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LE VITE

DE PITTORI

DI GIORGIO

. il

k

.VA S A R I.

t- - ϋ i"

-ocr page 2-

DELLE VITE

DE PIV ECCELLENTI

PITTORL SCVLTORI

ET ARCHITETTI

il

Di GiO

I

S

Pittore, & Architetto, Aretino,

Parte TrìmSf e Seconda,

In quella nuoua'edizione diligentemente rcuifìe, ricorrette
acciefclutc d'alcuni Ritratti, & arricchite di
pofìillc nel margine·

dedicate

ALL' iLLFSTXJSS.^° SJG^OIiE

CRliiTINO MARTINELI

NOBILE VENETO·

In

$ Per II Marolefsi Stampafon raineralì. ióBi*

Cm ίπξηζα S»pemri% € ìmik^to ,,

-ocr page 3-

CARLO MANOLESSl

A LETTOR^ I.

OH perch'io ilimi,clie qucft'i^peraiibbja bifogno d'al-
cun'allettamento aila propria fp^iiizbiie, mimouo à
fcriueiui, g^aerotìLettori ; chgdiciò ion reftato accu-
rato dalla .molta dimanda , ,ς'οε fe n'è fatta 6n'ora dall'
Vniuerfità de'Virtuoiì,e dal pK-zzoecccÌfiuo, à cui eran
ialite le prime Stampe a ma per vi>ilranece0aria inft ru-
^ìone mi trono obbligato à paleiarui il .miglioramento, che nella pre-
iente mia riftampa
s'è fattoi common beneficio de'Virtuofi. Sono
aìcum anni, che
ιώ"inuogliai di quefta » per altro sì diificile imprefa,
ne altro m'impediua,che il defiderio di publicar quefteVite nella ftel-
fa forma intuttocol primo Originale, cioè co'Ritrattimedefimi, &
ornamenti,con cui fiiron ilampate in Firenze da i Giunti l'anno 1557.
Ma la fortuna fauoreuole à i miei difegni (dopo Tei anni di traccia)
m'hàfinalmente portati i indetti ornamenti,
e Ritratti nelle mam;
ond'io, iuperata sì importante difficoltà, non hò perdonato a fatiche,
rèàipefeper
ridurlopera alla perfezione, con la quale oravela^
prefento.
La frafe, & ortografia è in tutto la fteifa del Vaian. Sonofi
bene corretti errori poco men che infiniti, in quella prima edizione
fcorfi,e particolarmentequellodelle pagine, che rendeua I opera-,
difettofa oltre modo. Hò procurato
per maggior commodita, d ag-
giungere le poftille in margini, perche poiTa ciaicheduno nnucnirc
piùfacilmente le cofe notabili; e per maggiormente moftrarui la mia
diligente premura,
aggiunti i Ritraiti di Bemienuto Garofalo, Pie-
tro Cauallini, Antonio da Correggio, D. Giulio Clouio, & alrri^chc
non capitarono
già mai al Vaiari, e procurato di rendergh il P'u "mi-
li,che fi può à gli antichi,aoendogli fatto intagliare da vno de miglio-
ri Maeftri de'noftri. tempi. Hòaltrefi.per rendere vguali 1 Volumi
nella quantità de'fogli, trafportatc alcune Vite dei primo Volume.,
della terza Parte al
Secondo della ftc ìia, cominciando da quella di
Domenico Beccafumifino à quella di Baftianodetto Ariftotele,· il che
feguirà à maneggiar più commodamente i Volumi. Ma la mia mag-
gior fatica, e la più accuratadiligenza fi è ftata intorno alle Tauole,
Le hò primiieramente vnite tutte infiemeper togliere la brigaà chi
legge d'auerricercatiin tuttii Tomi (epa ratamente ciòche fi brama ;

11 poicia

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poicìa ΐπ quella de'Ritratti nòminati ncir Operai hòpofìo diftinta^
mente la parte, e la pagina? in cui dell'Artefice fi fa menziono c quc-
ita è la prima, allaquaie fifonoaggiunti alcuni nomi trafcurati nella
paiTata edizione. Indi nella Seconda Tauola » cb'^de*luoghi ouc fi
trcuano l'opere de'Maeftri, ridotta la prima tutta in vn corpo
lardine d^'llfabetiohò diÌlintoogni Città^eChieiapaÌtiO luogo ouc
ellefiofono co! nome fedeliflìmo del Maeftro,e numero del Volume,
e pagioa. Cor^auuerteniia di procedere ordinatifsimamente poiien-
dotufte l'opere d'Vna CbiefaÌOitoil fuotitolo, il che non c ftato of-
ieruato ne'primi >ouelì metteuano alcune Pitture d'vn luogo, poi fi
parla ùa d'vn'altro ; e pofeia al primiero fi ritoroaua, imperfeziono
notabile, Óc impedimeDto iìraordinano alla curiofità Virtuosa » Lo
ftudio^ e diligenza,con che s'è di tutto punto rir.ouata la Terza Tauo·
la delle cofe notabili>non è imaginabile^fe non daehil'hà eiseguka,
pofeia che oltre aii'aucrGs pofto tutto ciò che fi è ftimato vtile » epro-
licteuole airinfegnamemo della Scultura, Pittura, & Ar€hireitiira,iiè
epilogata ai proprio hìogola vita di ciafcuno Artefice, fatcauioota-»
dell'opf re loro più riguardeuoli, con Io ftefso ordine d'Alfal)etto,nè
mi è ftato graue repliearle ftefse coie iotiodiuerfe lettere perriufcirc
più iipcdirc), e più eominodoiil difiderio di chi

nccrcs > il che j iperero

d'aiìer molto perfertainente c^rìfeguito· eoa rvnione delle isìdetto
Tatìole polle nel SecondoVóIume della Terza Parte periicbiiar l'ia-.
eooìmodo della ieparagone accennata. E perche i numeri delle pa-
gine rifponilano albTaisola vnka^benche feparaù auuertanoi tetto-
ri, che k lettere auaerià i numeri dellepagine fonopoiìe per dinota-
re hi parte dell'Opera in ciiiialnumerQritroiiarfideue,peròP^. vuol
dire Parte Prima, P.s. Parte Seconda, P.t.^.Parte Terza Primo \Ma-r
me>eP.t.^. Patte Ter^a Secondo Volume. Epermoftrari]i,come ho
accennatoda principio^chel'imprefe granii pùntenon jfpaijentano
Vii pett® riiolu,io,e che il mi^icopo è tiijiso,djreit0alla Gemane vtilitài
vi faccio noto, che à mia iiianza vn Virtuoiìisimo, e qualiScatiCsimo
Suggetto m'onora di continuare quefte Vite dall'anno 1567. in cui
termina il Vafari fino à i tempi preienti > per iftamparleà iuo tempo
con lo ftefso adornamcEJto de'Riira:m di tutti que* Maeftri, chepa*
l'eccellenza de' lor pennelli fì fon refi degni d'afiTaticar la penna di
quefto letteraton quali Ritratti vado radtsnandodotitiRquejQ poiso,e
facendo intantodiquando in quand© imagliarli eoa la diligenza di
vn'accuratifsimo Artefice gli ferbo perla edizione di qtiefto nuouo
Volumei per cui non miriiiicirà fe noi? gratiisiraa ogni ipieiajfatica,è

diftur-'

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tìi^rbe, che mi pofoa àppomrè !a difficoità ddllnthprefa. Ed ho
pernecefsarioUfare nel libro efsatifsima menzione di tutte l'opero,
che da quelxesipo tìn'hora hannoadornati i Mufei, eGallerie dr
Principi > € Signoria HKa fpezialmentc, fcguendo
l'ordine del Vafait ·
quella del Serenifsimo Gran Ducadi Tofcana,la magnanimità de'cui
Anteiaaci, e propria non ha già mai perdonato à fpefe eccefsiue per
render fi adorna di fi rare fatiche, eperpubblicàrealSecolo, chela^
Serenifsima Caia de Medici giuftament^gode il famoio titolo di Ve-
ro Mecenate di
qyefte nobilifsime profeisioni. Reità folo, cortefi let-
tori» perconcìufione diqueftimieiauuertìmcnri,ch'io prieghicia-
fcuno, che di gentilezza fi profrifa arredato, c
che profefsi aiFetto,od
inclinazione à quell
'Arti, à reftar feruito di tramandarmi quelle noti-
zie che poiTono auerfi delle Vite, Ritratti, & Opere de'Pitt©ri,Scu|to-
ri
Architetti dal fudetto annofin'ora,s? per renderfi col commun-.
beneficio benemeriti della Virtuofa Republica, come per onorar me
fteiro ,chediciòeoiiogm iftanza,eciìlde2z3 ne fupplicoqualfi vo-
glia fuggetto, afsicurandofi > che oltre alla obligationc, che re·
ilerò tenuto à conferuargline eterna, non mancherò di fii-
re onorata menzione ouunque occorra di chiunque
(di tali notizie m'auerà fauorito, Ne voglio pre-
gar alcun à gradire i miei sforzi in quefta ,,- ,,
riftampa, perche ftin»erei far'ingiu-
ria al giudjcio, e difcreta cogni-
zione
de gl'intendenti, da , _
cui fon
certo di ricc-
ucreognipre-
tefoag- ^
gradimento.

EviuetCrf ^ V

felici.

so:

tt t

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S ο ρ R A

L ARA DELL ETERNITÀ'

. Ο D A

Del Sig. Ciò. Pietro Bellori,

Q N, perche l ^ Hérme, e7 Lag9
Hà: kttm^ ed urnn d*oro *
Sui lido ίο cere» fretto/e arenii
Non l& trk gl*Indi ^ vaga
Dp barbar» te foro r

A. la gran Madre àntic» aprà ie venc^
No» dietro auara /pene
jyifi tolgo midi ρίΐξι I '' '

Ni cangiò brm» m ór H frigi λ i

Altri

Co» cento giochi 7 e cento

Le promise te non aro > ' ·

Ne €0» immenR fa le hi Affrica Ϊ& giro*-

Non infinito arment» ' ■ /

Spoglio con ferro att-Aroi'' ' ν ' ' '

Ke lane tingo m emea.

Non fmeraldo > e z,afro>

Aduno y & ìsicche gemme " ^^ j

Tri l'onde roffcy « tEntree- M-àrirms,

s ij i

Sotto ti mìo gratte pim
No» freme il mar tt^bato »
Ne smontro con l"ardir mofirirt froctlkf
Nemico peregrino
Non porto guerre armAto y
Ne (corro à depredar popolo Imhlls.
Ne in quefie partt ο η quelle.
Col ferro, e con la face,
Vo del mondo λ turbar l\hMm(ina pace'

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"Altri conf^cri dfan»

Ifogfmati Perf, . ^ ^

Σ corra^^ ir^cimrir dt Timo ilfcgh§i
Tratto da defir ι·α(ίΰ>
s»uramandidimrfr.
No^ tenta d*inatz>ar feggi d'orgogliot
Strinfe in angufi<l· doglio
Jl faggio 6g»i penfieror
Β di fe β φ hdbefdice impera ^

forfinfì^to (hi 4 yoh
fratta l'Eoliefirade,

Ο incauto regge y. i» Citi ^ dtl gmnì^ ì lmìt
Mcco da t \alto poh
Freapitofa cade >

E da nome fumfia a i mari, k i fumit

V^e chi fì guerra a i numi τ

^Λ la defira tonante

JVtf» erra in fulminar mofro, e giganH^

i» ^er le Greche fponde ?
V<igo de l ^altrui letto 7
^on tragge
mi β glia dì Cioue impura t
^e: porto fonra l^e^dci
Con gfimendi dek petto ^
'Per ^Αβα. incenerir > lafciua arfnra^
Miri di natte ofetera

Varchi a imfttdico fìgm^

Έ refii ab/orto da Vondofa fdegno. .

Sparjo di molli 'unguenti
Al fmno d^awea cordai
Non fri tazz^ Bateanti ebr& m^^
Spoglmù gl*elementiì
Non ìafci gola ingorda
Pefce in mar, fera in tma^ augeliQ in n\
Taccia ogni mofiro infido,
Già fento > che mi chiama
Λ freggio di Virtù tromba i^fma».

jyìu^

■ .j··

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Ώίϋά cii4ltrHÌ foUkm
A le keat€ rcime j

Bammi kfmne^s Vomhre mk rifihiar4t

Fa che d^ terrti io le^i

Il mio volo fuHime, t

La ve, IMmortalità fdtìmé^ hk l'AHÀ^

Là vi' gli anni ripara >

Tra le cineree fafte >

Fenice, fh'immortd fempre rimfce . .

Vedi ΓAfi^eiio ardente

SU Γ odorata pira , .

Spiran Γmre Sdbee gt f t ^ . u.. . .

E i'Egitto ferpente

In bel cerchio s""aggira,

JF con la coda ingoia i tempi ) € i-fath ·

ifecoli rinati t t μκλ ^

Con [empiterne tempre^

Onde pria di partir ritarnan fimprc, ■ .

La fonra il foglio illuflre
Seggo η tra neh il fu or e >
Cut foh e dato l'emular NAtura\ : -
Tratta fcalpello indnflre
^ella e ψιεβαΗ colore,
Oifpon l'altra con ordine f e mifuU
Gtace lini da ofcura t i-

In mezo dumi^ eflerpi^
Fora che rode velenofi ferpi.

Valor di feudo, e d *hafia, ^
eh* impugna alma virtutCp
rima inuidia λ lor pie fibiU, e fremii .
in -van d'empia Cerafla '

^uuentaTire acute,

J>e lyitruifama in ^an f^fp^ra^e geme l
^Bjf^r gli occhi teme <

Là ve fulgora il lampo
gel chiaro fetido per l^efgno camp^

{
< ■

à

f^éH

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Entro L'Weefuam^ _

Lo feudo fahrisaro AfalfA IXtB^
Cm tempre adamantine,
Co» ardenti prapy
Aehiile taceta^ fV fa nolofο Eneat
jC ìnfegna MEBICEA
Non mendace VuUanot

Ma Ia Virtù Jcotpo con dotta marni

EGittfiiiia^ e f tei aie
Euro'l diamante fermo ,^
Ολ'&^α ài BELANDO i GiaBl imìfil
E le PALLE impugnate ^
Con β felice fthermo^
A I ^Jrnoi a l'Alp ^ φ à i 'Etf mia arrifi^.
Ailhora in dolci ^ife . .

Ri fonar ceùi ^ t carmt,
I colori fpirar ^fpi7Ar& i marmL·.

Vedi su Vara imant».
Nomi, f gUrie rifome ΐ
E me VASI di ΫιΊ Λ ^Wmaiì mani -y.

i . ν

-ocr page 10-

sia GIVSEPPE LfVALDIMI

i· 0 Ρ \ A

IL FRONTESPITIO

DEL VASARI.

DiÌcgnaro dal Signor

Gio. ANGEI^O CANINI.

V R VÌrtud? Impugnò l' bafts Querrìera,
I E con rarga fel l'InuidU .oppreiTei
Quando altri in marmi.,,ed altri in rele efpreiTes
Onde Γ oblio fu vinto , s il lempo pera.

D'Atropo, ad onta, ancor la fama altera,
Al nome altrui perperuo ftame inteHe,
La vè eterno quà giù ΓΑΓιΙο ereiTe,
De i prepì lor i' Imroortal Giona , β vera,

Del valor di yafario opre, e ilupori/

Che diè la vita altrui qual'hor le carter
O* le fele vergè co'i iuoi colori,

Qiiiadi al erine lui fiufto eompant

Apollo i raggi fuoi, non che gli albori ι
Se tàìxm può forza 4'iogegno» e d'arte.

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ILLVSTRISSIMO

s I G Ν Ο R E^

Airofcurità delle mie Stampe
fi éfpongono
à naoiia lucc le
aitioni di quegli Huomini^che
perefser flati infignì nel dar
vitasùle tele a gli liftinii^mc-
ntanano di portar regitìrati
fra
le Stelle i loro aomi ; ma perche le miierie
della noftra Humanità non permettono , che
i fatti de Mortali,

per iegnalati che Ìjano,re™
ftmo folleuati à maggior gloria di quella, che
recan loro gì'inchioitri, i quali, ih bene fi con-^
trapongono al Tempo diftruggitore, iafciano
però icmpre in fegno delia loro caducità im-
preisa per tutto la marca dclfOblio, ho fti-
mato bene di porre in fronte al mio libro il
Nome pregiato di V.S.ll!uiinls.,€he per cf-
fer chiarifsimoj non iolo fra i Nobili della

più

-ocr page 12-

più cccél/a Republica;tna fra i Letterati più
famoG del Secolo preferite, farà valeuole a
render per ièmpre icintillanti di lume quelle
memorie, e a conferuar perenni alla Fama
contro il Veglio edace i gefti di tanti rino-
mati Soggetti : io mi fon fuppofto di douer
riportar gran lode dall' elettione, ch'ho fatto;
perche eisendo ella Caualiere veiianlsimo in
tutte le Scienze, e d'ogni più eccellente virtù
ornato, ragioneuolmente doueua cfter icielta
per Nume tutelare di queftOpera, che folo
contiene attioni virtuole d'Huominì,che Tem-
pre con le lor Opere gareggiorno con l'Im-
mortalità. Refta iolo, che con lieta fronte
gradiica quefto mio tributo di riuerente ofse-
quio, picciolo effetto della Rima grande,che
io faccio del fuo merito impareggiabile,come
humilmente nefupplico la di lei generoiltà3e
per fine profondamente me le inchino.

Di V«S. Illuftriis.

\

Di Bologna li 7. Gennaro lóSti

Humil.™ Deur & Gbbl™ Seru."

Emilio Maria Mamkfs»

-ocr page 13-

TAVOLA

Delle Vite de glii Artefici, defcritte nel pre-

iente Vobme.

ANDREA TAF! PITTORE»
ANDREA PISANO S. A.

^SmiA OGAGNA P.S.A.
ANDREA DI LAPO
A.
ARNOLFO SANESE A. S,

AenoioSanefe A. S.

AMBROGIO LORENZETTIP.81
AGNOLO CADDI P. 112

ANTONIO VENETIANO P. 12?
ANTONIO FILARETE S. 1/3
ANTONELLO DA Μ E S S I Ν A.

P. 281

ALESSO BALDOVINETTLP.185
ANDKEA DAL CASTAGNO.

P, 500

ANTONIO ROSSELINO S. 519
ANTONIO POLLAIVOLO.

S, P. 570

ANDREA VEROCCHiO. P. S, A.
pag.
 385

Β

D. BARTOLOMEO Miniatore, e P.

BE^RÌIARDINO PINTVRICCHIO

401

bvonamico bvfalmacco.p.

pag. 70

BENOZZO FIORENTINO.P.
Bernardo RoiTellino. S, iP^

BERNA SANESE. P.
BENEDETTO DA MAIANO. S. A.

380

29(5
3-J

Ilo

P^S-

Chimenti Camicia S.
CECCA lugegnicrc .
COSIMO KObSELLL P.

D

DVCCIO SANESE. P.

Η

é4

99
6
51
51

DOMENICO GRILANDIO P.z^I
DELLO FIORENTINO. P,' ι6ά
DESIDERIO DA SETTIGNANO.

S. 22J

Domenico Venetiano, P, 50α

DONATO FIORENIINO.S. 255

F. FILIPPO LIPPE P. 291

FRANCESCO FRANCIA. P. 406
FILIPPO BR VNELLESCHI.S.
A.2 i r
Fiancctco Peielli. P.

GIOVANNI CIMABVE. P. i
GHERARDO Miniatore. 558
GENTILE DA FABRlANO.P-;3o6
Gentik Bellino. P.
GIOVANNI BELLINO. P. ς^δ
GIOVANNI DA FIESOLE. P. lós
■GIVLIANO DA MAIANO.S.A.2J7
GIOTTO. P. ξό

GIOVANNI DA PONTE. P. no
Giouanni Piiano. A. 14

GADDO GADDL P. 2S

GHERARDO STARNINA.P. 137

Η

HERCOLE DA FERRARA. P.53

IACOPO DALLA
J'acopu Indaco. P.
Iacopo Bellino. P.

iACOPO DI CASENTINO. P. 127
OyERCIA. S.

427

LVCCA SIGNORELLI da Cortona.

P. 410

LVCCA DELLA ROBBIA. S. 172
LIPPO FiORENTlNO. P. 1^0
LORENZO GHIBERTI. P. 184

LEON


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LEON BATTISTA ALBERTI. A.

pag, 273

LAZZARO VASARI. P. 277
Lorenzo VecchietM. S. A.
LORENZO COSTA. P.
LORENZO DI BICCI. P-
LORFNZO MONACO. P.
Luppo Memmi.

316

149

90

PIETRO CAVALLINL P, 84

PAVI Ο VCCELLO. P. 17S

PIETRO PEP raNO. P. ^n

PARRi SPINELLI. P. 1^9
PIETRO DELLA FRANCESCA.

P. 260

PAOLO ROMA-NO. S. 19-7

Pierrn PoPaiuol·-·. P. S. 570

PESELLO PESELLI. P. rio


Ai

AÌARGARITONE ARETINO. P.

S. A. 52

Μ ASOLINO DA PANICALE. P.

MICHELOZZO MICHELOZZI,
A. S.

MASACCIO DA S. GIOVANNL
P. 205

MINO DA FIESOLE. S,] 526
Mino J ci Regno . S. 2p7

Ν

NICOLA PISANO. S. A. 14
NICOLO ARETINO.
S.
NANNI D'ANTONIO. S. lóg

PIETRO LAVRATI SaneÌc.P. 61

STEFANO FIORENTINO. P.
SIMON MEMMI SANESE.P,
SPINELLO ARETINO. P.

Simone P.

SANDRO BOTTICELLI. P.

TADDEO GADDL P. o?

TOMASO ^fetroGIOTTIN0.P 106

TADEO BARTOLI. P.

V ' X

Violino Sanefe. P. j-

VELLANp DA PADOVA.A.S.zj^

V rrof Ρ (anello Veronefe . P.

VITTORE SCARPACCIA. P. 4U

57

87

150
575


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ρ R

I Ο

DI TVTTA L'OPERA.

0 LE ^ T<ip gli [piriti egregi in tutte le lorot

per yno accefo dejidcriodi Gloriai non perdtnaread
alcuna fatica j quantunque gram(jìma * per condurre le
opere loro a qucllaperje7^iQne,che le rendefieftupcde,
e ma-'-auiglioje a tutto il mondo ; ne la ha^ci Fortuna di
molti poteua ritardare iloro sfor·^ dalperuenirea fom~
mi gradi f sì per ν uere bonorati , e sì per lafàarené'
tempi auuenire ■,■ eterna fama agogni rara loro cccellen-
-ζα. Et ancora che di così laudabile fiudio, e defidcria
fuβero in vita altamente premiati dalla liberalità de'
Trincipi, e dalla yirtuofa ambizione delle Hepubliche,
e dopo morte ancoraperpetuati nel cofpetto del mondo con le teflimonian%e del-
Ijflatuey delle fepolture, delle medaglie, & altre memorie (ìmili ; la voracità
del tempo nondimeno
fi vede ynanifejiamente, che non fedo bà jcemate le opere
proprie , e le altrui bonorate tefiirnonian^e di vnagran parte , ma cancellato > e
[pento i nomi di tutti quelli, che ci fono flati [erbati da qualunque altra co[a,che
delle [ole viuacifme, e pieto fifììme penne degli [crittori. La qual co[a più volte
rneco fleffb, confìderando, e cono[cendo non [οίο con l'efempio degli antichi, ma
de inouerm ancorayche i nomi di molti([imi vecchi, e moderni Architetti, Seul-
tori, e Vittori mfìeme, con infinite bellifime opere loro, in dÌHer[eparti d'Italia
μ vanno aimenticando, e confumando a poco a poco, e di vna maniera per il ve-
ro, cUe einonje ne può giudicare altro,che vna certa morte molto vicina,per di-
jentìeninpm che
IO poffo da quefla [econda morte , e mantenergli più lunga-
mente che[ta po^ibile nelh memorie de' viui, hauendofpefo moltiffimo temoo

sferro dtdefi-
derto pa con^
feguire hon»T

η, e fama in
Vita, e

mortst

Tefltmonim*
^a (tellì opere
rende il nome
del virttiofy
perpetm

Il tempi U
fctma^ φ Λίί-
nulla.

Per difender-
l*, e manti'
nerla ptk cf>e
fi poffarAH'
tote ha ruc^
cbttù ion dtli»
gen^a ogrH
memonct,
Senne le vite
degli eccel-
lenti Archi'
tetti, Sculto-
ri , e Pittori
ΛΛ honore di
quelli, e bene-
ficio de' fiu"
aiofi.

Fole toccare
la difputaàel
la. preceden^^
irà la Seul»
tura, e PittH·»
va,

Kagtoni di
Scultori in prò
uareil grado
dtll'arte»

, - --------------..Httì^li(ìudio[ιprincipal·mcriί■ediqHl'jic.~..........

^MiCHITETTFRa , SCFLTf'ÌL.^ , c TITTf^R^ , firiuerò le
r/r^cc^// .Artefici di ciajcuna, feccndo i tempi, cb'ei fono flati di mano in mano,
farpfi toccando altro degli antichi [e non quanto

ο ' P^^ nonfe ne poter dire più che [e ne hahbiano detto

liliei laYLLl Srvn „ ^ ' ,-1 -η,.^Λ.____' 1

Tratterò bene di molte co-

che io
care

:/L 4 ^^S^flero di qual fi è Pvna delle arti dette ; ma prima

l'i yutu vnadijputa, nat.-,. »Ι'ρησα ηνη^^,ηλ jfì

tn PP' hP^A ypff enutrita tra ηιοΐή

Scultura, e della τ mura, eβl·ndo per Vvna,e l'altra parte addotte, fe non tutte,

a alme"

-ocr page 16-

S . PROEMIO

almeno molte ragioni degne diejjer vdite,e per gli .Artefici loro confiderafe.Di-
co dunque che gii Scultori > come dotati forje dalla natura, e dall'eferci'^o dell'
arte di miglior compieffione, di più [angue, e di più for^^, e per qneftopm ardi-
ti, & animofì de'Tittori » cercando d'attribuir il più honorato grado all' arte lo-
yo, argHÌfcono, eprouano la nobiltà della Scultura primieramente dall' antichi-
tà Juajper hauer il grande Iddio fatto l'huomo, che fu la prima Scultura ; dico-
nOi che la Scultura abbraccia molte più arti come congeneri, e ne hà molte più
fonopofley che la Tittura, come il baffo rilieuoJlfar di terra, di cera, ò di fiucco^
di legno, d'auorio, il gettare de' metalliyOgni cefellamento, il lauorare d'incauoy
0 di rilieuo» nelle pietre fine, e negli acciai, & altre molte, le quali e di numeroy
e di maeflriaauauTiano quelle delLi Vittura : & allegando ancoraché quelle co-
fe, che β difendono più è meglio dd tempo, e più co ìfema io all' v/o degli Imo-
mini, a beneficio, e feruiT^o de'quali elle Jon fatte, fono fenT^ dubbio più vtili·, e
più degne d'effer tenute^ care, & honorate, che non fono l'altre : .A^ermano la
Scultura efjer tanto più nobile della Tittura quanto ella è più att.iaconjerua-
re,e fe,& il nome di chi è celebrato da lei.ne'Marmile ne'Bron-^i contro a tutte
l'ingiurie del tempo,e dell'aria, che non è φ Tittura, la quale di fua natura pu-
re, non che per gli accidenti difuora,perifce nelle più ripofie,e più ficurefian-^e,.
c'h.ibbino faputo dar loro gh Architettori. Fogliano eti.m iio , che il minor nu-
mero loro, non falò degli artefici eccsllenti>ma degli-or dinar ij, rifpetto all'infini-
to numero de'Tittoriarguijca la loro maggiore nobiltà, dicendo^che la Scultura
vuole vna certa migliore difpoft^one,e d'animo, e di corpo , che rado β trouano
congiunti inftenief doue la Tittura fi contenta d'ogni debole cornplefiione pur
ch'habbia la γηαη ficura fe non gagliarda. E che qucfio i.'itendimento loro fi
prona ftmilmente da'maggior pregi citati particolarmente da Tlinio\ da gli
amori caufati, dalla marauigliofa belle^^ di alcune fiatuc, e dal giudicio di co-
lui,che fece la ftatua della Scultura d'oro,e quella della Tittura d'argentone pofe.
qudla alla delira, e quefia alla finifha. lafciano ancora di allegare le àiifi-
cul'.à '. rima dell'h.tuer la materia fuhietta come i Marmi,&i Mctalliyc l i valu-

'/raui^ima rifpetto alla quieta, e leggiere opera deil'ariinuh e della mano fola del
Dimnt'-re
. Fanno apprefi^gr^ndiÌfirm fondamentojopra l'effere le cofe tanto
più nobili, e più perfette, quanto elle fi accodano più 4 vero , e diconoche la
Sculturaimita ùformavera, e moflra le jne coje girandole intorno a tutte le-
ve dute, doue la Tittura per effere (pianata- con fc?yipliciffimi lineamenti di Ten-
nello, e non hauere, che vn lume folo, non mo!ira, cbe vnaapparen%af·)1α. T^e
hanno rifpetto a dire molti di loro.che la Scultura è tanto fupmore allaTitturay
quanto il vero alla bugia . Mafer la vitma ,.e più forte ragione adducono , che
allo Scultore è necefiario non follmente laperfettione del giudicio ordinaria, co-
me al Tittore,ma aifoluta,e fubita,di maniera, ch'ella conofca fin dentro a'Mar-
mi l'intero appunto di quella figura, ch'effiintendono dicauarne ; e poffa fenT^
Atro modello, prima far
molte parti perfette, ch'eile accompagni, &^vnifca in-
perne ; come hà fatto diuinamente Mkhelagnolo auueuga che mancando
di
ψίεβα felicità di giudicio., fanno ageuolmente > e^ fpeβo di. quelli inconuenientU

che

Smftori di

tfjìglhr cerrì'
ρίφοηΐ a di
fiò (ungile di
f iù forze, thè
i pìtmi. pev'
ciò pfM arttiti,
<ér animo/t.

Xiiueyfe «««

ftiberdinate
«UtScHltura.

Scult m» vuo-
le vniia difpo»
fittone d ' eni'
m9, e di corpo,

che imiti la
form» vera
mofirmdo le
opere itA ogni
^tdut».

