
in aria vi fece un alato amorino colla palma, e la corona
nelle mani. Il fuo dipìngere era pulito , e gentile , ma queir
impiego nei quale fi era trattenuto tanto tempo lo aveva
privato di quel buon gufto, che è frutto di chi fi è aifue^
fatto nel grande , e nel fodo difegno tuttavia egli da que-
llo prefe grand' animo .
11 Signor Agoftino Franzoni nipote del Cardinale di
queiìo cognome, che lo portava , ftimolato dalle fue richie-
de , fece com' è fhato detto nella vita del Teita , che il
fratello , che allora era Auditore della Camera j gettaiTe
giù il dipinto da Pietro Teila nella fua Cappella , a S. Ma-
ria deir Anima dedicata a S. Lamberto Vefcovo , e Mar-
tire , ed in fua vece Giovanni dipingeiie pure a frefco ne
vani medefimi quelle iilorie del Santo, che vi aveva dipin-
to il LuCcheiìno . A molti non piacque queila permuta, e
benché in quelle cofe di Pietro vi foiTe dentro qualche ilra-
v^aganza , tuttavia il gufto , e li partiti del fuo comporre
non erano difprezzabili ; ma li padroni vogliono fare a mo-
do loro. Non dico, che Giovanni fi portaiTe male nella fua
operazione j ma è di meflìeri fare un grande sforzo, a chi
vuol coprire i difetti degli altri , e la com-petenza fu fem-
pre un pericolofo cimento, Le iftorie del S. Vefcovo Lam-
berto
alessandro AlgaRdI; 227
berto ibno tre ; in quella di mezzo è quando eiTendo mor-
to ftà efpoilo nella bara dentro la fiia Chiefa , e nel con-
corro del popolo che viene per vederlo alcuni ricevono gra-
zie per i fuoi meriti , a deftra quando è confagrato Ve-
fcovo, e l'altra ..................
e nel vano di fopra , quando Γ anima di lui e portata daj
molti Angioli a godere la gloria beata del Paradifo .
Non molto dopo operò nella Chiefa di S. Martino ai
Monti dalla parte della Sagreftia , nella facciata di dentro
compagna a quella del battefimo verfo la porta maggiore,
e vi dipinfe a frefco un Re che viene battezzato da un Pa-
dre Carmelitano coli' aifiilenza di altri Padri , e guardie
del Re , ed un Paggio , che tiene nelle mani la Corona
regale , e un Miniftro, che vuota un vafo d' acqua den-
tro la conca battefimale. Quefta figura contiene in fe po-
co decoro, e meno convenienza, per eiTere un mafcalzone
mezzo ignudo , fcalzo , e in abito vile , ed ecco il frutto
del coftume fatto nelle baronerie da lui dipinte per tant'an-
ni di feguito.
Ultimamente in Roma fece tre quadri ad olio nella
Chiefa di S, Lorenzo in Lucina nella Cappella di S. Anto-
nio detto di Padova a mano dritta nelT entrare in Chiefa,
e fono li quadri laterali , in uno il miracolo del giumento
aifamato , il quale per divino volere lafciò di correre alla
paftura della biada per inchinarfi al SantiiTimo Sagramento,
che il Santo portava per viatico ad un infermo. L'altro,
quando riunì la gamba che fi era tagliata quel figliuolo ,
colla quale aveva dato un calcio alla madre, di che pen-
tito volle foiFrirne così acerba penitenza , e il Santo per
rimunerare la fua bontà Io ritornò nell' eiTere di prima .
11 terzo è una lunetta dalla parte dell'Evangelo del me-
defimo Altare , ove dipinfe quando eifendo morto , ed ef-
F f ζ pofto
(*) QhI manca una ìlaea nei MS, t J* qaaìe non β i fetuta riempire pet
la Itgiont Adotta a pag. IS3·
GIOVANNI MIÈLE.
pofto nella Chiefa abbondava di grazie , e miracoli verfo
x]uel popolo concorfo a vederlo. Quefti quadri hanno in Te
qualche cofa di guilo , e fono delle fue migliori opere in
genere nobile .
Intanto, ο che egli foife richieiìo, ο che procuraiPtj
a bello iludio quella occafione, lafciando Roma fe ne paf-
sò in Turino al fervigio di queir Altezza Reale di Savoja ,
ed ivi eflendo trattato cortefemente operò molte cofe con
fodisfazzione del Duca , che gli prefe affezzione, e l'onorò
coir abito de' Santi Maurizio , e Lazzaro . Fu però quefta
la Croce delle fue eiTequie , e del fuo funerale , perche
appena ricevutala fi mori Tanno ló^ó, in età di cinquan-
totto anni dopo breve infermità ; tanto che In Roma fi eb-
be avvifo della fiia morte prima d' averne avuto del fuo
male . Non fu abbandonato nella fua infermità dalla cura
diligente di queir Altezza ^ che lo fece foccorrere in tut-
te le fue ultime necefsità tanto in beneficio del corpo ,
quanto dell'anima . Fece teftamento, e lafciò cento feudi
alla Congregazione di S. Giufeppe di Terra Santa de' Vir-
tuofi nella Chiefa della Rotonda , ed altrettanti airAccade"
mia de' Pittori di S, Luc^ .
Fu Giovanni uomo aifai manierofo , e galante , di
tratto civile , difinvolto , facile , ed aveva acquiftato le no-
fire maniere nella lunga pratica dell' Italia . Fa di prefen-
za. non difcaro j benché non molto grande dì perfona ; fi
trattava aiTai civilmente , ed aveva maniere nobili , ancor-
ché li foiTe dato nel dipingere a quel genere baronefco ,
ma dipingeva con gran nettezza per imitare il fuo porta-
mento , e il fuo modo di veftire. Del refto delle altre fue
facoltà ? non fi feppe chi ne foiTe Γ erede ,
MAR'
-ocr page 246-ARCHITETTO,
Morì Γ Anno 16
A famiglia Lunghi diede per molti anni in
Roma una ferie d' Architetti avendo que-
lla profeilìone quafì per eredità . Da eifa
nacque Martino iìgnuolo di Onorio , che
nella fua gioventù attefe allo ftudio delle
lettere , e s'inoltrò fino alla Filofofia ο
Giunto air età ferma ilimolato parte dal
genio , e parte dall' efempio fi diede all' Architettura , ej
perche era dì talento fpiritofo , e avvezzato agli ftudj la
trattava colle dottrine fcolaitiche de' fuoi principi feguendo
gli infegnamenti de' buoni maeftri co'fuoi precetti, e col-
le vere ragioni dell'arte, eiTendo valevole a dar conto efat-
tliiìmo di quanto operava . Io non niego che il trattare una
profeiTione fcienziatamente non lìa un grandiflimo vantag-
gio perche è difficile errare a chi opera colle regole, e col-
je vere ragioni , ma lo architettare è una certa operazio-
ne > che ha piuttoilo neceffità di un buon giudizio per quel-
lo , che la maneggia, acciocché a tempo , e luogo fappia
prenderfi licenza d'ufcire da quelle mifure aiTegnate , ο
dalle proporzioni preferirle , A mio parere Γ eière Pitto-
re, ο Scultore è un gran benefìzio per un Architetto ; per-
che il difegno delle figure è un fingolare ajuto airinvenzio-
ne, al capriccio , ed alla novità del partito, e fa ufcire con
gran diletto dall' ordinario ,
2S0 martino
Martino fu veramente erudito Architettò , ed avesLj
cognizione per la lunga efperienza de' fuoi antenati del mo-
do di fondare, inalzare , e fabbricare perfettamente con tut-
^^ avvertimenti neceiTarj ad uno ftabile edificio, ed
aveva ancora qualche introdu^zione di capriccio, ma lo iti-
le di femplice , e favio Architetto fu fempre poco cono-
fciuto neir opere fue . Finché viiTe Onorio fuo Padre iì
contenne fotto la fua obbedienza , e direzzione \ ma quan-
do quefti morì, diede Martino la libertà al fuo talento li-
ce-nziofo , e cominciò ad operare a capriccio . Le prime
furie del fuo ilrano cervello il sfogarono nella fabbrica di
S. Carlo al Corfo già incominciata dal Padre, ed ivi pensò
di farli Capo di novità con introdurre maggiori fveltezze
delle già aiTegnate dagli antichi maeftri , ftrane foggie di or-
nati non più veduti, accrefcendo, e diminuendo membri ai
capitelli , alle bafi , agli architravi , ed alle cornici. Per-
che le novità furono fempre pericolofe , non guadagnò mol-
ti feguaci, ne molti applaudendolo fi dierono ad imitarlo >
come avrebbe pretefo . In vedere le opere degli altri Archi-
tetti del fuo tempo riconofceva una cofa afifai lontana dalla
fua introduzzione , e perche era di cervello torbido , e vio-
lento dava nelle fcandefcenze oltraggiando , e vilipendendo
le operazioni degli altri , e quefto con tanta pubblicità , e
sfacciataggine , che fi rendeva ridicolo nelle piazze ove in
mezzo ai circoli faceva pazzamente fchiamazzi , e rumori lon-
tani da ogni modeftia civile. Per quefte cagioni fi era con-
citato Γ odio di ciafcheduno , ed in particolare di tutti del-
la profeilìone, ed egli, che fe n'avvedeva , perche era fu-
riofo , e manefco , quando incontrava qualcheduno degli emo-
li fuoi, lo motteggiava, lo provocava , ed anco lo incita-
va a disfida dell' armi.
Usò il Lunghi di cingere fempre la fpada, ma in una
forma ftrana , e bizzarra facendole l'ornamento della guar-
dia ora di criilallo > ed ora di-altre materie capricciofe ,
e per^
-ocr page 248-^ υ Ν G Η I,
e perche fi trovava quella fìcurezza al fianco fi rendeviu
più ardito , e più temerario . Alcune volte però incontrò
fpiriti uguali a lui nella bizzarria, che gli rifpondevano , e
venivano feco alle mani , rendendogli coli' armi buoniiTimo
conto di loro medefimi. In quello modo egli viveva in un
moto perpetuo di riiTe, d'inquietitudini , e di travagli men-
dicati per forza, e fpefib era neceiTitato ritirarii per rifpet-
to della giuilizia , e ilar gli anni intieri contumace della
Corte .
Ebbe occafione dal Signor Card. Gaetano nel fuo bel-
liillmo Palazzo^al Corfo di fare una nuova fcala , e ren-
derla in maeflà conveniente a. sì magnifÌGO edifizio , Adi-
re il vero Martino ordinò quefta fcala in una maniera per-
fettamente comoda , vaga, e luminofa, e fi può dire, che
è una delle più belle fcale nobili che fiano in Roma ? ma
conviene altresì dire, che non è efente da libertà , e ir-
regolarità com' era fuo folito in ogni cofa . Da quefta fua
operazione guadagnò . qualche applaufo , e fi refe benevoli
gli animi di molti Signori, e Princìpi, ed in particolare Γ
aiFezzione del Card. Gaetani , che incominciò a proteggerlo
gagliardamente .
Fattofi più ardito Martino per tanti favori , divenne
fempre più impertinente, e contenziofo con tutti , e quel
Cardinale era neceifitato tutto il giorno a riparare, ed ag-
giuftare le fue riiTe , e le fue querele per i Tribunali, con
grandini ma naufea , e difperazione . Era così libero , e mor-
dace nella lingua quell'uomo , che non fi atteneva da dir
male di ciafcheduno fenza riguardo , e fenza dìftinzione
con ogni sfacciataggine, e petulanza , ed aveva guadagnato
un concetto così finiftro apprefio lì padroni, e principali
miniUri , che li favori benché riguardevoli non era«no più
fuiEcienti a ripararlo . Tutte quefte turbolenze , e faftìdj
non baflarono a mitigare, ο a temperare Γ impeto della fua
iracondia a fegno che non fi atteneva più di por le mani
addof-
-ocr page 249-Ν Ο
Μ A R
addoiTo a perfone civili a Frati, a Preti, e ad ogni forte
di grado, e di condizione ; iìcchè veniva perfeguitato feve-
ramente dai rigori della giuilizia.
Finalmente la prefe acerbamente con uno de'principa-
li Criminalifti di Roma, e capitò nelle carceri . Avendolo
quel Giudice dove appunto lo afpettava , fi pofe in tutta_>
diligenza a lavorare per ridurlo alla fua totale ruina . Gli
ajuti degli amici, e de' Principi non lo abbandonarono i-n
tanta neceflltà, ma più di ogni cofa gli giovò la Tua de-
prezza , e fpirito nelle rifpofte quando veniva efaminato giu-
ridicamente . Martino eiTendo d'ingegno vivace , e pronto
e perche aveva ftudiato ftava molto avvertito a non lafciariì
forprendere dalle interrogazioni chiare, ο fuggeftive j tan-
to che a quel Giudice non poteva mai riufcire di formare
un proceiTo convincente , e n' era quafi difperato . Prefe
però buona fperanza quel Criminalifta perche avendolo fat-
to cercare gli trovò addoiTo una piccola fcrittura , nella
quale erano notati ad ufo di lifta li fuoi peccati forfè affi-
ne di formarne un efatta memoria per confeiTarfene . La
fcrittura però era fatta con tal confufione che non dichia-
rava particolarmente la foftanza diftinta , ma un femplicc
motivo appena intelligibile da lui medefimo . Quel Giudice
benché concfceiTe eiTere lifta di peccati da lui commeiH ,
dei quali egli non poteva criilianamente fare ufo veruno ,
e benché non poteiTe venire in chiaro di neiTun fatto , e
cavarne indizio criminale , fi valfe però d' una certa parti-
cella notata in quella forma ; Ho detto più volte male del PP^
Parevagli che con quelli due PP. fegnati poteife dire ho
detto male del Papa, il che forfè non era improbabile ,
e fopra queflo incominciò a raggirarlo con varie interroga-
zioni per farlo cadere dove fperava , ma fempre indarno .
In fine per convincerlo gli moilrò quella fcrittura , e glie
la fece confeiTare di fua propria mano. Martino punto non
fi sbigottì, ε perche aveva fpirito, quando fu coitretto dal
Giù-
-ocr page 250-L U N G Η I,
Giudice airefplicazione di quelli due PP. rifpofe intrepida-
mente ho detto più volte male del P, Peparelli, il quai^ ^ra
un Architetto di quei tempi, fuo avverfario . Il Giudice che
a tutt'altro s'afpettava ne reftò forprefo , e fconcertato, c
qui Martino incoraggito cominciò a chiamar teftimon; ,
che il Giudice propalava i fuoi peccati li quali aveva già
conferiti fagramentahnente col ConfeiTore , e che ii tradi-
va la fede, c la giuftizia di una caufa così gelofa , e di
tanta confeguenza . Spaventato il Giudice da quefle Tue furie,
e perche non potè cavarne il fuo intento lo fece difperata-
mente rilafciare^lalle carceri, ioche fece ridere tutta Roma ·
Per far ridere anch' io il mio cortefe , e curiofo
leggitore gli narrerò, che in quel tempo che ilava riftrtt-
to in prigione , non fapeva trattenerli dalle fue folite ftra-
vaganze , e quantunque giornalmente foiTe in lite con alcu-
no di quelli prigionieri , ciò non oftante flava Tempre nel-
le burle , e nelle facezie . Una mattina gli venne in capo
la Tegnente fantafia . Era infermo un altro prigioniere il
quale , com' è folito , era fatto in quelle miferie fuo ca-
merata , ed amico , e il Medico ordinario delle carceri ve-
niva quotidianamente a vifitarlo . Fece Martino un giorno
pigliare un orinale nuovo , e vi pofe dentro una certa_»
quantità di vino greco , e Io mife fotto il letto dell'in-
fermo . EiTendo venuto il Medico , e dopo aver fentito il
polfo deir ammalato fece iftanza di veder !' orina . Marti-
no prontamente gli porfe il vafo , e gli domandò quale prò-
gnoftico faceiTe della indifpofizione . Il Medico fiiTando be-
ne Io fguardo dopo molte contemplazioni diiTe ; veramen-
te vi fono dentro certe nuvolette con un certo panno, che
non mi piacciono niente affatto , e fi vede che le vifcerc
dell' ammalato fono aiTai mal difpofte . Rifpos' egli allora j
Si eh Signor Medico? ed accoftatofi il vaio alla bocca fa-
cendo un brindiiì a lui , ed alla falute dell' infermo fe Io
beve tutto. Ciò fatto cominciò a maltrattare di ingiurie >
G g c di
-ocr page 251-2S4 MAR Ν Ο
e d'improperj beftialmente quel povero Dottore , dandogli
del fomaro per la tetta, che lo fece partire mortificatiifìmo.
Uicito dalle carceri non ufcì però da' fuoi foliti guai,
perche non pafsò molto, che venne in contefa con un cer-
to Prete in vero troppo arrogante , ed ebbe feco che dire
con parole caldifsime . Il Prete, che conofceva la beftia in
vece di calmarlo , e portare rifpetto a fe medefirao per ef-
fere Sacerdote , provocò il Lunghi con impertinenza, e con
modi molto indifcreti . Il pover* uomo più volte lo efortò
pazientemente a partìrfi , ο almeno a deliftere di maltrat-
tarlo, ma il Prete credendofi di averlo intimorito colle fue
minaccie , faceva più Torgogh'ofo che mai, e feguitava a
fargli sfacciatamente Tuomo addoiTo. Martino abbandonato
finalmente dalia pazienza pofe mano alla fciabla , la quale
non deponeva giammai, e gli diede di taglio un così fiero
colpo fui capo , che gli portò via con un pezzo-di cranio
tutta quella parte della zucca , nella quale è folito farii la
chierica ai Sacerdoti, e lo riduiTe ad uno ftrano partito ,
perche fe gli vedeva fino il cervello, SucceiTe il cafo alle
radici del Campidoglio verib Campo Vaccino , e il Lunghi
immediatamente fi ritirò nella vicina Chiefa di S, Adriana
dei PP. del Rifcatto .
Per qualche anno fu necefsitato a dimorare In quei Con-
vento, fi perche la parte avverfa era potente, come per
lo cattivo concetto , in che egli viveva ne' Tribunali di
difcolo , e facinorofo. Di più fe gli aggiunfe un altra cau-
fa pure importante. Ne* tempi addietro per cagione di al-
cune fue faccenduole ebbe una certa mala fodisfazzione dal
Fifcale di Campidoglio j e flava feco coir animo molto in-
torbidato . Mentre egh' come contumace flava fopra le fo-
glie della porta del Convento pafsò il detto Fifcale > Mar-
tino che fe Io vide vicino incominciò a fentire il folito
bollore di fangue, e a dirgli ingiurie vituperofifsime , mi-
nacciandolo colle mani j ma quegli che era una formica de
Tri-
-ocr page 252-LUNGHI.
Tribunali, tolerò le parole, e partiffi. la penna vendicò
il tratto della lingua ; perche il Fifcale formò un lungo pro-
ceiTo di quella caufa , e Io impinguò coir efame dì molti
teilimonj de auàttu , come perfona in carica di officio così
riguardevole ingiuriata, e minacciata pubblicamente da un
reo per altri delitti gravi, confugiato in luoghi facri , ο
contumace , A fanar quefta piaga fu bifogno a Martino del
balfamo vero per quefti mali, perche gli convenne sborfa-
te di molt' oro per curarla , e fe Γ ajuto de' Principi fuoi
amorevoli non vi concorreva , Γ avrebbe paiTata peggio.
In quel tempo , eh' egli ftette ritirato in S, Adriano
ebbe Γ agio di reitaurare quella Chiefa , la quale per effe-
re una lunga operazione fervi di follievo alla noja , che
avrebbe fofFerto in quella fpecie di carcere, e fi veniva an-
che trailuliando colla frequente vifita degli amici, che an-
davano da lui per trattenimento . Prima di dare compimen-
to alla fabbrica della Chieia incominciata , che durò alcuni
mefi , aggiuftò tutte le fue querele , ed ebbe libertà di
paiTeggiar Roma . Veramente queilo lungo imbarazzo Io
refe mortificato, e gli fece perdere quella fubita violenza,
che involontariamente , e così fpeiTo lo precipitava , e gli
anni ancora mifero una gran parte di medicamento a que-
fta malattia, fcemandó molto di quel fuo furore giovanile.
Aveva già fatto Π difegno , e poftolo in opera per la
facciata della Chiefa de'SS. Vincenzo , ed Anaftafio nella
piazza della Fontana detta di Trevi di ordine del Cardinal
Giulio Mazzarini primo Miniftro del Re Criftianiffimo ,
ed è un operazione in genere di Architettura, molto ele-
gante . Sarebbe defiderabile , che foiTe finita, perche vi fo-
no rimaili due vani laterali nei quali aveva Martino defti-
nato due baifi rilievi , ο altro ornamento geniale alla fua
fantafìa.
Mentre il Lunghi fi manteneva nell' impeto deYuoi fu-
rori , il Card» Ginnetti Vicario di Roma nato nella iCittà
G s i di
-ocr page 253--Σΐό MAR I Ν Ο
di Velletri, avendo fatto fare ίη quel fuo paefe un magni-
fico Palazzo per goderfelo in occaiìone di viileggiare come
anco per ufo della fua famiglia > a motivo di renderlo del
tutto compito, volle che Martino lo ornaiTe di una fcali>
di quella nobiltà, e bellezza , che aveva prima fatta nel
Palazzo de' Gaetani . Andando a Velletri il Lunghi , e co-
nofcendo avere più comodità, e miglior iito , che in Ro-
ma , cavò una fcala dal piano del terreno fmo all' ultimo
appartamento tutta eguale, comoda, ornata, vaga , e lii-
minofa , e vi fece li gradini , li pilaftri , le balauftrate , e
tutte le volte di marmi fini, la quale fcala ha veramente
del maeilofo con gran fodisfazzione di quel Cardinale , che
gli prefe grande affezzione, regalandolo , e proteggendolo
continuamente con grandiiTjme dimoftrazioni di affetto. ·
Per accomodarii ad uno flato più tranquillo lì rifolfe
di pigliar moglie, e fenza guardare a cofa neiTuna fi ac-
compagnò con una Donna , e non fi curò di vederla pri-
ma purché aveiTe avuto nome , ed ufo di moglie . Fece
conofcere veramente d'averla prefa alla cieca , perche fen-
za defraudarla era la più brutta donna del mondo j con-
tuttociò fe la teneva carifsìma , Aveva egli alcune cafe ,
-che gli furono lafciate da fuoi Antenati , che tutti ebbero
.qualche comodità, e tra le altre una nel fine della piazza
•de' SS. Apoftoli per andare alJa Madonna di Loreto incontro
'ύ Palazzo dei Signori Bonelli, la quale ha la facciata tutta
dipinta d'iflorie colorite . Ivi andò ad abitare quando prefe
f,moglie , ed una volta neir ufcire di cafa incontrò un fuo
amico, e dopo eiTerfi falutati gli chiefe Martino fe aveva
-veduto il di dentro della fua cafa, al che egli rifpofe di non
averla mai veduta . Lo invitò dunque ad entrarvi, e Io con-
riuiTe per tutti gli appartamenti ; ma non lo conduife nella
camera dove flava la moglie, non avendo gufto che neiTu-
no la vedeflfc, per vergogna di fe fteffo . Dopo avere con-<
iiderata U cafa ufcixono infieme, e come furono nella ftra-
i' ■ da
L υ Ν G Η 1. -237
da fi voltarono a vedere la pittura della facciata'nella qua-
le vi è l'iftoria del Pontefice Pio V quando dà il battono
di comando come generale della fua grand^armata marittima
a Γλ Marc' Antonio Colonna con diverfe figure di accompa-
gnamento , che afsiilono al Papa , e tra le altre una mezza
figura di un Tedefco con una gran barba , il quale ftando
colla finiilra alla guancia appoggia il gomito 'ad un pilailro,
e con quel moto altera la mafcella premuta e da uno fcon-
ciò torcimento alla bocca , che Io rende ridicola , e brut-
ta figura , Martino moitrandola ridendo a quel fuo amico
gli diiTe ; avete ^veduto a voilri giorni la più brutta fmorfia
di quefta ì e nel dire cosi in quel punto medefimo s'affac-
ciò alla fineftrà la moglie , la quale credeva che Martino
foiTe andato via , e fentendo quelle parole le prefe dette
per fe. Martino che s' avvide deirequivoco ^ per diiìngan-
nare la moglie ύ gittò inginocchione in mezzo della ilra-
da, e rivolto a quella le diiTe j Signora io non ho parlato
per voi , che a miei occhi fiete una Dea , e non ho ve-
duto mai la più bella donna di voi , e fi proteftava con
tanta energìa, ed efficacia, che le genti le quali paiTavano,
e Γ udivano non fapevano quello che fi diceiTe, ne con chi
parlaiTe , perche la donna per la vergogna fi era ritirata ,
ed egli anche perfeverava a ilare inginocchiato . Finalmente
follecitato dall'amico andarono via per non fare ivi una ra-
dunata di perfone concorfe a ridere a fpefe del Lunghi.
Il Card. Girolamo Colonna fi valfe di lui nell' Aitar
maggiore della Chiefa di San Carlo a Catenari formato di
quattro colonne di porfido antiche coi capitelli, bafi, ed al-
tri ornamenti di metallo dorato , ed è Altare ricco , nobi-
le , ed adorno con due ftatue a. federe di marmo bianco
nei due Iati del frontifpizio 3 una di quelle Hatue è la Spe-
ranza , che nutrifce amore , e l'altra la Carità, e nel mez-
zo del frontifpizio interrotto con una ilrana bizzaria vi è
un putto volante di metallo dorato con due feiloni ripartiti
del^
-ocr page 255-MARTINO
delia me^eiima materia , che dà ornamento al tutto . Nel
mezzo del tìmpano dell'Altare vi è una corona grande pu-
re di metallo dorato , e fotto a quella vi è fcritto a let-
tere di oro Hurmlìtas, motto della Cafa Boromea , e nel-
la faccia del piedeilallo vi è anche dì metallo dorato Tar-
me de' Signori Colonnefi.
Venne alla per fine volontà a Martino, eiTendogli mor-
ta la madre, di trasferirfi a Milano, per aiTiftere alla fab-
brica del famofo Duomo di quella Città, e così il-abilito,
fcafando del tutto da Roma , fe ne andò a quella volta ,
Giunto in Milano cominciò a provare un nuovo modo di vi-
vere , perche gli Architetti di quella Città lo guardavano
con mar occhio, e non avevano gufto , che uno ftranìero
occupaiTe quelle occafioni , che pretendevano eiTer dovute
a loro foli. Vi dimorava , come dice il TaiTo : Ο mal vi-
fio y 0 mal noto, ο mal gradito j ed eiTendovi ftanziato per
qualche anno finalmente nel vi morì, con grandiiTimo
fofpetto di veleno. Egli in Roma flava benlflìmo con mol-
te comodità ereditarie col guadagno di occafioni, che mai
non gli mancarono, favorito da Principi , ed in fine non
abbandonato dalla fortuna competente al grado fuo , e li
lafciò invaghire da una voglia ilrana di cercare altrovo
quello che avea in cafa. Egli fu d' una flrana prefenza ,
non dico diforme, e fparuto , ma d'una bizzarra portatu-
ra , piuttofto grande , che altrimente , ed aveva più dello
fgherro che dell'uoriio pofato . Fu erudito nelle fcienze ,
buon Poeta , ed ha mandato alle ftampe un libro di fue
poefie , nelle quali moftra fpirito , ed intelligenza . Nella
profeiTione Capeva render conto di fe colle buone, ragioni
del vero intendimetito. E' inutile il dire, che ebbe un cer-
vello bislacco , facile al queftionare, e ardito , temerario
nel difcorfo mordace nelle calunnie, e poco ftimava gli al-
tri , ed eragli di pregiudizio notabile , Con tutto che egli
foiTe così iracondo $ violento, e manefco, ebbe una parte
degna di grandiiTlma lode , e fu Π riTpetto, e la riveren-
za che portò-fempre alla madre-y la iiualé- era iilia^^^
ciucia mal fatta, difettofa, alquanto zoppa, di piccola ila-
tura ; e ςο^ tutto ch'egli foie, uomo ^ignde dt.età^j ^
fpirito, e di propofito , gli dava baftonatè incliit re temiate'
fenza riguardo, ed egli fe le prendeva fenza alterarfi, co-
fa miracolofa nel fuo impetuoib naturale... QLiando eiTa paf-
fava i fegni della difcrezione nel percuoterlo ; egli non fo-
le va mai dir altre parole ; Signora. Madre voi mi avete fat-
to fano i e 'volete firoppiarmi j e fe ne flava paziente , fin-
ché ella aveiTe ^sfogata la collera . Ebbe un difetto notabi-
le , che lafciava trafportarfi dal vino, perche beveva diifo-
lutamente , e per Io più vini gagliardi, e fenza regola, e
per queilo fpeiÌb per trovariì alterato dava nelle fcandefcen-
ze , del refto era buon compagno , amorevole , galantuo-
mo, e di converfazione . Morì d'anni cinquantuno in cin-
quantadue che poteva diriì di frefca età nel principio del
Pontificato d'AleiTandro V^ll , e reftarono le cofe de'fuoi
intereifi confufe , e mal ordinate per eiTer morto lontano
dalla patria fenza figliuoli, e fenz* ordine di alcuna forte.
Delle fue opere private non ne difcorro perche fono mol-
te , e varie, e di poca importanza ·
GUI-
-ocr page 257-240
PITTORE,
Acque Guido Ubaldo nella Città di Ca-
ftello detta dai hzimLStfern^ dalla fami-
glia Abbatini di non mediocre condizione ;
ma fcaduta per varj , e ftrani accidenti .
Rimafero foli in famiglia Antonio Maria
il maggiore, che era applicato allo ftudio
delle lettere, Guido Ubaldo il fecondo, il
quale ebbe fempre genio alla pittura , e Vincenzo il ter-
zo, che fu il più difapplicato di tutti . Nel Pontificato di
Paolo V avevano in Roma un loro ftretto parente chiama-
to Gio. Battifti , anch' egli da Città di Caftello , il quale
per non ayere comodità maggiore di portarfi avanti, rac-
colfe tutto il fuo avere dalla patria , e venuto a Roma fu
eletto Cameriere di onore del Papa. In quel pollo in Pa-
lazzo fi ftrinfe in amicizia con Monfignor Coftaguti, il qua-
le era Maeftro di Cafa del Papa ( non eiTendofi in quelli
tempi introdotto il titolo di Maggiordomo com'è oggi gior-
no ), ed erano infieme così concordi, che potevano dirli
una perfona medeiàma. Guido Ubaldo, ed Antonio Maria
defiderofi di avvantaggiare la loro condizione, avendo no-
tizia del pofto nel quale era il Battifti loro parente , s' in-
vogliarono di venirfene a Romr allettati dalle fperanze di
così buono appoggio ? e fenz' altra confulta fi pofero in^
Per-
viaggio
-ocr page 258-GUIDO UBALDO ABBATINI.
Perche le cofe del Mondo fono tutte fallaci, e tradì-
fcono nelle più ficurc fperanze ; giunti in Roma i due fra-
telli Monfignor Battifti morì prima di vederli, e iafciò di
tutto il fuo avere erede il fuo cariffimo amico Monfignor
Coftaguti. I due fratelli Abbatini vedendofi defraudati in
tutto di quello, che fperavano, e di più delia eredità , che
a loro perveniva di giufta ragione , iì lafciarono vedere dal
Coftaguti, e con maffime doglianze fi querelarono di que-
lla ingiuftizia ricevuta . Il Coftaguti con deftrezza grande*
e con ogni amore li confolò, dicendo loro , clie egli
va ricevuta quefta eredità per benefìcio di loro , e non di
fe medefimo , e che fi era contentato d' entrare come de-
pofitario di quello , che a loro perveniva di ragione ; pe-
rò , che tornaiTero pure alla patria, ed ivi aggiuftaiTero tut-
ti li loro intereffi , e dopo tornaiTero a Roma , che egli li
avrebbe aiutati, e protetti con mettere Antonio Maria nel
Seminario Romano per Convittore, acciocché ivi poteiTe fegui-.
tare i fuoi ftudj di Filofofia , ed avrebbe accomodato Gui-
do Ubaldo col Cavalier Giufeppino per attendere alla pittu-
ra . Così perfuafi, e rimafti fodisfatti da quefte larghe prò-
meiTe, ambedue ritornarono a Città di Caftello, ed ivi da-
to fefto al loro aggiuftamento, di nuovo prenderono la via
per Io ritorno a Roma ,
Non era contenta la fortuna della loro prima fventura ,
che volle applicargli la feconda, e fu che prima di giunger-
vi il Coftaguti pafsò a vita migliore , e così reftarono fen-
za protettore, fenza facoltà, e privi affatto di ogni fperan-
za. Ma perche erano già in Roma , procurò Guid' Ubaldo
Γ ingreiTo coi Cavalier Giufeppino , e gli forti, ed Antonio
Maria ritornò alla patria, ed ivi fi applicò alla mufica , e_>
ile divenne quel Maeftro che ha veduto Roma in tante Cap-
pelle da lui rette , e maneggiate . Guido Ubaldo fi trat-
tenne qualche anno col Cavalier Giufeppe , e dipingeva in
quello ftUe al meglio, che poteva . Nel corfo di quefti an-
H h ni
-ocr page 259-"24''^ GUIDO UBALDO
ni morirono li due Pontefici Paolo V, e Gregorio XV a
cui fucceiTe Urbano Vili. In quel Pontificato fu l'arbitro
di queftc profeffioni il Cavalier Gio. Lorenzo Bernini , il
quale per eiTer favorito dal Pontefice , aveva il maneggio
totale di Palazzo in ogni lavoro appartenente al difegno ,
ficchè per le fue mani efano compartite tutte le occafio-
ni di quefti magiiìeri.
L' Abbatini , che fu fcmpre defiderofo di avanzarfi ,
procurò d' introdurii col Bernini per renderfelo benevolo ,
acciocché lo proponeÌTe ad operare , e fi fottopofe totalmen-
te alla fua obbedienza, e direzzione , che pareva uno fchia-
vo comprato alla catena. Il Bernini vedendo un uomo di
talento così obbediente, gli andava fomminiilrando qualche
piccola occafione di trattenimento , ma con tanta tenuità ,
che egli fegnava per minuto tutti li giorni precifi , e quel-
li gli fervivano per norma del fuo vitto puramente necef-
fario , acciocché con una flrana politica fi confervaiTe Tem-
pre nelle baiTezze della necefìltà , e Tempre gli reftaiie le-
gato colla medefima catena . Perche Γ occafioni fanno gli
uomini j Γ Abbatini nel continuo operare fi andava perfez-
zionando > e venne in quei tempi medefimi portato avan-
ii dal Cardinal Francefco Barberini il Romanelli , chej
ottenne a dipingere la ilanza nel Palazzo Vaticano , nella
quale per ordine del Pontefice Urbano fi avevano da rap-
prefentare alcuni avvenimenti della ContefiTa Matilde . 11 Ro-
manelli col confenfo del Bernini fi valfe dell'ajuto di Guido
Ubaldo j ed a lui diede Γ arbitrio aiioluto di tutta la di-
fpofizione in molte cofe. L'Abbatini fi addeftrò di portar-
li a fegno , che il Pontefice Urbano , il quale paiTava
giornalmente per quegli appartamenti, in occafione di anda-
re a fpaiTo al giardino di Belvedere, reftò talmente appa-
gato dell'opera fua , che gli prefe affetto non ordinario .
A quel Dragone cuftode vigilante degli Orti Efperidi,
premeva, che altri non rapiffe i pomi d'oro delle grazie
Pon-
-ocr page 260-ABBATINI.
Pontificie , c vomitava da per tutto veleno , e Tempre fe-
minava fpine pungentiiTime di avverfioni per quel fentie-
ro , che conduceva al poiTeÌTo degli alti favori. Conofceva
Γ Abbatini il colpo, e non poteva valerli della fchermaj
del riparo per aver legate le mani, inceppati li piedi , e
tronca la lingua da quella fchiavitù, alia quale fi era cosi
miferabilmente obbligato . Per continuare a tenergli Tem-
pre un velo avanti agli occhi , gli venivano da lui propo-
ne altre occafioni , le quali non avevano di buono che Γ
apparenza ; ed intanto lo ftato del povero Abbatini non co-
nofceva altro-vantaggio che di vivere, per dir così , di
giorno in giorno ,
In quegli anni per l'appunto nel tempo di carnevale,
ibleva il Bernini nella ftanza della Fonderia Vaticana rap-
prefentare delle commedie , nelle quali recitava egli me-
defìmo , e il fuo fratello Luigi, che per la novità del ca-
priccio, per l'arguzie, per i fali , per la vaghezza delle
fcene , ε per la curiofità della rapprefentazione , benché
mordaci e pungenti rendevano diletto , e meraviglia. L'
Abbatini > come fpiritofo, era uno deg' Interlocutori , e
rapprefentava la pane del Trappolino Bergamafco con buo^
na maniera , e vivezza . Quello diletto era una catena ,
che tutti legava ftrettiilìmamente , perche a cagione di un
mefe di divertimento il Bernini li teneva tutto Γ anno ob-
bligati al lavoro, ed un anno collegava Γ altro, fìcchè fra
il difegnare, e il recitare era una perpetua infopportabile
alternativa per la miiera gioventù.
Sopra la porta della Computifteria della SS. Annunzia-
ta incontro alla Chiefa delle Monache di S. Chiara dipìnfe
l'Abbatini a frefco un certo vano bislongo , nel quale ef-
preiTe Maria Vergine Annunziata dall'Angelo Gabriele , e
poco diftante alcune zitelle inginocchioni veftite nell'abito
come vanno proceiTìonalmente il giorno , che hanno la do-
te; opera di qualche gufto, e tenerezza . Aveva già di-
H h ζ pinto
-ocr page 261-"24''^ GUIDO UBALDO
pinto nella cantonata ci' una cafa incontro all' oratorio de
Padri Gefuiti detto del Padre Garavita, ov' è in gloria la
Madre di Dio , e nel piano del terreno S. Antonio Abba-
te , e S. Ignazio Lojola . 11 Signor Angelo Pio Perugino
volle fare una Cappella nella Chiefa di S. Agoftino , e ne
diede la cura al Bernini, ed è quella a iìniftra delFingref-
fo dietro al Profeta di Raffaele , ov'è nell'Altare dipìnta
dair Abbatini ad olio nel muro Maria Vergine AiTunta al
Cielo accompagnata dagli Angioli, ed amorini celefti. Nel-
la centina della Cappella , la quale come tutte Γ altre di
quella Chiefa è un femigiro , ha finto una gloria d' Angio-
li, li quali con atto di adorazione ftanno facendo allegrez-
za di avere acquiftato nella loro gloria eterna il preziofo
teforo della Madre di Dio > ed avendo Quid' Ubaldo occul-
tati alcuni cantoni col ripieno di calce per dare alle nu-
vole un certo garbo più operativo , ha ufato un artificio
nuovo , che inganna, e con certi riporti di rilievo ha fat-
to parer vero effettivo quel falfo, eh' è fìnto . Negli an-
goli al di fuori della Cappella vi ha fatto due Sibille , e
coll'artlfìcio medefimo dì ripieni , e di riporti fa riuicire il
tutto ingegnofo , e con arte dì gran curiofità. L'architet-
tura di effa come diifi è del Cavalier Bernini , ed è una
delle più adorne Cappelle di S. Agoilino, toltane Γ ultima
fatta fare dal Principe D.Camillo Panfil; in onore di S.To-
mafo di Villanova.
Seguitò Guido Ubaldo per Tempre Γ incominciata ob-
bedienza verfo il Bernini j ma con pochiflìmo profitto y
perche quando per altro gli nafceva qualche occafione buo-
na ? colla quale aveffe egli potuto acquiilare qualche avaa-
zamento , il Cavaliere lo perfuadeva a lafciarla , empien-
dolo di caldifìime fperanze. Gli dìcea, che aveva occafio-
ne allora per Γ appunto d'impiegarlo in cofe di maggior
-confìderazione, e benefizio ; ed egli, benché ingannato più
volte ί era tanto buono, che fi lafciava fuggire dalle mani,
ABBATINI. 24^
il certo , per queir aerea promeiTa , ed intanto feguitavcU
la fchiavitii fervendo continuamente.
Era già morto il Pontefice Urbano, ed a lui era fuc-
ceiTo Innocenzo X , e le cofe del Bernini non andavano eoa
quella profperiià del fecolo Barberino ; tuttavia per lo fuo
valore ebbe fempre il primo luogo nella ftima , e continuò
nella carica di Architetto della Fabbrica di San Pietro, che
fu il principale de' fuoi intereflì. L' Abbatini non lo lafciò
mai per queffo, e volle , che il termine di uomo onorai
to prevaleiTe ad ogni fuo intereiTe ; ma quefta finezza di at*
to civile , ο non fu conofciuta , ο puie fi trafcurò nella
ricompenfa, -
L' ultimo Cardinale, de' Comari fi rifolvè di ftabilire
la fua Cappella nella Chiefa chiamata della Vittoria alla
Terme Diocleziane , ed è quella di S, Terefa vicino all'
Aitar maggiore nella parte deir Evangelo , dov* è quella
figura di marmo della Santa ferita nel cuore da uno itra-
Je per mano di un Angiolo , opera di tutta bellezza del
fuddetto Bernini come tutta la Cappella è fua Architettu^
ra con invenzioni , e capricci ingegnofi , della qual cofa
non è quefto il tempo , ne il luogo da parlare . Nella vol-
ta ove fono ilucchi dorati , ed alcuni baffi rilievi di avve-
nimenti della medefìma Santa , meifi a oro , vi ha Γ Ab-
batini finta una gloria , ov' è lo Spirito Santo in forma ,
com'è folito , dì Colomba nel mezzo d'un abbiiTo di fplen·.
dorè così vivo , così luminofo che quafi introduce la con-
fufione , e Γ abbagliamento della vifta ai riguardanti . Hà
rappreientato una calata di nuvole fparfe con un ordine ar-
tificioib, ma finto a cafo che fenza ripartirfi con eguaglian-
za nei lati moitra occupare più ο meno quelle iftorie di
dorati ftucchi, che rimangono al di fotto . Sopra di eiTo
fono Angioli in varj movimenti tutti rapiti dalla foavità
della gloria , e moftrano formare fra di loro un niufìco
cmicerto di voci, e d'iftromenti . Nel vano della fineftra
m
i.^f:!
If(f
"24''^ GUIDO UBALDO
ha continuato il fuo capriccio di riportare qualche parto
di rilievo unito col dipinto di tre pattini fopra nuvole > che
Spargono fioìri , e da per tutto fi è valuto di quel fuo ar-
tificio d'ingannare coll'unire infieme vagamente il finto ed
il Véro. La tinta di tutta quella maiTa di nuvole , di fplen-
dori , e di tutto il componimento è per verità celefte , e
fe in qualche parte vi foiTe una certa perfezzione , della
quale cofa credo efifere intefo dai più favj, farebbe un ope-
ra , che contrafterebbe nell'eccellenza con ogni altra ; ciò
non ottante merita di eiTer veduta , e lodata . Egli fteiTo
mi diiTe, che quanto alla ricognizione il Cardinal Corna-
ro, che ne reilò fodisfatto, era di penfiero di non trattar-
lo male, ma il configÌio di chi ne aveva la fopraintenden-
za ( e Iddio glie Io perdoni ) fece che queirEminenza gli
deiTe aiTai meno di quello, che meritava , dicendogli che
cosi lo fodisfaceva a baftanza . Quefti fono ì prem; delle
lunghe fatiche , che fi ricevono da chi fa più per un uo-
mo talvolta che per lo fteffo Iddio, il quale non manca_>
mai nella ricognizione . Il povero galantuomo in quefto mo-
do fi trovò defraudato , e tradito da quello medefimo ,
che doveva eiTere il principale motore di ogni fuo van-
taggio .
Segui dopo ad operare per occafioni particolari, e pri-
vate fempre col corfo della medefima fortuna , ed in que-
ilo tempo gli morì la moglie, la quale era di aiTai mag-
gior età della fua , e della medefima fua patria . Egli la
prefe eiTendo ancora giovanetto per una certa imprudenza,
come fuole accadere per lo più in fimili accidenti j ma in
ogni modo ne tenne fempre conto , e la confervò in gra-
do di conforte deftinatagli da Dio . Trovandofi egli in li-
bertà j e perche era di genio allegro , e praticabile fe la
paiTav'a in qualche dolce converfazione di donne , ma però
onefte, e non di quelle d'Agoftino Tafiì, perche fu fem-
pre nemico à' impegni diiToluti, e di cafe libertine, e ve-
nali ·
ABBATINI. ^47
nalì . Morì in quefti tempi il Pontefice Innocenzo , e
fuccciTe AleiTandro VII , e per Γ appunto nel primo anno_
del fuo Pontifìcato , che fu ηεΙΓ anno <; , fucceffe in^
Roma quella lacrimofa fyentura del contagio , il quale du-
rò fino al 16$ 6 pefte cosi feroce , che fpopolò Roma di
una gran parte di abitanti j particolarmente della ple'be, c
fu veramente uno fpaveniofo macello di cadaveri di don-
ne , di verginelle, di fanciulli d'ogni età, e d'ogni feiTo >
eh' erano fepolti ne' prati come corpi di beftie fenz'anima,
e fenza ragione, Abitava in quel tempo l'Abbatini ne'Bor-
ghi oltre il Tevere , in quello detto di S. Angiolo, e vi-
cino a luì v' erano due zitelle , le quali erano a lui di gra-
ta converfazione , ed andava fpeiTo a vederle, anzi non era
lontano d' aver qualche genio con una di loro . Era già
trafcorfa la violenza di quel gran peilifero male , ed era
già entrato l'anno ma non ottante fi caminava col
medefimo rigore quanto alla diligenza della cura coir ordi-
ne iileffo de'Lazzaretti , e del fotterratorio de'morti > ac-
ciocché non reftaiTe infettata tutta la Città intiera . Erano
paiTati alcuni giorni che Guido Ubaldo per alcune occupa-
zioni non era andato alla convcifazione di quella zitella Tua
favorita , ed una fera che fu nel mefe di Agofto trovandofi
fenza far niente gli venne fantafia di andarla a trovare .
Giunto che fu alla cafa di lei vide alla fua porta una car-
retta di quelle ufate da' Lazzaretti, che fervivano per con-
durre ne' luoghi infetti gì' infermi, ed i morti, quelli per
eiTer curati , e quefti per dar loro fepoltura , ed erano
chiamate carrette fporche, e maneggiate da miniilri fpor-
chi. Queila ftrana novità lo affrettò per giunger prefto aj
vedere, e vide portare fuori della porta queila giovane per
metterla fopra la carretta tra gli altri cadaveri , eiTendo
^nch' ella morta di contagio nello fpazio di due giorni «
Atterrito da tale fpettacolo , non avendo egli di quefta di-
fgrazia avuto fentore in conto neiTuno , fu fopraprefo da
' : dolo-
GUIDO UBALDO ABBATINI*
dolore , e da fpavento così grande, che andatofene a ca-
fa fubito fi pofe nel letto fuori di tutti li fentimenti . In
guifa tale fu malmenato dalla malinconia , e dall' afflizzio-
ne di un cafo così ftrano , e per lui così doloroib, che fu
aiTalito da una gagliardiflìma febbre , è dando in una fma-
nia inquietiffima , malignatofi il male in pochi giorni anch'
egli fe ne mori. Tanta forza ebbe nell' animo fuo quella-»
flrana pailìone. Morì veramente con fentimenti di perfetto
criftiano, perche la fua pena ebbe origine da una compaf-
iìone cordiale della ftrana difgrazia fucceduta a quella gio^
vane da lui conofciuta . Benché la fua malattia foiTe breve,
ed ancorch' egli foiTe uomo di qualche valore, fe un ami-
co fuo amorevole non Io accomodava di 25 feudi, Tavreb-'
be paiTata male in quella fua infermità. Ο fi vadano a ven-
dere fchiavl di un aìtr' uomo li mal configliati j ecco Io
ilato nel quale fi coftituifcono.
Morì d' anni cinquantafei nel mefe di Settembre Γ an-
no 15^(5 e non lafciò di eredità altro, che il nome d' uo-
mo onorato , e di buoniiTimi coftumi , Fu di prefenza aiTai
grata, di carifsimo tratto , di coftumi ingenui , faceto , ed
arguto ne' detti , rifpettofo , e cordiale cogli amici , e fi.
nalmente adorno di parti così perfette, che pochi fuoi pari
lì fono praticati della fua condizione. SÌ diede per necefsità
al lavoro del mufaico col mezzo di Pietro da Cortona , e
lavorò nella cupola del Sagramento in S.Pietro. Ebbe gran
genio alla poefia, componendo con qualche fpirito , e non
era del tutto ignorante di letteratura , ma in genere di
bontà era Angolare , ed io non finirei mai di dire le fue
qualità belle , e gentili . Modeilo nel parlare , e benché
foife piacevole nelle facezie fi afteneva però dalla morda-
cità , e maldicenza , ed era rifpettofo con tutti. Moftrò in
ogni tempo fentimenti di perfetto criftiano , e fu lontano
da ogni vizio .
LUI-
-ocr page 266-249
Uigi Gentile nacque in Fiandra a Brufelies,
ma non ho potuto rinvenirne la progenie
per eiTcre noi lontani , e foggetti a rela-
zioni incerte. Da giovanetto comparve in
Roma coli' indrizzo di alcuni fuoi com-
patriotti, li quali fogliono di camerata efer-
citarii negli Rudj del difegno , ed uno aju·
ta , c fpalleggia l'altro con una unione infeparabile , E/fen·^
do incarainato alla profeflìone della pittura andava cercan-
do ogni fuo vantaggio per portarlo avanti quel Maeftro
Fiammingo chiamato Pietro Pefcatore , il quale procurava
ferapre di follevare quelli della fua nazione . Francefco
Fiammingo famofo Scultore , divenuto amico anch'eg!i com*
era paefano di Luigi, gli procurava delle occafioni per far-
lo conofcere . Ne' fuoi princip; fi era dato ad una manie-
ra arida , infipida , e lontana affatto dal buono j poi a po-
co , a poco cominciò a prendere qualche gufto dipingendo
fui vero, e quefto modo gli fece guadagnare uno ftìle più
gagliardo , c di meno difpiacere ; ma tuttavia con qualche
durezza , e con poca perfezzione di difegno . Col lungo
efercizio , e tenendo fempre Γ occhio ai Maeftri migliori
acquiftò una maniera delicata, tenera , e con maggiore ag-
giuilamento nei contorni j e diede principio α comparire-»
con qualche merito.
zfo υ
II primo faggio che diede di eiTerfi approfittato fu un
opera a frefco nella Chiefa de SS. Domenico-, e Siilo Lì
Montemagnanapoli di una iftoria laterale all'Aitar maggiore
dalla parte dell'Evangelo. Rapprefenta quel miracolo ope-
rato dal glor^iofd Patriarca San Domenico Fondatore della
Religfone de'Predicatbn , quando per far prova della" ve-
rità della cattolica Fede efpofe alle fiamnie il libro degli
Evangeli, il quale^ rimafe illeib al paragone delle fcritture
dell' erefie, che recarono arfe, ed incenerite alla prefenza
degli Erefiarchi . Quel!' opera gli riufcì degna di lode , e
ne riportò qualche nome, così nel partito del componimen-
to , come nella efattezza del difegno, e nel guilo del co-
lorito j e il paragone di altre pitture che gli fono vicine,
fatte da uomini di qualche ftima ne poiTono far fede . Do-
po dipinfe in S. Maria Maggiore nella Cappella dedicata a
S. Caterina Vergine, e Martire della famiglia Cefi, ο fie-
no Duchi d' Acquafparta , uno dei quattro quadri ad olio
che fono laterali in detta Cappella di una buona grandezza,
e fono le principali azzioni di detta Santa . Luigi rappre··
fentò quando efpofta al tormento della ruota fu fracaiTato
Γ iftrumcnto del martirio miracolofamente dall' Angiolo ,
e le fcheggie percuotendo li miniftri efecutori di queir in-
giuilo comando miferamente gli uccifero . Ha erpreiTa la
Santa fovra un palco legata alla ruota mezza denudata; ma
inodeHamenie coperta da un gentiliilìmo ammanto , il qua-
le per la dolcezza del fuo colore unito colle tenere carni
della candida Verginella fanno infieme un foaviiTimo accor-
do, L'Angelo volante colla fpada nella deftra fi moto in
atto di fpezzare la ruota , ed i miniftri fpaventati , ο
percoiTi colla fuga > e colle grida danno fegno chiariifimo
del loro timore, e ruina. Da quefto quadro ancora guada-
gnò buona riputazione, e fu impiegato da diverfi Signori in
opere particolari, dalle quali ne ritraiTe qualche fo mma di
danaro ·
.1 . - Qweft'
-ocr page 268-GENTIL E, 21?
Quell'uomo ebbe per fua proprietà unMncIinazion^
particolare alle donne , e difficilmente fi tratteneva quieto
fenza qualche pratica . Col pretello di fervirfi di loro per
modello fi trovava Tempre impaniato in qualche imbaraz-
zo , e per allettarle maggiormente adornava loro la cafa
di quadri di fua mano . Quefta fua curiofità lo diiloglieva
dalle occupazioni di utile, ed era in lui danno duplicato ,
perche fpendeva quello , che già aveva acquiftato, e tra-
fcurava quello che poteva guadagnare, non bailandogli l'ani-
mo di liberarfi da queft' impegni.
Per dar luogo a tante fue leggierezze fi rifolvè di la-
fciar Roma , è cosi allontanarfi da quelle particolari prati-
tiche , e paÌTando per Loreto giunfe in Ancona dov' ebbe
occafione dì trattenerfi . Vi è una Chiefa in quella Città
col titolo di S. Margherita detta del Signor BaldaiTar Van-
dergoi . Luigi ebbe da fare in quella il quadro dell' Aitar
maggiore di buona proporzione , e vi dipìnfe la S. Vergine
Margherita in piedi , che tiene legato un Dragone, calcato
dal fuo piede, e nell'altro una gloria d'Angioli , che la
rendono maeftofa . In quefto quadro come nell' altre fue
cofe fi portò mirabilmente , eiTendo di un gufto aiTai gra-
dito , ed aggiuftato , In Ancona è tenuta quefta tavola in
qualche ftima. PaiTando avanti giunfe a Pefaro , ed ivi an-
cora incontrò cagioni di fermarfi , ed operò nel Duomo di
quella Città . S'inoltrò in Venezia , dove dimorò poco tem-
po , non facendovi altro , che pochi ritratti, ma fentendo-
iì appaifionato per aver lafciato Roma, della quale era aiTai
invaghito , volle ritornarvi fpeditamente pochi anni prima
che moriiTe il Pontefice Innocenzo X. Riftaurandofi la Chie-
fa di S. Marco dall' Ambafciador di Venezia Sagredo, ebbe
anch' egli da farvi una di quelle pìccole Tavole degli Al-
tafi laterali . La prima dunque a mano delira della portao
maggiore è di fua mano nella quale fìnfe la vifione di Ge^
sù Bambino > avuta da S^Antonio di Padova , ftando, il San?
I i 2 to
-ocr page 269-LUI G I
to inginocchiato in atto ci' adorarlo , e di riceverlo nello
iue braccia coli' accompagnamento di una gloria, per la
quale fì vedono alcuni Cherubini volanti .
Morto Innocenzo nel lósi §1' fuccefìfe AleiTandro , e
il primo ritratto , che foiTe fatto di quel nuovo Pontefice
in grande a federe in una camera ad un tavolino in atto
di dar la benedizzione, il fece Luigi Gentile , e poco do-
po dipinfe una tavola da Altare per Ragufi . Ritornato ne'
folitì imbarazzi di donne finalmente fì ftabilì di abbandona-
re Roma affatto , dopo eiTervi flato zp anni , che fì può di-
re quafi un età, e volle ritornare in Brufelles , Ivi fece
per lo Re di Spagna alcuni cartoni per arazzi , ed un qua-
dro grande ad olio , nel quale dipinfe la morte di Adone
pianto da Venere , alcuni amori d' aiTai bello flile per
Γ Arciduca Leopoldo , ed alcuni ritratti d'Imperadori di
Cafa d' Auftria per l'Imperatore . Fu fecondo il coilume
della Fiandra privilegiato, e fatto franco d'ogni dazio co-
me Arazziere , perche in quelle parti fi fa grande ilima dì
quefta vaga operazione , e perciò quelli , che la efercita-
no f fono efenti in perpetuo da ogni gabella . Per un im-
barco che fece il Re Cattolico volendo rendere adorne tut-
te quelle fufte, ed altre forti di barche , che fervirono per
quella funzione , dipinfe Luigi tutte le tele che fervirono
per cielo delle navi , ed in eiTe fece la nafcita di Venere
nel mare , le nozze di Teti, e di Peleo , ed altre azzio-
ni di deità marine per non ufcire dal foggetto·
In figure piccole era di affai valore , perche oltre il
finirle con diligenza grande le faceva di aiTai buon gufto ,
e vaghe, e nel fare i ritratti prevaleva al pari, e forfè più
di ogn'altro , perche fi vedeva in quelle una certa efattez-
za di difegno , e di componimento poco praticato da quel-
li 7 che fogliono dipingere in piccolo . Fece anche il ritrat-
to in grande quanto il naturale del Marchefe di Caracera,
che fu Gomnator^di Milano , EifendoS portato ia Fran-
cia
G E Ν
E.
eia vi dimorò qualche tempo , ed ebbe continue applica-'
zioni da diverfi Signori . Egli per paterno cognome fi ctiià-
mava Luigi Primo, e quello era il fuo vero cafato , m^j
con quelli pazzi Battefimi che foleva la na2;ione Fiamminga
fare col vino per Γ ofterìe, a motivo della fua gentile figu-
ra fu fempre chiamato Luigi Gentile, e non era conofciuto
per altro cognome . Ultimamente ritornato in Brufelles, ed
in ftabilitofi cadendo in una leggiera infermità l'anno ιό^γ
pafsò all'altra vita, d'anni feiTanta, e benché in diverfe oc-
cafioni guadagnaiTe molto nulladimeno lafcìò poco fe pure
fi può dir poco il lafciare un gran nome . Era di aiTai gra-
ta prefenza, grande di perfona, e di afpetto giocondo. Fu
amico de' piaceri, e faceva poco conto del denaro , fpen-
dendolo con generofità , e col medefimo coftume fi manten-
ne fino alla morte. Nella Chiefa del Popolo le pitture della
Cappella del CrocefiiTo fono di fua mano, toltone la figu-
ra del Padre Eterno,
2f4
luliano nacque in Carrara Γ anno i6c% il
dì Ϊ2 Novembre . Suo Padre chiamavali
Domenico Finelli, e la Madre Maria . Vo-
lendo qiieiti portare avanti Giuliano loro
figliuolo , lo applicarono allo ftudio delle
lettere , al quale pareva , che il putto avef-
fe qualche inclinazione, e Seguitarono quat-
tro anni continui a mandarlo alla fcuola . Nel 1611 un fra-
tello carnale di Domenico, e Zio di Giuliano chiamato Vi-
tale Finelli ritornò a Carrara da Napoli, dove dimorava ,
efercitandovi Γ Architettura. Vedendo quel fuo nipotino ci
prefe genio , e dovendo ritornare in Napoli, dove aveva^
molti impieghi, procurò , che Domenico fuo fratello lafciaf-
fe, che feco fi conduceiiè il putto Giuliano , perche penfa-
va di tirarlo avanti nella fua profeflìone . Quel buon'uomo
penfando al benefìcio, che poteva riceverne il figliuolo >
con qualche fentimento di tenerezza fi contentò , e benché
foiTe di affai tenera età , Vitale feco lo conduife con fua
molta fodisfazzione. Dimorando Giuliano in Napoli appref-
fo il Zio per lo fpazio di due anni poco apph'cava all'Ar-
chitettura, e conofcendo Vitale , che fi andava efercitando
a modellare più , che ad altro , vedendolo inclinato a far
lo Scultore , lo meife appreiTo Micher Angelo Naccarini >
in quel tempo di qualche credito colà per la fcultura ,
GIULIANO F Γ Ν E L L Ι .
e feco fi trattenne Giuliano per Io fpazio di otto anni
Dopo quefto tempo Michel'Angelo pafsò a miglior vi-
ta con molto difpiacere di Giuìiauo , il quale fi vedeva^
aflretto di ritornare a cafa dello Zio , cofa , che aveva
gran coniradizzione al fuo volere , ed al fuo genio , e pa-
revagli, che nella morte del fuo Maeftro fi foiTe troncato
il filo delle fue fperanze , Benché Io Zio aveiTe qualche
comodità , molte occafioni nella profeiTione di Cappelle, e
di Altari di marmo, non vedeva quello, che egli defide-
rava , cioè di portarfi avanti nella fcultura 5 tuttavia fi
fermò in cafa di Vitale un anno intiero. In quel tempo fi
fentiva fortemente ftimolato di veder Roma, e più volte
fece iftanza allo Zio , che voleiTe mandarvelo a ftudiare
in quella Città , nella quale è il compimento di ogni Au-
dio in tutte le profeffionì. Non potè mai confeguire k fua
intenzione, attefo che Vitale vedeva in Giuliano una gran-
de abilità nel maneggio del marmo, e penfava con lui ti-
rare a fine molte dell' opere fue , nelle quali fi richiedeva-
no diverfi intagli , e buona parte di qualche fcultura con
che gli andava con buone fperanze protraendo quefta fua
buona volontà . Ufava anche artifìcio di mantenerlo debo-
le di denaro, acciocché fatto ardito da quello non pren-
defi"e rifoluzione di abbandonarlo , e di profeguire la fua
intenzione . Giuliano , che s'avvide di quefta finezza , di
nafcofto dello Zio fcriife a Carrara a fuo Padre, e gli die-^
de ragguaglio come Vitale Io impediva , che egli non an-
daiTc a Roma a ftudiare , cofa da lui molto defiderata per
fuo avanzamento , e Io pregò, che Io fovveniiTe di dieci
icudi per far quefto viaggio. Domenico fentendo le giulle
domande del figlio non tardò di confolarlo , e diede or-
dine ad un tal Giacomo Ricci fuo corrifpondente di ne-·
gozio in Napoli, che pagaÌTe a Giuliano fuo figliuolo fcu·^
«li 12 moneta .
Prefi dal Finelli quefti denari con molto fuo piacere ,
-ocr page 273-GIULIANO
e difgufto di Vitale fuo Zio fi partì da Napoli, e iì con-
duiTe a Koma Io che fu nel 1622 , ed ebbe ricapito da San-
ti Ghetti Scalpellino , il quale gli diede da fare alcuni put-
ti che fervivano in un depofito della Chiefa della Minerva.
In quel tempo capitò a cafa di Santi Ghetti cafualmento
Pietro Bernini Scultore , il quale era vecchio , e buon ga-
lantuomo , e vide Giuliano , che lavorava il marmo con
eftrema diligenza, ed artifìcio . Invaghitoli di lui Γ invitò
alla fua ftanza , quando fi foiTe compiaciuto di lavorare fot-
to la fua direzzione , promettendogli , che Γ avrebbe trat-
tato al pari de'fuoi figliuoli. Accettò il Finelli quefto cor-
tefe invito , e conofcend^ Pietro per uomo di valore , e
di iì-ima , fperando colla fua direzzione avanzare le fu e
condizioni , operando in cafa di lui gli fervi di ajuto per
condurre a fine molte opere, e fra le altre il depofito del
Cardinal Belarmino nella Chiefa del Gesù a Iato dell' Aitar
maggiore. S'andava avanzando nello iludio , e nel credito
Giovanni Lorenzo Bernini figliuolo di Pietro , quegli che fu
poi dal Pontefice Urbano Vili per merito del fuo valore
fatto Cavaliere dell' abito di Crifto , e vedendo la diligen-
za di Giuliano fi valfe di lui nelle due ilatue di Dafne, e
d'Apollo, che fono nella Villa Borghefe a Porta Pinciana,
nelle quali oltre il buon guilo, e difegno fi vede un ma-
neggio di marmò che pare impoffibile, che fia opera uma-
na , e da eiTa Gio, Lorenzo guadagnò un nome immortale,
Dopo queilo il medefimo Gio. Lorenzo dovendo fare due
Angioli, che andavano fopra il frontifpizio dell'Aitar mag-
giore della Cappella di S. Agoftino in atto genufleiTo di ado-
razione , ne diede a lavorare uno a Giuliano, e Γ altro a
Luigi Bernini fuo fratello , il quale non potè feguitarlo ,
perchè vide Io ftile , e Γ arte del Finelli nel lavorare iÌ
marmo, aiTai differente dalla fua, ficchè convenne a Giu-
liano ifteiTo ridurre a fine Γ uno , e l'altro . Si valfe anche
il Bernini del fuo ajuto nella ftatua dell' Aitar maggiore di
S. Bib-
-ocr page 274-F I Ν E L 1 I .
S, Bibbiena Vergine , e Martire , la quale è una delie bel-
le opere , che dà credito al Cavalier Bernini per eiTere o-en-
tile, e ben lavorata. Coli' occafione dì quello lavoro pre·
fe Giuliano ftretta amicizia con Pietro da Cortona, il qua^
le in quel tempo medefìmo , che fu per l'Anno Santo de!
162^ , dipingeva in detta Chiefa, fervendo al comando de!
Pontefice Urbano Vili.
Venne intanto al Finelli volontà di rivedere la patria,
e coir occafione , che il Signor Domenico Fontia volle ri-»
tornare a Carrara , anch' egli ritornò feco , e fu neir an-
no i6ió ma non vi fi trattenne più di un mefe , paren-
dogli mille anni di tornarfene a Roma . Giunto che vi fu
fece il medefìmo ricapito alla Cafa Bernini , e qui fu im-
piegato nel lavoro di un ritratto di mezza figura della ni-
pote del Pontefice Urbano, il quale fi conferva al prefen-
te con grande ammirazione nel Palazzo del Principe di Pa-
lellrina a Capo le Caie. 11 Cavah'er Bernini per dargli ani-
mo , gli promife , quando foiTe finito quel ritratto , di con-
durlo a baciare il piede al Papa , di che egli ne flava aiTai
defiderofo ; ma fi vide defraudato dalla promeiTa , perche
il Bernini in iua vece vi condufìl· Andrea Balgi , ancho
egli Scultore, e Carrarino ? che poi divenne emulo del Fi-
nelli . Non poco reftò travagliato GiuHano di queilo trat-
to , e con qualche mortificazione , ma andava diilìmulando
per non guailare affatto li Tuoi difegni 5 tanto più che da!
Bernino , che non fe lo voleva perdere affatto , fu impie-
gato a modellare alcuni putti , che andavano intorno alle
colonne di metallo del Ciborio , che fi faceva in S.Pietro
per ordine di Papa Urbano , de' quali ne fece alcuni Fran-
cefco Fiammingo, ed altri Scultori di quel tempo , come
anche ajutò nei modelli dei quattro Angioli grandi , che
fìanno fopra le colonne del Ciborio ,
Si trattenne qualche anno ibtto il comando del Cava-
lier Bernini, dal quale non aveva altro pagamento delle Tue
Κ h lun-
-ocr page 275-G ί ϋ L I A Ν Ο
lunghe, ed inceiTanti fatiche, che dodici feudi il mefe > e
la tavola colla flanza ; del che vìveva maliillmo fodisfatto ,
Avvedutofi il Bernini > che egli flava feco cosi mal con-
tento , per mortificarlo maggiormente impiegava tutto il
fuo parlare a favore del Bolgi, al quale diede a fare una
delle quattro ilatue per la Chiefa di S. Pietro di Roma , che
fono collocate ora a piedi dei quattro pilaftri della cupo-
la , benché aveiTe promeiTo al Finelli di confegnarglìenej
ama . EiTendo già turbato il fangue di Giuliano , e del Ber-
nini β praticava tra loro alla groiTa , e dovendofì fare il
quattro piedeitalli delle colonne del Ciborio di marmo fina
ftatuario , ne ebbe Γ incombenza Domenico Marconi , col
quale entrò compagno Giuliana ^ ed a parte dell'utile. Giun-
ti a Roma li marmi per quefta operazione, e faputoiì dal
Bernini che il Finellì era a parte di queilo negozio , non
volle , che detti marmi foiTero pagati a quel prezzo già
fìabillto , quando furono ordinati , e fi era fermato il pat-
to a 24 feudi la Carrata , li fece folo pagare 18 , e que-
fìa fu la cagione ultima , che Giuliano fdegnato fi allonta-
nò dalla fua pratica .
Si dolfe il Finelli con molti Tuoi amici di vederi! trat-
tato in quella forma, da chi doveva ufargli maggior cor-
iefia, e tra gli altri fé ne lamentò con Pietra da Cortona ,
e col Cavalier Giufeppe d'Arpino , li quali ientendo le fue
doglianze , e conofcendo il fuo valore , perche non fi per-
delTe di animo , Pietro Io raccomandò al Signor Marcello
Sacchetti, che gli diede da fare alcuni ritratti per caia fua ,
e il Cavalier Giufeppe gli procura una ftatua da eiTere fi·
tuata dentro una nicchia nella Chiefa della Madonna dì Lo-
reto alla Colonna Trajana . Quefta fu una figura in piedi
alta nove palmi, leggiadramente atteggiata , e panneggia-
ta , la quale sfiancheggiando nella finiftra pofa colla gamba
deiira vezzofamente , ed appoggìandofi ad un pìccola pie-
deilallo tiene la palma neli' oppoila mano . Nel gufto , e
F I Ν E L L I. 259
nella maniera dello ftile pare, che il fo/Te voluto fare imi-
tatore del Cortona, non sò fe per genio di luì nelle cofe
di Pietro y ο per vokrfi allontanare dal Bernini ; per
qual cagione fi foiTe , ufd in quella ftatua dal fuo ufato fin
allora . Ben è vero, che gli riufcì aifai bello il lavoro, e
ne riportò grande aura, avendo Tapplaufo maggiore fi da
Pietro , come da Giufeppino, e qucfto veniva dal folito
coftume , che fi fà piacere ad uno per far ingiuria all' al-
tro . Queila è figura di una leggiadra Verginella di nobili
fembianze , che rapprefenta la S. Vergine , e Martire Ca-
terina di AleiTandria di Egitto , e fu la miglior cofa , che
egli faceiTei perche veniva fortemente limolato dall'emù-
lazione .
Avendo avuto da fare il ritratto del Cardinal Bandini
prefe propria abitazione per operare a fuo modo , il quale
ritratto andava collocato nella Cappella, che era di queila
famiglia nella Chieia di S.Silveftro al Monte Qiiirinale , Per-
che fi ilimava perfeguitato, e poco ben viilo , e perche co-
nofceva venirli il male addoiTo da alta cagione , per dar luo-
go a quegli fdegni arrabbiati concepiti contro di lui , fe ne
andò a Napoli dove aveva già dimorato, e trattenendovifi
qualche mefe gli furono ordinate due figure di quattordici
palmi Γ una, che, fatte che Γ ebbe , furono fituate nella
facciata della Cappella del teforo , Avuto quefto lavoro ,
ed ordinatine li marmi, fe ne ritornò in Roma dove pen-
fava di lavorare dette ilatue ; ma li Signori Deputati del
Teforo non vollero acconfentire , che fi lavoraiTero fuori di
Napoli : ed il Finelli fotto pretefto di terminare il ritratto
del Card. Bandini , che aveva incominciato , fi trattenne^
qualche mefe in E orna ,
11 Padre di Giuliano che ancora era vivo, malcontento di
quello andare, e tornare del figlio con tante moife da Cor««
riero , gli fcriiTe , che fi fermaiTe una volta fe voleva fta-
bilire Io flato fuo y la qual cofa fentendo il Finelli iimamo-
K Κ ζ ji^to-
-ocr page 277-ζ 6ο GIULIANO
ratofi di Roma , penfava di fermarfi in lei , e di lafciarc
andare le due ftatue di Napoli, e Io Zio, che Io deiìde-
tava con lettere frequenti gli dava delle fpronate a folleci-
tariì e non lafciarfi lufingare dalle vanità con abbandonare
quello che aveva già in potere per confeguir Γ altro chej
liberava . Intanto a perfuafione del Cortona il Signor Mar-
cello Sacchetti gli diede un beir impiego di un gruppo di
quattro figure, iìgnificanti le quattro ftagioni di altezza di
jz palmi, di che ne fece un modello, e fcriiTe a Carrara
per il marmo in quella proporzione , e lo commeiTe a Gia-
como FinelH fuo fratello , il quale infìeme col Padre face-
va la profeiTione di mercanteggiare da per tutto li marmi
carrai-ini . Fece anche nel tempo medefimo un altro mo-
dello per porlo in opera pure per il Signor Marcello, ed
era l'Aurora, la quale fi parte frettolofa dal fuo vecchio
Titone ; ed anche in quel tempo fece il ritratto di Michel*
Angelo Buonarroti cavato da alcuni difegni, che egli vide
in Fiorenza. Fece pure per gli eredi del Card, Ceffi il di-
fegno di un depofito , che fu meiTo dentro la Cappella del
CrocefiiTo nella Chiefa di S. Gio. Laterano col ritratto del
medefimo Cardinale in mezza figura , che ila inginocchia-
to , e fa parere con artificio che fia tutto intiero, Un al^
irò ritratto del Signor Giufeppe Bonanni ufcl dalle Tue ma-
ni 3 ed anco il difegno dei due depofìti, ed ornamenti del-
la Cappella di quel Signore nella Chiefa di S. Caterina da
Siena al Monte detto Magnanapoli,
Lo follecitavano in Napoli a dar principio alle due fì-
gure di già aiTegnategli , ficchè gli convenne andarfene a
quella volta , ed eiTendo venuto a Roma il marmo ordina-
to da lui per fervizio del gruppo del Signor Marcello Sac-
chetti , non poteva effettuarlo , dovendofi portare altrove,
e il Card. Sacchetti giacché gli conveniva prender quel faf-
fo lo diede a fare ad AleiTandro Algardi , il quale pensò
di yakrfene in altro partito ? € fece 11 modello di un facri-
F I Ν E L L I.
ÌICÌO di Abramo, ed anche di queilo reftò nel modello fo^
lamente .
Con poca fodisfazzìone Giuliano lafciò Roma , ma gU
ftimoli dei deputaticela follecitudine dello Zio , e per quel-
lo , eh' egli diceva , le perfecuzioni dei, poco amorevoli ,
10 fecero rifolvere a quefto ; perche parve a lui, che le->
acclamazioni fatte da Pietro da Cortona al fuo valore fof-
fero il fuo precipizio, accendendo quefte fempre più l'odio
de'fuoi contrar; . Il Finelli per ultimo iì determinò di la-
fciar Roma, quando fi vide mancar il Signor Marcello Sac-
chetti , il quale pafsò all' altra vita , ed egli rcitò privo di
quel buon difenfore che Io proteggeva.
Intanto udì , che il Vice-Re di quel tempo , che era
11 Conte di Monterei , defiderava da lui il fuo ritratto , e
quello della moglie in figure intiere di palmi nove di altez-
za , e che il Domenichino Pittore de' più celebri, che al-
lora dipingeva in Napoli la Cappella del Teforo , negoziava
per TAIgardi il lavoro di tredici Jftatue di metallo per det-
ta Cappella alte dieci palmi Γ una . Tanti motivi di fperan^
za di poter lavorare lo affrettarono a partirfi da Roma ,
perche il vederfi fenza protettore, e perderfi le occafioni ,
e lafciarfi levare quelle di già avute , fono incentivi da far
rifolvere ogni impigrito . 11 Conte di Monterei gli aifegnò
ftanze in Palazzo , ed un luop a propofito per operare ,
dove conduiTe a fine li due ritratti del Vice-Re, e dellaj
Vice-Regina con gran piacere di ambedue , che andavano
fpeiTo a vederlo lavorare per una ilradà fegreta , che gii fer-
viva per cagione favorevole di domeftichezza , e famiglia-
rità con molto fuo vantaggio. Era in quel tempo in Napo-
li il Caviilier Cofimo Funfaga da Bergamo Scultore, ed Ar-
chitetto , e teneva occupate le migliori occafioni di quella
Città nell'una , e nell'altra profeilìone . Sentendo egli lì avan-
zamenti del Finelli» e le fodìsfizzionì, che dava colf ope-
re fue a queir Eccellenze, fi ingelosì fofpettando dalla fua
cada»
-ocr page 279-GIULIANO
caduta. Quei ritratti, per ragione del difegno fatto da lui
<ieila Cappella , nella quale andavano iltuati, dovevano ef^
fer condotti da lui medeiìmo eiTendo anche Scultore, tan-
to che prefofi il Funfaga di quefto alterazione fi gittò al
partito di fpaventare il Finelli. Stabilì dunque col mezzo
di Afcenfo Funfaga Aio figlio , che profeiTava il meftiero di
Tagliacantoni di mettergli paura , ed incontrato un giorno
il Finelli da quello fmargiaiTo β vide provocato con bra-
vate, e con minaccie con dirgli , che fe non fe ne foiTej
ritornato pretto a Roma , che Γ averia paiTata in Napoli
con poca fodisfazzione , Giuliano per non poter far altro
lìmulò per allora, e fi andò fchermendo con buone paro-
le 3 ma datone parte al Vice-Ke prefe animo quando fi vi-
de aflìcurato dalla fua protezzione . Fu avviato il Cava-
lier Cofimo dal Maggiordomo del Monterei, che il Finel-
li era famigliare di S. E., ed avrebbe ricevute nella per-
fona Tua propria tutte le ingiurie, e le offefe , che a quel-
lo veniiTero fatte « 11 Fonfaga ii gettò a più dolce partito ,
e fece negoziare per terza perfona , che Giuliano procn-
raiTe con lui amicizia domeilica , anzi ne tentaiTe la paren"
tela con fargli chiedere una fua figlinola per moglie. Que-
ili officj non fecero breccia in Giuliano , e profeguendo a
far li fatti fuoi per opera del Vice-Re ottenne le
tue del teforo da gettarli di metallo , e li Deputati ci con-
defcefero, perche oltre le raccommandazioni del Conte di
Monterei avevano vedute le ilatue dei ritratti con molta
loro fodisfazzione . Furono pofte al loro luogo le due fta-
tue di marmo , che già ebbe da fare in fui principio, ed
erano le figure dei SS. Pietro, e Paolo, le quali rìufcirono
con molta lode delfuniverfale, Fece anche per quella Cap-
pella il modello di Maria Vergine aiTunta al Cielo grande
dal naturale , e fe ne fece mia figura di argento , la qua-
le fi efpone ogni anno per mezz' Agofto giorno di detta
feila con gran divozione della Città ·
FIN E L L I. tój
- Diede intanto Giuliano principio alle figure da gettatv
fi di metallo , facendone li modelli com' è folito nella pro-i
porzione, che dovevano eiTere, per farne le forme, e la
prima fu la figura di S, Gennaro veftito in abito Epifcopa-
le, ed a federe, che fu poi collocata nel nicchio dell' AK
tar maggiore di palmi 12 , e le altre dodici degli altri pro-
tettori della Città y alcuni in abito anche di Vefcovo, ed
altri in abito della loro Religione. Per fondere dette llatue
chiamò da Roma i fonditori più periti di quel tempo, li qua-
li avevano fervito per 1' opera del Ciborio del Cavalier Ber-
nini in S. Pietro, e per le due figure del Pontefice Urba-
no Vili a federe Ìii atto di dar la benedizzione , delle qua-
li ilatue una è in S, Pietro nel Tuo bei depofìto , opera fa-
inofa del medefimo Bernini , e l' altra è nella piazza alta^
di Velletri . II più abile di tutti era un certo Gregorio de
Roflì j ma perche era avanti aiTai cogli anni, che ne ave-
va 70 , morì prima di terminare Topera^ e l'efEando coil-
fufo il Finelli per queila perdita procurò, che ne veniiTe un
altro . Domenico Guidi nipote di Giuliano per parte di fo-
rella , benché giovine di 18 anni vi trovò tal facilità, bert
iftruito dal Roflì, che il Finelli fi pentì di aver promofib^
altri per queir effetto , poiché gU riufcì il getto del rima-
nente delle figure fenza diibrdine, σ maiTcamentO di alcu-
na forte. Altra difgrazia non fucceiTe al Finelli in quella
fua fonderia, fe non che alla Città mancarono li denari per
finire di fodisfarlo , e recarono quei getti fenza eiTere ri-
nettati, e fenza il loro dovuto compimento, e benché egli
foiie provviflo di geo ducati il mefe di quelli di Napoli ,
ne reftò creditore di 9000»
Qiiefta fua perdita nacque da quella rivoluzione popo·»·
lare, che fucceiTe in quella Città , la quale tramandata ai
pofteri farà fempre ilimata più favolofa , che vera . Quel-
lo fcalzo di Tomafo Aniello che fi era fatto capo popolo in
quel difordine , ordinò a Giuliano che metteife in opera le
det'
-ocr page 281-GIULIANO
dette ligure , ma avendo intefo , che reftavano imperfetté
per mancamento del denaro , quel generofo garzoncello gli
diede di quella , che lepidamente chiamava fua propria,»
borfa, mille , e cinquecento ducati , coi quali ii rinettaro-
no , e fi efpofero al loro luogo . Dì quefte opere il Finel-
ii reftò creditore come ho detto di 9000 ducati , e con tut-
te le fue diligenze fatte da lui prima di morire, mai non
ne potette avere alcuna fodisfazzione .
Per regalo di tante fue fatiche poco vi ma^cò che non
foiTe appiccato nel tumulto di quelle rivoluzioni , e ne fu
la cagione un fuo cognato, che in quel tempo avea Γ offi-
2io di munizioniere del Caftel nuovo di Napoli , Quelli
aveva avuta una vigna fotto la montagna di Somma , e il
Popolo lo dichiarò ribelle come miniftro degli Spagnuoli, ed
andato armata mano a detta vigna, ne portò via tutto il
vino di queir anno con tutti i mobili , che vi trovarono .
li Finelli eoa alcuni principali del Popolo , ed in partico-
lare col Duca di Ghifa, che in Napoli fi era condotto per
parte di Francia , procurò di rifarcire quello danno facen-
do coftare co' teilimonj , che quella vigna era del fratello
del fuo cognato , il quale era dalla parte del popolo , e
queila era la verità , eh' egli abitava in quei quartieri , ed
era il vero padrone della vigna, e quel munizioniere del
Cailel nuovo non vi aveva più parte alcuna, avendo tra di
loro fratelli divifo, ed ognuno riconofcendo la propria par-
te . Il Duca fi refe capace di quelle ragioni, ed ordino che
foiTe lafciato quel vino, e tutte le altre cofe , ed ottenne
un ordine fcritto dal Duca medefimo . Con quell'ordine fe
n'andò col fratello di fuo cognato per ottenere quella gra-
zia , ed incontrò proprio nel ponte della Maddalena eh' è
nel termine del Borgo di Loreto , li carri che conduceva-
no detto vino in quantità di 40 botti , e lo guidava una
compagnia di foldati popolari, e prefentò Γ ordine del Du«
ca al Capitano β che li conduceva . Gennaro Annefe, il qua-
le
F I Ν E L 1 I.
le era Π capo principale ^ eiTendo già morto di archibugiata
Tomafo Aniello , ed i foldati gridarono contro di tutti due
come fe foiTero ribelli, e Gennaro Annefe ordinò che fof-
fero condotti nel Torrione del Carmine . Giunti prigione ,
Gennaro fece intendere ad ambedue , che aggiuftaiTero le
partite delle Anime loro , perche in termine di 24 ore do-
vevano morire , Già fi era il Finelli apparentato col Ca-
valier Lanfranco avendo avuta per moglie una Tua figlia ,
e iaputofi queila nuova dolorofa a cafa fua furono fatte^
molte diligenze per~"fàlvario ; ma il Lanfranco era in Ro-
ma , e non fentiva da lontano quelle ftrane novelle . Tan-
to fi aiFaticarono i parenti, che dal Duca di Ghifa, e da
Gennaro Annefe ne ottennero la grazia , e fu fcarcerato
con ficurtà di mille ducati di prefentarfi ad ogni richiella,
e glie la fece il fuo nipote Domenico Guidi > che allora fi
trovava in uno ftato di non avere mille bajocchi .
Prima delle rivoluzioni fi era trovato Giuliano ad un
altro ftrano cimento , ma non così pericolofo per luì. Ave-
va fatto il ritratto del Principe di S. Agata figura intiera
grande quanto il vero inginocchio in atto di adorazione ,
che andava pofto nella fua Cappella delia Chiefa di S. Pao-
lo de' PP. Teatini , nella quale è il corpo di S. Gaetano,
Una mattina quefto Principe andò nella Chiefa per vedere
quel fuo ritratto , e mentre parlava col Finelli un certo
Carlo Lombardelli fcolaro di Giuliano, il quale aveva pro-
curato di far egli detto ritratto con dire, che tutte le ope-
re del Finelli erano lavorate da lui, e per quefto gli ria-
fcivano di qualche valore , non avendogli il Principe dato
orecchio trafportato da frenefia , con gran furia levò dal
fianco di un fervitore del Prencipe la fpada , e denudatala
corfe con impeto alla volta del Principe per araazzarlo ,
Giuliano , che gli fi trovava vicino tirò fubito il capello
in faccia a Carlo , ed uno ftaffiere corfe per difendere il
padrone da quel pericolo 5 ma reftò ferito in un braccio ,
266 GIULIANO
Corferò gli àltri per volerlo amazzare, e l'avrebbero fata-
to fe il Finelli non aveiTe pregato il Principe ad impedir-
li , ed a perdonare al Lombardelli , il quale fuggendo fi
faìvò nella Chiefa di S. Lorenzo , Non per quefto fu quel
furiofo giovane ficuro ; perche d' ordine del Vice-Re fu
prefo, e carcerato , ed efaminandolo della cagione di queft'
ecceiTo così infame, e fagrilego , Carlo non fi fa fe per fur-
beria ο per pazzia depofe che egli era il vero Principe di
S. Agata, e che voleva ammazzare chi gli aveva ufurpato il
fuo principato . Da quelle depollzioni creduto matto fpac-
ciato , in grazia del Finelli fu fatto fcarcerare , e dopo
qualche tempo, che fi trattenne in Napoli, e che ufci di
carcere , fe n' andò via .
Fece anco Giuliano nella Chiefa de SS, Apofloli due
Leoni, che reggono Γ Altare , che fi fece in quella Chie-
fa di ordine del Card. Filomarino Arcivefcovo di Napoli ,
li quali riufcirono aiTai belli, e di buono itile . Nella Chie-
fa deir Annunziata in detta Città fece un ritratto in mez-
za figura di Cicco Marchionno , ed anche il difegno dell*
Aitar maggiore della medefima Chiefa , che fu fatto di mar-
mo bianco, e di pietre mifchie , e neir ìileiTo Altare vi fe-
ce due figure di Profeti di grandezza del naturale . Nel me-
defimo tempo fece il ritratto del Marchefe Soranzo di mar-
mo in mezza figura ma fenza braccia , che ila in Cafa Ca-
raccioli ; e parimente per le Monache di S. Gaudiofo mo-
dellò mezza figura diS.Gio. Battiila, che fi fece di argen-
to gettato di metallo grande quanto il vero, ConduiTe anche
un ritratto del Principe di Belmonte , il quale è ora in_i
cafa de' fuoi eredi, e il P. Mafcambruno Gefuita gli fece
fare il difegno dell' Altare di San Francefco Xaverio nella
Chiefa della Compagnia , nella quale andavano due figure di
marmo della grandezza di 14 palmi, ed erano di S.Tomafo
Apoftolo, e di S. Girolamo ; delle quali fece i modelli ,
? ne vennero i marmi da Carrara j ma le rivolte del Po-
polo
F I Ν E L L I. 2(?7
polo ne impedirono l'efecuzione . Nel medefimo tempo fe-
ce il difegno di una cuftodia per D. Melchiorre Borgia , che
allora era Generale delle Galere di Napoli , e quefta fu
fatta di gioje ornata con molte figurine di metallo dorato
coi modelli pure fatti da lui, la quale coftò fopra mi-
la ducati. Per lo già detto Card. Filomarino fece molto
cofe di difegni ritratti , e depofiti , e lo aveva quel Car-
dinale dichiarato Tuo famigliare . Dopo le rivoluzioni fece
Il ritratto di Moniìgnor Vefcovo di Pozzuolo , il quale fo-
pra un piedeftallo fu pofto in mezzo la piazza del merca-«
to in detta Città, grande 12, palmi incirca . Stando in Na-
poli ebbe commiffione da Roma dalla Signora Caterina Gia-
nail, nipote del Card, di quello cognome di fare il ritrat-·
to di queir Eminenza, che andava nella Chiefa da lui fab-
bricata in S. Lucia alle Botteghe ofcure per lo fuo depo-
rto , ed anche due figure per V ifteiTo depofito grandi a!
naturale; una rapprefenta la Carità, e Γ altra la Sapienza j
ma vogliono che Giuliano ne faceiTe folo il modello.
Nell'anno i6$z fu mandato il Finelli a Roma dal Du-
ca di Terranova, che allora era Vice-Re in Napoli per fo-
praintendente a molti lavori, che fi dovevano fare per fer-
vizio del Re di Spagna , e vi dimorò qualche tempo facen-
do modellare le più belle ftatue antiche di quella Città , e
molte di quelle , ed alcune altre de' Tuoi modelli le fece
gettare in metallo , Per lo medefimo Re fece il modello
di certi leoni al numero di 12, maggiori del naturale, che
furono fatti di bronzo , ed indorati a molitura , e. queiìi
furono un dono fatto a quella Maeilà Cattolica, Fece an-
che per il Duca Gaetani due piedi da ftudiolo con un aqui-
la fopra, che furono di rame indorato , e fu cofa belliffi-
ma , ed in quel tempo gli fucceiTe la terza difgrazia anche
confiderabile, che venne fcritta una lettera cieca air Am-
bafciator di Spagna , nella quale fi diceva come Giuliano
in Napoli nel tempo delle rivoluzioni era ilato capo popo-
2<SS GIULIANO FINELLIi
lo, ed aveva gettati molti pezzi di artiglieria per fervizio
dei ribelli, ed altre falfità per fargli venire addoiTo, oltre
la difgrazia di S. E., anche un caftigo feveriÌTimo. Ma per-
che le lettere cieche appreiTo li Signori Grandi non veg-
gono mai la fine bramata , gli fu moftrata la medefimaj
lettera con dirgli, che fi aveiTe cura degrinimici. Benché
non riceveiTe di queilo danno nelTuno nella perfona , con-
tuttociò ne reftò gravemente oiFefo Γ animo fuo , ficchè
per il cordoglio fi ammalò , e per molti giorni gli con-
venne ferrnarfì nel letto , dove aggravandofegli il male di-
fperato della falute del corpo fi ricorfe a procurare quella
dell' Anima , e quindi dopo 24 giorni di malattia gli con-
venne cedere al male, ed alla natura, e fi morì con qual-
che fofpetto dì bevanda contaminata V anno 16^γ. Fu fe-
polto nella Chiefa di S. Luca , dove fi fa TAccademia de'
Pittori , Scultori , ed Architetti di Roma ,
Fu Giuliano di mediocre flatura , di pelo negro , e
dì prefenza paiTabile . Era poco felice nel -difcorfo , non
troppo ameno nel tratto, e partecipava più del rozzo, che
del gentile , converfava poco ? e viveva Tempre forpettofo
con inquietitndine grande . Fu delle fue facoltà erede la
propria famiglia , la quale, dopo che egli fu morto , dell*
avanzo dei novemila ducati, che doveva avere dei lavori
fatti per la Cappella del Teibro fi contentò riceverne 4000
con fargli ricevuta finale , e queilo fu per non poter far
meglio , Morì il Finelli di anni cinquantacinque , che vuol
dire nel più attivo deir età fua ,
zóg
PITTORE,
«
Goftino Mitelli nacque Γ anno 160^ in Bo-
' logna Città iìngolare per tanti pittori che in
lei fiorirono . Fu figliuolo di Giovanni Mitei-
li, e di Aurelia Cailro, e da bel principio del-
la fua età giovanile fu applicato alla pittu-
ra nella fcuola dei Caracci fuoi compatriot-
ti.i ll genio Io portò fempre più airornamento , ed al com-
pofto di una. ben regolata Architettura rapprefentata in pro^
fpettiva che ad altra operazione . Perche pare, che quefta
cognizione rimanga nuda , e pov^era fenza V accompagna-
mento delle figure , uniilì con Angelo Michele Colonna^
della fua patria, il quale applicò fempre allo iludio delle
figure , e fatto così un' accoppiamento leggiadro incomin-
ciarono a lafciar vedere quanta forza aveva il valore di
così bella unione . La^ novità dei capricci , e la bellezza
delle curiofe invenzioni, che compariva nelle opere loro
eccitò un grido? ed un applaufo non ordinario ; vedendoli
con quanto accordo fi collegavano infieme con forza , e
dolcezza mirabile , ficchè parevano due anime in un foi
corpo , e due menti con una fola mano . Acquiftata ambe-
due in Bologna un aura di iliraa , venivano impiegati da
quei Cavalieri in diverfi lavori di Chiefe , di Palazzi , e
di Chioftri, e da per tutto facevano vedere la maraviglia
del loro fapere*
II
ι >
270 AGOSTINO
II Cardinal Belardino Spada avendo comprato quel
Palazzo nella piazza detta Capo di ferro, del quale neiTun
altro conobbe le ottime qualità, procurò di riftorarlo , di
accreicerlo, e di ornarlo in quello , in cui rimaneva im-
perfetto . Avendo refa la fala principale ad una certa no-
bile , e maeftofa proporzione per darle il compimento do-
vuto , pensò divaria dipingere, e dopo varie rifleiTioni fat'
te fopra alcuni Pittori j coli'occafione che in Bologna per
Legato aveva conofciuto quefti due foggetti, ed al fuo ge-
nio confaccvoli per Γ opera di quefta fua fala , in loro fer-
mò il penfiero . Dopo Γ impiego di molti mezzani per ot-
tenerli Tanno 1535 l'uno , e l'altro d'accordo fi trasfe-
rirono in Roma per fervire quell'Eminenza, e dipinfero nel-
lo fpazio di pochi mefi tutte quattro le pareti di quellaj
fala dal foffitto fin al piano con un compimento di colon-
ne di ordine compofito , capitelli, e baiì d'oro , ed al-
tri ornati , fingendo gradini , per li quali alcune figure
vanno falendo, e difcendendo in abiti var;, e ftrani , che
dà al tutto grandezza , e magnificenza mirabile. Finita queil*
opera ritornarono in Bologna , e fempre colla medefima
legge della perfetta amicizia operarono concordemente . Ivi
dipinfero una fala di n];ediocre grandezza per il Dottore
Cucchi, ed una Galleria in cafa del Segni nelia ftrada mag-
giore . Da Bologna fe ne andarono a SaiTuolo Palazzo del
Sereniifimo Duca di Modena, nel quale dipinfero una fala ,
e due cortili Γ uno grande , e Γ altro minore con alcune
sfuggite di profpettiva , e ne ebbero mille doppie di rico-
gnizione . Nel Pafazzo Ducale pure di Modena dipinfero una
flanza , ed in detta Città ornarono con varie , e curiofe in-
venzioni l'Oratorio di S. Sebaftiano . Da Modena paiTarono
a Forlì dove dipinfero una Cappella di S. Filippo Neri . Fu-
rono chiamati a Fiorenza dal gran Duca diTofcana, e di-
pinfero per queir Altezza una ftanza nel Palazzo de' Pitti
al pari di quelle di Pietro da Cortona , ed ia detta Cit-
tà
Μ I τ E L L I. 271
fa nel caiìno del Principe Cardinal Gio. Carlo , dipinfera
una fala , e diverfe profpettive nel giardino , com' anche
la facciata del Palazzo con varj ornamenti, e profpettive,
ed una ftanza al piano del Palazzo medefìmo , Al Marche-
fe Nicolini dipinfero in Ponfacco , eh' è il titolo del fuo:
Marchefato, la facciata del fuo Palazzo con varj ornàmen-
ti. Dopo le opere della Tofcana ritornarono alla patria , e
dipinfero una fala in cafa del Canobio, molti foiBtti curio-
fi, ed alcune profpettive . Dipinfe il Mitelli folo due pro-
fpettive nella Chiefa di S. Paolo , ed in cafa del Marchefe
Virgilio Malvezzi una ftanza , e quattro profpettive nella
Chiefa di S. Salvatore. Se ne andarono i due compagni a
Genova, ove dipinfero concordemente due ilanze in cafa_>
del Signor Gio. Battifta Balbi, e ritornati in Bologna Ago-
ftino dipinfe in cafa del "Colonna tutto un cortile , con va-
-rj e capriccioil ornamenti, e profpettive , nel qual lavoro
s' impiegò in tutta diligenza, eiTendo per fervigio di uno
della fua profeffione, e fuo caro amico, e compagno . Fe-
cero dopo unitamente pure in Bologna la fala del Conte
Girolamo Caprara, e nella Chiefa di S. Michele in Bofco
due profpettive . Nella fala de'Signori Béitivogli nella fac-
ciata principale, fece il Mitelli una sfuggita accompagnan-
do il fìnto con IL vero , che aggiunfe maggior grandezza ,
e nobiltà in quel falotto, corn' anche una Galleria, e due
ftanze in cafa del Conte Odoardo Pepoli , e dipinfe Γ ora-
torio di S. Giufeppe al mercato .
Ebbe occafione di molte fcene per diverfe opere , che
fi rapprefentarono in Bologna, ed in quefto genere a mio
giudizio ferve di gran lume per quefte operazioni a motivo
della varietà de^ capricci , per le molte, e belle invenzio-
ni , ed anche per lo ilile di dipingerle con forza , e dol-
cezza unitamente concorde, che riufcirono beniifimo com-
pite nei teatri illuminati, com'è folito . In moltiiTime ca-
ie de'Signori Cittadini di Bologna vi fono di mano del Mi--
272- A G Ο S Τ I Ν Ο
telli ùq' quadri dipinti a guazzo , dove faceva le figure il
figliuolo , il quale anch' egli era Pittore . L* ultima opera
che fece Agoftino infieme col Colonna in Bologna fu laj»
Cappella del SantiiTimo Rofario ? ed è una delle più belle,
famofe, e rare, che fiano ufcite da quei due induftriofi ,
e concordi pennelli .
Furono ambedue chiamati al fervigio del Re Cattolico
nelle Spagne , e ne fu il mediatore il Principe Card. Gio,
Carlo de Medici, e la prima opera, che fecero colà fu una
facciata nel Giardino di Sua Maeftà con due profpettive nei
quarto del primo piano , e tre fl-anze nel Palazzo medeff-
mo fatte a volta. Nella prima vi dipinfero nelF alio della
volta la caduta di Fetonte, nella feconda l'Aurora, e nel-
la terza la Notte . Quefle cofe le dipinfero nella Città di
Madrid , che è la nobilifllma Regia della Maeftà Cattoli-
ca , e nel Palazzo niedefimo fecero una fala grande di fi-
gura ettagona con tanta vaghezza , e così ricca di orna-
menti, e così capricciofa neir invenzioni, che Filippo IV
invaghitofi di quel bel lavoro andava due volte il giorno
a vederli operare y e^d alcune volte faliva fopra il ponte
Hiedefimo dove eflì dipingevano , e con domeftichezza gran^
de parlava con efll , trattando , diceva egli, come dove-
vai! con onori, e con grazie i virtuofi italiani. Quando fù
finita per dimoilrare la fua gran fodisfazzione , volle in
quella fala ricevere alla prima udienza Γ Ambafciatore del
Re criftianiffimo , nella quale chiedeva per ifpofa del fuo
Re Γ infanta D. Maria Terefa di Auftria al prefente degnif-
fima Regina di Francia . Dato che ebbero ambedue com-
pimento a queft'opera, mediante il Marchefe Licchie, che
era figlio di D. Luigi d' Anos miniilro del Re Filippo , an-
darono al buon Ritiro , che è un luogo di delizie partico-
lari dei Re, e delle Regine di Spagna, nel quale oltre un
regio Palazzo con abitazioni fuperbe , vi fono ftagni artifi-
ciofi, dove a guifa di mare fcorrono alcuni vafcelli arreda-
ti
Μ r τ E L 1 r.
Ϊ1 con varie bizzarrie , ed ornamenti , ed lanche alcune
Galere a proporzione per ferWgio di un reale paffatempo^
c piacere. Vi fi vedono di più fontane vaghiffime , ed ab-
bondanti , che con piacevoli inganni fervono per giuoco , e
per trailullo dell^ Dame , e Cavalieri, che vanno a folaz·*
garfì in quelle amenità ne'tempi eftivi . E' adornato di ila-
tue antiche , e tramezzato di floridiiTimi giardini di fiori
vezzoiì, e di frutti foavi. Ivi dipinfero la volta di una log-
gia , e tutte le mura laterali ove nel compartimento dell*
Architettura , che regolatamente fecero sfuggire colle re-
golate proporzioni , e ragioni dell* arte , introduiTero alcu^
ni fatiri feftanti , puttini giocoii con alcuni feftoni di fio-
ri, e di frutti , e var; ornamenti di baffi rilievi , e fo-
gliami ingegnoiì. Nel mezzo , ove finfero Γ aperto d' nrui
Cielo , vi dipinfero Γ Aurora , che rapifce l'amato Cefalo 5
adornamento così ben intefo nelle vedute di fotto , e di
fopra , che inganna il riguardante col fuo ingegnofo artifi-
cio . Dopo dipinfe il Mitelli un Cafino per lo medefìmo
Marchefe Lichie , e fu l'ultima cofa che ufciiTe dal fuo fpi-
riiofo pennello ; perchè forprefo da una trafcurata infermi-
tà in iK)chi giorni fe ne mori in Madrid l'anno i66o d'an-
ni cinquantuno lafciando in quelle parti Γ amico Colonna ,
folo , e fconfolato . Fu fepolto nella Cappella della Merce-
de , e la fua eredità furono alcuni cartoni., e difegni fatti
per certe opere, che doveva fare in non sò quale luogo,
de' quali fi valfe Γ amico dopo la fua morte ,
Fu il Mitelli di non difcara prefenza, uomo di buone
qualità ; ma trafcurato ne fuoi interefsi , perche non ebbe
molta premura d'approfìttarfi delle fne fatiche , fcialacquan-
do fpenfieratamente , e niun conto tenendo del fuo avere .
Amava il bel tempo , e la fua famiglia ha poco guadagna-
to , e goduto dell' acquiilato da lui, toltane la memoria
onorata , che ha fatta rellare al fuo nome . Intagliò in
acqua forte alcune bizzarrie di targhe , e di cartelle capric-
M m ciò-
-ocr page 291-m AGO STI Ν Ο Μ I Τ E L L Ϊ.
ciofe , ed un Hbro di alcuni fregi, ed ornamenti di Archi^
lettura , che-fi vedono oggi giorno andar in volta con qual-
che ttima:^appreiro li profeiTori. Fu fingolare inventore di
una bella , e nobile fantaiìa dì ornare, e di dipingere con
vaghezza , e dolcezza di ftile non ordinario , li fuo male
durò per lo fpazio di 14 giorni con febbre ardentirsima
ed inceiTante, e il Re, a cui difpiaceva grandemente quefta
fua inafpettata indifpofizione , mandava ogni giorno con gran
clemenza per aver notizia dello flato fuo . Al fine indebo-
lito > e confumato refe Γ Anima al Creatore con fentimenti
cattolici j e di perfetto criftiano ·
Morì Ρ Anno \66q,
Rancefco Albani fi portò dal fuo natale una
.nobiltà di genio fingolariffima , ed una qua-
lità di gufto fempre diretta alla novità , al-
la vaghezza, e ad on componimento di con-
cetti fpiritofo . Ebbe il dono d' un raro in-
gegno atto a ricevere i dogmi di qualunque
fcienza , benché difficile , accompagnato da un giudizio
prudente, e raffinato . Nacque nella Città di Bologna in^
un fecoio , che fu fioritifiimo di uomini rari nel nobile
efercizio della pittura nel mefe di Marzo Tanno 1^78, e
fu figliuolo di Agoftino Albani ricco Mercante difeta. La
Madre chiamavafì Elifabetta , e fu feconda di numerofa
prole , ma de* fuoi figliuoli mafchi tre foli ne reilarono in
vita . Il maggiore fi chiamò Domenico, il quale applicato-
fi alle lettere fi addottorò nell' una , e nell' altra legge , e
β efercitò fempre con gran riputazione nella procura . Il
fecondo fu Francefco il quale da fanciullo fu fatto ap-
plicare alla fcuola come il fratello, ma egli moftrò poca
applicazione allo ftudio facendofi vedere inclinato colla pen-
na , e col carbone a fare de' bambocci, ed a rapprefentarc
figure , beiliami, ed alcuni vifaggi di perfone cognite con
che faceva bene fpeiTo ilupire, chi lo vedeva. II terzo fu
Gio. Agoftino, che ereditò il nome del Padre , e quello
il applicò al Notaro, ed all'economia della Cafa.
Μ m i Men-
-ocr page 293-^J6 FRANCESCO
Mentre Francefco iì vedeva dedito a difegnaré , li fuo!
parenti fe ne turbavano , perchè fe non badava alle lette-
re lo avrebbero almeno voluto porre nel filatojo di cafa ^
e tanto più il Padre fe ne rendeva inquieto, perche vede-
va le miferie di alcuni Pittorelli di jìoca levata > e poca_s
fìima, che morivano quafi di neceffità , non volendo egli
ciò attribuire al Joro poco fapere, ο poco fludio .
Mentre Francefco compiva Γ anno duodecimo di fua
età Agoilino fuo Padre morì, ed egli non ne fentì queir
affanno , che è naturale per la perdita del genitore ; per-
che il vide allora in libertà di applicarfi a fuo modo, La^
fciò dunque ogni altra cofa , e tutto il diede in preda al
difegno ; e perche aveva conofciuto Guido Reni da fanciul-
lo alla fciiola, e lo vedeva attendere alla pittura, coll'in-
drìzzo. di quello fi introduiTe dal Fiammingo Calvart Pit-
tore in Bologna a quei tempi di qualche ilima. Infieme con
Guido difegnava attentamente, e fi andava ogni giorno avan-
zando neir acquino , prendendo vieppiù animo di approfìt-
tarfi ; perche nel bel principio fi diede ad una fegreta emu-
lazione del fuo condifcepolo, e tanto più entrò fra loro uno
ilimolo pungentiffimo , quanto che vide il Caivart fuo Mae-
flro, che per efimerfi dalla briga, dava a Guido l'incom-
benza di rivedere i difegni di Francefco, di correggerli,
e di dargli nuove lezzioni . Si fìngeva però tra loro una
lega indiiTolubile di una ilretta amicizia, ma Γ animo deli*
lino , e dell' altro difcorreva con altro linguaggio \ perchè
l'Albano cheli vedeva inferiore al compagno, ne fentiva
un tarlo troppo grande al cuore, e Guido nel vederlo tanto
avanzarfì gli pareva che foiTe aiTai vicino non folo a farfe^.
§li uguale, ma forfè a fuperarlo.
in quel tempo forgeva , e prendeva femprc più aura
la fcuola delli tre Caracci, Ludovico il maggiore , che era
cugino , Annibale , ed Agoftìno fratelli. Quella maniera di
itile nuova 5 e più Tailtag§ÌQr^ ndU perfezziooe di quanti
allo^
-ocr page 294-Ά Β Ν Ζ77
C ρ
allora erano conofciuti diede negli occhi di GuìcÌo »
fervi di Fanale per fargli conofcere la buona ftrada . Si ih
folvè quelli di abfendonare il Calvart, ed accoftarfi a quel
nobile Triumvirato , e fenz' altro coniiglio efeguì la fua_>
rifoluzione . Turbatofene il Calvart ne diiTimuIò il difgu^
fìo, e Francefco al quale era difpiacciuta la perdita della
compagnia dì Guido , ο foiTe ingeloiìto , che egli in quella
fcuola da lui anche conofciuta per migliore fe n' approfit-
taiTe con maggior vantaggio, poco tempo vi mife di mez··
20 a feguirlo. Dell' Albano particolarmente fi moilrò gra·»
vemente ofFefo il Fiammingo dichiarandoii non voler più
d'intorno quefli giovanailrl vogliofì . Guido finalmente im-
poiTeiTato del difegno s'inoltrò a colorire, e con tanto pro-
fitto , che Ludovico , che era il vero Macilro di tutti fi
valfe più volte di lui in fargli abozzare , ed anche in far-
gli ridurre a qualche perfezzione moke delle opere fue .
Aveva prefa occafione Francefco di lafciare il Calvart da
alcuni termini imprudenti , ed indifcreti ; ed ο che così
foife veramente , ο che egli fi voleiTe fervirc di qualche
pretefto , che poteiTe a lui giovare di fcufa, e di compaf-
fione lo lafciò totalmente , Ludovico gradì quefto nuovo
difcepolo perche conofeeva in lui abilità da fare una glo-
riofa riufcita , e con una tacita invidia fi affaticava France-
fco di non eiTer giudicato di meno valore del fuo avver-
fario Guido . Accorgendofi di quefta gara il Reni , e iti-
mandolo troppo profontuofo, e temerario , ne incominciò
a moilrar fegni di ofTefa , e tanto più crebbe in lui l'odio,
quanto, che eiTendo egli flato eletto all' opere della ricor-
danza del Pontefice Clemente Vili che fi doveva fare in
quella pubblica piazza , fi affaticò l'Albani , affinchè un Arte-
giano poco amorevole di Guido, e che aveva la bottega
di Cappellaro faceiTe dipingere a lui pure fopra di quella
nel muro a frefco Maria Vergine Aifunta al Cielo, dichia-
fandofi di concorrere con Guido a fronte di alcune virtù?
che
-ocr page 295-che quegli aveva dipinte in piazza , e che alludevano al Poìì-
tefice Clemente. Quanto allo ilimolo di emulazione , che
tormentava il cuore dì ciafcheduno , e lo follecitava airac-
quiilo deir aura più gloriofa del fuo nome, a mio giudizio
non pare da fcandalizzarfene, perche alle volte Taraor pro-
prio è una paiTione così violenta , che ofFufca la ragione ,
ed ogni legge rigorofa di amicizia .
Colla competenza di Guido procurò 1' Albani dì farfi
conofcere in molte opere al pubblico , come nella Chiefa
di S. Bernardo in Bologna in una anticamera dei Conti Za-
ni , neir Oratorio di S. Colombano ; ed avendo Ludovico
Caracci dipinto dentro il Palazzo dei Fava in una camera-j
molte iilorie d'Enea, egli feguitando il medefìm'o apparta-
mento vi dipinfe alcune itanze delle azzioni ifteiTe del me-
defimo eroe. Nella Chiefa di S. Michele in Eofco , ov' è
un S. Euflachio dipinto da Guido, Γ Albani all' incontro nel
medellmo luogo vi dipinfe un quadro del Noli me tingere \
ed avendo il medefimo Guido dipinto nell' Oratorio di San-
ta Maria detta del Piombo, l'Albani forfè per fargli rima-
ner meno grido di lode, dopo s* impegnò di porgli in fac-
cia quella fua ftudiata , e perfettamente condotta opera del
quadro , che rapprefenta il Natale di Maria Vergine , non
curandoli del poco utile nel prezzo, e in quefto quadro fi
affaticò a fegno che fu giudicato più ftringato nel difegno ,
più delicato, e più naturale nel colorito. Con tutte queile
emulazioni non fcntivafi mai dalla bocca dell' uno , ο dell'
altro ufcire altro che Iodi, parlando ognuno con onore del
fuo avverfario , e fempre con apparente corrifpondenza j an-
corché la gara del pennello foife fra di loro fanguinofa > e
mortale.
Annibale Caracci era di già venuto a Roma a ferviré
li Signori Farnefi, chiamato da quel Cardinale per Γ ope-
ra della Galleria nel fuo nobil Palazzo in piazza detta Far-
nefe per altri kvorl , Stimolato dalla volontà di vedere
quel-
-ocr page 296-A Β A Ν I. 279
quella gran Città Regina del Mondo cadde in peniìero air
Albani di girfene a trovarlo per godere non folo deila_j
converfazione di così grand'uomo, ma per approfittarfi an-
che con maggior vantaggio de' fuoi documenti . Ne diede
parie a Guido , e Io invitò a intraprendere in fua compa-
gnia quefto viaggio , ed egli che non rheno di lui fentiva
follecitarfi da quefto deiìderio accettò l'invitò, ma lo pre-
gò a trattenerfi fin tanto , che aveiTe fpedito alcune fne po-
che facende , ed intanto per non perder tempo andò ope-
rando alcune pìccole Madonne per alcuni Reggiani, facen-
dole per pochiiììmo prezzo . Finalmente di buona camera-
ta fi partirono'infieme da Bologna , e potè eiTer nel i5ii ?
ο 12 nel Pontificato di Paolo V. L'Albani era d'età d' an^
ni trentatre in trentaquattro , e Guido di trentafette . Giun-
ti in Roma ebbero ambedue ricapito nel Convento di San-
ta PraiTede come ho detto altrove , albergo procuratogli
dal Cardinale Sfondrato Titolare allora di quella Chiefa ,
Perche Guido, come maggiore , aveva dì già guadagnato
coir opere qualche grido fuperiore all' Albani > veniva più
riverito , bramato, ed oirequiato ; di che Francefco fenti-
va qualche pailìone , e tanto più , che conobbe il Reni, che
fe ne era refo fuperbo, e gli pareva che trattaiTe feco con
qualche fuperiorità , e difprezzo , Più fe ne amareggiava
ancora , quando vedeva , che per necefiìtà di occafione
doveva renderiì fervile a Guido , convenendogli operare
fotto il fuo comando . Queile fimulazioni finalmente fi rup-
pero , e gli amici difguftati fi difunirono per non mai più
praticarfi all' avvenire , Coli' operare diede Γ Albani anch'
egli a conofcerfi, ed a farfi iìrada all' acquiilo della glo-
ria guadagnando poito alle occafioni, che gli venivano of-
ferte ogni giorno.
Prefo cafa da fe, fi rallegrava, che vedevafi fufficien-
te a fupplire a tutti i fuoi bifogni con qualche onorevolez-
2a . Per maggiormente ilabilirfi in Roma , venendogliene
2S0 FRA NCESC O
Ma buona occaiìone, fi rifolvè di prender moglie, e ca-
pitandogli una certa vedova per nome Silvia di Cafa Ge^
mini , ο Gemelli? che aveva una figlia unica, e giovinet-
ta chiamata Anna, la quale aveva di dote il valore di quat-
tromila feudi coraprefovi alcune cafe a Sant' Andrea delle
Fratte fopra la Talita di S. Giufeppe , procurò per moglie
quefta donzella , e la ottenne dalla madre con ogni fodif-
fazzione concorrendovi anche il confenfo del Padre Frafca-
ti deir ordine di San Francefco di Paola loro parente , e
con quefto fi fermò in Roma per lo fpazio dì i8 anni in
più volte . Aveva avuto frattanto Annibale Caraccì la Cap^
pella di S. Diego de' Signori Errerà in S. Giacomo dei Spa-
gnuoli , ma caduto infermo non fu abile a profeguirla .
EiTendoil fervito dell'Albani in alcune cofe della fua Gal-
leria de Farnefi volle , che egli co'fuoi difegni, cartoni, e
direzzione gli daiTe compimento j ed egli dal cupolino , c
da quelle piccole iftorie della volta ingiù, dipinfe il tutto
fotte Annibale ifteiTo. Non ignoro che altri fono di diver-
fo parere , ma il Domenichino come teftimonio oculare^
mi afficurò di quefto , onde io mi fido aìl* atteftazione di
queir uomo onorato , e degno di tutta la fede . L' Albani
dunque dipinfe col cartone di Annibale le due iilorie fu-
periori nelle lunette, l'una ha quegi'infermi involti ne'len-
Zuoli, ed altri Pellegrini, che viiìtano il fepolcro di S.Die-
go , e Γ altra una predica del medefìmo coir intervento di
molte figure fopra FAliare cioè San Girolamo, e San Gio.
Battìfta . Dipinfe anche le due iftorie maggiori da baffo ,
che fono quafì riquadrate . Una di queile è quando il San-
to portando del pane ad alcuni poveri di nafcofto , e ve-·
iiendo richiefto dal fuo Padre Guardiano per mortificarlo ,
gli aperfe il mantello, e gli moftrò che portava alcune ro^
fe, di che egli ne prefe gran maraviglia . Mi diife anche
il Domenichino aver Γ Albani dipinto quel pezzo di Con-
vento , che in queft'iitoria fi vede con alcune loggie in
prò-
-ocr page 298-A Β A Ν I. 2Sl
profpettiva, e quel muro , che moftra la porta del Con-
vento , e diiTemi, che tutto quefto lavoro Io vide fare iiii
giorno , che tenne per diporto compagnia all' Albani , del
quale fu amiciiTimo. L' altra è quando S.Diego coll'olio di
una lampada , che ardeva avanti l'immagine di Maria Ver-
gine , illuminava ciechi, addrizzava ilroppiati e rendeva
fanità agi' infermi con iftupore, e concorfo di moka gen-
te . Ai fianchi dell' Altare le due belle figure dei Santi
Apoiloli Pietro , e Paolo, il tutto a buon frefco con qual-
che ritocco a fecco , com'è Tufo di quefta operazione · La
Tavola dell' Altare ad olio chi la vuole di mano di Anni-
bale , chi la nièga, ed io la lafcio di chi fi fia non eCendo
mio aiTunto di qui parlarne .
Li Signori Rivaldi avevano accrefciuto il loro maggio-»
re Altare nella piccola Chiefa detta della Pace , ed oltre
Γ adornamento di varie pietre intarfiate lo vollero adorna-
re di pitture. EiTendoii ferviti di Domenico Pafiìgnano, e
di Lavinia Fontana, ne diedero a fare anche parte all' Al-
bani . Dipinfe egli a frefco tutta quella parie delia volta >
e nel mezzo in un vano vi rapprefentò Maria Vergine Af-
fiinta al Cielo coir accompagnamento di alcuni Angioli , c
celefti amorini , che la follevano in alto con vago fcher-
zo ί e gìudiziofo componimento . Sopra TAltare in una^ lu-
netta rapprefentò l'Eterno Padre foftenuto con gran maeftà
da un vago Trono dì chiare nuvole in mezzo ad un abif-
fb di lucido , e gloriofo fplcndore con vago accompagna-
mento di alati fanciulli fcherzanti , ed al di fotto in un^
campo di fereno Cielo di vago azzurro aiTife fopra candide
nuvole la Giuftizia , e la Pace, le quali abbracciatefi in-
fieme teneramente fi baciano . Dalle bande, e fopra le due
iìneilre laterali alcuni amorini volanti, ed anche Angiolet-
ti di adulta età, che affifi Tuonano varj mufìcali iilramen-
ti, e nel di fuori della Cappella nei fianchi dell' arco che
dà feiìo alla volta , due Profeti affifi , cioè David , che
Ν η fuo·^
-ocr page 299-^J6 FRANCESCO
m Γ arpa , ed Ifaia j ambedue primogeniti delia ftirpc di
Maria fempre Vergine.
Nel i^ar queft' opera , che è degna di fomma lode ,
perche è condotta a perfezzione tanto nel difegno , come
nel buon gufto, e nel colorito, non è difconveniente che
io riporti una bizzarria dell' Albani , che lì narra pure di
qualch' altro Pittore più antico · Mi fu raccontata da un^
fuo difcepolo , di cui non è neceiTario che io palefi il no-
me , ma degno di tutta la mia credenza . Perche nel man-
to della Madonna per neceflìtà dovea adoperarfi l'azzurro ,
ne fece iftanza ai Rivaldi, che glie ne provedeiTero , Que-
ili non negando la richiefla gli mandarono il loro Maftro
di Cafa col bottone di pelle dell* azzurro , con ordine che
egli medefimo anifteiTe in vederlo porre in opera per afiì-
curarfi della quantità , che ve ne andava . L' Albani , che
s' avvide di queita diffidenza, e di queila fpilorcieria, fe-
ce una finezza moftrando diiinvoltura artificiofa , e fa-
cendoli portare una concolina d' acqua polita ilemperò con
quella una certa quantità di queir azzurro . Avendo fatto
le fue tinte del maggior chiaro , e della mezza tinta in di-
verfi vafetti lafciando lo fchietto in uno maggiore fi pofe
a dipingere, e quando era a prender col pennello quello
fchietto he toglieva in gran quantità, e fingendo di porlo in
opera fciacquava bene fpeiTo il pennello j il quale per aver-
ne prefo molto Io lafciava cadere nel fondo di quella con-
ca , e replicando quefta cofa alTai fpeiTo , e tornando a ftem-
perare di nuovo riduiTe quel bottone all' ultimo fine, ben-
ché non foiTe anche a mezzo del lavoro. Pareva queila co-
fa ftrana, ed impofsibile al Maflro di Cafa avendo ftimato
d'averne provviilo non folo a fufficienza , ma più del bifo-
gno j tuttavia col vederne Γ efperienza non fapeva , che di-
ϊε. EiTendo adunque quel tale uomo rimafto come infenfa-
to, e avvedutofi di quello Γ Albani ,, perche non lo voleva
veramente ingannare, gli prefe a dire, Voi vi turbate ? fi
Β Ν I. 2Sj
vede bene che non avete pratica di queile faccende ; fimi-
li lavori hanno gran bifogno di quantità di colori, ma il po-
co credito, che mi ha avuto il voftro padrone è caufa di
quella mancanza , perche fe io fenza cofcienza volefll in,
gannare, anche avanti gii occhi voftri ^ e di chi fi fia fa-
prei farlo, e vuotando gentilmente Γ acqua di quella conca
fece vedergli tutto quell' azzurro quafi neirifteia quantità,
che lo aveva portato ; però, foggiunfe ^ andate pure a far
li fatti voftri, e lafciate fare il loro meftiere ai galantuo-
mini onorati quale è Γ Albani (1) .
«•■tctvttlt ·
braccia due puttini, che dormono uno per parie , e vi hà
efpreflb li crepufcoli dell' Eipero con ornamenti dì meda-
glie , ed altre vaghezze. Queft'opera è così difficile ad ef-
fer veduta , che fi rende quafi impoffibile, per una certa
ilrana gelofia di quei Signori , non sò fe per lo fcomodo
degli appartamenti,, e per Io timore di non introdurvi gen-
te a difegnare , ο a dipingere . E ben vero che è un opera
degna di eiTer veduta , e lodata per le fue rare qualità, e
per quanto ie ne hà il rincontro , credo , che V Albani la
Ν η a dipin-
qae difficile io fperare il eompimento , |
ntdnca molto dell' opera , c malgraio le
diligenze praticate non è fato poffibile il
fuppliryi . Uefemplare nitidi/fimo da cup
i^ueji' edizione è pre/a fatto copiare
^iligeniemente da Benedetto Luti al prin·
f'pio di quijìo fecole > e per quanto ho
fentito dal Signor Avvocato Luti fuo
figUuolo Copiato dall' originale pofe-
ditte da§li tredi dtW Autor( · Par dttn-
^J6 FRANCESCO
dipingeiTe quando ritornò in Roma dopo aver tolto k fecon-
da moglie j Io che fu del idi^. Colla prima moglie noti-i
viiTe gran tempo, eiTendogli morta aiTai giovane . Avendo-
ne acquiilata una fola figliuola veniva con frequenti lettere
fìimolato 3 e follecitato dal fratello Domenico a tornare a
Bologna, e rimaritarfi col dirgli che lo flato matrimoniale
era più conveniente a lui , che a neiTun altro di eafa, aflì-
curandolo anche del confenfo di Gio. Agoftino che lo pre-
gava a tornare a goderfi i comodi di fua Cafa, e fue pof-
feiTioni. Fu necefsitato da tante follecitazioni a ripatriare >
e per necefsìtà a condurre feco la fua bambina , la quale
non aveva più di ventifei in ventifette meii j lìcchè gli bi-
fognò condurfi feco anche una donna che la nudriiTe, c ne
aveiTe cuflodia .