$cultore deue
iìauer giudi'
ao tale Λ Λ ce·
wo/arel m/ie^
ψα del Aifsgm
pm dfn't-o «
tnarmt p*r nS
incorrere in
irrefi, che non
h^nna rime'

-ocr page 17-

D E L υ ο ρ E R Α. 5

ehe non hanno rimedio, e che fatti fon fempre teftimonij degli errori dello fcar- Errare di giti-
fdlo
, 0 del focogiudicio dello Scultore. La qual ceffi non auuiene aTittori'.
■percioche ad ogni errore di pennello, ο mancamento digiudicio, che venifje lor l'ittum -
fatto-, hanno tempo, conofcendogU da per loro, ο auuertiti da altri, a ricoprirli,e ^
medicarli con il -medefimo pennello , che l'haueua fatto; il quale nelle man loro ^^^("/οί'γ^,
hà qucfio vantaggio dagliJcarpeUi dello Scultore, ch'egli nonfolofana come fa- Niello,
cetiail ferro della lancia d'achille, ma lafcia fenv^ margine lefue ferite. ^lle Cagioni di
quali cofe rifpondendo i TiitorinonfenT^ fdegno,dicono primieramente,che vo- itimi prò-
lendo gli Scultori confiderare la cofa infagrefiiaìla prima nobiltà è U loro:e che uando U pre-
gli Scultori s'ingannano di gran lunga a chiamare opera loro la flatuadel primo t^edenia àM'
Tadre , emendo fiata fatta di terra, l'arte della qual operatione mediante ilfuo ,

leuare , e porre, non è manco de'Tittori ; che a'altri : e fu chiamata Tlajiice da' ^ J.
Grecite Ficiona daLatini;e da Graffitele fu giudicata Madre della Scultura,del ^^^ ^^^
Genere del Cefello,cofaycbe fà la Scultura -veramente nipcte della Tittura ìcon- ffiif^g λΙΙλ
dofia che la Tlaflice, e la Tittura nafcano infieme, e fubito dal difegno. Et efa- scultura, cht
minata fuori diftgreflia dicono, che tante fono, e sì varie opinioni de'tempi, che alla emura.
'male fi può credere più all'vna, che all'altra·, e che conftderato finalmente qutfla
nobiltà doue e'vngliono, ncWvno de'luoghi perdono, e nell'altro non vincono, β
come

no
ro,

fconi,tutti i corpi dell'Architettura, per poter fir'i cafamenti-, e la profpettiua; i'ftm^^
il colorire a tempera, l'arte del lauorare in frefco , differente , e vario da tutti gli
arti, fmilmente il lauorara olio, in legno, in pietra, in tele, & il Miniare arte
digerente datutte, lefnejire di vetro, il Mufako de'vetri,ìl commetterle tarfie
(il colori facendorit Iflorie con i legni tinti, che è Tittura,lofgraffire le cafe con
il
ferro, il niello, e le flampe di rarae, membri della Tittura-,gli Jmalti degli Orefici,
il commetter Voro alla damafchina, il dipigner le figure inuetriate, e fare ne'vafi
di terra Iflorie, & altre figure, che tengono all'acqua, il tefjer'i broccati con le
figure, e fiori, e la bellifjimainuentione degli Ara'z^ te fiuti ,chefà commoditày

Oifegn» hrn^

^ , ,, moltipià membri hdlaTitnrra, e più vtfli, che non

hàlafcidtura. l^lpnniegano l'eternità, poiché così la chiamano , delle Sculture: Scuttore , »
ma dicono qurfio non efjer primlegio, che faccia l'arte più nobile, ch'ella
β fia di
fua natura , per efier femplicemente della materia ; e che fe la
lunghe-^a della
vita defie all'anime nobiltà-, il Tino tra le piante, &■ il Cerno tra gli
animab^a-
urebbon l'anima oltramodo più nobile, che non hà l'huomo . 'Xpn ofiante che ei ìJobiltà , e
pott ffino addurrevna fimile etcrrÀtà,c nobiltà di materia ne'AiuJaici loroìperve·'
perpetuità di
derfene degli antichifUmi quanto le più antiche Scidture , che fiano in
Κο'άία, & mano net ma*
effendofi vfato di farli di gioie, e pietre fine. £ quanto al picciolo,e Kìnor nume"
ro loro.afi'ermano che do non è pérdie L'arte ricerchi miglior difpofÌ7ìone di cor-
po, & ilgiudido mas^gioreirna che ci dipende in tutto della poker -à
]icUe fufian·^
^e loro,e dal poco fauòre,o aua-riTja., che voghamo chiamarlo,de^U buomini ric-
chi,i quali non fanno loro commodità de'Marmi, nè danne occaftonedi lauorare*
come
β può credere ,e vedcfi, che β fece ne' tempi antichi, euat^do la Scultura
ycnne alfommograc^o. Etè mamfefloyche chi nonpuò confumare, ogittar via
yna picciola quantità di Marmile γ tetre forti,! e quali coflano pur ajfiau non può

a 2 fare

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S . PROEMIO

fcire quella prattica nell'arte^ che fi conuiene; chi non vi fa la prattica, non Vim-
para;^ e chi non l'impara^ non può far bene. Ver la qual cofa domehbono ejcufa'
re più toflo co quejte cagionila imperfex^^one, & il poco numero degli eccellen-
ti ; che cercare di trarre da ejje[otto yrialtro colore la nobiltà. Quanto a'mag~
giorpregi delle Sculture ì rifpondono che quando i loro fujjino bene minori, non
hanno a compartirli, contentandofì di vn putto, che macini loro i colori, e porga
i pennelli
, ο le predelle dipocajpefa, doue gli Scultori oltre alla valuta grame
della materia, vogliono di molti aiuti, e mettono più tempo in vna fola figura,
che non fanno effl in molte, e molte ; per il che apparifcono i pregi loro efiere più
della qualità, e dura^wne di efa materia, degli aiuti, ch'ella vuole a condurfi,
e
del tempo, che vi ft mette a lauorarUsche deìl'eccellenza dell'arte flefja-.e quan-
do quefia non ferim ne fi truoui pre'^'^o maggiore, come farebbe facil cofa, a chi
vol'iffe diligentemente confiderarla. Trouino vn prez^ maggiore del tnara-
uigliofo, bello, & vino dono, che alla virino fifftma, & eccellentiffima opera di
^pelle,fece ^lefianiro il
 ; donandogli non teforigrandifimi, ο fla-

to, ma lafua amata, e belliffma Campafpe, & anuertifcano di più, che ^leffan-
dro eragiouane, innamorato di lei, e naturalmente αφ afetti di Venere fotta-
poflo, e Kè infteme, e Greco, e poi ne facciano quel giudicio, che piace loro . ^gli
amori di Tigmalione,e di quegli altriJcelerati non degni pià d'efiere huornini,ci-
tati per pruoua della nobiltà dell'arte, non fanno,che rifpondere-,fe da vna <iran-
diffima cecità di mente,e da vnafopra ogni naturai modo sfrenata Ubidine,ft può
fare argumenco di nobiltà : e di quel non sò chi allegato dagli Scultori d'hauer
fatto la Scultura d'oro, e la Tittura d'argento come dijopra,conf£ntono, ehe s'e-
gli haueffe dato tanto jcgno digiudiciofo , quanto di ricco , non farebbe da dijpu-
tarla;e concludono finalmente, che l'antico vello dell'oro per celebrato che e'fia.

ScuìtOìfe ha il
fth vfo delle
feiie, e/qua·
d/a, ma oltre
gUglleeonuiem
ne al Pittore,
iapro/peittua,
e la compofi-
^ione dell'hi·
pori», lato-
de'

tthri, éf^^*
trs.

giudicio fon quelli, a chi (i debbe attendere.
troalla difβcultà dell'.hauere i Marmi,& i Metalli, fe non, che quefio nafce dal-
la pouertà propria,e dal poco fauore de'potenti, come β è detto, e non dagrado di
maggiore nobiltà, ^ll'eflreme fatiche del corpo,& a pericoli proprij, e'deWope-
re loro, ridendo , e fen^a alcun0aggio rifpondono, che fe le fatiche & ipericoli

maggioriar^uifcono maggiore nobiltà, l'arte del cauare i Marmi delle vifcere

de'Monti,per adoperare i conij, i pali,e le fnac^je, farà più nobile della Scultura·,
quella del Fabbro ananzerà l'Orefice-,e quella del murare, l'architettura. E dì-
cono appreso, che le vere dificnità fanno più neW animo, che nel corpo ; onde
quelle cofé,che dilornatura hanno bifogno difn-dio, e di japere maggiore ,fon
più nobili, & eccellenii di quelle, che più fi jermno della for^a del corpo ; e che
valendoli i Vittori della virtù dell'agno più di loro, quefio primo honore β ap-
partiene alla Vittura. .Agli Scultori baflano le Sefle, ο le Squadre a ritrcuare, e
riportare tutte le proporzioni, e mifure, ch'eglino hanno di bifogno : a'Vittori è
necefiario oltre il fapere ben adoprare ifopradettifinimenti, vna accurata co-
gniiione dì profpettùia,per hauere a porre mille altre cofe, chepaeft, ο cafamen-
ti; oltrache bìfogna hauer
maggior giudicio per la quantità delle figure in vna
floriadoue può nafcer più errori, che in vna fola (iatua: allo Scultore bafla hauer
notizia delle vere forme,e fattez^ de'corpi folidi,e palpabili,e fottopofli in tut-
to al tatto, e di quei foli ancora, che hanno chi gli regge. .Al Vittore è neceffario
nonfolo conofcerele forme di tutti i corpi retti, e non retti ma di tutti trafpa-

renti.

Sculttir» non

fi può impara'
refenda acca·
fione tii con"
fumare qua·
/ita di f tetre

fort'u

tiìfompsnfa
fatta 4λ Λ"
le^andro Ma
^no aà Atelle
per Γ eccelle»'
^(t del fuo U-
ztoro .

Si rtfpsndeal
ie ragioni de*
Scultori.
Le vere diffi-
Silià ρ amo
fieli' animo
più che nel
«irpot

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D E L L· ο ρ E R Α. j

Mefiti, & mpalpahili:& altra quejìa hìfogrja.che fappiano i colori^ cheficonuen-
gono ideiti corpi
5 la moltitudine, e la varietà de' cjudi quanto cllajìa yniuer-
Jalmente, e proceda quafi in infinito, lo dmojirano meglio , che altro ifìorii&i ,
fruttholtre a min€raii\cognÌ7Ìone fommamente difficile adacquiflarft,& a man*
tenerfìper la infinita varietà loro. Dicono ancoruiche doue la Sctdiuraper l'ino^-
bedicn7^,&imperfe'z^'^ione della materia no rapi^eftntagli aititi dtll'anitnofe
non con il moto-,ίΐ quale'mn fi flende però molto in lei,e con la faTi^^one jiefja de'
membri, ne anche tutti··, i Tirtongli dimoftrano con tutti2 moti, che fcno infini-
ti, con lajiix^one di tutte le membra per fonilijJìme,che elkfianoima che più ?
con il fiato jhffo,e con gli [piriti della vifìa, e che a maggiore perfe^^one del di-
mojirard nonfolamente le paffiom,€ gli affetti dcWammo,ma ancoragli miden- ^

ti auuemrc, come fanno i natvraliyoltre alla lun; aprattica dell'arte bifrgna loro ^^^^^
hauer vna intera cognizione d'eJL· Fiftonomiajella quale baflafolo allo Sculto-
re la parte,che confiderà la quantità,e forma de'mpmhn,jen^ curarfi della qua- cmmene fap*
lità de'colori, la cognÌT^onc de quali, chi giudica dagli occhi, conofce quanto ella piadt Fifieno*
fta vtile,e neceffaria alla rera imitazione della natura,aUa quale chi più fi acca-
è più perfetto. .Appreffo fo^giungono, che doue la Scultura leuando a poco a
poco in vn medefimo 'tempo da fondo, & acquifla rilieuo a quelle cofe,che hanno
corpo di lor naturale feruefi del tatto,e del vedere: i Vittori in due tempi danno
rilieuo, e fondo al Ti.tno , con l'aiuto di vnfenfo folo, la qual cofa quando ella è Pittura imité
fiata fatta da per fona intelligente dell'arte, con piaceuolifflmo inganno hà fatto natura con
rimanere molti grandi huomini, pcrnon dire degli animali·,il che non ft è mai ve-
duto della Scultura per non imitare U natura in quella maniera., che βροβα dire '^f.
tanto perfetta, quanto è la loro. E finalmente per rifpondere a quella intera, &
^βaiuta perfe zione digiudicio,che β richiede alla Scultura, per non hauer mo' ^
do di aggiungere doue eUa lena a fermando prima che tali errori fono com'ei di- irrori t»nt»
iano incorre^ihiii, nè β può rimediare loro fenxa le toppe, le quali così come ne' ScuUu'
panni fono cofe dapoueri di rohba; nelle Sculturc,e nelle Titture fìmilmente fon
cofe dapoueri d'indegno,e di 9Ìudicio.
Di poi che la Ta^ien^a con yn tempo con-
uemente, mediante i modelli, le centine, lefquadre, le fefìe, & altri mille tnge- , -
gm, e frumenti da riportare 'non fohmente gli difendono àagli errori : ma fanno_
coniur loro il tutco alla fua perfe^^ione, concludono, che quefta difficultà, ch'ei La parte di
me', tono per la maggiore è nulla, ο poco; rifpetto a quelle , che hanno i Vittori ridurre i me-

■Mz,;;^.,^----------7 7 » . ^ ,■ ■,·■------^ delline'Mer-

mi,epiàtefl0

- , -......: quefti i loro difegni in fimili materie pure, ο ne'^ ^^i^alcil^'^^'

cartoni; e che finalmente quella parte, che riduce a poco a poco loro i modelli ne
Marmi è più tofiopAXÌeni^a, che altro. Ma chiamijfigiudicio, come vogliono gli
Scultori, s'egli è più necefsario a chi lauora infrefco,che da chi fcarpellane'Mar-
Dìfficultàdel
mi ; percioche in quello non folamente non hà luogo nè la pa^je»'^^ ne il tempo, cclorire in fri»
per efiere capitalifjimi inimici dell' vnione della calcina, e de' colo-ri; γ^α perche f" /ftp'ra
l'occhio non vede i colori -veri, infìno a che la calcina non è ben
fecca,nè la mano
yi può hauer ^iudicio d'altro, che del molle è [ecco; di maniera,che chi lo dicef-
fe lauorare ai buio,
0 con occhiali di colori diuerfì dal yero,non crerìn rhp PrrÀe

al lauoro d incauo; al qr^ale per occhiali, ma giufli, e bm^ ferine la erra,e L·- ^
no, cheaquefio lauoro e necefsario hauer e yngmdicio rifolutcche mitirmga la
fine nel molle,e quale egli habbia a tornar poi fecco, oltra che non β pnoab-

bari'

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S . PROEMIO

handonareilkmrOi mentre che la calcina tiene del [refco ; e bifogna rìfolutor.
mente fare in vn giorno, qttelloì che fà la Scultura in yn mej'e; e chi non hd que*
flo giudiciot e quefia eccelleni;a-> β vede nella βηε del lauoro fuo, ò col tempo, >
toppe, le macchie, i rimsifì > & i colori joprapofli, è ritoccare a [ecco le Vitture
fatte afrefco è cofa viliifimd ; perche vi β fcuopron ο poi le muffe ,e fanno cono·'
fcere la infuficien:^a,& dpoco fapere dello Artefice fm;fi come fanno bruttcT;^
^iZi pe·^ ri?ne!fl uelUScdrura, \enxa che quando accade lauare le figure a fre-
fco, come (ρεβο doppo qualche tempo auuiene ·, per rinmarle, quello che è lauo-
ratoafrefco rimane > e quello che a fecco è flato ritocco , è dalla fpugna bagnata

la terra, i monti, i oiani, le piante, i frutti, i fiori, gli animali,gli cdirìcij, con tan-
ta moltitudine die,
φ, e varietà delle forme loro ,e de'v eri colori, che la natura
βεβα, moUe vai e n'hà mar a dglia; e dando finabnente ; al fuoco > tanto di cal-
do, e di luce,che ε'β vede maiifefìamente ardere le cofe;e quaβ tremolando nel-
le fue Ha nme, rendere ii parte lumino fe le più ofcure tenebre della notte. Ver
le quali
cofe par io^'o, ootere ^irt^amenre conchiudere, e dire: che contrapofle le
diifimltà de gli Scultori
, alle loro ; le fatiche del corpo alle fatiche dell' animo;
la imitatone circa la forma f>ia,alla imita'^one della apparenza circa la quan-
tità, e la q idità,che viene all'occhio;^ Il poco numero delle cofedoue la Scultu-
ra può di n -ì^rare > e dimoflra la virtù fm, allo infinno di quelle, che la Tittura
ci raopy-efenta ; olerà II conferuarle perfettamente allo intelletto , e fame parte
in queHuofhi, che la lijtura non ha fatto ella : c contrapsfdto finalmente le co-

quella·

tra parte, mi è venuto agli orecchij degno di confideratione. Ma peroche a me
pare, che φ Scultori héhiaw p-arlato con troppo ardire ; & i vittori con trop-

fempre ; e vaglia Ì\ritorità mia quanto ella può ; dirò [opra tal difpnta ficura-
mente, e breuemente il ptrer mio: per fu adendomi di non fottentrare a carico al-
cuno di prefun^hne, ο d'ignoranza; non trattando io dell'arti altrui, come han^
m già fatti molti, ϋετ apparire nel vulgo 'intelligenti dì tutte le co fé mediami le
kitere} e erme tra gli altri ami ;nne a F.ormione peripatetico in Efefo , che ai

ofien- .

Difetti dil
Lttioro msd
colorito afre-
ico.

Ampis^Z* di
operare nell»
PiitHr»,e mt'
flrare v^fiid

d'AUnniiim.

OpétAX}»»»
dell» Pittiim
mi irttfprifen·
tare gli «i·

getti di qu»'
Ittnque eli'

Autore ms·

fimilfUO ΡΛ'

rertm

-ocr page 21-

D E L L' ο ρ E R Α. η

della eloquenza fua, predicaìtdo , e dijputando delle yirtu > e parti
dello eccellente Capitano; non meno della profun^^one, che della ignoranza fua, ScuUma , e
fece ridere .Annibale. Dico adunque, che la Scultura, e la Pittura per ti vero ΐαΐηνα fmo
'fono forelle > nate di vn Tadre, che è il Difegno > in rno fai parto , & ad fertile nute
■pn
tempore non precedono l'vna all'altra, fe non quanto la -pinù^e la for~

uole'^e: non fono elleno però nè tante,nè di maniera, ch'elle non -ì^enga- "perf'H^Ium-
m giufia '·ente contrapefate infieme ; e non β conofca la pa(fione,o u ca~ 4ell' arte*
parbiaà,pià toflo che il giudicio, di chi vuole chel'rnaauan'zi l'altra·. La fice.
οηά€ a r:^one (i può dire,che vn'anima medefìma regga due corpi:& w Vnmedique^
per queflo roncÌmdo, che male fanno coloro , che s'ingegnano di difumrle,
0 dt fepararle Ivna dall'altra . Della qual cofa volendoci forfè fgannare il
Cielo y e moflrarci la fratellan^i, e la vnione dt quefte due nobtlijjime arti, eSculmu
hà m diuerfì tempi fattoci nafcere molti Scultori, che hanno dipinto j e molti frmctpaU
Tittori
,che h.imi ο fatto delle Sculture ; come fi vedrà nella vita di ^nto- mente in Mi·^
fiio del VoUaluolo, di Leonardo da Vinci, e di molti altri di già pacati. Ma chtUgnolo^. '
nella noftra età , ci hà prυdoβto la bontà Diuina Michelagnolo Buonaroti, PmnaretU
nel quale amenéue quefte arti sì perfette rilucono, e sì fimìli,& vnitein-
fieme
appanfcono, che i Tiitori delle fue Titture flupifcono ; e gli Scultori, k
Sculture fatte da lui
armràrano, e renerifcono fommamente. ^ coflui, per^
ch'egli non hauefe forfè a cercare da altro maefiro, doue agiatamente colloca-
re le figure fatte da lui ; hàla natura donato sì fattamente lafcien^ dell' ^r-
chitcnura che fcn%a hauere
biio^o d'altrui, può, & vale da fe folo , & a ^ft hkia iU
ψ-.eiie, & a quelle ima<rini da luiyormate » dare honorato luogo , ad effe con-
revnico Seul-
.... . . Scultore vnicoy

tore , e ver»

vero

^ poiché àiuinamente hà egli in fe folo raccolte, le tre più lo-
deuoli arti, e le più- ingegnc'e, che fi tmouino tr ammortali ; e con eβer ad effern-
dalia per
pio di vn Dio » innnitanieme ci può giouare . E tanto hafti per la difputa fatta fe:{zm» di
dalle parti, e per Linofir a opinione. Tornando hor amai al primo propofìto; di-
dette arti,
co che volendo per quanto fi eflendono le for'^ mie, trarre dalla voraciffima inten'{tom
bocca del ^empo i nomi degli Scultori ,,e Vittori, & Architetti, che da Cima-
bue in qua fono fiati in Italia di qualche eccellen^ notabile; e defiderando, ^^f/^^^iy"
che quefla mia fatica fia non meno vtile, che io me la fia propofta piaccuole; tramr
mi pare neceffario·, aitanti che e'fi venga alVlfloria,
fare fati Q hreurtà , vna m- p^·^^ I inm-
troduTj^lonc a quelle tre\Ani ·, nelle quali valfero coloro , dì cui io debbo [cri- dulztom 0
nere le Vite : a cagione , che ο'ξηί gentile [pirite , intenda primieramente le co-
quellt,
fe più notabili, delle loro profeffloni 1 é" àppreffo con piacere, Ù'Vi ik mag-
giore , poffa conofcere apertamente , in che e' fnfìero'tra fe diiTrrcn'./^ e di ψ-αη-
ΐο ornamentoe comodità alle patrie loro, & a chiunque volle valer β della in-
duflria, e del faper loro.

-ocr page 22-

S . PROEMIO

brìche, e bene intefe. ^pprefso ragionando della Scultura} dirò come le flatue
fi lamrino; la forma, e lapropor:qone, che fi afpetta loro-, e quali fiano le buone
Sculture·, con tutti gli ammaeflr amenti più fegreti, e più necejsavijyFU imamen-
te dijcorrendo della Tittura, dirò del Difegno; desmodi de l color tre ; del pet^t·^
tamente condurre le cofe; della qualità di efse Titture ; e di qualunque cofa che
da quefla dependa: de'Mufaici cl'ogni forte ; del Hwllo ; de gli Smaltii de'lamrì
alla Damafehina;e finalméte poi delle flampe delle Titture. E così miperfuado*
che quefle fatiche mie diletteranno coloro, che non fono di quefli eferci^Jj ; e di"
Ietteranno, e ^ìoueranno a chi ne hà fatto profeffione. Ter che oltra che nella in-
trodw^one huedràno i modi dell'operarCie nelle vite di ejfi^rtefici impareran-
no doue pano l'opere loro; & a conofcere ageuolmente la perfe'^.jone, ο imper·
fe'z^one dì quelle: e defcernere tra maniera, e maniera .* E potranno accorger fi
ancora, qttan to meriti lode, & honore, chi con le virtù di sì nobili arti, accom"
pagna honefli coflumi, e bontà di yita. Et
accefì di quelle laudi, che hanno con-
feguite is} fatti;fi aleranno effi ancora alla jeraglona, ^fi caueràpocofrut-
to della floria,yera mida,e maeflra delle nojire a^oni, leggédo la varia diuer-
fità d'infiniti cafi occorfi a gli ^rtefici; qm^^ ^er colpa loro, e molte al-
tre della fortuna,
Reflerebbemi a farejcuja, dello hauere alle volte ν fato qual-
che voce non ben Tofcana, della qual cofa non vo parlare; hauendo hauutofem-
pre più cura, di ν fare le voci, <& i vocaboli particolari, e proprij
delle noflre ar^
ti, che i leggiadri, ο [celti della delicate'^ja degli feriti ori. Siami lecito adun-
que vfare nella propria lingua, le proprie voci de'nofiri
artefici: e contenti fi ogni
yno della buona volontà mia,la quale fi è mafia a fare quefio affetto, non per in-
fegnare ad altri, che non sò per me; ma per defìderio di conjeruare almanco que-
fta memoria de^ artefici più celebrati ; poi che in tante decine di anni, non
hò japuto vedere ancora, chi n'h abbi rifatto molto ricordo. Conciofia-
che io hò pm tofto voluto con qutfte ro-^e fatiche mie, ombreg-
giandogli egregi fatti loro , render loro in qualche parte
l'obligo, che io tengo alle opere loro, che mifonofla^
te
maeflre,ad imparare quel tanto che io sòtChQ
malignamente viuendo in o7j.o, efier cen^

fore delle opere altrui, accufandole,
e riputandole come alcuni fM"
fo co fiumano.
Ma egli è
hoggimai Tempo di

ά'.ΙΙα ScitUu·
nt, in fine del'
la, PntHra,
Difegno^e Co*
Unto,

Frutto, che fi
cauerà
ΛλΙ

componimento
dell' Ahtm,

Amore neW
Optra non fi è
valfe di feieU
te -uoct, ma
delle
proprie
vjate nelle
mtù

venire all'ef-
fetto.

IN'

Il Fine del Proemio.

-ocr page 23-

INTRODVZZIONE

DI Μ. GIORGIO VASARI

PITTOKE ARETINO^

Alle tre Arci del Difegno, cioè Architetrura, Pittura, e Scultuira.^.»
e prima dell' Architettura.

Delle diuerfe Tietre, che feruono agli Architetti per gli ornamenti
e per le ftatue alla Scultura. Gap. I.

VANTO ila grande rvtile,che ne apporta l'Archiret-
tura» non accade a me raccontarlo ; pei: tiOuarfi molti
Scrittori, i quali diligentiffimamente, & a lungo
hanno trattato. E per quefto lafciando da vna parte le
calcine, le arene, i legnami, i ferramenti, e'I modo
del
fondare, e tutto quello j che fi adopera alla fabbrica, e
l
'acque, le regioni, & i iiti largamente già defcritti da
Vitruuio, e dal noftro Leon Battifta Alberti ; ragionerò
iolamente per feruitio ds'noftri artefici,
e di qualunque
ama di iapere, come debbono eiTere vniuerfalmente le
fabbriche, e quanto di proporcione vnite, e di corpi,per confe^uire quella gra-
tiata bellezza, cne li deiidera^breuemente raccorrò infieme tutto que lo, che mi
?arrà neceiiario a quelto propofito. Et acciochepiù manifeftamente appanfca
a grandiilìma difficoltà dellauorar delle pietre, che
fon duriffime, e forti,ragio-
neremo diflintamente, ma con breuità, di ciafcuna iorce di quelle, che maneg-
giano i noftri artefici. E primieramente del Porfido. QueftaèvnaparterolTaLi Ροι-βΊο.
con minutiffimi fchizzi bianchi, condotta nella Italia già dairEgittojdoiie comu- ^«o'
nemente iì crede, che nel cauarla ella fia più tenera,che quando ella è ftata fuori ^«'«U'*·

della Calla» all^ γ·!γμτιτι·-> /-ιΐ-ιί^ί^^,/·» C^la . Ml^^/ϊ πηρίΤ-ρ mT/» la fijnnr»

rnm numero di colonne, e piccole, e grandi, e fontane

VnL r η Γ' Veggonfian- opere fam

cera hoggi fepolture con figa,e % ^^^^^ ^ ,^ι,,,αο, condotte con gran fati- ch^.

ca, co^ne al tempio di Bacco fuor di Roma, a fan ra Agnefi;, k fepoltura che e'di-

cono ώ Santa Coitanza fightjola di Coftantmo Imperadore; doue fon dentro

b mol-

-ocr page 24-

ro D E L L A ^

snolti fanciulli cón pampani, & vue, che fanno fede della diffictìità >^'hebbé Chi
la lauoL-ò nella durezza di quella pietra. Il raedeiìmo (i vede in vn pilo a S. Gio.
Lacerano, vicino alla porta Santa che è ftoriato ; & euui dentro gran nunrero di*'
figure. Vedefi àncora iulla piazza della Riconda vna belliiTiraa cada fatta per fe-
poltura, la quale è lauorata con grande indùilria, e fatica, & è perla fua forma,di

frandiffinia gratia,e di iomma bellezza,e molto varia dali'aìcre;Et in cafa di Egi-
io, e di Fabio Saifo ne foleua eilere vna figura a federe di braccia tre , e mezo
condotta a di noftri con il refto dell' altre ftarue in cafa Farnefe. Nel cortile an-
cora di cafa la Valle fopra vna fineftra, vna lupa molto eccellente , e nel lor giar-
dino i due prigioni legati del medefiino porfido : i quali fon quattro braccia d'al-
tezza l'vno, lauorati da gli antichi ccn grandiiTimo giudicio j i quali iono hoggi
lodaci ftraordinariamente da tutte le perfone eccellenti,
conofcendoii la diffical-
tà, che hanno hauuto a Condurli per la durezza della pietra. A di noiìri non s'è
mai códotte pietre di quefta forte a perfettione alcuna,per hauere gli artefici no-
ftri perduto i modo del temperare i ferri, e così gli altri ftrumenti da condurle.
Vero è, che fe ne và fegando con lo (meriglio rocchi) di colonne, e moki
pezzi,
;3er accomodarli in ifpartimenti per piani, e così in altri varij ornamenti per fab-
jriche ; andandolo confuimndo
a poco a poco con TOa fega di rame fenza denti
tirata dalle braccia di due huomini ; la quale con lo imeriglio ridotto in poluere,
e con l'acqua, che continuamente la tenga finalmente pur Io ncide. E fe
bene fi fono in diuerfi tempi prouati molti begringegni, per trouare il modo di
lauorarlo, che vfarono gli antichi, tatto è fiato in
vano, e Leon Bartifta Alberti
il quale fii
il primo, che cominciafie a far prona di lauorarlo, non però in cofe di
molto momento, non
trouò, fra molti, che ne mife in prona = alcuna tempera,
che faceiTe meglio, che il fangue di becco, perche fe bene leuaua poco di quella
pietra dunlTima nel lauorarla, e sfam aua fempre fuoco , gh fenn nondimeno di
maniera, che fece fare
nella foglia della porta principale di fanta Maria Nouella
di Fiorenza,
le diciotto lettere antiche, che aiìai grandi,e ben miiiu-ace fi veggo-

dallapa^^nan.m vn ^^Ì^Sn^S'

Medi di far
ianeri fani.