Giunto in Bologna fu dai fratelli , e dagli amici rice-
vuto con grandifsime dimoftrazioni di amore , e di alle-
grezza 3 ma non molto fu tirato alla lunga , che , dopo
varj partiti propoftigli, fi fermò in una giovane , la qua-
le incontrò caramente il fuo genio, Quefta era della nobi-
le famiglia Fioravanti di Bologna, ed aveva nome Dorali-
ce ; nella dote era minore della prima, ma perche la na-
tura Γ aveva dotata dì una bellezza fingolare di leggia-
dra figura , e di una gra2ia_ impareggiabile , egli ili-
mò più quefto di ogni altro teforo, Nel trovarfi feco con-
giunto fentiva ogni giorno fodisfazzioni maggiori , perche
la vedeva oltre le altre fue belle qualità affai capace nelle
cure domeiliche, obbediente, ingegi?Ofa , e molto accura-
ta neir edudazione della fua famiglia. Ebbe da quella una
prole molto numerofa , perche fi trovò tra mafchi , e fem-
mine da dodici figliuoli , per la qua! cofa rimafe efente dai
dazj , ed aggravi camerali . O' foiTe per la noja di tanti
ragazzi, ο per altri accidenti tra Francefco c Domenico fuo
^^ggior fratello nacquero come fuccede d' ordinario mol-
te diffeiifioni 3 diiturbi ; e querele; ciafcheduno dolendofi
fem-
-ocr page 302-β A Ν I. zSi
fempre dell' altro ; cioè Francefco il lamentava di Dome-
nico , che fi moilrava a fuo giudizio troppo generofo del
guadagno eh' ei face\^a > e che fi ferviva per fuo comodo
di quelle facoltà, che egli acquiftava > ed aveva avanzate
con tante fatiche, e Domenico imputava quello di troppo
avido in defiderare la Tua morte per fare eredi del fuo ave-
re li tanti Tuoi figliuoli . Queile inquietudini cagionava-
no , che l'Albani intento a fchermirfì da quefti fofpetti ,
trafcurava tutte l'altre cofe , alle quali doveva eiTerc più atten-
-te , cioè la diligenza , e buono indrizzo , con cui doveva_>
educare la piccola famiglinola . Domenico lo accufava , che
la avvezzale fenza lettere , fenza iftruzzione, e fenza timor
di Dio, privi in tutto di creanza , e di civiltà , come an-
che di ogni moderazione , e ragionevole aggiuflatezza , in-
colpando anche Doralice la madre di quefta trafcuraggine,
e poca diligenza . Se il noitro Albani non aveiTe avuto que-
llo nojofo contrailo alia fua quiete, farebbe flato fempre fe-
lice , e contento accompagnato con bella moglie geniale ,
e di tutto fuo compiacimento, con una prole così feconda
dì leggiadre fembianze , fervendofi per modelli tanto della
moglie e de'figliuoli, da'quali ritraeva quelle deità , don-
zelle , putti , Angioli, e tutto quello, che gli occorreva
per lo ilio bifogno, e diportandofi fpefi"o conforme le Ca-
gioni a quelle fue ville da lui chiamate il fuo Mondragone,
il fuo Belvedere , e le fue delizie Tiburtine. In fomma la
4ifcordia de' fratelli fu la rovina di Francefco .
Nella Villa di Montalto alla Piazza di Termini che cor-
rifponde a S. Maria Maggiore vi è di fua mano un piccolo
rame del Salvator noilro battezzato da S. Gio. Battifta con
Dio Padre in gloria , ed accompagnato da Angioletti, e da
celefti amori fatto nel fuo miglior gufto nel proprio itile di
Annibale , e nel Palazzo del Principe B3rghefe a Ripetia
quattro tondi d' aggiuftata grandezza , che con invenzioni
curiofe, e poetiche rapprefentano li quattro elementi Aria,
Acqua 3
' ili
^J6 FRANCESCO
Acqua , Terra , e Fuoco . Queài tondi ebbero luogo uaj
pezzo nella Villa Pinciana ma per un certo rifchio , che
corfero di eiTere trafugati col mettere nelle medefime cor-
nici le copie , il Principe nipote del Pontefice Paolo V ,
che era accorto, per evitare ogni finiftro incontro li fece
portare al fuo Palazzo iniìeme con tutti gli altri quadri
migliori , che teneva in quella Villa . il Duca di Mantova,
che più volte fentì parlare con encom; di fomma lode di
quefti elementi , fi innamorò di averne anch' egli quattro
del medefimo foggetto , ed anche al Duca di Savoja.ven-
ne il medefimo defiderio , e per mezzo del Principe Car-
dinale fuo fratello , che era in Roma nell'anno lózf , ef-
fendovi anche Γ Albano , ne fu compiaciuto , Ancorché e
Γ una , e l'altra Altezza reftaiTcro fervite d' una cofa me-
defima , e di un ifteiTo foggetto , variò tanto il capriccio
dell' uno , e dell' altro lavoro , che tutti furono efeguiti con
fantafie diverfe, e con nuova invenzione , ed anche diffe-
renti da quelli de'Pjorgheii. EiTendo l'Albani ferace , co-
piofo , ed abondante nell' introdurre novità nei parti della
fua fantafia potè operare con tanta varietà 3 e diede tanta
fodisfazzione ^ che oltre la lode che riportò , e il premio
riguardevole, cagionò in tutti gran meraviglia , accompa-
gnando inoltre li fuoi componimenti con vaghiifimi, e leg-
giadri paefi , con nobiltà, e ricchezza di fabbriche , fiu-
mi , fonti j lontananze marine così limpide ? così proprie,
e così tranquille , ed amene , che non si un ingegno per
incontentabile che fia > che defiderarvi d' avvantaggio . In
cafa del Signor Paolo Falconieri nella ilrada Giulia di Ro-
ma vi fono quattro quadri dell' Albani di varj fcherzi di
Dee , di Ninfe, e di amorini, che fono la delizia d'ogni
più curiofo amatore , Efprimono la vaghezza di Venero
fwlla riva di un placido , e tranquillo mare a diporto colle
iue ancelle: Π traftulli graditi di Diana nell'opachità delle
felve colle fue Ninfe ; gli ozj dilettevoli degli amori ad-
dor-
-ocr page 304-Β A Ν I.
dormentati all'ombre foavi , e gF inganni delle accorte fo-
rofette in vuotare Ipro le faretre degli ftrali , e fpezzarne
gli archi, rendendoli inutili, e inabili arcieri , ed i piace-
voli trattenimenti di cacce , e di pefche di varie vezzofe
fanciulle difcinte , difciolte nelle chiome, e tutte brio , e
leggiadria . Per un Conte Francefe dimorando in Bologna
dipinfe tutte le Deità celefti, terreftri , marittime , ed in-
fernali con tanto fpirito , imitazione , e proprietà , che fi
racconta che quel Cavaliere non volle vedere il quadro
delle infernali per non s* inorridire allo fpettro fpaventofo
di quegli fpiriti di averno , trovandofi così invaghito , ed
allettato dalle fembianze belle e vaghe di abiti , e ricchi
accompagnamenti di queir altre.
Per diverfe parti, ed in varie occaiìoni fi trova, che
Γ Albani abbia dipinto quafi ^o tavole di Altare , tutte di
figure grandi al naturale , ed anche maggiori , e pure con
me fi dolfe un giorno , che veniva accufato di non valere
in altro, che in piccolo ; onde non sò come la malignità
fia così cieca, che avendo avanti agli occhi tanti teftimonj
contrarj foilenga le fue perfidie in faccia della verità ifteiTa.
Quel Battefimo di Criilo con quel ricco , e copiofo accom-
pagnamento di gloria nella Chiefa di San Giorgio in Bolo-
gna non è eiTo un grande atteftato del Tuo valore ? e eia-
fcheduno , che ha veduto nella Madonna di Galiera quella
Cappella di fua mano , è pur neceflitato a predicarlo per
eccellente, e Angolare ì rapprefenta in eiTa alcuni avveni-
menti di S. Giufeppe Spofo di Maria Vergine con Adamo,
ed Eva, la Giuftizia, la Pace , la Mifericordia , e la Ve-
rità con tutti gì' iilromenti della Paffione di Noftro Signo-
re . Pure in Bologna il quadro di S. Guglielmo nella Chiefa
di Gesù, e Maria, ed in quella de'Servi il S.Andrea in at-
to di adorar la Croce di maniera così grande, e cosi bene
aggiuftata, é nell' ifteiTa Chiefa con vantaggio aitai maggio-
re quel belliiTimo Noli ms tangere con efprefilone così viva
2S7
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^J6 FRANCESCO
e maravlgliofa , E* un perfido maligno ο un'ignorante chi
non inarca le ciglia per Io ftupore, e non chiude la bocca
per rimaner muto nel veder Maria Vergine Annunziata dall'
Angelo in quella bella Tavola nella Chiefa de'Teatini, per-
che nella Maeftà, nel decoro, e nella oiTervazione del ca-
io è perfettamente condotta nel difegno , e nel colorito ,
Se Francefco non aveiTe avuto occafione bene fpeiTo di
turbarfi , e d' incontrare inquietudini per cagioni domeni-
che , farebbe flato in grado così felice, e contento , che
avrebbe potuto fufcitare invidia nei più felici , ma perche Γ
umana vita è miferabile , e piena di travagli , gli convenne
fentire m'oleilie , c turbamenti da queir iileiTa parte dalla
quale fperava più tranquilla pace ed ajuto . L'efperienzij
ha infegnato che gli od; , e le inimicizie tanto fono più
£cre , quanto fono riforte , e crefciute tra proprj paren-
ti . Nelle querele , che li udivano giornalmente tra Fran-
cefco , e Domenico , fi erano diftribuiti in fazzioni gli ade-
renti di ambe le parti , e chi difendeva Γ uno , ej
chi l'altre, e quefte accufe , e difefe non fervivano ad al-
tro > che ad accendere maggior fuoco , ed a rendere gli odj
più atroci.
Con tutte quefte difunioni non voleva il noftro Albani
pcrderfì nella malinconia , ma procurava di ridurre e nu-
drire nelF animo fuo quelle delizie del fuo fpirito ameno ,
che aveva ricevuto in dono dalla natura, trattenendofi le
ilagioni intiere dell'eilate al fuo Medola , ed alla fua Quer-
ciola con tutta la fua famìglia , dove con gran cofto aveva
introdotto acqua, e fattovi fabbricare fontane , pefchiere ,
ed altre amenità . 11 fuo paiTatempo maggiore era però quel-
lo di dipingere , chiamandofi malinconico allora quando fi
trovava nel ripofo di un ozio infingardo . Quelle fue belle
Veneri cogli amori , quelle Diane col corteggio delle fue
Ninfe, quei baccanali con tanta abondanza di piacevoli in-
venzioni le manipolava in quelle delizie , avendo fempre
davan-
-ocr page 306-L Β A Ν ϊ :
davanti agli occhi gli oggetti di quelle opache boi^cagiie, di
quelle deliziofe campagne , di quelle acque criftalline ,
correnti, di quelle apriche collinette , di que' prati verdcg^
gianti, e fioriti, ed infieme quegli efemplari di belle idee
della moglie, e de'figliuoli, che cagionavano in lui una fo-
disfazzione impareggiabile.
Fu neir anno chiamato a Fiorenza dal Principe
Gio. Carlo, che fu dopo Cardinale , perche compiiTe alcu-
ni quadri di buona proporzione da lui prima incominciati ,
ne* quali con poetica fantafia rapprefentava la continenza fti^
molata dalla libidine j e andatovi figurò Diana contaminata
da Venere. Dieono , che queili quadri foiTero prima dipin-
ti dair Albani per lo Duca di J^antova , e che capitaiTero
nelle mani del Principe Gio. Cario, non sò Te per vendita ,
ο per dono . Coli' occafìone che fi trovò in Fiorenza , il
medefimo Principe in una ilanza del fuo appartamento den-
tro a una volta lo fece dipingere un Giove affìfo in un
Trono di candide nuvole, e Ganimede , che gli porge la
tazza di oro dell' ambrofia celeile j !e quali due figure Ìì
vedono al di fotto con ifcorcìo, ed intelligenza mirabile ,
ed anche vi dipinfe altre cofe così a frefco , come ad
©Ho .
Le accufe, che vengono date tanto all' Albani , quan-
to anche a diverii altri Pittori, che in molti luoghi , ed
m diverfe parti fi veggono le cofe medefime replicate , e
nella medefima difpofizione , t coir ifteiTo capriccio , noti
sò come le poiTono attribuire a fcarfezza d'invenzione j per-
che fe vogliamo parlar di Francefco , tante opere, quadri >
e tavole da lui dipinte con tanta novità , e abbondanza di
capricci , e d'invenzioni, polle a confronto di una , ο due
idee, di lui medefimo, che fi vedono ripetute, poiTon fer-
vire non per teftimonio della povertà del fuo fpirito, ma
per riprova della ricca feracità di una fantafia prontiiTmia
ad immaginare nuovi, e fempre var; foggetti.
Che Γ Albani foiTe troppo libero , e fmoderato nella,
convenienza della modeftia delle fue figure di Dee, di Nin^
fe, di Adoni, di amorini, e limili a me non dà Γ animo
di dirlo, perche ogni volta, che le figure non fi lafciano
vergognofamente fcoperte , e che non fi rapprefentano at-
ti difonefti, e fcandalofi , ftimo , che poiTa perdonarfi a_?
lui , e ad ogni altro le dimoftrazioni ftudiofe dell' arte .
Se Γ Albani potè eiTer giudicato troppo dedito alle delizie
del fenfo eiTendo così vago di nudità nelle fue Veneri , fu
poi così continente neiroiTervanza della fedeltà matrimonia-
le , che fi dichiarò fempre piuttofto di morire, che di far
torto air amata conforte .
Finiti che ebbe i lavori di Fiorenza , ritornò a Bolo-
gna , e ritornò alle Tue folite occupazioni di quadri per di-
verfe parti , ed anche con qualche frequenza, e quantità 5
ma nell'avanzarfi degli anni manca fempre il concorfo per
Γ idea, che nella maggior età dell' uomo refti minore lo
fpirito, e Γ ardire neir operare. Quella per eiTer una ac-
cufa univerfale , ο che prenda autorità dal vero, ο dalla
opinione , è fempre addoiTata a ciafcheduno, e non ne può
andare efente chi che fia , e la natura in quello è aiTai
difettofa ? mentre allora, che accrefce fenno , diminuifce
forza > e vigore . Ciò non oftante raÌTiduirà di dipingere ,
e la continua applicazione di operare non fi rafFreddò giam-
mai nel noftro Albani , ancorché foifero in lui intiepiditi
gli fpiriti più ardenti della gioventù.
Fu travagliato in Roma da una lite , che per molti
anni lo tenne inquieto colla madre della fua prima moglie
per pretenfìoni su quelle cafe, che aveva avute per dote j.
pretendendo eiTa che le foiTero devolute per la morte della
moglie f benché glie ne foiTe rimafta una figliuola . La ra-
gione era perche quefta fua Suocera fi rimaritò, e fece al*
iJ^i figliuoli col fecondo marito. lo mi ricordo, che fenti-
va dire che quella lite era così inviluppata j che non era
^ ; ^ quafi
A A Ν Τ. ipr
quafi poiTibile il venirne a capo . La maggior afflizzione
dell' Albani però era ϋ vederi! per crudele awerfario ael-
la lite il Viola fuo caro amico, e paefano, il quale aveva
rpofata queftà fua Succerà , ed era divenuto ingratamente
il fuo flagello , L'altro fuo tormento era Γ aver fatto ficur-
tà a Domenico fuo fratello di una buona fomma. EiTendo
-quefti venuto a morte , reftò egli debitore per tal ca-
gione di molte migliara di feudi ? e venendo rigorofamen-
te aftretto dai creditori, fi trovava in anguftie tali , che
fe non foiTe ftato di un temperamento così valido a refi-
iìere alle gravi afflizzioni, avrebbe potuto perderci colla.»
pazienza anche la vita . Non reftava però di non fentirne
gran pena, e perche ftimava fempre la fua riputazione, ii
follecitava in far cumulo di denari per fodisfarè tutti, di-
pingendo con grande affiduità giorno e notte » Non vi ha
dubbio , che di quel tempo li vendevano Γ opere fue di af-
fai meno valore di quelle, che faceva già per fuo iludio,
e per diletto della i^ua fodisfazzione ; ma li maligni non
volevano compatire la neceilltà , e il fuo flato degno di
compafljone j perche fe per lo paiTato operava per amore,
allora ^ gli conveniva operare per forza , e Γ anguftìa del
tempo , che aveva in provvedere denari gli toglieva quel-
lo , che averebbe impiegato nella maggior diligenza .
Queft'uomo onorato , e non mài avido fi moilrò fem-
pre foave nelle pretenfioni del prezzo , e fempre iì dichia-
rò fodisfatto di quanto riceveva ; ma in quel tempo > che
fi trovava in tanto bifogno, fi precipitava ad'ogni offerta,
purché foiTero venuti danari , che baftaiTero ad afciugaro
quel lago dì sì gran debito , ed a faldar quella piaga, che
egli chiamava incurabile. Difperato in fine per non veder-
fufficieate a tanto sborfo , fece- rifoluzione di vendere
Medola , una delle fue delizie > e ne fece contratto con
uno, che fi diceva fuo parente. Con quel danaro , e con
altro rifcoiTo .da-diveriì a-lui debitori eftinfe in grati jmrte
Ο ο 2 quel
-ocr page 309-FRA NCESCO
quel fuoco, che per lui non era del Purgatorio , ma delp
Inferno ; e con queilo diede principio a follevarfi alquanto,
ed a prender qualche confolazione,
Quando ritornò a Roma ΓΑηηο Santo di Urbano Vili,
fu per cagione della fuddetta lite colla fua prima moglie,
e benché operaiTe fempre , non per quefto godè mai un_»
ora di quiete, e molte volte fi querelava , fi turbava , e
dava nelle fcandeicenze per tutte queile fue turbolenze .
Mi è flato narrato da chi era prefente, che fuori di quei
primi moti tornando in fe lodava , e ringraziava Dio che
lo vifitava con quei travagli, li quali chiamava confolazio-
ni, e follievo dell' anima fua. La fua bontà fu di fomma
lode, perche fi moiìrò fempre amabile, cortefe , amore-
vole, modefto , fempre uguale nella cortefia con tutti, ed
avendo gran quantità di difcepoli fi moftrò umano con
tutti fenza parzialità con fare loro animo non folo con pa-
role amorevoli , ma con regalarli di quando in quando ,
prendendone occafione dal fare loro abbozzare , ,e copiare
qualche opera delle fue, ed allora li correggeva cogli av-
vertimenti , e rittocchi acciocché poteiTero approfittarfene ,
Benché egli foiTe fempre di tanta ftima , e che foiTero de-
iìderate l'opere fue da'Cavalieri, da'Perfonaggi, e da'Prin-
cipi, e dalle iileiTe Corone j negli ultimi anni fi riduiTe a
mendicare occafioni,, e pregare gli amici, ed anche gli iflef-
lì fuoi fcolari a procurargliene , offerendofi ad ogni prez-
zo, ed a non rifiutare neiTuna offerta. Di quefta fua viltà
ne erano cagioni le fue diforbitanti fpefe, tanto per la mol-
ta famiglia, quanto per li debiti, che furono la fventurata,
eredità de' fuoi parenti .
Le competenze folite , che fuccedono tra quelli della
profefiìone medefima fomentate dai parziali , benché fiano
cofe praticate fempre e poile in ufo in ogni tempo , era-
no però air Albani di un turbamento forfè maggiore delle
altre fue inquietudini j perche come quelle , che gli toc-
cava-
cavano la parte più delicata, che è la riputazione , erano
in lui più ienfibili, e di maggiore tormento. Quel fentirfi
tutto il giorno pofporre a Guido nella nobiltà dell'idee, al
Guercìno nella forza del colorito , al Zampieri nella copia
dell'invenzione, al Lanfranco nella rìfoluzione del pennello,
e vederli paragonare a foggetti anche più di lui inferiori ,
era per lui un* amarezza , di cui non poteva darfi pace .
Che ha che fare, diceva egli , il paragone ? quando uno ha
tanto, del fuo , che vaglia a moftrar la fronte fcoperta^ >
ogni luogo è per lui foglio di gloria . Quelle gare aggiun-
gerò io fono folo degli ignoranti, che vogliono dare giu-
dizio non con altra ragione , che con quella del proprio
gufto, e del proprio genio . Il dire , quello mi piace più ;
non è fentenza difìnitiva, che iìa migliore -, ne li hà du
condannare per cattivo quello, che non incontra il guilo ,
perche queilo non ha occhi da vedere t ne intelletto da giu-
dicare . Nei ProfeiTori medefimi è diverfa la fodisfaz^ione ,
e pure per ragione d'intelligenza è più ragionevole , che
eglino ne difcorrano, ed in ogni modo la paflìone li fà pte··
varicare , anch'effi , ed eiTere parziali, Quelli poi, che noa
hanno intelligenza per via di altro fenfo , che di quello dell*
«dito, non sò come poiTano farli temerarj in dar giudizio,
ed in finire la lite con una fentenza , che non ha fondamen-
to . Così come non tutti gli uccelli conofcono il grano , me-
defimamente non tutti intendono di pittura , per eiTere que-
fìa profelTione ripiena di tante difficoltà , che anche fono
malamente conofciute da molti, che la praticano giornal-
te , perche non fi fente altre gare , che della maniera ,
dando il primo luogo ora a queito , ora a quello , fecon-
do che a loro pare. Prendiamo l'Albani nel grado fuo ,
ed efaminiamolo efattamente . La più eifenziale prerogativa
del Pittore è il buon difegno , per eiTer quefto il fondamene
to principale ; a quello fiegue il colorito, che è il mezzo
col quale dee efprimere tutto il contenuto dell' imitazioniLJ
della
-ocr page 311-F RAN CESCO
della natura . L* invenzione è la parte più riguardevolcj
del capriccio, ed è quella , che è neceiTaria al componi-
mento , che porta (eco Γ erprelTione il decoro , e la con-
venienza di quello , che fi rapprefenta, ed in fine nel tut-
to quel concetto dell'armonia , che forma l'accordo di ogni
parte, Ciò premeiTo , vediamo in quale di queile parti V
Albano era mancante, Qiianto al difegno non fi fono mai
notati nell'opere fue difetti, che poteiTero in lui palefare
in quefta parte mancanza veruna, mentre Tempre fi mo-
llrò aggiuftato , ed intelligente . Nel colorito ebbe fomma-
mente del vago , e del piacevole , avendoci fempre fatta
vedere una morbidezza , e vivacità da eiTer gradita . Neil'
invenzione fi moilra più Poeta, ancora che Pittore , perche
fu copiofo , e abbondante con ogni fecondità, e pare a me
che Γ Albani poiTa chiamarfi l'Orazio della pittura, perche
in quelle fue Veneri», Grazie, Galatee , ed amorini fuperò
tutti. Se pargliamo dell'armonia ; la foavità che lafciò ve-
dere nell'unione del tutto mi pare , che poiTa meritare
Ogni lode, perche alcuni per confeguire quello loro inten-
to tolgono a molte cofe il loro proprio eiTere, rapprefen-
tando ο arie così prive di fercnìtà , ο pure orcurità dei
campi così improprj al vero , che tolgono ogni verità al
naturale . L'Albani non privò irsai il Cielo del fereno , gli
arbori del verde , le fonti del tranquillo , le campagne del
deliziofo, le umane fembianze della chiarezza, e pure re^
fe li fuoi componimenti concordi , e armoniofi » Dunque
lafcifi ciafcheduno nel grado fuo , e noti fi venga all' atto
fcortefe di diilribuire le parti , e di difl-inguere i gradi >
mentre ciafcheduno vi ftà per la fua parte, Bene ho io fen-
tito difcorrere , ed anche da' ProfeiTori , che Raffaele da
Urbino , che porta il primo vanto, è duro, e tagliente 5
^he Tiziano è privo di difegno , il Correggio fcoftumato,
Paolo Vcronefe debole, e troppo vago , e l'ifteifo Michel*
Angelo fenza decoro ρ e -pericoioib da praticarfi · Venendo
al
2Ρ4
A I- Β A Ν I, ip^
al noflro Secolo ; li Caracci timidi neir operare , Guida
fcarfo neir invenzioni , il Guercino ignobile , U Zampie-
ri ftentato, e rigido, il Lanfranco ftrapazzone, e TAlba^
ni debole, e femminile. Il dar guilo a ciafcheduno è irti-
poiTibile perche TifteiTa natura , che è madre unìverfale ,
ha titolo d'imperfetta , benché fia la vera maeftra .
Quefte gare, e quefti paragoni non hanno da impedì-'
re mai che Francefco Albani non lìa flato uno de' primi
Pittori così del tempo noftro , come di ogni altro fecolo,
perche aveva infieme congiunte le maggiori , e le miglio-
ri parti, che convengono a chi occupa il luogo di perfet-
to Maeftro ; e quello che in lui fi refe più riguardevole ii
fu una bontà dì vita efemplare, rendendofi a tutti amabi-
le , e gradito per la fua cortefia , amorevolezza , ed afFa-
bìlità con ogni genere di perfone , non intereiTato , non ma-,
ligno, e non perturbatore delTaltrui pace ; fe qualche vol-
ta moftrava fegno di emulazione con quelli , che andava-
no nel numero de' fuoi eguali j quelli fono quei fentimen-
ti, che agitano chi non iì può così facilmente fentire po-
fporre a taluno , che talvolta è conorciuto per inferiore,
e perche quefte parti vengono fatte dai parziali intereiTa-
ti, fono di maggior noja . Dalla fua bocca di rado fi fei>
ti detrazzione , ed ofFefa del proifimo , che valeiTe per in-
trodurre fcandalo , e mal efempio , Quando un uomo li
rende adorno di tanti meriti riguardevoli , e di tante fe-
gnalate prerogative , e che ha quefte nobili qualità , accom-
pagnate del buon coftume , e dalla virtù dell' animo j fo
in qualche parte fi moftra difettofo , è troppo giufto il com-
patirlo ; perche alla fine fiamo uomini . lo condanno quel-
le perfìdie crudeli, quelle perfecuzioni mortali, colle qua-
li inceiTantemente fi perfeguita un' infelice , che non ha al-
tro delitto che un bel talento , ed una valida abilità baftan-
a muover l'invidia di un ambiziofo, che non ceiTa mai
di perfeguitarloj finché non Io vede efclufo, atterrato, e
mor-
-ocr page 313-inorfo, Queile fono colpe deteftabili , che chiamano ven-
detta dagli uomini , e da Dio . Η defiderare grado mag-
giore di ftima , di credito, e di fama è un incentivo ge-
li e rofo, ogni volta, che non li procuri di ftabilire il fo-
glio della propria gloria fopra le rovine altrui , e confoli-
darlo col danno degli infelici miferabili . Neil' Albani non
potè aver mai luogo quefta querela, perche in lui furono
più numerofe le fofFerenze che le calunnie, e più le ingiu-
rie nella propria perfona , che le oiFefe , e gli aggravj ca-
gionati ad altri . Dopo aver fatto il paefaggio a quel lun-
go quadro che faceva fare il Cardinal Francefco Barberini
per lo Re d'Inghilterra per eiTere accompagnato dalle fi-
gure di Guido della favola di Arianna , e di Bacco, fe fi
dolfe con qualche agitazione di vederfelo affatto coperto ,
e tolto via del tutto io non faprei dargli torto 5 perche ,
quando non fi foiTe voluto la fua campagna , mi pare, che
il rifpetto aveiTe voluto almeno che fi confervaiTe quel la-
voro , e prendere un altra tela fimile , ed operarci fopra
a modo fuo . Quello di che io godo maggiormente , è ,
che io mi fento nel cuore di non eiTere parziale di neiTu-
no, ne mi muovo a difendere fe non quella parte , che è
della ragione .
Tra le molte torbidezze dell'animo , e la grave età
del corpo cominciò Francefco a cedere alla natura , ed a
poco, a poco indebolirfi, rendendofi fiacco di forze, langui-
do di fpirito, e manchevole di ogni vigore ; ficchè inco-
minciava a conofcere i prelud; della fua vicina morte .
Ne diede gran contraiTegni in defiderare pochi mefi prima
di giungere all' eftremo il fuo ConfeiTore , che era un Pa-
dre de Miniftri degl' Infermi , che erafi portato in Roma
fua patria , e ne faceva continue iftanze , e richiefte , non
schetandofene giammai finché non lo vide ritornato in Bo-
iogna. Lo ricevè ? accolfe, ed abbracciò caramente , e fi
quietò con lui di tutte le perturbazioni della fua cofcien-
za.
-ocr page 314-albani. 297
23. , Si può dire , ciie Γ Albani non ièntiva oiFefa d* infer-
mità di alcuna forte , e quei malori , cìie lo tormentava-
no , non avevano altro nome? che una naturai debolezza,
che gli cagionava inquietudine , turbamento di ripofo, ed
inappetenza . Non per queilo lafciò mai di operare fino ali*
ultimo j perche lo fpirito amatore della confervazione del
fuo individuo ripugnava a quella feparazìone, che già ien-
tiva vicina . Il letto benché lo conofceiTe il fuo neceiTarìO
foftegno, era nondimeno la fua noja, e il fuo tormento .
Il Medico lo vedeva in pericolo , e non fapeva dichia^
rare Γ infermità. Non feppe altro dire, fe non che atten-
deife con fomma diligenza alla cura dell'Anima iiia , giac-
ché non conofceva altro antidoto più valido alla faiute . La
fua famiglia , gli amici , e difcepoli fentivano una tor-
mentofa afflizzione di queilo fuo flato mifcrabile , e pro-
curavano ogni rimedio per follevarlo , e dargli foccorfo ·
Finalmente egli conofcendo fe fteiTo , e il fuo flato , fe-
ce venire a fe la moglie , e li figliuoli, e tutti li fuoi ami-
ci più cari, ed abbracciando cordialmente, e baciando tut-
ti domandò loro perdono di quante ofFefe ilimavano dì ave-
re ricevute da lui , e rivolgendofi ad un Crocefiiib , che
fi teneva ftretto al feno , Io pregò con calde lagrimo
a pórre tutte le fue benedizzioni ibj^ra la fua cara fami-
glia , ed a preitare ad eiTa del continuo il fuo divino alu-
to . Ultimamente fece mettere in ordine la tavolozza da!
Manfani fuo difcepolo ? che non Io abbandonò mai fin air
ultimo refpiro ; ma non potendofi più muovere d^I letto
in vece della tavolozza chiefe il Santiffimo Viatico , e co-
municatofi ringraziò ciafcheduno , che gli afiìfteva , ed in
particolare quello fuo diletto difcepolo , che fempre gli
flette d* intorno piangendo. Verfo la Compieta , il giorno
di S. Francefco di Affili, che fuccede a quello di S, Fran-
cefco Borgia , de' quali Santi aveva il nome , lafciando le
cure mortali, e la falma terrena , fe ne pafsò a goderei
Ρ ρ le
-ocr page 315-2ρ8:
le felicità eterne , e la beatitiidine delia gloria immorta*
le , in età di anni ottantatre in circa . Oltre li fuoi più
congiunti , ciafctieduno fi dolfe della fua morte per lo fuo
gran merito , e per la fua bontà fingolare > e Bolognaj
con gran ragione ne fentì grande afflizzione ; perche nella
perdita di un fuo pari reftè priva di un Cittadino , che
vivrà per Secoli nella memoria del Mondo . Ciafcheduno
della profeflìone ne fentì anche dolore, toltone quelli , li
quali fe lo vedevano come uno fpino negli occhi , fperan-
do nella fua morte ereditare ϋ pollo di lui , ed il fuo no-
me . Quanto reftino ingannati quei vani ambiziofi , che pre-
fumono colla morte di altri avantaggiare le loro condizio-
ni , Γ efperienza lo moflra continuamente . Le occaiioni
perifcono colla morte di quegli uomini valorofi > che le fan-
no nafcere .
11 rendere minuto conto di tutte le opere delP Al-
bani , la ilimo imprefa difficile, maffime di quelle, che non
fono permanenti in un luogo inabilito, anzi fono foggette ad eiTer
trafportate. La fua prefenza fu fempre grata, e benché di ftatu-
ra non molto grande , il fuo volto era gradito per eiTere piace-
vole , e di affabile apparenza j folo in quelli ultimi anni
la fciatica gli cagionò un certo camminare dubiofo , ed
imperfetto . Veill fempre nobilmente , ma con modera-
tezza , e nel praticarlo fi refe grato , defiderabile , amo-
revole , cortefe , e nelF infegnare affai cordiale , e- libe-
ro . Fece molti allievi di confiderazione', e di ftima an-
zi alcuni fono divenuti eccellenti Maeftri , Mi fu raccon-
tato , che molti dì qucfti volevano celebrargli un belliifi-
mo funerale in Bologna cofa aiTai conveniente ad un tant*
uomo , ma che furono ingiuftamente impediti dair invidia
de' malevoli, che mai non manca ·
2ΡΡ
PITTORE,
Mori Γ Anno i
«
A Perfona, che ci vìen portata ialle mani
dalla ferie degli anni , è MicherAngelo Cer-
qaozzì foprannomioato delle Battaglie . Egli
nacque in Roma Tanno i<5oi nel Mefe di
Febbraro il giorno della Purificazione di
-Maria Vergine . Suo Padre chìamavaij Mar-
cello Cerquozzi , e fua JVladre Lucia Va A
falli ambedue Romani . C^ando Micher Angelo fu giunto
air età di dodici anni fu interrogato dal Padre a qualo
profefìione penfava di incamminarfi per iftruìrfi, Rifpofe ,
che il genio lo inclinava alla pittura , e che egli volontie-
ri β farebbe a quella applicato , Suo Padre non facendo
altra rifleffione fenza fargli fare veruno ftudio di lettere il
ConduiTe dal Cavalicr Oiureppe Cefare Romano , detto di
Arpino , perche lo iilruiiTe in così nobile efercizio , tenen"
do quegli allora il primo luogo del credito , e delia ripu-
tazione^- Veramente Γ impiegare un Giovane ad un efer-
cizio così nobile fenza il poifeiTo antecedente di qualcho
letteratura non è {limato da me poco difetto ; effendo che
un efercizio, che richiede un ingegno raffinato, e fagace,
cava fempre qualche frutto dalla fcienza , che deve eiTerc
il folìdo fondamento di così faggia profeiTione. Diedeii fot-
io la difciplina di Giufeppino a difegnare con qualche fpi-
iìto , ma però apprefe fempre una durezza di maniera lon-
P Ρ ζ tana
-ocr page 317-tana da quel buono, che è il fapere più recondito di un^
accorto pennello,
Morto che fu il Ca\^alier Giufeppe , acciò non reftaf-
fe in ifola fuo Padre lo mandò da un tal Giacomo Fiam-
mingo , il quale dipingeva per lo più di battaglie , ed era
uomo accorto, e diligente , benché pieno di durezze , c
lontana dalla buona imitazione del vero . In quella manie-
ra efercitavail Michel' Angelo, ed in una età proporziona-
ta alla cognizione feguitava quella traccia con poc'aura , e
meno beneficio j e perche faceva del continuo delle batta-
glie , ma in figure di proporzione affai piccole, acquiftò il
nome di Michel' Angelo delle battaglie . MoiTo dalF imi-
tazione di quel Pietro Paolo difcepolo de' Caracci , chi>
quantunque foiTe detto il Gobbo de' frutti, era Pittore «ni-
verfale, e di buono itile , ed uomo degno di qualche fti-
ma, fi diede anch'egli a dipingere dei frutti. Quella ope-
razione non potendoiì confeguire fenza la religiofa imitazio-
ne del naturale, Michel' Angelo datofi feriamente a quefto
iludio riufciva migliore nei frutti che, nelle figure, facen-
do vedere in quelli il buono del tingere fomigliante al ve-
ro , ed in C]uefte continuando a ritenere una certa manie··
ra difpiacevole . Andavafi trattenendo con quefto fare in
una continua mendicità di oceafioni ; ma ii fofteneva nel
comodo di fìarfene folo con poca fpefa, e meno briga,
In quel tempo, che fu nel Pontificato di Urbano Vili
dopo l'Anno Santo del , ufcì fuori quel Pittore Olan-
defe detto il Bamboccio di cui ho fcritto la vita, il qua-
le per la novità della maniera guadagnò molti, che lo imi-
tarono in quel fuo itile di pittura bernefca più atta a far
ridere il volgo , che ad imprimere negli animi civili quel-
la maeftà, e gentilezza conveniente a cosi nobile profcilìo-»
ne. MicherAngelo dietro a quella traccia incominciò a di-
pingere delle baronate in varj accidenti ridicoli > ma di pic-
cole figure , e per lo più l'ufticane di contadini, villanelle,
oftc-
500
ofterie, paiTaggied, e fimili accidenti con accompagnamen-
to di animali di ogni genere, paefi, villaggi, e cofe fimi-
li. Riufcì il Cerquozzi di un gufto in quello genere aitai
faporito , e il fuo modo di tìngere grato amabile vago, e
fattoii geniale in quello itile, al quale fi applicò in tuttaj
diligenza , diede nel principio a follevare un fuiTurro dì
credito con qualche applaufo·, ed incominciò a chiamare il
concorfo dei curioii , ed a nafcergli occafioni da operare.
In quel principio fi contentava di poco , e fi conteneva
modefto nel prezzo per invitare i dilettanti a tenerlo im-
piegato , e con queilo fi faceva ilrada alla frequenza dei
parziali. Con quel poco di molti venne a fare un confìde-
rabil peculio / e vedendofi neir avanzo di qualche centinajo
di feudi, non fapeva in che impiegarli. Si vedeva alletta-
to dalla viila di quella moneta trovandofela pronta ad ogni
fuo compiacimento 5 ma viveva inquieto , che non gli foiTe
tolta , ficchè paiTava cattiviiTìme notti e l'andava nafconden-
do in diverfe parti della cafa, dove da neiTuno foiTe potu-
to penetrare , che egli teneiTe denari . Li fotterrava talora
nel pavimento della fua camera, e poi non contento lì àU
fepelliva, e li rinchiudeva nel concavo d'una di quelle te-
fìe di geiTo folite tenerfi dai Pittori per loro iludio forma-
te dalle ftatue antiche , e chiudeva il buco di quelle col
geiTo da prefa per più afljcurarli. Ma intimorito, che quel-
le per qualche accidente non cadeiTero , e nella loro rot-
tura non avciTero fcoperto il teforo nafcoilo , tornava di
nuovo nel tormento delle fue fmanie , Una volta avendo
accumulato ^00 icudì, troyandofi come difperato fe ne an^
dò di notte folo, ed a piedi a Tivoli portando feco quel-
la moneta, ed in quel i^aefe pure di notte , e folo la fot-
tcrrò in una di quelle campagne tra le mine della villa di
Adriano , e contraiTegnando il luogo, dove V aveva collo-
cata , fe ne tornò a Roma tutto allegro , e contento. Gli
entrò doppoi il fofpetto, che qualche contadino nel zappa-
ÌOI
? 1:1
MICHEL' ANGELO
re non faceiTe qualche apertura in quel iìto , e fcoprendo
il nafcofto denaro non fe lo portalTe via . Tormentato da
quefto giufto timore fe ne ritornò fubito a Tivoli di notte
tempo folo, ed a piedi fudando ? c tremando per la paura
di non trovarvi quello , che aveva celato . Appena giun-
to li portò in quel luogo , e impaziente diedefl a fcava^
re , dove aveva lafciato il fegno , Vedendo che vi era il
teforo, calmato l'animo pensò di calmare anche il corpo
e andò all' ofteria, ove refocillatoli immediatamente ritor-
nò a Roma tutto contento · Finalmente, come a Dio piac-
que j avendone acquiftata maggior quantità , col comlgh'o
i5e'fuoi amici più confidenti Timpiegò in luoghi di mon-
te , ed in altri flabih', e cosi li liberò da quel tormento,
e da quella inquietudine.
Secondo che in lui crefceva il credito, egli prendeva
animo di crefcere il prezzo , e veniva fodisfatto conforme
le fue richieile, e perche egli dipingeva aifiduamente , e
flava attaccato al guadagno , gli riufcì di fare qualche avan^
20 da accomodariì in un buono ilato. La Grettezza del fuo
vivere andava in proverbio , e quando fi voleva motteg-
giare alcuno in quefto genere gli fi diceva 5 7% βί più co^
tua ài MìcheV Angtlo y -^tXiùsft egli fpendeva per ufo proprio
pochiiiìmo, e fi aiteneva da ogni converfazione , e com-
mercio per isfuggire la caufa di avere a fpendere , ancor-
ché in cofe di poco momento. Comprò una cafa nella piaz-
za della Trinità de' Monti in quel fito dov' è Γ imagine di
S. Sebailiano , che è alla fdciata della falita , ed avendola
accomodata a proporzione del grado fuo , vi dimorò fem-
pre fino, che vi morì. Incominciò a ufcire alquanto dal
baroname, ma però fi contenne per Io più in quella picco-
la proporzione di figure , ed in quel tingere faporito , è
di buon guilo > e diedefì a fare iilorie in genere nobile ,
nel quale eiTendo in lui Γ antico ufo divennto natura, non
potè mai abbandonare l'inciviltà del yeftire i dcH'aria, del^
le teile, e del coilume» Mon-
/
Monfignor Salviati virtnofifilmo Prelato aveva di fiia
xnano una predica di S, Gio. Battifta iti tela maggior d'Ira.-
peratore, e perche il cafo porta feco diveriìtà di acciden-
ti , avendovi fatto quantità di figure, refe il componimen-
to copiofo, e vago di avvenimenti curiofi , accompagnato
da un paefe affai buono , e tinto mirabilmente in quel fuo
gufto più fquifito . QLiel quadro farebbe più gradito j fe non
aveiTe per compagno, e competitore uno dell' Albano del-
la medefima iftoria , e grandezza , chè è quando il Santo
battezzò Griilo noftro Salvatore , di figure maggiori delle
fue ; ma di itile diverfo , del quale non occorre , che io
ragioni , fapendo eiTere molto bene impreiTo nell' ideaj
degrintendenti\ Qualche volta fece alcune figure delia gran-
dezza del naturale ; ma perche erano buone nel colorito,
ed accompagnate da frutti, e da paefi da lui fatti con if-
quifitezza non riufcivano difpiacevoli j ma non fi vede in
quelle una certa giuflezza di difegno , ed una fquifitezza di
elezione nell'attitudine, nei panneggiamento, e nel partito
del componimento, tuttavia fono cofe aiTai gradite, In quel
fuo genere proprio fu mirabile , e folo, e tenne occupa-
to il primo luogo per la bellezza del colorire , che faceva
comparire i fuoi lavori quafi gioje macinate ·
Di lui al pubblico non il vede , che una lunetta ad
olio di figure poco meno del naturale nel chioftro di S.An^
drea delle Fratte , e viene ad eiTere quella all'incontro deL·
la porta del Convento, ed evvi un miracolo di S. Francefco
di Paola Fondatore di quel!' ordine, che fece in un campo
di foldati, deir accrefcimento del numero di alcune cande-
le , come fi può vedere nella vita di detto Santo . Il qua·
dro non è cattivo > ma non fe gli può dare titolo di fqui-
iìtezza , come nell* altre cofe del fuo proprio genio, e del
iuo praticato itile . Il fuo talento non molto elevato dal
vigore di una fublime lettura, e poco imbevuto di maifime
grandi non lo lafciò applicare, che a quelle ballezze , ed
303
ao4 Μ Ι C Η E L'A Ν G E L Ο
alla viità . Ancorché avaro , nel veftire fi trattò femprci
civiimcnte, ma con moderatezza proporzionata ad uno fta-
io conveniente. Nel difcorfo fu aiTai popolare , e sfarzofo
valendofi delle voci più comuni alla Plebe , e le articola-
va cogli accenti più baffi degli fgherri . Non fi curò di am-
mogliarfì , benché folo , e privo di ogni comodità , e più
volontieri Topportava queili difagi, che ridurfi alla compa-
gnia di moglie, della quale lo fpaventava la fpefa contì-
nua . La mattina mangiava alla difdoiTa fenz' apparecchio di
menfa , e la fera fe ne andava alla cafa di una fua Comare ,
ed ivi fi riftorava con alcuna vivanda calda manipolata da
quella donna , che gli fervi in tutti i bifogiii di vitto , e
di biancheria. Ebbe fempre una buona fanità , come uomo
non difordinato, ed aiTuefatto ad una efatta regola di vi-
vere , e ad uno fparagno aiTai rigorofo. Non Jafciò trafcor-
rere giorno fenza operare, e con quella aiTiduità aveva ac-
comodato Io flato fiio. Delle opere fue non fe ne può fa-
re menzione particolare ) perchè hanno un moto perpetuo %
paiTando di giorno in giorno da una in altra mano , facen-
dofi di quelle bazzarri contratti, cambi , e diverfi nego-
ziati . La fr.a maniera conofciuta da chi ha intelligenza dell"
arte le accufa fubito, e fpeifo fi ragiona di lui nelle bot-
teghe de' Rigattieri j avendo la coRelkzione di eiTere tra^
iportato da luogo a luogo , e tra colloro.
In fine dell'Anno id^p. s' infermò di una ftrana ma-
Jattia non conofciuta dal Medico , il quale era un certo Vin-
cenzo da Tivoli fuo amico , col quale non correva interef.
fe di denaro , eiTendo fuo domeftico, e familiare . Queilo
male tirò in lungo fino allo fpazio di fei mefi continui con
iilravaganze indicibili, con gran trafcuraggine di governo ,
e di cura per la fua avarìzia . Finalmente vedendofi di^
fperato chiefe a quefto fuo Medico fe il fuo male era pe-
ricolofo j al che rifpofe Vincenzo, che non lo faceva ficu-
ro della vita j anzi che ne temeva fortemente . Se quefto
C ERQ_UOZZI.
è 9 ioggi"^^^ Michel' Angelo , cocetemi due carciofi , che
io mi voglio faziare a mìo modo, e con qiiefte fue ftranez»
2e nel mefe di Aprile del i<55o. alle 4. della notte fe ne
morì in età di anni cinquantotto. Fu il Cerquozzi di pre«
fenza -non difdicevole , e di volto grato nelle fembìanze,
di pelo caitagno, di occhi vivaci, e brillanti , Usò di tin-»
gerii del continuo la barba , e i capelli per occultare la
canizie ·, femplicità da donniciuole imprudenti . Fu feppel-
lito in S. Maria di Acquiro , detta degli Orfanelli, e il fuo
corpo fiì efpofto aiTai onorevolmente con quantità di Tor-
cie fopra di un Catafalco coir affiftenza di tutti gli Acca-
demici , e queil/ onore 1* ebbe per la cura del Signor Già-
cinto Brandi Pittore della prima riga de' noftri tempi , il
quale era fuo amico , Lafciò erede univerfale Carlo Mar-
cello Cerquozzi fuo nipote per parte di un Fratello , ed
afcefe il frutto delle Aie facoltà alla fomma di feudi ven-
ticinque il mefe , che poiTono fervire di comodo tratteni-
mento ad ogni flato onorevole , quando Γ erede non foiTe
abile ad approfìttarii in neiTun ricapito , come è folito di
quelli, che reftano provvifti ed accomodati così alla impen-
fata di beni di fortuna .
W
PITTRICE,
Morì V Anno 1660.
I è veduta una Dama nata in Roma fiori-
re in un efercizio così difficoltofo, qiial'è
la pittura · Conoicendok il Cardinal Ginnaii
fuo Zio che fu Decano del Sacro Collegio
inclinata alla nobiltà di queila bella prof^ef-
fione , fatto chiamare 'il Cavalier Gafparo
Celio, diede a lui la cura , che la incam-
minale nel difegno . Qiiegli , che in quefta parte era va-
lorofo , vi fi pofe con ogni diligenza, ed aifiduità per eiTer
eiTa nipote di un Cardinale , dal quale poteva ottenere mol-
ti favori , e poteva anche portarlo a grado maggiore. Coli*
affiduìtà dì sì buon Maeftro quefta Signorina fi moilrava^
tutta applicata allo fludio, e non perdeva tempo nel dife-
gnare , lafciando da parte ogni altro lavoro donnefco, per
non diiloglierfi da quefto beli' efercizio ; folea dire, che Γ
ago, e il fufo erano mortali nemici del Toccalapis , e del
pennello , Seguì per qualche anno il Celio a non abbando-
narla , ed oltre la fua mefata ordinaria ottenne dal Cardi-
nale Γ opera della prima Cap])ella a finiftra di S. Pietro in
Vaticano, e varj altri favori fingolari, a mifura che ella fi
andava inoltrando nel!' acquiilo di quella fcienza. Si avan-
zò a colorire , e perchè non vi perdeva mai tempo, fi im-
padronì del colore in modo , che in copiare alcune cofaj
moftrava grande abilità . Nel più bello del fuo avanzamen-
to
il
I ilfiiii
■, i:
I. li-
ul
CATERINA GINNASI .
to morì Celio fuo Maeilro , ed ella rimafe priva di quel-
la diligente, e continua difciplina . Il Zio Cardinale veden-
dola inoltrata a qualche fegno provava difpiacere, che re-
flaiTe nel meglio in arena , fenza profeguire Γ incominciato
cfercizio , e volle appoggiarla ad un altro Maeilro . Pen>
sò al Cavaliere Giovanni Lanfranco, il quale fi tenne fa-
vorito di quefta elezzione , e volentieri iie prefe la cura ,
La maniera e il guilo del Lanfranco fu fempre di altra_j
tempra dello ilile del Celio, iicchè alla Signora convenne
cangiare di fantafia , lafciare la ftrada già intraprefa , e mu-
tarli del tutto. Quefte mutazioni fono per Io più perico-
lofe , maiTime quando la Perfona è già aiTodata in uno iti-
le, e riefce di^ maggior profìtto il perfezzionarfi nella trac-
cia incominciata , che difimparare l'apprefo , e fare un nuo-
vo abito con altra fcuola.
Seguiva nuliadimeno quefta Dama ad operare , ed in
tanto il Cardinale fuo Zio , il quale ebbe fempre fentimen-
ti di pietà , e di divozione , fece fabbricare dalle fonda-
menta la Chiefa di S. Lucia comprefa nel fuo Palazzo , fi-
tuato alle botteghe ofcure > e perchè vi andavano li quadri
delli Altari, volle che quefta fua nipote li dipingeiTe · Neir
Aitar maggiore fece quando la Santa Vergine Lucia , ri-
mafta per virtù divina immòbile , per ordine del-Tiranno
fu fatta indarno ftrafcìnare da molte para di bovi per con-
durla a forza al poftribulo. Ha efpreiTa la Santa ferma in
atto orante, li manigoldi affaticati a follecitare li gioven-
chi , ed uno prende una conca di acqua per bagnarla , ac-
ciocché fi muova, e il Tiranno afilfo in un Trono affiili-
to dalle guardie in atto di comando . L'altro Altare a de-
lira deiringreiTo è del S. Vefcovo Biagio , il quale ftà toc-
cando la gola ad un fanciullo, e ad alcune donne, e la te-
Ha di quel Santo Vefcovo è il ritratto del Cardinale fuo
Zio. Sopra l'Aitar maggiore vi è pure di fua mano la Ce-
na di Crijao colli dodici Apoiloli, ed una Madonna in un
Q q 2 picco-
507
CATERINA
piccolo orato, che è compagno ad un finellrino dell' altra
banda , Il Lanfranco vi aiTiftè, e la Dama dipinfe nello iti-
le di quel Maeftro j ma a queili convenne di lafciarla per
neceiTità eiTendo coilretto di andare a Napoli per il fuo la-
voro , In queiìo tempo il Cardinal Ginnafio Zio dell' illu-
ftre Pittrice pafsò a vita migliore, e la lafciò unica erede
di tutto il fuo avere, con quella condizione, che conver-
tiiTe il fuo Palazzo in un Monaftero di claufura di Mona-
che , aiTegnandovi Γ entrate per mantenerlo , e fabbricaiTe
contìguo alla fua Cafa un Seminario colla fua entrata per
il vitto di una quantità prefcritta di Giovani ftudenti Ro-
magnuoli eiTendo Sua Eminenza nata in Caftelbolognefe . Efe-
guì la Signora Caterina la niente dello Zio con puntuali-
tà , e fece del Palazzo Claufura , e vi chiufe alcune pove-
re Zitelle da lei dipendenti, veitendole di abito Monacale
parte velate , e parte Converfe fotto Γ ordine di S. Terefa
ma col nome di Monache Ginnafie delle Botteghe ofcure .
Nella medeiìma Chiefa alla Cappella di S. Biagio inalzò pie-
tofamente due belliiiìmi fepolcri allo Zio Cardinale Γ uno,
e r altro alla di lei Madre , che reffcagli in faccia . Per
molti anni ella aiTiftè alla cura di quefto Monaftero con vi-·
ta efemplare, e di edificazione, ed in tanto fi andava trat-
tenendo in dipingere . Fece il quadro dell' Aitar maggiore
della Chiefa dell·Angelo Cuftode , nel quale figurò, com'è
folito, un Angelo, che incammina un fanciullo per la via
del Paradifo, tenendolo lontano dall'Inferno, e ne fece do-
no a quella Chiefa. Finalmente avanzata negli anni, ed an-
nojata del Mondo fi rifolfe anche ella di prender Γ abito
Monacale di quel fuo Monaftero, e facendo Profeilìone vi
fi ilabilì , portandofì con grande umiltà , e carità indicibi-
le . Volle fempre eiTere riconofciuta dalle Monache per com-
pagna , e non per fuperiora. Con queilo amore air abbaf-
famento , e con tale continenza caduta in una grave , e
lunga infermità contratta per aver patito troppo freddo in
3θ8
309
tempo di notte nella fua Chiefa, refe Γ anima al fu ο Crea-
tore in concetto di perfettiiTima vita > lafeiando efempio di
edificazione non ordinaria . Mori di anni fettanta a dì ^o^
Novembre lóóo» , e fu fepolta nella fudetta Cappella di
S. Biàgib'della iua Chìeia fra Io'Zio , e la Madre coti^bel-
liflìmo, epitaiìo , la copia del quale non credo farà difcara
al mio Lettore .
CARDINALIS GINNASI E FRATRE NEPTIS
PAVPERVM MATER ET VIRGO NON STERILIS
QVIA FAECUNDA VIRTVTVM
PECVNIAE VSVM NON HABVIT IN TERRIS
VT FRVCTVM HABERET IN COELO
CHARITATE IN OMNES PROFUSA
IN LECTO IN MENSA IN DOMO
IN OMNIBVS SIBI QyESIVIT ANGVSTIAS
VT MORTVA VIVERET
VIXIT VSA MAGNIS AEDIBVS PRO SEPVLCRO
SVMMO MANE IN HYEME SACRIS INTERERAT
HINC PROPTER AESTVM DIVINI AxMORIS
CONTRAXIT E FRIGORE MORBVM ET MORTEM
SED CHARITAS NVNQVAM EXCIDIT .
OBIIT SEPTVAGENARIA DIE XXX. NOVEMBRIS
Μ D C L X.
Ecco quanto mi occorreva dire di quefta nobiliiiìma.^
Pittrice .
AN-
-ocr page 327-310
Morì Ρ Anno 1661,
Orna diede ad Andrea il Natale , e quanto
alla Patria non ebbe bifogno di gloria mag-
giore. Il Padre chiamoiTi Benedetto Sacchi
Pittore ma di mediocre levatura. Ebbe co-
ilui varj figliuoli , e chi legge può capire
il come , balìa , che da lui nacque anche
Andrea naturalmente , e gli pofe quefto no-
me perche venne al mondo nel fine di Novembre vicino
alla fefta di quefto Santo l'anno i<5oo. Mi diiTe un giorno
fuo Padre , il quale io da giovinetto conobbi , che Andrea
da ragazzo moftrava uno fpìrito vivacìffimo, e dava con-
trafiegni d'indole affai fpiritofa . Effendo pervenuto ad una
certa età difcreta , come Pittore voile applicarlo alla fua
profeffione, ed egli raedefirao glie ne diede ί primi prin-
cipj . Durò qualche anno Andrea a ftudiare colla fua direz-
zione , ma giunto all' età giovanile il Padre lo accomodò
coir Albani , fotto la cui difciplina fi perfezzionò, e prefe
il poffeffo del buono. Difegnava con tanta accuratezza , e
maniera vezzofa , che rendeva maraviglia a chi lo vede-
va, e il fuo Maeftro ne andava fuperbo . Diede principio
al colore così configliato dalPAlbani, e nella prima cofa,
che fu una tefta copiata dal Maeftro, diede chiarifiìmo fe-
gno della fua riufcita . Prefo animo nel colorire , crefce-
va nel poffeiTo di quello 3 ma però non tralafciò mai il di-
fegno,
ANDREA SACCHI.
fegno f il quale coni' ei diceva è il fondamento principale
del Pittore.
Ebbe occafione di fare fopra la porta di una Gafa pia,
che ferviva di afilo alle Donne mal maritate , contigua al-
lora al Monaftero dì S. Chiara alla Ciambella, una Imagi-
ne di Maria Vergine col fuo figliuolo Gesù . Quefti è pofa-
to fopra un piedeiìallo a federe , e San Giufeppe gli tie-
ne un libro avanti, acciocché iì eferciti a leggere , ed egli
ali'ufanza de'fanciulli avendo tolti gli occhiali al buon vec-
chio , vuole metterfeli al nafo , e legger con quelli . V
opera è di mezze figure, e meno della grandezza del na-
turale . CoH'occafione di paiTare altrove quella Cafa di mal
maritate, fu levata tale pittura da quel fito , benché fat-
ta fui muro a frefco , e con diligenza venne introdotta den-
tro la Claufura di S. Chiara . Dopo dipinfe una S. Terefa
pure a frefco nella pubblica ilrada fopra la porta del Mo-
nailero di S. Giufeppe a Capo Je Cafe j ed è quella che vi
è al prefente . Un'altra cofa dipinfe pure a frefco al pub-
blico fopra la porta del Monaftero delle Monache Cappuc-
cine nella contrada di Ter de' Conti vicino a S. Maria ia
C-ampo Carico. Vi fece nel mezzo il S.Pontefice Urbano Γ.
in piedi in atto contemplativo , che dà il nome a quella
Chiefa , dalla deftra parte S. Francefco pure in piedi oran-
te , ed alla iìniftra S. Chiara col contraifegno del Santiffimo
Sagramento ; e nell'alto un pò di fplendore, che dà indi-
zio di una gloria celefte. Fece tutte quefte cofe nella fua
gioventù infieme col quadro dell'Aitar maggiore nella Chie-
fa di S. Ifidoro a Capo le Cafe, ed in poco fpazio di tem-
po ; ma fempre con fuperiorità , Qiieila di S. Urbano , è
a gran meraviglia ben condotta ; ma il tempo traditore ,
che divora il tutto quà in terra , a poco a poco la và con-
fumando j lìcchè in breve appena fe ne fcorgeranno le ve-
ftìgia .
EffendOÌì avanzato a tanto fegno, il Cardinal del Mon-
te
511
AND R E A
te fe ne invogliò ; eiTendo molto cnriofo, e vago della pìN
tura , ed avendo fabbricato un cafìno nella ftrada di Ripet·^
ta vicino alla piazza del Popolo in quella parte , che ha cor-
rifpondenza col fiume , fervendofi di eiTo per diporto pensò
di adornarlo di pitture j valendoli di Filippo d' Angioli Ro-
mano detto il Napoletano , che dipingeva cofe piccole , ma
ben condotte, e perfette , fu coniìgliato a valerli di An-
drea , come più abile a cofe grandi , AiTegnandogli prov-
vifione , e fìanza , fi valfe dell' opera fua con molta fodif-
fazzione , -e vedendofi appagato nel valore di queflo , volle
fempre accompagnarlo colla fua protezzione , e favore,
procurandogli continue cccafioni d'introdurlo alla cognizio-
ne del pubblico . Fu aiTunto al Pontificato Urbano Vili., e
parve veramente ,. che in quel tempo ritornaiTe il fecolo
d' oro per la Pittura, eiTendo un Papa ameno d'ingegno,
generofo di animo , e nobile di genio , ed i nipoti di lui tut-
ti favorevoli alle belle arti. Coll'ajuto del fuo merito per
cagione di alcuni difegni fu introdotto Andrea in Cafa Barberi-
na , ed eiTendo da quei Principi gradito il fuo valore > eb-
be r occafione del quadro neila gran Bafìlica di S. Pietro .
Vi dipinfe il Pontefice S, Gregorio Magno , il quale per i<3-
disfare le richieile di un Signore Oltramontano , che defi-
derava qualche cofa rara del Teforo della Chiefa , gli die-
de un Purificatore, eh'è quel fazzoletto che ferve a ripu-
lire il Calice nel Sagrificio della MeiTa. Mal fodisfatto quel
Perfonaggio ne faceva poca ftiraa, non riconofcendo in quel
panno qualità neiTuna, che lo rendeiTe degno di eiTer tenu-
ΙΌ in tanta venerazione . Il Santo Pontefice per fargli cono-
fcere quel dono , volle fargliene vedere un autentica , ed
avendolo riavuto nelle mani nell'atto del Sagrificio > in pre-
fenza del Foreftiere, che afìTifteva alla Mefia Pontificia, tra-
pafsò il Purificatore in più luoghi con uno ftile, e da ogni
percoffa fcaturì fangue a vifta di tutto il Popolo j acciocché
ìntendeiTe da miracolo cosi grande , che quel bianco lino
311
Η I. 3 513
era tutto intrifo del Sangue preziofo di Crifto . Ha rappre-
fentato il Pontefice in atto di far quella dimoftrazione , te-
nendo nella iìniftra il Purificatore fanguinofo, e colla deftra
il ferro pungente col quale lo colpìfce , e tiene la faccia.,
rivolta al Popolo afìlftente , tra li quali fi trova quel Per-
fonasgio , che ftà nobilmente veftito , e in atto di lìupore.
AI Pontefice aiTiftono il Diacono , ed il ibtto Diacono con
le loro Tonicene confuete al Sagrificio , e il Pontefice ve-
ftito da Sacerdote celebrante , Tutto il componimento, do-
ve fi vede 1' Altare, dimoftra eiTere dentro un Tempio di
i-naeftofa Architettura , coir accompagnamento della guar-
dia Pontificia de'Svizzeri, figure alquanto maggiori del na-
turale , ma ben compartite con artificio mirabile . E' un
quadro quello di tal qualità per lo difegno , per Γ ordine
del componimento , per Γ artifìcio del colorito , e per le
altre fue rare perfezzioni , che fe foflè ajutato da un lume
favorevole farebbe conofcere la fquifitezza delle fue parti,
ed un tutto maravigliofo . Se Andrea non foflie flato Roma-
no > fi farebbe intefo per queft'opera lo ilrepito, e il rim-
bombo del Tuo nome volare alle llelle j ma perchè neiTu-
00 profetizza nella propria patria , e perchè Roma è la
fchiava dell' univerib , benché abbia il nome di Regina del
Mondo , fe ne fece appena cafo per la Giullizia, ma non
ebbe un oncia di grazia nella lode , e nell' applaufo . Io
ρζΐ me giudico che quella tela , farà fudare più di una
fronte per pareggiarla.
Andrea vedendofi poco favorevole ia forte , e mèno
rloonofciuto nel prezzo dell'opere fue, temendo di non ri-
durfi in poco buono flato, fi affaticò per introdurfi col Car-
dinal Antonio Barberini nipote del Pontefice Urbano viven-
te , e perche era Principe generofo, e magnanimo il Sac-
chi prendeva fperanza di qualche follievo. Gli forti il fuo
defiderio, e lo ricevè quel Cardinale al ferviziò aiTegnan^
dogli pròvifione di dieci feudi il mefe, e la parte , che gli
R r durò
-ocr page 331-SH ANDREA
durò finché viiTe. Rallegratofi Andrea di quefto beneficio ,
giunto a cafa s'inginocchiò avanti una Immagine di Maria
Vergine ringraziandola con tutto il cuore di tanto bene, e
prendendo animo viveva aflìcurato delle occorrenze necef-
farie , che poiTono avvenire a un galantuomo .
I Barberini comprarono dagli Sforza il Palazzo alle
Quattro Fontane, ed ingranditolo, come oggi fi vede, die-
dero a dipingere ad Andrea la volta d'una di quelle piccole
camere, in conformità di tutte l'altre diilribuite a varj Pit-
tori . Nel mezzo di quefta volta fingendo un Cielo rappre-
fentò la Divina Sapienza afsifa in trono regio in un chiaro
fplendore veilita regalmente di colori d' oro , coronata di
un preziofo diadema col volto coperto da un bianco , e
trafparente velo tenendo gli occhi rivolti verfo la gloria fu-
perna, In mezzo al petto ha un lucido fole , e tiene col-
la deftra uno fcettro. dorato rivolto verfo la terra nella ci*
ma del quale è un occhio rifplendente , moftrando una mae-
ftà regale , ed alli gradini del fuo trono fi veggiono due
ieoni uno per parte > anch' eglino finti di oro . D'intorno
a quefta figura fono altre undici Donzelle , fette alla de-
lira , e quattro alla finiftra , parte affife, e parte ftanti in
varie attitudini fopra chiare nuvole . Delle più vicine alla
deftra di lei, e che ilannC in piedi, la prima rapprefenta
la Nobiltà , veftita di bianco coi capelli fparfi per il pet-
to , con una fafcia , che le cinge la fronte; ha per dia-
dema un trino rifplendente , e colla deftra foftiene un trian-
golo d'oro. AppreiTo vi è quella, che rapprefenta l'Eter-
nità , e per fegno tiene colla finito un ferpe , che forman-
do un circolo perfetto , fi morde la coda, ed ha nella de-
ftra una corona regale nella punta della quale fono tante
lucide ftelle. Ai piedi è la Giuftizia , come proftrata, col-
le bilancie in mano ; ed appreiTo a quefta aiTifa con Mae-
ftà è la figura , che rapprefenta l'armonia colla lira di A-
pollo in ambedue le mani, Non diftante vi è una figura di
robu-
-ocr page 332-robuile fembianze dal mezzo in sù nuda moitrando ie fpal-
je, e il braccio deftro, col quale foftienc in atto maefto-
fo la Clava di Ercole , la quale è la Fortezza ; ed a Jei
vicina è la Fecondità coricata con un faftello di fpighe nel-
la finiftra . Dall' altro lato della Sapienza evvi la Santità
'amile, e modefla nella pallidezza del volto, e nellacom-
poiìzione del veftimento . Ha nella deftra una Croce , e nel-
la finiilra foftiene un Ara col fuoco accefo . Vicina a que-
lla è la Purità , che tiene in braccio un bianco Cigno , Af-
fifa a quefta appreiTo è la Perfpicacia , e tenendo la deftra
appoggiata al mento, moiìra fiiTar le luci in quel Sole, che
è nel petto alla Divina Sapienza , ed a fuoi piedi è un Aqui-
la , per eiTere^ quella un augello di vifta più perfpicace de-
gli altri. Vicino a quefta è una Verginella con fronte ri-
fplendente colle chiome dì oro , bocca ridente, ed occhi
fcintillanti, che rimirano arditamente chi la mira , e mo-
ftra il petto quafi neve bianco , fporgendo le tumidetttL»
mameile , e tutto il rimanente del corpo fvelto, e difco-
perto modeftamente . La Bellezza è quefta , e porta nella
deftra la chioma di Berenice, per fignificare, che la pom^
pa più fui)€rba del vanto femìnile confifte nella copia , e
sfarzo de' capelli. Neil' eftremo fi vede un Globo , che rap-
prefenta il Mondo parte inferiore di tutte le sfere , e lì
inoftrano quefte come virtù fuperiori difpregiate dalla terra;
ma fituate in luogo di gloria , e di beatitudine . Sopra la
figura della Divina Sapienza ve ne fono per l'aria due altre,
che rapprefentano due giovinetti j dalla parte deftra a caval-
lo di un fetoce leone è un giovinetto alato del tutto nu-
do , che folo viene recinto da una femplice ammantatura
fvolazzante , e quefti è l'Ardire . A finiftra un altro Gio-
vinetto limile , il quale con un dardo nella deftra follecita
una lepre, ibpra la quale fta a cavallo, e quefto è il Ti-
more. Ancorché quella volta fia di non molta grandezza,
l'ha Andrea con tale artificio, e nobiltà refa sì vafta, che
A
51$
315 A Ν D R A
l'occhio non è baftante ad eiTerne capace . Quanto al guflo i
e alia dìfpoiizioné del tutto nel maneggio del colore è mi-
rabile . Nel difegno ha gran perfezzione, e lo itile del pan-
neggiare contiene in fe un certo modo di difporre le pie-
ghe collo fcoprimento del nudo ^ che non fi sà , che deft-
derarvi di vantaggio, in fine è un opera badante a reca-
re gran nome a chi fi fia , perche è copiofa di tutte quel-
le parti, che fi richieggono ad un gran Pittore. Vorrei ef-
fere bene intefo da perfone prudenti, perche io non difcor-
ro sfacciatamente, e coU' arbitrio della mia opinione , ma
fempre col parere de' più fenfati , ed intelligenti. Egli la_j
dipinfe a frefco , e nel migliore, che fi fia mai praticato,
con qualche ritocco foliro, e neceiTario a quella operazio-
ne . 11 componimenta riefce nobile, e maeilofo, e Γ elez-
2Ìone del tutto è mirabile ; le parti ibno fcelte , e prati-
cate con giudizio, e fapere non ordinario ; nel difegno rie-
fce aggiuftata , e ie aveiTe moltiplicate Γ opere di quella
qualità in altre occafioni, farebbe da lui oggi occupato un
luogo, nella fama, che non vi giungerebbe l'invidia, eia
malvagità j ma egli fu fempre pigro , e rincrefciofo della
fatica . Da quefl' opera fe gli aggiunfe fplendore al credi-
to , ed il Cardinal Antonio più gli prefe affezione, perche
bene fpeiTo Io fovveniva di centinara di feudi, acciò fi ac-
comodaiTe colla compra di alcune cafe , e dì altri ftabili,
perche fe aveiTe voluto accomodarfi col guadagno dell'opere
fue, iàrebbe viÌTuto fempre tra la mendicità .
Operava con grande fconcerto di animo perche cono-
fcendo perfettamente il migh'ore del buono, non fi conten-
tava giammai, ne fi ilabiliva nel primo partito , e fenten-
do rimproverare la fua pigrizia fe ne affliggeva, e fi difen-
deva con argutiffime rifpofìe . Diceva a quelli che Io cari-
cavano di queite accufe . Quale giudicate più degno di ili-
ina i quello che dipinge opere affai e non così accurate ;
ο pure quello, che ne fa meno, ma le riduce ad una più
efat-
-ocr page 334-Η I.
efatta perfezzione ? Io per me crederei ( diceva egli ) , che
fé uno ave/Te un giardino nel quale foiTero diverii arbori di
varie poma, farebbe meno ftimabile queir arbore, che ne
faceiTe maggior quantità ; ma non così grate al gufto, di
quello , che ne facefle poche, ma di tutta bellezza > e bon-
tà . Con quelli efempj fi fchermiva dalle accufe , e profe-
guiva agiatamente il iuo comodo j ma quando fi poneva
ad operare era implacabile neir operazione . Sia teilimonio
di queilo il quadro eh' è collocato nella Chiefa di San Ro-
mualdo delti Camaldolefi vicino a S. Marco al Aitar mag-
giore , nel quale rapprefenta una viiìone , che apparifce al
Santo con i Tuoi compagni Monaci nell' aperto di una cam-
pagna , in cui videro una fcala dalla terra alzata fino al
Cielo , fopra la quale afcendevano molti di quell'Ordine, fa-
lendo alla gloria de' Beati. 11 componimento più ingegnerò
di quel quadro, è il partito di un albero, che sbattimenta
alcuni di quei Monaci bianchi per aver campo e fervirfi di
queir ombra nella neceffità in cui era di rapprefentare fi-
gure tutte di un abito medefimo, di un ifteiTo colore, e
quaii di uniforme fembianza ; non sò , come farebbe riufci-
to ad un altro rifolverfi con tanta prudenza. Chi oiTervaj
giudiziofamente il guilo di quel quadro , il buono di quel
colorito, e la finezza del diTegno , non avrà fcarfezza di
lode trovandolo a gran fegno finito , e perfetto .
In quei tempi fu trafportata Γ abitazione de' PP. Cap-
puccini , tanto per iitabilirfi in luogo più ameno , più re-
moto , e più appropriato alia folitudine , quanto per valerfi
il Pontefice Urbano Vili del loro Convento fituato alle faL·
de del Quirinale per comodità delia famiglia Pontificia, e
fu veramente ottimo penfiero . Il Cardinale il quale eraj
fratello del Pontefice, efiTendo anche egli Cappuccino , come
benefattore della fua Religione , fabbricò quella Chiefa, e
Convento, che oggi fi vede nella Piazza Barberina a Capo
alle Cafe . Per dare compimento a quella devota Chiefa li
Signo-'
s
A Ν D R E A
Signori Principi, e Cardinali Barberini prefero l'incomben-
za delie Cappelle laterali eiTendo fiata dal medeiìmo Papa
fatta edificare la maggiore con nobiltà di marmi , benché
contro Γ Iflituto de' Cappuccini. Difpenfarono a ciafchedun
Pittore da loro protetto le Tavole degli Altari. Al Sacchi
fu aiTegnata la prima alla deilra nell' entrare, che rappre-
fenta quel miracolo del gloriofo S.Antonio detto di Padova ,
quando richiamò alla vita quel Giovine , acciocché rivelaf-
Ìe al pubblico chi lo aveva uccifo, del quale delitto veniva
accufato il Padre <lel Santo , e convinto era già condannato
air ultimo fupplicio . Ha erpreiTo il Santo in piedi, che a-
vendo fatto diiTepelire il morto, prende colla iìniilra Isu
deilra di lui, e colla deftra alzaia in atto di comando gli
impone il dare notizia di queila verità ; ed egli già refo re·
divivo fi moilra obbediente al comando del Santo. Fa ap-
parire una figura , che viene fuori dalla fepolt'ura con una
candela accefa nelle mani , moiTa dalla curiofità del mira-
colo , ed un altra > che foftenendo una caiTa da morto fi ren-
de attonita per tanto llupore, Vi è inginocchiato vicino al
Santo un Chierico pure Ìn atto di forprefa , ed alcune al-
tre figure ftupefatte da tanta maravìgJia , ed una di loro per
lo fetore dei Cadaveri , fi tura con un pannolino le na-
ri . In aria vi fono due Angeletti , Γ uno inalza un libro ,
e Γ altro il giglio , ufati contraiTegni del S, Dottore . Finge
fuccedere il cafo dentro di un Tempio , moftrandone i fe-
gni con una fabbrica di Colonne , ed una nicchia nella qua-
le è una Statua di una S. Verginella , il tutto fìnto di Tra-
vertino . Il guftoe il giudizio , che fi vede nell' artificio
di quello quadro a parere degl' intendenti fpafiìonati , è a
gran fegno mirabile, e fi vede in eiTo un tingere con for-
gia difcreta , e con dpicezza nou languida, avendo nel tut-
to un armonia concorde , che sà appagare Γ occhio , e l'in^
telletto. '
Segui dopo ad operare per la Chiefa fotterranea di San
Pie-
518
Pietro nel Vaticano , e vi fece quattro i>iccoIe tavole, ma
dalla parte fuperiore centinate, perche foiTero addattate al
loro Ììto. In quella, che ha corrìfpondenza colla Statua di
S. Andrea del Fiammingo, vi figurò il Santo medefimo con-
dotto al patibolo della Croce, che ila gettato inginocchio
colle braccia diftefe per adorarla, e li manigoldo , che lo
follecita airefecuzione della fentenza di morte coU'accom·
pagnamento della sbirragh'a . Sotto la S. Veronica del Mo-
chi dipinfe la Santa iiteiTa, che incontra per la via Crifto
Signor noftro col pefo della Croce fopra le fpalle andando
verfo al Calvario ; ella gli porge quel lino per afciugariì
il fudore della fronte, nel quale panno riceve l'impreflìo-
ne del volto fudante del Redentore. Corrifpondente alla fi-
gura del Longino del Cavalier Bernini, vi ha efpreÌÌo il San-
to Centurione legato colle mani , e poftofi inginocchioni ila
afpettando il colpo del fuo martirio, e il manigoldo appref-
fo in atto di percuoterlo. Alla Statua di S. Elena del Boi-
gi 5 vi è la S. Imperatrice , che fa prova del vero legno
della S. Croce fopra un cadavere , il quale rifufcita . Ioji
quelli quadretti ha confervato il fuo folito buon gufto di
tingere, e dì perfezzione.
Di lì a non molto tempo parte per propria volontà i
e parte per fervigìo del Cardinal Antonio , pafsò a girare
la Lombardia , cioè Bologna , Venezia con tutto il fuo ila-
iq', Mantova , Milano , Parma , Piacenza, Modena , e im^
bevuto del buono nelle maniere de'Pittori di quelle parti
fe 'ne tornò dopo qualche anno in Roma invaghito dello Hi-
le di tante beir opere. Dagli effetti, che nel fuo lavorare
Andrea fece vedere , fi conobbe , che il fuo cuore era ri-
mailo in Parma nell' opere dì Antonio da Correggio, e lo
moilrò in un fecondo quadro nella Chiefa de' Cappuccini
all'incontro di quello fuo alcuni anni prima dipinto . Vi rap-
prefentò il S. Cardinal Bonaventura dell'Ordine ferafico , al
quale ftando inginocchiato in abito Epifcopale avanti Γ Alta-
re
A
Zig
ire coi Torribolo in mano appariTce Maria Vergine neil' aU
to col fuo piccolo Figliuolo nelle braccia afiìfa in trono di
nuvole in atto maeftofo. 11 Santo è affiftito da alcuni Angio-
li , e due amorini celeili ftanno manipolando Γ incenfo , ed
un altro tiene nelle mani il Paftorale . Vi ha rapprefentato
il di dentro di un Tempio j ma quanto alla buona profpet-
tiva , bifogna confeflTare che è un punto di veduta ftrava^
gante , In queilo quadro, perche volle nfcire da fe fteiTo,
non ha lafciato vedere di eiTere entrato perfettamente in un
altro gufto , ed ha infegnato , che Γ andar girando il Mon-
do non è cofa da Pittore già ftabilito j ma da giovane va-
gabondo non ancora aiiodato j perche in vece di ^guadagna-
re vi fi perde > riducendofì ad un fegno , che non è più ne
di fe fteiTo, ne di altri. Non dico, che il quadro non iia
buono , perche è di fua mano, ma li più intelligenti non
lo trovano delFufato fuo ftile trattato colla bravura del fuo
folito pennello . Succede così a tutti quelli, che non ii con-
tentano folamente di camminare per la via fegnata da quel-
li uomini di più valore, ma vogliono calcare le medefime
pedate di quello e di queilo ; e così non camminano col
piede iìcuro , ma dubbioio y timido j c mal atto > perche
efcono fuori della naturalezza.
In quel tempo il Pontefice Urbano volle far riflaura-
re il Tempietto di S. Giovanni in Fonte nel Laterano , ed
Andrea come dipendente dalli Signori Barberini ebbe Γ in-
combenza di tutto Γ ornato, ed anche delle pitture. Egli
che fu fempre innamorato della comodità, per isfuggire la
fatica } difpensò ad altri le Iftorie maggiori da dipingere a
frefco d'intorno , le quali fono di buona proporzione, ed
in figure del naturale , e tutte devono eflere avvenimenti
del Magno Cof^antino Imperatore . L'Iftoria , che dimoftra
Coftantino accampato , quando gli apparifce neir aria una
Croce con lettere d'intorno, che dicevano, Jn hoc Vìnce,
è di mano di Giacinto Gimignani da Piiloja . La battaglia
^20
di detto Imperatore contro MaiTenzio tiranno ^ e il trionfo
che fiegue del medeiìmo fono di Andrea CamaiTci, dj.
ftrnzzione degl'idoli , in luogo de'quali fi ftabiliva la Cro^
ce per contraiTegno di nuova Religione, è di Carlo Marat-
ta , ma fotto il cartone del medeiìmo Andrea ; ilando que-
fti allora obbediente alla direzzione del Maeftro , Quella-»
quando Coftantino fece abbrugiare tutti li memoriali , che
contenevano calunnie contro gli Ecclefiaftici per non vok-
re preilare le orecchie all'accufe degl'infedeli , ed idola-
tri contro li Vefcovi dellaChiefa Cattolica, è opera mani-
polata da Cario Magnoni ; ma anch' eiTa colla fcorta , dife-
gno , e ritocchi del Sacchi . Quei putti fopra la cornice fin-
ta , che gira d'intorno , efprein in diverfe attitudini con
var; contraiTegni , fono parte di fua mano, ed alcuni de'
fuoi Giovani , tutti fatti con fuo difegno . Le otto lilorie
dipinte in tela ad olio , che contengono azzioiii del S. Pre-
curfore di Criilo Gio. Battifta collocate nelle otto faccie dei
cupolino , il quale è di dentro ottagono , fono tutte di fua
mano dal principio della nafcita fino al fine della morte dei
più gloriofo Santo il Battiila.
Paffati alcuni anni morì il Pontefice Urbano, e tutte
le cofe di Roma mutarono faccia, perche nacquero quelle
turbolenze di guerra nelle vifcere proprie dell' Italia tra
la lega delli Principi confinanti, ed il Pontefice con tanti
pregiudizi, e ruine, ficchè cefsò in ciafcheduno il diletto
di applicare alle amenità delle Profeiììoni, non difcorren-
dofi, che dì armi, e di leve di foldatefca , venendo anche
follecitate per lo Stato Ecolefiaftico le milizie ; il che fu
uno fconvolgimento , ed un diflurbo così tra la nobiltà, co-
me tra la plebe . Ad Urbano fucceife Innocenzo X., nel
cui principio altre cagioni di turbolenze fi fvegliarono , e fi
vide tutta Roma contriflata , per lo difi^arere tra il Card.
d'Efte, e l'Almirante di Caftiglia Ambafciatore di obbe-
dienza del Re Cattolico al Pontefice, e quelle novità ira-
Ss pedi-
A
Bii
C H I.
pedìrono ogni altra applicazione . RaiTettate tutte le difcor-
die fucceiTe la fuga della famiglia Barberina , che pure fu
cagione di nuovi difgufti, ed intanto non ricompariva la
quiete neceiTaria alla pittura.
In queilo Pontificato di Panfilio non vi fu laltro cho
un foto Nipote, e quello raggirato in diverfi itati , ora di
Cardinale , ed ora di Principe ammogliato , parte in dif-
grazia , e parte favorito dal Zio Papa, e in quefto modo fl
tirò avanti alcuni anni tra gli ozj delle fcarfe occafioni .
Ritornato a Roma il Principe D. Camillo dopo la contu-
macia deirefilio , volendo anche egli far da padrone regnan-
te ; benché con poca fortuna , andava di quando in quando
mettendo in opera qualche Pittore per fuo fervigio i così
tra gli altri fi valfe di Andrea in un quadro per lo fuo giar-
dino detto Bel Refpiro fuori di Porta S. Pancrazio . Egli
con ordine del Principe dipinfe in una tela di palmi otto e
dieci una Venere nuda colcata fopra di un letto j ma però
modeilamente coperta , ed un Cupido volante con una frez-
za nella deilra in atto di fcoccarla verfo il feno della Ma-
dre in mezzo ad alcuni fiori , ma dipinti da un altro Pitto-
re . Con poca fodisfaz.zione rimafe Andrea da Don Camil-
lo , aiTuefatto alla generofìtà del Cardinal Antonio , che
fpeiTe volte oltre le fu e provifioni correnti , gli faceva re-
gali di cento , e ducento doppie per volta , e così lafciò
di andarvi intorno , attendendo alli fatti fuoi.
Ritornati nell' amicizia del Papa li Barberini, lafciò il
Cardinal Antonio rivederfi in Roma ricevuto con grandini-
mi applaufi , e perche venne obbligato alla Corona di Fran-
cia come difefo da quel Re Criftianiilìmo , avendo avuta la
Croce dello Spirito Santo , Γ offizìo di grand' Elemofiniero
del Regno , e il titolo di Protettore di quella Corona, per
inoilrarfi parziale , e benevolo, pensò di fare ornare la Vol-
di s. Luigi de' Francefi in Roma di pitture , e ilucchi
dorati, e ne diede la cura ad Andrea, ed una certa fora-
32i
ma ài denari per arra . Fattoli il palco , e tenendo coili
quello imbarazzo occupata una gran parte della Chlefa , non
fu mai poiTibile, che egli voleiTe cominciare a dipingerla,
tanto era vago della pigrizia, ed amico del ripofo : occa-
iìone , che ogni altro avrebbe pagata a cofto di fangue .
Con tutto che il Cardinale gli faceiie conofcere difpiacere
di quefìa fua tardanza , e trafcuraggine , feordatofi di tan-
ti obblighi, che gli aveva, non pensò mai a dargli fodir-
fazzione . Celebrato l'Anno Santo nel ι6·ίο, da Innocen-
zo X., e trafcorii cinque anni dopo morì N. Sig. nel
nel mefe di Gennaro , e nell'anno medefimo gli fu iliiccef-
fore AleiTandro VII, nel principio del qual Pontificato ven-
ne in Italia, ed in Roma la Regina di Svezia chiamata Cri-
ftina AleiTandra , che fu ricevuta dal Papa con quella gran-
dezza , fplendore , e maeftà , che conveniva ad una cosi
grande Eroina . AleiTandro , che Tempre ebbe penfieri ma-
gnanimi , e generofì , moiTo dalla fama di Andrea fi mo-
ilrò defiderofo di conofcerlo , e fe ne dichiarò col Cardi-
nale Antonio dal quale vi fu introdotto a baciarli il piede .
Fu ricevuto con grandiflìmi fegni di amorevolezza , e di
ilima, lafciandofì intendere, che avreb]>e avuta gran fodii^
fazzione di avere qualche cofa di fua mano . Andrea licen-
ziatofi dal Papa , fe ne andò a cafa , e in vece di far un
quadro di nuova invenzione , ed unico raccozzò due vecchie
tele da lui dipinte , e ne fece una fola , la quale non era
degna di un tanto Sovrano . Vi avea introdotto parte di
queir opera della Divina Sapienza , dipinta da lui nel Palaz-
zo de' Barberini , e parte di quella di S. Romualdo de' Ca-
maldolefi, veramente ambedue ufcite dal fuo pennello , ma
non fi rendevano iingolari per eiTere già altrove pubblicate.
AleiTandro gradi il dono ; ma quando moftrollo ad altri ,
gli fu detto eiTere copiacce, e non di fua mano ma de'fuoi
giovani. 11 Papa fe ne fdegnò giuftamente , e gli perdette
ogni aiFezzione . Chi diede quefto giudizio , poteva diro
Ssa fen-
-ocr page 341-ANDREA
fenza licore, che erano originali di quelle opere già fatte^^
ienza dare ad eiTe il titolo di copie, rnentr' egli le aveva
dipinte ; ma fu un tratto di certa vendetta , e Andrea fi
meritò quefto cattivo rincontro per la fua pigrizia nell'ope-
rare . Rimafto mortificato da un nuovo Pontefice fe ne af-
fi iiTe, tanto più j che per certe ragioni non poteva rifen-
tirfi del male officio fattogli. Egli fu Tempre uomo accor-
to , e fagace , tanto nelle rifpofte, e nel difcorfo-avveduto j
ma bene fpeiTo gli uomini più prudenti fi perdono in cafo
proprio .
Si era già allevato colla fua difciplina Carlo Maratta,
il quale è flato Tempre un ingegno di gran valore, ed egli
ne faceva^ flima, perche vedeva i fooi progreffi , ed eiTen-
do feco un giorno nella Chiefa di S. Luigi de'Francefl, do-
ve per politica andava qualche volta a cagione di queir o-
pera , che doveva fare, entrarono ambedue nella Cappella
dipinta dal Domenichino , e così gli diiTe il Sacchi ; e bene
Carlo , che ti pare di quefta bella pittura ? fe fteiie nelle
ftanze di Raffaele non farebbe ona bella converfazione ? e
fe pure foiTe in quefta qualche cofa , che difpiaceiTe , non
potrebbe difpìacere in lei altro , che il troppo fludio , fe
queflo può difpiacere. In altra occafione gli diiTe ; Carlo so
che, avrai occafione fempre di dolerti di me ; al che que-
gli rifpofe, E come fe io vi fono tanto obbligato , non a-
vendo avuto mai occafione di altro, che di gloriarmi di
voi per tante grazie , ed amorevolezze fattemi? Nò, repli-
cò Andrea ; la cagione farà perche io ti ho infegnato a co-
nofcere il bello i ed il buono della pittura , e chi ar-
riva a quefta cognizione è troppo inquietò, ne più fi con-
tenta delle opere ufcite dalle fue mani . Soggiunfe Carlo ;
il male è , che io conofco la mia poca abilità nella profef-
^one j fono già tanti anni, che vado difegnando le opere
di Rafaelle, e la voilra carità mi ha fomminiftrato del con-
tinuo tanti documenti, anzi i più Ideili deli' arte , ed io Η
sò
524
sò beniffimo , gì'intendo , e li confervo nella memoria j
ma quando fono ηεΙΓ operare pare, che non abbia mai vi-
ilo, ne fentito cofa riguardevole , e fempre mi aiFatico in-
darno, ficchè per quefto fon rifoluto non attendere più a
tal profeffioné. Egli allora gli diiTe ; ftudia , ed aiFaticati,
che fe non farai tanto bene quanto voi, non farai tanto ma-
le quanto dubiti ; tutti non poiTono arrivare ad un medefi-
mo fegno , ma tutti poiTono farfi onore .
Fu fempre affai parziale di Raffaele , e perche egli era
d'ingegno acuto, e di giudizio fagace, conofceva interna-
mente le rare, e iingolari qualità di quel grand' uomo , e
fe per forte gli veniva moftrato da alcuno de Tuoi giovani
qualche difegno fatto dall'opere di Raffaele, dopo di aver-
lo aiTai bene confìderato , come foiTe difegno di qualche^
gran Maeilro , e non di un giovine, con gran commozio-
ne di animo diceva al Giovine, che Io aveva fatto j Che
ne dici ? ( levando mai Γ occhio da quel foglio ) Vo^
gliono darmi ad intendere , che RaiFaelIe fo/Te un uomo :
non è vero , era un Angiolo ; e pronunciava queile paro-
le con tanto impeto , ed energia , che rendeva il giovine
maravigliato , ed intimorito, ed egli ne reilava per qualche
fpazio di tempo fopraffatto da malinconia infiammato nel vol-
to , e quafi ilordito . Quando qualche fuo amico gli rimpro-
verava la fua pigrizia , e gli chiedeva la cagione perche
e^li foÌTe così lento neir operare, gli rifpondeva ; perche
Raffaele, ed Annibale Caracci mi fpaventano, e mi fanno
perdere di animo, e foggiungeva , che era una grande infe-
licità de' fuoi tempi il non avere amici con cui poter con-
ferire le difficoltà, che li contengono nella profeffione del-
la pittura, e quefto nafceva da due fventure, ο che non
vi erano uomini, che le fapeiTero, ο vero che alcuni fapen-
dole non le volevano dire.
Si moftrava ancora affai vago dell' opere del Domeni-
chìno , e faceva di quel Maeftro una iliraa ftraordinaria,
Sen-
-ocr page 343-ANDRE
Sentendo alcuni, che tenevano opinione , che quefti ancora
itentaiTe neli'operare, che foiTe fcarfo di penfieri, e d'inven-
zioni , loro rifpondeva, che s'ingannavano, e che non ave-
vano di quel grand'uomo perfetta cognizione, ed un gior-
no in queilo propofito diiTe al Maratta . Se uno andaife in
un Fondaco > e chiedeiTe pannine, ο altra cofa per veftire
al Mercante , e dopo averne vedute alcune pezze, e quel-
le non foiTero di fua fodisfazzione , e faceiTe iilanza di al-
tra forte, e il Mercante diceiTe non averle, è certo , che
quello andrebbe in un altro Fondaco per fodisfarfi , ed an-
dando dal fecondo faceiTe le medefime richieite , e dopo
molto contrailo trovaiTe .l'adempimento del fuo deiìderio ,
è certo, che ftimarebbe più ricco il fecondo del primo ,
mentre aveva modo di fodisfare ognuno . Così era il Do-
menichino, il quale forfè non giudicato nelF apparenza era
un Fondaco così copiofo di tutte le merci più rare dell' ar-
te, che era valevole a rendere ciafcheduno fodisfatto . Con
qnefta buona apprenfione del Zampieri, fe gli veniva fatta
iilanza qual foiTe il più bel quadro di Roma rifpondeva con
prontezza il primo è quello di Raffaele in S.Pietro in Mon-
torio , il fecondo è quello del Domenichino in S. Girolamo
della Carità, ed il terzo quello del Civoli in San Pietro in
Vaticano.
Andrea difegnò Tempre con grande accuratezza, e cu-
riofità, nel modo , e nello itile di gufto aiTai raffinato , e
profondo ; ben è vero che non fu molto copiofo, ed abon-
dante ne' componimenti ; e nell' lilorie non apparve molto
ricco , e capricciofo ; ma fu fempre oiTervatore del natu-
rale . Si lafciò trafportare dall' amore delle donne, le qua-
li lo diitoglievano dall' applicazione ; con tutto quefto non
ebbe mai genio di moglie , ma li trattenne imbarazzato con
alcune carogne con fuo pregiudizio , e difcapito . Finalmen-
te nel mefe di Ottobre dell'anno i66o> fu fopraprefo da
una ilrana infermità | la quale ebbe principio dalla podar
gra ,
SiS
Η I. 3 27
gra ? fii ^^^ folito patire, e volendola medicare cadde
in morbo etico, nel qiial male penò nove raefi ftando fem-
pre nel letto con grandiiììmo ftrazio , e fi refe in tale mi-
feria , che in vederlo rendeva compaiTione > avendo fatto
nella fchiena una piaga acerbiiTima per la lunga dimora nel
letto. QLieilo fiero" fpettacolo finì colla morte arrivatagli a
dì 21. Giugno lóói, a ore 15, Lafciò qualche valfente in
cafe , tra le quali quella dove abitava , e nolla quale mo-
rì, fituata nella ilrada Rofella, aggiuftata di. fuo gufto, ed
Architettura , ed altre cafe non molto dittanti da quella ;
com* anche in buona quantità di luoghi di monte , Furono
eredi alcuni fuoi figliuoli nati così di balzo come il Padre
li quali poco tennero conto di quelle facoltà . Fu uomo di
buona prefenza, e di ftatura più totto grande, che altro,
di tratto non difcaro, e cordiale , molto circofpetto , e pu-
lito nel procedere, e co' fuoi uguali aiTai ritirato , e guar-
dingo . Dopo che ebbe dipinto a frefco in S.Giufeppe a Ca-
po le Cafe alle Monache Carmelitane fcalze quella poca co-
fa neirAitar maggiore , dove fi vede S.Giufeppe che dor-
me , ed un Angelo , che lo avvifa, che fe ne fugga in Egit-
to infieme colla Vergine , e il piccolo Gesù , non lafciò mai
più vedere opere di fua mano al pubblico . Alcuni fuoi qua-
dri 13 veggono ad olio in cafa di diverfi Principi . Quella
Venere, che già diffi nella Villa PanfiI; , ora è ilata rico-.
pena con più rigore per Io fcrupolo del Principe D.Gio.Bat-
tifta . Il Conteftabile Colonna , ne ha uno di Noè ubriaco
beffato dal figlio ; un Caino , ed Abele ha il Principe di Pa-
leilrina , ed alcuni ne aveva il Card. Antonio ; ma pochi ,
perche egli non dipinfe molto . Mort^ che fu Andrea , il
Cardinale fece disfare il Ponte delIa^^Chiefa di San Luigi ,
giacché non vi aveva in tanti anni ne meno voluto dar prin-
cìpio , tettandone con mala fodisfazzione .
GIO;
-ocr page 345-PITTORE,
Morì l'Anno lóói.
lovanni Francefo Romanelli , ebbe vera-
mente dalla natura tutti quei doni , che
pofsono nobilitare un ingegno . Nacque egli
in Viterbo Città che fi può chiamare la ca-
pitale della Provincia del Patrimonio , ed
ebbe l'origine da parenti non molto como-
di . Da giovinetto s'invaghì della pittura ,
ο fofse che in Roma aveva un fuo parente, detto l'incar-
iiatini, che attendeva a quefta profeiTione, ο che il genio
ve lo follecitafse . Partitofi dalla patria col recapito del Γο-
pradetto fuo parente , venne a Roma , e in cafa di quel-
lo fotto i fuoi infegnamenti dimorò per qualche tempo ,
Vedendo Γ Incarnatini Γ indole bella del giovine, e la fua
aflìdua applicazione > acciocché fi approfitafse con vantag-
gio maggiore , procurò d'introdurlo dal Domenichino quan-
po quefli partì da Roma per Napoli per Γ opera della Cap-
pella del Teforo . Incominciava in quello iftante a fiorire
la fama del Signor Pietro Berrettini da Cortona , e dalle
opere, che il pubblico cominciava a godere del fuo valo-
re, acquiftava il fuo nome qualche riputazione . Con con-
iglio del medefimo Domenichino andò fotto la direzzione del
Cortona, e fu tra quei primi, che di quella fcuola ufcif-
fero alla notizia di qualche valore .
In età afsai giovanile dava faggio del fuo fpirito , e
del
-ocr page 346-Giq. FRANCESCO ROMANELLI. 329
del Λ10 bel talento, ficchè rendendo una maraviglia univer-
fale , fi guadagnò un nome gloriofo di RafFaelUno , qQ^fl
che deiTe fegno nella tenerezza degli anni fuoi di divenire
un giorno competitore generofo di quel grand' uomo. Di-
legnava con grand'accuratezza , e vivacità , e rendeva i
fuoi difegni a gran fegno. curiofi per lo bello ftile, con che
lì maneggiava , ed alcune volte lafciò vedere dipinte di pro-
pria invenzione alcune iiìoriette aiTai galanti, e ben com-
pofte fotto gli andamenti , e con reh'giofa imitazione delia
maniera del Cortona. Si rendeva molto caro al Signor Pie-
tro , che faceva da per tutto di lui encomi non ordinar; ,
procurando di facilitare con queilo buon credito gli avan-
zamenti delle fue fortune , Portò il cafo , che il Signor
Card. Francefco Barberini nipote di Urbano Vili, allora re-
gnante , eiTendo Vicecancelliere volle com' è folito per Car-
nevale , fare Γ apparato delle 40. ore del Giovedì graiTo
nella fua Chiefa della Cancelleria di S. Lorenzo in Dama-
fo, e fu l'anno Jójz, ο e ne diede la cura al Signor
Pietro . Quel grand' uomo, il quale fu fempre d'ingegno
ferace , ε ricco di belle fantafie inventò una ftruttura di
flrana magnificenza., e refe tutta la Chiefa adorna di vari
compartimenti, che avevano relazione col principale della
macchina, ove iì erpofe il Santifllmo Sagramento . In que-
lla operazione, tra molti altri , fi fervi di ajuto anche dei
giovani della fua fcuola , e tra queiti del Romanelli , Il
Cardinale bene fpeiTo lafciava vederfi mentre iì operava per
eiTere colla fua prefenza dì ftiraolo alla follecitudine, e fi
rendeva affai fodisfatto deii'afliduìtà del Romanelli, il quì-
le era giovine di maniere molto grate, ed attrattive . GV
incomodi, le fatiche, ed anche Γ imperfezzione dell' aria
poco grata della Chiefa di S. Lorenzo , cagionarono nel fi-
ne dell' opera una mala difpofizione in Francefco , ficchè
gli fu neceffario foggiacere ad una infermità affai lunga, e
pericolofa . 11 Signor Card, Francefco , che fu fempre di vi-
Τ t fcc-
-ocr page 347-icere pietofe , ed amorevoli, fentiva con amarezza il cian-
no , che aveva ricevuto quafi per faa cagione la fanità del
giovine RoÌTianelli , e procurava cogli ajuti di un'efattiiTi-
ina cura, che ritornaiTe allo flato primiero della buona fa-
Iute . Piacque a Dio nel progreiTo del tempo di rifanare il
Romanelli, il quale da molti tenevafi per perduto. Per ren-
derlo confoiato 1' Eminentiffimo Barberini gli confegnò ilan-
ze nel Palazzo della Cancelleria, dieci feudi il mefe di trat-
tenimento , e la parte con il commodo della cucina di Ca-
fa , che fu a lui di gran follievo . Ancorché tutte queile^
cofe gli foiTero di ajuto coniìderabile , erano però di poca
confiderazione rifpetto ai favori, ed alle grazie , che di
continuo gli faceva il Cardinale con dargli , e procurargli
occalioni continue di lavorare.
Seppe il Romanelli apj^rofittarii dei favori di un Car-
dinal Padrone regnante con gran difinvoltura , e fenza ren-
derfi odiofo coir alterìgia feppe fempre contenerli dentro
ì limiti della modeftia , e delT amorevolezza verfo ciafche-
-duno. Non diede mai contraiTegno di fuperbia, ne di va-
Icrfi del favore di un Padrone per renderfi arrogante , e fu-
periore J ma con ogni vimiltà , e cortella trattò tutti con^
affabilità, e gentilezza. Quelle parti buone, e riguardevo-
li lo rendevano più caro ai Signor Card» Francefco , il qua-
le amò fempre la modeilia, la bontà, e la quiete nella fua
famiglia , nella quale non fu mai veduto difcolo , ne im-
pertinente di alcuna forte, e fi avvalorava maggiormente
in favorirlo , Per portarlo sù le prime all' auge della ri-
putazione , fece cadérgli nelle mani Γ occaiìone di un fo-
prapporta nella Bafilica di S, Pietro in Vaticano j opere che
hanno dato da fudare per confeguirle a Maeilri accredita-
ti , e di lunga efperi^nza, e pure toccò a dipingerla al Ro-
manelli giovine di non -molto nome, e di meno pratica ,
Quanto può la violenza di un favore ! Queilo foprapporta era
già dipinto dal Cavaliere Guidotri , ma con altro foggetto
3S0
degli atti dell' Apoilolo S. Pietro , e per oneftare il getto
di quella Pittura fi variò Γ iftoria , e il Romanelli dipìnfe
a frefco con qualche vaghezza , e facilità, quando r om-
bra del corpo di S. Pietro guariva chi toccava j tanto in.
fermi, come ilroppì, ciechi, ed indemoniati. Acquiilò qual-
che riputazione appreiTo di tutti con queila opera in un_j
luogo cosr riguardevole , tanto più accompagnata dagli ap·
plaufi univerfali della Corte , che aderiva ai fentimenti di
chi la comandava , e fi vedeva queilo Giovine molto ono-
rato, e favorito dal pubblico »
La violenza così frettolofa di quefte acclamazioni , e
di tante grazie ingelofirono non poco l'animo del Cortona >
che vide di fubito un fuo difcepolo fatto non folo Emolo;
ma quafi fuo fuperiore , e i;on qualche amarezza fofFriva la
ilravaganza di quefto accidente . Sopportò per qualche tem-
po con fimulata prudenza queilo affronto , così da lui chia-
mato, alla fua riputazione; e valendofì della congiuntura,
fi licenziò da Roma per portarfi a Fiorenza ed ivi fare_>
nn lavoro di alcune ftaaze nel Palazzo de'Pitti per il Gran
Duca , e così colla lontananza acchetò le fue paffioni . In
tanto il Romanelli profeguiva con maggiori vantaggi nella
propria fortuna , e negli avanzamenti delle facoltà , e/Ten-
do che veniva riconofciuto delle opere fue con prezzi ri-
guardevoli ftante Γ aura colla quale era favorito da
Cardinal Padrone .
Ebbe da fare nella Sagreftia della Cbiefa delP Anima
fopra la volta a frefco in un fito bislungo Γ AiTunta Maria
Vergine SantÌffima, dopo aver dipinta una ftanza non mol^
io grande nel Palazzo del Vaticano quafi vicina a quelle così
famofe dipinte da UafFaele. il Pontefice Urbano Vili di glo-
riofa memoria fece riftaurare alcuni piccoli camerini in quegli
appartamenti delle loggie di mezzo , che fervivano di paf-
fo a S. Santità per le funzioni pubbliche di Palazzo, e fe-
celi ornare di pitture diverfe . Tra gli altri queilo j che
dicemmo fu dato al Romanelli, e vi dipinfe da per tut-
te le pareti Iftorie diverfe compartite a proporzione de'fi-
ti, che s'intromettono tra le fineftre, nelle quali rappre-
fentò alcuni avvenimenti della ConteiTa Matilde, che fu co-
sì benefica alla Chiefa . Ogniun sà che Papa Urbano dimo-
fìro in tutto ii fuo Pontificato verfo quella gran Principerà
fegni di continua gratitudine . Fece quefta opera tutta a buon
frefco con quel' fuo folito brio, e vaghezza di maneggiare
il colore , e ne rimafe il Pontefice fodisfattiffimo .
Andava del continuo il Romanelli operando nella fuaj
ilanza ad olio per diverfe occafioni procurategli dal Cardi-
jiale^ e dipingeva con grande aifiduità e diletto, fenza in-
termiflìone j ma fempre alla prima , e con pochifiìmi ritoc-
chi nel fine dell' opere. Dipingeva quafi il tutto di manie-
ra fenza vedere alcuna cofa, in particolare li panni, fe non
folTe flato per avventura qualche abito Epifcopale , Cardia
nalizio , ο di altra Religione, e queili ancora gli addatta-
va a fuo modo . Spediva con grandiilìma brevità dì tempo
le opere fue , e quefta fua facilità eragli di gran giovamen-
to ì e benché egli non fofiTe molto rigorofo nel prezzo , ma
moderato , c ragionevole , tuttavia per la quantità delle oc-
cafioni, nelle quali fi impiegava del continuo , andava affai
comodamente aggiuilando i fatti fuoi , Si fabbricò intanto
il nuovo Oratorio della Chiefa nuova , e ne fu Architetto
il Borromini. 11 Romanelli vi dipinfe un ovato, nel mez-
zo del quale rapprefentò l'incarnazione della fempre Ver-
gine Maria con un accompagnamento di una gloria di An-
gioli a buon frefco nella fua folita maniera .
Si llabilì intanto per AiTicurar maggiormente il fuo po-
fto di accafarfi , e dopo che il Signor Card. Barberini gli
fece confeguire Γ onore della cittadinanza della patria, per
poter efl^ere ammelTo nel numero del Magiilrato, ebbe oc-
cafione di apparentarfi con una giovine di grado affai civi-
le , ed onorato della famiglia Tignofini, colla quale ebbe
buon
SZ
ROMANELLI.
buon numero di figliuoli . Per verità fu conofciuto in luì
una gran violenza di amica fortuna, poiché non avendo mai
provato i difagi dell' avverfìtà , che fono que' fcogli più
penofi , che s'incontrano nel mare della vita miferabile ,
fempre Ìi vide foftenuto, e follevato dal favore, che mai
non fi ftancò del Cardinal Barberini, il quale con ogni for-
za andava in traccia di occafioni per portarlo avanti , e fa-
ceva per fua gloria, e beneficio tutto il poiTibile , Fu elet-
to Principe deJT Accademia Romana de' Pittori, Scultori,
ed Architetti , ed in ogni occafione fece Tempre conofcerfi
prudente , favio , accorto , e bene accoilumato , trat-
tando ognuno con maniere piacevoli, e civili . Operò gran
tempo in alcuni cartoni per gli arazzi, che il Cardinale fa-
ceva per la fua Guardaroba , e per fervizio della Chiefa di
S. Pietro, e queilo era a fine di dare a lui occafioni conti-
nue di trattenimento , e di utile ,
Aveva nel Tempietto fituato preiTo a ilrada Giulia di
S. Eligio degli Orefici dipinto a frefco una delle due Cap-
pelle laterali, e rapprefentò in quella a deftra nell' entra-
re , quando Criilo noilro Salvatore nella capanna dì Bette-
lemme fu vifitato , ed adorato dai tre Magi , e negli an-
goli di detto quadro , ed in quelli all' incontro vi dipinfe
alcune Sibille pure a buon frefco . Fece alcuni cartoni da
riportarfi dentro la Bafilica Vaticana in lavoro di muCaico ,
come fi poiTono riconofcere dalla fua maniera, e non mol-
to tempo dopo dipinfe nella medefima Bafilica un altro qua-
dro di quei grandi ad olio, ed è quello che viene all' in-
contro del S. Sebaftiano del Domenichino . Vi figurò quan-
do la Vergine Santifiima efì^endo fanciulla fi prefentò ai Tem-
pio con accompagnamento di Architettura , e di veduta di
paefe nel fuo ilile ufato . Dipinfe un quadro da Altare nel-
la Chiefa dì S.Carlo ai Catenari con alcuni Santi Martìri,
e Sante Verginelle , ed una piccola tavola delle due Cap-
pellette in S, Carlo alle quattro Fontane, e due altre tavo-
le
3S3
Gì Ο. FRANCESCO
SS4·
le da Aitare nella Chiefa detta J^ep'm Coslì alla Longaraj
delle Monache Carmelitane fcalze . Dipinfe una fala a frefco
nel Palazzo dell'Eccellentiiììmo Signor DucaXante alla Sa-
pienza con alcune Iftorie degli antichi Romani , e dopo nel
Palazzo del Signor Duca Altemps pure a frefco alcuni fregi
di appartamenti ; nel Palazzo dei Signori Coftaguti in un
quadro della volta di tina di quelle ftaiize fece a frefco pu-
re una Galatea nel mare » Dipinfe in quella Cappella della
Chiefa di S.Pietro in Molitorio , che fece fare il Marchefe Rai-
mondi colla direzzione del CavaÌier Bernini , e nella volta
vi rapprefentò S.Francefco , che fe ne và gloriofo al Paradifo ,
Mori il Pontefice Urbano , e fu SucceiTore il Card, Pan-
filj , e con tutto, che egli foiTe di cafa, amico del nipote ,
e paefano della cognata, gli furono di poco giovamento tan-
te buone congiunture j perchè era favorito da' Barberini ,
e le cofe di quei Signori andarono, come ad ognuno è ben
noto, di male in peggio. Intanto per la lontananza de'Bar-
berini le cofe del Romanelli non paiTavano in. Roma con gran
profperità > perche il fuo non fu mai un grido univerfale nel
valore della ProfefTione , ma il Cardinale , che invigilava fem-
pre alla fua Protezzione , benché fi trovalTe nel colmo di
tanti difturbi, non fi raffreddò per quefto nel favorirlo. Vi-
veva in quel tempo nella Corte di Parigi il Cardinal Giulio
Mazzarino in quel pofto, che sii il Mondo tutto, ed eiTen-
do de' Signori Barberini amiciiÌìmo > riconoscendo da quel-
la Cafa laccrefcimenro maggiore delie fue fortune , il Card.
Francefco colla fua folita deftrezza fi lafciò intendere al Maz-
zarino , che avrebbe ricevuta gran fodisfazzione , fe S. E.
fi foiTe impiegata in qualche occaiìone a favore del Roma-
nelli ; rifpofe prontamente il Card, Mazzarino, che quando
quegli fi foiÌe trasferito in Parigi, egli avrebbe operato con
quella Maeilà in guifa, che farebbe rimailo confolato . Avu-
to il Barberini rifpofta cosi córtefe , fcriiTe a Roma a fuoi
corrifpondenti, che avrebbe veduto volontieri il Romanel-
li In
lì in Parigi. Datogli parte di queilo buon fentimento del
Cardinale conducendo la moglie in Viterbo , fenza perder
tempo, S'inviò alla volta di trancia, e benché fi trovaffe
travagliato dalla podagra β trasferi a quella corte con tut-
ta diligenza. Giunto che fu colà, fu gradito fommaraente
e dal Card. Francefco, e dal Mazzarino, ed avendolo in-
trodotto alla prefenza del Re , S. M. moftrò di riceverlo
con d imo frazioni di eftrema clemenza. Fu impiegato fubi-
io ad operare nel Palazzo dei Mazzarino, e del Ke , e vi
dimorò in due volte , che fu chiamato, fei anni, riportan-
done alcune migliara di feudi , oltre molti regali di con-
iiderazione dalla Regina Madre . Nel progreiTo del tempo
le turbolenze de'Signori Barberini fi aggiuitarono ,, corno
ognuno sa , e tornafooo in Roma . Rimafe intanto il Roma-
nelli m Parigi a profeguire le fae incominciate operazioni,
ed avendole terminate, ritornò a Roma dove fa veduto da'
Barberini colla folita amorevolezza ·
Trovandoli fianco da tante fatiche, mai ridotto dalla
podagra , ed accomodato de'beni di fortuna pensò di riti-
rarfi alla patria. pef goderfi ia c[mcte^.coIla moglie , che
amava cordialmente , lEireiid^ di qualità degne da eiTere ama-
ta , e per incamminare i fuoi figliuoli colla propria affi (len-
za . Si condu^ dunque in Viterbo , ed ivi fece alcuni qua-
dri ad olio in dono per alcune CMefe di quella Città , ed
avendo comprato un podere vicino alia Madonna della Quer-
cia un miglio'diilaiite da Viterbo, ed un miglio vicino a
Eagnaja, fi diede la tutta diligfenza alla fabbrica di un ca-
fino , che gli ferviife di comode, e di ricreazione quando
folte gito colà a villeggiare . Lé cof^ di queilo mondo in-
felice , non fono Tempre favorevoli, e nefifuno fperi di go-
dere in lui profperità intiera . Quando pensò di ripofarfi, e
goderfi quelle facoltà, che aveva guadagnate con tanti fu-
dori, ed incomodi 3 fopraggiunto da una indifpoiìzione ca-
gionata dall' aria forfi non buona , fu arrecato da una feb-
bre
GIO. FRANCESCO ROMANELLI.
bre violenfa, Li quale divenuta dì fatto maligna, Io obbli-
gò a cedere al debito, che tengono tutti i viventi colla na-
tura, e di lafciare a quello mondo le fue comodità ? le fiie
fortune, e la famiglia, e nel mefe di Luglio dell'anno iddi,
pafsò a vita migliore. Non può negarli che le umane con-
dizioni fono deplorabili , poiché quefti che fui principio del-
la fua età godè fortune così avventurofe fenza incomodi di
alcuna forte, fu dopo così male aiTortito , che non gli -fu
conce/To, per dir cosi momenti da goderli con ripofo quel^
le Comodità , che gli coftaroiio tanta fatica . Lafciò di val-
fente circa trenta mila feudi . Morì d' anni cinquantuno in
cinqusntadue , che poteva diril come fcriiTe Dante di fe me«
defimo, nel mezzo del cammin dì nofira vita . Aveva fatta
ancora la tavola dell* Aitar maggiore del Duomo di Viter-
bo , nella quale è S.Lorenzo efpofto ignudo al martirio del-
la graticola, Santo titolare di quella.Chiefa ,
GIÙ-
-ocr page 354-Iiifeppe Peroni, nacque in ROtna figliuolo
dì un padre comodo, e Calderaro di pro-
feiTione. Era quefti nel fuo meftiero aÌTai
celebre , perchè fapeva colla forza , ed ar-
tifìcio del martello cavare dal rame alcu-
ni vafi così ben tirati, e in buona propor-
zione j che era cofa di maraviglia . Ebbe
quel!' uomo tre figliuoli ; il maggiore Io applicò all' Argen-
tiere , e riufcì valorofo in tirare le piaft-re di argento per
le tefte de' Santi folite efporfi fopra gli Altari con reliquie
dentro, ed era tanto gentile lavoratore di getto, e di ci-
fello , che ha potuto aver titolo del primo del fuo tempo
in queilo meiìiere . Al iecoiido , il quale era imperfetto di
ilruttura ^ e di gambe , il Padre volle mettere la toga , e
tirarlo avanti nella Curia, vedendolo inabile per qualunqu*
altro efercizio. Il terzo fu Giufeppe , e lo applicò al dife-
gno, il quale ha facoltà di valere in tutte le cofe j e per-
che ne prendeiTe li princip; lo mandò da Baccio Ciarpi Pit-
tore , che , come difsi , aveva grande abilità nell' infegna-
re . EiTendo Giufeppe giovanetto, e fempre vivace, in un
fubito apprendeva > ed in poco tempo fece una gran riu^
fcita , e pofefi a colorire qualche tella non malamente ,
Pareva , che il genio , ο pure il vedere continua mento
operare in cafa coli' occaiìone del fratello , che modellava
GIUSEPPE
per cagione di gettar le figurine di argento , lo ftimoIaiTe
più alla fcultura, che ad altro; facendo del continuo mo-
delletti di creta anch' egli ο di cera. Il fratello lo appog-
giò ad AÌeiTandro Algardi ì ed eiTendogli morto il. Padre ,
reftò Francefèo il capo della farhiglia Coli'Algardi fi an-
dava avanzando a qualche fegno , ma incominciò ad opera-
re nel marmo con occafione di reilaurare alcune ftatue an-
tiche ordinarie, ma era alI'AIgardi di fervizio , fparagnan-
dogli la fatica, ficchè Io vedeva affai volontieri .
Quello giovine era molto vago di donne , e con tan-
ta veemenza di fpirito , che fempre fi trovava caldo di qual-
cheduna ; cofa che Io toglieva ad ogni altra applicazione ,
V Algardi conofcendo queila Tua violenta inclinazione pro-
curava di diftorglielo dalle male pratiche col tenerlo occu-
pato anche le fefte in fare qualche modello , fìngendo
averne neceifità per fuo proprio intereiTe. Ma perche anch*
egli non era efente da queilo difetto , Giufeppe fi rideva^»
delle diligenze del Maeilro, e quando vedeva che quello ,
fi partiva per andare in fimili paiTatempi, anche egli lafcia-
va di operare , e andava a trovar le fue dilette . Si ve-
de , che in, materia di educazione vale più un buon efem-
pio , che tutte le prediche del mondo. Giufeppe, il quale
ebbe fempre il cervello torbido , e violento, fpeiTo fi tro-
vava nelle riiTe con alcuno de'fuoi rivali , e perche era fu-
bitaneo , ed inconfiderato prendeva le mofche per aria . Una
volta per cagione di una vicina dell' Algardi , dove prati-
cava , ferì uno malamente con un ferro da lavorare il mar-
mo , avendolo egli ilefib arrotato, e fattogli la punta a gui-
fa di ftiletto , e fu miracolo , che quegli non ne morif-
fe. Facendo all'amore con una Zitella nella iongara vicino
all' Algardi, ne veniva oiTervato, e fpeiTo motteggiato da
«n certo Prete, che abitava ali' incontro di quellae con
perfecuzioni continue lo teneva diilurbato . In fitie venen-
dogli riferito , che queiìo Prete aveva detto una certaj
parti.
iSS
PERONI,
particolarità di lui, e di quella Zitella, abbandonando del
tutto la pazienza lo baftonò di bel mezzo giorno maìarnen-
te e in mezzo alla ftrada . Giufeppe caduto nella fcomunìca ,
e perfeguitato per cagione di molti appoggi , che aveva_i
quefto Prete , ebbe gran travagli per lungo tempo. Al fi«
ne per opera dell' Algardi, del fratello , e di altri fi ag-
giuftò , e fi rimeiTe avendo aviito ficurèzza di praticare .
Per queile , e tante altre ftravaganze fucceiTegli non lafciò
il Peroni le fu e pratiche continue , e le fu e inquietudini
nel modo dì vivere , tanto che Γ Algardi fuo Maeftro in-
failidìto dalle torbidezze recategli del continuo, e dal ve-
derlo trafcurato nell' attendere alla profeilìone , benché dì-
moftraiTe di averci abilità, gli perdette aiFatto ia benevo-
lenza , e ne faceva fcufe continue col fratello , al quale fi
profeiTava obbligato.
NelPontifìcato d'Innocenzo X Γ Algardi, come fi è det-
to nella fua vita avanzò, molto in fortuna, ed ebbe fre-
quenti lavori, ma di Giufeppe non potea fare che poco ca-
pitale, vedendolo del continuo applicato nei paiTatempi, Per
cagione delle rivoluzioni di Napoli capitò a Κ orna il nipo-
te di Giuliano Finelli Scultore , chiamato Domenico Guidi ,
come altrove ho narrato difFafamente . Trovandofi que-
lli in Roma fenza impiegò fi appoggiò all' Algardi , il qua-
le Io ricevè con molta fodisfazzione vedendolo aflìduo ai
fervizio. Giufeppe prefe gelosìa di quello nuovo condifce-
polo , e conofcendo, che il Maeflro aveva raiFreddato Taf-
feito verfo di lui, e fi era incalorito in quello del Guidi ,
quindi incapace di fofFerenza fi rifolvè ad uno ftrano par-
tito . In quel tempo fi parlava molto della Regina di Sve-
zia , la quale fi moilrava curiofa delle belle cofe deirita-
lia in ogni genere di profeilìone , e per tali motivi fi fa-
ceva particolarmente in Roma leva fegreta di varie Perfo-
ne, e fpecialmente di Mufici , Giufeppe , il quale ebbe fem-
pre Io fpirito vagabondo, fentendo che fi faceva comitiva
per portarfi in quelle parti , unitofi con Girolamo Zenti
Cimbalaro infìgne di quel tempo fenza dir niente a neiTuno
fi partì da Roma per la Svezia. Dopo un lungo , e difa-
fìrofo viaggio giunge alla fine in Stocholm capitale di quel
Kegno con tutta quella camerata , e vi fi trattenne per qual-
che tempo , facendovi il bufto in marmo di quella Regina.
Perche quelle parti fono inamene per un Italiano avvezzo
alle delizie di un altro clima, Giufeppe fi annojò di farvi
più dimora, e fi partì da Stocholm per ritornare in Italia *
Arrivato in Roma non fu. veduto più volentieri dall'Algar-
di mal fodisfatto de' fuoi itrani portamenti, e così egli fi
afteneva d'andare da lui ; ma perche aveva delle aderenze ,
il ingegnò di trovare in Roma qualche occafione di operare.
Per Γ appunto fi faceva nella Chiefa de' SS. Apoftoli Γ
Altare Odefcalchi di Sant' Antonio da Padova , archi-
tettura del Cavalier Carlo Rainaldi, e perchè vi andavano
alcune figure di marmo, egli ne procurò una, e Γ otten-
ne . Gli fu aiTegnata la ilatua di una Santa chiama-
ta Eugenia Vergine , e Martire, ed è quella collocata nel
bafamento delle colonne dalla parte dell'Evangelo, e l'al-
tra è del Guidi . Fece quella Verginella in una leggiadra.»
pofitura, di una gentile aria nel fembiante , ed ebbe la mi-
ra alla S. Sufanna del Fiammingo nella Chiefa dei Pomari
alla Colonna Trajana, Gli riufcì buona figura ben panneg-
giata , con proporzione aiiai graziofa , e bene intefa , e ne
.riportò qualche lode .
EiTendo di cervello inquieto , ed impaziente non ave-
va mai fermezza di luogo , e di volontà fempre vago di
cofe nuove, e llravaganti . Si partirono in quel tempo da
Roma due forelle per Venezia·, una delle quali efercitava
il canto, e fe ne andavano in quelle parti colla fperanza
di impiegare , quella che cantava nei Teatri delle^ comme^
die follte a farfi in quella Città . Giufeppe, che vi pratica-
va coir amicizia d'una di loro , non potendo lungamente
fofFri-
140
PERONI.
foiFrire il martello di qnelk partenza, fi rifoivè irnpetuofa.
niente di raggiungerle per viaggio, e gettarfi con efTe a qual-
che ftrano partito , Ne ebbe l'intento , perche le arrivò per
la ftrada di Loreto , e con preghiere grandiffime efortò
Γ amica a tornarfene feco in Roma, facendole efibizìoni ef-
iìcaciiiìme e ilendendofi fino all' offerta di farfela moglie ,
La giovine, che mal volontieri andava via, fentendo così
generofe promeiTe, fattone capitale fi rifolvè abbandonare la
forella , e tornarfene a cafa . Così Γ una profeguendo il
viaggio, e l'altra tornatafene con eiTo indietro ; le manten-
ne la promeiTa, e la fposò , Dopo, che l'ebbe prefa paren-
dogli di aver commeiìb un mancamento alla fua riputazio-
ne fi vergognava, che fi fapeiTe , e fi afteneva di lafciarfì
vedere dagli amici ; tanto che fi rifolvè di andare a Napo-
li per dare fvario al feguìto , ed intanto far dimenticare
la cofa , e ritornare come cofa già fatta dì lungo tempo,
Si trattenne in Napoli un anno, e qualche mefe, e vi fece
la ilatua di un Nettuno in piedi di proporzione del natu-
rale per una fontana di Madrid ; ma finita, che l'ebbe , in-
failidito anche di quella città , fe ne ritornò colla moglie
in Roma più che mai inquieto, e mal contento . Intanto
procurò delle occafioni da operare, e ne ottenne varie da!
Principe D. Camillo PanfiI; , una delle quali fu un Padre_>
eterno di mezzo rilievo da collocarfi nel timpano dell'Al-
tare della Cappella di S. Tomaio di Villanova nella Ghiefa
di S. Agoftino eretta da queir Eccellenza ; ed una di quel-
le Tavole di marmo per la Chiefa de' Panfilj in S. Agnefe
a Piazza Navona, ma avendone fatti lì modelli nella gran-
dezza dell'opera, che doveva farfi reilò il lavóro così im-
perfetto .