""j j---------jjvwv.» "•j'-uuijcciic aycuuiiijcnic il ma-

negsiauaapponrandofivno il detto manico al petto , e nella inginocchiatura^,
mettendo le mani per girarìo^e nella punta, doue era ο fcarpelio, ο trapano,fa-
llendo meilo alcune roteiiine di rame , maggiori, e minori, fecondo il bifogno.
Quelle imbrartate di fmeriglio, con leuare a poco a poco, e fpianare faceuano ia
celle, e di ipi^^^ì' ' ^^ '' ^ν'^τ deitramente il detto mulinello.

Ma con turte quefte diligenze,non fece pero Leon Battifia altri lauori.· perch'era

tanto il tempo, che ^ perdeua, che mancandoiDrol animo,non fi mife altramen-
te mano a flatue, vafi, Ο altre cofe fottiii. Alto poiché fi fono meffi a fpÌ3nare_^
pietre rapezzar colonne, col medeiuno legrecohanno fatto in queflo modo.
Fannofi per queflo eiietto alcune martelia graui, e grolle con le punte d'acciaio
temperato forciinmamente col fangue di becco, e lauorato a guifa
di punte di
diamanti ,con le quali picchiando minuiamente in fui porfido, e fcantonandoio
a poco a poco lì meglio, che fi può? (i riduce pur finalmente ο a tondo, ο a piano,
come più aggrada ali artefice con fatica, e tempo non picciolo , ma non già a for-
ma di flarue; che di queflo non habbiamo la maniera,e fe gli dà il pulimento con
lo fmeriglioi e col cuoio fìrofinandolo » che viene di luftro^moito puìitament€_^

la-

Midù di la -

mrarlo i»
fiat uè ferdw

19»

jEt in va»o
minto.

Tempti^m 4u'
νίβϊΠΛ col sa*
gm di becco.

-ocr page 25-

ARCHITETTVRA. ιι

lauùritoj e finito. Et ancorché ogni giorno Γι vadano più aiTottigliando gl'inge-
gni humani 5 e niioue cofe inueftigando, nondimeno anco i moderni > che in di-
uerfi tempi hanno, per intagliargli porfido prouato nuoui modi, diuerfe tempre,
& acciai molto ben purgati"; hannoj come fi diiTe di foprajinfino a pochi anni io-
110 faticato in vano. E pur l'anno 155?. hauendo il Signor Afcanio Colonna do-
nato a Papa Giulio III. vna tazza antica
di porfido beiliiTima larga iecte braccia;
il Pontefice, per ornarne la Tua vigna, ordinò, mancandole alcuni pezzi, che la
filile reftaurata: perche mettendofi mano all'opera? e prouaudofi moke cofe, per
configlio di Michelagnolo Buonaroti, e d'altri ecceìlenriiTimi Maefiri, doppo
moka lunghezza di tempo, fi\ diiperara i'imprefa > maffimamente non fi poten-
do in modo niuno ialuare alcuni canti viu^ > come il biiogno richiedeua. E Mi-
chelagnolo, par auezzo alla durezza de'iàffi, infieme con gli altri fe ne tolfe giù»
ne fi fece altro. Finalmente, poiché niuna altra cofa in quelli noftri tempi man-
caua alla perfettione delle noftr'Arti,che il modo di lauorareperfettamente il
porfido, accioche ne anco quefio fi habbia a defiderare, fi è m queilo modo ri-
trouato. Hauendo l'anno 15 5 5. il Sig. Duca Cofimo condotto dal fiiopalazzo, e
giardino de'Pittl,vna belliffima acqua nel cortile del Tuo principale palazzo di Fi'
renze, per farui vna fonte di ftraordinaria bellezza , trouati fira i fuoi cottami al-
cuni pezzi di porfido afei grandi, ordinò,che di quelli fi facefle vna tazza col fuo
piede per la detta fonte; e'per ageuolar'al maeftro il modo di lauorar'il porfido,
fece di non sò che herbe ftillar'vn'acqua di tanta virtù, che fpegnendoui dentro
i ferri bollenti fa loro vna tempera duriffima. Con quefto fegreto adunque, fe-
condo'l difegno fatto da me,
conduiie Francefco del Τ ADDA intagliator da Fie-
fole la tazza della detta fonte, che
è larga due braccia, e mezo di diametro, & in-
fieme il iuo piede, in quel modo,che hoggi ella fi vede nel detto palazzo. Il Tad-
da, parendogli, che if fegreto datogli dal Duca fuile rariffimo, fi mife a far proua
d'intaghar'alcuna cofa, e gli riufcì cosi bene, che in poco tempo hà fatto in tre
ouati di mezo riheuo grandi quanto il naturale li ritratto d'eiTo Sig. Duca COSI-
MO, quello della Duchefia Leonora,& vna tefta di Giesù Cfarifto con tanta per-
fettione , che i capelli, e le barbe, che fono difficiliffimi nell'intaglio, fono con-
dotti di maniera, che gli antichi non ilanno punto meglio. Di quelle opere ra-
gionando il Sig, Duca con Michelagnolo,quando S. Eccellenza m in Roma;non
vcleua creder'ìl Buonarori j che così filile ; perche hauendo jo d'ordine del Duca
mandata la teda del Chrifto a Roma, fù veduta con molta marauiglia da Michel-
agnolo il quale la lodò aiìai, e fi rallegrò molto di veder ne' tempi noitri la Scul-
tura arricchirà di queilo rariiTtmo dono, cotanto in vano infino a hoggi defidera-
to . Hà finito vltimamence il Tadda la tetla di Cofimo vecchio de' Medici -in vno
ouato, come i detti di fopra , & hà fatto, e fà continuamente molte altre fommi-
gbanri opere. Reftami a dire del porfido, che per eflerfi hoggi fmarrite le caue
di quello, e per ciò neceilario feruirfi di fpoglie, e di framenti ancichi ,e di rocchi)
Ί Ì = ^ Ρ^^ bifogna a chi lo lauora auuertire fc hà ha-

kf " bene non perde ne tatto ,I colore,ne

mn può rifio'
rarevn»
^Λ di QÌHÌÌ0

CoSm

vna tempera

eenU qudt

il Tadda U*
wrì figure»

Ueggt nifi β
trouano cans
dt porfido.
Kieene danne
dal fuecà.
Non fi emes
η lafcta CM-
ernie

fi disfa, manca nondimeno pure ailài di quella vmezza, che è fua propria, e n.
piglia mai COSI bene il pulimento, come quando non i'hà hauuto,e che è peggio,
quello, che ha hauutoil fuoco, fi fchianta facilmente quando fi lauora. E da fa-
pere ancora, quanto alla natura del porfido, che mefio nella fornace, non fi cuo-
ce, ε non kfcia interamente cuocer le pietre, che gli fono intorno, anzi quanto
a fe incrudelifce
, come ne dimoitrano e due colonne, che i Piiani l'anno

b

1117,
do-

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ζ Β DELLA

J>«i tùmna donarono a'Fiorentini s doppo l'acquiÌlo di Maiolica > le quali Γοηο'ίιο^ϊ alla^'
^lla chiefA porta principale dei tempio di S.Giouannij. non molco ben polite, e fenza coloire
di s» aio. in per hauerehauiiro li fuoco, come nelle fuertone racconta Giouan Villani·
Wtren^t. Succede al porfido il Serpe rino,il quale è pietra di color verde fcuretta alqiian«
Serpentino, e to,con alcuui crocette détro gialette,e lunghe per tutta la pietra, della quale nel
fuoi colori, medefimo modo fi vagliano gii artefici, per far colonnee piani per pauimenti
Non fe ne ve. pgj. {g fabbriche,ma di quefta forte non s'è mai veduto figure lauorate,nia sì bene
dono figure, t i^f^nito numcro di bafe per le colonne, e piedi di tauole, & altri lauon più niate-
^OoHt 'fi ceni quefta forte di pietra fi fchianta ancorché fia dura più che'Ì porfido»

' ' e rieice a lauorarla più dolce, e men faticofa, che'! porfido, e cauafi in Egitto , e
nella Grecia,e la ina faldezza ne'pezzi non è molto grande. Conciofiache di Ser-
^ ^ penrino non fi è mai veduto opera alcuna in maggior pezzo di braccia tre per
««ί'-Λ» <«. g Eauole, e pezzi di pauimenti; fi è trouaco ancora qualche

% 'lauera te colonna, ma non molto grofla, ne larga : E fimilmentealcune mafchereì e men-
tne il J^orfido. fole lauorate, ma figure non mai; oueila pietra fi lauora nel medefimo modo.ch«
fi lauora il porfido.

cìpollaccio. Più tenera poi di quefta è il Cipolkccio, Pietra che fi caua in diuerfi luoghi, ii
colori, quale è di color verde acerbo, e gia'letto, & hà dentro alcune macchie nere qua-
li on fe ne fm dre, picciole, e
grandi, e così bianche alquanco gcoilecte , e ii veggono di quefta
mfigun. forte in più luoghi colonne grolle, e forrili, e porte , & altri ornamenti} ma aoa
mcehiainlio. figure. Di quefta pietra è vna fonte in Roma in Bsluedere cioè vna nicchia in va
P^, canto dei giardino s doue iono le ftatue dei Nilo,
e del Teuere, la quale niLxhia

fece far Papa Clemente Vii. col difegno di Michelagnolo, per ornamenrod'vn
fiume antico, accioche in qucfto capo fatto a guifa di fcogh' j apparifca, come ve-
té ne fàiin» ramente fò, molto bello. Di quefta pietra fi fanno ancora, fegandola,i:aaoli_jy,
fiae/tfó-f» tondi} ouati,. & altre cofe fimili, che in paaimenti, ε alrxe forme piane fònno con
' l'altre pietre beiliffima accompagnatura, e molto vago componimento. CHiefl:a
Suo pulirne»- piglia il pulimento come il porfido, & il Serpennno , & ancora fi lega come l'al-
tre forti di piena dette di fopra, e fe
ne frcuano in Roma iniìnitipezzi fotterrati
Honefimm, nelle riKne,che giornalmente
vengono a luce,e delle cofe antiche fe ne fono fat-
te > '

dalia meicolanza di diuerie pietre congela^ miiemc,, efattotuct'vna dal tempo,
e dalla crudezza dell'acque. E di quefta l^rte fe ne crouacop!oiamentein;diuetfi·
Xhuefi.mfih luoghi, come ne'monti di Verona, in quélh di Carrara, & in quei di Prato in To-
feam, e ne'monti deillmprunetta nel/ontado di Firenze. Ma i più belli, & i mi-

Meht eofe in gl'O" ^ fono irouati, non hi i^oito,p;'San Guifto a.Monterantoli, lontano da Fio^
mrtn^js. renza cinque miglia.. E di
queftì· ^e n'ha fatto ft Sig. Duca Cofimo ornare tutte
le ftanze niioue del palazzo in po/te,e camini,che fono nuiciti molto belh^E per
lo giardino de'Pitci
i'e ne fono ael meiieiuno luogo canate colonne di braccia ίet-
esii jfreBrfi;^*, tebelliffime. Et io refto raarauigU^ ' che in quefta pietra fi fia trou.:ta.tanta_^
faldezza. Quefta pietra,.perche tiene d'alheteie piglia belliiFimo pulimento, e
trae in cobre di paonazzo roffignoj raacchiaro di neue bianche,-e gialli
di-Gre' le più fini ioho nella Grecia nell'Egitto,; doae fon molto più duri ,-che i noftri
àa^t Eiit' Italiani ve di quella ragion di pietra fe ne troua di tanti colori, quanto la natura
iiWgiiflfft. lor madre s'è di continuo dilettata, e diletta di condurre a perfettione.. Di quefti
Mifftifi ieU' sì fetti mifchi fe ne
véggono in Roma ne'tempi noftri opere antiche, e moderne,
come colonne > vafi >ionrane ,,ornanieBti di porte, e dmerfe iocroftature per gli

edi-

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aRCHITETTVRA. 13

tali pietre fono tutte di fpetie più dura, e più bella di colore,^ e più fine, come ne Due celeme
fanno fede hoggi due colonne di braccia dodici di altezza nella entrata di S. Pie- β S. piem^
tro di Roma ,1e quali reggono le prime nauate, & vna n'è da vna banda, l'altra Rema.
dall'altra. Di quefta iorte quella ch'è ne'monti di Verona > è molto più tenera,
che l'orientale infinitaraente,e ne cauano in quello luogo d'vna forte,ch'è roffic-
cia, e tira in color ceciato,e quelle forti fi lauorano tutte bene aggiorni noilri con
HttellodiVe*
le tempere, e co'ferri, si come le pietre noilrali, e ie ne fà, e fineilre , e colonne^ « /««

e fontane, e pauimenti, e ilipidi per le porte, e cornici, come ne rende teilimo-
nianza la Lombardia, anzi tutta la Italia.

Trouafi vn'altra forte di pietra duriilìm'a molto piùruuida,e picchiata di neri, oymm^
ebianchi,,e talvolta
ditoìTì; daltiglio, e dalla grana di quella, comune raenceL__;» Oomnafc»,
detta Granito. Delia quale fi troua nello Egitto laidezze grandiiTime, e da ca-
uarne altezze incredibili,come hoggi fi vigono in Roma negli Obeìifchi, Agu Grmde^»,
glie, Piramidi, Colonne,in que'grandiiTimi vali de'bagni> cne habbiamo a San
Pietro in Vincola, & a San Saluatore del Lauro, & a San Marco, & in colonne
opere i» Re;
quafi.iniìnite, che per la durezza, e faldezza loro non hanno temuto fuoco, ne ι»λ.
ferro. Et il tempo lilello, che tutte le cofe caccia a terra, non folamente non le -DurelZa.
ha
didructe, ma ne pur cangiato loro il colore. E per quella cagione gli Egitcij

. .0-----e....--...V. V,. ragione bigio, il quale trae più

m verdiccio, 1 αςπ, j pii;cliiati bianchi; molto duro certamente, ma non sì, che fie.
inoltri icarpellini per fabbricaci S.Pietro non habbiano dellefpoglie,che han-
no trouato, mefle m opera fatto
si:,che con le tempere defevri,che ci fono al pre-
iente vliannox^dottoje col nne e l'altre cofe a quella fottigliezza
c'hanno vo- ìb/m^
luto re datogli be'hiitmo pulimento come al porfido., Di quefto granito bigio c U^ Ad btgioi
dotata la Ir aliajnmoire parti, ma le maggiori faldezze, chefi trouino, fono nel!' «
ifola dell'Elba , douei Romani tennero di continuo huomini a cauare infinito
numero di quefta pietra. E dì quella iorte ne fono parte le colonne del portico Grmie^*^
della Ritonda, le quali fon molto belle, e di grandezza flraordinariaj&vedefi,
che nella caua , quando fi taglia c più tenero aliai, che quando è ilato canato, e sUt^tta»
che vi fi lauora con oiù facilità. Vero è che bifogna per la maggior parte lauorar-

lo con mai-telline, che habbiano la punta, come quelledel porfido, enelle gradi- ^ · p.
ne vna dentatura raghente dall'altro lato .
D'vn pezzo della qual forte pietriL·^, "^ζ'
Che eia itaccato dal mafie, n'hà cauato il
Duca Cofiino vna Tazza tonda di kr- pamgone.
So ηίίΐϊίP®"·· verfo,& vna Tauola della medefima lunghez-
fuoJSiii^rl^^^n^''"'^^ GauafidelmedefimoEgitto,:edialcuni mu» mic^

fto ioni ner^. Τ àcitz Paragone,la.quale hà que- f Lì

^^nTltr^^ ficonorceil

rn.ri Ji arlf f ^^tto Paragone. Di quefta è vnVi- ^l^r^f^^

non e geiitae : che ne fecero gU antichi alcune di quelle fphingi altri animali, ^^^

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ζ Β DELLA

come in Roma in diuerfi luoghi fi vede, e di maggior iaìdezza vna figura in Pa-
lone d'vno Hermafrodico accompagnata da vn'aitra (latua di porfido belliffima.
La qual pietra è dura a incagliarfi, ma è bella ftraordinariamence > e piglia vn 'u-
Dout mfca. Hiro mirabile. Di quefta medefima iorts fe ne troua ancora in Toicana ne'mon-
tidiPracoj vicino a Fiorenza a x. miglia, e così ne'monci di Carrara > della quale
alle fepolture moderne fe ne veggono moke caiTe, e dipofiti per gli morti, come
nel Carmine di Fiorenza alla capella maggiore, doue è la fepoitura di Pietro So-
derini (fe bene non vi è dentro) di quefta pietra: & ν η padiglione fimilmente di
paragon di Prato tanto ben lauorato, e così iu[lrante> che pare vn Rafo di fera »
e
non vn fallo intagliato, e lauorato. Co'sì ancora nella incroftatura di fuori del
tempio di Santa Maria del Fiore di Fiorenza, per tutto Io edificio è vna altra for-
tedi maniio neroj e marmo roiTo, che tutto fi lauora in vn medeiimo modo. Ca-
uafi alcuna forte di marmi in Grecia, e in tutte le parti d'Oriente, che ion bian-
chi, e gialleggiano, e trafpaiono molto,
i quali erano adoperati da gli antichi per
bagnile per llufie, e per tutti que'laogbi, doue il vento porcile offèndere gli ha-
bitaton, δζ hoggi ie ne veggono ancora alcune fineftre nella tribuna di S.Minia-
toa monte, luogo de'monaci di Monte Oliueto in sù le porte di Firenze, ch^
rendono chiarezza, e non vento . E
Con quefta inuentione riparauano al freddo,
efaceuanolume alle habitationiloro. In queile caue medeilmecauauanoaltri
iaRomf fenza vene,ma del medefimo colore,del quale eglino faceuanole più no-

bili ftatue. Quefti marmi di tiglio, e di grana erano finiffiini, e fe ne feruiuano
ancora tutti coloio, che intagliauano capitelli, ornamenti,& altre cofe di marmo
per TArchltettUra > e vi eran laidezze
grandiffime di pezzi ; come appare ne^i-
ganci di Montecauallo di Roma, e dei Nilo di Beluedere,& in tutte le
più degne,
e celebrate ftatue. E fi conoicono efier Greche, oltra il marmo, alla maniera del-
le tefte, & alla acconciatura del capo,& a i nafi delle figure, i quah non fono dall'
appiccatura delle ciglia al quanto quadri fino alle nare del naio. E quefto
fi la-
Cmi βίααο» uoraco
'fecn ordinanj, e così trapani, e ie gli dà il iuftro con là pomice,e col gef-
««9. io di Tripoli col cuoio, e llrufFoh di paglia.

Marmi di Sono nelle montagne di Carrara, nella Carfagniana vicino a'monti di Luni,
Correre /«« j, man-ni, come marmi neri, & alcuni che traggono in bigio, ik altri

che fono mifchiati di roflo,&: alcuni alcri,che ion con vene bigie,che for.o crofia
(opra a'marmi
bianchi; perche non fon purgati,anzi oiiefi daftempo,dal! acqua,
edalla terra piglian quel Colore.
Cauanfi ancora altre fpetie di marmi j che ion
chiamati Cipollini, e Saligni, e
Cainpan! ni, e mifchiati, e per io più vna forte di
marmi bianchiffirai, e lattati, che fono gentili, ^ in tutta perfettione per far le

DtttSrfiik.
Bianche^^a.

figure» E vi s'è trouato da cauare faidezze grandiifime, e fe n'è canato ancora a'
giorni noftri pezzi di noue braccia pei" (a·^ giganti, e d'vn medefimo iaiTo, anco-

opere ^^ fonocauati a'tempi noilrrdue, l vno fù U Dauid, che fece Michelagnolo

" Buonaroti, il quale è alla porta del palazzo dei Duca d. Fiorenza, e l'altro l'Erco-
le, e Cacco,
che di mano del Bandinello, fono all' altro lato delia medefima por-
ta. Vn'altro pezzo ne fùcanato pochi anni fono di braccia noue, perche il detto
Λ . j . Baccio Bandinello ne facede vn I^ettuno, per la fonte che
il Duca fare in piaz-
w/Ww- ^^ · ^^ eflendo morto il
Bandinello è ftato dato poi all'Amman nato Scultor^_^
^ Ecceliente perche ne faccia fimilinente vn Nettuno. Ma di tutti quefti marmi
quelli dellacafua detta del
PoUiaccio, che è nel medeiimo luogo, fono con man-
Di SerraueZ* ^^ macchie, e merigli, e fenza que'nodi, e noccioli,che il più delle volte fogliono
a*. cJÌer nella grandezza dc'macmi» e recar non picciola difficoltà
a chi gli lauora, e

brut-

gimlitÀ.

Ol>er« Fi

Marini
/parenti
fimflrc.

te/i-

Marmi ^ian^
chifini.
Opere
iaRomxt

-ocr page 29-

architìttvra.

bruttezza nell'opere, finiti che Tono le ftatvie. Si fono arcora delle caue di Serra-
uezza in quel di Pietrafantahamire colonne della medelìirja altezzajCoir.e fi può
vedere vna di molte, che haueuano a ellere nella facciara di S. Lorenzo di Firen-
ze , quale è boggi abbozzata fuor della porrà di detta Chiefa , dcue Faltre fono
parte alla caua rimafe, e parte alla marina. Ma romando alle caue di Pietra San-
ta dico , che in quelle s'eilercirarono tutti gli antichi, & altri marmi, che quefti
non adoperarono per fare
que'maeftn,che furon sì eccellenti, le loro ftatue ; ei-
fercitaiidofi di
continuo, menrre fi cauauono le lor pietre per farle loro ftatue, in
fare ne' Taffi medefimi delle caue bozze di figure : come ancora hoggi ie ne veg-
gono le veftigia di molte in quel luogo. Di quefta forte adunque cauano hoggi
Ϊ moderni le oro ftatue, e non fole per il feruitio della Italia ; ma fe ne manda in
Francia, in Inghilterra, in Hifpagna, & in Portogallo ; come appare hoggi perla
fepoltura fatta
in Napoli da Giouan da Nola Scultore Eccellente a Don Pietro di
Toledo Viceré di quel regno ; che tutti i marmi gli furon donati, econdotti
Napoli dal Signor buca COSIMO de'Medic i. Quefta forte di marmi hàinfe
faldezze maggiori, e più paftofe , e morbide a lauoi-arlaj e fe le dà belliilìmo pu-
liment o, più
ch'ad alt ra fort e di marmo. Vero è ; che fi viene tal volta a fcontrarfi
in alcune vene domandate da gii Scultori fni£r;gli,i quali fogliono rompere i fer-
ri. Qaefti marmi fi abbozzano con vna forte di ferri chiamati fubbie, che hanno
la punta a guifa di pali a fiìccie, e più groiTì, e fottili, e di poi feguitano con fcar-
pelli detti calcagniuoli ; i quali nel mezo del taglio hanno vna taCca > e cosi con.»
più fottili di mano in mano, che hahbiano più tacche, e gl'intaccano quando fo-
no arruotati con vn'altro {carpello. E quefta forte di ferri chiamano
grandine,
perche con efle vanno gradinando, e riducendo a ifine le lor figure ; doiie poi con
lime difei-io diritte, e rotte vanno leuando le gradine , che fon reftate nel mai®
mo: e così poi con kpomice arrotando a poco a poco gli fanno la pelle chevo^
gliono, e tutti gli ftrafori,
che fanno, per non intronare il marmo gli fanno con
trapani di minore, e di maggior grandezza,e di pefo di dodici libre l'vno, e qual-
che volta ventij ch^ di
quefti ne hanno di più fòrti, per far maggiorile itìinori bu-
che 5 e gh Lcruon queili per e ogni forte di iauoro, e condurlo a perfettionc.
De'mra-mi bianchi venati di bigio gh Scalron,e gli Architetti ne fanno ornamen-
ti per porre, e colonne per diuerfe cafe: feruonfene per pauimenti,e per incrofla-
tura nelle lor fabbriche, e gli adoperano a diuerfe forti di cofe ;
fimilmente fanno
di tutti i marraimifchiati. I marmi Cipollini fono vn'altra fpetie di grana ,€ Co-
lore differente , e di quefta forte n'è ancora akroue , che a Carrara : e quefli il più
pendono in verdiccio: e fon pieni di vene, che feruono per diuerfecofe,e non per
figure. Quelli che gli Scultori cliiamano Saligni,che tengono di congeìation<_;.
di pietra , per
eiierui queluftri ch'apparifcono nel fale , e traipaiono alquanto ; è
farica ailai a farne le figure : perche hanno la grana della pietra luuida » e groITa:
^'^^rÌ ·^ humidi gocciano acqua discontinuo, ouero fudano. Creili,

che il dimandano Campanini, fon quella forre di marmi ^ che fuonano quando fi CaBjpmm^
iauorano;& hanno vn cerco fuono più acuto degli altri,quefti fon duri,e fi fchian- '
tano pm taalmente, che l'altre forti
fudette, e fi cauano a Pietrafanta. A Serra-
uezza ancora
m più W^i, ^ ^ Campigha fi cauano alcuni marmi, che fono per
la maj,j,:or parte boniffim, per lauoro di quadro , e ragioneuoli ancora
alcuna^
volta per^tatue, & m quel di ρ,Γ^, ,,,onte a S.Giuliano, fi caua fimilmente vna
forte di marmo bianco, cher.ened^alberefe , e di quefti è incroftato difuoriil
Duomo, & Il campolanto
di Pifa, okre a moki altri ornamenti,che fi veggono in

qUil-

Marni di
tittrtffmtat

^dopttMi
à tigli mmh'h

Ζ)Λ fticd^mif,
e per tftf 10»

Gra»deZXA,
^til'ments.

nnOi

M^rmi&im-
chi venati φ
iigio.
CipiUim

Saligm;

m

-ocr page 30-

DELLA

quella Città fatti dal medefirao. E perche già fi coticiuceiiano i detti marmi dei
monte a S.Gialiano in Fifa con qualche incommodo, e ipefa : Hoggi hauendo il
Duca Colano, cosi per fanare il paefe,corae per ageuoIai:e il códurre i detti tnar-
mi, & altre pietre, che fi cauano di que'monti, meilo in canale diritto il fium^^
d'Ofoli, &altre molte acque, che forgeano in que'piani con danno del paefe j fi
potranno ageuolmente per lo detto canale condurre i marmi, c lauorati > ο iii^
ahro modo con piccioliffima fpefa, ε con grandiffimo vtile di v-jiieìla Città, che
è poco meno., che tornato nella priilina grandezza, mercè dei derto Sig. Duca
Cofimo, che non hà cura > che maggiormente lo prema ^che d'aggrandire, e ri-
far quella Città, ch'era affai mal condotta innanzi, chenefuile fua Eccellenza
Signore_i.

Cauafi vn'altra forte di pietra chiamata Treuertino, il qua/e ferue molto pei:
edificarcj e fare ancora intagli di diuecfe
ragioni > che per Italia in moki luoghi fe
ne và cauando> come in quei di
Lucca, & a Piià, δί in quel di Siena da diuerfe_jj
bande, ma le
maggiori faldezze,e le migliori pietre, cioè quelle che ion più gen-
tili, fi
cauano in fui fiume del Teuerone a Tiuo! i, ch'è tutta ipetie di congelatio-
ne d'acque ? e di terra, che per la crudezza, e freddezza Tua non folo congela, e
petrificà la terra, ma i ceppi, i rami, e le fronde de gli alberi. E per l'acqua, che
'timan dentro, non fi potendo finire di aiciugare, quando elle ion fotto i'acqua,vt
rimangono i pori della pietra canati, che pare fpagnoia, e buccherarìccia egual-
mente di dentro, e di fuori. Gii antichi di q uefra forre pietra feceto le più mira-
bili fabbriche, & edifici che facefiero, come (ono i CuUfei, e l'Erario da San Co-
fmo, e Damiano,e molti altri edifìci,e ne meireuano ne'fondamenci delle lor
fab-
briche infinito numero, e
lauorandoli non furon molto curiofi di farlifinire, ma
feneferuiuanorufticamente. E queftofotfe iaceuano perche hanno infevna
celta grandezza, e fuperbia. Ma ne
'g orni nofin s'è trouato chi gli lià kiiorati
fottiliffimamente, come fi vide già in quel tempio tondo , che cominciarono, e
non finitono faluo che tutto il baiamento, in
iulla piazza di San Luigi i Francefi
in Roma,il quale fii condotto da vn
Fraiicefe chiamaco Maeftip Gian; che iludiò
l'arte dell intaglio in Roma,
e diuenne lanro raro , cne fece il principio di quefta
opera; la
quale poteua ftare al paragone di quante cofe eccellenti antiche , e mo-
derne,che fi fian vifte d'mraglio di tal pietra,per hauer ilrafbrato sfere di aftrolo-
■g'δί alcune Salamandre nel faoco imprefe rcaii, & in altre , libri aperti con le
carte
lauorati con diligenza, trofei, e mafchcre, le quali rendono, doue fono ce-
ftimonio della eccellenza, e bonrà da poter lauoraril quella pietra fimile al mar-
mo,
ancorché fiaruftica. E reca in fe vna grafia per tutto, vedendo quella fpii-
gnofità de'buchi vnitamente, che fà bel vedere ; il qua! pnncipio di tempio, ef-
fendo imperfetto fù ìeuato dalla Natione
Franccie, e le dette pietre,& altri lauo-
ri di quello, porti nella facciata della Chieia di S.Luigi ; e parte in
alcune capeile,
doue ftanno molto bene accomodate, e riefcono belliflìmi. Qiieda forte di pie-
tra è buoniffima per le muraglie hauendo lotto fquadratola, ο fcorniciara; perche
fi può incroftare di ftucco,
coprendola con eilb, Se intagliarui ciò ch'altri vuole;
come fecero gli antidii
nell'entrate publiche del Culifeo, &: in molti altri luoghi:
e come
fatto a'giorni noftri Antonio da San Gallo nella fala dei Palazzo dei
Pap.'' dinanzi alla capella, doue hà incroilato di treuertini con fiucco, con vari in-
tagli eccellentiifimamente. Ma più d'ogni altro Maeflro hà nobilitata quella pie-
tra Michelagnolo Buonaroti nell'ornamento del cortile di cafa Farneie,hauendo-
ui con marauigliofo giudicio fatto d'eiia pietra far fineftre, Mafchere, Menfole, e

tante

TrtnmìHo»
Deue, e come

Qpere mti^
the fatte di

Opere modsr^

ne,

Maefiro Gian

Trctmefe , β
ftit opere in

Ottlm» per
muraglie in-
croflata di
fimco.

Se ne fermrtm
m gli Antì'
ehi , Antonio
da Sm Gal·
lo.

Miehel An*
gelo ιβ dotte.

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AKCHITETTVRA. 17

tante atre fimili bizzarie, lauorate tutte come fi fa il raaimo ,'che non fi può ve-
der alcuno alerò fimile ornamento più bello: E ie quelle coie fon rarej é ftiipen·-
diifimo il corniccione maggiore del medeiimo palazzo nella facciata dinanzi»
non fi potendo alcuna cofa ne piti bella> ne più Magnifica defidcrare. Della me-
defima pietra hà fatto rmiilmcnce Michelagnolo nei di fuori della fabbrica di
S.Pietro, certi tabernacoli grandi, e dentro
la cornice, che gira incorno alla tri-
buna, con tanta pulitezza, che non fi fcorgendo in alcun luogo le commettiture
puòconofcer ogni vnoageiiolmente quanto poiTxamo feruirci di quefta pietra.
proÌM di vìià
Ma quello, che trapaiia ogni marauiglia c, ciie hauendo fatto di quella pietra la tribun* diS^
volta d'vna delle tre tribune del medefimoS. Pietro fono corai-neiTn pezzi di Pietro ^ar»,,
maniera, che non folo viene collegata benjffimo la fabbrica» con varie forti di
commettiture, ma pare a vederla da terra tutta^lauorata dVa pezzo. Ecci vn'id-
tra forte di pietre , che tendono al nero ; e non fernono a gh Architettori Ce non
a laftricare tetti. Q.uefte fono ladri fottdi, prodotte a Cuoio a fuolo dal tcinpo, e
dalla natura, per icruitio deg i haomini, che ne fanno ancora pile, raurando'e
talmente inHeme, che elle commettino l'vna nell'a tra, e le empiono d'olio fe-
condo la capacità de'corpi
di quelle, e ficuriiri-namente ve Io conleruano. Na-
icono quefte nella rimerà
d Genoua, in vn luogo dstto Lauagna, e fe ne cauano za^rg 4i
pezzi lunghi X.Ì braccia» òriPittorjfe ne (eruonoalauoraruisùlePjttureaolio; nf^m,
perche elle vi fi conleruano su molto più lungamente, che nelle altre cofe, co-
me al fuo luogo fi ragionerà ne' capìtoli della Pittura. Auuiene quefto medefi-
mo della pietra de! ta Piperno, da molti detta Prepengno pietra nericcia, e fpu- piperò , §
gnofa come il treuertino, la quale fi caua per la campagna di Roma; e fe ne fin- trtpmgi>L
no Itipiri di fineftre, e pot;:e in dmerfi luoghij come a Napoli, & in Roma: e fec-

eìia ancoia a'Pittoria lauorarui sù a olio, come il fuo luogo racconteremo ; è Sho vfo^
qucibpieci-afaldiffii na,6ihàanzideìrarficciochenò. Cauafi ancora in Iftria
vna pietra bianca liuida, la quale molto ageuolmente fi fchtanta } e di quella fo- VUtrit
pra di ogni altra fi feriie non folamente la Città di Venetia, ma tutta la Roma-
itria.
gna, ancora facendone tutti i loro lauori., e di quadrò , e d'intaglio . E con force S vfo*
di ftromenti, e feri··, pj^ lunghi che gli altri, la vanno lauorando ; maiTimamen- ComefiUtU'^
te con certe martelline andando fecondo la falda della pietra,per ellere ella mei- ' ..

Eo frangibile. E .a quefta force pietra ne hà meflo in opera vna gran copia M.Ia- Γ^η. *
copo
Sanfoumo, il quale hà tatto in Venetia Io edificio Dorico della Panarretia> Jf^
δί il Tofcano alla Zecca m iulla piazza
di San Marco . E così tutti i lor lauori
vanno facendo per quella Città , e porte, fineilre, cappelle, & altri ornamenti,
che lor vien comodo di fare, non ortante , che
da Verona per Io fiumedeU'Adi-
gehabbiano comodità di condliru i Mifchi, & altra forte
di p.etre ; delle quali

m fe»e·

Sere»

accompagnate con eìia belhlTs no ornamento. C^^i?' ta pierr.
come la pietra da calcina de'no Iri paefi, e co ne fi è iet to ageuoliTieni e fi fchian-
ta- Recaci la pietra Serena, e la bigia detta Macig-io , e la pietra Forre , che_j> Pi^^f^
moicos vfaperifa|ia;douefonmoati, emafTimaii)e!!teinTo!cana; ^ei lop η
ΐηίΊ^εηζα,εη^ΐαίο dominio. Quella ch'eghno Jì:ainano i ierra Serena; è "^"'f·
quella forte che trae ia azzurralo, ouero t nra di b:<ì:o ; Jelb guaie -'e ad Arez··
zocauem pili luoghi
a Cortona, a Volterra, e per i urti giiApp..v.ì!:i, e n·/ Qperefatudi

raontidiFieiole ebelIiffiTOa,pere(TerienecdiuiQ fddezze grandiif ^:- l, p c-
tre, come veggiaraomtuttigUeciifici, che fono in Firenze in r· daFilii>i>> Η S. c

c ' E.U'

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D ELLA

Brijntaefccjilquale fece cauare cutie ic pietre di S. Lorenzose ci! Santo Spirito»
5c altre infinite, che iono in ogni ediiicio pei" quella Città. Queièa iuut di pie-
tra è belliiTìnu a vedeie» ma doue iia huinidicà) e vi pioua sù,o habbia ghiaccia-
ti adoilo, fi logovaj
e fi sfaldaj ina ai coperto ella dura in infinito. Ma molto piìì
durabile di quella > e di più bel colore, è vna forte di pietra azzurrina ; che fi di-
man-^a hoggi k pietra del Fodato: la quale quando fi caua il primo filare^è ^hia-
iofo j e groilo ; il fecondo mena nodi, e feilurei il terzo è mirabile, perche è più
fino. Della qual Pietra Michelagnolo
s'è feruito nella libreria, e Sagreftia di San
Lorenzo, per Papa Clemente, per eiièr gentile di grana » Se hà fatto condurre le
cornici, le colonne, & ogni lauoro,con tanta diligenza, che d'argento non refte-
rebbe sì bella. E quella piglia vn pulimento be liflìmo, e non Ti può defiderare
in quello genere cola migliore. E.perciò fù già in Fiorenza ordinato per legge,
che di quella pietra non
ti poteile adoperare fe non in fare edifici publici, ò con
licenza di chi gouernaile.
Della medefima n'hà fatto aliai mettere in opera il
Duca Cofimo, così nelle colonne, ornamenti della loggia di mercato nuouo,
come nell'opera dell'vdienza, comaiciata nella fala grande del palazzo dal Ban-
dinello, e nell'altra, che a quella dirinipetto,ma gran quantità più che in alcuno
altro luogo fia ftat® fatto giamai, n'hà fatto mettere Sua Eccellenza nella flrada
de'Magifti-a"» che fà condurre col difegno, 5c ordine di Giorgio Vafari Aretino.
Vuole quella forte di pietra il medefimo tempo a efler lauoratasche il marmo,&
è tanto dura.,che ella regge all'acquaie f, difende ailai dall'altre ingiurie del tem-
po. Fuorn'èvn'aItraipetie,ch'è detta pietra Serena, per tutto il monte ;ch'è

fietfA del
fojfato.

Sue qualità,

Optre fatte di
'hi

Cme/iim-
fi»

ÀUfM pijstm
serena^

Sue qualttk,

pietra forte.
Sue qmlith.
Open»

««111·· J ^/n A r\éit ^iH'rt Λ ί.1 ΛΪΛ f·^ *Λ^/-\ · Λ /-il Inerii

Oìm*
Optrt*

ti intaguaci. t di queita n e la LOUitia ngura ai man ai iJonatcuo m su la tuiun-
na di Mercato vecchio in Fiorenza, così molte altre ftarue fatte da perfone ec-
cellenti non folo in quella Città, ma per il Dominio. Cauaii pei- duierfi luoghi
la pietra Forte, la qual regge all'acqua, al Sole, al ghiaccio, & g ogni tormento,
òc vuol tempo a lauorarla, ma fi conduce molto bene '■> e non ve ne fono moke
gran faldezze. Della qual è fatto, e per i Gotth i, e per i moderni i più belli edi-
fici, che fiano per la Tofcana, come fi può vedere in Fiorenza nel ripieno de'due
' àrchijche fanno le più principali dell'oratorio d'Oi San Michele,! quali fono ve-
ramente coie mirabili, e con molta diligenza lauorate. Di quella medefima pie-
tra fono fimilmente per la Città, come s'è detto, moke ftatue, & armi, come in-
torno alla Fortezza, & in altri luoghi Π può vedere.
Quella hà il colore alquan-
to gialliccio, con alcune vene di bianco fottilifiìme, che le danno grandiffima_^
gratia: e così n'è vfato fare qualche (tatua ancora, aone habbiano a eflere fonta-
ne , perche reggano all' acqua. E di quella forte pietra έ murato il palaggio de'
Signori, la ioggia,Or San Michela & il di dentro di tutto il corpo di S.Maria del
Fiore, e così tutti i ponti di quella Città, il palazzo de' Pitti, quello degli Stroz-
, zi. Quefta vuole eilèr lauorata con le martelline, perch'è più foda, e così l'altre
pietre fudette vogliono eiler lauorate nel medefimo modo,che s'è detto del mar-
mo, e dell'altre forti di pietre. Imperò non ollante le buone pietre, e le tempe-
re de' ferri, è di neceiTità l'arte, intelligenza, e giudicio di coloro, che le lauo-
rano- perch'è grandiffima dilierenza ne gU artefici, tenendo vna mifura medefi-
ma da mano a mano, in dar gratia, e bellezza all'opere che fi lauorano. E que-
llo
difcernere, e conofcere la perfettione dei fare da quelli, che fanno, a quei
che manco fanno»
Per confiftere adunque tutto i\ buono » e la bellezza delle co-

-ocr page 33-

architettvra:

ie eftremamente Iodate negli eftierai della perfettione,che fi cJàalIetofejchc ca-
li fon tenute da coloro, che incendono : bifogna con ogni induftria ingegnarfi
iempre di àde perfette, e beliej anzi belliffime, e perfettiifime, ^

Che cofafìa il lamro dì quadro femplke,& il lauoro dì quadra
intagliato' Cap. //■.

HAuenio noi ragionato così in genere di tutte le pietre » che ο per ornà- Lauore éè
menti, ο per iTcolture, feruono a gli artefici noftri ne'ioro bifogni: dica- c^e

ino iiora, che quando eile fi lauorano per la fabbrica ; tutto quello doue fi ado- /''*·
pera la fquadra, e le iefte, e che hà canton , fi chiama
lauoro di quadro. E que- .
ilo cognome deriaa dalle faccie, e da gli fp.'goli. che fon quadri, perche ogiu or-
dine
di cornici, ο che fia diritta, onero nfalrata, & habbia cantonate è opera_^»
che hà il nome>di fquadro, e però volgarmente fi dice fra gii artefici lauoro di
quadro. Ma s'ella non refta così pulita, ma fi intagli in fai cornici, fregi, foglia-
ne, huouoli, fuiaruoli, dentelli, gufcie', & altre iorte d'intagl:, in que'membri,
che ioho eletti a incagliarfi da chi gli fà, ella fi chiama opra di quadro intagliatSj
ouero lauoro d'inragiio. Di
quefia forre opra di quadro, e d'intaglio fi fanno tut- LAum
te leibrri ordini Ruilico, Dorico, Ionico,Corinto, e Comporto, e così fé ne fece
al tempo de'Gotihi il lauoro Tedefco , e non fi può lauorare nefluna iorte d'or-»
namenci, che prima non fi lauori di quadro, e poi d'intaglio, così pietre mifchies
e marmi, e d'ogni iorte pietra, così come ancora di mattoni,per hauerui a uicrò-
ftar sii opra di itucco intagliata. S-unilmente di legno di noce,e d'albero, e d'ogni
forre legno. Ma perche moki non fanno conofcere le differenze, che fono
ordine a ordine; ragioneremo difiincamente nel capitolo che fegue > di ciafcuna
maniera, ο modo più breuemente, che noi potremo.

De'cinque ordini d\ArcìntettnYa Ruflico, Dorico> lonicoi Corinto, Compofto,
& lellauoroTkefco* Cap. III.

IL lauoro chiamato Rullico è più nano, e di più groffezza, che tutti gli altri Ordine Ks«
ordini, per eilere il principio, e fondamento di tutti, e il fà nelle modanatu-
le delle cornici più femplici, e per conieguenza più
bello, così ne'capitelli, e ba-
ie, come in ogni iuo membro. 1 fuoi faoccoli, ο piediftaUi, che gli vogliam chia-
inare, doue pofan® le colonne, fono quadri di proportione, con l'hauere da ρ e
la fua fafcia feda,e cosi vn'akra di fopra,che lo ricinga m cambio di cornice. L'al-
tezza della iua cobnna fifa di fei tefte , a imitatione
ώ perfone nane, & atte a^ coÌome.
■regger pefo; e di quefta forte fe ne vede in Tofcana moke loggie pulite, & alla
l'uftica con bozze, e nicchie fra le colonne, e fenza, e così molti portichì, che gli
cokumarono
gì· antichi nelle lor ville, & in campagna fe ne vede ancora moke oft^re rufli'
iepolture,comeaTigoli,&aPozzuolo. Seruironii di quefto ordine gli antichi
pei porte. hneilre, ponti, acquidotti, errarij caftelli, torri, e rocche da confer-
uariimunitione, & art
,gUeria, e porti di man, prigioni, efort

: fortezze, doue fifa

cantonate a punte di diamanti, & Ìpmfaccie belliffime. E quefte fi fanno (par-
tire m v.iri modi, cioè, ο bozze piane, per non fare con efie (caia alle muraglie,
perche ageiiolmente fi falirebbe, quando le bozze haueflono,come diciamo noi

c X trop-»

-ocr page 34-

ζ Β DELLA

troppo aggetro j ο iη altre maniere, come fi vede in moki laoghi, e maffima<^
mente in Fiorenza nelìa facciata dinanzi, e principale della cittadella maggiore»
che AlelTandro primo Duea di Fiorenza fece fare : la quale per rifpetto de Γ im-
prefa dc'Medicij è fatta a ponte di diamante, e di palle fchiacciate, e Γνηα,β l'al-
tra di poco rilieuo. Il qual compofto rutto di palle, e di diamanti vno allato all'
altro, è molto ricco» e vario, e fà belliffimo vèdere. E di quefta opera n'è molto
per le ville de'^iorentini, portoni » entrate y e caie, e palazzi doue e'villeggianoi
che non folo éecano bellezza, & ornamento infinito a quel contado, ma vtiiità,e
commodo grandiffimo a
i cittadini., Ma molto più è dotata !a Crrcà di fabbriche
ftupendiffime fatte di bozze, come quella di caia Medici, la facciata del palazzo
«JeTitti»,
quello degli Strozzi, & altri infiniti. Queffca forre di edifici tanto quan-
to
più fodij e femplici fi fanno,,e con buon difegno, tanto più maeftna, e bellez-
za
vi fi. conofce dentro ; & è neceiTario, che quefta forte di fabbrica ila più eter-
na ; e durabile di tutte l'altre »auuenga che fono ί pezzi delle pietre maggiori, e
molro migliori le commettiture, doue fi
coilegando tutta .la fabbrica con vna

E iettache lega l'altra pietra. E perche elle ion polire, e fode di membri, ησα
anno poflanza i cafi difortuna.' «^del tèmpo,nuocergli tanto rigidamente^quan-
to fanno alle
alttepietre intagliate, e traforate ,,o come dicono-i noftri,campare
in aria dalia diligenza deghntagliatori.

Òrdm DM' D'ordine Dorico fu il jpiù mafficcio c'haueilei'i Greci, e più robnifo difortez-
za, e di corpo, e molto più degli altri loro ordini coilegato iniieme, e non fo!o i
Greci 5 mai Romani ancora dedicarono quefta forte di edifìci a quelle perfone,
che erano armigeri; come Imperatori d'eferciti, Confoli, Prer.ori;ma a gli Dei lo-
ro molto maggiormente; come a Gioue, Marce, Hercoie, & altri, hauendo iem-
pre auuertenza di diilinguere, fecondo il lor genere, la dirlerenza della fabbrica,
ο pufiia, ο intagliata,:0 più ferapIice,opiù ricca; accioche iì poteffecooofcer?^
dagli altri il grado, e la differenza fi-a glimperatori, ο di chi faceuafàbbricare . E
per ciò fi vede all'opere, che fecciono gli antichi ciTsrs fiata vfara moka arte, ne"

CerHÌel Dm

cora, che la

componimenti delle loro fabbriche, e che le modanature delle cornici doriche
> hanno moka gratia, e ne'membri vnione s e bell^^z^a grandiiTìma . E vedefì an-
proportione ne
'fufi delle colonne di queria ragione,è molro ben in-
luelle^cbe non eilendo ne gtoiie grolle, ne fotrili ibttili, hanno for-

ththimgrH^^ .

Ù0. "telai come quel . ^ v

Jt# Colonne ma fommiglianre, come fi dice alla perfona d'Hercole, moilrando vna certa fo-
f$no ke» fr<h dezza molto atta a regger'il pefo degli architraui, fregi, cornici,il nmitneiite
Rimétti, di tutto rédificiojche và iopra. E perche quello ordine , come più ficuro , e più
fermo degli altri è Tempre piacciuto molto al Sig. Duca Cofimo, eglihà voluto,
che la fabbrica ^ che mi fà far
con grandiffìmo ornamento di pietra per tredici
Magiftrati ciuili della iua Gitrà, e dominio a canto al fuo palazzo infino al
fiume
d'Arno ,-.fia di forma Dorica. Onde per ritornarein vfo il vero modo di fabbri-
care ,.il quale vuole, che gli architraui fpsanino fopra le colonne, leuando via la?
felfitàdi girare gli archi delle loggie ^P"·'^ i>'apicelli, nella facciata dinanzi, hò-
feguitato il vero modo,che vfarono gii antichi, come in quella fabbrica fi vede..
E perche quefto modo di fare è ftato da gli Architetti paflati fuggito, percioche
gli architraui di pietra, che d'ogni forti fi trouano antichi,
e moderni fi veggono

tuttir-o la maggior parte, eilere rotti nel mezo,non oftante,che fopra il fododel-
colonne,,delràrchitraue,-fregio,e cornice fiano archi di mattonipiani.che non
toccano, e non aggrauano: hò dopo molto hauere confiderato il tutto, hò final-
mente trouatovnmodo buonifllmo di mettere in vfo il vero modo di far con_as

fieli-

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architettvra, su

ficurezza degli arcbirr aui detti, che non patifcono in alcuna parte » e' rimane il
tutto falde, e ficuro quanto più non fi può defiderare, sì cernè la fperienza ne di-
msAo άϊ fme
raoilrarll modo dunque è quefto , che qui di fotto fi dirà a beneficio del mondo, gi architmu;
e de gli artefici. Mefl'e sù le colonne, e fopra i capitelli gli architraui,che fi fìrin- ptanithe mn
gono*" nel mezo del diritto della colonna l'vn l'altro fi fà vn Dado quadro > eiièm-
pigratia, fe la colonna è vn braccio grofla , e l'architraue fimilmente Iargo>& al·
toifacciafi fimile il Dado del fregio;raa dinanzi gli refti nella faccia vn'ottauo per
la commettituta a piombo, & vz/altro ortauojo più fia intaccato di dentro il Da*
do a Quartabuono da ogni banda. Partito poi nell'intercolonnio il fi-egiointré
parti ί le due dalle bande fi augnino a quartabuono in contrario, che ricrefca
di
dentro, accioche fi Aringa nel Dado, e ferri a guifa d'arco. E dinanzi la groflez-
za nell'ortauo, vada a piombo , Se il fimile faccia l'altra parte di là, all' altro Da-
do. E così fi faccia fopra la colonna, che il pezzo del mezo di detto fregio ftrm-
ga di dentro, e fia intaccato a qiiartabuona infino a mezo. L'altra raeza fia fqua-
drata, e diritta, e mefla α cadetta, perche ftringa a vfo d*arco, moilrando ώ fuori
eiìere murata diritta. Facciafi poi, che le pietre d) detto fregio non poiTino fopra
rarchitraue, e non s'accoftino vn dito : percioche facendo arco viene a reggerfi
da fe, e non caricar l'archicraue. Facciafi poi dalla parte di dentro, per ripieno di
detto fregio vn'arco piano di mattoni alto quanto il fregio, che ftnr ga fra Dado»
e Dado fopra le colonne. Facciafi di poi vn pezzo di;cornicione largo quanto il
Dado fopra le colonne, ii quale habbia le commettiture dinanzi, come il fregio»
€ di dentro fia-detta cornice, come il Dado a quartabuono, vfando diligenza, che
fi faccia, conie il fregio, la cornice d: tre pezzi, de'quali due dalle bande ftnnghi-
no di dentro a caiìetta il pezzo di mezo della cornice fopra il Dado del fregio. E
^"^••"fafi vcbe il pezzo di mezo della cornice vada per canale a caflettain
modo,
che itringa i due pezzi dalle bande, e ferri a guifa d'arco. Et in quello modo di
far può veder ciaiciino, che il fregio fi regge da ie, e così la cornice 5 la qua!?^
poia quaa tutta in fiiìi' arco ci m.Wtoni. E così aiutandofi ogni cofa daper
non viene a regger Parchitraue,altro, che il pefo di fe fteilo fenza· pericolo di
rompenigiamai per troppo pefo , E perche la fperienza ne dimofira quello mo-
do efler ficunffimo, hò 'voiuto farne particolare mentione a commodo, ebenef^"
rio vniuerfale, c rnaffimamente conofcendofi, che il mettere, come gli antichi?
fecero, il freg ο > e la cornice fopra l'arch-rraue, che egli fi rompe in ifpatio di
tempo, e forfè per accidente di terremuoto, ò d'altro, non lo defendendo a ba-
ftanza l'arco, c le fia fopra il detto cornicione. Ma girando archi fcpra le corni-
ci fatte in quefta forma, incantertandolo al folito
ώ ferri, afficura il tutto da_^
ogni pericolo, e fà eternamente durar j'edifieio. Diciamo adunque per tornar a
Ordtni-yttm·
propofito, che oueila fòrte di lauoro fi può vfare fole da fe » ancora metterlo β poogmol'i^
nel fecondo ordine da baffo fopra iì Rulbccjalz^o merterui fopra vn'altro crdi- »» fepm l'd'
ne variato , comeTonico , 0 Cormto Conìpoflo ; nella maniera che moftbro- ÙJl Com*
no glj antichi nel Culifeo d- Roma , nel quale ordinararoenre vfarono arte, J^^'
gmdicio. Perche
hauendo i Romani rrionfato non ^oic de" Greci, ma di tutto il

mondo V mifer ο l'opera Compofira in cima, per Hauerla i Toicani compoHadi
pm maniere, e k η,,ς^^^ tutte, come fuperiore di forza, grafia, e bellez-
za
,c come più apparente dell'altre, hauendoa far corona all'edificio , che per

efler ornata di be membri «eli' opra vn finimento honoraniTìmo, e da ncn^
deiiderarlo altrimenti. E per tornare al lauoro Doricodico vche la colonra.^
fi fa di lette teite d altezza i ^ ii fuo zoccolo hà da eiiere poco manco d'vn qua-

dro>

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zi D E L L A

dro, e mezo di altezzà) e larghezza vn quadro, facencToIi poi fopra le fue cornici,
Mf/nre^e^ e di fotte la fua fàfcia col baftone j e due piani > fecondo, che cracra Vitruuio : e la
Cu- *t,ydiàe baie,e capitello tanto d'altezza vna» quanto Talti-a, computando del capit Λ-

10 dal collanno in sii, la cornice fua col fregio, & architraue appiccata, nfalcando
a ogni dirittura di colonna con que' canali, che chiamano Tigrifi ordinanamen-

■ te,che vengono partiti frà vn rifaltoi e l'altro vn quadro; dentrouiiò tefte di buoi
fecche, ò trofei, ò maichere, ò targhe, ò altre fantafie. Seira l'archicraue riial·
tando con vna lifla i rifalti, e da pie fà vn pianetto fottiie, tanto quanto tiene il
Q -j . , rifalto; a pie del quale fanno (ci campanelle per ciafcuno, chiamate Goccie da gli
inRoma." ' antichi. E fe fi hà da vedere la colonna accanalata nel Dorico, vogliono eilere
Senza bàie · faccie in cambio de' canali : e non runanere irà canale, e canate airro, che ii

canto viuo. Di quefta ragione opera n'è in Roma al foro Boario, eh' è ricchilii·»

ma, e d'vn'akra forte le cornici, e gli altri membri al Teatro di M;ircelÌOjdoue_^

hoggi è la piazza Montanara, nella quale opera non fi vede bafe, e quelle, che fi
veggono fon Corince. Étè opinione, che gli antichi non le facellero, & m quel-
lo Icambio vi mettellero vn Dado tanto grande, quanto teneua la bafe. E di qud-
fto n'è il rifcontro
a Roma a cercare Tulliano, doue fon cap telh ricchi di mem-
bri piiì che gli altri, che fi fian vifti nel Dorico. Di quello ordine medefimo n'hà
fatto
Antonio da San Gallo il cortile di cafa Farnefe in campo di Fiore a Roma >

11 quale è molto ornato, e beilo; benche continuamente fi veda di quefta ma-
niera tempi) antichi,
e moderni, e così palazzi ; i quali per la iodezza, e collé-
gatione delle pietre fon durati, e mantenuti più, che non hanno tatti t utti gli al-

Ofdm hnm W edificij. L'ordine Ionico per eiier più fueko del Dorico fiì fatto da g!i antichi
chefomigli, a imitations delle perfone, che fono fà d teneroj «Scil robnfto: e di qiieito rende
rende teftimonio l'hauerlo effi adoperato, e meilò in opera ad Apolline, a Dia-
na, & a Bacco, e qualche volta a Venere. Il zoccolo, che regge la colonna lo
fanno aho vn quadro, e mezo, e largo vn quadro, e le coruìci lue di fopra, e di
fotto fecondo quello ordine. La fui colonna è alta ot ro tefie, e la fua bate è dop-

Ì)ia con due baioni ; come la defcriue Vitruuio al terzo libro, al terzo capo, & il
uo cipiteilo fia ben girato con le fue vnluce, ò cartocci, ό viticci, che ogni vii fe
gli chiami ; come fi vede ai Teatro di
Marcello in Roma fopra l'ordine Dorico :
cosi la fua cornice
adorna di menfole, e di dentelli, & ji fao fregio con vn poco di
■corpo tondo. Et volendo accanalare le colonne, vogliono ellere il numero de
■canali ventiquattro, ma fpartiti talmente, che ci reftì fra l'vn canale , e i'aliro la
quarta parte del canale, che ferua
per piano. Quello ordine in fe belliffima
Ordine Co' grafia, e leggiadria, e ίe ne coftuma molto irà gli architetti moderni. Il lauoro
Corinto piacque vniuerfalmente moUo a'Romaoi>e «e dilettarono tanto,
ch'ei
fecero di quefto ordine le più ornate, & honorate fabbriche , per lafciar memo-
Opere. ria di loro, come appare nel tem'pio di Tigoli m iul Teuetone, e le ipoglie del
tempio della Pace,
e l'arco di Po-.a, e quel del porto d'Ancona. Ma moko più è
eompartime. belio il Panteon, cioè la Rotonda di Roma; il qi-?ale è il più ricco, ς'Ι più ornato
di
titemmkri. rutti gli ordini detti di fopra. FaiTt il zoccolo, che reg-^e la colonna, di queita_j
maniera, largo vn
quadro, e due terzi, e la cornice di (opra, e di (otto a propor-
tione, fecondo Vitruuio falTì
l'altezza della colonna noue teite, con la fua ba-
iacapicello ; il quale farà d'altezza tutta la groliezza della colonna da pie:
e la fua baia farà la metà di detta groilezza, la quale vfarono gli antichi intaglia-
re in diuerfi modi, E
l'ornamento del capitello iìa facto co' faci villuccht, e
fue foglie, fecondo che fcnue Virruuio nel quarto libra ; doue iggh fà ricordo ei-

iere

coKpartimen
ti {dell' ordine
Dmce

Suoi compur
titnenti , β

membri.