Con tutta la moglie prefa, l'ufate ricreazioni di don-
ne non erano abbandonate da lui, anzi venivano giornalmen-
te e più che mai frequentate. Finalmente nel mefe di Lu-
glio del gli veunè non sò che male di gola , ne fi
sà
541
GIUSEPPE PERONI.
sà da quale cagione , e fi andava a poco a poco avanzando
a cattivo flato. Egli non ne faceva molto cafo, ma diceva,
di fentirfi un certo incomodo, che gli impediva il mangiare , e
non fapeva > che cofa foiTe . Li Chirurghi gli ordinavano gar-
garifmi, ma con poco profitto . Dio infpirogli una Domenica
dello fteiTo mefe di mandare a chiamare il fuo ConfeiTore a
SS. Apoftoli , dal quale fi confefsò con gran contrizione ,
e fu da quel buon Padre confolato , e confortato . 11 Lu-
nedì feguente avendo pranzato colla moglie , e volendo do-
po il pranzo ripofariì appoggiato ad un buffetto , gli calò
air improvvifo una flufione dalla teila così gagliarda , che
levandoli da federe con impeto reftò da quella foiFogato ,
e morto, che Iddio per fua mifericordia liberi ciafcheduno
da così ftrani accidenti . Non avendo figlinoli , il fratello
Francefco ereditò tutto il fuo avere, il quale confiftè più
nel debito, che nel capitale, eiTendo neceffitato di reftitui-
re le caparre avute dal Principe Panfilj, e la dote alla fua
moglie ,
Morì di anni trentacinque in trentafei, giovine in ve^
ro di genio, e di grande fpirito , ma poco dedito all'appli-
cazione , ed affai vago di camminare il mondo , anzi nel
S42
tempo , che morì, flava negoziando per andare in Francia.
Era di non ingrata prefenza, fpiritofo, compagnone , e ri-
foluto di animo nel vendicarfì . Facendo poco conto del de-
naro Γ impiegava volontieri ne'paffatempi, e per le donne
avrebbe fatto ogni fpropofito come fi è veduto in tutto il
corfo di fua vita, Dio gli dia pace e mifericordia nell'eter-
nità .
Iccolò Poiiffino nacque nella Francia nel-
la provìncia 41 Normandia . Non era
ancora unito al Regno di Francia quel-
lo di Navarra , come poi fucceiTe per Io
valore del gloriofo Re Enrico IV, che do-
po cadde in quella lagrimevole fventura .
Le turbolenze delie guerre civili cagiona-
rono grandiiìlmi difturbi in quel Regno popolatiilìrao , ilcchè
molti della Città di Parigi furono neceffitati ad abbandona-
re la patria , e ricoverarii dove più la fortuna li fovveniva .
Tra gli altri un certo foldato di qualche merito per lo lun-
go efercizio delle armi, fervendo fedelmente la Corona di
Francia , fa neceiiìtato ritirarfi in Andeli città della Nor-
mandia in qualche diftanza da Parigi j ove fermatofi, pen-
fando di dar principio a vivere à fe ileiTo, ed a ripofarfi dal-
le lunghe fatiche militari, e goderli in pace quel comodo
di facoltà, che gli era rimafto , fi ftabilì di prendere mo-
glie. Quefto fu l'anno 1^92., e nel 94. gli nacque un fi-
gliuolo mafchio, al quale pofe nome Niccolò , Giunto que^
ili air età capace di apprendere, lo applicò allo iludio, e
procurava, che fi avanzaiTe nella Grammatica per iilradarfi
poi nel poiTeiTo di qualche fcienza, la quale gli ferviiTe di
aggiuftamento al utile, ed alla riputazione . Con tutto che
foiTe Niccolò applicato allo iludio delle lettere , egli mo-
I
NICCOLO'
ftrava poca vocazioné perchè il genio Io chiamava alla pit-
tura, e tutto il giórno fi impiegava a dìfegnare, e fare im-
magini anche ne' proprj libri con difpiacere del Maeftro , e
del Padre , che era lontano dal volerlo impiegare in fimi-
le profeflìone . Vedeva per altro con fua afflizzione , che
queilo figlinolo poco il approfittava nelle lettere j onde >
perche non gettaiTe infruituofamente il tempo nel migliore
dell' età , iì rifolvè fodisfarlo, e fargli imparare l'efercizio
del difegno, e lo raccomandò ad un certo Varin Pittore >
che dimorava in Andelì , uomo di non ordinario valore ,
per quanto fi riferifce da alcuni, che hanno veduto dcll'o^
pere fue in quelle parti, Conofcendo quefti in Niccolò un
genio a/Tai valido in far profitto nella pittura , gli prefe af-
fetto , e procurava cogl' infegnamenti aifidui farlo avanzare
neir arte .
Refofi Niccolò animofo, eiTendo d'anni ip. in circa,
partiflì da cafa fua fenza licenza del Padre , e fe ne pafsò
a Parigi per avvantaggiarli più facilmente nello ftudio del
difegno . Un Giovine Cavaliere Francefe, il quale per fare
fortuna , com' è coftume , ferviva in Corte del Re , incon-
trandofi per avventura in Niccolò , e invitato dal fuo bel
genio in difegnàre , lo volle appreiTo di fe, e gli dava inf-
iciente trattenimento per vivere , e comodità di ftudiaro
compiacendofi molto della pittura . Quanto ai primi prin-
cipj , eiTendo ciafcheduno ballante ad infegnarli , Niccolò
aveva confeguito il fuo intento, ma eiTendofi inoltrato a più
ilretta cognizione dell'arte, ed eiTendo portato dal fuo bel
genio ai defiderj di vantaggio maggiore , dolevafi di non aver
maeftro fufficiente per le fue fodisfazzioni , ne vedeva in
Parigi efercitariì un certo ilile di maniera , della quale
aveva in fe un barlume fenza chiarezza dì iìcura notìzia ;
Si rifolvè pertanto di cangiare precettore ; ma quella fua
mutazione non gli fece confeguire intieramente Γ intento,
perche s'incontrò in un Fiammingo non capace di altro ,
544-
•ί
li
che alla pura imitazione di nn ritratto, ed egli che defide-
rava arricchire l'idea di componimenti ,.e dell^ moltipli,
cita delle figure per iiìoriare fi rendeva, anche di quefto
mal fodisfatto. E* gran difgrazia di un ingegno capace , Γ
incontrare nelle primizie de'fuoi ftud; chi non può iftra-'
darlo per così nobile ientiero , e non trovare nella prima-
vera deir età fua tanto fuoco che lo rifcaldi, e tanto ven-
to che Io folleciti . Il cafo, che bene fpefso fì accorda con
la fortuna lo fece incontrare in un Matematico del Re ,
che in quel tempo operava nei lavori della Galleria del
Louvre, il quale era molto curiofo , ed aveva appreflfo di
fe una quantità di ilampe , ed anche qualche difegno di
Raffaele , e di tutta la fcuola . Niccolò s' invogliò di ilu-
diare da quelle carie , che contenevano tante Angolarità ,
e bellezze, che egli appunto bramava . Confefsò più volte
Niccolò, che queir incontro fa fortunatifsimo per lui ; che
gli fervi di occaiìone di vedere quel lume , che egli aveva
fempre defiderato, e facendo con cosi belli efemplari uno
iludio diligentirsimo di iftoriare, e di annobilire i compo-
nimenti , fì fece ardito di afsicurarfi coi colori , coi quali
operando dava fegni chiarifsimi della fua bella indole. Sol-
lecitato dalla madre quei Signore, che lo ajutava , di ripa-
triare , e godere i ripoiì della cafa , fu coftretto partirfi da
Parigi ; ma non volle lafciare il noilro Poufsino , avendogli
prefo amore , e penfando valerfi dell' opera fua in alcuni
appartamenti del ilio Palazzo, che defiderava ornare di pit-
tura. Giunto che fu alla fua patria fu di poco giovamento a
Niccolò, perchè incontrò la Madre di quel Cavaliere afsai
di genio contrario al figliuolo nel diletto della pittura, an-
zi fe ne moftrò del tutto difpettofa, e non volle in ciò im-
piegare il Pouffino , valendofi di lui in fervig; molto difFerénti
dalla profefsione, dicendo che la pittura nella fua cafa era
cofa totalmente fuperflua . Vedendo Niccolò l'incontro del-
ia fua ftraiia fventura, fi rifolvè tornarfene a Parigi, ben-
X X chè
341
chè con poca comodità per la fcarfezza del denaro , e pct
la lunghezza del viaggio.
Si partì ; ma non potendo far viaggio a cavallo , e fof-
frendo altri difagi per lo lungo cammino , fpizzicando per
la ftrada qualche follievo col dipìngere , giunfe a Parigi. Cad-
de appena arrivato in una infermità eiTendo ftracco, ed ab-
battuto dal patimento , iicchè fprovveduto di tutto gli con-
venne per forza ftrarcinarii in Àndeli fua patria, ove per
alcuni meli trattenutofi ricuperò la falute, e le forze , Riac-
quiftata la fanità , fe ne ritornò a Parigi , perche in Ande-
li non incontrava quelle occafioni , che facevano per lo fuo
bifogno , tanto per procacciariì il. vivere, quanto per avan-
taggiarfi negli ftudj. Ivi fi andò efercitando in dipingere per
diverfe occafioni , ed anche andava in altri luoghi poco di-
ilanti, fecondo che glie ne venivano fuggerite operazioni.
Deiloffi frattanto in lui un ardentiffimo defiderio di vede-
re la gran Roma, ove fentiva chiamarfi dalla fama delle
bellezze antiche, che conferva ne marmi, e delle opere di
Raffaele , e di quegli altri celebri Pittori , che fiorirono in
queir età fortunata .
Refoiì impaziente fi rifolvè finalmente di prendere que-
llo cammino · ma benché ne folIecitaiTe il viaggio, paiTate
che ebbe le Alpi, e giunto nella Tofcana, com'egli mede-
fimo diceva, fu neceiTitato , fenza faperne l'ignota cagione,
ritornarfene a Parigi. Qiiando lo voglio far riflefllone, e
confìderare una rifoluzione così fubita , e fconfigliata, non
faprei penfare ad altro fe non che fopraprefo Niccolò da vil-
tà di animo, ο da violento amore della patria , pentito li
rifoIveiTe tornare indietro . Qual fi foife quefta cagione egli
ritornò a l>arigi ; ed eiTendofi di lì trasferito a Lione , vi
li trattenne qualche anno , fempre operando per diverfe oc-
cafìoni, ma di nuovo gli fi fvegliarono gli acuti ftimoli di
veder Roma , e quefta brama in lui fi faceva fempre mag-
giore. Avendo contratto un poco di debito con un Mercan-
. te
3^6
ρ ; ο U S S I Ν Ο,
te gli ferviva queilo di un gran rammarico , come'di una
catena , che teneiTe inceppata la fua libertà . In fine non
potendo più tolerare la dimora, fece pregare quefto Mer-
cante di contentarfi di avere pazienza, che ne avrebbe da-
to parte a fuo padre, dai quale farebbe flato puntualmente
fodisfatto. Quegli cortefemente accettò Γ offerta , e ne eb-
be in breve tempo tutta l' intiera fodisfazzione . Sbrigatofi
da quefto imbarazzo , fi ilabilì di rimetterii in viaggio per
Roma , ancora che non fi trovaiTe molto forte di denari >
avendoli imprudentemente fpefi tutti in una fera cogli ami-
ci j ma fi dava fperanza di procacciarne col dipingere per
Il viaggio .
La felice memoria di Gregorio XV. aveva nel lóii,
celebrata la Canonizzazione dei cinque Santi, tra i quali fu- ~
rono Sant' Ignazio Fondatore della Compagnia di Gesù , e
San Francefco Xaverio, e perciò in Parigi dal Seminario ,
e Collegio di quella Città fe ne faceva pompa folenne. Con-
iìfleva queila in una feila, nella quale tra alcuni' vani an-
davano diverfe iftorie dipinte in tela a guazzo , che conte-
nevano miracoli operati per virtù di quefii due Santi . La
novità moiTe Niccolò a tornare in Parigi con defiderio di
guadagnare qualche denaro per valerfene in viaggiare , ed
incontrò le fue fodisfazzioni , perche glie ne furono diftri-
huite alcune, che in breve tempo sbrigò a cagione , che
vi impiegava oltre il giorno anche la notte , e riufcì con
gran fodisfazzione di chi ne aveva la fopraintendenza ; anzi
comunemente le fue furono ilimate le migliori, e non ve
η ho diiHcoltà perche egli camminò fempre per una flra-
da , che in quel tempo non era praticata da neiTun* altro ,
Nella Corte Regia di Parigi trovavafi allora il Cavalier Ma-
rino , che viveva con gran riputazione, e ilima onorato, è
ben provvifto dal Re , eiTendo egli veramente nella poeiìa
nn ingegno, ed uno fpirito fingolare. Egli era molto va-
go, e curiofo di pittura , però fi compiacque dj invitare
X X a il
347
c.
NICCOLO'
il PouiTino appreiTo di fe , e dargli da dipingere alcune co-
ie per adornarne la fua Galleria, che fino in Parigi prepa-
rava , procurando di avere opere de'migliori foggetti del
fuo tempo . Fra Γ opere del Marino la fua più cara era il
Poema dell' Adone , che deiìderava publicar colle ftam-
pe, come già fece , e che fu ])0Ì proibito in primo grado
per ragioni che io non debbo efaminare. Da Niccolò ne fa-
ceva difegnare il Poeta tutte le favole , colle quali andava
difponendo ciafchedun canto, e quefto gli ferviva per paf-
fatempo nelle fue continue indifpoiizioni , che per lo più
]o trattenevano in letto . Furono di gran giovamento al
PouiTino alcuni motivi, che gli fuggeriva il Marino eilratti
dalla fua bella poetica fantafia, e de'quali egli ferviiTi fem-
pre per arricchire i fuoi componimenti con qualche capric-
ciofo aggiunto, che non fi dilungava dal foggetto principa-
le . Coir occafione , che l'anno 1523. fu aiTunto al Ponti-
ficato Urbano Vili , il Marino fi invogliò di tornare a Ro-
ma , avendo avuto occafione di conofcere , e di pratica-
re quefto nuovo Pontefice , fin da quando era Prelato ,
Oltre qualche amicizia , che aveva contratto feco , ne ve-
niva follecitato da una viva fperanza di maggior fortuna ^
per eiTere il Papa aiTai amico delle Mufe , e de'Poeti , Ri-
folvè per quefto motivo la partenza da Parigi , e voleva
feco condurfi il PouiTino . Malgrado il defiderio che ne aveva,
non potè quefti feguirlo allora , e per un anno fi trattenne
In Parigi operando per diverfe occafioni, e fempre più avan-
^andofi nel gitilo , nella buona maniera , e nella pratica .
Finalmente nel 1524. eiTendo egli di anni jc. incirca fi ri-
folvè la terza volta pel viaggio di Roma, e follecitamen-
te con ogni felicità vi giunfe nel fine di Aprile in una Ca-
gione florida, amena , e deliziofa . Parevagli mille anni di
rivedere , e rigodere con maggior confolazione il fuo caro Ca-
valier Marino j ma non ebbe la fodisfazzione di goderlo lungo
iempo j perchè il Poeta del continuo travagliato dalle fue indi-
fpo-
548
ρ ο υ S S I Ν ο,
fpoiìzìoni, pensò per tentare Γ acquiilo della fanità portariì
a Napoli fuo cielo nativo. Prima di partire però l'introdiif-
fe all'amicizia del Sis^nor Marcello Sacchetti , il quale co-
me Cavaliere cortefe gli fece guadagnare la fervitù del Car-
dinal Francefco Barberini nipote del Pontefice Urbano Vllf.
Neil'anno lóz^, , che fu del Giubileo, morì in Napoli il
Marino,, di che fentì Niccolò fommo difpiacere, per eiTere
una perdita di un fuo caro amico, e di un foggetto di gran
valore, e non era molto tempo , che ne aveva ricevuto
una lettera àiÌai cortefe . A quello difguilo iì aggiunfe la par-
tenza da Roma del Cardinal Francefco per le fue Legazio-
ni di Francia , e di Spagna per li trattati di pace , e con
queile afflizxioni fì andava trattenendo in dipingere, e ven-
dere per necefsità le opere fue, che diiTè-averne gettato
molte per vilifsimo prezzo con fuo fomrao rammarico ,
Ecco Γ infelicità di chi non ha guadagnato poiìo anche nel
nome, ancorché operi con qualche fquifitezza . ν
Seguitò il Poiifsino fempre di veftire all' ufo di Fran-
cia , ma eiTendo in quegli anni nati alcuni diiTapori tra il
Pontefice, e quella Corona , fi era in Roma fatto leve di
alcune compagnie dì foldati per impedire le turbolenze, che
potevano nafcere per cagione della famiglia dell'Ambafcia-
tore di Francia ; iìcchè fra foldati , e Francefi quando β
incontravano nafcevano fpeifo de' bruiti garbugli . Un gior-
no alle quattro Fontane Niccolò, che infìeme con due fuoi
paefani fe ne veniva colia fua cartella alla volta di cafa ,
fu incontrato da alcuni foldati , i quali sfoderando le fpa-
de gli corfero alla .vita per offenderli. Quei due fuoi com·^
pagni appena videro coftoro prefero una fuga veloce , tanto
che Niccolò fi trovò folo nei pericoli , e fchermendofi al
-iBÌglior modo colla cartella , il difendeva, e ^^oco mancò ,
che non riceveiTe un taglio di fpada tra il dito indice , e il
medio della mano deftra, che fe la fpada non foiTe calata
di piatto fuccedeva queila gran difgrazia a lui, e alla pit-
tura»
S49
N I C C Ο L O^
tura. Al meglio, che gli riufciva iì andava difendendo col-
le gambe, e colle grida , ma uno più per lui importuno
gli era Tempre alla vita, fìcchè fi rifolvè sbrigarfi da quel-
lo coi fafsi, giacché non era provviflo di altre armi. Gli
forti fortunatamente il colpo, perche lo fermò con una faf-
fara in modo > che non era più ardito di perfegurtarlo , iic·
chè ebbe campo di follecìtare la fuga , e falvariì.
Per quefta occafione fi rifolvè air avvenire di veftirej
air Italiana, e così feguitò fino , che viiTe ; ma fe per ca-
gione dell'abito alla Francefe non ebbe più moleftia , ri-
cevette un penofo travaglio da un altro male di Francia >
che per qualche anno ne fentl oiFefe aiTai dolorofe , ficchè
viveva c€n gran mortificazione , e pena, Aveva per fua buo-
na forte contratto amicizia in Roma con un fuo paefano
chiamato Giacomo Duget, il quale era Parigino, e quefti
che era uomo di gran bontà Io fovveniva con grande amo-
re, ed aisiduità in tanta affiizzione , e gli cóndnceva Me-
dici , e Chirurgi, Non lafciava mancargli ne cura, ne ajuto
di neiTuna forte, anzi aveva ordinato alla propria moglie,
che lo afsiftefse del continuo ne' fuoi bifogni , tanto per la^
cucina , quanto in procurare di tenerlo pulito , e provvi-
Λο di biancheria , come ella faceva con gran diligenza ,
ed amore . Qiiefte carezze di Giacomo, e di fua moglie
furono di gran follievo a Niccolò , che Iddio sà come
Γ avrebbe paiTata fenza di loro , e glie ne confeiTava obbligo
non ordinario. Aveva quefto buon uomo cinque figliuoli-tre
mafchi, e due femmine, le quali erano di maggior età ,
ed avendo finalmente Niccolò ricuperata del tutto la fanl-
tà , prima per atto di gratitudine, e poi per non aver più
occafione di cadere in male fomigliante , gli chiefe per mo-
glie la figlia maggiore, che chiamavafi Anna Maria, e que-
ilo fu nell'anno lóig, Giacomo ne fentl fomma fodisfaz,
Eione , tanto più che il Pouffino era ben guarito ì e feguiro-
iiG gli fponfali il giorno appunto di S. Luca protettore de'
PiE-
550
iori . QiieÌIo , che egli ebbe dì dote gli fervi per iftabìlir-
fi una cafa fenza più ftare alle camere locande, e fermarfi
di mente , e di ftaio, attendendo di propofito alle fue ftu,
diofe applicazioni.
Prima di prender moglie, fi era ilretto in amicizia con
Francefco Fiammingo, che fu Scultore de'più celebri del
fuo tempo, come ho narrato , e con quello pafTava i gior-
ni in diiegnare le più rare cofe di Roma, tanto di ftatue ,
e baiB rilievi antichi, quanto di pitture di Raffaele , di Giu-
lio, e di altri di quella fciiola , e difegnarono anche infie-
jne quella fefta giocof* di putti di mano del gran Tizia-
no , quadro, che allora era nel Giardino de'Ludoviiì a Por-
ta Pinciana , ed ora è nella Galleria di Madrid . Quello ili-
le di far putti veniva ftimato da loro più fimile^al natu-
rale , e Niccolò ne andava Tempre modellando ancora dal
vero, giacché anch' egli fi dilettò di modellare di rilievo,
Col favore del Cavalier Caffiano dal Pozzo Fiorenti-
no , perfona dotata di fora ma virtù ne' coilumi , illuilro
per la dottrina· , ed erudizione di ogni ftudio, ed infieme
generofo , ed amatore di rari, e peregrini ingegni , aveva
Niccolò fatto il quadro nella Bafilica di S, Pietro, nel qua-
le rapprefentò il S. Vefcovo Erafmo, che in odio della fe-
de fu fventrato , e ritoriegli Γ interiora ad una burbura j
intanto che un Sacerdote idolatra Io follecita ad adorare il
fìmulacro dì Ercole collocato in luogo fublime . Di queiìo
quadro mi diiTe iempre Niccolò non avere avuta ricogni-
zione neiTuna, non fapendo fe ciò gli foiTe fucceduto per
propria difgrazia , ο pure per malignità di chi foprainten-
deva a quelle commiffioni , Prima di venire a Roma ave-
va egli fatto molta cura nello ftudio di Anatomia, di Pro-
fpettiva > di Architettura, di Simetria , e di quello tanto
iieceiTario al Pittore di lume , e di ombra . In Roma dun-
que non ebbe biibgno alcuno, fe non di foddisfarfi di al-
cune cofe coiriilriizzioiie di Niccolò Larche quanto all'Ana-
tomia ,
3γΐ
sii NICCOLO'
tomia, è vide voloiitieri gli fcritti del P. Matteo Zoccolo-
fìi di S, Silveilro a Monte Cavallo, che trattava di profpet-
tiva, Egli era beniiTimo inftrutto dell'una, e delPaltra fcien-
za, perchè in Parigi con grande accuratezza fi attende a
quelli ilud; così neceiTar;, dei quali la gioventù Italiana fi
ride ingiuftamente . Quefto nafce dal configlio di alcuni Mae^^
jftri , i quali per averne poca cognizione efortano i difcepo-
ii a fuggire quefte da loro chiamate feccagini, ed attende-
re al pennello > non curafìdofi di far mufcoli di propria in-
venzione , e di fare nella profpettìva errori da Elefanti ,
Si efercitava Niccolò anche nello ftudio delle Accade-
mie che fi coflumano Γ inverno in diverfe cafe, e perche
cefsò quella del Domenichino per la fua partenza da Roma
per Napoli > alla quale Accademia il Pouflìno andava volon-
tieri, per la ftima, che faceva di quel grande uomo , an-
dò a quella di Andrea Sacchi, ove fi fpogliava il Caporal
Leone, che fu uno de'modelli migliori per lo fpirito, che
dava air attitudini, nelle quali veniva pofto.
Prima di ammogliarfi avea fatto un quadro per il Car-
dinal Barberini della diftruzzione di Gerufalemme, che fu
donato al Principe d' Echembergh , c neir anno dopo che
fi ammogliò , che fu del idjo, dipinfe quello dell'liloria
dell'Idolo Dagone caduto in pezzi ali'afpetto dell'Arca ;
opera , che per la Tua fingolarità è ftimata delle migliori
iifcite dal Tuo fludiofo pennello , ed ora è tenuta in iftima
di non aver prezzo . Dopo alcuni anni dipinfe quel bel qua-
dro dell' Iftoria di Germanico pei Card. Francefco Barberi-
ni ? che ora è nella Galleria del Princi|)e di Paleftrina . Di-
pinfe per il Cavalier dal Pozzo molte cofe , e tra le al-
tre gli fece fette quadri in tela d'Imperatore con figure den-
tro poco più avantaggiofe di due palmi, e fecondo Tocca-
iione del propofito con accompagnamento di fabbriche Tein-
pj , Portici , e Paefaggi con molto giudizio , ì ed
intelligenza, ed efpreife in quelli, i fette Sagramenti , L'of-
fer-
-ocr page 370-fervranza , che Niccolò ebbe neìl' adattare gli abiti a cia-
fcheduna figura , Γ aria delle tefte in quei perfonaggi, che
rapprefentava , e la moiTa delle attitudini appropriate air
eipreiÌiGne fece conofcere quanto era giudiziofo accorto ,
e del tutto intelligente . Quelli quadri gli diedero, e con
ragione gran nome, perchè invogliarono Tempre la curiofi-
tà anche de' più itranieri a vederli j tanto che la cafa del
Cavalier dal Pozzo ha fofferto fempre 1' incommodo di un
continuo concorfo dì gente .
Era dì già ilPouffino entrato in un polio grande di Ai-
ma, e di riputazione, e le opere fue fi erano molto avan-
zate nella condizione del prezzo , fìcchè riceveva fpeiTo
gran commiilìoni da diverfe parti , ed in particolare da
Francia. Il Cardinal di Richelieu dal grido, che fentiva
del fuo gran valore gli fece intendere, che avrebbe avuto
fommo piacere di qualche opera fua -, PouiTino dipinfe al-
cuni quadri per quel Cardinale , e tra gli altri una fefl:a_>
Hiarittima di Nettuno , introducendovi var; fcherzi di Nerei-
di, di Trìtoni tra Delfini con putti , ed altre vaghezze con"
cernenti al foggetto , Prevalfe poi in quattro quadri per lo
medefimo Card. Richelieu , rapprefentanti le fefte di Bacco,
nelle quali fuperando fe fteiTo fi fece conofcere queir uo-
mo ben fondato, e inftrutto del coftume negli abiti , ab-
bigliamenti , ed altre appartenenze a quei giuochi avendovi
leggiadramente introdotto baiTi rilievi, pili, vafi, ed altre
memorie antiche , delle quali egli fu fempre indagatore di-
ligentiffimo . Nel gufto di far paefi egli fi refe Angolare ,
e nuovo j perchè nella imitazione de'tronchì con quelle cor-
teccie, interrompimenti di nodi nelle tinte, ed altre veri-
tà mirabilmente efpreiTe, fu il primo che paiTeggiafife per
quello giudiziofo fentiero, ed efprimeiTe fino nelle foglie la
qualità dell' albero, eh' egli voleva rapprefentare.
Nell'anno 1640, fu' invitato Niccolò a paflfare in Pa-
rigi > ed accettò di buona voglia queita chiamata , che->
■ y y por'
NICCOLO^
portava gran riputazione al fuo nome > e iicura Speranza
di aggiuftamento al fuo flato » Intraprefe adunque il viag-
gio , ed avendo egli , come diflì, dei cognati fratelli di fua
moglie, il maggiore chiamato Gafparo, che riufci in ge-
nere di paefi un foggetto , che non avrebbe avuto uguale,
fe fapeva contenerfi di non farne tanta abondanza , e il mez-
zano Giovanni, il quale volle fempre ftargli al fianco , che
a lui era di grandiiTimo follievo , e confòlazione » Qiiefto
Giovanni fu condotto dal Poufsino in Francia, lafciando in
Koma la moglie benifsimo provvifta alla cuftodia de' faci
parenti, ed anche raccomandata al Cavalier dal Pozzo con
ogni diligenza . Giunto che fu con falute, e prorperiti a_>
Parigi il Signor le Conte lo alloggiò per ordine del Re con
ogni lautezza a Fontanablò ► Dopa fu ricevuto nel Louvre
dentro il Giardino regio, nel mezzo del quale era un no-
bile Palazzino mobigliato con grande fplendidezza , ed ivi
fu trattenuto , e gli fa fatta fabbricare un calino, accioc-
ché poteiTe ivi tenere la carrozza» Immediatamente pafsò
a Parigi, dove fu cortefemente ricevuto , ed accarezzata
dal Re con ciìirefsione grandifsima di llima > e di amore
avenda prima riverito il Cardinal di Richeliea come fuo
Promotore a tanta fortuna Il Re fi trattenne feco in lun-
go ragionamento , interrogandola del fuo eiTere , e flato j
e Sua Maefta dichiarò a fuo^ onore Γ impiegare un uomo
di tantO' valore > e ftima j il Poufsino^ con gran prontezza
e fpirito rifpofe j, che egli piuttofto β gloriava dì avere avu-
ta la forte di fervire il più felice avventurato , e gloriofo
Re della Francia. Sua Maeftà con fomma diletto, gli pro-
pofe due tavole grandi una per la Cappella di Fontanablò »
e Γ altra per S» Germano » Licenziatoli il Poufsin» ritornò
alla ilia abitazione, e fubito da parte del Re, gli furona
contati due mila feudi d'oro, la meta pel viaggio fatta,
^ 1' altra metà per la fua annuale provviiìone a nome di
L^im^
SH
L'impiego per Io quale fu levato da Roma fu quello
dellavoro della Galleria nel Regio Palazzo del Louvre , della
quale baila il darne le mi fu re perche s'intenda di quan-
ta confeguenza ella fia . Quefta dunque è di lunghezzao
700. e più pafsi noftraii ; e larga fopra 20. incirca tutta
fatta a volta foftenuta con catene di ferro, in modo che
con gran difficoltà è fottopoila a pericolo. In quel tempo
non €rafi fabbricata ancora la compagna dair altra parte
come li trova al prefente. Quefta Galleria doveva eiTer tut-
ta dipinta, €d arricchita colla direzzione , e difegno del
Poufsino j altri vi avevano cominciato a dipingere , ma tut-
to il fatto fu gittato a terra , Egli ne terminò quaiì la de-
cima parte, e in quei ilti, che erano frappofti a tutto Γ
ordine del compartimento rapprefentò le forze di Ercole $
e quefte eiTendo nella volta fuperiore , dimoftrano le fati-
che , le operazioni, e le vittorie gloriofe di un Nume , per
dar pregio maggiore a quelle di un mortale > che andavano
rapprefentate nelle pareti della parte inferiore in cui ave-
vano da iìgurarfi battaglie vittorlofe , ed altre azzìoni eroi-
che del Re , Le parti piane , che fono laterali a quella gran
Galleria, fono di qua , e di la compartite in gran fìneftre,
che hanno il lume dalla ilrada , e dalla parte del Regio
Cortile, e quefte fono divife da alcuni pilailri di ordine
Jonico, tutti fatti di legno intagliati con fomraa diligenza.
Tra im pilaftro, e l'altro vi è un gran vano poco più lun-
go di un quadro perfetto, e quefto pure di legno colla fua
cornice lavorata con fomma fquiiìtezza. Camminano per la
volta gli ordini dei pilaftri, ma quefti finti di pittura , e tra
j vani alcuni tondi, ed altri quadri colla loro cornice dì
rilievo fatta di ilucco dorata colli fondi , alcuni bianchi ,
ed altri turchini che riefcono di molta vaghezza, Il Poufiì-
no ne fece un difjegno aiTai bene ingegnofo j ed anche li
cartoni , e voleva arricchire il tutto con capricciofi , ο
nobili ornamenti compartendolo con varie medaglie >
NICCOLO'
con reggimenti di alcuni termini di chiarofcuro tramezzati
con alcuni nudi coloriti, che foftengono de'felloni intrec-
ciati , e difpoili ne' vani con mafcherine, che li reggono ;
frappofte molte sfingi, conchiglioni , ed altre vaghe bizzar-
rie . Nelle parti laterali di alcuni archi, che cingono le fi-
neiìre, fi vede una fama per angolo colle palme e le co-
rone di lauro nelle mani con un componimento così copio-
fo con invenzioni così pellegrine, che mi afficuro , che fe
Niccolò avefie dato compimento al lavoro avrebbe lafciato
di fe una bella memoria .
Fu necefsitato Niccolò di tramezzare il lavoro della
Galleria colla occupazione di quattro quadri di coiifidera-
2Ìone j il primo de' quali con ordine , e per fervigio del
medeiìmo Re, fu come difsi per una Chiefa di S. Germa-
no . in quefto rapprefentò Criilo Signor noftro, quando in-
llituì il Santifsimo Sagramento dell'Eucariilia , ftando egli
in piedi in mezzo a fuoi dodici Apoftoli parte inginocchia-
ti, e parte in atto di fomma riverenza, e divozione. Tie-
ne nella finiftra un pìccolo piatto , dentro il quale fi veg-
gono alcune fette di pane all' ufo de' Greci, e colla deilra
lo benedice . il Redentore è in mezzo di un cenacolo di
nobile bruttura interrotto da Colonne di ordine Jonico cou
nn pavimento divifo , e compartito con diverfi riquadra-
■menti, e guide di ricchi marmi . E' portato con fommo ar-
tifizio di lume , perche lo prende nel mezzo da un nobi-
le lampadario con due lumini accefi uno per parte , ed
Ila così bene portato il lume fopra le figure , che nell' ef-
iere bipartito confonde , e porta fopra le parti principali
così il chiaro, come gli sbattimenti del lume oppoilo . Le
figure fono maggiori del naturale, e così bene efpreiTe nel
moto, così accurate nel difegno , e con tale foavità , te-
nerezza, e maneggio di colore, che a giudizio di chi l'ha
veduta per verità può chiamarfi un opera di tutta perfez-
7Jone, e da ilare a fronte ad ogni altra di qualunque gran
Maefltro. Due
Due quadri fece per il Card, de Richelieu ; in uno di-
pinfe Moisè genufleiTo avanti Iddio , che gii apparve viii-
bilmente fopra un Roveto , il quale ardendo con viva fiam-
ina non fi confumava, ed> egli rimane ilupido nel vedere la
fua verga cangiata in un ferpente . Vi fece Γ accompagna-
mento di un paefe mirabile nella fua maniera ben frappeg-
giato di fìto nobile, e giudiziofo . Nell'altro il quale anda-
va in un foffitto della fak del Palazzi del medefimo Car-
dinale dipinfe la Verità , la quale viene foilenuta in^
aria dal tempo ; figura leggiadra, e ben intefa dal di fotto
in sii. Sotto a quefte due figure , e fopra alcune nuvole fa ve-
dere Γ Invidia , e la Maledicenza, ambedue con ammira-
zione nel vederi! rapire dal Tempo quella loro fiera inimi-
ca , e quelle ancora fono maggiori del naturale . Il quar-
to , che è in una tela grande, lo dipinfe per il Noviziato
de'PP. Gefuiti , e rapprefenta quel miracolo infigne di San
Francefco Xaverio , che richiama alla vita una morta don-
zella figliuola di un nobile perfonaggio del Giappone . Le
figure di quefto fono per due volte più del naturale > ed in
queilo ancora fi vede mirabile efpreiTione , difegno, colo-
rito, ed armonia a gran fegno di lode, e di ammirazio'
ne . Queile opere furono efenti dalla fua annua provvifione,
e gli fu pagata ciafcheduna diftintamente a parte .
Pigliò al fine licenza dal Re di venire a Roma a pren-
der la fua conforte, la quale licenza cortefemente gli fu
conceiTa , ed egli con quel fuo cognato, che fi era con-
dotto feco in Parigi , fi pofe in viaggio . Tra Γ opere già
narrate , che il Poufllno fece in Parigi vi furono anche al-
cuni cartoni coloriti per fare arazzi volendo il Re accom-
pagnarne alcuniche aveva col difegno di Raffaele. Giun-
to a Roma , che fu nel 1542. , fu ricevuto con grande ap-
plaufo da tutti gli amici , che avevano fentito gli onori 5
^ gli utili, che egli aveva ricevuto in Francia, limandoli
dovuti al fuo gran mento, ed egli femì tutto riconfolarfi
NICCOLO'
nel vederfi in quella Roma tanto da lui bramata per go-
dervi quella libertà , che non vedeva praticabile in Parigi.
Nel tempo , che egli andava dilungando il fuo ritorno venne
in Roma la nuova della morte del Re, onde per queila_>
cagione reilò libero dall'impiego in Francia , del che fentì
gran confolazione .
Con quefta quiete di animo fi diede di nuovo alle fue
antiche operazioni, facendo molti quadri di variate figure
d'illorie diverfe · 11 Cardinal Giulio Rofpigliofi , che fu dop-
poi aiTunto al Pontificato nell'anno 1667,, e fi chiamo Cle-
mente IX., ne faceva grande ilima , e fe il Pouffino fopra-
viveva, al tempo che fu Papa , gli avrebbe coi fatti mo-
ftrata la fua propenfione. Anche il Card.CammilIo de'Maf-
fimi fu amiciifimo fuo . Per far conofcere il ilio talento in
ogni genere prima di andare in Francia fece per lOratorio
del Padre Garavita un apparato delle quaranta ore folite
farfi nelle vacanze del Carnevale, ed era una delle prime
invenzioni, che s'introduiTero di farlo in tavole dipinte, e
contornatè^ coi lumi nafcofti > ed egli fece una comparfa
giudiziofa, e ben intefa ; era in quel tempo l'Oratorio den-
tro il Cortile del Collegio Romano .
Nel 1(5(55. nella primavera venne a Roma un fuo pro-
nipote , e per quanto fi conobbe con avidità di efler ere-
de di quello, che egli aveva acquillato . Trattò feco con
modi tanto indifcreti, ed impertinenti, che ricevendone ii
Poufiìno poca fodisfazzione, Io rimandò nel Settembre dell'
iilefs'anno in Andeli . In queir ifteiTo mefe gli vennero al-
cune alterazioni di febbre , e forfè ne fu cagione Tindifcre-
tezza di quel fuo pronipote , QLiefta febbre travagliandolo
molto gli fufcitò una flufiìone di orina di fangue, la quale
gli durò lo fpazio di venti giorni j e ceiTando il fangue fe
gli moiTe una perenne rilaiTazione di reni, che orinava del
continuo fenza ritenzione, e gli durò molti giorni . Poco
dopo fe gli aperfe una pofìem^ fotto il braccio finiftro la
qua-
-ocr page 376-3^9
quale pufgò grandemente ; alla fine efteniiato da tanti tra-
vagli convertendoli tutto il fuo male in malignità alli ip,
di Novembre i6ó<;, giufto al fuono del mezzo giorno fpi,
rò Γ anima dopo eiferfi reficiato dì tutti li Sagramenti del-
la Cbiefa come perfetto criftìano , e cattolico » Π giorno
feguente fu portato il fuo cadavere nella Chiefa di S. Lo-
renzo in Lucina che era fua Parrocchia , ed in quella ei|50il0
con fomnio onore gli fu cantata la Meiià di Requie coirin-
tervento di tutti gli Accademici di Roma , facendovi an-
che celebrare per Γ anima fua gran quantità di MeiTe baf-
fe, e fu fepolto con dolore , e lagrime dell'univerfale. Tre-
dici mefi prima gli era morta la moglie, con cui viiTe
anni fenza figliuoli, e gli morì appunto nel giorno, di San
Luca nei quale Γ aveva fpofata , Fu il Pouflìno uomo di
buona prefenza, e di proporzione aiTai riguardevole, e nel
fuo volto fi fcorgeva più la feverità , che la placidezza f ma
però nel tratto Tempre affabile.
Rancefco Baratta Scultore nacque in Maffa di
Carrara. Suo Padre era Scarpcilino, ed eb-
be più figliuoli; l'uno chiamato Giovanni Ma-
ria già intagliatore di marmo , ed ora Ar-
chitetto , e Francefco, che gli era minore.
Diedefi anche quefti al picchio del martello,
ma perche era d'ingegno fvegliato, e fpiritofo non il con-
tentò di fermariì nel femplice pofto di Scarpellino , e d'
Intagliatore ; ma datofì a difegnare , ed a modellare , fi
gettò in braccio alla Scultura . Trovandofi in età proporzio-
nata venne in Roma cogli altri fratelli j gli uni , e gli altri
per avanzarfi nel profitto dell' arte, e farfi ftrada al meri-
to , ed alla buona fortuna . Francerco fi andava efercitan-
do nella Scultura , ed era di grande fpirito , e procurò di
avvicinarfi a tutti i buoni Maeftri , i quali al fuo tempo
tenevano occupate le migliori occafioni > e tra gli altri al
Cavalier Bernini, e Cava^lier Algardi.
Negli ultimi anni del Pontificato d'Urbano Vili, il Mar-
chefe Raimondi di Savohii volle fare una Cappella nella Chie-
fa di S. Pietro in ^lontorio e ne diede la cura al Cava-
lier Bernini , che introduiTe una novità aiTai curiofa di Ar-
cbitettura , come fu Tempre coflume del fuo ingegno fin-
golare . Quefta Cappella è la feconda a mano finiftra nell'
entrar della porta, fatta tutta di marmi fini con due depo-
fiti
-ocr page 378-FRANCESCO BARATTA.
lìti laterali a/Tai capricciofi di perfonaggi della famiglia Rai-
monda già morti. Diede il Bernini a Francefco Baratta da
fare Γ Altare, che volle di baiTo rilievo ; e perche detta..
Cappella è dedicata al Serafico San Francefco di Aflìfi, vi
rapprefentò quando il Santo riceve le Sagre Stimate fopra il
Monte dell'Alvernia da un infocato Serafino , In queft'ope-
ra fi conofce un maneggio valorofo del marmo, e lo di-
chiara per uomo perito , e comprende in fe fteiTa molic
parti buòne ·
Morto il Pontefice Urbano , e fuccedendoli Innocenzo ^
Don Cammillo Panfilj nipote di quello Pontefice fi diede
all' applicazione della fabbrica della Villa fuor di Porta San
Pancrazio j e valendofi di Gio. Maria Baratta , al quale pre-
iè grande aiFezzione, lo portò fempre avanti. Qiieili prò-
pofe a Don Cammillo Francefco fuo fratello , acciocché di
lui fi ferviiTe in occafione di alcune cofe di fcultura ; ma
perche Don Cammillo , e Francefco erano egualmente in-
itabili, non durò molto la buona amicizia , anzi fi conver·
ti trà poco tempo in odio, ed in difprezzo reciproco.
Avendo Papa Innocenzo defiderio grandiiìlmo di nobi-
litare la Piazza di Roma detta Navona nella quale era na-
to > pensò di farvi in mezzo una magnifica Fonte , e por-
tarvi l'Acqua Vergine chiamata di Trevi. Di queiì'opera
ebbe la cura il Bernini per eiTere fuo difegno , e perche vo-
leva il Papa impiegare un Obelifco non molto grande, clic
fi trovava fpezzato nel Circo dì Caracalla , il Bernini fin-
gendo un rozzo fcoglio , dal quale fcaturiva in quattro for-
genti Γ acqua , che va a cadere in una vafta conca , che
forma il feno di queir alpeftre rupe , ereife fopra di quel-
lo queft' Obelifco , e d'intorno a lui come padri di quelle
Fonti collocò i fiumi principali del mondo . II Tebro nell*
Europa , il Nilo neirAfrica , non sò qual fiume dell' Ame-
rica , ed il Gange nell'Afia . Avendo difpenfate quefte quat·»
Uo figure a quattro Scultori di fuo genio , e fuoi dipenden-
^dz FR AN CESCO
ti di grandezza di palmi trenta incirca benché figure aj
giacere diede al Baratta il fiume dell'America . Quella fi-'
gura rapprefenta un Moro , come fono alcuni Popoli di
quelle parti Occidentali, e lo fa conofcere alle fattezze del
volto, ed alPornamento dei pendenti all'orecchio all'ufo di
quella gente. Stà col deftro braccio alzato in atto di mo-
to , e tiene il volto verfo il Cielo come abbagliato dal So-
le nafcente, colla finiftra ila aggrappato ad un maiTiccio di
quella rupe, ed ha una ammantatura difciolta , che gli co-
pre parte delle membra . Quefta figura fenz' ofFefa dell'al-
tre è forfè la migliore nel gufto, e nel maneggio del mar-
mo , e benché fi dicefl^e, che tutte foiTero efeguite coirob-
bedienza di un piccolo modella del Bernini, con tutto que-
ilo il "Baratta lafciò vedere il merito della'fua buona par-»
té j che è l'effetto della operazione. --
Pece in S. Niccola a Capo le Cafe quelli due Angioli,
che ftanno fopra li due Frontefpiz; della cornice , fullaj
quale pofa il timpano , ed egli di propria invenzione, e
conofuo modello li pofe in efecuzione, come fi vedono
al prefente . Nel prezzo ebbe , che garrire con D, Cam-
millo J difgrazia , nella quale inciampò Tempre chi ebbe a
trattare con quel Principe , benché egli più di ogni altro
del fuo tempo deiTe occafione a Pittori, ed a Scultori dì
operaie . JLàfciò il Principe la cura di quefto accomodamen-
to air Àlgàrdi, ed egli più di lui intrigato non fapeva co-
me contenerfi col torbido cervello di Francefco , e non
caricàìre la borfa delPaltro, la quale era afl^ai ritenuta, e
delicata , e fu un imbarazzo , che tenne un pezzo inquieto
il povero Algardi, che malediceva quando era entrato in
quelle grandezze di fervire i nepoti del Papa . In fine fu
acchetato Francefco con quello, che fi poteva , ma il mez-
zano più potente' fit la fperanza di mjiggiori occafioni,
' Quefto benedetto uomo di Baratta fu fempre fregolato,
ed imprudente nel vivere , bevendo fènza regola , e fenzà
mifu-
-ocr page 380-miruta > prendendo fempre tabacco particolarmente in pip-
paj'ficchè coir uno, e l'altro difordine fi era guaftate le
vifcere, e ilemperato il cervello, parendo fempre una fi,
gura ftolida, ed infenfata , Diede Ìq così gran fiiicapito del-
la fanità, che fu aiTalito da una febbre violenta, la quale
in pochi giorni fé Io portò via nell'Autunno 1666,
La figura di Francefco era ciTervabile, perche aveva
un portamento di vita bizzarro, e benché non molto gran-
de di ftatura aveva una fveltezza fuccinta j li fuoi capelli
di color nera erano lunghi, e diftefi , e portava fempre il
cappello alla fgherra , sbaleftrando coli' occhio a tutte lej
iìneilre, e col feragliolo che in ogni tempo non gli copriva
altro che il braccio finiftro lafciando che il reflo cadeiTe
air azzardo . Nel parlare fu fempre fpropofitato, e fuori di
ogni termine civile j iìcchè fi concitava più Γ odio,' che Γ
affezzione, e veniva praticato da pochi, e queilo tratto fu
di ffran pregiudizio alla fua perfona , e fortuna. Del reilo fi
può^ dire che il Baratta maneggiava il marmo con un gran
poifeiTo, ed era valido a fare ogni gran paiTata nella pro-
feiTione . Così fuccede , che molte volte Γ uomo col fuo
mal coftume guaita quella fortuna , che gli ha fabbricato la
forte col dono di un buon talento .
GIO.
Zz ζ
-ocr page 381-IH
Mori Γ Anno 1666,
Io. Angelo Canini nacque in Roma, chej
vale a dire nel feno de'terori più rari del-
la pittura , figliuolo di Padre , e Madre Ro-
mani . Vincenzo Canini Scarpellino , nomo
fpiritofo, e rifoluto fu fu ο padre. Aveva
tre figliuoli mafchi, de'quali applicò il mag-
giore alla mcdefima arie , e Gio. Angelo
che era il mezzano lo fece attendere al difegno , e Marc'
Antonio il terzo in progreiTo di tempo fi diede alla Scultu-
ra . Gio. Angelo indrizzato a difegnare ebbe un alto prin-
cipio , perchè prefe i primi clementi dal Dómenichiiio , e
feguitò da lui, finché egli andò a Napoli per l'opera del Te-
foro della Cappella di quella Città . Nella lontananza del fuo
Maeftro fi eleiTe per precettore Antonio Alberti Meffine-
fe , perche egli anch'era difcepolo del Domenichino , benché
avanzato'neir età , e nel credito; e quello fece per non
iifcire dal fentiero intraprefo, e per non eiTere da altro Mae-
ilro necefiìtato a feguire altro ilile . Incominciò a difegna-
re in un certo modo , che mofhrava una fuperiorità agli
altri fuoi coetanei, e pareva che poteiTe aver più nome dì
Maeftro , che di difcepolo. In ogni cofa faceva apparire U
iMaraviglia del fuo talento , ^cosi in difegnare ftatue , baili
rilievi antichi dall'opere degli altri , di paefi , e <ii propria
invenzione, lo che rendeva fpavento anche ai più fondati ,
Que-
-ocr page 382-Quefto apparato fece una larga promeiTa al mondo del fuo
avanzamento, e quando compariva per le Accademie, ri·»
ceveva applauii non ordinarj.
Partitoiì Antonio da Roma per la fiia patria , reilò Gio,
Angelo fenza Maeftro, e durò così fino all' età di tutta di-
fcrezione ; ma qualche volta fi lafciava vedere da Pietro
da Cortona, più per pompa, che per volere efFettivamente
i fuoi precetti. Infatti moftravafi da quel fuo ftile lontanifli-
mo , e Pietro, che fe ne avvedeva la paiTava feco in compii^
menti, Giunto il tempo di fare la fua ufcita neceiTaria col-
li pennelli mutò faccia refpettazione , e non ditde di fe quel
faggio perfetto, che aveva dimoftrato fino allora. La pri-
ma cofa , che lafciò vedere del fuo al pubblico , fu un qua-
dro nell'Oratorio di fopra della Compagnia delle Stimate
di Roma , nel quale rapprefentò in alto Maria Vergine ,
e S. Francefco, che ilavano veiìiti di facco inginocchiati a
fare orazione > e furono alcuni ritratti di fratelli di quel tem-
po f tra gli altri il Card. Francefco Barberino Protettore
di quella compagnia . Non prefe grand' aura per queir ope-
ra ; ma reilò nel fuo eiTere fenza difcapito, e fenz' acqui-
ito perche fu com4)atito per la qualità del foggetto.
PaiTati alcuni anni, i quali erano i primi d'Innocenzo X.
il P. Fih'ppmi Priore di S.Martino ai Monti , che fu poi Ge-
nerale deirOrdine , riilaurò quella Chiefa nella forma , che
Oggi fi vede , e per renderla copiofamcnte adorna la fece
dipingere d'intorno , ed anche rinnovò i quadri degli Al,
tari, perche foiTero tutti uguali nella grandezza, ed a pro-
porzione della Chiefa . Ne fu aiTegnato uno a Gio. Angiolo ,
ed è quello dalla parte della fagriftia , in cui è nella cen-
tinatura di fopra la SS. Trinità , e da piedi a deilra San Bar-
tolomeo il quale appoggiato ad un piedeftallo tenendo nel^
la delira il conrraiTegno del coltello , colla finiilra addita al
popolo la SS. Triade j a fmiitra v' è il S. Pontefice Martino
nel fuo abito Epifcopale , che ftando inginocchione adora
G Ι Ο. ANGELO
queir alto miilero con Angioli aiTiilenti , uno de' quali fo-
iliene il Paftorale, e Γ altro la Mitra, e due putti'a piedi,
che fcherzano con un libro. Finge per campo la veduta di
itn arco grande , nella cui luce apparifce in diilanza un Tem-
pio di ordine corintio con alcuni alberetti vicino a qualche
macchietta di figurine, che riefce una galante vedutina di
a/Tai buono itile . Quel quadro non è difpiacevole nel guilo,
ed in una certa imitazione del buono, ma fé egli vi faceva
più ftudio rigorofo nelle parti, e ne'panni, ne avrebbe con-
feguito maggior lode , benché nel tutto iìa d' un accordo
foave . 11 P.Maeftro Filippini ne reilò fodisfatto , e per con-
traiTegno di quefto gli aiTegnò la feconda tavola per la me-
defiraa Chiefa, che è quella all'incontro della prima , nella
quale è il Santo protomartire Stefano già lapidato, e mor-
to , fopra cui alcuni fedeli ftanno facendo un amarifllmo
pianto. Nell'aria vi è un Angelo colla palma, e la corona
del martirio, ed alquanto difìante la veduta di una Città in
un iìto ameno di alcuni arbofcelli, ed il tutto infìeme rie-
fce unito, e concorde , Si confervò in queilo nel medefi-
mo ftile del primo nella poca diligenza delle parti ( tra-
fcuraggine , che confervò fino al fepolcro ) perche egli nel
dar compimento perfetto all' opere fue fi valeva femplice-
mente dello fchizzo che faceva per lo ftabilimento del fuo
peniìero , e per primo motivo . Ufava è vero in eiTo qual-
che diligenza , e gli riufciva d'aiTai buon gufto, ma voleva,
che quello medefimo gli ferviife per Γ ultima rifoluzione
fenza iludiare divifatamente le parti. Qualche volta lafciò
vedere di fua mano quadretti non difpiacevoli , perchè fi
conofceva in quelli, che feguitava la traccia dello ftile buo-
no , e quando per neceliìtà lo accompagnatura con qualche
paefe lo faceva faporitamente e per la buona , ed ottima
ftrada ; ma non terminava il tutto con efatta perfezzione.
Nel Pontificato d'Innocenzo X» fu introdotto nella gra-
zia del Cardinal Ailalli allora Card. Padrone ρ e con quefta
cono-
^66
Ν I.
Ν ϊ
conofcenza fi refe familiare il Marchefe Ailalli fratello del
Cardinale , che fi valfe del Canini, ed in particolare nel
Caftello di Sambnci paiTato Tivoli , che è il titolo del fuo
Marchefato, ove dipinfe alcune cofe per la Chiefa , e per
il fuo Palazzo.
Aveva gfà avuto da fare i due quadri laterali nella_i
Chiefa di S. Gio. de Fiorentini per la Cappella del Sig.Vin--
cenzo Baccelli fatta riilaurare , ed ornare di ilucchi dora-
ti, e di pitture confervandovi le cofe già fattevi dal Teni'
peila , e dal Ciampelli . In mio di quelli due quadri è la
Converfione di S. Paolo , quando Criilo lo fgrìdò dal Cie-
lo , perche Io perfeguitava , e in quello all' incontro Criilo
rifufcitato , che avendo con-vocati tutti gli Apoftoli dice a
S. Pietro : Fdfce oves meas j ambedue nel fuo folito itile j
ma in quello di S» Pietro vi è Γ accompagnatura di un bel-
liiTimo paefe. Nel difegnare continuò Gió. Angelo per iem-
pre quel fuo buono ilile ufato , e nel vedere i fuoi difegni
non pareva il medefimo , che dipingeva tanto vi era di
differenza .
Si mantenne nel fuo poilo , e fempre accreditato ad
un fegno fino al Pontificato di AleÌTandro VII, che fuccef-
fé ad Innocenzo, ed in quefto tempo fi andava trattenendo
nello ftudio di quel fuo libro di ritratti di uomini illuilri,
C di deità di Gentili cavati da Carnei , da intagli , e da balli
rilievi antichi, fatica, che fe andaife feguitando con ordì·-
ne cronologico compitamente farebbe degna di molta lode,
è di gran beneficio ai curiofi .
Dovendo andare il Card. Chigi in Francia per l'aggiu-
fìamento deir Ambafciatore di Crequi pensò condurfi feco
un Pittore , il quale aveife abilità di riportare in difegho
alcuni de'luoghi più particolari , e principali , che fono frap-
pofti a tutto quel cammino. Gli fu propoilo Gio. Angelo,
ed egli ne reitò fodisfatto , e per verità il Card. Chigi eb-
be un foggctto aiTai valido per queft' ufo. Giunti che furo-
no
Gì Ο. ANGELO C ANINL·
no in Francia, ed avendo il Canini fervito per la via S, E. fi
trattennero colà qualche tempo per aiTodare quell'intereiTe,
ed intanto il Canini afpettando la congiuntura prefentò al Re
quel fuo libro di ritratti già intagliati a bulino, e S. M. lo
gradì , e glie ne fece conofcere i fegni , perchè lo regalò
di una collana d' oro · Finita la funzione del Cardinale , fi
volparono le vele per lo ritorno a Roma, e quivi giunti con-
tento Gio. Angelo di quello viaggio > benché non fodisfattoj
prGieguiva le fue folite operazioni.
Di li a non molto , che fu nel , fopraprefo da
una lenta infermità cagionata da molti difordini , da varie
caufe di bagordi, ed altre cofe non necclTarie a dirii , fu
necefiìtato a fermarli nel letto, ed aggravandofegli il male
per qualche mefe , alla fine dopo avere ricevuti li SS. Sa^
gramenti morì d* anni quarantanove di febbre maligna. La-
fciò erede dì quel poco che avea Marc'AntonÌo fuo fratel-
lo, che gli fece nel funerale quell'onore poiTibile alle fue
forze . 11 coftume del Canini fu affai difcreto , civile, favio >
ed oltremodo modello , avendo gran riguardo a non eiTere
di offefa a neiTuno così in fatti come in parole, Di prefenza
non fu molto gradito , eiTendo piccolo di proporzione , e di
3<ì8
vita compleiTo, e nerboruto. Ebbe la voce nel parlare alquanto
rauca, e fottile, che pareva una canna fpaccata , ma era
eloquente, ed erudito nelle materie di antichità . Difegnò
affai bene, e di buona maniera , e fe aveffe accompagnata
il colorito al difegno, farebbe flato un gran Pittore, ^ier^
che iìava attaccato al gufto Caraccefco ; ma non fece quella
riufcita , che dimoerò neYuoi princip;. Dilettandoli affai di
poefia diede anche in ciò faggio del fuo buon ingegno. Se
foffc viffuto qualche anno di più avrebbe avantaggiato il fn<>
ftile, € la fua fortuna »
GIO^
-ocr page 386-3^9
DETTO
Morì V Anno 1666,
Ν var; modi fi ragiona dell' origine, e de'pri-
mi ilDdj di Gio. Francefco Barbieri detto iÌ
Guercino da Cento , Io che è un argomento
della fua incertezza , QLiello che io fono per
dire mi è flato aflìcurato da perfoiie fue ter-
razzane, e tal quale lo efpongo nella mia ilio-
ria , nulla premendomi, che fia preferito all'altre opinioni.
11 vero merito del Barbieri nafce dal fuo fapere , e non ha
bifogno d'altro a])poggio per renderfi rifpcttabile ad ogniu-
no di noi , che ne conofciamo il valore . Diceiì adunque ,
che Γ anno i')90. Gio. Francefco nacque in Cento terra tra
Bologna, e Ferrara, foggetta nell'Ecclefiaftico al Bologne-
fe, e nel Temporale alla giurifdizzione di Ferrara. Il Pa-
dre fuo chiamoffi Andrea , ed era povero contadino , cho
viveva andando appreiTo ai carri da Buoi , che portavano a
Bologna legne, e fafci. Menava feco affai fpeiTo quefto fuo
piccolo figliuolo, fervendofi di lui per guida del carro , e
per folleciiatore degli animali . Coli' occaiìone , che li Ca-
rocci dimoravano in Bologna portando loro bene fpeifo dei
fafci , e delle legne 3 quando Gio. Francefcp -entrava nella
fìanza ove lavoravano fi fermava come incantato a vederli di-
pingere , ne fapeva da loro partirfi . EiTendo oiTervato da Aii-
nii)ale , e dagli altri ci fecero rifleifione, ed un giorno , che
fìava così intento alla loro operazione , gli diiTe Agoftino ,
imparerefti tu a dipingere ? al quale rifpofe francamente j
sì, che io imparerei . Vien quà replicò fa così, e feceli un
mezz' occhio colla penna, e glie lo diede acciò feco il por-
taiTe per imitarlo . Con allegrezza non ordinaria il prefe
Gio. Francefco , e giunto a cafa con grandiillma preilezza
11 pofe a copiarlo , ed avendone fatto una buona quantità
affai comodamente bene , e ritornando a Bologna parevagli
miir anni di moftrarlo ad Agoftino. Quando egli lo vide ,
forprefo dallo fpirito del giovinetto, lo portò ad Annibale,
e a Lodovico , e andarono tutti tre ugualmente quando Γ
uno , e quando Γ altro feguitando a dargli dell* efemp; ac-
ciocché ftudiaiTe. Intanto egli tirato da una violenta volon-
tà , oltre i difegni del Maeftro , difegnava Pecore, Buoi ,
Cavalli, Paftori , gruppi di figure rufticane ad ufo di quel
paefe con tale imitazione, e naturalezza , che li Caracci
ammiravano tanto talento.
Fattofi ardito, ed animato nel difegno > nel quale non
inai β. fiancava, cominciò a prendere animo nel colorire ,
ed in vece di copiare le pitture degli altri, li diede ad
imitare, ed a ritrarre alcuni viiàggi de' fuoi confanguinei ,
tanto di uomini, come di donne , e feguitando a prender
pratica in quefto efercizio, fi impadronì a poco a poco del
colore , che lafciava vedere alcune cofe di fua mano non
difpiacevoli . Era cosi applicato allo fl:udio , che non perde-
va mai un ora di tempo , ed avendo del continuo avanti
agli occhi quegli oggetti rufticani di volto, dì coflumi , e
di veftimenti, s'imbevè di quelle idee poco civili, ^d an-
dò del continuò feguitando in una maniera piuttofto rozza.»
che altro.
Dai Caracci non apprefe altro j che una certa direzzio-
ne
$70
barbieri
iie al buono , ma formandoiì di fuo genio la maniera , e
irnitando rcligiofamente il naturale^ ufci fuori con uno ili-
le nuovo di colorire di gran forza, e valore, facendo in
eiÌo fcoprire un ardimento di fcuri gagliardi, ma con gran
dolcezza per Γ unione , con che accompagnava infieme il
chiaro , e Io fcuro con mirabile artificio , e rilievo . Per-
che vedeva che li Caracci prevalevano neiraccompagnamen-
io de' paefi > anch' egli fi diede a iludiarli, ma con diver-
fo itile feguitando la traccia di quelli, ed eiTendogli di gran
giovamento Je contigue campagne , e fui rufticani della fua
terra nativa , dove dimorò gran tempo , fi refe padrone
di una certa forma di paefaggiare, che accompagnava ailai
hene le fue figure , e concordemente «
Un Abbate dell'Ordine de'Canonici Regolari di quelli
di San Pietro in Vincola Bolognefe, chiamato il Mirando-
la , coir occafione che Gio. Francefco andava fpeiTo a Bo-
logna, vedendo alcune cofe dipinte di fua mano invaghitofi
di quella fua nuova maniera, fe lo fece amico , e perche
era uomo aiTai conofciuto gli procurava continue occafio-
ni. Portò il cafo , che fi doveva fare un quadro d' Altare
in una certa Chiefa di San Gregorio di Bologna , e quefto
'Abbate procurò con quelli , che ne avevano Γ incomben-
za , che la dipingeiTe Gio. Francefco , e ne ebbe il fuo in-
tento . Prendendo egli animo da cagione cosi bella , e da_j
lui molto defiderata , li diede con ogni affiduità , ed appli-
cazione a dipingerlo, e dovendoli fare Maria Vergine eoa
alcuni Santi , fi portò a fegno , che quefto è uno de' buoni
quadri, che ufciife dal fuo pennello. Finito che lo ebbe ,
lo portò a Bologna al Monaflero del detto Abbate , il quale
vedendolo ne reilò molto fodisfatto , ed in fatti vi è no-
biltà nella maniera, toltone però il fembiante di Maria Ver^
gine, nel quale ha fatta un aria di tefta, ed un portamen-
to affai rufticano. Veduto che l'ebbe l'Abate gU doman-
dò delle fue preteniioni circa il prezzo per poterli regolare
A a a 2. con
371
Gì ο. FRANCESCO
quelli, che ne avevano la'cura . Gio. Francefco timido co-
me è folito di ciafcheduno. quando "fi trova in quefl-o ci-
mento, dubbiofo nel chieder molto Hi fpaventare, e nella
fcarfa domanda di non pregiudicare fe lleiTo fi rimetteva in
lui. Replicando l'Abate la richieda , defidera^^a la Tua in-
tenzione per poterfì ftradare con quella · Vedendofi egli
aftretto , diiTe fe pare a Voitra Riverenza trenta icudi ; fe
nò , facci quel, che giudica conveniente. Orsù rifpofe que-
gli, farò ogni poiTibile per fervirvi. Il giorno feguente fat-
tolo andare Γ Abate in camera fua , gli contò fopra di un
tavolino trenta feudi di moneta , e gli diiTe fiete contento?
al che rifpofe ; oh Padre non credeva tanto, Orsù afpettate
diiTegli ί e feguitò a contare fii^. ad altri trenta, ed egli re-
plicò, che fa Voftra Riverenza ? e non reftando egli di con-
tare feguitò fino alli cento . Sdegnato, e confufo Gio. Fran-
cefco gli rimandò indietro tutta la moneta , dicendo Pa-
dre non sò perche Voilra Riverenza fi voglia burlar di me?