Qperel

rmo

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architettvra. . 23

fere fTato tolto qucflo capitello creila fepokurad'vna fanciulla Corinta; Segui-
tiiiilii]oarchitraue> fregio, ecornice conle mifuredeicritte da lui tutte inta-
gliate con le menfole, 5c huouoli» òc altre forti d'intagli fottoil goccioktOio. Eti
fi egi di quert'opera iì poilono fare intagliati ^tutti con fogliami
j ancora farne
de' puliti 5 onero con lettere dentro j come erano quelle aiportico della Ritonda
di bronzo commeiTo nel marmo. Sono i canali nelle colonne diquefta forte a
numero ventifei, benche ve n'è di manco ancora, è la quarta parte del canale
fra , e i altro, che reila piano : come beniffimo appare in molte opere anti-
che, e moderne mifurate da quelle. _ ^ Ordine Cm:^

L'ordine Comporto, f e ben V itruuio non ne ha fatto mentione non tacendo po^,
egli conto d'altro, che dell'opera Dorica, Ionica, Corinehia , e Tofcana : tenen-
VimwtnS ne
do troppo licentiofi coloro, che pigliando di tutte quattro quelli ordini ne facef- fèmmmne*
fero corpi j che rapprefentaiiero pni tofto moftri, che huomini, per hauerlo non-
dimeno coRumaro molto i Romani, & a loro iimtarione i moderni, non manche- '
rò, accioche (e n'habbia notitia di dichiarare, e formare il corpo-di quella pro-
portione di fabbrica ancora. Credendo quefto, die (e i Greci, òc i Romani for-
marono que' primi quattro ordmi, e gli riduilero a mifura, e regola generale, che
ci poiTiano cilere ftati di quelli, che l'habbiano fin qui latro nell'ordine Compo-
fìo, componendo da se delle cofe jche apportino molto piùgratia, che non fan- ^ΜιώίΪΛνηΰίό
no le antiche. E che quefto iìa vero ne fanno fede l'opere, che Michelagnolo
le fece 6per*
Buonaroti hà fatto nella fagreftia, e libreria di S. Lorenzo di Firenze, doue maraHigìio/e
portevi Tabernacoli, le baie, le colonne, i capitelli, le cornici, le menfole in t» Tireni{et »
lomma ogni altra cofa hanno del nuouo, e del comporto da lui, e nondimeno fo-
no marauigliofe, non che belle. Il medefimo, e maggiormente, dimoftrò lo fteC·
lo Michelagnolo nel fecondo ordine del cortile di caia Farnefe, e nella cornice
ancora che regge di fuori il retto di quel palazzo. E chi vuol veder quanto in_i»
quefto modo di £u-e habbia moftrato la virtii di quello huomo, veramente venti- ,

ta dal cielo, arte, difegno, e varia maniei-a, confideri quello, che hà fatto nella_^
fabbrica di S. Pietro, nel riunire infìeme il corpo di quella machina,
e nel far tan-
te forti di vari, e ftrauaganci ornamenri, tante belle modanature di comici, tanti
diuerie taberuacoli, Se altre molte cofe tutte trouate da lui, e fatto variatamente
dail'vfo de gli antichi. Perche niano può negare, che quefto nuouo ordine com-
porto , hauendo da Michelegnolo tanta perfeccione riceuuto, non ppiTa andar al
paragone de gli altri. E di vero la bontà, e virtù di quello veramente Ecc. Scul-
tore , Pittore, & Architetto hà fatto niiracoli douunque egli hà porto mano, ol-
tre all'altre cofe, che fono manifefte, e chiare come la luce del Sole, hauendo
fici
ftorti dirizzati fàcilmente, e ridotti a perfettione moki edifici,& altre cofe di cat-
tiuiiTuna forma, ricoprendo con vaglu, e capriccioii ornamenti i diffetti dell'arte,
e della natura. Le quali cole non confideràndo con buon giudicio, e non le imi-
tando. hanno a' tempi noftri certi Architetri plebei proiontuofi, e fenza diiegno
è nominato
tatto quafi a caio, fenza feruar decoro, Arte, ò ordine neffnno, tutte le cofe loro antem lam»,
moitruoie, e peggio, che le Tedefche. Ma tornando a propofuoi di quello mo~ & ItnUc».
Godilaiiorai-e e fcorroi'vfo, che già è nominato quefto ordine da alcuni Com-
porto , da altri Latino, e per alcuni akri Italico. La mifura dell'altezza di quella
Sue mif»t$

colonna vuole eilere dieci tefte: la bafe fia per la metà della gioflezza della^ emp^nimem

colonna '^niifuratahmile alla Corinta; come ne a|>pare in Rom^ all'arcodiTi- fhtmmki,
to Vefpaiiano . E chi vorrà far canali in quella colonna, può fargli fimìli alla Io-
nica, ο come la Corinta i ο come farà l'animo di chi farà l'architettura diqueftd

corpo

É

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i4 DELLA

corpo, ch'c miilo con tutti gli ordini. I capitelli fi poilon fare (ìmili a i Corinthi^
faluo, che vuole edere più la cimafa del capitello, eie volute > ò viticci alquanto
pm glandi : come fi vede sll'arco fudetto. L'architraue fia tre quarti della grcl-
lezza delia colonna, & il fregio habbia ilreftopien diraenfole: e la cornice,
quanto l'architrauei che l'agetto la fà diuentar maggiore : come fi vede nell'or-
dine vltimo del Culiieo di lìoma : & in dette menfole fi poilon far canali a vfo di
tigrifi » & altri intagli fecondo ii parere dell'architetto : & il zoccolo, doue pofa
sù la Colonna » hà da edere alto due quadri e così le fue cornici a fuafantafia, ò
come gli verrà m animo di farle. Viauano gli antichi, ò per porte, ò fepokurcj
ò altre fpecie d'ornamenti, in cambio di colonne, termini di varie forti ; chi vna
figura c'mbbia vna cella in capo per capitello : altri vna figura fino a mezo , & il
refto verfo la baCe piramide ,'ouero bronconi d'alberi, e di queila force faceuano
vergini, fatiri, putti, 6c altre forti di moftri, ò bizzarie, che venma lor comodo, e
fecondo» che naiceualoro nellafantafia, le metteuanoin opera. Ecci vn'altra
ipecie di Uuori, che fi chiamano Tedefchi, i qualiiono di ornamenti > e di pro-
pordoae molto differenti da gli antichi, e da' moderni j ne hoggi s'vfano per gli
eccellenti, ma fon fuggiti da loro conie mofiruofi,
e1i>arban ·■ mancando ogni lor
cofa di ordine, che p ù toilo confiifione, ò difordine fi può chiamare j hauendo
fatto nelle lor fabbriche, che ioii rante, c'hanno ammorbato il mondo, le porte
ornate di colonne iottili, & atroite a vfo di vite, le qiiah non poiTono hauer forza
-areggejre il pelo, diche leggerezza fi fia ; e cosìper
tutte kfaccie, & altri loro
ornaii
'éti faceuano vna m^edittione di tabernacolai! l'vn ibpra l'akro, con. tante
pitami^,e punte,e foglie, che nó
ch'elle poflano fl;ai:e,pare ia5poiTìbilc,':h' elle fi
pollano reggere. Et hanno
più il modo da parer fatte di carta, che di pietre, δ di
marmi. Et in quelle opere faceuano tanti rifaìri,
rorture ? menfolins » e viticci,
che fproportionauano quelle opere,
che faceuano ; e fpeilo con inertece cofa fo-
pra cofa, andauano in tanta altezza, che la fine d'vna potrà toccaua il
retto. Que-
(la maniera fu trouata da i Gocthi, che per
hauer ruinate le fabbriche antiche, e
morn gli architetti per le guerre, fecero poi
coloro, che rimafero le fabbriche di
quella maniera ; le quali girarono le volte eoo quarti
acuci, e riempierono tutta
Italca di quei'ta maledittione di fabbriche : che per non hauerne a far più, s'è dif-
meilo ogni modo loro.
Iddio (campi ogni paefe da venir cai penfiero, & ordme
di Jauori,che per eilere eglino talrnencè diForinl all·^ hellezz^ delle fibbru he no-
ftr€,roeritano che no (e ne
fauelli più che queflc.B però paffiamo a dire delle vol-

Ttmiitì vfati
dagli Antichi
in tamèio di
$oÌome»

ÌMori Tedi

fthi difu/kt*

per ejfsre dif*
forni.

te.

Del fare le volte di getto, che vengano intagliate quando fi di far mino*
e d'impaflar lo flucco' ^-^P'IF.

QVandolemura fon'arriuàtèaltennii^^» che le volte s'habbiano a volta··
re, ò di matroni, ò di tufi, ò di fp^gi^'^; bifogna fopra l'armadura de*
·"—^ correnti, ò piane voltare di tauok io cerchio ferrato, che commetta-
no fecondo la forma della volta, ò a fch fo ; e l'armadura della volta in quei mo-
do, che fi vuole conbuoniffimi puntelli fermare, che la materia difoprau-j
col pefo non la sforzi; e dapoi iatóifiìmaiBente turare ogni pertugio ne me-
zo , ne' cantoni, e per tutto con terra, accioche la miilura non coli {otto, quan-
do fi getta- E così armata fopra «l^^l piano di tauole, fi fanno calie di legno,
che in contrario fiano lauorate, doue vncauo vnrilieuo, e così le cornici, &
imembda
che far ci vogliamo > ^^Πο incontrario; accioch.e quando la mate-
ria "

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AKCHITETTVRA. zy

ria fi getta > venga dou'è cauo di r lieuo > e doue è rilieuo cauo, e così fimiimcnte
vogliono edere tutti j membri delle cornici ai contrario icorniciati. Se fi vuol
fare pulita, intagliata medefimamente è necellàrio liauer forme di Jegno>e jbrmi-
no di terra le coi e intagliate in cauo ; e fi faccia d'eiTà terra le piaftre q uadre di tali
intagli» e quelle fi commettano i'vno all'altra sù' piani, ò gola > ò fttg], che far fi
vogliono diritto per quella
armadura. E finita di copra turta de gi'mtagli di ter-
ra formati in cauo, e commeffi , già di fopra detti, fi debbe poi pigliare ia calce »
con pozzolana, ò rena vagliata iettile ftemperara liquida, ik alquanto grafia, e di
quella fare e^^ualmente vna incrofiatura per tutto,r;n che tutte le forme fian pie-
ne . Et appfeflo (opra co' n;aitcni far la volta alzando quelli j & abbailando, fe-
condo vhe la volta gira > e di continuo fi conduca con eiTi crefcendo, fino ch'ella
fia
ferrata. E finita tal cofa fi debbe poi laiciaie fke prefa , òc izirodare, fin che
tale
opra fia ferma> e fecca. E da poi quando i puntelli fi leuano, e la volta fi di-
fanna> facilmente ia terra fi ìeua, e tutta l'oi-era refta intagliata, e lauoratajcome
ie di ftucco fofie condotta, e quelle parti, che non fon venute, fi vanno con lo
ftucco riftàurando, ranto,
che fi riducano a fine. E cosi fi fono condotte ne gli
edifici antichi tutte l'opre, le quali hanno poi di ftucco lauorate fopra quelle.
Così hanno ancora hoggiàttoi moderni nelle volte di S. Pietro j
e molti altri
per tutta Italia.

Hora volendo mofirare, come lo ftucco s'impafti, fi fà con vn'edificio in vno Comi
mortaio di pietra peftare la icàglia di marmo : ne fi toglie per quell'altro, che ia β iipnisto
calce , che fia bianca fatta ò di (caglia di marmo, ò di treuertino, & in cambio
di
rena fi piglia il marmo pefto, e fi ί ettaccia fottilinente , & impaftafi con la calce»
mettendo due terzi calce, 3c vn terzo marmo pefto, e fe ne ia del più giOlio, e
foctUe, fecondo che fi vuol lauorare grofiamente, ò fottilmente. E degli ftucchi
ci baili hor quefto ,· perche il reftance fi dirà poi, doue fi tratterà dei mettergli
ia
opra tra le cole della Scultura. Alla quale prima, che noi paffiamo ditemo bre-
uemente delle fontane, che fi fanno per le mura, degli ornamenti varij di quelle.

Come di Tartari, e di colature d'acque ft conducono le Fontane Ktifiich^ »
€ come nello jiucco fi murano le Telline, e le colature
delle pietre cotte* Cap,F.

SI come le Fontane, che nei loro palazzi, giardini, & altri luoghi fecero gli

antichi furono di diuerie maniere,cioè alcune ifolace con razze,e vafi d'altre
iorti ; altre allato alle mura, con nicchie, maichere; ò figure, & ornamenti di co-
ie manctime:Altre poi,per vfo delle ftufe più femplici, e pu'ite,& altre finalmen-
te fimili alle faluatiche fonti, che naturalmente furgono neibofchi; Così pad-

mente iono di diuerfe iorti quelle 5 che hanno fatto, e fanno tiuta via i moder-
ni ' 1 quali variandole fempre hanno alle inuentioni degli antichi aggiunto com-
pommenti di opera Tofcana coperti di colature d'acque petrificate, che pen-
dono^ guila di radicioni fatti col te»-ipo d'alcune congelatione d'elle acque, ne*
1 uoghi doue elle Γο„ , ^ g.^fle [ come non folo a Tiuoli doue il fi ulne Te-

^ ogn'étv^ cofa,che fe gli pone innanzi, fa-

A^r t^ l ^ ' ^^ P^ di Lupo, che le fà

gund.ilime , & in Tofcana al fiu^Be d'Elfa, l'acque del quale le fa in modo chia-
me, che paiono di marmi,d: vitnuol,, e d'allumi. Ma bell.ffime, e bizarre fopra
tutte i altre fi fono trouate dietro monte Morelle, pure m Tofcana, vicino otto

ci miglia

Febraneanf/m
che dt diuerfe
mantere,
Cwì anchi Iti
moderne.

Colature d'm
acque petrifim
ente ηφοη»
nel Teucronet
ζΗΐ ftmficA
cgat cofa.
Nel Ugo d fit
di Luf/o,

Nell'Elfi Λ

Monte Mgrelz
le*

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DELLA

miglia a Fiorenza. E di queila iorte hà fatte fare il Duca Coilmoj nei iuo giardi-
no dell'olmo a Caftelio gli ornamenti ruftici delie fontane fitte dal Tribolo Scul-
tore » ,Quefl"e leuate d'onde la natura l'ha prodotte fi vanno accommodando nel*
cmefipong»" |»opera^clle altri vuoi fare, con fpranghe di ferro, con rami impiombati, ò in al·..
m i» maniera.. E s'inneftano nelle pietre in modo, die foipefi pendino ; E muran-.

do quelli addoilo all'opera Tofcana» Ci fà> che eiia in qualche parte li veggia . Ac-
commodando poi frà effi cane di piombo afcof-' 5 e {partiti per quelle i bucchi
veriano Zampilli d'acque, quando fi volta vna chiaue, ch'é nel principio di detta
cannella» e così fi fanno condotti d'acque, e di uerfi Zampilli : doue poi l'acqua
pioue per le colature di quefti tartari, e colando fà dolcezza neJl'vdire, e bellez-
za nel vedereSe ne fà ancora d i vn'altra fpetie di grotte più rufticamente coni-
poile conrrafacendo le fonti allafaluatica in quella maniera.

Piglianfi faiTi fpagnofi, e commeffi, che fono infieme Γι fò naiceroi herbe Co-
pra, le quali con ordine» che paia difqrdinej e faluatico, fi rendon molto naturali,
e più vere, Altri ne fannodi ftucco più pulite, e Hfce, nelle quali mefcolano IV-
m, e l'altro. E mentre quello è frefco,
mettono frà eilo per fregi, e iparnmentiV
gongole, telline jchiocciole
marittime^tartarughe,ε nicchi grandi,e piccioli, chi a
ritto» fe chi a
rouerfcio. E di quefti fanno vafij e feftoni, in che corali telline figu-
rano
le foglie, de altre chiocciole, & i nicchi fanno le fratte, e fcorze di teituggini
d'acqua vi fi pone. Comefi vede alla vigna, che kce fare per Papa Clemente
fettimo, quando era Cardinale, a pie di Monte Mario, per configlio di Giouanni
daVdine.

Attra manie'
9A di fonti al"

ìurttfiic».

ψαΛ a Mo^e
3d(irio fatta
da Gte» m V»
dine,

j^H/hicoruflì»
so comtfifrc·
tilt.

Così fi fà ancora in diiierfi colori vn mufaico rufticoje ιώοΙεο bello pigliado pic-
cioli pezzi di colature di mattoni disfatti,e troppo cotti nella fornace,& altri pez-
di colature di veti-i,che végono fatte,quando pei troppo fuoco fcoppiano le pa-
delle di vetri nella fornace,fi fà dico muràdo i detti pezzi, e fermandoli ideilo ftuc-
CO,come s'è detto di iopra,e facendo nafcere trà effi coralli, Se altri ceppi maritti-
mi;] quali recano in sè gratia,e bellezza grandiiIìma.Così
fi fanno animali-e figu-
re , che fi cuoprono di fiTialti m varij pezzi porti alia grofla > e con k nicchie fu-
derre,lequahfono
bizzarracofa a vederle. E di queftajetieire a Roma fatte
moderne di molte fontane , le
quali hanno defto l'anin-io d'infiniti a eiìere per caii
diletto vaghi di si fatto
lauoro . E hoggi fimilmente in v(o vn' altra forte d'orna-
mento
per le fontane, mitico affatto, il quale fi fa in quefto modo. Fatta difotto
ToiTatura delle figure , ò d'altro , che fi voglia fare, e coperte di calcina , ò di ftuc-
co, fi ricuopre il di-fuori ,,a guifa di mufaico di pietre di inaimo bianco, ò d'altro
colore, fecondo quello, che fi hà da fare; oup'o di certe picciole pi ette di ghiaia^
di diuerfi colori, e quefte quando fono con dil'gen-/a lauorate hanno lunga vira
E lo
ffucco, con che fi murano,e lauorano qneuecofe,è il rnedefimo,che innanzi
pmiMnti , liabbiamo ragionato , e per la prefa fatta con ella rimangono murate. A quelle
tah fontane di frombole,. cioè faffi di fiumi tondi, e flucciaii fi fanno pauiraenti;
murando quelli per coltello, & a
onde a v.o d acque, che fanno beniiTinìo. Al-
tri fanno a le più gentili pauimentidi '^o^ta a marroncini con vari; iparti-
menti, & inuetriati a ftioco, come in "^^l'J^a dipinti di vari} Colori,.e con fre-
gi^ e fogliami dipinti; raa; «quella iorce^iP^wìmeqci più conuieiic alle ilufe?&a'
bagni? che alle ioQCi,

Aìtreiaum

Ocì

-ocr page 41-

ARCHITETTVRA,

Del modo di fare i Tauimsntì dicómmfso» Cap, y j.

Zmarg dipa.
uimenti., va·
natind dife-
sa», e né'rfnjH

detto mftf^iee.

Mode dì ì»»
uomrlf.

Mufaici piti
lotùltnmieìa-'
uorati imi'
tattdo I0
tum

Sene fer$ùro^
no in opere fi*
dute d» ίοη·>
tano facendoli^
di vsirit

ίηρ Vcte le cofe, che trouar fi poterono, gli antichi ancoraché con difficoltà ία
X genere) ο le ritrouarono, ο di ritxouarìe cercarono» quelle dicoì' ch^I-

la viita degli huomini vaghezza, e varietà indurre poreilei:o ; crouarono dunque
fra l'altre cofe beile ,i pauimenri di pietre fparriti con varij mifti di porfidi, Ser-
pentini, e graniti, con tondi, e quadri, & altri rpartimenti, onde s'imagimrono,
che fare fi
poreiieto fregi, fogliami, & altri andari didifegni, e figure. Onde per
poter ineghoriceuere l'opera tal lauoro, tritauano i marmi; accioche eilendo
quelli minori poteiTero, per lo campo, e piano con eflì rigirare in tondo > e dirit-
to, & a torto , fecondo che venilla lot meglio : e dal commettere in/ieine queiH
pezzi lo dimandarono mufoico. E ne i pauimenri di molte loro fabbriche ie ne
ί eruironot come ancora veggiamo all'Anroniano di Roma, ^ in akn luoghi, do-
ue fi vede il mufaicolauorarocóquadrettidi marmo picciolijconducendofbglia-
mi, mafchere,& altre bizzarriejC con quadri di marmo bianchi,& altri quadretti
di marmo nero fecero il campo di quelli. Quelli dunque fi lauorauano in tal mo-
do . Faceuafi lotto vn piano di ilucco frefco di calce, e di marmo, tanto grofso,
cnebaftafseper tenere in fei pezzi commeiTi fermamente, finche fitto prefafi
potefsero(pianardifopra; perchefeceuanonelfeccarfi vna prefa mirabile,
vno finalto marauigliofo, che neTvfo delcaminare , ne l'acqua non gli offende-
ila. Onde efsendo quefta opera in grandiffima confideratione venuta > gl'inge-
gni loro fi mifero a fpeculare più ako;efsendo fàcile a vna inuentione
trouara ag-
giugner Tempre qualcoia di bontà. Perche fecero poi i muiaici di marmi più
fii^i > e per bagni, e per ftufe i pauimenri di quelli, e con più lottile magiftero, e
diligenza quei lauorauano fóttiliiiìmamente, facendoli pefci variati, di imitando
u 1 li^cura con varie forti di colori atti a ciò più fpecie di marmijmefcolando anco
1 ^^^uni pezzi triti di quadretti di muiaico di oisa di peice,c'hanno la pel-

le luitra . E cosi vuiamence glifaceuano sche l'acqua poftaui di fòpta, velandoli,
pur che chiara fode, yii faceua parere vmiffìmi ne i pauimenri, come fe ne vede
in Fanone in Roma in cai:., di M.Egidio, e Fabio Sallo. Perche parendo loro que-

________________________appreisofà veder____

dinarono per ornar le volte, e le pareti de i inuri, doue tai cofe fi haueuano a ve-
der di lontano. E perche luftrafsero, e da gniumidi,& acque fidilendefsero peti-
farono tal cofa douerfi fare di vetn·, e cpsi gli mifero in opra: e fiicendo ciò belli,
fimo vedere,ne ornarono i tempij loro,& altri luoghj jcome veggiamo hoggi an-
cora a Roma il tempio di Bacco, & altri. Talché d^i, quèili _di marmo deriuano
quefti, che fi chiamano hoggi niufaico di vetn. E da quel di vetri s'è paiìato al
muiaico di gufci d'huouo ; e da quelli al muiaico del far le figure, e le ftorie
di
'' dicommeiTi,che paiono dipinte5 come tratteremo aifuoluogo

ci» - ■ -\·, ■ ^

chi;

nella i-'ittura.

CQy

a i

-ocr page 42-

ζ Β DELLA

Come fi ha dCónofcere vno edificio proponionato bene > e che partì generalmente
fe li comengono. Cap. VÌU

A perche il ràgionare dielle cofe particolari, mi farebbe cieaiar troppo

__dal mio proposto ; lafciata queila minuta confideratione a gli fcrittori

della Architettura ; Dirò folamente in vniuerfale come fi conofcano le buon^^j?
Cmi s*
balbi fabbriche» e quello che Ci conuenga alla forma loro; per edere infieme, di vuli>
mdargiudicio e belle. Qjwndo s arriua dunque » a vno edificio, chi voleile vedere s'egli è fta-
d vna fithki- to ordinato da vno Architettore eccellente, e quanta maeiìria egli hà hauuto, e
i^ì fapere, s'egli hà faputo accomodarfi al fito, & alla volontà di chi hà fatto fabbri-

care : egli hà a confiderare tutte quelle parti. In prima » fe chi Io hà leuato dal
fondamento hà peniàto fe quel luogo era difpofto . e capace a riceuere quella—»
qualità, e quantità di ordinatione, così nello fpaitimento delle ftanze , come ne
gli ornamenti, che per le mura comporta quel fito, ο ftretto, ο largo, ο alto, ο
bailo; e fe è flato fpartito con
grana, e conueniente mifura ; difpenfando, e dan-
do la qualità, e quantità di
colonne, fineftre, porte, e rifccntri delle faccie fuori,
e dentro nelle
altezze» ο grodezze de'muri, & in tutto quello, che c'interuenga
a luogo per
luogo · E di neceffità, che fi diftribuifcono per lo edificio le ftanze
c'habbino le lor corrifpondenze di porte, fineftre, camini, fcale fegrete, antica-
imrt nel deilri, icrittoi, ienza che vi fi vegga errori ; come faria vna fala grande, vii
ttmPariime»· portico picdolo» e le ftanze minori : le quali per eiler membra dell' edificio , e di
gg, neceffità ch'elle fiano, come i corpi humani egualmente ordinace, e diftribuite»

fecondo le quahtà, e varietà delle fabbriche , come tempij tondi, otto faccie, in
tei faccie, in croce, e quadri, e gli ordini vari] fecondo chi, & i gradi in che fi tro-
ua chi le fa fabbricare. Percioche quando fon difegnati da
mano, die habbia_^
giudicio con bella maniera, moftrano l'eccellenza dell'artefice,
e 1 animo dell'
Auttor della fàbbrica. Perciò figureremo per meglio eiTèr'^itefi vn palazzo qui
di ibtto; e quefto ne darà lume a gli altri edifici, per
modo di poter conofcere_j>,
quando fi vede, fe è ben formato, ò nò. In prima chi confidererà la facciata di-
nanzi Io vedrà leuato da terra, ο in sù ordine di fcalee» ο di muricciuoli, tanto che
quello sfogolo faccia
vfcir la terra con grandezza ? e^ierua, che le cucine, ο can-
tine fotte terra
fiano più viue di lumi, e più aire di siogo, ϋ che anco molto di-
... fende l'edificio de'terremuoti, & altri cafi di fortuna. Bifogna , poi che rappre-
Ltr»}fomtgh» .j ciell'huomo ne] tutto, e nelle pam limilmente,
e che per hauer*^^
2 temere i venti, Tacque, e l'altre cofe della natura ; egli fia fognato con if-
* * maltitois che tutti rirpondino a vn centro, che porti via tutte infieme le bruttez-
- - ^ ze,& i puzzi, che gli pollano generare infermifà. Per Pafpetto iuo primo, lafac-
® data
vuole haiiere decoro > emaeftà, &:eisere compartita come la faccia dell'
^ huomo, la porta da bafso, & in mezo, cosi coinè nella tefta hà l'huoino ia boc-

cas d^on-fe nel corpo pafsa ogni forte d'ahrnento, le fineftre per gli occhi, vna.^
di quà , e Taltra di là, feruando fempre^Paricà, che non fi faccia, fe non tanto di
quà, quantodi là negli ornamenti, ο d'archi, ο colonne ,o pilaftri, ο nicchie, ο
fineftre inginocchiate > oueroaltra fo^"^® d'ornamento, con le mifure > & ordini,
che ^ià s
ragionato, ο Dorici, ο Ionici, ο Corinthi, ο Tofcani. Sia il fuo cor-
nicione >che regge il tetto fatto con proportione della facciata, fecondo ch'egli
e grande »e che Tacijira non bagni la facciata, e chi
ftà nella ftrada a federe^;».
^la di {pano fecoiKio la proportionc dili' altezza > e della larghezza di quella^

fkc-

Μ

JS/eapìo (tim

-ocr page 43-

ARCHITETTVRA, ^^

facciata. Entrando dentro nel primo ricetto iìa magnitìce? e vniramente corri-
fponda
all'appiccatura della gola, oue fi pafla, e fia iueltcv e largo, accioche Ic^jf
fìretrej ο de'caual{i> ο d'altre calche; che fpeiio v'jntertiengonejiion faccino dan-
no a lor medeiìmi nell'entrata, ο di fefte, ο d'altre allegrezze . Il cortile figurato
per il corpo ila quadro, & vguale, ouero vn quadro, e mezo, come tutte le parti
del ccrpor e fia ordinato di porte, e di parità di ftanze dentro con belli ornamen-
ti. Vogliono le fcale publiche eilèr commode, e dolci ai ialire, di larghezza fpa-
tiofe, e d'altezza
sfogate, quanto però comporta la proportione de'Iuoghi. Vo-
gliono oltL'e a ciò, eilere ornate, e copiofe di lumi.
Et almeno fopra ogni piane-
rottolo doue fi volta hauere fineftre, ο altri lumi ; & in fomma vogliono iefcale,
in ogni
fila parte hauere del magnifico, atteioche molti veggiono le fcale j e non
il
rimanente della caia. E iì può dire, che elle fiano le braccia, e le gambe di qua-
tto
corpo, onde come le braccie ftanno da gli Iati deirhuomo,così deono quc-
fte ilare dalle bande dell'edificio. Ne lafcieiò di dire, che l'altezza degli icagl'o-
ni vuole ellere vn quinto almeno, e ciafcuno fcaglione Isrgo due terzi, cioè co-
me fi è detto, nelle fcale degli edifici publici, e ne gli altri a proportione : perche
quando fono ripide non fi poiìòno falire, ne da'putti, ne da'vecchi, e rompono
le gambe. E quefto membro è più difficile a porfi nelle fabbriche,e per eller'il
pai frequentato, che
fia, e più commune, auu ene fpeflo , che per faluar le ftan-
ze le guaftiamo, E bifogna, che le fale con le ftanze di iotto faccino vn'appar-
tamento commune per l'Eftate, e diuerfamente le camere per più perfone, e fo-
pra fiano (alocti, fale, e diuerfi appartamenti di ftanze, che rifpondino fempre
nella maggiore : e cosi faccino le cucine, e l'altre ftanze, che quando non ci foile
queft'orduie. Se hauefie d componimento ipezzato, & vna cofa alta, e l'altra baf-
ia, e chi grande, e chi piccola, rapprefenterebbe huomini zoppi, trauolti. bie-
chije
ftorpiati; le quali opre fannosche^fi riceue biafimo, e non lode alcuna. Deb-
bono i componimenti, doue s'ornano le faccie,o fuori, ο dentro hauercomfpon-
denza nel feguitar
gli ordini loro nelle colonne, e che i fufi di quelle non nano
lunghi , ο rottili, ο groffi , ο corti, feruando ί empre il decoro de gh ordini
fu " ' ■ · " ' ■ . -, . ^

j0ee/» S
dentro.

CcKfidtrritiii
ni per ti fi»h
comuni.

Mìfum it"
fcalinit

AmtìmintK

Ordhtmfu·
fi hìAfimm'

Ctfrìfpimittf
H^a d» gli ^r-
mmtntù

Qtthttgtuà*»
et iella prò»
fertiene.

idifegno. E quefte cole fon pr
nofciute da vn'occhio buono ; il quale fe hà giudicioi
fi può tenere il vero compaflo, e l'iftefla mifuia,
perche da quello
faranno lodate le cofe, e
biafimate. E tanto
balli hauer détto
generalmente dell'Architettu-
ra» perche il parlarne in al-
ila maniera» non è
cofa da quefto
luogo.

mtr

-ocr page 44-

DELLA

S C ν L τ ν R Α.

che cofa βα la Scultura^ e come βαηο fatte le Sculture buone j e che farti
elle debbino hauere per ejfere tenute perfette. Cap^ FUI.

L

Oiffinitme
iella Suiktt'
fu,
·

A Scakuua è vna Arte » che leuando il faperfluo deìla materia fuggetta»
la riduce a quella forraa di
coL-po>che nella idea dello Artefice è diiegna-
ta. Et è da confiderare 5 che tutte k figure di qualunque (orte a fiano,

ointai' " ' ' "" .......

hauendo ad ei

pec ogni vecfo; e di neceliità, che a volerle cLìiaraar per
Pìgars veitt' ^a prima è, che quando fimil figura ci fi prefenca nel primo afpecro alla

te di tondo ri' viita, ella rapprefenti, e renda fomiglianza a quei a cofa^per ia quale el a è fatta.
Htm AtHono ο fiera, ο humile, ο bizzarra, ο allegra » ρ maienconica, fecondo che Γι figura. E
haner molte che ella habbia corrifpondenza di parità di membra , cioè non habbia le gaaibé
parti, . - - Γ. , . ■ .

SomtgltAn\a\

Sìmetria
membri.

Decetptlli.

Perfettìoae Μ
pedi, e munì

corpo > le gambe , le mans, & 1 pi
vnitamente ofsiita per tutto, mufculofa, neruura,e le vene porte aluoghi loro. E
fé haiirà la faccia di giouane,debbe parimente eiler ritonda, morbidaje dolce nel-
la aria, e per tutto vnitamente concordata. Se ella non haurà ad eisere ignuda_^,
gmifponden- facciafbche i panni ch'ella haurà ad hauer addofso no iìano tanto triti, c'habbino
^uAlit^ del i^^cco j ne tanto groiTÌ, che paino raffi . Ma iiano con il loro andar di pieghe
'^megliurnS" talmente, che fcuoprino lo ignudo di lotto,e con arte,e talora lo mo-
itnno, e talora lo afcondino, fenza alcuna crudezza, che
ofi-^nda la figura. Siano
1 Tuoi capelli, e la barba lauorati con vna certa morbidezza kieliaci,e ricciuti, che
moflrino di eilere sfilati, hauendoli data quella maggio'^' e grafia? che

può lofcarpello. Ancora che gU Scultori m quefta parte non poffino così bene
contraffare la Natura, facendo effi le ciocche
ds capelli fodg, q cicciute , più di
maniera, che di imitatione naturale. ,

Et ancora che le figure fiano veftite,è neceiTario di fare i p'edi,le manijche fia-
Ht. e mmt condotte di bellezza, e di bontà come l'altre parti. E per efsere tutta la figu-
t rapprefentt conda è forza, che in fàccia, in profilo, e di dietro,ejla fu di proportionejvgua-
èine Ad ο^ηϊ le, hauendo ella, a ogni girata, e veduta > a t^apprefentariì ben difpoih per tutto.
Otdutx. E necefsario adunque, che ella habbia corrilpoudenza , e che vgualmente ci fia
^umimentQ, per tutto attitudine, difegno, vnione, ^ dihgenza, le quali cofe tutte in-

fiemedimoftrinoTingegno, &Ì1 valore«eUarcefice . Debbono le figure così di
Figttrt in 4im rilieuo, come dipinte, elFer condotte più con il giudicio, che con la mano, ha-
βαη^α come uendo a ilare in altezza, doue
fia vna gran diftanza ; perche la diligenza delT vl-

^emnofArfi.i timo finimento non fi vede da lontano; Ma fi conoice bene la bella forma del-
le braccia , e delle gambe; & il ^^^on giudicio nelle falde de'panni con po-
che pieghe; perchen^iÌaTempli"^'^^elpoco, fimoftraTacurezza dell'inge-
4mrtiinmo, gno. E per queOro le fìguté di raaraio , ο di bronzo , che vanno vn poco
alte, vogliono eilere traforate gagliarde; accioche il marmo; che è bianco»
8c il bronzo, che hà del nero, piglino all'aria dcll'ofcurità ; e per quella^

efserfinito, edapprefso fi vegga laÌciatoiii_j

apparifca da lontano il lauoro

boz-

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ARCHITETTVRA. 31

bozze. |,a qualeauueiteiizahebbero grsndemente gli Antichi ^ come nellelor
figure tonde, e di mezo rilieuo negli archi ^e nelle colonne veggjamo
dj Roma,
le quali raoftrano ancora quel gran giudicio, che egli hebbeio . Et
infrà i Mo-
derni fi vede eilereftatoofieruatoih.nedefimo grandemente nelle fue opere di
Donarello. Debbeiìokradi quefto confiderare^ che quando le ftatue vanno in
vn luogo alto,e che a bailo non iìa raolta didanza da poteri] difcoftare a giudicàr'-
k da lontano? ma che s'habbia
quiifi a ftar loro ietto ;_che così falte figure fi deb-
bon fare di vna iella, ò due più di altezza. E quello fi fà perche quelle figure, che
fon polle in alto, fi
perdono nello {corto della vedutaj ftando di ietto, e guardan-
do allo in sù.
Onde ciò che fi di acCi efcimento, Vi-C^IlC ci confumaift nella groi-
fezza dello fcorco, e cornano poi di proportione nel guardarle, giuile, e non na-
ne
5 ma con buoniffima gratia. E quando ικ>η piaceìle far quefto ? Γι perrà man-
tenere le membra della tìgura, fottilecte, e gentili, che queilo ancora torna qiiafi
il x-nedefuno. Coilumafi per moki Artefici,fare la figura di nuoue teile, la qua-
le vien partita in otto teile tutta, eccetto la gola, il collo,erakezza del piede,chè
con quelle torna noue. Perche due fono gli ftinchi, due dalle ginocchia a' mem-
bri genitali, e tre il torio fino alla fontanella della gola,
& vn'altra dal mento al-
Γνΐηιηο della fronte, & vna ne fanno la gola, e quella par te, eh' è dal dolio del
piede, alla pianta, che fono noue. Le braccia veggono appiccate alle ipalle, e
dalla fontanella all'appiccatura da ogni banda è vna teiìa, & eile braccia fino alia'
appiccatura delie màiu fono tre tede, & allargandoii l'huomo con le braccia apre
appunto tanto quanto egli è ako. Ma non
fi debbe vfare altra miglior mifura j
che il giudicio dcll'occh
ο ; il quale fé bene vna cofà farà beniffimo mifurata, &
«g'i ne rimanghi offefo, non relrerà per queilo di biaiìmarla.
Però diciamo, che
le bene la miiura è vna retta moderatione da ringrandire le figure talmente , che
l£ larghezze, ieruato l'ordine, faccino l'opera proportionata, e
gratiofa, l'occhio·
conduneno hà poi con il giudicio a leiiare, 6c ad aggiugnere, fecondo ,
che vedrà
la dilgratia dell'opera calmenti·, che ei le dia giuilamente proportione, gratia, di-
fegno j e perfettione , accioche ella iia in fe tutta lodata da ogni ottimo giudicio.
E.quella ilatua, ò figura, che hauerà queile parti, iarà perfetta di bontà, di bel-
lezza,, di difegno, e di gratia.. E tali figure chiameremo tonde, pur che fi poffino
vedere tutte ie pa.ci fin te , corae Π vede nel!'huomo girandolo a torno » e fimil-
tnenie poi Taltre che da queRe dependopoMa ei mi pare horamai tempo da

venire àie cofe più pai-""coiaru

t>el fare i mode

■IH di cerare dì tenace come fì-peflino, e come a pYopoYtione fifii^
grmdifchino poi nel marmo, come fi fuhbino , e β gradinino, e puUfcbi-
no impomicino
ì e fi luflrino , e fi rendine finiti .-
Cap. IX'

Sogliono gli Scultori,, quando vogliono lauoraTe vna figura di marmo, fa-
fia che così fi chiama, cioè vnoefempto che è vna ^

iigura di grandezza di i-nezo braccio, ò meno , ò più fecondo, cbt gli torna crm~ qualfimfif^v·

Ji Cero AJ niii-/-lii> PI ti/~.nr.r>

Λ- Bel lauìTdW

tocauare , per faruela dentro. Ma per moftrarui come la cera fi lauora, dire- lattra ,
ino del lauorare la cera , e «on la terra. Queiìa per renderla .più morbi-

d8>

Figure (ΰίί<τ·
tate in eh ο
tome fihfthhi-
no.apicporiio~
nartconlavej'

Smittia àtlk

V occhio
Ιλ delU prp
portiine.

Ώ efquifite^
ΖΛ delÌ0: β·ίίΐ>

imf

m

-ocr page 46-

ζ Β DELLA

eia, vi Γι mette dentro vn poco feuo, e di trementina » e di pece nera » di^Ie quali
cofe il ieuo U fà più arrendeaole, e la trementina tegnience in fe, e la pece ie dà
il colore néro, e le fa vna cerca foiezza dapoi> ch'è iauorara» nello ftare fatta chi»
elladiuenta dura. E chi voleise anco farla d'aicro colore, può ageuol mente ; per-
che mettenioui dentro terra roiià, onero cinabrio, ò minio »la farà g)Uggiolma,
ò di fomigliante colore. Se verderame, verde, & il firn ile il dice degiiaitri co-
Aimùmtnt» lori. Ma è bene da auuertire, che i detti colori vOi^Uono efser fatti m polnere, e
fcr mefchinr' ftiacciari, e Così fatti efsere poi mefcolati con la cera liquefacra, che iìa. Fa'sene
ni i colori,^ ancora per le cofe piccole, e per fare medaglie , ricratti, e iloiiette, Se altre coie
, di bailo rilieuo : della bianca. E quefta fi fà, mefcolando con la cera bianca inu»
Meflicee i» pQ^Qg^e, come fi è detto fopra. Non tacerò ancora, che i moderni Artefici han-
iSr/. * crollato il modo di fare nella cera le melliche di tutte le foi-ci colori ^ onde nel
fare ritratti di naturale di mezo rilieuo fanno le carnagioni, i capelli, i panni, e
tutte l'altre cofè in modo fimili al vero, che a corali figure non manca, in vn cer-
. . ro modo^, i'e non lo ipirito, e le
parole. Ma per tornare al modo di fare la cera .
im
VJE i» Acconcia quefta miftura, & infieme fondata, fredda ch'ella è, fe ne fà i paitelli, i
quah nel maneggiai-H
della caldezza delle mani fi fanno come pafta, e con efìa Γι
crea vna figura a federe, ritta, ò come fi vuole , la quale habbia fotto vn'armadu-

nei modellar

fsrra . ,, _________________ . . .

di ferro > ò di legno, fi fpinge in dentro la cera, e con mettere dell'altra fopra il
aggiugne, e raffina, finche con le dita fi dà a quello modello l'vldmo
puHmenco.
3)el fur w E hnito ciò, volendo fare di quelli, che fiano di terra, fi lauora a fimilitudine del-
dello gmn4c · la Cera, ma fenza armadura di iotto, ò di legno, ò diferro, perche li farebbe fende-
re , e crepare. E mentre, che quella fi lauora, perche
non fenda, con vn panno
OjferuMioni bagnato fi tien coperta fino che refta fatta. Finiciqueftipjcciohmodelli, òfìgu-
difràttk», re di cera, ò di terra fi ordina di fare vn'altro
modello, che habbia ad edere g. an-
de, quanto quella ftefla figura,
che fi cerca di fare di marmo j nel che fare perche
la cerra, che fi lauora humida nel
feccarfi rientra ; biiogna mentre, che el a fi la-
uora ,
fare a bell'agio, e rimetterne sù di mano in mano, e nell' vltima fine me-
fcolare con la terra
farina cocra, che la mantiene morbida, e lieua quella fecchez-
za » e queila diligenza fà, che il modello non rientrando rimane giudo, e fimile
alla figura, che s'hà da lauorare di marmo. E perche il modello di terra grande

fi habbia a reggere in fe, e la terra non habbia a fenderfi » biiogna pigliare della
cimatura, ò borra, che fi chiami, ò pelo. E nella terra mefcolare quella, la qua-

, le la rende mfe tegnente, e non la làfcia fendere Armafi di legni fotto, e di

ftoppailre'ta, ò fieno, con lo fpago, e fi fà l'oiTa della figm-a, efe lefàfarc_;»
(ia,came^vifi quella attitudine, che bifogna j'iecondo il modello picciolo du'itto, ò a iede-
Hccomedino i ' ^he fia, e cominciando a coprirla di terra, fi conduce ignuda , lauorando-
^nni» la infino al fine. La qual condotta, fe fe le vuol poi far panni addoilb, che fia-
no fotrili, fi piglia pannolino, che fia Tortile, e fe groiTo, groilo, e fi bagna, e ba-
gnato, con la terra, s'interra non liquidainente, ma di vn loto, che fia al-
quanto iodetto, & attorno alLt
figura fi yà acconciandolo, che faccia quelle^,?
pieghe, &amaccature,
che l'animo gli porge, di che fecco verrà a indurarfi ,
e manterrà di cpntinuo le pieghe. In quefto modo fi condticono a fine i mo-
delli, e di cera i e di terra. Volendo ringrandirlo, a proporcione nel marmo;
biiogna» che
nella ileilapietra» ondes'hà da cauare la figura, fia fatta farς_^

vna

B.tg9Uper ri'
pirtar mi
(fjarmo ti niO
dtllo in pro"
miteai'

-ocr page 47-

ARCHÌTETTVRA.

vna iquatira, che vn dntto vada in piano a'piè della figurajC 1 akro vada in alro, e

------r.-------pjg^Q. g jj t-iritLo di fopra ; e iìmiiiTiente vn akra:_à

tra cofa fia al modello, per via della quale lì piglino le
io quanto fportano le gambe fuora>e cosi· le braccia j e ,
fi va fpignendo la figura in dencro conquefte mifure riportandole fu] inarmo ^
dal modèllo, di maniera, che mifurando il inarmo, & ii modello a proportion^^.
viene a leuare della pietra con li fcarpsJli, e Ja figura a poco a poco mifuratà vie*
ne a vfcire di quel
Mo nella maniera, che fi cauerebbe dVna- piU d'acqua pàli
e diritta vna figura di cera, che prima verrebbe il corpo > e la teftà i e ginocchia',
& a poco a poco icoprendofi, & in sij tirandola » fi vedrebbe poi la l'ocondità di
quella fin paiTato il mezo; & in viìimo la rotondità dell'altra parte. Perche
quel-
li, che hanno fretta a lauorai'e> e che bucano il iairb da principio, e leuano la pie-
tra
dinanzi, e di dietro, rifolutamente, non hanno poi luogo doue utirarfi, bifo-
gnandoìi ; e di qui nafconb moiri errori, che fono nelle ftatue, che·per la voglia,
c'hà l'artefice del vedere le figure tonde fuordelfaiToavntratco jfpefloiigh
icuopre vn'errore,che non può riraèdiarui, Ce non vi fi mettono pezzi corameffi,
come habbiamo viilo coftumaie a molti artefici moderni. Il quale rattoppamene
to è da ciabattini, e non da huomini eccellenti, ο maeftri rarij & è cofa viliffimas
e brutta,e di grandiffimo biafimo. Sogiiono gli Scultori nel fare le ilatue di mar-
mo nel principio loro abbozzare le figure con le fubbie, che fono vna fpetiedi
ferri da loro così nominati; i quali fono apuntati, e groffi , & andare leuandó, e «<»·« ^f Stnl
fubbiando groiTàmente il loro iailo, e poi con altri ferri detti caicagnuoli, c'haii-
no vna tacca in mezo, e iono corti, andare quella ritondando, per fino ch
'eglino
venghino a vn ferro piano più fottiie dei calcagnuoio, che hà due tacche , & è
chiamato gradina. Col quale vanno per tutto con gentilezza gradinando-la flgU·^
ra, con la proportione de'MufcoIi, e delle pieghe, e la tratteggiano di maniera
per la virtù delie tacche > ο denti predetti, che la pietra moflra gratia mirabile.
Quefto fatro,fi và leuando le gradinature có vn ferro polito, e per dare perfettio- PuUmtm
ne alla figura, volendole aggiugnere dolcezza,
morbidezza, e fine,iì và con lime della \pomic,
torte leuando le gradine; il fimile fi fà con altre lime fotcili, e fcuffine diritte, li- e d'Altri ma
mando > che refti piano, e da poi con punte di pomice fi và impomiciando tutta ^^rUU^^
la fif^ura ι dandola quella carnofità, che fi vede nell'opere marauigiiofe della_j
Scultura. Adoperafi ancora il geflo di tripoii, accioche l'habbia luilro > e pulì-
mento; fimiimente con paglia di grano, facendo ftrufFoli fi ftroppiccia > talché fii-
nite, e iaftrate fi rendono a gli occhi noftri belliffime.

£>e' haSii e de' meli rilkuh la difficoltà del fargli, ei- in che confifla il condurgU . ;

. ' aperfettione. Cap. X.

QVelie figure, che gli Scultori chiamano mezi rilieui, furono trouate già da
gli antichi, pei· fare adornare le mura piane:e ie ne feruu'ono ne'

·· teatri» e ne gli archi per le vittorie ; perche volendole fare tutte_^
tonde, non
le potéiiano iìtuare fe non faceuano prima vna 'danza, ouero vna_.»
piazza,chefuiie piana. Il che volendo sfuggire trouarono vna ipetie,che_^
mezo riheuo nominarono , è da noi così chiamato ancora : il quale a fimi-
'litudine d'vna pitturai dimoftra prima l'intero delie figure principali, òme-
ze
tonde» ο pivi come fono j e le feconde occupate dalle prime» e le terze dai-

e le

tenga Tempre il fermo dei
iquridra , ο di legno , 0 d'a
miiure da quella del mode

VJ \ . ;

Ό a che m·
fcam miti

errori nel /4-

mrars tii
matmot -

Ordigni ^gf
coneliin^

Inuenth

àeì r

àeuo, t doì-
vfato,

Mel^o rtliet
accompAgna.
con ^Hptms
ti.

-ocr page 48-

ζ Β DELLA

le iecondei in quella ftefsa maniera,che apparifcoiio le perfone viue,quando éì-
le fono ragunate, e riflrette infienie. In qiiefta ipetie di mezo rilieuo, per la di-
minuzione dell'occhioj fi fanno Tvlcime figure di quello» baise come alcune teile
baÌTiiiìme» e così i cafamenti, & i paefi, che fono l'vltima cofa. Qa^ila fpetie di
mezi rilieui da nefsuno è mai ftara meglio, né con più ofseruanza fatta, ne più
proporzionatamente diminuita ο allontanata le fue figure l'vna dall'altra, che da
gli antichi. Come quelli, che imitatori del vero, & ingegnofi , non hanno mai
latto le figure in tali ilorie» che habbino piano, che fcorti, ò fugga j Ma l'hanno
fatte co'propnj piedi, che pofino sii la cornice di iotro; Doue alcuni de'noftri
moderni animofi più del douere hanno fatto nelle ilorie loro di mezo rilieao,po-
fare le prime figure nel piano, che è di bafso rilieuo, e sfugge, e le figure di me-
zo fui meJeiìmo, m modo, che ftando così non pofano i piedi con quella fodez-
za, che naturalmente dourebbono; la onde fpefse volte fi
vede le punte de' piedi
di quelle figure, che voltano il
di dietro, toccarfi gii ftinchi delle gambe, per Io
fcortoj che è violento. E di tali cofe fe ne
vede in molte opere moderne , & an-
cora nelle porte di San Giouanni,
Se in più luoghi di quella età. E per quefto i
mezi rilie ui, che hanno
quefta proprietà, fono falfi; perche fe k metà della figu-
ra fi caua fuor del iailo, hauendon'a fare altre doppo quelle prime, vogliono ha-
uere
regola dello sfuggire, e diminuire, e co'piedi in piano, che fia più innanzi il
piano j che i piedi, come fà l'occhio, e la regola nelle coie dipinte, e conuiene,
che elle fi abbaiTìno dimano in mano a proporzione, tanto che venghino a rilie-
uo lliacciaro, e bailo: e per querta vnione, che in ciò bifogna ; è difficile dar loro
perfettione, e condurgli: attefoche nel rilieuo ci vanno icofti di piedi,
e di tede;
ch'é neceflario hauere grandiffimo difegno, a volere in ciò moilrare il valore
iJelio arteiìce. E tanta perfettione fi recano in quefto grado le cofe lauorate di
terra, e di cera, quanto quelle di bronzo, e di marmo. Perche in tutte l'opere,
che hauranno le parti, ch'io dico, faranno i mezi rilieiii tenuti belIi'Tìm;, e dn gli
artefici i ntendenti fomraamente iodati.La feconda ipetie,che baili rilieui fi chia-
mano, fono di manco rilieuo aliai» ch'il mezo, e fi dinioftrano almeno per ia_a9
metà di quelli, che noi
chiamiamo mezo nlieuo, & in quelli fi può con ragione,
fare
il piano, i cafamenti, le profpettiue, le fcale, & i paeii, come veggiamo ne'
pergami di bronzo in San Lorenzo
di Firenze, & in tncii i baflì rilieui di Dona-
to ; il quale in queita profeiTione lauorò veramente cofe diuine con grandiiTìma
oiTeruatione. E quefti fi rendono a l'occhio facili, e ienza errori, ò baibarifmii
perche non {portano tanto in fuori,che poiTmo dare caufa di errori,òdi biafimo..
Laterza fpetie fi chiamano baffi» e diacciati rilieui, i q^iali non hanno altro in fe>
che'l difegno della figura, con amaccato, e ftiacciaco riheuo. Sono diiiicili aflai,
attefoche e
'ci bifogna difegno grande, & inuenzione : Auuengache qaefti fono
àticofi a dargli gratia, per amor de'contorni; Ec m queflo genere ancora Donato
lauorò meglio d'ogni artefice con arte, difegn<^ > & inuenzicne . Di quefìa forte
fe n'è vifto ne'vafi antichi Aretini aliai
figure» mafchere, & altre ftorie antiche, e
fimiImente,ne'Camei antichi,e ne'conij da lampare le cofe di bronzo per le me-
daglie» e fimilmenre nelle monete.

Antichi tciel-
lenti inqueflo
lauero ingc
gmfif Ó» trai·
tstiri dei ve·
w.

Crdht ntìln
fropotiione di
t(àlautn,
Ζ.Λ perfetttont
tonfile i» hAp
9tere humdirn
fiino^

ψ/ο d/hajft ri'
Siiuu

^ap ftlieuo
/chiaceiato ,
t
mtlto dijfiiilg.

LsHorì di

E quello fecero perche fe fofsero ftate troppe di rilieuo, non hanrebbono po-
tuto conciarle f ch'ai colpo del martello non farebbono venute l'impronte » do-
lltndofi imprimere i Conij nella materia gittata » la quale quando e bafsa » du-
fa poca fatica a riempire i caui del conio. Di quella arte vediamo h^gi molt
ti erteHci moderni, che l'hanno fatta diuiniiTiraamence, e più che effi antichi

come

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S c ν L τ ν R Α. ss

come fi dirà nelle vire loro pienamente. Imperò chi conofcerà "ne^ mezi rilieui _ . . .,
la perfettionecielle figure fatte diminuire con oiìeruationej e ne'baffi la bontà /^«cri

del difegno, per le profpettiue, & altre inoentioni, e rielii diacciati, la netteziza, aliti

la pulitezza, e la bella forma delle figure, che vi fi fanno» gli farà eccellencemen- ρφι^ηΐ,
te, per quelle parti, tenere, ò lodeuoli > ò biafimeuoli, èc inlegnerà conoicerli
altrui.

Come β fanno i modelli per fare di bronco le figure grandbe picciole, e come le for^
mei per buttarle ; come fi armino di ferri > e come
β gettino di metallo i
e di tré forti hron%Q-> e come gittate β cefellinoy e β rinettìnOi
e come mancando pe·^ j che non fofiero venuti >
sHnne^ino-,e commettino nel medefmo
bronzo. Cap. XI,

Υ Sano gli Artefici eccellenti quando vogliono gettare, ò metallo, ò bronzo, ModetU pt^^
figiue grandi, fare nel principio vna ftatua di terra,, tanto grande, quanto f^'
quella , che e' vogliono buttare di metallo, e la conducono di terra a quella per- "''""l*'
fectione, ch'èconceiIadalPArte,edalioftudioloro. Fatto quello, che fi chiama
da loro modello , e condotto a tutra la perfettione dell'arte, e del iaper loro, co-
mincianopoicon geflodafare prefa, a formare fopra quello modello parte per α^ιΐο apmem
parte, facendo addoilo a quel modello i caui di pezzi, e fopra ogni pezzo fi fanno partt,
tifcontri, che vn pezzo con l'altro fi commertano, fegnandoli, ò con numeri * ò
con alfabetti, ò altri contrafegni, e che fi poiTino caua're, e reggere infieme. Così
a parte per parte, lo vanno formando, &C vngendo con oglio fra geiTo, doue
commettiture s'hanno a congiugnere, e così di pezzo in pezzo la figura fi formai
e la teita, le braccia, il torfo, e le gambe per fin'aU'vItima cofa di maniera, che il
cauodi quella (tatua, cioè la forma incauata, viene improntata nel cauo con tutte j^.jadifM
le parti, & ogni minima coia, che è nel modello.
Fatto ciò, quelle forme di gef-
ίο fi latciano aflodare, e npoiare, poi pigliano vn palo di ferro, che fia piià lungo
di tutta
la figura, che vogLono fare, e che fi hà a gettare, e fopi'a quello fanno
vn'anima di terra >la quale morbidamente impaftaiido, vi mefcolano ilerco dì
cauallo , e cimatura, la quale cuoce per cauare la humiditàdella terra, e quefta
ferue poi alla figura ; perche gettando la (latua, ratta quella anima, eh' è foda,
vien vacua, ne fi riempie di bronzo, che non fi potrebbe mouere per Io pefd; co- ^

sìingroilano tanto, econpanmifure quell'anima, cbefcaldando,ecocendoi (liUcamento,
itioli, come è detto, quella terra vien cotta bene, e così priua in
tutto dell'humi- ^ rinetatHr»
do,che gittandoui poi fopra il bronzo, non può fchizzare fare nocumento, co- dtWmima «

^ già molte volte con la morte de' maeftri, e con la rouinadi tutta l'o·
E"'·;? · Così vanno bilicando quell'anima, & allettando, e contra-pefando i pezzi
iini> cne la rmrcontrino, e riprouino, tanto ch'eglino vengono a fare, che fi lafci
appunto la grofiezza del metallo, ò la fotnlità di che vuoi, che la ftatua fia.

Araano Ψ«ίΙο per trauerfe con perni di rame, e con ferri, che^

fi poffino cauare, e,lettere, per tenerla con ficurtà, e forza maggiore. Que-
fta anima quando e hnira. nuòuamente ancora /incuoce con fucS dolce ΙΤΓΠΤ'
cauarane interamente fe, pur vene foiTe iellata punto, fi laida poi Γ

npoiare, e ritornando a caui del geiTb, ft formano quelli, pezzo per pezzo con ^^ ^
cera gialla, che fiaitara in molle; e fia incorporata con vn poco di tremenri-

e 2. na

iena ■

Ingrtffkmm*
tOt cottura
λ

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d eli a

na, e di Tello ^ Fonclutak dunque al fuoco, la getrano a metà pei' metì ne' pez-
zi di cauo j di rnaniera> che l'Artefice fà venire la cera iottile, iecondo la volontà
Tua per il getto. E tagliati i pezzi, fecondo, che fono i caui addofio a l'anima, cb·;
"già di terra s'è fatta ? gli commettono, & infieme gli rifcontrano, Òc inneftano, e
con alcuni brocchi di rame fottili fermano, fopra ' anima.cotta, i pezzi della ce-
ra, confitti da detti brocchi, e così a pezzo, a pezzo, la figura inneitano? e rifcon-
trano , e la rendono del tutto finita. Fatto ciò vanno leuando tuttala cera, dalle
baue delle fuperfiuità de' cauijconducendola il più,che fi può a quella finita bon-
tà , e perfettione > che fi defidera, che habbia il getto. Et auanti, che e' proceda
più innanzi, rizza la figura, e confiderà diligentemente,, fe la cera hà mancamen-
to alcuno, e la và
racconciando, e riempiendo, ò rinalzando, ò abbaila ndo doue
niancaflè. Appreffo finita la cera, e ferma la figura, mette l'Artefice sù due ala-
ri, ò di legno , ò di pietra, ò di ferro, come vn'arroflio, al fuoco la fua figura con_^
commodità, che ella fi polla alzare ,
& abbaflave , e con cenere bagnata, appro-
priata a queli'vfo, con vn pennello tutta la figura và ricoprendo, che la cera non
Ci veggaj e per ogni cauo, e pertugio la vefte bene di quelli materia. Dato la ce-
nere
j rimette i perni a trauerib, che pafiano la cera, e l'anima, fecondo, che gli
hà laiciati nella figura ; percioche quefti hanno a reggere rani.na di dentro, e'la
cappa di fuori , che è l'incrofiatura del cauo fià l'anima , e la cappa_tj,
doue il bronzo fi getta. Armatociò, l'Artefice comincia a pigliar della te:
fottile
con cimatura, e fterco di cauallo, come dilli battuta in/ìeme, e coii_j>
diligenza fà vna incroftatura per
tutto fottiliiiìma, e quella laicia feccare , e così
tOlra per volta fi l'altra incroftatura, con lafciare feccare di continuo, fin che
viene interrando, & alzando
alla groiTezza di mezo palmo il più. Fatto ciò, qiie'
fcrri
, che tengono l'anima di dentro, fi cingono con altri ferri, che tengono di
fuori la cappa,& a quelli fi
fermano,e l'vn, e l'altro incatenati,e ferrati fanno reg-
gimento Γνηο
a l'altro. L'anima di dentro regge la cappa di fuori, e la cappa di
fuori regge
l'anima di dentro. Vfafi fare cerre cannelle fra l'anima, e la ca ppa ,
le quali fi diPxiandano vent·, che sfiatano ; li'insù, e fi mcii^onc) verbigratia > da vn
ginocchio, a
vn braccio, che alzi ; perche quelli danno la via al mecailo di foccor-
rere
quello, che per qualche impedimenro non venifie, e fe ne fanno pochi, &
aiTai fecondo, che è 'difficile il getto. Ciò fatto Γχ và dando.il fuoco a t;à.· cappa
egualmente per tutto » tal che ella venga vnita, & ^ F^'^o a poco rifcaldarfi ; rin-
forzando il fuoco fino a tanto, che la forma s'infuochi tutta di n:aniera, che la ce-
ra, che e nel cauo di dentro, venga a flruggerfi ' tale.che ella efca tutta per quel-
la banda, per la quale fi debbe gittate il
metallo, fcnza che ve ne rimi^nga den-
tro niente.
Etaconoicereciò, bifogna quanaoi pezzi s'innefiano fu la figura
pefariipezzoper pezzo 5
cosi poi nel canate la cera ripefarla , e facendo i ca-
io di quella, vede l'Art eficefen'èrimaftafà l
'anima, e la cappa, e quanta n'è
vicita. Efappi, chequi confifte la e la diligenza dell'Artefice aca-

uare tal cera ; doue fi moftra la difSculrà di fare i getti, che venghino belìi,

Attefoche rimanendoci punto di cera, ruinarebbe tutto il getto, maffi-

netti

mamente in quelle parti doue eìTà rimane. Finito quello, l'Artefice fottena-às.
queftà forma vicino alla fucina, doue il bronzo fi fonde,e puntella, sì che il bron-
zo non la sforzi, e li fà le vie, che pofia buctarfi, & al fommo lafcia vna quan-
tità di groflezza, che fi polla poi legare il bronzo, che auanza di quella mate-
ria
j è quello fi fa perche venga più netta ; Ordina il metallo, che vuole, e per
ogni libra di
cera ne mette,dieci di metallo. Fa0i la lega del metallo flatuario j

. ■ di

CBniinuMtio·
ne del lauoro.