Quefta quantità di denari non mi viene, perche non la me-
rito , e il buon Abate feguitando fino ai 200, gli diiTe ; pren·^
dete quello è il prezzo che ho cavato dal voilro quadro ,
il quale è riufcito di molta fodisfazzione di quei Signori ;
iludiate, ed attendete, che non vi mancheranno occafionì ·
Stordito Gio. Francefco di cofa tanto inafpettata, e paren-
do reftarne ofFefo nella cofcienza, eiTendo egli ftato femprc
aiTai fcrupolofo, non arrifchiava di prenderli, dicendo pa-
rergli una gran diforbitanza . Veramente fu una infolita for-
tuna , perche ciafcheduno nei princip; incontra durezze, e
IVenture infoiFribili.
Inanimito dal guadagno , e dalla buona congiuntura 15
diede a ftudiare alfiduamente , e fece quel libretto degli
Elementi dello ftudio per i principianti del difesno, che va
intorno ftampato così gradito, e di itile aiTai buono, e ri-
guardevole. Avanzatofi nell'acquiilo, e nella pratica fe ne
pafsò a Venezia per dare wna vifta ali' opere di Tiziano ,
del
-ocr page 390-del Tintoretto, dì Paolo Veronefe , del BaiTano, e di aU
tri di quei celebri Maeftri ; del che ^appagai oli non vi, di-
morò gran tempo; ma ritoriiatofene à Cento da lui chia-
mato la fila terra diletta, per eiTergli patria, fe ne viveva
tranquillamente col guadagno delle fue operazioni. Si rifol-
vè alla fine divenire a Roma, e fu nel tempo di Paolo V"
quando era in gran grido Michel'Angelo da Caravaggio .
Piaceva aiTai al Barbieri quel modo di dipingere tutto ge-
niale al fuo ftile, e fi andava contenendo in quella manie-
ra gagliarda ϊ e vigorofa, la quale era fua propria. 11 Ca-
Tavaggio nel vedere l'opere di Gio. Francefco li rallegrava,^
parendogli di avere nel numero de'fuoi imitatori Vn "uomo
di qualche valore, e ftima, ed erano divenuti cordialiffimi
amici , In quel tempo fi negoziava l' opera della cupola
della Chiefa nella quale è la Santa Cafa di Loreto , e dop-
po varietà di pareri nel darla ad un Pittore di qualche fa-
ma , per eiTere quella opera di confiderazione , e riguarde-
vole , fi conclufe dai Deputati nella Perfona di MicherAn-
gelo per eiTer egli di ftima univerfale in una nuova ma-
niera . Ma perche il concetto della fua perfona, quanto al
coftume , era finiftro per la fua beftialità , ftavano alcuni
altri perpleflì. Penfando di dargli un compagno moderato,
e ben compofto come per freno delle fue furie , eleiTero
Gio. Francefco , il quale era uomo quieto pacifico, e timo^
rato di Dio ; tanto più che pareva a quei Signori , che in
loro foiTe gran fomiglianza nel modo di dipingere. Anda-
rono a trovare il Barbieri , e gli conferirono queito loro
fìabilimento , imponendogli , che andaiTe a comunicarlo da
parte loro col Caravaggio. Andatofene il Barbieri allegra-
mente a trovarlo a cafa, perche paiTava tra di loro buona
amicìzia Io accolfe il Caravaggio amorevolmente non fapen-
do quello , che voleva trattare con eiTo lui . Allora era la
flagìone dell* Inverno , e lo trovò aiTìfo al fuoco , che fi
fcaldava, Dopo averlo riverito, ed eiTendofi anche egli af-
fifo
37Ì
G I Ο. FRANCESCO
ilio accanto al bragiere così β introdiiiTe a favellare , Suppon-
go Signor Michel' Angelo, che a iin d'appreiTo v'i mmagi-
niate la ragione della mia venuta ; ma quando quefto non
lìa, mi dichiaro che fono per parlarvi con ogni apertura ,
e lìncerità , Qiiefli Signori Deputali della S, Cafa, come già
ben fapete , hanno eletto voi per Γ opera della cupola , ma
non sò da qual genio mofiì, hanno deHinato me per yoftro
compagno in quefto lavoro. Sono venuto dunque non folo
per darvene parte; ma per eiìbirmi in queilo particolare.»
non per compagno , ma per dìfcepolo , per fuddìto , ed an-
co per voftro Servitore,, rimettendomi del tutto al voftro
arbitrio , ed alla voftra difpofizione fenza replica , nè do-
glianza alcuna # Quando il Barbieri efponeva quefto fuo fen-
timento, teneva Mìchel'Angelo in mano quel ferro col qua-
le fi và attizzando il fuoco , e mentre quegli s'affaticava
air efpUcazione del fuo defìderio, percuoteva il Caravaggio
la terra con quello fenza intermifiìone, Avendo Gio. Fran-
cefco terminato il fuo dire β rivoltò a lui quella fiera in-
domita con ira grandiiiìmà, e tutto rabbia così li rifpofe ;
che fiete venuto per burlarmi ? che mezzaria è quefta 2
Qiianto alla cupola ο farà tutta voftra , ο tutta mìa ? ed
andate a fare i fatti voftri, che io non vi voglio più fen-
tire, e levatofi in. piedi, voltandogli Je fpalle fi partì da quel-
la fìanza lafciandolo tutto confufo j ed intimorito , dubitan-
do di qualche beftiale rifoluzione , com'era folito . Vedendofi
il campo libero il Barbieri prefe ja via delle fcale , e fe ne
andò con ogni foilecitudine , non parendogli vero d' ufcir-
ne fenza altro difgufto # Andò immediatamente a trovare
quei Deputati, e loro narrò quello, che gli era feguito col
Caravaggi· . Quei Signori difciolfero in tutto il trattato dell*
mio , e dell'altro non volendo Michel' Angelo folo per le
fudette ragioni , e non iftimando btne ftringerfi con Gio.
Francefco per non apportare qualche jnconvei^iente d'inimi-
cizia fra di loro, ed eiTere cagione di qualche rovina , e
J74
Γ
BARBIER r.
conclurero col Cavalier Criftofaro delle Pomarancìe corno
oggi giorno fi vede in quell'opera. Reftò il povero Gio. Fran-
cefco con mala fodisfazzione per eifergli mancata qiieft'oc-
caiìone, al che il aggiungeva la perdita dell' amicizia de!
Caravaggio, perdita accrefciuta dal timore dell' indignazio-
ne, di quel cervello torbido, capace di prendere contro di
lui qualche ftrana rifoluzione, come caufa, che a lui ve-
niiTe tolta quell'opera} per lo che viveva malinconico, pa-
rendogli di eiTere abbandonato dalla forte ·
In quefio tempo pafsò a vita migliore il gloriofo Pon-
tefice Paolo V", e dopo la vacanza della Santa Sede di tre-
dici giorni fu eletto Gregorio XV. Quefto Pontefice per ef-
fer Bolognefe diede grande animo a Gio. Francefco, perche
come fuo nazionale fperava qualche follievo, e gli forti per
Γ appunto . Li fuoi nipoti diedero principio ad una Villa fo-
pra il Monte Pincio attaccata alla Porta Pinciana , ed or-
nandola di Palazzini per renderla più cofpiìcua penfarono an-
che di far dipingere alcune volte, e camere di queicafini.
Era fiata data la cura di queilo al Marchefe Enfe Bentivo·
gli paefano, e familiare di efll nipoti, il quale eiTendo Ca-
valiere di fpirito , e di buon ingegno teneva amicizia con
tutti i Pittori, e Scultori più rinomati di queir età . Dopo
avere propoili al Card. Ludovifi il Domenichino , l'Albani,
e il Guido come Bolognefi, gli diiTe j vi è quefto Guerci-
no , 0 lofchetto da Cento , che anche egli fì porta aiTai bene,
e ne potrà fare cfperienza . Introdottolo alla fua prefenza
nel vederlo diiTe cosi pianpiano al Marchefe . L'avete chia-
inato per lo fuo nome a dirgli Guercino, ne più cadde per
terra in lui quefto foprannome ; iìcchè anche noi per l'av-
venire faremo neceffitati a chiamarlo il Guercino. Gli die-
àe il A^archefe a dipingere la volta del piano terreno del
cafìno piccolo? nel quale dipinfe a fecco l'Aurora che tie-·
ne occupata tutta quella volta. Rapprefenta qnefta foriera
del giorno inghirlandata di fiori , che fpunta dall' eftremo
di
375
di un Orizzonte fopra il fuo carro tirato da quattro deftrie-
ri ; da utia parte fi fcorge il vecchio Titone che vedendola
partire dal fianco tiene le braccia aperte per ripigliarfela .
AI di fotto vi è una donna che dorme, la quale rapprefen·
fa la notte , e tiene un putto addormentato , che dimoftra
eiTere il fonno . dipinta in quel fuo itile gagliardo ^ e
naturale , ed è per verità maravigliofa ad eiÌer confierata >
ed ammirata , moftrando tanta facilità , e pratica in una_>
operazione difficoltofa , e tii pena . Fece anche un paefe pic-
colo a frefco in una volticella di un camerino contiguo ac-
compagnandone uno del Viola, uno del Brilli, ed uno del
Domenichino , e rapprefentò la parte di un giardino , nel
quale tra gli fcherzi di alcune fonti reilano ingannate cer^
te Dame , venendo bagnate da molti occulti zampilli .
Perche il Card, Ludovifi reftò di lui fodisfatto , con or-
dine del Papa gli fu data una delle tavole grandi della Chie*
fa di S. Pietro i e procurò, che il Card. Scipion Borghefe
Penitenzier maggiore, e del titolo di S. Grifogono, il qua-
le faceva rìftaurare, e ridurre nella forma che ora fi ve-
de la Chiefa di queito Santo nella regione di Traftevere ,
gli defse a dipingere il quadro del foffitto nel mezzo del-
la nave maggiore di quella Chiefa . 11 quadro è dipinto ad
olio, ed è di una forma ftravagante per avere le due par-
ti eftreme di fopra, e di fotto in femicircolo figura necef-
faria per accompagnare tutto Γ ordine del ripartimento del
foffitto. Rapprefenta il Santo in abito di Soldato , che fe ne
vola dopo il trionfo dèi fuo martirio alla gloria de' Beati
portato fopra le nuvole da alcuni amorini celefti, i quali
tengono per trofeo la fpada con cui fu decapitato , e la
palma in fegno del fuo martirio . Vicino alla gloria vi è un
Angelo in età adulta, che fuona il flautino , ed altri ac^
ctmpagnamenti . Quefto quadro è di mirabile artificio, e
fe ci fofse accompagnata una nobiltà nel coftume, quale fa-
rebbe conveniente ad un foggetto fimile , farebbe impareg-
gi abi-
barbieri
«labile per la forza , c dolcezza del colorito 5 per altro è
quadro degno di eiTere ammirato .
Nel medeiìmo t^mpo terminò il quadro grande di San
Pietro , ed è quello di S. Petronilla · Rapprefenta la Santa
morta, che viene feppellita dai Miniftri di quefta funzione,
e finge, che uno già calato nella tomba llenda le bracciaj
per prendere il cadavere, ed un altro vecchio avendolo le·»
gato con un lenzuolo il foftiene , ed ajuta a calarlo nel fe-
polcro . Vicino è la bara, ed alcune figure di donne, e
putti piangenti per la perdita, ed alcune altre figure fpetta-
tfici di così meila funzione . Nelf alto fopra le nuvole vi
è l'anima di lei veftita in forma di abito magnifico , la qua-
le in atto di umiltà fi prefenta genufleiTa avanti Gesù Gri-
llo noftro Salvatore , che afilfo in un trono di nuvole^
colle braccia aperte la riceve affiftito da alcuni Angioli, ed
amorini celefti, «d al di fotto è accompagnato il compo^
nimento da colonne , e piiaitri dimoftrando il di dentro di
im tempio . Queft' opera non è molto favorita dal lume »
eiTendo fituata in una delle quattro cupoiette di quella grati
Chiefa, ed è fotto la fineftra che illumina quel fito . E* di·
pinta in quel fuo itile di tinte, e di coftume, che mai non
iì accomodò ad un certo decoro, e convenienza di nobiltà,
ne di forme leggiadre dì attitudini , e di panneggiamenti ar·
tificiofi 5 ma fi posò Tempre in quella fchiettezza del natu-
rale , e fpeiTo più vile. Le figure principali fono di gran
proporzione aiTai maggiori del vero ; ma la Santa in gloria,
ilCriilo, e gli Angioli fono di aiTai minor proporzione, ne
fono diminuiti nella forza dell'ombre , e delia tintura , fio-
chè non bene fi addita quel componimento alla ragione del
chiarofcuro j e tanto più rapprefentando una gloria nella qua-
le dee apparire la dolcezza, e foavità degli fplendo ri.
D'indi a poco mancò il Pontefice Gregorio, che viiTe
Tempre indifpoilo nel Papato due anni , quattro mefi , ed
alcuni giorni, così cefiarono in lui le fortune, e ί favori,
57;
perche i Ìuol· amici padroni , e paeiàni reilaroìio privi di
autorità. Dopo fucceiTe nel Pontificato Urbano Vili, folto
il quale per eiTer Fiorentino cefsò Γ aura dei Bologneii co-
me di nazione divérfa . Il Giiercino trova^dofi in ifola, ed
avendo accumulata certa quantità di moneta , prefe rifolu-
zìone così chetamente di ritornarrene alla patria, e parti-
tofì da Roma per Bologna , fé ne andò alia fua Terra fa-
vorita di Cento , nella quale fece fempre dimora fino alla
morte di Guido Reni, che fucceiTe nel 1(54g. Quello, che
11 è detto di lui circa al giudizio del fu ο ftile , e del fuo
modo di operare, è quello, del quale ha fempre difcorfo
il comune , che sà ottimamente diftinguere le qualità di
ciafchedun Pittore, e non vi è del mio altro , che il fem-
plice racconto dell'altrui fentenza .
Aveva di già in Roma fatto il quadro dell'Aitar mag-
giore nella Chiefa delle Convertire al Corfo, nel quale di-
pìnfe S. Maria Maddalena pentita delle fue v^anità , e deYuoi
errori genuSeiTa in un duro terreno piangente le fue colpe,
e due Angioli affiftono alla fua penitenza , col prefentarle
avanti agli occhi quei chiodi, co' quali fu conficcato nella
Croce il noftro Redentore, e per indicarle U vera fperan-
za, che dee avere della propria falute, uno di loro le ad-
dita il Cielo, e la conforta in queir afprezza di tante or-
ridezze per fare acquiilo di un eterna felicità . A· dire il
vera quel quadro è impareggiabile , e nel fuo genere con-
tiene in fe un grande artificio di colore , e non riefce di-
fcaro nel coftume , e nelle fembianze , come alcune altre
opere ufcite dal fuo pennello.
Egli, come ha detto fempre il pubblico , non ebbe mai
gran facondia nel componimento dell'iftoriare, ne nel bel
modo di veftire , e di piegare i panneggiamenti ; ma^ ritro-
vandofi neir occafione di un foggetto non bifognofo di tante
cÌrcoftanze, gli riufcl geniale, e di tutto fuo gufto > ed in^
contro anche quello dell'iiniyerfale .
37»
r
Β A R ΒΙΕ RI.
Tornatofene a Cento vi dimorava con qualche fplen-
dorè di faina acquiilata , e fi rendeva preziofo aìla patria,
parendo ai fuoi paefanì di acquiilare riputazione per avere
fra di loro uno degli eletti. Per lo fpazio di dìcianove in
venti anni dimorò il Guercino per Tempre nella fua rocca
diietta contento di quell'onore, e di quell'utile , che ri-
ceveva per lo concorfo, che a lui giornalmente veniva da
tutte le parti dei mondo, e di ordine di tutti i Potentati ,
Principi, Perfonaggi, Cavalieri , e Keligioiì diverfì j iicchè
egli, per isfuggire la confufione della quantità de'quadri a
lui commeìTi , fcriveva dietro la tela il nome di quello ,
che Io aveva ordinato, e perche non gettava mai il tempo
nell'ozio, rendeva a ciafcheduno fodisfazzione colla folle-
citudine , e ne veniva pagato affai onorevolmente .
11 defcrivere tutte le cofe, le quali fece nello ipazia
di quegli anni, così come farebbe una fatica , e lunghezza
non ordinaria , farebbe anche infruttuofa , e di tedio , co-
me di cofe non permanenti in un luogo particolare . Sola-
mente qui in Roma dipinfe per il Card. Gefìi due quadri,
i quali fono in S. Niccola a Capo le Cafe, uno con S.Gel-
truda, e S. Agnefe, Γ altro con S. Agofììno . In eifo vi è
nel mezzo S. Agoitino aOifo fopra di un faffo in atto di pre-
dicare , a deftra S. Ciò. Battifta in piedi, ed a iìniftra S.Pao-
lo primo Eremita pure affifo colle braccia riilrette al petto ,
e neir aria due amorini volanti .
Morto , che fu Guido , parendogli di eiTere rimafto
privo di quel grand'emulo rifolvè di condurfi , e fermarff
in Bologna, ed avendo da Signori Manzoli comprata una
cafa dietro rArchiepifcopale, la compì, ed a fuo compia-
cimento Γ ornò , nella quale 11 aggiuilò con magnificenza
degna di un fuo pari, Avendo mutato parere nella morte
di Guido di ftanziare in patria , mutò anche maniera nel
fno dipingere , ed avendo lafciata quella forza, ed ardimen-
to di fcuro fin a quel tempo maneggiata , diedefi ad uno iìi-
B b b 2, le
579
le delicato, e foave parendogli così di fecondare il gu^o
deir univerfale. S'ingannò con queila novità , perche die-
de in una debolezza poco gradita ( così dicevano i buoni
ProfeiTori ) , ed in una maniera languida , e di poco vigo-
re , e così interviene a ciii vuole innovare le cofe già pra-
ticate colla commune fodisfazzione.
Si mantenne fempre con decoro, e civiltà , e nella Tua
cafa eravi continuo concorfo j a paticarlo era alquanto roz-
zo nel tratto, poco affabile, e nel difcorfo non aveva mol-
ta amenità, e poco ufciva dai confini della propria profef-
iìone , difcorrendo però a fuo modo , Per proprio tratteni-
mento teneva in cafa un animaluccio chiamato Gattino mam-'
mone, il quale per e/Ter giocarello, e faceto era il fuo paf-
^fatempo . La notte fe lo conduceva a dormire nella iileflfa
fua camera , ed ivi fe ne flava tutto quieto dormendo in
un luogo afsegnatoli £n al giorno ; quando vedeva efser tra-
fcorfa Falba, e che appariva l'aurora colla vicinanza del
giorno eftendo defto fallava fopra il letto del Guercino , e
procurava deftarlo con tirargli il nafo, ed egli per prenderli
fpafso fingeva di dormire ; refafi quella beftiola impaziente
gli apriva con deftrezza le palpebre , che teneva chiufe ,
lìcchè aprifse gli occhi , e fi fyegliafse onde il Guercino
per fodisfarla moilrando di deftarii del tutto difcorreva , e
giocava feco con molta fodisfazzione, e mentre egli iì ve-
niva gli andava il mammoncino fomminiftrando alcuna co-
fa del veftimento . 11 giorno fe lo teneva nella ftanza do-
ve lavorava , e feco di quando in quando fi prendeva pia?·
cere . Avvenne un cafo curiofo e di gran diletto al Guer-
cino ; mentre flava al fuo folito a dipingere , ed efsendo
da lui come giornalmente avveniva andati alcuni Signori ^
quando quegli partirono, posò egli la tavolozza, e i
>neliì fopra lo ibabello nel quale fedeva, ed andò per fervi·»
re dì accompagnamento a quei Cavalieri . Reflato il Gatti-
no folo nella ùunzs. diede di mano ai pennelli > ed alla ta-
. voloz-
58 ο
Β A R Β I E R I.
volozza, per operare ad imitazione del padrone fuo y e
contrafaceva tutti i geftì nel modo di dipingere , con fre-
gar il dito fopra la tela tirarfi indietro per veder l'opera
in dìilanza, maneggiare il pennello con isfarzo , ficchè egli
tornando nel!' apparire alla porta della ftanza vide Γ anima-
luccio , che con tanta grazia attendeva ad operare, Ferma-
tofi , e chiamando tutti di cafa fi trattennero un poco fpet-
tatori di quella curiofità , e quello avvedutofene ii fermò,
e fuggì ; ma entrato egli dentro Io prefe imbraccio , e fa-
cendoli molte carezze il refe confolato per quello, che ave-
va fatto , temendo come male dì tiTerne punito , benché
non faceiTe male di alcuna forte . Quefta fua diletta beftio-
lina per rabbia, ο per invidia di qualche beilione indifcreto
fu avvelenata , e fi morì con uno ilrazio crudele di acer-
biiTimi dolori, facendone dimoftrazioni con affanni eilerni,
e lamenti a fegno, che inteneriva chi ne era fpettatore , II
Guercino fe ne prefe tal compafilone che fe ne dolfe ama-
ramente , e fdegnoifi di un azzione così fcortefe, anzi fe
aveiTe potuto penetrare l'autore di quefta iniquità ? fi fareb-
be inoltrato a fentimenti forfè fcandalofi j tanto gli di-
fpiacqiie .
Egli col piacevole trattenimento del pennello fempre
con profpera falute fi portò fin all' età d'anni 80. incirca J
finalmente nel 1666. pagò il tributo umano alla natura con
una breve infermità di tre in quattro giorni , e quafi per
rifoluzione di vecchiaja fi mori con fentimenti di pietà , e
di fede cattolica accompagnato dai SS. Sagramenti della Ghie-
fa, lafciando ad un fuo nipote tutto il fuo acquiftato , eh'
era una competente quantità di migliara di feudi , e per lo
più denari effettivi, cafa, e mobili di confiderazìone, com-
prefovi argenterie con altre commodità riguardevoH . Quan-
do egli disloggiò da Gento , e fi ilabilì in Bologna era di
coftumi rozziffimo, indifcreto ed incivile più atto a com-
mettere mancamenti, che atti di civiltà j ma col praticare
Tufan-
-ocr page 399-F ufan^ia cittadina guadagnò un modo piuttofto difinvolto >
e cortcfe , e fi rendeva meno .abominevole , ed odiofo
nei praticarlo. E* ben vero, che i fuoi congiunti di cafa-j
non poterono mai lafciare quel coftume nativo del villag-
gio , e davano colla loro ruftichezza poca fodisfazzione a
quei, che praticavano la fua cafa , ficchè molti fi ailene-
vano di frequentarla. Fu il Guercino di prefenza non^mol-
to grata, e nel fuo vifo era dipinto il difpetio a pieno ca-
rattere , ed eiTendo nella guardatura difettofo teneva gli
occhi quafi fepolti neirincaiTatura . Nel dìfcorfo era iname-
no , ed infipido , ne fi curava di praticar molto, ne che
alcuno andaiTe a trovarlo per conofcerlo , rendendofì poco
obbligante a chi ci andava, e non voleva intorno fe non al-
cuni de'fuoi diTcepoli, Poco di cafa ufciva , non avendo al-
tro diletto che dipingere , e ilare nella fua folitudine - Fu
uomo candido nel coftume di vita efemplare , divoto, e raf-
fegnato nel fanto timor di Dio j qualità tutte degne, e con-
venienti a buon criiliano, e ad un vero virtuofo, modeilo
nel parlare, timido, e poco vago nel fentirfi lodare alla fua
prefenza .
ARCHITETT O
Morì Γ Anno 1667,
Acque Francefco Boromìni in BiiTone luo-
go della Diocefi di Como nel Milanefe il
dì 2$. Settembre l'anno i-jpp. Suo Padre
chiamavafì Domenico di cognome Cailello,
e dopo pafsò a quello di Boromiiio . Sino
all'età di 15. anni fi trattenne in quella^
terra infieme coi fuoi parenti , ma per ap-
plicarfi a qualche efercizio , nell* anno quindiceiìmo di fua
età fi parti da cafa, e fe ne andò a Milano, dove fi die-
d€ al lavoro d'intagliatore di marmo con grande aflìduità,
e diligenza . Alla fine gli venne defiderio di veder Roma,
della quale Città fentiva del continuo rapporti di occafìoni
da avantaggiarfi negli iludj , e nelle opere; e volendo fo-
disfare queila fua curiofità vi fi trasferì con tutta diligenza ,
Nel tempo , che Francefco pafsò in Roma , cioè nell'
anno 1624,, principiava il Pontificato di Urba.no Vili., il
quale fu un Pontefice ameno, e vago di magnificenze, e di
curiofità . Copriva allora la carica di Architetto dì S.Pietro
in Vaticano Carlo Maderni, il quale era di lui paefano , e
parente ; la fperanza della fua direzziotìe lo conduiTe a Ro-
ma, la quale non lo tradì ncll'efito , ricevendo da quello
«ìegr impieghi per il fuo efercizio, La parentela, che paf-
fava tra Francefco ί e il Maderni, era per cagione di don-
na, la quale non aftringeva gran cofa j tuttavia la fua di-
3 Si
sss FR ANCESCO
ligenza ; ed aflìduità d'intagliare il marmo lo rendeva ama-
bile a Carlo , che non lafciava di impiegarlo continua-
mente nel lavori della fabbrica, i quali erano frequenti ,
e di confiderazione, an2i lo proteggeva, e lo favoriva con
ogni caldezza ,
Nel tempo , che Francefco era impiegato nel lavoro
degl' intagli di marmo , feguendo Γ applicazione particolare
del fuo genio , nel tempo della colazione , e del pranzo
ritirato da fe folo difegnava accuratamente molte parti del
famoiìiTìmo tempio di S.Pietro , e innamorato , com'egli di-
ceva , dì queir Architettura ingegnofa di Michel'Angelo Buo-
narroti , ne faceva itudio particolare. Avvedutofi di que^
fto il Maderni, ed oiTervando l'efattezza , e pulizia del fuo
difegnare, lo volle appreiTo di fe , fervendofi di lui per ri-
portare in pulito le fue invenzioni, le quali lafciava inten-
dere con un femplice fchizzo , e primo motivo ; e perche
reftava da Francefeo efattamente fervito , ne teneva conto
non ordinario facendolo però feguitare il fuo efercizio d'
intaglio , che a lui ferviva di utile, e benefìzio.
In quegli anni morì Carlo Maderni , e vacò la carica
di Architetto della fabbrica ^ ma perche neir affetto , e ili-
ma del Pontefice Urbano era in primo grado il Cavalier Gio.
Lorenzo Bernini fuo favorito, il fece fuccedere nel luogo
dei Maderni . Prefo dal Bernini il poiTeiTo di quella cari-
ca , fi avvide deli' abilità di Francefco, non folo nella di-
ligenza dell'intaglio, ma neirintelligenza dell'Architettura;
lo procurò fùo aderente, e fe ne valfe in tutte le occafioni
di fabbriche, che intraprefe nel Pontificato d' Urbano . Si
avvedeva , che nel ricapito de' partiti, nella erezzione del-
le piante > nella efatta diitribuzione delle parti era aiTai va'·
lido Francefco , e quefte qualità facevano per appunto al fuo
bìfogno, che lo efimevano da molte brighe, alle quali egli
non poteva attendere con tanta afilduità per altre fue appTi-
cazioni della Scultura.
38f
Il primo impiego confiderabile , che ebbe neir Archi-
tettura il Bernino , fu il Palazzo de* Signori Barberini alle
quattro fontane j e benché non foiTe alzato dalla pianta, tut-
tavia Γ aggiunta , Γ ornamento , e la diUribuzione , colIa_>
quale fu accrefciuto , ornato, ed annobilito , portò feco qual-.
che difficoltà , che richiefe tempo , e diligenza . In quei
medeiìmi giorni ebbe il Bernino molte occafioni nel Tem-
pio di S.Pietro, nelle quali fi valfe medeiìmamente di Fran^
cefco, a cui fi raccomandava perche non Γ abbandonaÌTe in
tante fue neceilìtà ; e per renderfelo obbligato , ed amore-
vole procurava di guadagnarfelo con gran generofità di lar-
ghe promeiTe . Malgrado però tutte quefte belle parole quan-
te occafioni d'intagli fuccedevano nella fabbrica faceva ca«
dere nelle mani di un tale Agoftino Radico cognato di Fran-
cefco, proteftandofi, che anch'egli doveiTe entrare nella par-
te del guadagno. Con ciò fperava fufficientemente allettar-
lo affinchè ftaiTe Tempre afiìilente al fuo Cervigio . V efito
di queilo guadagno della compag-iia di Agoftino , finalmen-
te fi fmafcherò, perche fi vide , che andava a finire in ma-
no del Bernino iìe/ib . Francefco avvedutofene benché tar·
di fi sdegnò col Radico lo rimproverò di mancator di pa-
rola, e di convenzione , e abbandonò colFamicizia del Ber-
nino ogni altra imprefa, e fi diede del tutto all'Architet-'
iura . La prima opera nella quale fece conoicerfi fu la Ghie-
fa , ed Μ Convento di S.Carlo alle quattro Fontane . E i^er
verità diede faggio di un ingegno mirabile , e di un efatta
finezza d'intendimento ; mentre nella fcarfezza di un luogo
così angufto, feppe diftribuire un abitazione con tante co^·
niodità , ed una Chiefa con tanta vaghezza, leggiadria , c
diftribuzione di Altari, di ripieghi , e curiofità così ben or-
nata, ricca, luminofa, che non vi è ingegno difappaffiona-
to , il quale non la chiami un miracolo dell'arte.' Li Pa#
<in della Chiefa Nuova di S. Maria in Vallicella dell' Orato-
fio inftituito da San Filippo Neri flabilirono di fatela loro
/ C c c abita-
m
abitazione, ed il luogo nel quale nelle fefte dal giorno di
tutti i Santi fino alla Domenica deìle Palme feguente fi fà
refercizio deìlOrazione con mufiche, e fermoni, e ne die-
dero la cura ai Boromini . Ne fu il motore il P. Virgilio
Spada , che fi era invaghito dell'efattezza , e diligenza del
Eoromini, riducendo egli il tutto nella forma che al pre-
fente fi vede .
Morì il Pontefice Urbano , e gli fucceiTc Innocenzo X,
il quale eleiTe per eìemofiniero fegreto il fudetto P. Virgi-
lio lo che fu di ajutoal Boromino per eiTere introdotto neWa
grazia del Pontefice . Quelli neiravvicinarfi l'Anno Santo
-del lii^o. ebbe intenzione di riflaurare la Chiefa di S. Gio-
vanni in Laterano, e per configlio di Monfignor Spada ne
diede rincombenza a Francefco . Egli fenz* alterare la pian-
ta, fenza muovere mura, e fenza fcomponimento del tut-
to , riduiTe quella parte di Chiefa così luminofa, ornata, va-
iga, e compita di tante curiofità , che al certo non può de-
iìderarfì d'avvantaggio, e con tanti capricci , novità , e biz-
zarie , che la rende mirabile. 11 Pontefice Innocenzo reftò
appieno fodisfatto del Boromini, e volle che egli profeguii-
fe la fabbrica di S. Agnefe in Piazza Navona , incominciataL
<ia Girolamo Rainaldi, contro del quale fi era fdegnato il
Papa, e ne diede la cura a Francefco. Diedegli altrefi Tin-
cumbehza di 'condurre Γ acqua della Fonte di Trevi-in Piaz*
Nav<ona, nel mezzo della quale avea penfiero di erige-
re que^tla guglia trovata ne! Circo di Caracaila vicifio a Ca-
po di Bove, la quale Fontana efeguì mirabilmente doppoi il
Cavalier Bernini . Per dimoftrazione di eiTere fodisfatto di
Francefco il Pontefice Io onorò della Croce dell'Abito di
Criilo ; dal che chiamoiTi Tempre il Cavalier Boromini f e?
'fu neiranno lóf^z- j accompagnando all'onor della Croce al-;
■cune migliara di feudi d' aiTegnamento , che fu il niaggiop
<:apitale di utile, che gli diede qualche comodo al viver fuo ,
Ebbe anche la carica di Architetto del Collegio dett»
di
-ocr page 404-di Propaganda Fide nella Piazza di Spagna fondato da Ur-
bano Vili, e fu fuo difegno , e ilruttura la fabbrica di queir
abitazione divifa in tante diflribuzioni dì comodità 5 di no-
biltà , e vaghezza con averci accomodato mezzanini, e bot-
teghe , che ferviiTero di commodo agii Artifti, come di bene-
fizio , e di utile al luogo . In^queila fabbrica fi im4>iegò Fran^
cefco nel Pontificato di Urbano , Innocenzo, ed AleiTandro.
Si impiegò anche nella fabbrica delle fcuole della Sapienza
di Roma , e compì tutto il quadramento di queir edifizio
colla Chiefaj e campanile, che gli riufcì molto curìofo, e
quella nobile, e comoda a tutti Libreria , che il Pontefi-
ce AleiTandro Vii. vi ilabilì con gran magnificenza.
Diede anche principio alla Chicfa di S. Andrea dellej
Fratte , cioè a terminare quel rimanente che vi manca ,
avendo penfiero farvi la cupola, la tribuna, e le braccia la-
terali j ma rimafe imperfetta forfè per la penuria del de-
naro , non vedendofi cofa alcuna , che abbia forma j che
un campanile non anche ben terminata. E* fuo capriccio la
Cappella alla man deilra nell' ingrefib della porta maggiore
di S.Girolamo della Carità, ove in cambio della folìta ba-
lauftrata , che rinchiude TAltare , vi fece due Angioli, uno
per parte , i quali inginocchiati tengono ilefo un mantile
pom' è folito per convenienza , e decoro , che fi ilende a
quei , che ricevono là Comunione , fingendo il rimanente
delle pareti nel profpetto , e ne laterali della Cappella un
nobile paramento di damafco fioraio dal quale pendono air
Clini ritratti ovati di marmo bianco in baiTo rilievo con fua
cornice di giallo , ritratti degli Avi de' Signori della famir
glia Spada, che fono padroni della Cappella. La volta è fin-
ta di mufaico con alcuni feiloni di fiori dipinti, ed alcu-
ne fpade sfoderate pofte fopra la cornice come a cafo pep
alludere ali' Arme di quella Famiglia . Riilaurò anche al
fuori la Chiefa di S. Gio. in Fonte in Laterano , col bat-
tefimo di Coilantino di dentp, com' anche la porta del Pa-
C c c 1 lazzo
-ocr page 405-sss FR ANCESCO
lazzo del Signor Principe Giuiliniani , la quale è verfo la
Chiefa di San Luigi de' Francefi, ed avendo principiato il
Palazzo de' Signori Falconieri alla Morte , lafciollo imper-
fetto perche morì lì Card, di quella famiglia ; ma da quei
medeiìmì Signori gli fu data la cura della loro Cappella del
Aitar maggiore di S. Gio. de' Fiorentini. E* fuo difegno la
piccola Chiefa rotonda avanti Porta latina . Difpofe parte del
Convento di S. Agoftino, ed ebbe la cura della Libreria , e
di tutta quella parte nuova, colla quale fu ingrandito , e
refo maeftofo tutto quel nobile edifizio .
Ad iiìanza del Card. Filomarini Arcivefcovo di Napc^
li fece la Cappella delia SS. Annunziata di quella Città ; ed
in Roma tirò a fine la Galleria , ed una parte aggiunta del
Palazzo dell' Emo Spada a Capo di ferro j e fu fuo capric-
cio quella fcala fenza gradini nel Palazzo del Card. Ulderi-
co Carpegna alla Fontana di Trevi, la quale riefce aiTai com-.
moda ) e vaga con molta curiofità j e riftaurò di quel Pa-
lazzo medefimo quella parte, che viene incontro alla Chie-
fa de' SS. Vincenzo , ed Anaftafio , che rimafe imperfetta .
E* fuo difegno anche il depofito del Card.Ceva eh' è in quel-
la Chiefa , la quale è unita con S. Gio. in Fonte , ed ulti-
mamente fece il difegno per la fagreftia, che per neceffi-
tk, e convenienza deve farfi in S.Pietro, ma fu fuppreiTo,
e non efeguito per politica . Finalmente nel mefe di Luglio
dell'anno 1557. diede in qualche indifpofizione , e fu ne-
celfitato trattenerfi in cafa / ed in Ietto per rinfermità , che
Io aggravava. Fu aiTalito da una febbre, che diede fegni
di qualche violenza, e malignità, e lo tenne in travagli al-
cuni giorni j fi refe cosi gagliardo il male , che Io fece
traboccare in delirio , dal quale fu trafporiato a fegno , che
ufcendo furiofo così in camifcia dal letto , e dando di ma-
no ad una fpada , che per fua difgrazia ten-eva in cafa, sib-.
derandola fe la cacciò nel petto, dalla qual ferita malcon-
do fu riportato nel letto, e dopo pochi giorni, cioè li due
389
Agofto feguente , fe ne morì con eftremo difpiacere di chi
amava le fue buone qualità , e il capriccio dei fuo inge-
gno . Fu fepoko nella Chiefa di San Giovanni de' Fioren-
tini , dentro la fepoltura medefima di Carlo Maderni, aven,
do lafciato alla figlia di detto Maderni cento doble per ra-
gione di detta fepoltura, nella quale fi compiacque di eiTer
depofto , tirato dairamore della parentela , e della fua pro-
feffione ,
Fu Francefco di buona prefenza , ma fi refe Tempre una
figura da eiTer particolarmente oiTervata , perche volle del
continuo comparire col medefimo portamento, e abito an-
tico fenza voler feguire le ufanze, come fi pratica giornal-
mente . Usò la randiglia alla fpagnuola , e le rofe tonde
alle fcarpe, e nella medefima foggia le legaccie alle gam-
be. Finalmente fece vedere , che alcuni fanno moftra di
quella cofa della quale ne'loro princip; non hanno dato mai
jfperanza alcuna, perche nella gioventù erafi efercitato nell'in-
taglio de' marmi, e fece poi un ufcita di Architetto fpiri-
toio, che comparve tra pochi nell'uguaglianza del valore ^
fe gli fi perdona qualche capricciofa irregolarità, ma fem-r
pre ingegnofa.
PIE-
-ocr page 407-390
Tetro Francefco Mola nacque nelU Citta di
Milano Γ anno Jóii, nella ftagione dell'Au-
tunno da Gio. Battifta Mola Architetto ,
che poco dopo pafsò a flanziare in Roma.-
Pervenuto poi Francefco air età di giovi-
netto, col coniìglio del Padre ί e dello Zio
fu applicato a fare il Pittore , e fu inviato
a Profpero Ori!, detto Profperino delle Grottefche , il qua-
le gli diede i principi , e lo tirò avanti nel difegno per
qualche tempo , Si levò poi da Profpero, ed andò dal Ca-
valier Giufeppe di Arpino , fotte la cui difdplina inconiin-
ciò a por mano ai colori j ma feguitava ad operare total-
mente nello itile, e nel gufto di Giufeppino , del quale fi
era fortemente invaghito . FattoO grande , il Padre lo inquie-
tava con continui rimproveri chiamandolo inabile, e infuf-
ficiente a guadagnarli il pane , ficchè non Io lafciava vivere
in pace, ed egh' pregava il Padre a foiFrirlo fin tanto, che
lì foiTe impoiIeiTato con più vantaggio nella profeilìone · Al
fine refoii impaziente dagl'indifcreti ftimoli del Padre fe-
ce rifoluzione di abbandonare la cafa , e Roma, e fe ne an-
dò con ogni celerità a Venezia, ove dimorò per molto tempo.
Avendo dato d'occhio all' opere di Tiziano , di Paolo
V^eronefe, e di tutta quella fcuola Lombarda ; mutò pare-
re, abbandonò affatto la maniera di Giufeppino , dandofi in
I tut-
'tutto al gufto di quel colorito. Si trattenne in caia di ua
Mercante Veneziano , il quale Io impiegav^a in farlo copia-
re le cofe degli altri. Faceva ancora .di fuo genio alcune^
opere, le quali non erano componimenti copiofi di figure
diverfe , e d'iilorie abondanti ; ma folo mezze figure , ο
altre cofe di non molta fatica , fempre in piccolo , e vi accom-
pagnava qualche fito di paefe di affai buono ftile .
Avendo acquiilato qualche guilo nel colorito , fentì non
poco ftimolo di rivedere Roma ove iì conofceva di poter
fare altra figura, che non aveva fatto per lo paiTato , ed
incominciò a far moftra delle cofe fue con un certo tin-
gere faporiio , che avevano grandifìiìma imitazione del Baf-
fano, coir efpreffione del coftume, delle forme, ed anche
del colorito di quel Maeftro, e procurava di imitare acci-
denti di animali, e perfonaggi vili, fimili a quello. Invo-
gliò alcuni di quefte fue novità. , ed egli , che Γι avvide ,
che poteva prendere qualche credito , di nuovo fi partì da
Roma, ed andoffene a Milano per interefli della fua cafa.
Come gli ebbe aggiuflati , fi fermò in Bologna, ed ivi pre-
fe ilrettiffima amicizia coli'Albano , Io ftile del dipingere
d«l quale era di genio fuo. Allora lafciò queir imitazione
EaiTanefca', e fece alcune mezze figure dietro a quella trac-
cia , che erano di gran gufto di colorito , TornoiTene di
nuovo in Roma imbevuto dello itile Lombardo , ed incorain?
ciò ad acquiftar nome , e farfi conofcere fra i buoni Pitto-
ri del fuo tempo, avanzandofi a tal fegno nel credito, che
incominciò a far entrare in prezzo i fnoi lavori,
il Marchefe Gio. Battifta Coilaguti riftaurò alcune ca-
mere del fuo appartamento, e fece dipingere i fregi, ed
altri fiti, che fervivano di ornamento , e di vaghezza . Al-
cune di quelle ftanze per effere a v^olta hanno nel mezzo
«n vano proporzionato di varie mifure, e vengono riftret-
te da cornice di ilucco indorato, e ne diede a dipingere^
uno al Μ ola per buone relazioni avute del fuo valore. Vi
dipin-
jgi
dipbre a frefco la favola dì Arianna abbandonata nel mare
quando fu trovata difperata da Bacco che fe ne andava^
fulle fponde di NaiTo trionfante tra le fue feite giocofe di
Ninfe, di Satiri, e di Silvani. Finge Arianna fpaveritata dall'
improvifo apparire di Bacco , ed il Nume avanti di lei fup-
plichevole rincoraggifce , e la rincora ; poco dittante fono
le turbe Baccan.ti danzando in atti feftevoli , e giocoli ; fi
vede da lontano un fereno Orizzonte, che moilra nel prin-
cipio del giorno una tranquilla marina , e nel!' alto alcuni
amorini volanti , uno de'quali coli'arco in mano fcocca ver-
fo di Bacco il fuo dorato ftrale, 11 gufto di queft' opera ,
benché non fia di confiderabile grandezza , rende grandiffimo
diletto agi' intendenti »
Neir anno TAmbafciator Sagredo di Venezia , il
quale per eiTer un Cavaliere generofo , e di animo grande,
fi diede a far riilaurare la Chiefa di S. Marco, e rornò di
ilucchi, di figure dì rilievo , e di pitture, avendo aggiufta-.
te alcune Cappelle , che vi erano , ve ne aggiunfe anche
dell'altre, ed a tutte fece fare da diverfi Pittori il quadro
in tela ad olio , e i fianchi laterali con qualche figura a fre-
fco . Il quadro , nel quale è dipinto Γ Arcangelo Mich^e
quando fcaccia dal Paradifo Γ ingrato , e fuperbo Lucifero,
è di mano del Mola , ed è nel folito buon gufto del fuo
colorito , D'intorno alla Chiefa vi fono otto vanì in mifu-
ra di due quadri in lunghezza , quattro per parte , e ven-
gono tramezzati da una nicchia, dentro la quale è una fi-
gura maggiore del naturale a federe fatta di ftucco .
Diitribuì quefti quadri Γ Ambafciatore a varj Pittori,
e quello che toccò al Mola rappreiènta quando furono ef-
pofti alle fiere due Santi Martiri, e che furono da quelle la-
fciati illefi . Si vedono le fiere , che entrano nel ferra-
glie , e due manigoldi colla fpada uccidono quei Santi fe-
deli , e coftanti nella fede di Criilo . Ha fatto nell'aria due
celeili amorini, che fopra una gentiliiTuna nuvola loro pre-
fentano Ìe palme , e le coroue , per premio del trionfo del
ioro martirio . ■
Morto che fu il Pontefice Innocenzo l'anno 1(^77. gii
fucceiTe Alefandro VII. , e nel principio del fuo Pontificato
diede fegni del fuó grande animo nelle fabbriche, ed in al·
' tri nobili ornamenti , e volendo ornare di pitture la Galle-
rìa del Palazzo Pontificio nel Quirinale, ne diede la cura a
Pietro da Cortona . Quefto Principe deildeiava, che fotto
la Tua direzzione fi metteiTero per quel lavoro in opera Ij
Pittori più celebri di quei tempi ; ma non fi efeguì il vo-
lere del Pontefice , perche per capriccio di chi aveva la
foprainteudenza ne vennero efelufi alcuni , che avrebbe-
ro meritata parte dell'impiego , e furono pofti in opera al-
tri, che nonne erano degni. Quelli fono gli accidenti, che
fuccedono bene fpeflfo, quando fi danno quefte cure a quel-
li della profeffione . Il iVIoIa perche era in qualche ilimaj
ebbe un vano dei maggiori da dipingere, ed una delle due
facciate principali della Galleria, e fu quella fopra la por-
ta , per cui fi entra per di fuori , non quella , che introdu-
ce nelle camere, e negli appartamenti fegreti. La fua ifto-
ria è quando Giufeppe eiiendo fatto Vice Re d' Egitto fece
venire a fe i fuoi fratelli , ed ha efpreiTb il cafo in queila
forma . Fa vedere come una loggia di un vago edificio di
colonne d' ordine dorico , che viene a fare come un por-
tico , che termina in un piano compoilo di alcune pietre
intarfiate di varj colori colla fua guida di marmo bianco.'
In quefto piano fi vede il Giovinetto Giufeppe tutto faftofo,
che a braccia aperte riceve con contraiTegni di amore i
fratelli, i quali per riverenza del grado, che fofteneva ? e
per dimoftrazione di chiedergli perdono del" ofFefe già fat-
' tegli {tanno genufleffi avanti la fua prefenza in tatto fuppli,
chevole. Lontano dal principale di quella loggia ha rappre-
fentata la veduta di un paefe ; e per indicare quello efier
Γ Egitto, vi ha dipinte alcune piramidi, ed altre fabbriche'
D d d ~ in
Ο
Μ
Α.
PIETRO FRANCESCO
in diftafìza , che moilraiio eiTer tempj , ed altre abitazioni,
A confeiTare il vero quell'opera è delle migliori del Mola,
sii nel componiiTiento, come nel difegno, ed anche nel co-
Jorito ; ο che foiTe ipronato dalla emulazione , ο che ce Γ
incitaiTe il genio, ο pure che ftimaiTe quella occafione aiTai
valida per introdurlo in poilo maggiore ; la verità è , che
egli in, quella fuperò fe fteiTo , e diede fegno di qualche fu-
periorità agli altri , La ricognizione di ciafcheduno non fa
difdicevole, ma fu ufata una certa parzialità nella diilribu-
zioiie , che non fu giudicata conveniente .
Dopo quell'opera , e quafi nel raedefimo tempo , il
Mola dipinfe nella Chiefa del Gesù nella prima cappella aj
finiftra della porta maggiore due iilorie laterali dell'Altare
a frefeo. in una rapprefentò quando il grand* Apoflolo San
Pietro nelle carceri Mamertine convertì alla fede di Crifto
due Centurioni ;ì che aiTiilevano alla fua prigionia , ed al-
Guni altri foldati , e prigionieri , e non avendo acqua per
battezzarli fece miracolofamente fcaturire da un arida pie-
tra un fonte limpidiifimo , il quale oggi ancora fi vede in
memoria di prodigio così grande in quelle carceri nel Fo-
ro Boario . Air incontro quando San Paolo fu ehiamato da
Crifto , efpnraendo il fatto del Santo caduto per terra , e
il cavallo atterrito fi dà alla fuga, ed è trattenuto dal Val-
letto. In alto in mezzo ad una gloria Gesù Crifto in atto
di chiamar Saulo, e il tuttofa vedere nell'aperto di una
campagna, ed in lontano una veduta di fabbriche indican-
do il principio di una città · Quefte due iftorie nella parte
del colorito fono aiTai grate , e contengono un nonsò che di
buono quanto alla forza , ed alla naturalezza , ma in ciò che
liguarda il difegno , non hanno quel tanto , che fi richie-
de ad uno fcienziato Pittore.
Il Card. Omodei, il quale come Milanefe aveva la fo^
praintendenza delia fabbrica delia Chiefa de'SS- Ambrogio,
e Carlo fituata nel Corfo, tenendo in molta fti^tpa il Mola
crii
-ocr page 412-3Ρ5
Ο
Α,
Μ
gli diede a fare un quadro d'Altare di detta Chiefa. Egli
vi dipinfe quando il Santo Apoftolo Barnaba , dopo il girò
della fua MiiTione dì Gerufalemme , di Antiochia , di Ko-
ma, e di altre parti del Mondo, dove predicando il Santo
Evangelio propagò la fanta fede di Grillo (come volle Eu-
febio Cefarienre, e Doroteo Vefcovo di Tiro ) , partendofi
da Roma fé ne andò a predicare in Milano, e ivi fu fatto
Arcivefcovo di quella Città. 11 Mola in quefìo quadro, nel
quale le figure ibno di grandezza naturale, dipinfe il San-
to in a!)ìto Epifcopale , che affiftito da' fuoi Miniftri Eccle-
iìaftici, in un luogo aperto predica il S. Evangelo alle tur-
be , che intente lo ftanno afcoltando . 11 guilo dì quefl'o-
pera è maneggiato nel fuo folito ^uono ftile di colorito ga-
gliardo , € di tinte guftofe con accompagnamento di paefe,
e un nobile partito di lituazione facendovi un ponte fopra
_del quale paiTano alcune figurine iti diitanza .
Dipinfe per il Principe D.Cammillo Panfilj a Val Mon-
tone in una di quelle ftanze maggiori del fuo Palazzo, do-
vendovifi in ogniuna fare uno de' quattro Elementi . Egli
fece quello dell' Aria , e avendone efeguita la maggior par-
te , vi li era anche portato aiTaì bene perula competenza de-
gli altri ; mal coniìgliato entrò in frenefia di voler prima
di fimrla ftabilixe il prezzo col Principe , a cui domandò
migliara di feudi · D. Cammillo non fi tirò indietro dalla
richiefta , ma gli fece iftanza , che fìniiTe Fopera , che egli
era pronto a dargli compita fodisfazzione, intendendo di re-
golarfi nel prezzo a norma delle fue fatiche , non volendo
eiTer defraudato col poco , Infiileva il Mola di convenire
prima di terminare il lavoro , e il Principe faldo nelle fne
determinazioni, tanto ché fi lafciò di dipingere, ed eifen-
iìo il Mola^ venuto in Roma incominciò a fare un indifcre-
ta lite incivile a D.Cammillo, la quale durò qualche an-
no. Veniva il iVIola lufingato dalla Corte di Palazzo, la qua-
le faXfamente gli prometteva un cfito felice , con dirgli che
D d d a Palaz-
-ocr page 413-Palazzo defìderava qualche occafione da mortificare il Prirs-
cipe Panfilj , e quella fua era per Γ appu^nto a propolìto ·
Li NotariProcuratori, Giudici , e tutti i mozzoreccliia
gli carpivano dalle mani molti quadretti con vanità di fpe-
ranze, e non gli lafciavano penetrare per ingannarlo, che
queir imprefa era dura, per averla prefacon perfona di af-
.fai maggior condizione della fua, e che non vi farebbe mai
flato Giudice così indifcreto , che aveiTe data la fentenza
contrà d'un Principe , dal quale poteva fperare premio più
avantaggiòfo . La lunghezza della lite, benché alcuni Signo-
.ri s'interponeiTero per Γ aggiuftamento , cagionò , che D,
Cammillo s'impazientò , e fece gettar giù tutto quello che
il Mola vi aveva dipinto, e diede a fare la volta a Fr.Mat-
iia Preti Cavaliere per giuftizia della Religion di Malta Pit-
.tore anch'egli di grande ilima. Mi diiTe un giorno il Prin-
cipe D. Cammillo , ed anche la PrincipeiTa di Roifano fuaj
conforte, che il Mola fi era portato divinamente in queir
opera , ed in particolare in un Ganimede rapito da Giove
in foxma di Aquila , ed in alcuni paftorelli, e cani atter-
riti da queir accidente coir accompagnamento di un paefe
belliiTìmo , aggiungendo , che egli credeva , che un Angelo
gli aveiTe aififtito, e che fentiva gran fcrupolo in aver fat-
to gettare a baiTo quei!' opera così degna , ma che r im-
pertinenze del Mola Io avevano fatto rifolvere per forza a
farlo » Per quefto cafo il Mola, non viflfe più contento , e
benché diiTimuIaiTe , gli reftò nel!' animo un rammarico ,
che non lo lafciò più viver quieto.
EiTendo ftato eletto Principe dell' Accadeniia Romana
nella Chiefa di S. Luca , fece qualche dimoftrazione di ge-
iierofità neir amminiilrazionc di quella carica 5 ma foprag-
giunto da mala indifpofizione di fanità gli convenne cede-
re , e lafciar di operare per ricuperare la falute . Qi^eilo fuo
male glie ne cagionò un altro alla buona fama > e fu che
egli faceva copiare le cofe fue da altri > c dandogli do-
po
.il ■
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-ocr page 414-597
Ο
Α.
Μ
ρο poche pennellate delle fue, le vendeva per originali, e
vedendoii molte cofe nel fuggetto medeiìrno , e fapendoii
l'ufo intraprefo dal fuo Comodo rendeva fofpette tutte Γ al-
tre del fuo pennello. 11 male prefe di, lui poiTeiTo tale , che
già fi vedeva difperato , e benché la fua indifpofizione ,
aveiTe più nomi , cioè catarro falfo , morbo etico ipocon-
driaco , e taluno ancora pretendeva non fuori di propofito
morbo gallico ; non trovava neiTun rimedio, che gli giovaf-
fe . Finalmente per configlio de Medici , che alle volte non
fanno quello, che s'abbiano a dire, ricorfe alla ftufa fecca,
e dopo averla prefa molto tempo in cafa con archetti, ba-
gnoli , diete , e bevande di decotti , e di altre maledizzio-
ni, gli convenne andare alle ftufe pubbliche , ed ivi dimo-
rando per qualche tempo con ufcirne , e ritornarci, eiTen-
dofi così contaminate le vifcere da tanti medicamenti, ri-
tornato a cafa per la ftagione di primavera Γ anno ió68»
gli convenne morire, di anni cinquantafei dopo eiTerfi ag-
giuftata fuperbamente una cafa, che non potè godere nep-
pure per poco tempo . Pochi anni prima era morto Gio-
Battifta fuo padre, e prima di quello il fuo fratello più gio.
vine, che nelle lettere avrebbe fatto qualche paiTata . Gli
erano rimafte due forelle, la maggiore delle quali fu ma-
ritata in feconde nozze, e l'altra rimafe zitella. Fu il Mo-i
la di amabile prefenza j fpiritofo , ameno , di buona coii^
verfazione, e difinvolto nel tratto, buon amico j fervizie-
vole, e parziale delle donne quanto ogni altro uomo ; ο
però non volle mai l'imbarazzo di moglie, ma lì manten-
ne fempre in libertà , lafciando tutto il fuo poco avere al-
le forelle, e ad un fuo cognato orefice ·
PIE»
-ocr page 415-Morì Γ Anno 1^70.
letro Berrettini nato in Tofcana nella Città
di Cortona ifu figliuolo di Giovanni Berret-
tini Scarpellino j ma perche non era de'ma-
nuali affatto, dice vati intagliatore, ed ave-
va qualche intelligenza di difegno , e di Ar-
chitettura . Queft' uomo ebbe piìi figliuoli
mafchi , che fece attendere alla Aia prò-
feiTione , ma vedendo Pietro inclinato con qualche fervore
alla pittura , lo mandò a Fiorenza , ed accomodollo con An-
drea Comodi Pittore Fiorentino , che in quel tempo era di
qualche ftima ^ acciocché fotto la fua direzzione , e difci~
plina s'incamminaiTe perla buona il rad a . Nell'anno idii,
fu neceflìtato Andrea per proprj interelTi paiTare a Roma ,
dove giunto vedendofi aftretto a dimorarvi per qualche tem-
po fentì difpiacere di aver lafciato Pietro in Fiorenza, per
averlo conofciuto ben difpofto ad avanzarfi nella profeffio^
ne . Lo chiamò a Roma, ed allora Pietro poteva avere quat-
tordici anni .
PaiTati due paini il Comodi ritornò a Fiorenza , ed
intanto Pietro che rimafe in Roma fi affaticava a iludiare,
e non perdeva un momento di tempo, Si era già avanzato
a colorire anche cofe di propria fantafia \ ed un quadro ,
che fece in quel tempo , che poteva avere 17· 18. 'an-
ni , fu trovato da Ciro Ferri, che era flato fuo difcepolo,
in
-ocr page 416-in bottega di un Rigattiero , e fenza fapere di chi foiTe il
comprò a buon prezzo , conofcendovi qualche cofa dì buo-
no . 11 foggetto dì detto quadro , il quale è quaii in telàj
detta d'Imperatore è Maria Vergine che ila vagheggiando
il fuo figlio Gesù , che fopra candido lino placidamente ri-
pofa , e S. Gio. Battiila, anch'egli fanciullo , che Io fta οΓ·.
fervando , figure di grandezza del naturale , ma non intie-
re . Quello quadro dopo molti anni veduto da Pietro ca-
rnalmente in cafa di Ciro V accusò per di fua mano , e
gradì molto rivederlo , trovandolo non difpiacevole tanto
nel difegno quanto nei colorito ,
Prima di partire Andrea da Roma, conofcendo Pietro
invaghito di queila gran Città per le comodità, che vi fo-
no per lo ftudio del difegno, procurò di dargli qualche di-
rettore , e l'aveva appoggiato a Baccio Ciarpi, anch'egli
Fiorentino , e Pittore non del tutto ordinario , ma di co-
ftumi , e bontà a pochi uguale . Colla guida di quell'uomo
da bene fi andava Pietro avanzando , ed oiTervava minuta-,
mente tutte le cofe confiderabili che vedeva in Roma dife-
gnandole con grande accuratezza, ma il fuo iludio maggio-
re era full' opere dì Raffaele , e di Polidoro , oifervando
anche MicheF Angelo Buonaroti in quel gran fondamento
di fapere particolarmente nel guilo , e nella finezza delFAr-
chitettura . In Polidoro applicò molto per Tefquifitezza del
fuo chiarofcuro , le opere del quale ne reilano al prefente,
ma ve n'erano molte più al fuo tempo in alcune facciate de'
cafini di Roma . Difegnò quelle con grande applicazione ^
perche diceva che infegnanò il vero modo di difegnare le
cofe antiche , e fanno , che lo iludiofo s'imbeva di tutte le
circoftanze appartenenti agli abiti, ed al coilume per eru-
dirfi. Non lafciava però lo iludÌo delle llatue , e baffi ri-
lievi, che vedeva dagh' antichi , particolarmente di alcuno
Urne , e Vafi > ne' quali erano componimenti di fagrificj ,
baccanali 3 e di altre azzioni della gentilità per apprendere
que-
599
quegli ufi, e quel coftume . Per quefta ftrada, e collo Àu-
dio fi procacciava anche il vitto ai meglio, che poteva,
eÌTendo di qualità fobrio , e continente , e fofFriva ogni di-
fagio, pure che non gli foiTe mancata roccaiione dello ftu-
dio , il quale non abbandonava giammai ne di giorno , ne
di notte .