C»mt fi facci
la c»ppà,ò in·
ΐηβΛίΗ'Λ e-
fitriore^

É vinti, è loro
vfetti ntlget·
Kflre·

Sììligtn'U
W^rtt,

y^rwe come

ΙΙηΦ**

^u»Utk,e le*
gm Àilmital'
l9.

-ocr page 51-

S C V t τ V R A.

di,due terzi rame,'&vn terzo ottone, fecondo l'ordine Italiano. Gli Egittij
(da'quali quefta Arte hebbe origine, metteiiano ne! bronzo i due terzi ottone,&
ivn terzo rame. Del metallo elletto 5 che
è degli aicri più. fine, fi mette due parti
rame, e la terza argento. Nelle campane per ogni cento di rame xx. di (lagno:
& a rartigliede per ogni cento di rame,dieci di
ftagno,accioche il fuono di quel-
le fia più iqniJIantC} de vnito. Reftaci hora ad iniegnare, che venendo la figura
con mancamento; perche
folle il bronzo cotto, ο fottile, ο roancafie in qualche mc^o di rmà
parte, il modo dell· inneftaruivn pezzo. Et m quello cafo lieui l'artefice tutto diare » i di.
quanto il tnfto,che è in quel getto, e facciaui vna buc^ quadra cauando la fotte fitti delgetttf
fquadra ; di poi le aggiurti vn pezzo di metallo attuato a quel pezzo » che verità
in fuora quanto gli piace. E comraello^appunto in quella buca quadra col mar-
tello tanto le percuota, che lo faldij e con imf, e ferri faccia sì, che io pareggi, e
Del fitr getti
finifca in tutto. Hora volendo Tarcefìce gettare di metallo le figure picciolc_j?i fww^A
quelle fi fanno di cera, ο hauendone
di terra, ο d aJcra materia, vi fopra il cauo
di geiTo, come alle grandi, e tutto il cauo fi empie di cera. Ma bifogna, che il
cauo fia bagnato: perche buttandoui detta cera , ella fi rappiglia per la fireddezza
dell'acqua, e del cauo. Di poi, fuentolando, e diguazzando il cauo, fi vota la ce-
ra, che è in mezo del cauo : di maniera, che il gei co reila voto nel mezo : il qual
voro, ο vano riempie l'artefice poi di terra, & vnxette perni di ferro. Quefta_<*
terra ferue poi per anima; ma biiognalafciarla leccar bene. Da poi fà la cappa»
come all'altre figure grandi, armandola , e mettendoui le cannelle per li venti, la
cuoce di poi, e ne caua la cera ; e cosi il cauo refta netto, si che ageuolmente fi
poiiono gitcare. Il fimile fi
de'baffi, e de'mezi rilieai, e che d'ogni altra cofa di
iiiiecallo. Finiti quelli getti, l'artefice di poi, con ferri appropriati, cioè Bulini,
Modo dì dai
Ciappole, St rozzi, Ceielli, Puntelli, Scarpelli, e Lime, lieua doue bifogna; e do- eevtpimeate
U^bifogaa fpigne all'indentro, e rinerta le baue; e con altri ferri, che radono,ra- »lgtm*

j quando ii iauora. Aicani con 011010 ranno venire jyìuerfì coleù
reto ; altri con l'aceto Io fanno verde ; & altri con la vernice li danno il colore di delhon^o,
neroj tale che ogn'vno Io c -nduce, come più gU piace. Ma quello, che veramen-
te è cola marauirliofa, è venuto
a tempi noftn quello modo di gettarle figure,
così grandi, come picciole, in tanta eccellenza, che molti maeflri le fanno vent-
re nel getto in modo pulite, che non fi hanno a rinettare con ferri, e tanto fottili
Jφtto àelk
quantoè vna coilok di coltello. E queUo, che è più alcune terre," e ceneri, che fer^e per fitr
a ciò s'adoperano, fono venute in tanca finezza, che fi gettano d'argento, e d'oro gξtti fuliii,
le Ciocche della ruta, & ogni altra fottile herba, ο fiore ageuolmente, e tanto hc-
che così belliriefcono come il natLirale. Nel che fi vede quella arte efiere in
maggior eccellenza, che non era al tempo degli antichi.

Coni d'acciaio per fare le τηεάαφ di broriT^y 0 d'altri metalli^ e comi
^lle fi fanno di φ metaili, di pietre orientali^ e dì
Carnei. Cap. XIL

V Olendo fare le ixjedaglie di bronzo, d'argento, ο d'oro, come già le fe- cmefiMfi^

ceiO gii antichi, debbe l'artefice primieramente con punzoni di ferro, e&im le ma-
«tagliare di nlieiio 1 pimzon, nell'acciaio indolcito a fuoco, a pezzo per pez-P^r f^
izo ^orae per elempio la tefta (ola, di riheuo ammaccato in vn punzone foie m^Hi''-

d'ac-

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ζ Β DELLA

d'acciaio, e così l'altre parti, che fi commettono a quella. FabBricaticosi d'ac-
ciaio tutti i punzoni, che bifognano per la medàglia, fi temprano col fuoco, & in
fui Conio dell'acciaio itemperato, che debba feruire per cauo, e per madre dell»
medaglia, fi và improntando a colpi di martello,e la teib, e l'altre parti a' luoghi
loro. E dopo l'hauere improntato il tutto, fi và diligentemente riaettando,
ripulendo » e dando fine, e perfettione al predetto cauo, che hà poi a ieruire per
V/o dìfat cA' madre. Hanno tutta volta vfato molti Artefici, d'incauare con e ruote le dette
Mi con mete, madri, in quel modo, che fi lauorano d'incauo i Criftalli, i Diaipri, i Calcidonij,
$hs feruono λ le Agate, gli Ametifti, i Sardomj, i Lapis lazoli > i Cnfoliti, le Corniuole, ί Ca-
lauorar Cri» j^gj^ g l'altre pietre Orientali j 8c il così facto lauoro, fà le madri più pulite > come

ttaUi . e bietiTÉ _ i ί_______j____ χτ_!_____ i______r.J IJÌ.____

itttptetri ancora le pietre predette. Nel medefimo modo fifa il rouefcio della medaglia j
sTgm làprat. ® ^^ madre della tefta, e con quella del rouefcio, fi ftampano medaglie di ie-
ùL· Atll'Ar- ra, ò di piombo , le quah fi formano di poi con fotcìhffima pokiere di terra atta a
fe, C-Ò, nelle quali forme, cauatane pi-ima la cera, ò il piombo predetto, ferrate den-

tro a le ftaffe, fi getta quello fteflo metallo, che ti aggrada per la medaglia. Que-
ili getti fi rimettono ne. le loro madri d'acciaio : e per forza d. viti, ò di lieue, &: a
colpi di martello fi ftringono taimente, che elle pigliano quella pelle dalla ftam-
CmisHm Ρ''' che elle non hanno prefa dal getto.
Ma le monete, e l'altre medaglie più
frontino temo ' s'improntano fenza viti, a colpi di martello con mano, e quelle p:etri_;fc
nete, ώ* «'f* Orientali, che noi dicemo di fopra, s'intagliano di cauo con le ruote per forza di
lettori di cauo fmerigUo, che con la ruota confuma ogni torte di durezza di qualunque pietra fi
fia
. E l'Artefice và fpeilo improntando con cera quel cauo , che ei lauora, & in
quefio modo và leuando doue più giudica di bifogno, e dando fine all
'opera. Ma
Carnei eemefi i Carnei fi lauorano di rilieuoj perche efiendo quella pietra faldata, cioè bianca
lanirm* fopra, e fotto nera fi và leuando del bianco tanto, che, ò teda, ò figura reftì di
baiTo rilieuo bianca nel campo nero. Et alcuna volta per accommodarfij
tutta la teih, ò figura venga bianca in fui campo nero, fi
vfa di tignare il campo,
quando ei non
è tanto fcuro, quanto bifogna. E di quefta profeffione habbia-
mo vifte opere mirabili, e diurne antiche, e moderne.

Come diflucco β conducono i Imori bianchi, ^ modo del far ε la forma
di fot io murata, e come fi lauorano.

Cap, XIII'

SOIeuano gli Antichi, nel volere fare volte, òincroilature, ò porte, ò fine-
ilre,òaltriornamenridiflucchibianchi; fare l'oila di forco di muraglia,
materie ^ 5 jj mattoni cotti, oueiO di tufi » cioè faiTì, che fiano dolci, e fi poiTino

alili" ' ragliate con facilità,^ e di quefti murando faceuano l'oila diiotro; dandoli, ò
forma di cornice, ò di
figure, ò'di, quello, che fare voleuano, tagliando de'
mattoni, ò delle pietre » le quali hanno a eilere murate con la calce. Poi coii_j.
Io fiucco, che nel capitolo quarto dicemo, impailato di marmo pedo, e di cal-
ce di Treuertino, debbano
fare fopra l'olia predette, la prima bozza diihicco
ruuido, cioè giOÌÌò, e granellofo, accioche vi fi poiTi mettere fopra il più fotti-
Af4rint»2it le, quando quel di fotto hà fatto la prefa, e chei^a fermo, manonfecco afat-
*Jtfitct. to . Perche iauorando la malia della materia in sii. quel che è hnmido ; fà mag-
gior preia, bagnando di continuo doue lo ftucco fi mette : accioche fi rendiU^
3ui facile alauoravlo. E volendo fare cornici, ò foghami intagliati, bifogna,-.»
lauere
forme di legno, intagliate nel cauo, di quelli fteffi intagli, che tu vuoi

fare.

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S evi τ ν R Α. 39

Ìàre. E fi piglia Io ftucco, che fia non fodo fodo, ne tenero tenerojma di vna ma-
niera regniente, e iì mette sù l'opra alla quantità della coia, che fi vuol formare»
e vi fi mette Copra la predetta forma intagliata > impoluerata di poluere di rnar-
ttio,e picchiandouisiicon vn martello,che jl colpo fia vgiiale>rella lo Uucco im-
Ptr latiorar
prontato j il quale fi và rinettando, e pu endo poi accioche venga il lauoro dirit- Λ ""fiìicto ton
to,&vguale. Ma volendo, che
Topera habbm maggior nlieuo allo in fuori fi
conficcanoidoue ell'hà da eflere ferramenti,ο chiodi, ο altre armadure fimilijche
ten^hino ioipeio in aria Io ftuceo, che fa con elle prefa grandiffima, come negli
edihcijanr.chifi vede, ne'quali fi trouano ancoragli ilucchi j&i ferricooferna-.
ti fino a! dì d'hoggi. Quando vuole adunque l'artefice > condurre in muro piano
vn'illoria di bailo nlieuo conficca prima in quel muro i chiodi fpeiThdoue meno»
e doLie più in fuori, fecondo che hanno a ilare le figure, e tra quelli ferra pezza-
mi piccioli di mattoni, ο di tufii a cagione che le punte, ο capi di quelli j tenghi·
no li primo fiucco groiso, e bozzato, & apprefi o Io và finendo con pulitezza; e
pacienza, che e'fi rafsodi. E
mentre che egli indunfce, l'artefice Io và diligente-
mente lauorando, e ripulendolo di contmuo co'pennelli bagnati, di maniera»
che elo conduce a petfettione, come fe e'fufse di cera, ο di terra. Con quefta
maniera medeiìma di chiodi, e di ferramenti fatti a pofta maggiori r e minori fe-
condo il bifogno, fi adornano di ftucchi, le volte, gli fpartimenti,e le fabbriche
vecchie, com'è fi vede coftumaifi hoggi per tutta Italia, da molti maeftri, che fi /^«j^
ibn dati a quefio efercicio. Ne fi debbe dubitare di lauoro così fatto, come di co-
fa poco diirabile;perche e'fi conferua infìnitamente,& indurifce tanto nello ftar
tatto, che e'diuenta col tempo come marmo. '

C onte fi conducono le figure di legno, e che legno fta buono a farle»

Caf. XIV.

C Hi vuole che le figure del legno fi poUno condurre a perfettione>bifogna> lAodtlli » éS
che e'ne Eiccm prima il modello di cera, ο di
terra, come diceino. Qiiefta eomaopet cS'
force di figura fi è vfata molto nella chriftiana religione attefoche infiniti mae- ift^^l'figtire
ftri hanno fatto molti
CrcJfiiIi „ e<iiuerre altre cofe. Ma in vero, non fi dà mai
al legno quella Curnofità, ο morbidezza, che al metallo, al marmo, & all'altre
Scultivre,chenoiveggiamo,odiftucchi,odicera,oditerra. Il migliorenien-
Zegm dt ίί·
tedimanco tra tutti i legni, che fi adoperano alla Sculturasè il Tiglio; Perche egli gho buon».

i pori vguali per ogni lato, vbbidifce piti ageuolmente alla lima > & afìo
^carpello. Ma perche Γ Artefice, eiTendo grande la figura , che e'vuole, non può ^

lare il tutto d'vn pezzo folo, biiogna ch'egli lo commetta di pezzi, e l'alzi, & in- commetterpià

ufP' "" ancora opere di bofsolo^lodatiffìme; & ornamenti di no-
cebeilillimi, i qu^u ^^^^ ^^^e, che fia nero, apparifcono Quafi

di bronzo, t e ancora habbiamo veduti intagli in noccioli di friitte come di ciré- DilhenU de
gie, e mehache di mano di Tedefchi, molto eccellenti ; lauorati con vnapacien- gh
za, e iotngliepa grandiffitna. E fe bene e'non hanno gli itranicri quel perfet- fitmtm

S» nt fam»
vary aAomtu
menti di voU
th

Manfemi
mente di t»i

iodifegno> che nelle cole loro dimoftrano gl'italiani,'hanno niente ώ meno

ope-

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DELLA SCVL'TVRA;

operato, & operano conriniiamente in guifa > che riducono le cofe a tanta fot-
tigìiezza, che elle fanno ftupire il mondo. Còme fi può veder'in vn'opera, ο per
meglio dire in va miracolo ώ legno di mano
di maeftro Ianni Franceie > il quaL
habitando nella Città di Firenze, là quale egli fi haueua eletta per patria ? pirefe
in mòdo nelle cofe del difegno, del quale gli dilettò fempre la maniera Italiana*
■ che coti la prattica, che haueua nel kuorar illegno, fece di tiglio vna figtiradVh
Sati Rocco grande,-quanto il· naturale. E conduile con fottiliffimo iritagiio tan-
^ tó morbidi, e traforatii pànnijche la veftònoi & in modo cartofi,econ_bel!9 ari-
" ifar Poidine delle pieghe, che non fi può veder cofa più
marauigliora. Similmeii-
te condtiile la tefta, la barba, le mani,e le gambe di quel Sanro""con tanta perfet-.
5·· £ione,che ella hà meritato,
e meriterà fempre lode infinita da tutti gii huo« ' '
■ ^ mini, e che è più, acciochefi ve0a in tutce le fue parti l'eccellenza
deH'artefice,è
ftataconferuara m Γφο a hoggi quefta figura nella
■ Nudciata di
Firenze, fotto il pergamo,fenza alcuna coper-
'-ta ai cóioi-i, ο di pitture, nello Mo color del legna-·

me, e con la fola pul^^

' · niaeftro Ianni le diede belhiTìma fopra tut-
, te l'altre, che fi veggia intagliata
legno. E quello baili breuemen-
Λ te hauer détto delle coie

delia Scultura. Pai-
fiaino bora ali"

Lauoro di
Μ. ImrtL

PittlUT

3bEL-

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DELLA

PITTVRA

Che co fa fm difegno, e come fi fanno, e β conofcono le ìmone TitPire, ^ ^Jjg^ g
dell" imentione delle florie, Cap. XF".

Ρ

Definimni

iion^fia ,che vna apparente eipreitìone 5 e dichiarationedel concetto, chefihà dddtftgm*
nell' animo, e di quello, che altri fi è nella mente imaginato, e fabbricato nell'
Idea. E da quefto per
auuentura nacque il pròuerbio de'Greci ; dellVgna vn_j
Leone, quando quel valente huoino,vedendo fculpita in vn maiio l'vgna Γοΐ3_ώ
d'vn Leone, comprefe
cón hntelletto da quella miiura, e forma, Je parti di tutto

ERCHE il Difegno, padre delle tre Arti noftre, Architettura, Sciiltu- che fm il di
ra» e Pittura» procedendo dairintelletto, caiia di molte coie vn giudido fis»" m
vniueriale, fimile a vna forma, ο vero Idea di tutte le cofe della naturaj
la quale è fingoktiffima nelle fue miiiire, di qui è, che non iole ne i
corpi humani, e degl'animali', ma nelle piante ancora» e nelle fabbriche, e Scul-
ture, e Pitture cognoice la proportione, che hà il rutto con le parti, e che hanno
ie parti fra loro, e col tutto iniìeme. E perche da queib cognicione nafca viL-»
Certo concetto, e giudicio, che Γι forma nella mente quella tal cofa, che poi ef-
P^'^fla con le mani fi chiama Dile^o, fi può conchiudere, che eflo difegno altro

rii
ar

31Γ

. -----.prefe cón hntelletto da quella miiura, e forma, Je parti di______

i Animale, e doppo il tutto infieme, come fé l'haueile/hauuto prefenre,e dinan-
^'^^glocchi. Credono alcuni, che il padre del D ifegno, e dell'Arti fuiTe il cafo, D» ekìpr^^
^ come balia,e pedagogo Io nutriilero con l'aiuto della
^otto il diftì

1 quefto difegno hà bifogno, quando caua Pinuentìone d'vna qual
che cola dal giudicio, che la mano fia, mediante Io ftudio,
& efercicio di molti AttitHclìm
anni, fpedita, & atta a difegnare, & efprimece bene qualunque cofa hà la natu- ddU
ra creato con penna, con ftue, con carbone, con matita, ο con altra cofa ; perche t^r difegnare,
quando Pintelletto manda fuori i concetti purgati, e con giudicio, fanno quelle
mani, che hanno molli anni efiercitati il difegno, conoicere la perfezzione,
scultori ha
eccellenza dell'arti, & il fapere dell' Artefice infieme, E perche alcuni Scultori βφ ì^"»»·
^al volta non hanno molta prattica nelle hnee ,e ne dintorni, onde non poiìono bto d$ dtfegno

oitegnare in carrai eglino in quel cambio con beiia proportione, e mifurajfacen- J^"" "

do con terra, ο cera huomini, animali, & altre cofe di nheuo, fanno il medefi- ® ..

mo, che fà colui, il quale perfettamente difegna in carca,o in sù alcri piani. Han- **

no gli huomini di quelle arti, chiamato, ο vero difiinto il difegno in vanj modi, Su ferho^
e fecondo le qualità de' difegnt, che fi fanno. Quelli, che fono rocchi 1 eggiet- prtncipal»
mente, & a pena accennati con la penna, ο altro fi chiamano fchizzi, come fi di- mate ali Af
tà in altro luo^o. QuegU poi, che hanno le prime linee intorno intorno, fono chitettttt»^
chiamati profili, dintorni, ο lineamenti. E tuttiquefli, ο profili, ο altrimenti,che
^Ogliam chiamarli, feruono così all'Architettura, e Scultura , come alla Pittura»
niaall'Architetturaraaihmamente; percioche i difegni di quella non fono coin-
pofii (e non di linee» il che non è altro, quanto all'Architettore, ch'il principio,
e la fine di quell'arte, perche il reilante, mediante i modelli di legname, tratti
dalie dette linee, non l altroj.che opera di icarpellini, e muratori. Ma nella Seul-

f tura

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ζ Β DELLA

Come ferua- ti tura fei'ue ildifegno di tutti fcontorni, perche a veifura per veduta fé ne fertie
difigno alla jg Scultore, quando vuol difegnare quel a parte,che gli torna nieglio,o che egli
Scult firn. incende di fati, per ogni v^rfo, ό nel a ceira, ρ nelktérrai ο nel mamldj enei i.e-

gnoj ο altra materia. ^ '
£ tm". feruti Nella PittùraTeriióno ì lineamenti in piiVmodij ma particolarmente a dintor-
$ΑΙλ pittnrti^ nare ogni figura; perche quando eglino iono ben difegnati, e fatti giuili, & sl^
proportione; Fombre, che poi vi fi aggiungono ,
& i luriìi fono cagione , che i li-'
neamenti della figura, che fifa hàgrandiffìmo nlieuo,e riefce di turta bontà, e
l'ir imparar perfectione. E di qui naice, che chiunque intende, e maneggia bene qucfte li-
hene ti dtfe* nee, farà in cfafcuna di queile arti mediante la prattica» & il giuHicio eccellentif-

gm eo/a con* inno chr dunque vuole bene im
animo, e qual fi voglia cofa, fà
mano, che per diuenir più intel

tarare a efpnmere , difegnando iconcem dell'
1 bifogno, poi che hauerà alquanto ailueiatta la
. Igente neir ai-ti il eferciti in ritrarre figure di ri-
lieuo, ο di marmo di fafìio, ο vero di quelle di geilo form.are Cui viuo, ο vero fo-
pra qualche bella ftatua antica, ο si veramente rilieui di modelli fatti di terra , ο
nudi, ο con cenci interrati addoiio, che ieruono per panni, e veftimenti. Percio-
che tutte queftecofe, eiiendoimmobili, efenza fentimento fanno grande age-
uolezza, ftando ferme a colui, che difegna, il che non auuiene nelle cole viue,
fr/ttftca dal che iì muouono. Quando poi hauerà in diiegnando iìraiii cofe fatto buona prat-
naturale , fa tica , &aificurata la mano, cominci a ritrarre cofe naturali in effe faccia con
git hmmim ogni poffìbile opera, e diligenza vna buona, e iìcura prattica ; percioche le cofe,
mellmu che vengono dal naturale fono veramente quelle, che fanno honore α chi Γι è
in quelle affaticato, hauendo in fé ,:Oltrea vna certa grafia , & viuezza, di quel
iemplice, facile, e doIce,che è ρνορνίο della natura, e che dalle cofe lue s'impa-
ra perfettamente, e non dalle cofe dell arte a baflranza giamai. E tengafi per fer-
mo , che la pratnca, che fi fa con lo ftudio di molti anni in difegnando coinè fi è
detto dì fopra, è il vero lume del difegno, e quello, che fà gli huomini eccellen-
tiifirni. Hora hauendo di ciò ragionato a baiìanza , ieguita, che noi veggiamo,
che cofi fiala Pittura. '

Hìffinttione dunque vn piano coperto di campi di coiori, in fupetficie, ο di rauola, ο

àdla^mura. maiO: ο di tela,incorno a lineamenri detti di fof^ra,i quali per virtù di vn buon
difegr^o ii linee girare circondanolà figur?.. Quefco si fatto piano,,dal
con retto gi udicio nianrenuto nel mezo, chiaro, e negli eftremi, e ne'fondi fcu-
ro,& accompagnato era queifi, e quello da colore mezanotra il chiaro, e lo (cu-
ro·, à chevnèiido'ii infieme queiti tre cabi>i j turto quello, che è tra Γνηο linea-
inento, e "altro fi niieua, & appadfce tondo, e ipiccato, come s'è detto. Bene è
verbi-che quelli tre campi non poiiono badare ad ogni cofa minutamente, atte-
focheegh è neceifario diuidcre qualunque di loro almeno in due fpetie , facen-
do di quelchiaro dùe mezi, e di queìi'ofcuro, due più chiari, e di quel mezo due
Sfmi àtlfe altrimezi, che pendino,i'vno nel più chiaro,e l'altro nei pui fcuro. Quando que-
fmte» ile tinte d'vn color folo, qualunque egh fi fu faranno n;emperate, fi vedrà a poco

a poco cominciare il chiaro, e poi meno chiaro, e poi vn poco più fcuro > di ma-^
ctfHi· niera ch'a poco a poco trouerenio il nero ichietto. Fatte dunque le meiliche,
iì chiara· » t cioernefcolati inijeme quelli colori, volendo lauorare, ο a olio, ο a tempera,ο in
e carne ft-fco; fi và coprendo il lineamento, e mettendo a'iuoi luoghi i chiari, e gli fcu-
/ ccnAuca cow jj^ Sc ì mezi, e gli abbagliati de'mezi, e de'lumi ; che fono quelle tinte mefcolàre
ce/U' ^ ^ mezano, e icuro; i quali chiari, e mezani, e fcuri, ik abba-

s^fmu cauano dai cartoni, ο vero altro difegnojche per tal cofa è fstco, per por-

lo

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ρ I T τ ν R Α. 41

to in opra ; il qual'è neceilario > che fia condotto con buona collocatione, e difé-
gno fondaco, e con giudicio,& inuentionc, attefoche la coliocatione non è altro
nella Pittura,
che haiiere fpartito in quel loco, doue fi fa vna figura, che gh fpa-
tij fiano
concordi al giudicio deirocchio, e non iìano disformi,che il campo fia in
vn
luogo pieno, e nell'airro vuoto, la qual cofa nafca dal difegno, e dall'hauere
ritrarrò, ο figure di naturale viue, ο da modelli di figure fatte per g uello , che β
voglia fare. Il qual difegno non può
hauere buon origine, fe non s'hà dato con-
tinuamente opera
a ritrarre cofe naturali, e ftudiato Pitture d'eccellenti maeftri,
e di ftatue antiche di rilieuo, come s'è tante volte detto. Ma fopra tutto il me-
ghó è gl'ignudi degli huci-mni viui, e femine, e da quelli hauere prefo in memo-
ria, per lo continuo vfo i mufcoli del torio, delle fchiene, delle gambe, dell^
braccia, delle ginocchia, e l'oiia di rotto,e poi hauere ficurtà,per io molto (ludio,
che fenza hauere i naturali innanzi,
Ci poiia formare di fantaiìa da fe attitudini,
per ogni veifo ; cosi hauer vedutodegh huomini fcorticati, per fapere com<_>
ftanno l'olia fotto, & i niufcoli, & i nerui, con tutti gli ordini,
e termini della-.»
Notomia ; per potere con maggior ficurtà, e più rettamente fitiiare le membra
nell'huomo, e porre i mufcoli nelle figure. E coloro, che ciò fanno, forza, è che
faccino perfetramente i contorni delie figure, le quali dincornate come elle deb-
bono, moftrano buona gratia, e bella maniera. Perche chi ftudia le Pitture ,
Sculture buone, fatte con firail modo, vedendo, & intendendo il viuo, è neceila-
rio, che habbi fatto buona maniera nell^arte. E da ciò nafce l'inuentione, la qua-
le fa mettere infieme in hiftoria le figure
a quattro, a le!, a dieci, a venti, talmen-
te , che fi viene a formare le battaglie, e l'altre cofe grandi dell'arte.
Quefta in-
uentione vuol'in fe vna conueneuolezza formata di concordanza, ed obedienza,
che s
'vna figura fi muoue per falutare vn'altra,non fi faccia la falutara vokarfi! in-
dietroj hauendo a rifpondere, e con que/la fimilitudine tutto il redo.

La iftoria fia piena di cole variate, e differenti l'vna da l'altra, ma a propofiro
iempre di quello,che fi fà, e che di mano in mano figura Io Artefi. e, ii quale deb-
be diflinguere i gefli, e l'attitudini facendo le femine con aria dolce, e beila, e ίϊ-
milmente i giouanijMa
i vecchi, graui fempre di afpetto,& i Sacerdoti malTima-
inente, e le perfone di au.oricà. Auuertendo però iempremai, che ogni cofa cor-
rifponda ad vn :utto deila opera, di maniera, che quando la Pittura fi guarda,
vi
fi conofca vna concordanza vnita, che dia terrore nelle furie, e dolcezza negli ef-
fetti piaceuoli; E rapprefenn in vn tratto la intentione del Pittore, e non le cole,
che e'non penfaua. Conuiene adunque pei-q«efto, che e'formi le figure , che
hanno ad eiier fiere, con mouencia, con gaghardia ; E sfugga quelle, che fono
lontane da le
prime, con l'ombre, e con i colori a poco, a poco dolcen lente ofcu-
maniera, che l'arte fia accompagnata fempre con vna graria di facilità , e d;
pulita leggiadria di colon i E condotta l'opera a perfettione , non con vno iiento
di palTione crudele, che "li huomini, che ciò guardano habbiano a patire pena_j
de la
palTìone, che in ta?opera veggono fopportata dallo Artefice ; Ma da ralle-
grarli della felicità, che la fua mano habbia hauuco dai Cielo quella agilità, che
■renda le cofe finire con iftudio,e fatica sì, ma non con lilento; tanto,che doue elle
fono poite, non fiano morce, ma fi apprefentino viue-, e vere, a chi le confiderà.
Guardinfi dalle crudezze, e cerchino, che le cofe, che di continuo fanno, non^
paino dipinte, ma fi dimoftn„o viue, e di nlieuo fuor della opera loro ; E quello
è lì vero difegno fondato, e la vera inuentione, che fi conofce eller data da chil e
hà fatte, alle Pitture;
che fi conoicono, e giudicano come buone.

f a De^li

Ώ» che

ita erigine ti
buon dtfegno.

Da che ηφΛ
Vinmntione».

Dìflrihuttent
ctell'ifiori».

jiccompagn»'
mento di l/mn
giudicto nslU
h^re.

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44 D ELLA

Degli fchi7;2^difegni, cartoni, & ordine diprofpettiue 5 e per quel 3 che fi fama}
& a quello, che i Vittori js ne feruono »
Cap» XVI.