Continuando la direzzione di Baccio Ciarpi, copiò per
fuo ftudio in una tela della medefima grandezza la Galatea
di Raffaele , opera a frefco nel muro della feconda loggia
nel Palazzo detto de'Chigi alla Lungara ; facendolo con gran
gufto , ed imitazione , e riufcì non difpiacevole a chi lo vi-
de . Capitò ivi a cafo il Sig. Marcello Sacchetti Cavaliere
Fiorentino, fratello del Card, di quefto cognome , ed ef-
fendo vago della pittura , e vedendo quefto quadro, rivol-
to verfo il muro s'invogliò di fapere cofa conteneiTe , e β
avvicinò per rivoltarlo . Pietro , che avealo finito, e paiTeg-
giava per afpettare che veniiTe chi doveva portarlo via , vi
accorfe con gran furia , e non conofcendo il perfonaggio
indifcretamente impedì, che non Io rivoltaiTe . Quel buon
Cavaliere non fi fcoperfe , ne fi alterò di quell' atto così
fcortefe j ma gentilmenie gli fece iftanza , che glie lo la-
fciaiTe vedere . Pietro mortificato dalla bontà di quel Si-
gnore , il quale di già lo aveva conofciuto per uomo di
qualche qualità , egli medefimo lo rivoltò , e Γ adattò ac-
ciocché Io vedeiTe al fuo lume. II Sig. Marcello, lo lodò,
ed interrogandolo dell' eiTer fuo , e della fua Patria , nel
fentire che era da Cortona lo chiamò paefano , eiTendo egli
Fiorentino , ed avendogli domandato per chi Io aveva co-
piato, e fentendo che era folamente per fuo ftudio, fi efi-
bì di comprarlo quando egli fe ne foife compiacciuto . Pie·
tro , che non defiderava altro glie Γ ofFerfe rimettendone il
prezzo alla fua cortesìa, e ne ricevè da quel Signore do.
feudi di moneta . Da quel denaro Pietro prefe animo , e fi
invigorì a profeguire nello iludio , e tanto maggiormente , -
che
4C0
che il Sig. Marcello oltre quefta compra prefe con caldez-
za a proteggerlo , ed a favorirlo, e la fua protezzione, ben-
ché aveiTe il principio da un atto fcortefe, fu cagione del·,
la iba fortuna. Quel Signore avendogli prefo aiFetto IMntro-
duiTe dal fratello allora non Cardinale , alla quale dignità
fu promoiTo dal Pontefice Urbano Vili., ed egli Tempre Io
favorì e gli procurò occafioni, conofcendolo abile ad ogni
glorio fa riufcita.
Viveva allora il Cavaliere Gio. Battilla Marino che fa
1' oracolo della poefia italiana , ed era appunto nel princi^
pio del Pontificato di Urbano nel ι6ζ^» Π Marino perche
era di genio ameno, e dì fpirito nobile , era aiTaì curiofo
della pittura, ed aveva diletto di far raccolta di quadri di
mano de'Pittori più celebri di quei tempi, anzi ne faceva
una Galleria nel Palazzo de' Signori Crefcenzj alla Rotonda
dove abitava , Praticando il Marino in cafa Sacchetti » che
in quel tempo era in auge per il favore Pontifìcio, per mez-
zo del Signor Marcello ebbe cognizione di Pietro , avendo-
gliene il Sacchetti parlato con qualche caldezza . Moilb iÌ
Poeta da così buone relazioni gli ordinò un quadro da por-
re cogli altri nel fuo Mufeo, e fu di mifura meno che di
tela d'Imperatore , ma di proporzione fuori deirordinario ,
Pietro vi dipinfe quando Armida teneva per oi>era d'incan-
ii allacciato neir amore il giovinetto Rinaldo , che a lei
giaceva lafcivamente nel feno collo fpecchio in mano . Vi
accompagnò come il cafo richiede un paefe di un deliziofo
giardino in uno fìile aiTai buono, ed una parte del Palaz-
zo incantato defcritto dal TaiTo . Pietro perche andò Tem-
pre in traccia del migliore in particolare di Architettura ,
avendo oiTervato il gran Tempio di S. Pietro per lo di fuo-
ri, in quella parte, che è verfo Santa Marta, per Γ appun-
to ad imitazione di quello ftabilì la difpofizione dell'incan-
iato edifizio , e diede in tutto gran fodisfazzione al Marino·
fiiTendoli ftabilìto nella protezzione della cafa Sacchetti
E e e fece
401
40Ζ Ρ Ι Ε Τ Κ Ο
fece per qnei cortefi Cavalieri alcuni quadri di variata gran-
dezza , il primo de' quali fu un trionfo di Bacco , chiama-
to volgarmente Baccanale i in tela di minor proporzione de-
gli altri , che viene ad eiTere quafi due volte più lungo , che
alto , Finfe una bofcaglia di ameniffima verdura, e fra l'in-
treccio di alberi frondeggianti Bacco portato da alcuni Sa-
tiri , e d'intorno a lui varie belle Baccanti, che faltano con
piacevoli fcherzi, fonando i foliti iftrumenti in iìmili alle-
gre danze. Alcuni fanciulli in diverfe attitudini fcherzanti,
e tra gli altri un piccolo Satirino che fi folleva in punta
de' fuoi piedi caprini per guardare dentro un urna antica ,
ed in diftanza il Tempio di Bacco d'ordine corintio accom-
,pagnato con alcune figurine. Quefto è un quadro di gufto
non ordinario, ed in lui ha maneggiato uno ftile di far pae-
fi , e di frondeggiare eilratto da migliori coli'imitazione del
vero , e fe ne è formato un modo di propria fantafia, del
quale doppoi il valfe per fempre. In un altro ma di mag-
gior grandezza, e di %ure non molto diilanti dalla mifu»,
ra del naturale, dipinfe la fefta introdotta da Romulo pri-
mo Re, e fondatore di Roma, nella quale intervenne da^
iui invitato il popolo della Sabina , a fine che ad un certo
cenno i giovani del fuo partito rapiiTero le donzelle Sabine
eiTendone bifognofl per la mancanza di donne · In quello
fece conofcere il profitto , che aveva fatto dalle opere di
Polidoro, e dallo iludio dell'antico, nelle forme degli abi-
ti militari, infegne> corazze , elmi, coturni, ed altre foggie
air ufo degli abbigliamenti, ed ornamenti degli antichi Ro-
mani, e non fi curò di prenderfi licenza circa Tanacronii^
mo quanto al tempo di quell'azzione. In altro fimile quan-
to alla grandezza vi dipinfe il tragico avvenimento di Po-
liifena, che fi offre in fagrificio al fepolcro di Achille > ed
avendo rapprefentato quefta nobile Eroina in atto di eiTere
fvenata, ed uccifa dal Minifiro, fta mezza nuda moribon-
da in braccio di alcune donzelle che la foitengono . Due Sa-
cer-
-ocr page 420-berrettini·
cerdoti neir abito antico con gran maeftà affiftono al fa-
orificio avanti ad un Tripode ardente , Accompagnò anche
il componimento con altre figure aflìftenti alla funzione in
atto di compatire un cafo cosi degno di pietà . Dipinfe que-
fto quadro di maniera molto gagliarda , e ben impaftata ,
e fece conofcere in quello, che egli andava in traccia del
buono, e che lo fapeva conofcere.
Il Card. Sacchetti , che gli aveva prefo grande amo-
re l'introduiTe alla cognizione del Card. Francefco Barbe-
rini nipote del Pontefice Urbano Vili, facendo egli rìftaii-
rare la Chiefa di S. Bibbiana paiTato S. Eufebio. Procurò il
Card. Sacchetti , che il Card. Barberini operaffe appreiTo il
Pontefice fuo Zio, affinchè Pietro dipingeife in quella Chie-
fa, e ne fu compiacciuto, perche ne fu a quello aiTegnata
una parte , e Γ altra ad Agoftìno Ciampelli Fiorentino , che
in quel tempo era in qualche ftima · Quando il Ciampelli
intefe quefta diftribuzione tra lui, e Pietro fe ne rife, e fi
lafciò intendere con alcuni fuoi amici, che il Papa gli ave-
va dato per competitore un fagiuolo , ma eh* egli avrebbe
durato poca fatica a mangiarfelo. Finito il lavoro deirope:
ra tanto dell'uno quanto dell'altro, fi avvide il Ciampel-
li , che quel fagiuolo facile ^ad eiTere mangiato gli rìufciva
duro da digerirlo , perche la novità , e bontà della mar-
niera di Pietro fece mutar faccia alio flile del dipingere ,
ufcendo fuori da quelle durezze, ed infipide freddure coir
apertura di uno ftudio di cofe più fcelte ^ Furono divifo
tra Γ uno , e l'altro le parti laterali della navata di mezzo
della Chiefa la quale, benché di non molta grandezza, rie-
fce aiTai vaga, ed ornata , compartendo tutto il fito in tre
iilorie per ciafcTiieduna parte. La parte finiilra toccò a Pie-
tro e vi rapprefentò alcuni fatti della Santa Martire Tito-
lare . La prima iftoria di Pietro { e di lui folo io qui ra-
giono ) è la più vicina alla porta, e rapprefenta la Santa
modeftajnente denudata ilretta cou funi ad ima mezza co-
40^
pi
404
lonna , la quale è quella di porfido , che fi conferva neila
rnedefima Chiefa , collocata preciiamente fotto quefta iilo-
ria. Due manigoldi la percuotono con fruite piombate, ed
ella fta rivolta al Cielo coftante , e generofa , fofFrendo
volentieri per amore di Gesù lo ftrazio di quel martirio .
V è un nobile accompagnamento di fabbriche per efprime-
re , cheli cafo fucceiTe nella Città , e per moilrare , che
il fuo martirio fucceiTe in Roma, vi ha fatto vedere unao
parte dell' Anfiteatro Flavio con gran vaghezza. In quella
di mezzo , fì vede quando la Verginella era efortata da una
SacerdoteiTa, e da alcune donzelle idolatre a fagrificare al
lìmulacro di Giove . Si vede preparato' il fagrificio , e il
tripode , accefovi il fuoco, e coronata la vittima, ma eiTa
il moftra intrepida in ricufare queft' atto profano ► La ter-
za rapprefenta la Tua Santa forella Demetria uccifa dal ma^
nigoldo per ordine del Prefetto, che ila affifo nel fuo feg-
gio , ed eiÌendo quella caduta a fuoi piedi moribonda , ftan-
no vicino a lei alcuni foldali di guardia , i quali atterriti
da sì funefto fpettacolo, ed impietofiti la mirano. Nel pia-
no deir atrio , nel quale fi rapprefenta I' avvenimento , vi
è la Santa Bibbìana, la quale rivolta al Cielo vede per a-
sìa. due celefti amorini, che feco ne portano la bell'anima
di Demetria a godere il premio beato dovuto al fuo peno*
fo martirio. Ha accompagnato tutto il componimento con
un ordine di colonne follevate dal piano , tra le quali fi fcor-
ge qualche veduta di paefe , e il pavimento compartito tra
le fafcie di marmo con alcuni riquadri. Fra le iftorie vi fo-
no due nicchie finte nelle quali ha collocato due figure una
di Santa Demetria, e l'altra di S. Flavio loro padre, e mar-
tire anch' egli . Nella medefima Chiefa in una Cappella a
mano finiilra vi è un quadro di mano di Pietro dipinto ad
Olio , nel quale è S. Dafrofa Madre di ambedue le fante
fanciulle, la quale poftafi inginocchione ila orando, e vede
in quell'atto un Angiolino^ che le porta la palma , e la co-
rona
rona del martirio . Quella opera fatta a frefco nel muro
diede a Pietro un gran principio di applaufo univerfale, e
con ragione j perche fece conofcere in quella la riufcita ,
che poteva fuccedere da una primizia così mirabile .
In feguito di ciò gli toccò a fare la tavola deirAUa-
re dalla parte dell'Epiftola in San Salvatore in Lauro ora_>
la Madonna di Loreto della nazione Marchigiana, ed in eiTa
rapprefentò il gloriofo Natale del noilro Redentore, ed ef-
preiTe il divino Pargoletto già nato e involto in un bianco
lino efpofto fopra ruftico fieno in una piccola m.angiatoja di
giumenti, che viene adorato, e vagheggiato con efpreflìo-
ne di Gordialiffimo amore da Maria Tempre Vergine . S.Giu-
feppe Io ila con iilupore oiTervando, ed alcuni pallori ac-
corfi air adorazione del nato Bambino gli portano per of-
ferta divota chi un candido Agnello , chi altri prefend . Uno
di loro ita inginocchiato avanti di lui, ed un altro in atto
di riverirlo co4 capo fcoperto lo ila con ammirazione ado^
rando > e poco diilante v' è una leggiadra paftorella che por-
ta in un canellro due candide colombe , accompagnata da
una vecchia, e ragionano iniìeme con grande allegrezza «
Neir aria vi fono due celeili amorini affiftenti all'alto mi->
ilero, accompagnato il tutto con una rovina di nobile Ar-
chitettura , e nel lontano fa vedere un poco di paefe con
un arco, nella luce del quale fpleade Γ albore, di un chia-
ro Orizzonte, che dimoilra la venuta del giorno nafcente.
Quello quadro gli riufcl di qualche perfezzione avendo in
ciTo continuato l'aiTiduità dello iludio , e Γ applicazione del
gullo, e dell'intendimento, ed è una delle migliori cofe
Tifcite dal fuo pennello per un certo fuo proprio ilile , che
in fe contiene forza , e dolcezza foavemente concorde , gra-
fia) e nobiltà. »
Non folo in quella occafione fi confermò nel Credito
di uomo di valore , ma da quello quadro nacque la fua buo-
na fortuna . Godevano li Signori Sacchetti deli'avanzamen-
to di
40$
to di quel loro fa\^oriio , ne fi ftancavano mai di promuo-
verlo nell'occafione , non ceiTando di ilringerlo con maggio-
re cordialità nell'aiFezzione del Card. Barberini. Avendo in
quel tempo Papa Urbano comprato per la fua famiglia dai
Signori Sforza il Palazzo alle quattro Fontane a Capo le Ca-
fe , facevalo ingrandire , ed ornare fotto la dlrezzione del
Cavalier Bernini , e dipingere in alcuni luoghi da diverii
Pittori de' più celebri di queir età come altrove fi diiTe ·
Pietro vi dipinfe anch' egli alcuni camerini, e volticelle a
freico di diverfi argomenti, ma perche non fono cofe di
molto rilievo, non ne parleremo, dovendo difcorrer di lui
in cofe di maggiore importanza , EflTendofi ilabilita la fala
principale , per Γ occafione di quefta gran volta fu penfato
fopra divertì profeiTori, ma coli' ajuto di un Padre della.»
Compagnia di Gesù molto favorito dal Card, Francefco , e
credo anche ftimolato dal Card. Sacchetti fu conchiufo, che
Pietro doveiTe dipingerla · Colla poetica direzione di Fran·
cefco Bracciolini da Piftoja celebre Poeta di quel tempo ,
e aiTai caro al Pontefice ? incominciò a terminarne la diilri-
buzione , e il partito · La proporzione di quefta fala è dì
lunghezza palmi 95 e di larghezza 55 che vieae ad eifer
di belliilìma ampiezza, e la volta è fatta a fchifo. Pietro
Γ ha compartita in ugual divifione, e facendovi nel mezzo
un apertura di Cielo proporzionata ad una giufta diminuzio-
ne dalla cornice principale fin dove comincia Io sfondato ,
lafcia anche nei quattro Iati, che la circondano un apertura
medefima . Nelli quattro angoli finge un fodo di ftucco fia^
to, fopra del quale ricorre unitamente la cornice principa-
le , che è il termine dell'apertura di mezzo , e ciafchedun*
angolo contiene quattro figure pure di ftucco finto bianco
in variate attitudini, due nella guifa di Tritoni, terminane
do in code di Delfini, e due rapprefentando due termini ,
i quali fervono di ornamento ad un candelabro t che è po-
ilo nello fpigplo di ogni angolo fatto con fommo artificio.
Nel.
40 5
I
BERRETTINI.
Nella cima di queilo vi è una medaglia ottagona^ di chia-
rofcuro giallo lumeggiata a fuo luogo d' oro fino a morden-
te con cornice pure in chiarofcuro ma bianco. In ciafche-
duna di quelle quattro medaglie fi rapprefenta un iftoria in
baiTo rilievo, e la prima contiene la virtù di Annibale Car-
taginefe nella fua profpera fohuna j Γ altra la continenza di
Scipione AiFricano verfo quella bella fanxriulla fua prigionie-
ra ; la terza la giuftizia del Confole Manlio efercitata nel pro-
prio figlio difobbediente, benché vineitore , e la quarta la
coflanza , e la fortezza di Muzjo Scevola neir abbruciarfi
la deftra, che aveva errato in non uccidere il Re Porfen-
na, com' egli aveva deftinato . Sopra il cornicione reale ,
che gira intorno a detta fala per dar termine alle quattro
pareti , ha rapprefentato come quattro Emblemi , quattro
animali di proporzione uguale alle figure , e coloriti., che
moftrano camminare per Io di fuori degli ilucchi finti, ed
iniìeme ancora alcuni putti , che fcherzano con quelli in^
foggie varie, ed attitudini. Sotto il cafo di Annibale, per
la fagacità , ha dipinto due orfe , una delle quali fta lam-
bendo colla lingua il proprio parto per dargli forma, e Γ
altra moftra dì oiTervare quella operazione. Sotto quella di
Scipione , per la purità , e candidezza , un Alicorno , il qua^
le com' è iblito di queft' animale volendo bevere confonde
prima le acque col corno che ha in mezzo della fronte ^
per togliere da quelle quando vi fia Γ infezzione del vele-
no , e per dar fegno di queffca fua proprietà vi ha pofto un
ferpe involto al corno . Sotto al Confole Torquato Manlio ,
per la ferocia , e perfpicacità è un Ippogrifo non in atto
volante ; ma coir ali diftefe , e ferme fenza moto . Sotto
allo Scevola , per la fortezza, ed intrepidità, un leone ge-
nerofo, che in atto di maeftà ila guardando con torbido af^
petto . La cornice principale, che ricorre d'intorno alU
volta, la quale è finta di chiarofcuro, e forma Io sfonda-
to principale viene interrotta nel mezzo da un cartellone ,
e due
407
40 S
e cìue putti pure finti di ftucco, che Io reggono uno |")èr
parte in attitudini diverfe , e per moftrare la groflezzaj
delia cornice vi lia fatta la veduta di fotto. Nell'apertura
di mezzo fa vedere uno fplendore, ed una maeftofa figura
affifa in un gruppo dì nuvole , che partecipano il colore di
quella lucida fplendidezza veduta di fotto in sù, ftando in
atto di mirare la gloria fuperiore della beatitudine eterna,
e tiene nella mano finiftra con gran maeftà un aureo fcet-
tro . Quella è la divina Providenza, e ha d'intorno le tre
virjEù Teologali , Fede , Speranza , e Carità come fue necei-
farie compagne, ed alla deftra di lei è un altra figura, la
quale ftando in atto follevato foftiene con ambe le mani una
corona di ftelle , e quefta è Tlmmortalità , che ila d'intor-
no alla Providenza > perfonaggìo protagonifta e principa-
le della compofizione. In fito inferiore apparifce un coro
di donzelle aiTìfe fopra lucide nuvole, e fono la Giuftizia,
la Pietà, Γ Eternità, la Sapienza , la Potenza , la Verità ,
la Bellezza , e la Pudicizia , le quali moftrano di dipende-
re dalla bocca, e dal cenno della Provvidenza . AI pari di
quelle nella parte deftra è il Tempo a federe anch'egli fo-
pra nuvole , le quali per moftrarfi più lontane dallo fplen-
dore di quella gloria partecipano dell'azzurro dell'aria . So-
fìiene quelli colla iìniftra una falce , e colla deftra folleva
«n fanciullo in atto di divorarlo j alla finiftra fi veggono le
tre Parche , che filano , e recidono lo ftame dell'umana vi-
ta . Neir eftrema parte di quel lungo vano che tiene vicino
alle fineftre, e ringhiere principali della fala, ha rapprefen-
tato tre donzelle , due per ogni Iato , ed una da piede , che
reggono un feftone di lauro verdeggiante , nel mezzo del
quale fi veggono tre grandi Api volanti nella forma dell'Ar-
ine Barberina , e quefte fono le tre mufe principali > Ura-
nia , Calliope, c Clio , le quali cingendo di lauro le Api
efprimono il premio della gloria che hanno meritata Je ce-
lebri poefie del Pontefice Urbano Vili. Un altra figura pu-
re di
re di donna innalza in "mezzo di qnefto feilone il gran Tri··
regno Pontifido, ed è quella la Regina del Mondo Roma»
di cui egli era Sovrano. AppreiTo quella ve n'è un altra,
che intreccia le due chiavi una di oro e l'altra di argento
fotto la gran Tiara , ed è la Gloria , che riportò quefto
Pontefice nella fua elezzione. Alcuni putti fervono d'intrec-
cio a quella donzella , e moflrano anch' eglino dì applaudi-
re a cosi nobile imprefa . Nella facciata , che è all'incon-
tro della porta della Sala , la quale è ima delle due parti
della lunghezza di quella , v' è una fella giocofa di Bacco,
dove fi vede^ il vecchio Sileno corpulento portato in brac-
cio da alcuni Fauni , e femmine Baccanti, che gli vanno
fcherzando intorno fonando i loro fiftri , tìmpani, e nacca-
re foliti iftrumenti Baccanali, ed alcuni Satirinì intrecciano
il gruppo della folazzevole ricreazione , in mezzo alla opa-
cità di un verde bofcbetto . Nel vano fi vede un limpido , e
criftallino fonte, che moilra follevarfì come centro dal feno
dì una grand' urna, e cadendo forma un delizìofo bagno >
dentro del quale fi ilanno lavando alcune Ninfe leggiadre ,
ina portate con gran modeilia , ed oneità · Termina queir
apertura con una V enere coricata fopra di un ricco , e mor-
bido letto , che viene ricoperto come da un padiglione^
foileniito da alcuni, putti di un vago broccato cremifino , ri-
gato , ed ornato di oro , moftraiido iW goderfi per mag-
gior delizia Γ amenità di un ombra foave . Si vede la Dea
che atterrita fi folle va , perche vede neiraria il fuo profa-
no Cupido fugato dall'amor celefte, il quale viene aififtìto
dalla Purità donzella vellita di bianco , che moflra di ani-
mare il divino amore a difcacciare quello lafcivo , ed im-
puro ì e quello bel gruppo ha un vago accompagnamento di
verdi arbofcelli, e deliziofe verdure. Benché Venere fiala
Bea piìi libera, la ha rapprefentata coperta di ricca vefte,
e con portamento modello. Per di fuori di queft' apertura
fopra un gruppo di candide nuvole > fi vede una nobil fì-
F f f gura
40p.
Ìlt
gura che rapprefenta una Matrona inginocchiata , U quale
abbraccia un tripode antico , fopra cui è accefo il fuoco
del fagrifìcio , e quefta è la Religione. Appreflb a lei v'è
un altra figura di vaga donzella moftrando di follevariì da
quel nembo dove Ci pofa per girne al Cielo, e porta due
libri aperti uno per ciafcheduna mano, e quefta è la Sa-
pienza . All'incontro, che è una apertura della medefima
proporzione, ha rapprefentata la fucina di Vulcano, che^
viene ad eiTere ibpra la porta dell' entrata nella Sala nella
quale li tre Ciclopi ftanno fabbricando fopra un incudine
a colpi di pefanti martelli, feudi, elmi, corazze, lancie,
fulmini, fpade, e cofe fomiglianti. Neil' altra parte eftre-
ma dell' ifteiTo vano ita aflìfa una figura di uomo difarmato
colle mani legate di dietro , incatenato fopra un monte di
armi diverfe, e queilo è il Furore delle armi fatto prigio-
nlero dalla Pace fempre nodrita, e praticata dal gran Pon-
tefice Urbano. In poca diftanza fi vede un Tempio roton-
do di ordine Tofcano, che fa vedere fpalancate le fue por-
te , ed a lui d'intorno apparifce fiamma , e fumo come dì
un incendio. Per lo di fuori, com'è all'incontro , pure in
un gruppo di nuvole fi vede una Matrona , che ftando mae-
ilofamente a federe foftiene colla deftra il Caduceo di Mer-
curio , e colla iìniftra una chiave di oro , Avantj queila ,
la quale è la Pace, una figura fi prefenta genuflefifa, e le
porge uno fpecchio, acciocché in eiTo fi rimiri, ed è la
Prudenza quafi dicendole, che con lei regoli le fue rifolu-
zioni. Dalla parte finiftra fi vede un altra donzella , che
tutta leggiadria dimoftra di ricevere i fuoi comandi , e
porgendole colla finiftra un foglio , avendo in mano anch'
ella una chiave , moftra di aiFrettarfi di andare con quel-
la a chiudere quel Tempio di Giano per fedare iu tal
guifa ogni tumulto militare , e quefta è la Sollecitudine .
Vicino al Tempio fi vede da lontano una donzella volante
con due trombe nelle mani , che indica eiTere la Fama .
E
4^0
R Ο
berrettini.
Nel vano minore, che viene fopra la ringhieraha dipin-
to un Ercole ίιιποΓο , il quale tenendo impugnata la clava
{tSL in atto di percuotere, e difcacciare con quella alcune
Arpìe, ed -avendone uccifa una la calca col piede iìniftro,
intento a percuotere l'altra, che fe ne fugge per l'aria
irridendo . Quefta figura di Ercole rapprefenta il valori»
della virtù , che tiene lontani dalla Republica li vizj de-
formi rapprefentati nelle Arpie. Neil' aria , ma comprefe
neir apertura del vano, fono due figure in atto volante ,
una porta fu gli omeri il fafcio delia fcure , come fi appro-
pria alla Giliftizia, ed è la Potenza > l'altra verfa profufa-
mente da un cornucopio monete, gioje, monili , ed anche
fiori , e frutti y e queila è Ja Liberalità , e molte figure di
feiTo , e qualità diverfe ftando inginocchiate moftrano di'
ilare anziofe afpettando le grazie di quella . Tra le altre ,
v' è un vecchio in atto fommeiTo , ed inginocchiato, che
moftra eifere la perfona del fuddito foggetto alla Potenza,
ed ha accompagnato il componimento colla fabbrica di un
Tempio in diftanza , e per dargli maggior vaghezza , v'ha
poflo un ameno paefaggio . Nel vano all' incontro , che è
delia medefima proporzione , e che corrifponde alla faccia-
ta principale della Sala, rapprefenta la caduta precipitofa de*
Giganti, i quali prefumendo muover guerra ai Dei fopra-
pofero per giungere al Cielo gli altiiTimi Alonti Olimpo ,
Pelia , ed OiTa. Li fa vedere nel precipizio delia loro rui-
nofa caduta , e vengono a cadere così diroccatamente , che
hanno infranta tutta la parte fuperiore di quei flucchi fin-
ti, che formano lo fcompartimento della volta, e fi pre-
cipitano infieme con quelle dirupate montagne , alle quali
con divertì fconci modi fi aggrappano con un impeto ruino-
fo, idea veramente poetica, e fpiritofa, Per 1'aria in atto
volante , agile, e leggiera è una figura armata di elmo i
c corazza , cinta da una leggiadra gonnella , e vibrando fu-
riofa un aita raoilra co' fuoi colpi , eiTere la cagione della
F f f ^ loro
411
412.
Ο
I
R
ρ
loro caduta. Quefta ia quale è a iìmilìtudinè di una Pai-
Jade è la virtù fuperiore, la quale ha fufficienza Ballante
di atterrare Γ ardimento, l'audacia, e la prefunzione figu-
rate ne'Giganti . Per dare ornamento più nobile a tutta la
difpofizione di quei ilucchi finti fopra il gran cornicione,
dove incomincia il fodo delio fcompartimento , ha fatto nel
mezzo un cartellone , nel quale è un imprefa per ciafche-
duna parte, che allude all' arme , ed all' imprefa Barberi-
na , ed una figura di donna , ma veftita , che dall'una , e
dall' altra parte regge detto cartellone . Per aggiungere an-
co maggior vaghezza al tutto, ha introdotto per di verfi ac-
cidenti alcune verdure di pampini, di frondoii vitalbi , di
edere ferpeggianti, le quali ufcendo per di fopra qnei bian-
chi ftucchi interrotti da quell'amenità di fronde, ed incoo-
trandofi in alcuna particella, che è toccata di oro, forma
un armonia così foave, e gradita , che fi rende il tutto
.curiofo , ed ammirabile . L' efplicazione , e Γ allegorie di
quello , che è contenuto nel concetto di tutta Γ opera vie-
ne dilucidato allegoricamente in lingua latina dal Conte Gi-
rolamo Teti in un libro intitolato Aedes Barherìnae, infieme
col difegno di tutto intagliato a bulino con altre pitture ,
quadri particolari, ftatue, medaglie, ed altre cofe curiofe,
e di ftudio , che fi confervano in- quel nobil Palazzo, e il
tutto con diverfi velami contiene la magnificenza , virtù ,
e prudenza del Pontefice , e della Cafa Barberina ; per que-
ito io non m'inoltrerò a più fbretta narrativa. Dico bene ,
che è un opera maravigliofa, di grande ffcudio, e fatica, e
degna di fomma lode per eiTere ingegnofa nell'invenzione ,
copiofa nel componimento , ftudiofa , e in un atto mirabile,
abbondante , e vaga nelFornamento , e condotta con tal mae-
ilria di pennello , che pare tutta dipinta in un giorno , e
-pare a me difficile , che poiia vederfene di altro pittore
nna. fimile, che abbia unite tante belle qualità in una fola,
e quefto fia detto a chi guarda l'opere altrui fenza Γ occhio
dell'
-ocr page 430-invidia . Tenne coperta queila Tua opera Io fpazio di ^iz,
anni y ma però in queflo intervallo fece molte cofe, tan^
xo di Pittura come di Architettura , ed in quel tempo ìftefj^
fo.chiamato dal Gran Duca in Fiorenza , incominciò le iìan-
ze di Sua Altezza Sereniffima nel Palazzo de' Pitti .
Prima di andarvi fece ancora in quel frattempo la Cap-
pella dell'Imagine di Maria Vergine della Concezzione in
S. Lorenzo e Damafo , ed è quella dalla parte dell'Evan-
gelo dell'Aitar maggiore , di cui egli medelimo fu TArchi-
tetto. Fece il tutto di varie pietre colorite e di marmo
bianco , e fopra la cornice principale formò la volta , che
divife in regolati compartimenti di ilucchi indorati. Si vaU
fe quafi di un partito fimile a quello della fala de'Barberi-
ni col fìngere uno sfondato in mezzo , e quattro laterali,
e neir apertura di mezzo moflra lo fplendore di una glo-
ria di Paradifo, dentro la quale l'Eterno Padre affifo in un
Trono di nuvole regge colla iìniilra il globo terreilre , e
colla delira ila in atto di benedire , e viene fervito, ed ac-
compagnato da amorini celeiìi , e Cherubini. Nelli quattro
vani delle parti nei quali fi vede la ferenità di un Cielo
azzurro , partecipando in alcuna parte dello fplendore dì
quella gloria, vi fono alcuni Angioli aiTifi fopra bianche
nuvole , ed alcuni putti volanti portando alcune rofe ver-
l«iglie, ed altri candidi gigli per fignificare tutte le per-
fezzioni della Madre di Dio .
Nel Palazzo di Fiorenza detto de' Pitti 3 vi è un no-
bile appartamento nel piano, ed ivi da quel!' Altezza fa
deilinato Pietro a dipingerne fette ilanze tutte in fila , ed
una neireilremo chiamata la ilufa . La Sala è la maggiore,
e fu la feconda ad eiTer dipinta , perche già aveva inco-
minciata la ftufa , la quale eiTendo divifa in quattro facciate
in ciafcheduna di eiTe rapprefentò una delle quattro età dell'
Uomo con efpreffione affai ingegnofa............
Fi-
-ocr page 431-Ρ
4Γ4
Finita la ftanza detta della Dea Venere non folamente il
Principe, e tutta la corte ne reilò fodisfatta , ma ancho
molti valenti, e giudiziofi Artefici sì Fiorentini che efte^
ri , i quali concorfero ad ammirarle , ed aiFermarono, che
foiTe una delle più pregiate opere che ufciiTero dal fuo di-
vino pennello . In fatti moftrano tutta l'arte , e bontà del
difegno , l'eleganza del componimento , la vaghezza del co-
lorito , ed il rilievo più bello. Nella tefta d'AleiÌandro Ma-
gno vi fi vedono efpreiTe le fue virtù, e le fue paffioni ,
cofa ingegnofiilìma .
Si ammirano qui ancora le fuperbe veftimenta dei
Re ed Imperadori fatte all'amica, ed altre armature mol-
to ornate e bizzarre con Calzari, Celate, Targhe, ed or-
namenti fatti tutti con arte maravigliofa. Le tefte delle Re-
gine fono belh'iTime, e cavate dalle medaglie antiche , ed
i fitì delle ìilorie fono veramente incomparabili sì per le
Architetture vedute in ifcorcio , che per le verdure molto
vaghe . In fomma fi può dire con verità che il Sig. Pietro
ha iiloriato e dipinto con maggior facilità di Lionardo da
Vinci che ha fcelto i movimenti , e gli atteggiamenti con
])Ìù grazia d' Andrea del Sarto , e che il fuo gufto d' ope-
rare è migliore di quello di Fràncefco Salviati. Non preten-
do di fare alcun paralello fra il divino Michelangelo e il
Sig. Pietro da Cortona perche farebbe temerità . Dirò folo
che la pittura non confifte folamente nel fare i nudi coll'in-
telligenza della grandezza de'contorni , e de'movimenti > ο
colla giufta Ììtuazione de'mufcoli . Vailo è il campo del-
la pittura , e fra i perfetti artefici fi debbono annoverare^
coloro ancora, che fanno efprimer bene, e con facilità le
ilorie'^, e con bell'ordine , e giudizio i loro capricci. Ta-
li
BERRETTINI.
415
li fono anche coloro, che col troppo non confondono i lo-
ro componimenti, ο che col poco non danno nel mefciii-
Π0, ο che rendono intereiTanti le opere colla varietà ed
eleganza delle profpettive , degli edifizj , e de' paefi . Gran
merito è il faper veftire leggiadramente le figure , J1 fa-
perle far perdere a tempo nell'ofcuro, ο il faperle far ufci-
re dal quadro, a forza di chiaro, il far vive, e belle Io
teile delle femmine , dei putti, dei giovani, ο dei vecchj,
il faper dar loro fecondo il bifogno movimento , efpreflìo-
ne, e quello che noi Pittori fogliamo chiamare bravura' .
Si dee anche^ coniìderar , per efempio , nelle battaglie la bei-
la fuga de'cavalli , la fierezza de'foldati, e la rabbia , ο
il furore . Deefi fapere perfettamente la bellezza di tutti
gli animali per poterli collocar giuftamente, e nel miglior
punto del loro carattere . Sopra tutto nel fare gli uomini
debbonfi fare in modo che pajano ritratti affinchè fi cono-
fca per chi eglino fono fatti . Che dirò degli abl)igliamen-
ti, panni, calzari, celate , armature, acconciature di fem-
mine, capelli, barbe, vafì, alberi, grotte, fafli, fuochi,
arie torbide , ferene , nuvoli, pioggie, fulmini, notte , lu-
me dì luna, fplendor di fole, ed altre cofe infinite > Se il
Sig. Pietro non può paragonariì nel difegno a Michelangelo
egli ha avuto però un ottimo univerfale , e merita eiTere an-
noverato fra i più infigni valentuomini del noilro fecolo (1).
fignor Bottari aJV editore di quefi' epera SAL- |
1 e ytrammtt una ptrdha il non
«yert potuto compiere eoa qnalcht altra
manojcritio qutja -vita, cht farthbe una
delle più intere fanti anche p'r rapporto
fiSS'tto di cui parìa, (he non è an-
fora abbaflama noto . Forfè che il Paf-
Jeri la Ufcih imperfetta non avendo pe^
tato sytre prtma della fua morte la de-
Jcriziont delle camere de' Pitti , che fi
fede rimafla I» /οΓρΦ · Avrebbe alme-
no potuto finire la vita di Pietro da,.
Cortona . s» dò ydi U LtPttra di Λίο»-
4ΐ5
Mari V Anno
Alvator Rofa al certo merita una lode im-
mortale per tante parti che in fe ritiene,
e per averlo Dio arricchito di doni così
fingolari, che chi fpafiìonatamente Io con-
fiderà nel puro eiTer fuo è neceiTitato a_j
conofcerlo, e a confeiTarlo per un uomo
dotato di grandiffimo talento . Egli nacque
nella Città di Napoli, la quale è il Giardino del Mondo ,
e il giorno del fuo natale fu il 21, di Luglio del li
, Padre chiaraavafì Vito Antonio Rofa mediocre Architetto,
e la Madre aveva nome Giulia Grecia . Da giovinetto il
Padre per via di alcuni favori il fece entrare nel Collegio
della Congregazione Somafca , ed ivi col progreiTo dei tem-
po trafcorfe tutto Io ftudio della Grammatica , fi avanzò
alla Rettorica, e giunfe ai principj della Logica , ove fer-
moifi .
Coir occaiìone , che una fua forella di maggiore età
era maritata in un certo Ciccio Fracanzano Pittore Napole-
tano pareva , che fi feniiiTe dettare il prurito di fare anch'
egli il Pittore , e facendolo queilo fuo cognato difegnare
dava
Qfi'fia Vtta di SaJydter Rofa fu fare ceirifiorU del Hasìloui ■ '^onfrsn·'
fampata a fondo del BagUent dtll'edizione strà qitefle dui edizioni an^tà un idea del
àl· NapaU , henchi n^n β fappia per qital qs*a.»to fi è f^tto per fttr^art ξϋ altri
ragione, perche effa areya che^ firitd del Pajferi .
-ocr page 434-SALVATOR ROSA·
dava molti contraiTegni di un indole fpiritofa . Li Pittori Na-^
poletani non fono molto dediti ad una lunga applicazione al
difegno, ma fogliono prima del tempo dar di mano ai pen,
nelli , e come «iTi dicono a pittare . Incominciò Salvatore
con quella educazione fubito a colorire copiando alcune co·'
fe dei Fracanzano, e faceva conofcere una pronta abilità .
Fattoiì di giuila età li moftrava defiderofo d'impoiTeÌTarii
benbene del pennello, ed avendo imprimite alcune carte ,
adattandofele in una cartelletta, fe ne andava in giro fuori
di Napoli 3 e dove fcorgeva qualche veduta di paefe, ο di
marina, che foiTe di fuo genio, accomodatoO in quel luo-
go , dove pareva, che faceiTe meglio , copiava coi colori
ad olio quel fito dal naturale . Moftraudolo la fera al cogna-
to prendeva animo fentendo dirfi da quello in lingua Na-
poletana ; Prufcid j che va buono, Tanto frequentò quefto fuo
fìudiofo efercizio, che fi fece ardito di por mano alle te-
le, ed a poco a poco fi ftefe alla mifura di quattro palmi,
e di quelle chiamate d'Imperatore , facendovi dentro pae-
iì , marine, ed altre fantalie , però fempre coli' accompa-
gnamento di figurine a propofito . Per continuare , ed anche
per cavarne utile portava queflì fuoi Quadri ai Bottegari ri-
venditori deir altrui pitture, e loro gli dava per quei prez-
20 , che poteva , purché ne aveiTe cavato Je fpefe delie
tele , de'colori , ed il fuo mantenimento .
In quel tempo era il Lanfranco in Napoli occupato ne*
fuoi lavori , ed un giorno paiTando In carrozza con un fuo
giovine per la ftrada della Carità vide fuori di una di quelle
botteghe uno de'quadri di Salvatore in tela di quattro pal-
mi > nel quale era un paefe campeftre coll'iftoria di Agar,
e fuo figlio languente per la fete, Parve al Lanfranco di
travedere in quell'opera qualche cofa di buono, e fenzij
fapere l'Autore, fatta fermar la carrozza, chiefene il prez-
zo . Parvegli queilo affai modeilo però fenza replica alcu-
na io comprò? e feco la portò a cafa . Eifendofi anche al-
Ggg- tre
417
^iJi
41 S SALVATOR
tre volte incontrato in altre botteghe , quanti quadri vede-
va di quella maniera tanti ne comprava , e parte ne face-
va dono agli amici, parte ne riteneva per gufto proprio .
Oliando ritornò il Lanfranco a Roma da Napoli Γ ultima
volta, che vi morì, conduiTe feco quel quadro' di Agar ,
e me lo fece vedere, e per verità era tocco con gran gu-
ilo pittorefco . Quei Bottegari, che fi avvidero , che un
Lanfranco Pittore di quella ftima comprava i quadri dì Sal-
vatoriello, da loro così chiamato, fecero argomento , che
foiTero di valore, e cominciarono a fare iftanza di voler-
ne , ed egli, a cui non mancò mai Γ accortezza , fattoli
deliro fi pofe in maggior altezza di prezzo.
Non trovandofi del tutto contento di fermarfi in Na-
poli, benché Tua patria, defiderofo di Roma fi rifolfe di
condùrvifi, e fattane prima qualche apertura cogli amici
per afllcurarfi d' un primo recapito , fe ne venne a Roma
del idj^. dentro una feluca fottile e andò dal Sig. D. Gi-
rolamo Mercuri, Maeftro di Cafa del Card. Brancacci, an-
ch'egli Napoletano. Quefti fu fempre uomo onorato, ed amo-
revole , gli faceva cortefie, e carezze grandi in cafa fua,
e Salvatore , che aveva gran defiderio , e viveva impazien-
te di farfi conofcere in Roma dipingeva per chi gli capita-
va , tanto per cagione di 'vivere, quanto per introdurfi nel-
la cognizione di tutti . Quando non aveva altre occafioni
lavorava per li rivenditori di quadri, e per le botteghe ?
e faceva belle galanterie faporite , e fpiritofe, come tutto
dì fi vanno oggi ancora incontrando . Erano però figurine
piccole, e tele non molto grandi , toccate mirabiimente con
tinte grate , e di buon guito, ma di foggetti vili cioè Ba-
roni, Galeotti, e Marinari.
Il Brancacci, che era Vefcovo di Viterbo volendo af-
fiftere di peribria alla fua Chiefa , fi partì da Roma alla
volta di Viterbo con tutta la fua famiglia, e dovendo D.
Girolamo trovarfi al fervizio del Padrone , fn neceilìtato par-
tire
R Ο A· 4ip
tire con lui anche Salvatore, perche non aveva altro rica-
pito in Roma . Dimorando in Viterbo col Vefcovo che ne
fu molto contento fi tratteneva con qualche follievo , ^^
quel Cardinale per dargli occupazione, oltre ad alcune an«
tiporte, che per fe fece fargli ad olio, gli fece aver an-
che la tavola dell' Aitar maggiore della Chiefa della Mor-
te , ove dipinfe quando ΓΑροίΙοΙο S. Tomafo incredulo vol-
le toccare colla mano propria la piaga del Coilato dì Cri-
ilo. Le figure di quello quadro fono di grandezza naturale,
e di uno ilile dì forza con qualche gufto, e fecegli dopo
fare nel Palazzo del Vefccvato a S. Siilo in un muro del-
la loggia al piano del cortile a frcfco uno fcherzo di mo-
ilri marini , e di alcune Ninfe del mare fopra delfini j, e
putti per aria -, però non è delle fue cofe perfette .
Nel tempo , che fi trattenne in Viterbo ebbe occa-
iìone della pratica di Antonio Abbati Poeta di qualche ili-
ma nel fuo genere faceto , e fatirico, ed eifendo egli aiTai
inclinato alla poefìa , con quello fe la paiTava le giorna-
te intiere , e durò qualche tempo quefto loro trattenimen-
to . Mi giurò più volte Γ Abbati, the fu amiciiTimo mio,
che nel corfo dì qualche anno , che praticò con Salvatore
non lafciò mai con luì intenderli di mettere in carta un
verfo del fuo , ne meno avea nella poefìa altro , che un
fuperficiale diletto della lettura , e fi ilupiva quando egli
ritornò in Roma dopo tanti anni da Germania , e trovò che
Salvatore aveva guadagnato applaufo di Poeta dal concor-
fo di tutti i Letterali .
Dopo che il Rofa fi era trattenuto qualche tempo in
Viterbo gli venne capriccio di tornarfene alla patria j pru-
rito che follecita fernpre ciafcheduno , quando fe ne trova
lontano. Se ne tornò dunque a Napoli, e perchè fi era a-
vanzato nel valore, e nel credito , fi fofteneva in pofto
fuperiore a quello , nel quale flava quando fe ne partì. Non
per queilo però fi raffreddò in lui il defiderio di Roma ,
G g g ma
-ocr page 437-42.0 SALVATOR
ma tenendo fempre in lei fìiTo il penfiero , rftàndava di
quando in quando di là a quella volta qualche cofa di fua
mano per tentare fe la fua lontananza accendeva l'appetito
dell'opere Tue . Mandò ultimamente a Niccolò Simonelli fiio
■parziale, che allora flava al fervizio del Card. Brancacci per
Guardaroba un Tizio lacerato dall'Avvoltojo , figura dei na-
turale , in una tela grande a proporzione, che legato ad uno
fcoglio in campo di un paefe efprimeva vivamente il fuo^
tormento, moilrando le vifcere fanguinofe fuori del petto
fquarciato . Il Simonelli per compiacere Tamico efpofe que-
ilo fuo quadro alla Rotonda coiroccaiìone della fefta di San
Giufeppe celebrata in quella Chiefa a di 19. Marzo dalla_)
Congregazione de' Virtuoii, ed in quel tempo vi fi faceva
una moilra , ed apparato di quadri dei più fcelti, e famoii.
Venne accompagnato queflo da un elogio in lode, ilampato
col titolo di Demoftene della pittura j e perche il Simonel-
li ftava in credito d'intendente , ed era affai valido colle
fue prediche, diede una fama ilrepitofa al nome di Salva-
tor Rofa, volendo diilruggere quello di Salvatoriello fin al-
lora praticato. ScriiTe Niccolò a Napoli iperboli di applauiì
e il Rofa prefo animo da così gradita relazione fe ne ven-
ne la feconda volta in Roma coir indrizzo del Mercurj 5
e coir ajuto delle grida del Simonelli.
Venuto in Roma volle ftabilirfi una cafa propria dì abi-
tazione , e non più in cafa di altri per avere maggior liber-
tà , e per godere la frequenza delle vifite degli amici, e
Il concorfo de' fuoi partigiani . Rendendofi impaziente per
non vedere quello , che più defiderava di grido , e di ac-
clamazioni , gli venne in penfiero per fare maggiore aper-
tura alla cognizione della fua perfona di introdurfi a com-
parire al pubblico in azzioni ridicole col perfonaggio fup-
poflo d'un Pafquarello, e fi faceva chiamare Formica, ren-
dendofi facile il rapprefentare queila figura per eiTergli na-
turale la lìngua , ed i motivi dei Lazzi nazionali « Tutto
un
-ocr page 438-R Ο Α.
un carnevale con altri fuoi compagni andò in naafchéra in
quefto perfonaggio, Io che fu nei ló^p, , e fìngevano un
Saltimbanco , e dì quando in quando per le piazze di Ro-
ma fi fermavano a far le folite radunate di popolo all' ufo
de' Ciarlatani, moilrando di vendere alcuni barattoli di un-
guenti , e facendo varj gefti ridicoli. Radunavano in queilo
modo tutto il popolaccio di Roma a cui difpenfavano una
certa ricetta faceta , che aveva corapofta Giovanni Briccio ,
che allora era vivo .
Finito il Carnevale , ed eiTendo in Salvatore rimafto il
prurìto di quefto Formica, avendo prefo a pigione una ca-
fa al Babbuino attaccata giufto alla fontana , che fa cantone
per andare a flrada iVlargutta, fatta radunala di alcuni gio·^
vani curioii ilabilirono di far Commedie airimprovifo nelF
eftate, e tra loro fi andavano accordando alcuni foggetti
per recitarli. Venlita la ftagìone a propofito procurarono la
vigna de' Mignanelli fuori di Porta del Popolo per la vici-
nanza di Roma , e avutala nello fpazzo, che è nel primo
ingreiTo , alzarono il palco , e diedero principio alle Com-
medie, delle quali era direttore Niccolò'Muffi allora ia.»
qualche ilìma di^ letteratura per le prediche fatte in piii
Quarefime in Roma, Alla feconda Commedia tra gli altri a
che in gran numero concorfero a fentirla mi trovai anche
io per buona congiuntura, e fedei in quel banco medefimo,
che tenevano occupato il Cav:alier Bernini, Romanelli , e
Guido Ubaldo Abbatini tutti perfonaggi conofciuti. Per Pro-
logo ufcì Salvatore fingendo quel Formica , che fi è detto,
ed avendo in compagnia altri, incominciarono fra di loro a
dire , che eiTendo in quella ilagione calda per follevarfi da
quella noja era meglio fare una Commedia , e tutti con^
correndo in quefta rifoluzione , diiTe Formica quéfte preci-
fe parole . ^οξ'/ίο gli , che faclmno Com^nedie come cter-
ti % che tagliano lì patini aduojfo a chlfio > q a chìllo \ perche
CO lo tiempo Je fa vedere chiù veloce lo taglio de no rajmlo,
4ΖΖ SALVATO R
c^e la -penna de no Poeta ; e ne manco hoglìo , che facimnto
'venire nella [cena porta cltamnt acqiiavltarl e, craparì > e fie
fchtfenze , che fingo fpropofitì da AJeno , In quei tempi il Ber-
nini come altrove ii diiTe foleva fare una Commedia nel
Carnevale, le quali Commedie avevano fama comunemen-
te di eiTer pungenti, e mordaci, ed in quella Eftate me-
defima ne faceva recitare in Borgo una delle fue , ma in
profa Ottaviano Caftelli , e per rapprefentare un Alba , e
per dar naturalezza all' opera faceva comparire Acquavita-
ri } Curfori , e Caprari per la Città , cofe tutte centra le
regole , che non permettono neiTun perfonaggio , che non
fia intrecciato nel gruppo della favola. A queile pardo
di Formica , io , che conobbi la fua intenzione , diedi fu-
bito un occhiaia al Bernini per oiTervare i fuoi movimenti
ma egli con una diiinvoltura artificiofa diede ad intendere,
che non lo aveva colpito il taglio di quel rafojo , e ncn
fece neiTuna apparente dimoflrazione, Ma Ottaviano Caftel-
li, che anch'egli vi il trovò prefente, crollando più volte
il capo , e fogghignando amaramente diede fegno , che ii
era parlato per lui ,
Finita queila Commedia , che non fu cofa ccmfidera-
bile ii reilò con quefto livore coperto, e dopo alcuni gior-
ni il Caitelli ? che già faceva la fua faldonata in Borgo vec-
chio nel Cortile del Palazzo de' Sforza a mano iiniilra per
andare a S, Pietro , pensò con qneila occafione vendicarfi di
Salvatore V e credo che il Bernini gli preitaiTe il fuo coii-
fenfo . La vendetta fu per verità fpropofitata, e fenza fpi^
rito , perche avendo introdotta una novità nel Prologo fin-
fe una quantità di popolo auditore di una Commedia da re-
citarli , e tra quelli finfe un perfonaggio nell' abito, e nel-
la fomiglianza di Formica, e per paifare il tempo dell' af-
pettare il principio di quella recita , fìnfe un Chiromante,
e Fifonomifta , che dalla mano, e dalla fronte di quel po-
polo prediceva le cofe future, e tra ^li altri fece, che iì
met'
-ocr page 440-R Ο Α.
ieiTe inforco ^ quefto Formica, ed incominciò a leggerli un
lungo procefTo della fua vita paiTata , pretendendo così di at-
taccare Salvatore. Incominciò dunque a dirli del fuo,tratte-
nerli in Napoli , della fua venuta a Roma, e fotto la fede
d'ofpizio dì aver rubato fottocoppe, e candelieri di argen-
to , di aver tenuto mano a ruberie , ad infamie, e ad az-
zioni difonorate ; tutte cofe improprie, mendaci, ed impo-
ilure , e per avvilire maggiormente la condizione del Rofa
pafsò ad oltraggiare la profeffione della pittura , di che io
rifentitomi mi levai in piedi, e me ne andai flomacato di
una cofa così laida, fcortefe, ed infame. A mio efempio
fe ne andò il Romanelli, e feco il Bernini j ma avvedu-
tofene Ottaviano li feguì prima, che ufciiTero j facendo con
loro fcufe grandiiilme, proteftandofi non eiTere ftata fua in-
tenzione ί che ii entraiTe ne' particolari della profeifione.
Dopo queilo fpropoiìto il reAò con male fodisfazzio-
nì, e con fofpetti da una~ parte, e dall'altra, che non pro-
feguiiTero quefte vendette con maggiore fcandalo, e non_,
mancava chi fornentaiTe tanto Γ uno quanto Γ altro a non
fermarli, ed a reftar fuperiore j ma il Rofa con fomma
prudenza diede paiTata al tutto > ed attefe alle fue mode-
ile ricreazioni di amici , e a dipingere per maggiormente
avantaggiarfì . In qualche parte confeguì il fuo intento in
fari] nominare con quefte fue Commedie, ma come cole
dìfgregate dalla fua profeiììone non gli parLorirono troppo
buon nome. Per fua buona fortuna , venne in quel tempo
volontà al Principe Mattia de' Medici di volere un Pitto-.
re, e ne diede Γ incurabenza al Signor Fabrizio Pier Mat-
tel fuo Agente in Roma? che abitava nel Palazzo de'Me-
dici in Piazza Madama , Quelli, che era un Gentiluomo ga-
lante , intelligente , e di propofito pensò a Salvator Rofa ^
foggetto degno in vero di quelle Altezze per tante fue bel-
le qualità unite infìeme , e datogliene parte il Rofa accet-
tò volontìeri l'offerte sì per allontanariì dalle amicizie di
Ro-»
-ocr page 441-424 SALV ATOR
Κ orna , come per iilabiliriì in uno ftato di miglior fortuna ;
iìimando queir occafione più a propoiìto per io fuo deiìde-
rio. Stabilite le condizioni col Pier Mattei fe n'andò con
piacere a Fiorenza , ove giunto il Principe Io vide con amo-
revolezza i e ne faceva ilima grande trattandolo aiTai ono'
revolmente sì nelle provifioni, come nelle cortefie . Salva-
tore , che fu fempre generofo , e di animo grande , ami^
co di aura , e di acclamazioni, per intrinfecarfi maggior-
mente neir amicizia di quei Cavalieri della Corte del fuo
Principe, faceva loro alcune volte banchetti fontuofi fpen-
dendo 30. e 40. feudi per volta . Andavano di buona vo-
glia quei Signori ai fuoi liberali inviti, ma avvedutofi egli,
che perdeva la fatica , e la fpefa, cefsò da quelle fue fem-
plicità , e iì ftabilì più nel fuo per maggior quiete , e quan-
do ritornò in Roma mi diiTe più volte , che quei Cavalieri
ai quali faceva tante corieiìe nel medeiìmo giorno dopo il
definare incontrandoli per lo paiTeggio in carrozza , e ve-
dendolo ne meno gli guardavano addoiTo . Egli li ramma-
ricava di queila loro così da lui chiamata fcortefia, ed im-
parò da queir efempio di ilar lontano da chi è maggiore,
e che non tutti i cieli fono come quei di Roma, che gra-
difce più i foraftieri, che i proprj figliuoli.
Mandò da Fiorenza a Roma aicuni fuoi quadri , che
colà per proprio ftudio faceva , e tra gli altri una tela_>
grande nella quale aveva fatto un Baccanale di figure di tre
palmi di altezza dentro una felva di belliflìma proporzione,
Finfe un folto bofco opaco per lo fuo fpeiTo intrecciamento
di tronchi , e di rami, moftrando sfuggire nella lunghezza
di un viale , che non aveva termine > fe non coufufo , e
mal ficuro 3 e nella largura di quello un intreccio di alcu^
ne figure di uomini, donne, e fanciulli che danzano parte
ignude e parte ricoperte di vefli leggiadre > e di ammanta-
ture fvolazzanti intorrìo ad un fimulacro di Bacco, ed al-
tre ftratate per lo terreno con vafi, e tazze nelle mani par-
te in
R Ο Α.
te in atto di bevere , ed altre ubriache e rcondamcnte ad-
dormentate con attitudini varie ben compartite , e con ottima
difpofizione, Il componimento di quel quadro era mirabile,
il paefe ben proporzionato alle figure, con maneggio di co-
lore maeftrevole sfrondeggiati gli alberi con grand'artificio,
con accordo mirabile di colori unito neirarraonia , e fe le
parti aveiTero avuto cornTpondenza al tutto farebbe fiatò un
quadro fingolare . Mandò anche altre cofe di fu^ mano di
aiTai buono ftile, che contenevano paefaggi, battaglie, ma^
rine , iftorie, ed in ogni genere di cofe , fempre nuovo raae^
fìro , e fpiritofo a gran fegiio .
Nel mentre , che fi tratteneva in Firenze , andò a^
paiTare qualche tempo in Volterra per iftudiare dal vero
i paefi, ed ivi fu che dipinfe quefto Baccanale . Avea in
Firenze fatta amicizia con una Donna di beli' afpetto , dei-
la quale fi valeva per modello in diverfe occafioni , e gli
ferviva di compagnia , e di follievo , ma non fempre innocen-»
te, e lodevole. Stanco il Rofa di ftar lontano da Roma,
c trovandofi terminato il fervigio del Principe Mattia , fi
rifolvè di tornarvi, ed avendo avanzata una certa quantità
di denari , vi giunfe paropofo di abiti con fervitore a li-
vrea , che conduceagìi lo fpadino appreiTo colla guardia d*
argento , e tutto pieno di sfarzo . Perchè quella fua donna
lo amava , ed era di buone qualità gli parve dovere di non
lafciarla in abbandono, e feco in Roma la conduife ; dove
fermatofi di propofito non pensò più di ailontanarfi ne dair
lina, ne dall'altra.
Amò fempre il grido , e l'acclamazione al fuo nome,
e per confeguire quefto fuo defiderio non β ftancava mai
dì operare, e voleva che alle feile della Rotonda, e di
San Giovanni Decollato ogni anno fi vedeiTero del fuo cofe
nuove. Si pofe in fantafia di renderfi riguardevole in fio-^,
re grandi, quanto fi era refo in piccole, e fi affaticava^di
comparire al pubblico al pari di ogni altro in quelle prò-
Η h h por-
-ocr page 443-S A "Ly V^ A Τ Ο R
porzioni. Fece , ed efpofe una l)attaglia nella rnifura del bac-
canale fatto in Volterra , opera degna d' ammirazione per
la perfetta efprefiìone dei moti violenti , "delle grida de'
combattenti, e^de'feriti, colla mifchia de' pedoni, de'ca-
valli , degli Liccifi , del calpeiìio , della polvere follevata ,
dell' accompagnamento di alcune piazze aiTalite , di colli-
nette v^ftite di arbofcelli , e del confufo ravvolgimento di
nuvole accompagnate da un arte maeftrevole del pennello.
Faceva più volontieri i quadri di proprio genio , parendo-^
gli di fodisfarfi più, che coli' obbedienza di un comando
riilretto , non avendo difciolte le mani colla libertà della
fua fantafia, però ii sfogava fempre col proprio genio.
In progreiTo di tempo ingranditofi nella figure, e fa*
tendone var; copiponìmentì d'iilorie , di favole , e di ca-
pricci , gli efponeva fra gli altri quadri alla feila di S. Giovan*
ni, dove fi fpartivano i fuoi partiggiani aiFettati, che gli face-
vano con iperboli più danno , che beneficio . Siccome che è
il folito in quel giorno efporfi opere di Pittori famofi, que-
fti tali dicevano a tutti i avete vifto Tiziano, il Correggio,
Paolo Veronefe , il Parmigiano , il Caracci, Domenichino >
Guido, e il Signor Salvatore ? Il Signor Salvatore non ha
paura ne di Tiziano, ne di Guido , ne del Guercino , ne
di verun'altro, dando con tanta energìa in quel Signor Sal-
vatore , che ftomacavano gli uomini onorati , ed accende-
vano per quello qualche odio verfo di lui, quafi che egli
procuraiTe quelle oftentazioni , delle quali era innocente .
Ecco Γ utile che apportano quefti faccendoni ad un povero
galantuomo ; ma tutte quefte acclamazioni fono a fine di
mettere in prezzo qualche opera di lui , che fi trovano
nelle mani avuta per un tozzo di pane, e per farne un in-
fame mercimonio a fpefe deiT altrui onorate fatiche .
Si era intanto il Rofa avanzato nel credito, e nel!" ac-
cumulare qualche denaro > e vedendofi lontano dalla necef-
fità , che è la tiranna degli fpiriti nobili , e follevati , fi
mife
IJ'; ί!^
KOS Α. 427
mire in pofitura φ' prezzo delle cofe fue , e fofteneva il
poilo di ima onorata condizione . In quefto i Pittofì fono
coflretti η portargli obbligo , perche egli fofteneva coftante-
raente la riputazione di fe fteiTo, e della pittura \ e colla
fua coilanza arrivò a farfi pagare riguardevolmente le fue
fatiche. .
Nella poefia poi ebbe, una naturale inclinazione, ed in-
ielligenza , e quei, che dicevano, che egli non ci aveiTo
gran fondamento mancando d' erudizione greca, e latina ii
Ingannavano perche aveva tanta notizia quanta bifogna ad un
ingegno follevato per far vedere ne' fùbl componimenti vi-
vezze così ardite, fai) così faporiti , e fantaiie cosi pellegri-
ne , che fapeva rendere copiofì nel numero , e foavi i fuoì
verfi . Si conofcono, e fi praticano infinità di Pedanti dot-
ti, e fcienziati negl'infegnamenti grammaticali, bene iilrut-
ti nelle regole di lingue ftraniere, e nei precetti dell' arte
di una favella, inetti poi infulfi , e del tutto inabili nella
facoltà di un componimento , privi di fapere , di fpirito ,
e di invenzione . Dopo aver lafciato correre in giro alcu-
ni fuoi fcherzi per muljca di varie idee per lo più morali >
ed alcune tragiche, eoa uno Ìlile facile, dolce, e corren-
te , adattato alla proprietà del canto, fi fermò nel fodo di
un faticofo lavoro di fette fatire di foggetto diverfo , di uno
ftile proprio foftenuto , e continuato coir inferto di quando
in quando di qualche arguzia piccante , e fece in quelle co·
nofcere , che fapeva molto felicemente accordare la foftan^
za del tutto coll'accidente delle parti . Legò quelU compo?·
nimenti coli' obbligo del terzetto che è un incatenamento
praticato dai Poeti Tofcaiii in fimili materie per eiTere più
comodo , più feguito , e fenza termine prefiifo . Faceva fen-
tirli alcune volte in cafa propria con invito di Prelati, e dì
Perfonaggi, recitandoli con efpreflìone mirabile di voce, e
e di gefti ? a fcgno che li dipingeva colla lingua. Nel fen-
tìrli alcuni èmuli 9 ed invidioit, ammirando la vivacità de*
Η h h 2, con-
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concetti, le profondità aftrufe delle eriidizioni , ed i voli
erudìtiffimi di una fublime intelligenza , atterriti da un ar-
tificio così ingegnofo partivano confiifi, e difperati , Non
fapendo come sfogare Γ invidia concepita contro di lui, fi
facevano temerarj con feminare , che quella non era farina
del fuo facco, e che era impoiTibile che un uomo privo di
ogni fcienza faceiTe apparire tanto fa pere, e tanta quantità
di materie recondite. Per renderlo affatto difcreditato dice-
vano eflere quelle opere di un certo Frate, che morì tan-
ti anni fono , e che gli erano pervenute alle mani dopo la
morte di quello , mentre fi trattenne in Fiorenza , cavaO"
dole ora ad una ad una come cofa propria . Che per dare
ad intendere , che le veniva componendo alla giornata , vi
attacava del fuo qualche taccone di materia del fecolo cor-
rente , e che fi conofceva beniilìmo non eiTere tutta l'ope-
ra dell'ifteiTa mano. Qtieila groiTolana calunnia , appreiTo gli
uomini di giudizio, e fenfati confermava maggiormente il
Rofa nella ftima , che foiiero parti del fuo ingegno ; per-
che proponendone un Frate per autore gli toglievano di fat-
to il probabile, eiTendo quello folamenle obbligato alla let-
tura di una Catedra , ο alFecclefiaftica Orazione di un per-
gamo , Non dico , che nel Frate non ila ingegno , e dot-
trina , ma eifendo la materia del Chioilro lontana tanto da
Elicona , non dovrebbe arrivarvi ne meno uno fpruzzo leg-
giero di un femplice Zampilletto , e le Mufe , che fono
vezzofe donzelle , ed amene non poiTono avere commercio
co'rigori delle fcuole fevere, ed i loro vezzofi coftumi non
ροίίοηο accomunarfi co' ruitici focchi . Dì più i Frati fo-
no obbligati, come rigidi difenfori di un regolato coftume,
ad eiTere in tutto nimici delie leggierezze di quei frondo-
fì allori, ed eifendo intenti alla falutare coltura de' frutti
dell' Evangelo non debbono trattenerfi nelle'vanità de'fiori
difutili di Parnafo, e delle Satire^ Per tante ragioni fi diilrugge
una sì mai pata impoftura, c la mia caldezza in foilene-
re
l'I,!
r
R Ο Α. 429
re queila verità , non oiFende Religiofo di alcuna forte ; an-
2i io parlo in loro fortiflima difefa, dichiarandoii in tutto
lontani da leggierezze, e da. un impiego di tempo male fpe-
fó . Nel Rofa, il quale aveva il fuo trattenimento continuo
del pennello, non era difdicevole , che qualche volta avef-
fe quello della penna, eiTeiido tanta fimpatìa tra Γ una , e
Γ altra facoltà . 11 portare poi un impoiTibile cosi oftinato ,
che non foiTero concetti delia fua mente , io non sò con^
quali ragioni fi rendeiTero forti , perche un ingegno, come è
quello di Salvatore, così perfpicace , che in una profefljo-
ne tanto ingegnofa ha faputo ufcire con una novità di ma-
niera fua propria fenza ilare attaccato ai calcagni di un al-
tro , con un idea così ricca, così nobile, e copiofa , abon-
dante nell' invenzione , adequata negli accompagnamenti ,
concorde nell'armonia, valorofa nel maneggio del colore,
che in molte cofe fi è fatto efempiare, che ha faputo chia-
mare a fc in alcune particolarità Γ imitazione, che è flato
baflante ad infegnare ad altri alcuni avvenimenti , che ii
è refo mirabile , e gloriofo j non trovo tanta impoflìbilità,
che non poteiTe compartirfi nella pratica di una forella ,
mentre era padrone dell'altra. La verità è , che egli ripor-
tò d' ambedue un grido immortale , onorato da' Principi,
ed oiTequiato da' primi Letterati della Corte , che con un
concorfo frequente andavano a vifìtarlo , ed a godere del-
la fua grata converfazione ; e chi voleiTe riferire tutte le
fottigliezze delie fue arguzie , la prontezza delle fue rif-
pofte air improvifo , e le fpiritofe galanterie , che faceva
fentire giornalmente nel giro degli amici, ci vorrebbe un
groiTo volume.
Alcuni fciocchi della profeifione della pittura diceva-
no publicamente , che Salvatore era una mala lingua , e
che non la perdonava a nelTuno in dir male j ed io poifo
giurare , che Io ho praticato molto tempo , e con qualche
domeftichezza ; e non ho trovato uomo più prodigo di lui
' /
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nel lodare gli altri, a tale che alcune volte veniva ripre-
fo di troppo , dilatandofi nel commendare alcune cofe , che
non lo meritavano a tanto fegno, Ben è vero , che in al-
cune occafioni di emulazione, e di rivalità tra uguali, ο
poco nìeno , fi giocava alla Rachetta colle palle di riman-
do , ed ognuno conofceva dov'era indrizzato il colpo j ma
era tirato con tanta leggiadria , che rendeva diietto a chi
ne fentiva la ribattuta , Non faceva come taluni sfacciati
fenza fpirito, e fenza giudizio , che s* introducono a lace-
rare alcuno per ignoranza , ο per invidia con una pubblici-
tà petulante , fenza caufa , c fenza evidenza di mancamen-
to , che fi fabbricano Tedio, in chi gli afcolta, ma egli
deilramente, e con modeflia tirava qualche man riverfo co-
perto per riparata, e per inveftitura , ed era a fine di man-
tenerfi il primato , luogo da lui ambito avidamente. Quei,
che lo pubblicavano per maldicente , erano di quella claiTe,
che non hanno nulla di buono nelle loro opere, ne meno
nel nome ; e perche egli non faceva ftrepito quando in qual-
che ocicafione vedeva alcuna opera di loro , fubito fi que-
relavano , che egli ne dice/Te male , ancorché non aveiTe
aperto bocca verfo di loro . Del refto egli lodava ciafcuno
a proporzione del merito , Io non dico, che egli non foiTe
vanagloriofo, avido di fama , ed innamorato di fé fteiTo,
ma quelli erano incentivi naturaii della patria , che non_i
avrebbe mai potuto ftaccarfegli da doiTo , perche erano ere-
ditar; dei clima, e poi ciafcheduno è defìderofo di applaufi.
Dopo molti combattimenti del Tuo defiderio gli venne
alla per fine una da lui tanto bramata occafione di fare uti
quadro permanente al pubblico, e fu che il Signor Mache-
fe Filippo Nerli figlio del Signor Pietro, nipote Γ uno » c
fratello Γ altro del Cardinale di queilo cognome gli diede
da fare un quadro da Altare in una loro Cappella nella Chie-
fa di San (^iovannì de Fiorentini, che è in un braccio della
Croce nella parte dell' epiilola dell'Aitar maggiore. Dipin-
R Ο A.- 451
Ìe in quello il martirio dei Santi Cofimo, c Damiano fra-
telli ì quando nella Città di Egea per ordine del Proconfb·
lo Liiia furono ambedue gettati nelle fiamme di un fuoco
arder , acciocché vi reftaiTero ariì , ed inceneriti ; maj
per virtù,divina il fuoco fi slontanò da loro, e dilatandoli
d'intorno abbrugiò alcuni di quei Miniilri . Ha rapprefen-
tati li Santi efpofti fopra una pira di accefe legna > e la
fiamma fparfa atterrifce i manigoldi , i quali caduti per lo
fpavento fanno motivi vivacifììmi di terrore , ed una figu-
ra ignuda del tutto, appena ricoperta ove conviene , come
principale tiene occupato il fito maggiore del quadro con
un atto fpaventofo della gamba delira , che tira indietro,
e il deftro braccio , che viene avanti contrapponendo un
membro all' altro con regolata olTervazione in atto ftriden-
te , ed intimorito , Di fopra due Angioli volanti, che con,
fortano li due Santi Fratelli coll'accompagnaraento di una
fabbrica di ordine Dorico , che ferve di campo a tutto il
•componimento . Chi vuol ricercare in queiìo quadro un
efattezza di difegno , io non faprei che mi dire , fe non
ce la trova j dico bene, che è di mano d'i Salvator Rofa >
e che il Signor Filippo Nerli gli mandò per quello mille
icudi di moneta entro una borfa di rafo cremifino fopra una
guantiera d'argento. Non reilò del tutto fodisfatto delTap-
plaufo di queflo fuo quadro 5 e con tutto che i partigiani
di Salvatore ilrepiiaiTero con ifchiamazzi orrendi , non potè
a meno di non ne fentire qualche relazione finiftra ; e di
quefto non dt>veva lagnarfi, perche ciafcheduna cofa è fot-
topofta , benché perfettiffima, ai due più implacabili nimi-
ci, cioè alla ignoranza, ed alla invidia.
Aveva già fatto alcuni anni addietro un quadro da Ai-,
tare per una Chiefa di Milano, ordinatogli dal Card. Omo-
dei , ed aveva fatto in quello Maria Vergine del Suffragio,
e da piedi le fiamme del Purgatorio, e dentro a quelle al-
cune anime in aito di chiedere ajuto a_ Maria ^ ed alcuni
Angio-
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Angioli, ! quali prendendole le portano alla gloria beataj
del Paradifo . QlicI Cardinale ne fu fodìsfatto ; del reilo
fe piaceiTe in Milano , ο nò, non ne venne in Roma avvi-·
fo neiTuno , ma di quefto non bifogna maravigliarli perche
quei Cittadini trattandoli di foreftieri, e di opere di altri
non ne vogliono fentir parlare. Non eiTendofene fentito bia-
iìmo è un argomento, che il quadro non ne foiTe merite-·
vole, e col filenzio il confeiTarono forfè degno di lode.
Per verità Salvatore fu a gran fegno fempre vago di
fe medeiimo, e feppe portarli con artificio mirabile fofte-
liendo il fuo pollo con grande avvantaggio , e voleva quali
per forza Γ oiTequio continuo di eiTere corteggiato da tut-
ti . Avendo abitato per molti anni fopra il Mónte della Tri<·
aità nella Piazza di Spagna j col trovarfi giornalmente a
paifeggiare fopra la cima di quello, e particolarmente ver-
fo la fera, fi aveva tirato un feguito di perfone, che anda^
vano a difcorrere feco di materie diverfe, ed alcuni sfac-
cendatelli fi rendevano ambiziofi di trovarfi nel giro di queir
aiTemblea, a cui concorrevano letterati, uomini di ingegno ,
e di bel talento, mufici , e cantori della prima claife per
dire anch' eglino iVo/ quoque ; ma conofciuti da lui beniiTì-
ìTio per quanto pefavano li fopportava per altri fuoi finì ,
11 concorÌb della fiia cafa fu fempre numerofo di Cavalie-
ri, Prelati, Principi, e credo che quafi nefl^uno del Sagro
Collegio fia reftato di andarvi . Stette fempre oftinato nell*
altura de'prezzi delle opere fue, e tanto perfifteva , che
al fine incontrava chi lo faceva rimaner ibdisfatto dello
fue pretenfioni j e quefto nafceva , perche a poco a poco
aveva perduto quel bifogno , che tiene attaccati per la go^
la gli uomini di propofito.
In diverfe parti del Mondo mandò opere fue , ed in
Roma in molte cafe di Cavalieri , e Principi fe ne trova-
no in quantità . Gran contratto ebbe fempre neiranimo fuo
per voler foftenere, che le figure di fua mano della gran-
dezza
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dezza del naturale, ο più , ο meno , foiTero delF ìfteiÌLa
vaglia quanto quelle di minore proporzione , e di quelle
piccole ; ed era entrato in una fmania così inquieta per
tante oppofizionì , che ne fentiva, che fi era ftabilito co-
ftantemente di non volere mai più dipingere quadri in pic-
colo , benché gli veniife offerta fomma confiderabile, Se fa-
eeiTe bene, ο male, egli medefimo il Capeva , che per una
certa fua ftravagante oftinazione fi privava di un utile, che
farebbe flato baftante a mantenerlo in uno ftato aiTai più ri-
giiardevole , ed avrebbe dato fodisfazzione a molti Perfonag-
gi, che fi ciolevano della fua fìravaganza . Sentiva dirfi ,
che egli in grande era aiTai mancante nel difegno , quanto
alle parti, e che il colorito in quel genere non era adatta-
to , nè naturale j che le tinte delle fue carni erano di le-
gno , e fenza fangue , che l'aria delle teile erano tutte di-
fpettofe , e ά* idee improprie, e ruilìcane , che i fuoi co-
lori erano fmorti , che i fuoi panni non formavano pieghe
elette a proporzione , e che non coprivano Γ ignudo cotL^
modo naturale , e fcelto, che mancava con gran difordine
nei contorni , che poco intendeva il nudo , e eh* era aiTai
invalido a condurre Topere fue a quella perfezzione, a cui
le fa condurre un ben regolato Pittore, così nel tutto, co-
me nelle parti . Si travagliava quando fentiva lodarfì , che
ne' paefi occupava ii primo luogo che nelle marine era
Angolare > che in macchiette , ed in componimenti minuti
di capricciofe invenzioni prevaleva ad ogni altro , che nel-
le battaglie era unico ; nel capriccio , e nelle invenzioni
delle iftorie pellegrine , e recondite che toccava il fegno
maggiore j che nella maeftria del pennello non aveva ugua-
le ; che neir armonia del colore era il maeftro , ma che
nelle figure grandi perdeva tutte quelle fue belle qualità ,
perche gli mancava il principale , che è lo iludio . In que-
llo io non voglio dire il mio giudizio, mentre farò con lui
come con tutti gli altri, de'quali difcorro nella mia iftoria,
43^ S A L V A Τ Ο R
die ini contento di entrare nella corrente del grido comu^
ne , lafciando , che Γ opere Tue , come quelle di tutti gli
altri difendano da loro fteiTe le proprie ragioni.
Quanto egli foiTe ilabilito nella faa opinione circa all'
ottimo fondamento , per cui pretendeva 'di poiTedere perfetta·
mente il difegno nelle figure grandi, quello , che io narre-
rò, ne farà fede. Aveva per l'appunto fcoperto il fuo qua-
dro in S. Gio. de Fiorentini , ed io per mio diporto afceii
•verfo la fera fopra il Monte della Trinità a e lo trovai ,
che flava paiTeggiando infieme col Sig. Gio. Carlo de RoiII
famofo fonatore di Arpa a tre regiftri, fratello di quel vir-
tuofo Luigi noto a tutto il Mondo per la fua perfezziono
iiella mufica , ed in vedermi, perche era amiciilìmo mio,
mi venne incontro ridendo, e mi diffe queile precife pa-
i'ok . Che dicono adejjo quefli maligni ? fi fono chiariti , β io
sò fare in grande ? ο venga Michelangelo , e difegni meglio quel
nudo i che vi ho fatto io \ fe lo fapra fare . AdeJ'o ho βορρά-
ΐο il mondo \ perche gli ho fatto vedere quanto vaglio. Strin-
gendoli nelle fpalle io , e Gio. Carlo , entrammo in altro
ragionamento, finché fi fece notte . Da quefio fi può ar-
gomentare > quanto foiTe gagliardo nella propria opinione ,
ma non fi può negare , che egli aveiTe parti di un mara-
vigliofo Pittore arricchito da molti accompagnamenti , e-»
perfezzioni \ e fe non altro, quell' eiTere flato autore del-
la fua maniera con tanto artificio. Egli parlava di Paolo Ve-
ronefe più che di tutti, e gli era comunemente a cuore Io
itile de' Veneziani . Ma con Raffaele non aveva molta do-
meftichezza, perche la fcuola Napoletana lo chiama toilo ,
di pietra , fecco, e non vuole grand'amicizia fua .
Qiianto all'altre fue parti era mirabile; l'accompagna-
tnra j che aveva della poefia, trattata da lui con tanta ma-
gnificenza , e fingolarità ; benché molti ignoranti vogliono
avvilirne la condizione con quel nome di fatira , ma non la
intendono, perche fe nella loro idea quefto nome di fatira..
rifuo<
-ocr page 452-Ν
Α,
ο
Κ
rifuona raaledicenza fono ία grand' errore , Π componimen-
to della iàtira è il più maeftofo, il più addottrinato , ed il
più efemplare di tutti , ed a mio giudizio è lo fpavento
degl' ingegni, anche più follevati, avendo gran fomiglianza
con una perfetta operazione Apoftolica , eiTendo una sfer-
za fevera , che caftiga il vizio . E* ben vero , che fi rende
Άίΐίύ difficile a maneggiarla , ed è facile a chi Γ adopera^
inciampare nel pericolo di colpire più Γ uomo particolare
viziofo, che il vizio medefimo ; e in quello cafo muta fac-
cia, perche diviene malignità, ed un odio fcoperto in fpe-
eie, ma è.degno di gran lode per chi sà fervirfene con ac-
cortezza , e che sà cavare da quella il frutto deiremendazio-
ne neir univerfale , e che sà in fe fteiTa fcoprire l'innocen-
za dell'animo Aio, che non è indrizzato all'oiFefa de'par-
ticolari, ma che fi muove da giufìo rifentimento delle ma-
le operazioni del pubblico . Quefto sì eh' è neceifario per
rendere accreditato quefto fuo buon zelo , che quegli, che
vuole fcoprir la fua fronte a quefti rigori , iìa molto can-
dido nel coftume, ed immacolato nel viver fuo ; perche ma-
lamente un Zoilo può far da caftigatore del vizio , Con
queiti fuoi componimenti fi fece un ampia ftrada alia glo-
ria , e fe il Mondo le poteiTe godere colia luce delle ftam-
pe ne reflerebbe a gran fegno , fodisfatto ; ma Iddio sà qual
fine farà di loro .
Dopo molte fatiche di ftud;, e di fine applicazioni die-
de Salvatore neir anno lóyi, in una mala difpofizione di
falute , e portandofi avanti per ricuperarla con varie cure ^
e diligenze , gli fi andava avanzando il male con moto len-
to , e non conofciuto ; ficchè egli per non accrefcerlo de*
fiftè affatto , così configliato da Medici, e dagl'amici, da
ogni operazione di mente , come di mano, e fi andava_>
trattenendo in un ozio increfcevole al fuo coilume che fu
fempre impiegato in qualche degno efercizio . Avendo dal
male confeguita una pefìiìma cera nel volto dava indizio di
I i i ζ - eiTe-
-ocr page 453-S A L ν A Τ O R
cÌTere mal difpoflo di vifcere , e gli amici , che lo incon-
travano, fi condolevano con lui di quella cattiva fopraicrit-
ta i ai quali rifpondeva ; quello interviene a chi vuol dipin-
gere , e fcrivere per Γ eternità . Tirò tutto Γ Inverno in
quefto fuo cattivo ilato d'infermità , ed eifendo entrato il
incominciò a peggiorare, e diede in una fcopertij
idropifia , a fegno che perdè affatto la digeftione, e cadde
in una continua inappetenza . Iddio , che ne voleva cavare
qualche benefizio per l'anima fua colla lunghezza ·dei ma-
le lo andava difponendo a poco a poco alla rafegnazione nel
fuo fanto volere . Durò fempre colla pratica , di quella
dóiina, che io difìì, che iì portò da Fiorenza, la tenne del
continuo in caia fua , e n'ebbe alcuni figliuoli, uno de'qua-
li eiiendofi fatto grandicello lo chiamò Rofalvo , e lo man-
dò a Napoli appreiÌo ad un fuo fratello , ove morì di con-
tagio, Ne ebbe poi un altro chiamato Augnilo , che vive
al prefente, ed attende alla pittura. Coll'occafione che Sal-
vatore fi trovava in uno flato pericolofo della vita, fi otten-
ne licenza dal Vicario , eh' egli poteiTe fpofare quella fua
donna . Spofatala fi tranquillò in lui la torbidezza dell'ani-
mo , parendogli reilar fodisfatta la fua cofcienza , in fine
abbandonato del tutto di ogni fperanza di vita , dopo una
infermità di cinque in fei meli, il dì i di Marzo a ore
i^. neir anno morì avendo ricevuti tutti i Sagramei>
ti di Santa Chiefa , e k feguente mattina fu fepolto nella
Chiefa della Madonna degli Angioli alle Terme di Diocle-
ziano . .
Salvatore fu di prefenza curiofa, perche e/Tendo di ila-
tura mediocre , moilrava nell'abilità della vita qualche fvel-
tezza > e leggiadria, aiTai bruno di colore nel vifo, ma di
una brunezza africana ^ che non era difpiacevole j gli oc-
chi fuoi erano turchini, ma vivaci a gran fegno , di capei,
li negri e folti, i quali gli fcendevano fopra le fpalle on-
Aieggianti j veiliva galante ; ma non alla cortigiana, fenza
gaie,
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gale f e fuperfluità. Fo aiTai fiero nella prontezza delle ri-
fpofte , a fegno che teneva intimoriti tutti quei che trat-
tavano feco , e neÌTuno fi arrifchiava di opporfi alle fue prò-
poile, perche era oftinato , e forte mantenitore delle fuo
opinioni. Nel difcorrere dì precetti,di erudizioni , e di
fcienze, non s'impegnava ne* particolari , ma tenendofi in
largura non obbligata, quando conofceva il tempo, entrava
di mezzo , e sMntroduceva in modo, che dava a conofce-
re , che non era tavola rafa, e queflo il praticava con fom-
mo artifìcio . Si era guadagnato molti amici, e concorren-
ti alle fue fantafie, ed anche molti inimici, e contrarj al-
le di lui propofizioni, e bene fpeiTo fi queilionava in quel
fuo congreiTo , e lì veniva a fcandalofe rotture. Vi erano
molti fuoi feguaci, molti per genio , e molti per boria, ai
quali pareva di guadagnare titolo di uomo di propofito con
praticare il Rofa . Il pofto , che fi era fabbricato nella pro-
feflìone , era di ftima ; perche feppe portarfi con accortez-
ze, e per lo più il faceva defiderare , e pregare . Della
fcuola di lui non fi fono veduti gran fucceiTori, perche egli
non applicò mai a far queile radunate j è ben vero ^ che
molte fcimmiarelle pretendevano d'imitarlo , ma però af-
fai di lontano . Bartolomeo Torregiani ufcì folo con qualche
venticello di aria , che durò poco , perche mori affai gio-
vane ; ma fi diilinfe folamente in paefi , ai quali non feppe
mai accordare im accompagnamento di una macchietta di
figurine j e pure alcuni ftrilloni rivenduglioli lo predicava-
no competitore avvantaggiofo del fuo Maeftro, e tutto il
giorno lo proponevano al paragone per vendere a gran prez-
zo quei paefaggi , quando però erano nelle loro mani. Gio-
vanni Ghifolfi Milanefe , il quale vive al prefente , ed è
uomo di gran valore , e ftima in genere di profpettive ,
ben accompagnate di figurine , confeiTa obbligazione gran-
de alla pratica di Salvatore , e veramente fi conofce etTer-
fi aiTai imbevuto in quelle fue buone maifime, che aveva-
no
43S S A L V A Τ Ο R
no molte perfezzioni dell' arte , e del pennello . Lafciò di
eredità a quel fuo figlio da otto mila feudi, tutti in de-
nari efFettivi , ed alcuni pochi quadri di fua mano , ed al-
cuni libri, che in buon numero , e fcelti gli reftarono infie-
me co'fuoi fcritti affai deiiderati dal Mondo. Viffe fino all'
età di anni cinquantotto , e li portò fempre con perfetta^
falute , eccettuati i fei mefi, che furono gli eilremi di fua
vita ) ne' quali fofFerfe molti ftrazj della fua malattia.
Alcuni anni prima coli'occafione, che il Ceili Volter-
rano così celebre per la fua abilità nel canto, e ne' com-
ponimenti fe ne andava a Fiorenza per paiTare in Germa-
nia , Salvatore volle accompagnarli feco per diitorfi dalla
noja delle continue applicazioni , Giunti in Fiorenza vi fi
trattennero alcuni mefi in grandiillme ricreazioni di con-
greilj foavi ; c virtuofi j ma egli, che non poteva durare
ancorché breve tempo fenza efercitare il fuo fpiritofo ta-
lento ^ s'invogliò d'intagliare all'acqua forte . Avendovi
pollo mano, e vedendo , che ne riufciva con fodisfazzio-
ne , profeguì Γ imprefa , e molti rami ne conduife a per-
fezzione , di una grandezza confiderabile quanto all' elTer
fogli volanti, ed altri ne fece in Roma al fuo ritorno . Sti-
iTìo non efiere neceiTario il defcru^ere Γ iftorie , e le fanta-
iie , che rapprefentò in quelle fue carte , perche fono co-
fe, che vanno in giro , e ciafcheduno può fodisfarfi compi-
tamente ; dico bene , che in quelle , come in tutte le fue
opere , palefafi il valore del fuo bel genio , il furore del
fuo fpirito follevato, e la prontezza della fua mano ardita
moftrando capriccio nelT invenzione , ilravaganza negli abi-
ti , e nei coiìumi delle figure , e maniera difciolta , e ri-
foluta nello sfrondeggiare degli alberi ; così in tutte le parti
fono effe degne di eiTer gradite da ciafcheduno intendente.
Quanto alla parte , che fi conviene ad un Pittore veramen-
te criftiano ? che è di sfuggire V ofcenità , e le apparenti
vie , egli ne fu rigororiflimo cuilode. OiTervai quefta fua mo-
deilia
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deftia in un quadro di Tua mano ove rapprefentò il cafo dell'
impudica Frlne , e del continente Xenocrate e con tut-
to che la neceiTità dell'i fio ria aftringa Frine a comparire
tutta nuda agli occhi dell'oneflo Filofofo per attaccarlo con
maggior vialenza, nulladimeno la tenne coperta ., e appena
ìafciò vederne ignuda la metà del braccio Ijniitro, ma con
tanto artifìcio che ne meno poteva dirii difcoperto del tut-
to. Appreifo me quefta onefta oiTervanza accrefce concetto
alla fua perfona ; e tanto più mi pare che abbia recato fpleu'
dorè al fuo nome, quanto che egli fu fempre giudicato cer-
vello indomito , e feroce , .Non credo d'ingannarmi, che
il giufto Dio glie ne abbia voluto concedere la più deflderata
ricompenfa colla falute dell'anima fua, come ie ne è cono-'
fciuta la fperanza nella fua lunga malattia , e converiìone .
II di lui Figliuolo Augufto gli fece fare nella ile/fa Chiefa
della Certofa un bel Depoiìto con un bullo di marmo , ed
il feguente epitaffio un po forfè troppo ampollofo .
O.
D.
NEAPOLITANVM
PICTORVM SVI TEMPORIS
ISIVLLI SECVNDVM
POETARVM OMNIVM TEMPORVM
PRINCIPIBVS PAREM
AVGVSTVS FILIVS HIC MOERENS
COMPOSVIT
SEXAGENARIO MINOR OBIIT
ANNO SAL. MDGLXXiII.
IDIBVS MARTI! .
Ο
NO-
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Ν
Ε
Ο
Scritte da un Amatore delle belle Arti al margine del fogli
a mlfura che β andavano tirando dallo Stampatore.
domenico zampieri . Agina i. verfo 7. non fu tra- Pag. 5·. verfo 28. Il Card, Odoar- Pag. 6. verfo 14. In una che è al- |
più far moto. Pag. 18. Alcune delle pitture di Pag. 22. verfo i. 11 Bagno di Dia- Ivi verfo 12. Le pitture di Bafla- Ivi verfo go. Il Card. Aldobran- |
441
Intendeva l'effetto del fotto in ίιά verfo La Cappella di Stra- Pag. verfo 14. La Tribuna di guido reni . Pag. verfo 6. Quefta Tavola Pag. 70. verfo 6. pittura è intagliata in rame . Ivi verfo 18. Vi è chi crede che |
mano dell'Albana da cui Guido Pag. 71. verfo 6. La Madre dì Pag. 74. verfo 9. Vi è nella Sa- |
442- ra. Non Ρ ho veduta che nel- Pag. 8 i. verfo 14. Le due Cappel- • quando rifece Γ Aitar maggio- francesco fiammingo. Pag. 84. verfo 26. La Venere qui Pag. 89. verfo 15*. Se quefla rtfo- |
potefle temere la rovina del- perche fi era grandemente 33 J3 J3 33 33 33 33 J3 33 3J 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 E' SJ JJ |
460
dini) al medefimo Moniìgnor La Pagina jjj. foggiimge. darfi da' piti intendenti j ed JJ S) JJ JJ |
Ma chi vuole una^ più piena no- |
444
dotto Baldinucci a carte 94. dì agostino mitelli. Pag. 270. verfo ultimo . Queili |
Pag. 271. verfo 4. La facciata del francesco albano, Pag. 2B6, Queili quattro Elemen- Pag. 297. verfo j i. JVel giorno dì Pag. 298. verfo 4. ctafcheduno β af- |
462
andrea sacchi . Pag. j IO. V^a Roma diede ad An- Pag. ^11. verfo 14. introdotta nel- fegnatori ^ e intagliatori j che· Pag. 112. verfo 20. El dipinfe il |
' doli j, e trovandofi fempre chia- Pag.^ I j. vQt. 16. Che fe/offe aju^ |
• ni uomini dì fapere egualmen- |
Pag. 5 I Vorrei ejjere Intefo ; que- Niccolo' poussino . Pag. verfo 17. Cavaller dal fll fono i famofi Sagramenti ^ di |
447
di mano del medefimo Poufllno Nelle lettere pittoriche il Pouilìno Grò. francesco barbieri * Pag. 375". verfo i6. ad una Vili a verfo 19. dìpmfe per il Pag. j8o. verfo 2. diede in una de- Chi vuole vedere ciò chiaramen- |
Feudo del Conteftabile Colonna FRANCESCO EOROMINI . Pag. 585·. verfo ^ i. no^ i>i | ì/Za |
465
Il Paflerl Ìafcla di far menzione . fia in quefta fabbrica j ed è il Ivi verfoj2. li Padri della Chìe- - la Chiefa Nuova hanno un iuo - di un celebre FrofeiTore ^ che - de'più celebri Architetti. E' fta- |
- chitetto compito fenza un gran naroti ^ il Berettini j ed altri . pietro da cortona . Pag. 401. verfoS. che fu l"*oraco- Ivi verlb 29. Pktro perche andò |
449
goltà e legami la qual faccia- Pag. 402, verfo ìì/ì baccanale 3 Pag. 405*, verfo 6, tamia diS.Sal- Pag. 406. verfo 12. Di quella im- |
e da Cornei. Bloemart a mara- - Pag. 409. verfo 5 i. benché Venere Pag. 41 verfo 24. Le lodi j che SALVATOR ROSA. Pag. 420. verfo 6. un Tizio lace- Pag. 426. verfo ig. Ingrandltof L 11 ftam- |
ftampata del dòttliTimo Sig.'Coai- |
S17· e gi8. Ivi verfo 7. Quel chequi il PalTe- |
A BBATINIGuìdubaldo Pittore Viene a Roma con fuo fratello a Il Coiìaguti li confola , e fa loro Ritornano gli Abbatini a cafa per il Bernino fa rappreferitare delle h |
commedie ^ e fa recitare in effe Diminuifce il favor del Bernino a Rifleflioni dell' Autore , ivi Gli miìorela moglie piii vecchia di , Vedovo comincia a praticare le li' Abbatini era mezzo innamorato fa j e muore . abati Antonio poeta amico del Paf- I 1 1 » " " Nel |
4ίί
Hill· Nel fuo ritorno da Germania Un AB ΑΤΕ Gafiinefe muove per igno- ACCADEMIA del difegno promoffa AGUCCHI Monfignore e doppoi il dipinge nil,ia fase 3 ed SYveniH· |
Galleria Verofpi opera fua ( nelL' Gli muore la prima moglie, che gli Si marita di nuovo con belliflìma Nafce fiera djfcordia fra lui, e J fratelli. 28 y Gli aderenti di cafa non fanno che Soifre una fiera intricatiffima lite Ritorna a Roma l'Anno Santo di Alla morte d'uno de'fuoi fratelli Qiiefto pregiudica all'opere fije_, Sua |
470
Sua figura,carattere^e coflume. ALBANI Orazio celebre Cimbalifta ALBERTO Arciduca d'AUSTRIA 11 Lo fa lavorare a S.Marla in —Cappella bellifìima alla Mi- ». . Si fdegna con Andrea Sac- |
chino, ε perche. Pa la figura del Sonno per Gafa_, Fu ftampato in Perugia una rac- Fa la ilatua d'Innocenzo X pel Campidoglio con danno del Mo- JinaU ■-■jj |
4ί4
Pinalmenae Io piglia , è l'Aigardl Suoi lavori sì in Architettura che Sua figura ^ cofiumi , e caratte- 10 Scultore . 208 Scultore^ e fue inquietudi- ANGELONI Francefco letterato aÌTai 11 Doinenichino , 40 chefa in Roma pofledeva belle-» D' ANGIOLI Filippo Pittore detto il ANIELLO Tonrafo , ο fia Mafaniello - Viene a Roma gik formato, e vi E' imprigionato dalPInquifizione, Sue opere nella Minerva in tempo ti Parte da Roma per queft' avventu· d'ARPiNO Cavalier Giufeppe fa il |
primo cartone per un mufaico > Non amava i Caracci , e ASTALLICard, , e Marchefe fanno d' ASTE Cavaliere fa dipingere il AMBGCCIO.cioèPietroWander Dipinge bambocciate maravigliofe,, JLavo- |
41 f
Lavora per D. Camillo Panfilj alla Fa per la fontana dì Piazza Navo- Lavora in S. Nicola, e nuovamen· L'Algard) fu fcelto per rapacificar- ΒARBALUNGA Antonio Pittor Mef. no, 47 —— Dipinge in S.Si 1 veftro , e nel- de' premi , 60 «.....ri IT Protegge il Romanelli . BARBETTA Marfibilia bolognefe_» S' invoglia di dipingere vedendo Si fa coraggio, e comincia a dipin- |
con grandi chiarofcurf. jyj per quello effetto , e fi difguila-- no . ivi Loro dialogo . 574 Per quefta difcordia fu data la Cu- Lavora in S. Grifogono in Traile· vere . 3 7*5 Fa la s. Petronilla che è nel Vati- Enumerazione d' alcuni fuoi qua- fi fta- |
Muta maniera , e peggiora · 380 Muore affai vecchio ^ e ricco in_» Sua figura , carattere , e coilu- BARRIERE Domenico intaglia !e BARiI CalTandra moglie del Lan- BELIORI Giampieifo letterato aifai BENEDETTI Elpidio Agente di |
Torna il Comodi a Firenze , e Pie- Studia full' opere di Raffaele ^ di Defcrizzione di queft'opera bellif» Dipinge in S. Salvatore in Lauro , Gli viene deilinata la SalaBarbei. I penfreri di queft' opera fono par- Difufa ed efatta defcrizzione di |
4f7
EiTa è ftata intagliata , e àcfcriità La Vita di Pietro fcrltta dal Pafferi zo . 3 BERNINI Pietro padre di Lorenzo -_Edifica alcune Chiefe conti- |
Μ VI fa iavorafe il Domenichi- mmm..m Defcrizionc belliflima di que- ——. Fa dipitJgire Γ Aurora nel Leva per forza un quadro al Dal BORGO Cherubino Pittore.219 S'invoglia di veder Roma, e ci Fa amicizia col Maderni Architet- Si da alP Architettura pel gran ge- dernare S, Gio, Laterano . 385 ϋ: |
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Gli da a profeguìre S. Agnefe in_> Gli da a condurre nella medefima Lo crea Cavaliere , e gli da una_» Lavora per compiere il Collegio di Comincia S.Andrea delle Fratte.ivi IVI ma , Fa la fcala al Palazzo del Cardinal Fa il difegno del fepolcro del Car- |
Sepolto nel fepolcro di Carlo Ma- Sua figura , carattere , coftume , BRACCIOLINI Francefco Piftojeft^ BRANCACCICard.Vefcovo di Viter- BRESCIANO Profpero Autore del BRILLI Pittore . 575 BUONVISI Cardinale protettore del + ^ ALANDRA Gio. Battifta La» Succede a Marcello nei lavori di Ritratto da lui fatto nella Minerva Sua figura , coftumi , e caratte- di |
419
di Guido , del Domenichino , Muore povero. 164. Suo carattere , e brutto vizio a ^ CANINI Gio. Angelo nafce in Ro- Scuolaro del Domen3c]iino.47 364 |
FrafcatI, prende in ajuto il Paf- · 40 Paffa alla fcuola di Antonio Al- Fa due tavole per San Martino ai Lavora per Cafa Aftalli nel loro Dipinge in S. Giovanni de Fioren- |
477
CARACCI Annibale , e Agoftmo la- I Sua baruffa col Guercino.jyj Ragione per cui fuo padre deftìnol- S'innamora facilmente delle don- Sì da ad imitare il Caravaggio , e PaiTa a lavorare nel Regno di Na- Malgrado la moglie feguita a in- Dipinge per Monfignor Fagnani , |
Paffa alle feconde nozze colla fi- glia. ^ 194 Vi fono poche pitture fue per Ro- in S.Pietro In Vaticano un qua- Suo quadro in Cafa Salviati . ^02 Difegna mediocremente , e fue ope- |
1
re pubbliche . ivi ,Νοη prende moglie per econo- Si ammala , e muore . CERTOSA di Bofogna , e fue pittu- CHIANE di tofcana regolate da Gi- CHIGI Card. Flavio conduce feco ίη prancia il Cainaflei. Ì99 Sue pitture in Roma. 50 Riceve da un villano una bfiHiial Prende cura delle povere Zitelle di Sua vita , e morte efemplare . ji -MI» Cardinale fa lavorare Marti- li . COMODI Andrea plitor' Fiorentino |
maeftro di Pietro da Cortona_a viene a Roma . CORDOVA D. Giovanni Agente di CORNARO Cardinale fa fare la Cap- e paga male Γ Abbatini. 24J COSIMO II. de Medici favorifce Ago- COSTAGUTI Monfignore ciò, che CRINIERI Paolo fcolarp delI'Algar- CRISTINA Regina di Svezia viene a S. CROCE Muzio refta valorofaraen- D DECORO Audio neceffarillìmoai DISCORDIE tra il Papa , e il Re di ^ DOMENICHINO , ο fia Domeni- Comincia a ftudiare da Dionigio Doppoi da Ludovico Caracci. «vi Stii- |
Studia Anatomia , profpettiva ot- |
Ben veduto da Gregorio XV, che zo . Fa quattro quadri al Principe Lu- Dipinge pel Cardinal Ludovifi al- Fa l'architettura della porta al Pa- pel Marchefe Giuftìniani, 2« Nella fieffa Chiefa alla Cappella-^ ». m In S.Carlo a Catenari gli Απ. ........- Nella Chiefa di S.Silveftro a Monte Cavallo nella Cappella_· > ........ Il quadro di San Petronio al- Fa il quadro di San Sebaftiano in Defcrizzione di queil' opera ♦ 3 i ivi |
che t* Architettura. ivi ——Nella Vittoria un quadro d' Si difgufta col Gein, ecolPAlgar- PaiTa a Napoli per dipingere Ja-» Non ottante comincia l'opera, e Incomincia a dipingere Ja cupola , Fu diftratto dal Vice-Re in altri I Deputati della Cappella Io perfe- Chiama a Frafcati GIo. Angelo Ca- Vite . Loro maniera di vivere in Fa il ritratto delle nipoti del Car- |
Il Domenichino muore didifguiii Sua fepoltura. Suo ftudio paiTa nelle mani di Car- E RMINIA fui Giordano opera in FAGNANI Monfig, da S. Angelo FALCONIERI Signori fanno lavora- bsl- |
. 4^4
bella Chiefa dì San Martino ai *fINE|-LI Giuliano Scultore nafce Comincia a ftudiare belle Lettere , Gli vien voglia di paffarc a ftudio Giuliano fe ne fugge di cafa , c^ |
Il Vernino feguita a trattarlo ma- Cafa Sacchetti intraprende a pro- Statua alla Madonna de'Poma- Ritorna a RomajC nuovi lavori.iio Entra in ferviziodel Vice-Re, e gli S'ingelofifce di lui il CaValier Co- Il Vice-Re aificura il Finelli , e il Chiama da Roma a Napoli i mi- Fa |
fa ίί ritratto Principe di S. A- Sue opere in Napoli molte 3 e bel- FRACANZANO Ciccio pittore, co- IRANGIPANI loro Cappella in San — ■ Agoftino nipote del prece- |
GAET ANI Card, fa lavorare Mar-, GALATEA di Raffaele alla Farnefi, CARDI Criftofaro Barnabita amico * gentile Luigi Pittore di Bruffel- ks. a4P Viene in Poma da giovinetto , e fa |
Pa il ritratto in grande di Aleffan- Torna a perderfi più che mai ne In Fiandra fa dei cartoni per gli Valente ne' ritratti , e nelle figure Paffa in Francia, e vi trovà a la- Sidifgufta , e pOji fi accomo- \ |
di Caflelbológnefe . jói Studia il difegno dal Cavalier Ce· Muore il Celio , e Caterina ftudia Muta maniera · ivi Fa i quadri per la Chiefa di S. Lu- Muore il Card. Ginnafi , e fonda Dipinge il quadro della Ghlefa_» Prende del freddo in Chiefa, s'am- /- Suo epitaffio , e fepoltura fra la GINNASI Cardinale fabbrica la Chje- ■ I Suo ritratto nella figura di GOBBO Pietro Paolo detto il gobbo GREGORIO XV. Ludovifi fa il Do- Zl GROT- zo |
4^7
GROTTA Ferrata. Pitture incom- GUERCINO origine di quefto nome GUIDI Domenico Scultore gran con» INCENDIO della Chiefa del Gesù INNOCENZO X. fuo bel detto in lo- Ν LANCELLOTTI Card.fuo Palae- zo in Roma dipinto da Agofti- «p—· i'Architettura della gran_j dal Domenichino . ζχ ^ LANFRANCO Giovanni . 103 Prende amore alla maniera del Viene a Roma , e comincia a lavora- |
curlofo avvenimento . u 7 Si accafa in Roma con bella don- —— In Villa Pinciaria per Cafa — Nella gran fala Pontificia *...... In Cafa Patrizj , oggi Co- — La Cappella del Sagramen- Sue pitture a S.Andrea contiguo a »1—— Alla Chiefa Nuova. ijy — Nel Palazzo Lancellotti ai Dipinge la cupola di S. Andrta_» Bella defcrizzione di quefta cupo- Spropofiti j che fi differo in Roma Dipinge la Cappella Sacchetti In |
Sue opere fuori di Roma . ivi Cattiva economia di lui, e della_» Incendio della Chiefa del Gesii Altre fue pitture in Napoli. 147 Marita due figliuole in Napoli, e Perfecuzionede'Pittori Roman i.i45> ' la inutilmente i djfegni per la log- |
LAURO BaldaiTarre pittore Fiammin- »— ■ ■ Francefco figlio del preceden- lombardelli Carlo fcuolaro dsi 95 fervìzio. * LUNGHI Martino Architetto , at- Alla morte di Onorio , Martino 231 Fa della giuiìizia . |
Pa la bella fcala nel Palazzo Gae- · tani ora Rufpoli. ivi Diventa così tenace delle fue opi- Va prigione,' ftrana avventura nell* Taglia un pezzo di cranio ad un In queft' occafione trova nove bri- Fa la gran fcala di marmo nel Pa- Infatti glie ne toccò una bruttiflì- Se la tenne però cara fempre . ivi |
e groflb fopportava d* efiere ba- ftonato da fua madre. LUNGHI Onorio Architetto padre di MADERNO Carlo Architetto fa- ΜALDACHINI D. Olimpia . 151 Sacchi, jaf MARCELLO Provenzale Mufaicifta del Principe de Medici . 424 MAZZARINO Cardinale chiama in Francia il Romanelli . |
47«'
no,benché Io facefie lavorare. 3ρ De MEDICI Gian Carlo chiama a Fi- -........ Chiama l'Albano. 279 MELLINI Cardinale , ed Urbano lo- go , ^ Comincia a ftudìare fotte il Van- gara. 3126 Dipinge nell'Anima la Cappella n |
Studia dai Caracci, ma fi da à di- Vengono chiamati amendue a Ro- Tornano a Bologna, e vi lavora- Giu- |
47*.
GiucJizÌo delio Scrittore fopra que- Raccolta di verfi fatta in fua lo- de ti9 1 Lavora per la Cappella Palconieri Fa due Statue di San Pietro , e Muore . ivi Sua figura , carattere , e coilu» MODENA il Duca fa lavorare a_» |
s* attacca all' Albano , e muta_» Torna a Roma,e fi forma un buon Lavora a frefco in Cafa Coilaguti , Lavora in S. Marco , e defcrizzio- tore\ gi>4 Dipinge in S. Carlo al Corfo j de- Va a lavorare a frefco nel Palazzo Il Mola perde la lite , ed il Princi- Fu fatto Principe dell' Accademia S' ammala , e ceffa d'operare, ivi Pren- |
Ο
47»
Prende moitiflimi itiedicàmenti, è poi muore. ivi Suo parentado , e fuoi eredi. ivi cuzìoni . — Fa lavorare il Finellì, z6i Ν NACCARINI Michelangelo Scul- |
Obelisco Λ Piazza Navona_# era prima ai Circo dì Caracal- la . S. ONOFRIO Cardinal Barberino ORBETTO fopranome d* Aleffandro ANFILJ D. Camillo fabbrica la ——Fa lavorare il Mola a Val- nifce in una acerrima lite . PAOLO V compra dai Duchi di Mo- Da |
490
b—.Fa un Accademia funebre per — Suo giudizio fulla S. Sufan- — Suo giudizio appaflìonato fu mmm Suo giudìzio della Statua di — Sua fpìegazione dilla fcuola — Suo tfatto acerbo contro il •mmm Ciò chc a lui difle fi Domc- Sue rifleffioniful valore dell' Suo fentimento fe i pittori |
—. Suo fentimento fopra le Sa- della'Satira, e come debbano ef- PATRIZJ Coftanzo fuodepofito. ti ζ »........ Pitture^ che in effe fono, 132 PELLEGRINO Carlo pittore . 167 PERETTI Card. AÌeflandro fa lavo- 1.1 Si fa fare iJ ritratto dal Lan- »- Fa dipingere la cupola di ♦ PERONI Giufeppe fcultore nafce_> Studia il difegno da Baccio Ciarpi, Si rivolge alla fcultura fotto 1' Al- Si abbandona alla paifione dellej |
474
gli dava mal'efempio . ivi Per fofpettì baftona folennemente L' Algardi lo abbandona , e s' at- Ivi fa il ritratto di quella Regina Fa la Statua dì S» Eugenia all' Al- Si vergogna di quello matrimonio, S' annoja di Napoli e torna a Ro- PESCATORI Pietro mercante Fiam- — Protegge Luigi Gentile pit- |
PIETRA santa Francefco fcultor PINCIANA Villa di Cafa Borghefe POLIDORO da Caravaggio fquifito ■J^POUSSINO Niccolò pittore nafce Comincia a difegnare fotte un cer- E' prefo in protezzione da un Gen- a colorire. conduce fece in provìncia , ma Tor. |
492
Tornagli la voglia d* andar a Ro- Fa amicizia col Cavalier Marino in Il Marino iorna a Roma , e vuole |
fpettiva , architettura » ivj Frequenta 1' Accademia del Nudò --Fa lavorare Pietro Tefta.l 79 ■ Gran protettore di Niccolò PRETI Fr. Mattia Cavalier di Malta |
47 δ PROVENZALE Marcello lavorator α ? UESNOY Francefco detto il V^y Fiammingo fcultorefua na- Pavorito dall' Arciduca d' Auftria Refta ifolato in Roma per la morte Lavora pel Conteftabilc-Colonna , Grand' amico del PouiHno , e ftu- Ta la S. Sufanna alla Chiefa de' Defcrizzìone di quefta Statua . 88 Lo rifa , e forma la fua ftatua 3 ma ne è fcarfamente pagato . ivi Lentiilimo nel lavorare , fofpetto- fo e malinconico , Bravo rìtrattifta in rilievo. ivi Diventa mez7o pazzo , e cattivi |
Vogliono alcuni I che da queftd Parte da Roma male in falute , e Muore infelicemente inLìvorno.ivi R Radico Agoilino intagliatore Raimondi Marchefe fa fare una belliflìma Cappella tutta dimar.! mo intagliato a San Pietro in In |
477
In Bologna fa l'Archlteitara di Lavora in S. Agnefe in Piazza Na- " Dirigge la fabbrica de'Palazzi pub- Suo coftume , e carattere . ivi • — Pa l'Architettura della Cap- R AINALDI Adriano Architetto. 2 17 * RENI Guido pittore Bolognefe. Sua nafcita , e fuo genitore , 57 Comincia a fludiate il difegno dal Studia full'opere d'Alberto Du- Viene a Roma col Domenìchlno , Guido , e Γ Albano alloggiano a Prende ad imitare il Caravaggio, jρ ' Copia la S. Cecilia di RafFaelo in |
Dipinge in S. Cecilia in Traftevere Lavora il Lanternino della Trinità Dipinge in S. Gregorio d* ordine^» Ivi divide il lavoro col Domeni- Dipinge pel favore del Cavalier d* Arpino alle tre Fontane . dome- |
495
domeftico, guadagnò moltifllmo, Sua morr«, e fuo carattere , 8r »........Lo fa venire in Francia. 354 RICHIERI Antonio pittor Ferrarefe Fiammingo. di S. Luca , Dipinge io S.Eligio degli0refici,ivi |
Nuovamente lavora in S. Pietro in In S. Carlo a Catenari , In S, Car- In Cafa Lante , Altems j Coflagu- Ivi dipinge gratis per alcune-» Muore di febbre in pochi gior- RONCALLI Criftofaro dalle Pome- ROSA Salvatore pittore , e poeta , Suo padre fu Antonio Rofa medio- zano fuo cognato . Tornato a cafa il cognato lo in- Lavora per le botteghe de'rivendu- Il Lanfranco andando per Napoli Quefto mette in credito Salvatore detto Sahatoriello . II |
496
II Cardinale parte per Viterbo fuo |
I compagni del Bernini fono acre- mente piccati mainine Ottaviano II quale in un altra commedia cJae Gli Uditori partono tutti ftomaca- La cofa avrebbe avuto confeguen- E' ,ben ricevuto dal Principe , ben falariato. 424 Salvatore per captivarfi i cortigia- Dipinge un bellifiiino Baccanale , Paffa a Volterra per dipingervi le Fa amicizia con una bella Fiorenti- Si licenza dai Principe Mattia , e sfarzo. ivi Non fi dimentica di portar feco il AmB |
^So
Ama la gloria, ed efpotte'ognì an· Si da fuori per Poeta , e viene cri- PaiTa ingiuilaraente per una lingua Fa un quadro da Altare per il Mar- Gli vien pagato mille feudi e_» Non fi parla molto d' un quadro PaiTcggia la fera con gran feguito d' Molti ci vanno per vanagloria dì |
"efiere àhch'ein in quel liuraero.iv? Determina di non lavorar più in Obbiezioni all' opere fue in Non accetta le lodi , che gli con·* Dopo fcoperto il quadro dì S, Gio- Stima più Paolo Veronefe che Raf- A poco a poco diventa idropico , e Con permiflìone del Vicario ( fa- Bel |
431
Bel depoiìto j ed epitaffio fattogli iiiu .. Rofalvo figlio di Salvatore.» muore di contagio a Napoli.43 j De ROSSI detto Michelangelo del , ......... Gian Carlo celebre fuonato- re d' Arpa . 4J4 De ROSSI Gregorio eccellente fon- - Si difguila coi maeilro « ivi ACCHETTI loro Cappella ifu |
* SÀCCHI Andrea pittore hafce in belliilìme. S^S Il Card. Barberini gli da uno fti- Cafa Barbeiini compra il Palazzo Giudizio dell' Autore fopra la ma- Lentiflimo , e irrefoluto nel dipin- |
Eli:
f flile non dovrebbero più viag- I Barberini gli danno a dipingjere Andrea per pigrizia rappezza due Suoi difcorfi full* arte con Carlo Grand* ammiratore di Raffaele , Roma a giudizio d'Andrea. SALyiATI Monfignore viituofo, e Λ |
dilettante di quadri . jej SANNESI Marchefe e il Cardinale-» SERJ Banco depofitario della Camera SIMONELLI Niccolò efponealla Ro- SPADARINO Gianantonio pittore.» SPADA Card. Belardino fa lavorare SPADA Padre Virgìiio doppoi Mon- SPADA Cappella in S. Girolamo del- |
4δ|
la Caritk>e fingolar Capriccio del TASSI Agoftino pittorenafce ia Studia da fe , e va a Firenze, 100 Torna ricco a Roma , e dipinge Dipinge nel palazzo Patrizj ora Cottaguti . 104 Accufato d' aver violata la figlia pieno di niniicizie, ivi |
Gli fu attentato alla vita , e fi Mantiene donne fcandalofe in cafa Dipinge in S. Euftachio per il Car- TEATINI di Napoli di S. Apoftoit Viene a Roma , e Sudia dal Dome- nichino. ivi Si mette a difcgnare l'antico, eom' Paffa alla fcuolà di Pietro da Cor- Dipinge nella Chiefa dell'Anima , |
4Ϊ4
' ina mediòcremente bene . i?» Tu rozzo , e malinconico , ma ga- TORNIOiI Niccolò pittore Sane- fe . . ^TUKCO AlelTandropiitoreVeroriefe Scuolaro di Paolo Veronefe , β con- Torna a Veroni 3 ma fi reftituifce - Dipìnge io S, Romualdo di Roma , |
Diplage ne* Cappuccini, a S. Lo· VANDTCK compagno di Giovan- — Nella Villa Ludovifi . 375 -' Fa il paefe ad alcuni quadri UMIDITA', che regna.in S.PIetroin ZAM. |
A^t
ζ ZAMBECCARI Priore protegge ZENTI Girolamo Cimbalaro infìgne |
ZITELLE di S. Filippo Neri fondate |
NO-
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De' Signori che anno degnato darmi anticipatamente
il nome per la compra di queilo libro , falW
A
D
Sigg. L·^^ Agoftino Acofta »
Agente di Spagna.
D. Xaveiìo Afenfio Pittore,
Marchefe Antici Miniftro Plempotenziario del Re di Polonia,
Monfignor Archetti.
Avvocato Giufeppe Ambelli.
Biblioteca Angelica.
Abate AlelTandro Antoniaca.
D. Orazio Principe Albani,
Monfignor Arciveicovo Archinto Maggiordomo di N. S.
Marchefe Francefco Maria Anta Idi.
D. Antonio Buoncompagno Duca d' Arci.
Monfignor Evodio Aflemanni .
Β
Sigg. Cx la corno Bellotti.
Vincenzo Brenna Architetto »
Camillo Boti Architetto .
P. Enrico Brocco Barnabita .
Dottor Giorgio Bonelli.
Abate Gio. Battifta Baflani.
Giovanni Borghefe. }
Abate Piccolomini Bellanti. )
Giacomo Bianchis.
Avvocato Gio. Filippo Bellieri.
Virgilio Bracci ·
Avvocato Giufeppe Bargellìni.
Ο
Patrizi Sanefi,
4S7
Bartolomeo BrugnoII. .
Aleflandro Bracci Scultore.
Andrea Blafi . .
iP. Abate Buonafede Pròcurator Generai de' Celeftini,
Francefco Bottini Patrizio lucchefe. < -
P. Giufeppe Barzotti Rettore del Collegio Reale di Parma.
Conte Filippo Buonaccorfi .
Conte Tomafo Francefco Bernardi.
D. Francefco Bermundez .
D. Ippolito de Principi Borghefi .
Conte Biffi di Cremona.
Abate Ignazio Bertocci. ·
Abate Giufeppe Buferli. ·\ ·
Giacomo Biancani.
Bouchart ^ e Gravier LibraJ per 10.
Sigg. Uigi Cherubini Architetto.
Abate Coflali.
Nicola Ceracchi Scultore.
Marco Carloni Incifore . . ,
Biblioteca Cafanattenfe . ' '' ' "
Marchefe Aleflandro Chigi . ) ·
Giulio Corti Gori. ' ) P^trizj Sanefi,
Camillo Chigi. · ;) , . , , ·
Monfignor Cafali Governator dì'Roma;.' ,
Monfignor Carrara.* ' \
Conte Giacomo Carrara Patrizio di .Ber^krtìo.
P. Elifeo della Concezzione. . ■ ■ ' ' ■ -
Abate Chard . ·
P. D. Gregorio^ Chiaramonti. ' " - v
Ermenegildo Coftantini Pittore.
Avvocato Settimio Cedri .
Giufeppe Ciancili .
Avvocato Marfilio Cipriani. i '·
Ricardo Couper Pittore .
Abate Lorenzo Cofinti. - .
GL-
.A
Biblioteca della Certofa di Maggiano a Siena.
Conte Gregorio Cafali Paleotti BentivoglioSenator di Bologna.
Biblioteca di Clafle a Ravenna. .
Coniigliere Crufms primo Bibliotecario dell' Elettor di SalTonia
a Drefda.
D
Slgg.-TX-Bate Francefco David»
Dife Downes.
D. Gioacchino Duran Pittore
AleiTandro Doria Architetto.
Principe Doria Panfilio,
Sigg. IVX Archefe D, Filippo Ercolani per 2.
Benedetto Domenico Ermandeft Architetto.
Avvocato Francefco Ercolani di Fermo.
.F Rancefco Ferrari Architetto,
Abate Giufeppe Flavianl.
Niccolò Finetti Patrizio Saneie,
James Foreftor ,
Abate Ferdinando Falcari.
P. Clemente Fafce Chierico Regolare,
Abate Ferdinandi,
Conte Marco Fantuzzi.
Giovanni Franceico Fiori Architetto.
P, Maeilro Fufconi Minor Conventuale per 10,
Sigg· XVX Archefe Antonio Maria Txrofll ;
P. D. Pietro Paolo Ginanni Procurator Generale de Cafllnenfi;
Tomafo GcnKins Pittore. . . -
Sigg
489
RalmoncÌo GhellI Pittore. ' ' "
- Avvocato Francefco Galvani.
Nicola Gianfimoni Architetto .
Canonico Bernardo (jiordani.
Conte Pio Grifella. _
D. Francefco Guttierez.
Conte Abate Guafco Canonico di Tournay .
Moniignor Mario Guarnacci Decano di Segnatura per io.
D. Pietro Galvez Pittore.
Conte Ciio. Battifta Grifollini.
Dottor Luigi Galvani.
Sigg-I cnazio Hugford Pittore a Firenze per
Criilofaro Hevetfon.
Cot>te di Haimbhaufen Miniilro di Stato dell' Elettor di Baviera .
ie. G
Sig
Sigg. IVI. Onfignor D. Ferrante Loffredo de' Marchefi di Trevico,
Anfano Landuccì Patrìzio Sanefe .
Dottor Luigi Lolli.
P. Lettore delle Scuole Pie di Parma,
Conte Carlo Laterano.
Aba-
Sigg· A Bate Petronio Mari per 2.
Avvocato Montefani Caprara.
Antonio Mazzetti Pittore .
P- De Magiftris Filippino della Chiefa Nuova.
Salvatore Monofilli Pittore.
Abate Andrea Mofchini.
Abate Angelo Agoftlno Mattei. " ' '
Abate Carlo De Martini, . ' .
Cavaliere Antonio Raffaelo Mengs primo Pittore^di S.M.CattoÌica.
D. Francefco MoloiTi.
Antonio-Μaggiali per 2v
Abate Giorgio Merenda.
Filippo Manzini Segretario dell' Ambafciata dì Bologna.
Pietro Manette Gentiluomo Francefe in Parigi.
Monfignor Marc' Antonio Marcolini Segretario di Confulta :
D, Francefco Milizia,
Luigi Morefchi,
Giufeppe Antonio Monaldini Mercante di Libri per io.
Abate Bartolomeo Mozzi.
Dottor Petronio Matteucci,
Ν
Sigg.V-^Avalier Norton.
Cavalier Natoire Direttore dell'Accademia di Francia in Roma .
Francefco Navoni Architetto.
D. Gio, Francefco Nolli^
Gio. Girolamo Novellucci Direttore delle Finanze di Siena.
Ο
Sigg.S Ebailiano Orlandi Architetto ,
Barone di Sant' Odili Miniilro Plenipotenziario di Tofcana,
Antonio Felice OiHni Architetto .
D. Mattia Ortiz .
Clemente Orlandi.
490
Abate Stefano Orfini per 2,
Sigg. VJ Io. Battirta Cavalier Piraneiì,
Monfieur Pefciò Pittore .
Abate Petronj.
D, Domenico Pentini.
49
Tomafo Plzzotti.
Cavalier Antonio Maria Pieri Patnzio Senefe.
Cavalier Paolo Poiì Architetto .
Avvocato Antonio Pucci.
Monfignor Gio'. Battifta De Pretis. ^ |
Giufeppe Piacenza Architetto in Torino di S. M. Sarda per lo.
Dottor I iiigi Poli .
Monfignor Francefco Palli .
ludo vi co Palliani.
Abate Vincenzo Luigi Politi .
Abate Luigi Pampirioni.
Dottor Gio. Maria Pigatti di Vicenza per $»
Giiifeppe Perini Incifore .
Monfignor Patriarca della Puebla.
D. Francefco Preziado Direttore della Reale Accademia di Spagna,
R
Sigg· Μ Onfignor Regio .
Avvocato Petronio Rampionefi .
Marchefc Raggi.
Carlo Giufeppe Ratti Pittor Genovefe.
Abate Stefano Renazzi.
MoHfignor Ranuzzi .
D. Giufeppe Ruis .
Sigg. Jl Rancefco SmugleuyKz Pittore .
Gio. Antonio Settari Librajo per 20.
Monfignor de la Somalia.
D. Antonio Saltini. ^
Abate Criftofaro Stay.
Conte Stratico pubblico Profeflbre a Padova,
Cefare Rutllio Sanfedoni Canonico Teforiere della Cattedrale
di Siena.
Bernardino Savini Patrizio Sancfe.
Abate Pietro Antonio Seraifi .
Conte Gìo. Maria Scotti.
Abate Antonio Sigifmondo Sifti ·
Abate Spedalieri.
D. Carlo Somafchi.
Abate Lorenzo SÌcea.
Duca Gaetani di Sermoneta.
Ermenigildo Sintes Architetto ,
Sigg.V.-^ Ario Ignazio Teftori.
Conte Claudia Tolomei Patrizio Saneie
Sigg.V^Onte Pietro Odoardo Vincentinl Patrizio Reatino .
Biblioteca di S. Pietro in Vincola.
Dottor Pietro Luigi Vinciguerra .
Conte Francefco Antonio Vitali.
Abate Giovanni Vanilrip,
Sigg.. VI Onfignor Antonio Felice Zondadari Governatore di Rieti,
Avvocato Gio. Battifta Zanobetti.
SI VENDE SCIOLTO PAOLI SEDICI.
nella stamperia di giovanni zempel
presso monte g io r.d, a ν ο . ,
CON LICENZA DE'SUPEÌ^IOÌ^'·
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49^