Gli fchizzi tie' quali fi è fauellato di fopra chiamiamo noi vna prima forte di
difegni, che fi fanno per trouare il roodo delle
attiraclinÌ3& il primo com-
ponimento dell'opra. E
fono fatti in forma di vna macchia, Se accennati folamen-
te da noi in vna /ola bozza del tutto. E perche dal furor dello Artefice fono
in
poco tempo con penna > ò con altro difegnatoio > ò carboneefprefiì folo per ten-
tare l'?.nimo di quel che
gli fouuiene perciò fi chiamano fchizzi. Da quefti dun-
que vengono poi rileuari in buona forma i difegni >
nel far de' quali con rutra_i»
quella diligenza, che fi può fi cerca vedere dal viuo, fe già l'Artefice non fi fentif-
ie gagliardo
in modo, che da sè li potefle condurre. AppreiTb mifuratili con le
feite, ò a occhio, fi ringrandifcono dalle miiiire piccicde nelle maggiori, fecondo
l'opera, che fi hà da fare. Quefti fi fanno con varie cofe, cioè, ò con lapis roiio,
che
è vna pietra, la qual viene da m onti di Alenragna ^ che per eflerj:snera, age-
uolmente fi fega, e riduce in punte fottili da fegnare con efle in sii i fogli,come tu
vuoi : ò con la pietra nera, che viene de'monti di
Francia, la qual' è fimilmente
come la
roisa ; altri di chiaro, e fcuro, fi conducono su fogluinti, che fanno vn_j
mezo, e la penna fà il lineamento, cioè il d'intorno, ò profilo, e rinchioftro poi
con vn pocod'2cqua^fa vna tinta dolce ^ che Io vela, & ombra di poi con vn pen-
nello fottile intinto nella'biacca ilemperata con la gomma fi lumeggia il difegno,
€ queito modo è molto alla pittoreica
j e moftra più l'ordine del colorito » Molti
altri fanno con
la penna fok, lafciando i lumi del a carta, che è diffidle, ma mol-
to maeftreiiole ; & infiniti altri
modi ancora fi coftumano nei dii^nare de' quaK^
non accade fare mentione,
perche tutti rapprefentano vna coCa. medefima, cioè il
difegnare.
Fàtd così i difegni, chi vuole lauorar in frefccycioé in muro, è necef-
fario, che faccia i cartoni, ancoraché e'ficoftumi per molti di fargli per lauorar
anco
in tauola. Qiiefti cartoni fi fanno cesi j impaftanfi fogli con colla di ferina
& acqua corra al fuoco, fogli
dico, che fiano fquadrati»e fi tirano al muro con l'in·
eollarli attorno due dita verfo il muro eon la medefima pafta^E fi bagnano fpruz»
zandoui dentro per tutto acqua freica,
e così molli fi tirano, acciodrse nel feccar-
fi , vengano a diftendere ilmolle delle grinze
. Do- poi quando fono iecchi fi van-
no con vna canna lunga ^chehabbiain
cima vn carbone, riportandoful cartone
per giudicar da difcofto rutto quello, che nel difegno picciolo è difegnato, con
pari grandezza, é cosi a poco a poco quando a vna figura, e quando a l'altra dan-
no fine. Q^ui fanno i Pittori tutte le fatiche dell'Arre del ritrarre dal viuo ignu-
di, e panni di naturale,
e tirano le-prorpetci»^ con tutti quelli ordini, che piccioli
fi fono fatti- in sii fogli, ringrandendoh a pfoportione. E fe in quelli fiaiTero pro^
ipetriuejòcafamennvfiringrandifconoconlarete; La qual'è vna graticola_4»
di quadri piccioli ringrandita nei
cartone, che riporta giuftamente ogni eofa_j »
Perche chi hà tirate leprofpettiue ne'diiegni piccioli, cauate di sù la pianta>
alzate col profilo,
e con la interfecatione, e col punto fatte diminuire, e sfug-
gire j
biiogna, che le riporti in fui cartone. Ma del modo del ti-
rarle, perche ella è
cola faftidioia > e difficile a darfi ad intendere, non voglio
io parlare altrimenri. Bafta, che le profpettiue fon belle tanto, quanto
fiiiiollranogiufte alla loro veduta> e sfuggendo fi allontanano dall'occhio.

Equaa-

Cpmeftforni-
ne i /chtX^ 't »
^ a cheftrHi-

Sireportam
in difegnì con
varie matgm

mtcmo^ù

Itfo·^
gnmo per la·^
mm inftefco

ì>·

ìtne^fanm
gran /ludi» i
firterh

Wfo Atll^ tets
f^r riportare
ingrmdt,

^mlitkMt
^roffmitit,·

-ocr page 59-

ρ I τ τ ν R a; 4j

E quando elle fono compofte con variato, e bello ordine di cafamenti. Bifogna
poi che'l Pittore h^bia rifguardo a farle con proportione fminuire con la dol-
cezza de' colorirla qual è neirArtefice vna retta dircrettione,& vn giudicio bue- offeraatmii
no, la caiiia del quale
fi moftra nella difficoltà delle tante linee confufe colte^ degradare
dalla pianta, dal profilo, & interiecatione, che ricoperte dal colore reftano vna " '
faciliflìma cofa> la qual fà tenere l'Artefice dotto, incendente, & ingegnoib nel- „/■ .
i-arte. Vfono ancora molti maeftri innanzi, che faccino la ftoria nel cartonei fa- liTSeTer/i
re vn modello di terra in sù vn piano, con fituar tonde tutte le figure, per vedere ^LimmL
gli sbattimenti >cioè l'ombre, che da vn lume li caulano addoflo alle figm-e, che
fono quell'ombra tolt a dal Sole, il quale
più crudamenre? cbe il lume le fà in ter-
ra nel pianoper l'ombra della figura. E di qui ritraendo il tutto deli' opra hanno
fatto ì'ombre, che percuotono addoflo a l'vna, e l'altra finirà, onde ne vengono
i cartoni, e l'opera^per quelle fatiche, di perfettione"^, e di forza più finiti e dalla
carta fi fpiccano per il ri ieuo. Il che dimollra il tutto più belìo, e maggOrmen-
te finito. E quando quelli cartoni al frèfco, ò al muro s'adoprano, ogni giorno Slip ΛίΤΖ»
nella commettitura fe ne taglia vn pezzo, e fi calcaful muro, che fia incalcinaro ^^(irk frtkt^
di frefco, e pulito eccellentemente» Quello pezzo del cartone fi mette in quel ■

luogo, doue s'hà a fare la figura, e fi consrrafegoa : perche l'altro dì, che fi voglia
rimettere vr/altro pezzo, fi riconofca il fuo luogo appunto, e non polla nafcere
errore. Apprello per i d''intorni del pezzo detto, con vn ferro fi và calcando
iu
sù l'intonaco delia calcina, la quale per eflere frefca, acconfente allà carta, e cosi
ne rimane legnata. Per il che fi leua via il cartone, e per que' fegnf, che nel mu-
ro fono calcatiyfi và con i colori lauorando, e cosiTrconduce il lauoro in frefco, α .
in muro. Alle tauole, & alle tele fifa il medefimo calearo; ma il cartone ratto
Cmb^/ìì^ì^
d'vn pezzo, ialuoche bifogna tingeredi dietro il cartone con carboni, ò poluere ^ ^
nera, accioche fegnando poi col ferro, egli venga profilato, e dileguato aella te- * * **
la, ò tauola ► E per quella cagione i cartoni
fi fanno per compartire, che l'opra
venga gmfta, ε mifurata. Aliai Pittori fono, che per l'opre a oglio sfuggono ciò,,
ma pei· lUauoiO in flefco non fi può sfuggire y che non fi faccia. Malcerto chi;
trouò tal inuencione, hebbe buona fantafia s attefoche ne^'cartoni fi vede il giù*

dicio di tutta l'opra infiem_, e fi acconcia, e guada» fincheiliano bene Il sl^'

nell'opra poi noi può^rfi. "" . ,

Dslli [corti delle figure al difotto, in su, e di quelli in pìam ί
Cap^ χητ,

Η Anno hauuto eli Artefici tioftri vna grandìlTima aiiuertenza nel fare icef^ c^fm^m^
tare le figure, cioè nel farle apparire di più quantita, che elle non fono
vei-amente, eflendo lo fcorto a noi vna cofa difegnata m faccia corta, che all'oc-
chio , venendo innanzi non hà la lunghezza, òl'altezza, che ella dimoftra ; tue-
tauia, la groilezza, i d'intorni, l'ombre, & i lumi fanno parere, che ella venga in-^
nanzi, e per quefto fi chiama
fcorto. Di quefta ipetie non fu maiPittore, ò Oh
iegnatore, che faceGe meglio, che s'habbia fatto il noftro MichelasnoloBuona- ^ ,,.
roti: & ancoraneiTunoi^^'egHogli poteuafare, haaendoeglidwinamentefatto JT^fZ.
le figure d.nlieim. Egi,p4,|4-^ òd.ceraliàper queilovio fatto imo-
deih : e da quelli, che più del vino reftano fermi ,"hà canato i contorni lumi , c
i'ombre . Quelli danno a chi non intende grandiffimo failidio j perche non arri-,
«ano con
^ntelletfo alla profondità di tale dilSìcoltà, la qual'è la più forte a farla

bene?

-ocr page 60-

DELLA

bene, che neiTuna» che fia nella Pittura. E cerco i noftri vecchi, come amoreuolì
deli'arte, trouarono il tirarli per via di linee in proipettiua, il che non fi poteiu
fare prima, e li riduirero tanto innanzi, che hoggi s'hà la vera raaeflna di farli.
E
quelli yche li biafimano (dico delli Artefici noltri ) fono quelli, che non li fanno
fare, e che per alzare fe fteiiì, vanno abbaisando aliiuii. Et habbiamo afsai Mae-
ftri Pittori, i quali, ancoraché valenti, non fi dilettano di fare fcorti : E nientedi-
meno quando gli veggono belli, e difficili, non folo non gli biafimano, ma gli lo-
dano fommamente. Di quefta fpetie ne hanno fatto i moderni alcuni, che fono
a propofico, e difficili ; come farebbe a dir in vna volta le figure, che guardando
in sù fcortano, e sfuggono, e quefti chiamiamo al difotto in sù , c'hanno tanca_j
forza, ch'egli bucano le volte. E quelli non fi pofsono fare, fe non fi riciaggono
dal vino, ò con modelli in altezze conuenienti, non iì fanno fare loro le attitudi-
ni , e le mouenze di tali cofe. E certo in quefto genere, fi recano in quella diffi-
coltà vna fomma graria, e moka bellezza, e moftrafi vna terribiliffima arce. Di
qiieÌìa fpetie trouerece , che gU Artefici noilri nelle vite loro hanno dato gran-
diifimo riiieao a taii opere, e Condottele a vna perfetta fine, onde hanno confe^
gLuro lode grandiffima. Cliiamanfi fcorti
di Cocco in sù, perche il figurato è alto,
e guardato dall'occhio per veduta in sù, e non per k linea piana dell'orizonte.
La
onde alzandofi la tefla a volere vederlo, e fcorgendofi prima le piante de' piedi} e
J'altre parti di fotco, giuftamence fi chiama col detto nome.

Tìt'igin'^afa'
to ejjelto .

Segni fatti di
fotta in sà,

fmhtjmo
^à ditti.

Come β debbino ynire ì colori a-oglio, afrefco, ò a tempera, e come le carni^ i pati'
ni, e tutto quello che fi dipinge, venga nell'opera a vnire in modo, che le
figure non venghino dinife, & habbino rilieMo, eforT^ì e mojirino
l'opera chiara, & aperta .
Cap. XFIII-

L'Vnione nella Pittura è vna difcordanza di colori diuerfi accordati infieme, i
quali nella diuerfirà di più diuife, moflrano differeotemente diflinte l'vna,
<3αϋ altra, le parti delle figure , come le carni da i capelli ; & yn panno diuerfo di
colore, da l'altro. Q^ndo quefti colori fon meifi iu opera accefamente, e viuii
con vna difcordanza fpiaceuole, talché fiano tinti, e car chi di corpo, fi come vfa-
uano di fare già alcuni Pittori : il difegno
ne viene ad efiere offefo di maniera,che
le figure reftano più prefto dipinte dal colore ; che dal pennello » che le lumeg-
gia, &c adombra,fatte apparire di rilieuo, e naturali. Tutte le Pitture adunque ò
a olio, ò a frefco , òa.
mupew > fi debbon fare tahiiente vnire ne' loro colori ; che
quelle figure, chci^jiiélle Òone fono le prjncipalisvenghino condotte chiare chia-
re i mettendo i^àtiiD^'dicblòi^^ non tanto fcuro aJdoiÌo a quelle d'innanzi,chc_;»
quelle, che vanno «fepé^fi&bbino più chiari, che le prime ; anzi a poco a poco,
tanto quanto elle «imi nuendo allo indentro ; diuenghino anco parimente
di mano in manot jiièÌ (^bte delle carnagioni, e nelle veitimenta, più fcuro.
E principa^;neι^cèfΐfei^tó^randiίFll'l'la auuertenza di mettere fempre i colori
n,,\ „.,.1..· L.:-»!· ; ^ pj^-iìeili, nelle figure principali, & m c uelle maiTì-

che ft» vn'tO'
ne neHn i'tt»
tur ito

Difetti del
modo di colo·
rire,

Auuertimtn
to nella difln
Ifutioite de'co·
lori,

Nel cotfifiar'
ìir t colori ptk
^ meno vaghit

fmor·
aianinconici >

-ocr page 61-

ρ I τ τ ν R Α. 47

e pallidi fanno parere più allegri quellij che li fono a canto, e quafi d'vna cerra_j CoUri.
bellezza fiammeggianti. Ne fi debbono veftire gli ignudi di colori tanto carichi pafieggi^
di corpo, che diuidmo le carni da'panni, quando detti panni attraiieriaffino detti
ignudi, ma i colori de'iumi di detti panni fiano chiari fimiii alle carni, ο gialletti,
ο rofignij ο violati, ο pauonazzij con cangiare i fondi icurettij ο %'erdij ο azurrijO >
pauonazzi, ο gialh ; purché traghino a lo'oicuro, e che vnitamente fi accompa-
gnino nel girare delle figure, con le lor ombre, in quel medefimo modo, che noi
vergiamo nel viuo,che quelle parti, che ci fi appreientano più vicine ali'occhic,
5iii hanno dilume, e l'altre perdendo di vifta,perdono ancora dellume, e delco-
^ ore. Così nella Pittura fi debbono adoperare i colori con tanta vnione, che e' yfi de' coleri
non fi laici vnoicuro 5 &vn chiara sì fpiaceuolmente ombrato) e lumeggiato,
con vnimcse
che e'fi faccia vna d.fcordanza, & vna difunione (piaceuole ,faluoche neglisbat' doUtiz»^
cimenti^ che fono quell'ombre, che fanno le figure adoflo Tvna all'altra , quando
vnltimefolo percuote adoilo a vna prima figura, che viene adombrare colfuo
sbattimenro la feconda. E quefii ancora, quando accaggiono j voglion eflerdi-
Btfetfo <tff'
pinti con dolcezza, «fe vnitamente. Perche chi gli difor dina, viene a fave, che_j fefa mal tr-
quella Pittura par più predo vn tappeto colorito, ο vn paro di carte da giocare,
che carne vnir-g, ο panni morbidij ο altre cofe piumofe» delicate, e dolci. Che sì
come gli orecchi reftano ofiefi da vna mufica, che fà fi:repiro, ο diironanza,o du-
rezze , faluo però in certi luoghi, & a'tempi ; ^ì come io diiTi degli sbattimenti;
cosi refianooiiefi gli occhi da'colori troppo carichi , ο troppo crudi. Conciofia- ·
che il troppoacceio,offènde ildjfegno ; e lo abbacmato , imorto abbagliato, e
troppo dolce, pare vna coia ipenta, νecchia» & affumicata; Ma lo vniro,che ten-
ga in fra lo accefòs^e lo ubbagliato, è perfettiiTìm.o ; e diletta l'occhio come vna
mufica virta, & arguta diietca lo orecchio. Debbonfi perdere negli fcuri certe
aUJìi^
pam delie figure: e nella lontananza della Iftoria ,· perche oltrache fé elle fuiiono \giig

nello apparu-e tnDppo viue, & acceie, conionderebbono le figure, e le danno an- furti, chemo^
Cora, reftando fcure, abbagliate, quafi come campo, maggior forza alle altre, ftram lonta-
che VI fono innanzi. Ne fi può credere» quanto nel variare le carni con i colori ηΛηχ^α.
facendole a'giouani ρΛ frciche, che a vecchi; & a i mezani, tra il cotto, & il ver- ^ίι^'Φ^ ^^^
diccio, e gialliccio, fi dia graria, e bellezza alla onera. E quafi in quello fteiTb "ψ

modo, che fi faccia nel difegno l'aria delle vecchie a canto alle giouani, & alle r
ianciulle, & a'putti: doue veggendciene vna tenera, acarnoiaj l'altra pulita,
e
frefcaj fà nel dipinto vna diicordanzaaccordariffima. Et in quefto modo ii deb— OfferMattone
be nel lauorare metter gli fcui'i doue meno otiendino, e faccino diuifione; per ca- nel mettere i
"are fuorile figure ,· come fi vede nelle Pitture di Rafaello da Vrbino , e di altri feuri.

'"ori eccellenti, che hanno tenuto quella maniera- Ma non fi debbe reneie_js,
qnelto ordine nelle Iftorie, doue fi contrafaceiTino lumi di Sole, e di Luna, oue-
Amt'menu
roiuochi,ocofenorcurne; perche quefle fi fanno con sbattimenti crudi, e ta- inoctftfionedf
glienti come fà il viuo. E nella iommità doue sì fatto Hime percuote, fempre vi fi^ior ^Ì
farà dolcezza, & vnione. Etin quelle Pitture, che haurannoquerte parti fi co- Soh.Lum,^
no cera, che la mtelbgenza del Pittore haurà con la vnione del coloriti, campa-
ta la bontà del diicgno, dato vaghezza alla Pittura, e rilieuo, e forza terribile al-

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DELLA

Oel dipingere in muro» come β fà, e perche ft chiama lauorare infrejcol

Cap, XIX,

I tutti gli altri mod i, che i Pittori faccino, il dipignere in muro, e più tnae-

inchemftfiA

hi maeftrta J ftreuole» e bello perche confifte nel fare in vn^iorno folo quello ,'che nel-
del dipingere linieri modi fi può in molti ritoccare fopra il kuorato. Era dagli antichi molto
ipfrefm vfato il freico, Se i vecchi moderni ancora l'hanno poi ièguitato. Qiiefto fi lauo-
ra sii la calce, che fia frefca, ne fi lafcia mai fino a che
fia finito quanto per quel
giorno
fi vuole lauorare. Perche allungando punto il dipingeila, fa ia calce vna
Dtftìtti, the cerca crofterellas pe'lcaldo, pe'l freddo, pel vento, e per ghiacci, che muffa,
poffono otm» macchia tutto iliauoro.E perquedo vuole eilere continuamente bagnato il mu-
w^i· ro, che fi dipigne, &
i colori, che vi Γ adoperano, tutti di terre? e non di miniere}

& il bianco di treuertino cotto. Vuole ancora vna mano deftra refoluta ; e velo-
' SJ fkhieàe ce, ma fopra tatto vn giudicio iàldo, & intero, perche i colori mentre,che il rau-
^no ηλβίο^ΐ, ro è molle, moftrano vna cofa in vn modo,che poi (ecco non é più quella. E pe-
β fermerà bjfogna , che in qiieilikuori a frefco, giuochi molto pià nel Pittore il giudi-
^tHiitfto* ^J^^ ·| jjCgg^^Q. g ggii habbia per guida Tua vna prattica più che grandiffi-

ma, eflendo fommaniente difficile il condurlo a perfettione, Moki de' noitri ar-
tefici
vagliono affai negli altri lauori, cioè a olio, ο a rempera, &c in quefto poi
Difficoltà nel non riefcono, per eiTère egli veramente il più vinie, più ficuro, più refoluto, e
farui rtufctta. durabile di tutci gli altri modi, e quello, che nello ilare fatto di continuo acqui-
ierfettioni di fta di bellezza, e di vnione più degli altri infinitamente. Quello all'aria fi purga,
tal fpetis di ^ dall'acqua fi difènde , e regge di continuo a ogni percola. Ma bifogoa guar-
lauoro, - jj j j^Qj^ haaere a ritoccario concolori > che habbino colla di carnicci, ο roiTo
. ^^^ di vouo» ο gommas ο draganti, come fanno molti Pittorbperche oltra, che il mu-
mommtnto. ^^ ^^^^^ ^^ ^^^ ^^ moitrare lachiarezza, vengono i colori appannati da.^
quello riroccar di fopra » e con poco Tpatio
di tempo diuentano neri. Però quel"
li, che cercano lauorar
'in muro ,laiiorino virilmeAte a fi-efcoa e non ritocchino a
Cecco, perche oltra l'efler cofa viliffimas rende pi^^ corta vita alle Pitture,come in
altro luogo s'è detto.

Del dipingere a tempera ο vero a vouo sù le tamleì ο tele> e come fi può
fui m aro, che fldjecco^ Cap. χ χ.

Vfo di iamtar
Λ tempera

Vre&tper» CO'
m fi fatti»

Da Cimabueindietro,edaluiin1"^s'eferapre veduto oprelauorateda'
Greci a tempera in tauola, & muro. Et vfauano nello ingeflTa-

re, delle tauole quelli maeilri vecchi diibicando, che quelle non fi aprifiero in sù
le commettiture, mettere per tutto con la colla di carnicci, tela lina ,e poi fopra
quella ingeflaiiano per lauorarui fopra, e temperauano i colon da condurle col
l'oiìo dello vouo, ο tempera, ia qual'e quella. Toglieuano vno vouo,e quello di-
batreuano, e dentro vi
tritauano^vn rauio tenero di fico, accioche quel latte con
quel vouo, faceiie la tempera de'colori; i quali, con elsa temperando,lauorauano
l'opere Ιοξο. E toglieuano per q^die tauole i co ori ch'erano di miniere,. quali
ffo/en
Μ tha fon fatti parte de gli Alchimifti ' ^ parte trouati nelle caue. Et a quella Tpetie di
^mlttà, lauoro ogni colore è
buono,fahio che il bianco,che fi lauora in muro fitto di cal-
Cina, perclf è troppo forre - Così veniuano loro condotte con quella manierale
©pere? e le Pitture loro. E quello chiamauano colorire a tempera. Solo gli azurri

tem-

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ρ I τ τ ν R Α. 49

temperauanb con colla di carniccijperche la giallezza deli'voiio gli faceua diué- JAtdutm».
cai- verdi, oue la colla gli mantiene neirefiei-e loro, e'I fimile fà la gomma. Tieni! mamem ma
la medefima maniera siile rauole, ο ingeilàte> ο fenza 5 e così su muri, che iìano
iecchi, fi dà vna, ο due mani» di colla calda, e di poi con colori temperati
coil^
qu;lla, Γι conduce tutta l'opera , e chi volelìe temperare ancora i colori a colla_i,
'ageuolmeiite gli verrà fatto, oileruando i! medefimo, che nella tempera fi è rac-
contato. Ne faranno peggiori per querto ; Poi che anco de'vecchi Maeftri no-
cmferuattom
ftri, fi iono vedute le cofe a tempera,conferiiate centinaia d'anni con bellezza, e di Futura
flefchezza grande. E certamente, e iì vede ancora delle cofe di Giotto , che ce tetn^em,,
n'è pure alcuna m tauola, durata già diigentò anni » e mantenutafi moko bene.
E poi venuto lì lauorar'a olio, che hà fatto per molti mettere in bando il modo
del!a tempera, sì come hoggi veggiamo, che nelle tauolcje nelle altre cofe d'im-
portanza il è lauoraio, e ii lauora ancora del continuo»

Del dipingere a olio, in tamia, e sà le tele, Cap. XXI.

V' vna belIiiTìma imientione, & vna gran commodità all' arte della Pittura»
il trouare iJ colorito a olio; Di che fu primo inuerjtore,m Fiandra Giouanni
da Bruggia: il quale mandò la tauola a Napoli al Rè Aifonfo, & al Duca d'Vrbi-
no Federigo I IÌ la ftufa fua; e fece vn San Gironimo, che Lorenzo de'MediciJia-
ueua, e molte altre cofe lodate. Lo feguitò poi Rugieri da Bruggia Tuo difcepo-
lo , & Auiiè creato di Rugieri, che fece a Portinan in S.Maria Nuoiia di Firenze
vn Quadro picciolo» il quaPè hoggiappreilo al Duca Coiìmo, è di fua mano la
tauola d'Careggi villa fuora di Firenze della Illuftrifs. cafa de'Medici. Furono
fimiimen e de'pnmi Lodouico da Luano, e Pietro Chrifta, e maefti'o Martino, e "^·
Giulio da Guanto, che fece la tauola della communione del Duca d'Vi bino, ÒC
altre Pitture , & Vgo d'Anuerfa , che fe ia cauola di S. Maria Nuoua di Firenze.
Quefta arte condufle poi in Italia Antonello da Mefiìna , che molti anni coniu-
mò in Fiandra, e nel tornarfi di quà da monti fermatoli ad habitare in Venetia,
la iniegnò ad alcuni amici, vno de' quali fù Dom.enico Venetiano,che la condui-
fe poi in Firenze , quando dipinfe a olio la capella deTortinari in S. Maria Nuo-
ua, doue la imparò Andrea dal Caftagno, che la infegnò a gli altri maeftì·;, coni §lualità4^
quali fi andò ampliando l'arte, &; acquiftando, fino a Pierro'Perugino, a Leonar-
tal colorite^
do da Vinci, & a Rafaello da Vrbino : talmente, che ella s'è ridotta a quella bel-
lezza, che gli Artefici noftri, mercè loro, l'hanno acquiftata. Quella maniera di
Colorire accende più i colori ne altro bifogna, che diligenza, & amore, perche
ì'olio in fe ii i-eca il colorito più morbido, più dolce, e delicato, e di vnione,
sfumata maniera più facile, che li altri, e mentre, che freico fi lauora, i colori iì
nidcoiano, e fi vnifcono l'vno con l'altro più faciLr.enre. Et in fomma gli Arte-

f quello modo belliffima gratia, e viuacità, e gaglardezza allc_J»
i]gureioro,ta figure, e che

F

Inuinten del
colorito Λ
β-
Ito, ^ altri,

chefegtiitm-

eli eicnino della tauola. E maiTimamente quando elle fono continuati di buono
dite no, con muenc,o„e, e bella maniera. Ma per mettere in opera queilo lauo-
Γ0 n ia COSI, ^iuando vogliono cominciare cioè ingeiiato, che hanno le tauolc, ο
quadri gli radono, e dato·,; ^,.ΐ.,ίΤΤ,... mìU mmirm.

Preparmc^m
deiln tauoltt
d4 Ituorarfii
JiirAt

f

."ui di dolciiTìma colla quattro, 0 cinque mani, con vna
(pugna j vanno poi macinando 1 colori con olio di noce, ο di feme di lino ^benche
li noce e meglio perche ingolla meno) e così macinati con oueftì oLj, che έ li^

tem-

§

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ζ Β DELLA

tempera loro, non biTogna altro quanto eiiì, che diftenderli col pennello. Ma_J
conuiene far prima vria meftica di colori fecciitiiii, come biacca > giallolmo, ter-
re da campane mercoìati tutti in vn corpo , e d'vn color folo, e quando la collr è
feccaimpiaftrarlasLiperia rauola, e poi batterla con la palma della n^ano tanto
ch'ella venga egualmente vnita > e diftefa per tutto > il che moki chiamano Tim-
primatura. Dopo diilefa detta mcftica ο colore per tutta la rauola» fi metta fo-
pra eiia il cartone, che hauerai fatto con le figure , & inueutioni a tuo modo. E
lotto quefìo cartone (e ne metta vn'altro tinto da vn lato di nero , cioè da quella
parte , che và fopra la meftica. Apuntati poi con chiodi piccioli Γνηο, e l'altroj
piglia vna punta di ferro, ο vero d'auorio, ο legno duro, e và (opra i proiiìli dei
cartone fegnando ficuramente, perche così facendo non fi guafta il carroi>e,
nella tauola,
ò quadro vengono beniiTìmo proffilate tutte fe figure, e quello,che
è ucl cartone fopra la tauo a. E chi non volefle far cartone} diiegni con geilo da
farri bianco? fopra la merrica, ouero con
carbone di falcio, perche Γν no, e l'altro
fecilmence fi cancella.
E così fi vede, chc feccata queih medica lo Artefice J ο
calcando il cartone, ο con gello bianco da fauti difegnando l'abozza, il die alcu-
ni chiamano imporre. E finita di coprire tutta ritorna con fomma politezza Io
Attefice da capo a finirla, e qui vfa l'arte, e la diligenza,per condurla a perfettio-
ne? e così fanno i Maeilri in tauola a olio le lor Pitt ure, ,

Del fingere a olio nel muro, che fìa [ecco. Cap. XXIL

Cme β fac'
eia, e dia l'
imprimi ff*ra.

HetfarzìeaU
€0 iti inm^
ve.

Come fi poffa·
m fare altri
fneuti.

^ando gli Artefici vogliono lauorare a olio in fui muro fecce, due manie-
re poiìòno tenere, vna con fare, che i! muro, fe vi è dato sù il bianco ο a
frefco, ο in altro modo fi rafchi, ο fe egli è reilato lifcio fenza bianco,
Prmo mUo inronacatojvifi diasùdue,o tre mane di olio bollitole entro: continuando di
dt Imorstra cìdaruelo sù, fino a tanto, che non voglia più bere; e poi (ceco fi gli da di meilica
{»p/A il muro ο impriraatura come fi diiTe nel capitolo auanti a quelto. Ciò facto, e fecco, pof-
fifte* fono gli Artefici calcare, ο disegnare ; e tale opera come la rauola, condurre al
fine, tenendo mefcolaro continuo ne i colori vn poco di vernice : perche facendo
quefto, non accade poi vernicaria. L'akro modo è, che l'Artefice , ο di (lucco di
marmo,e di niatton peli:· ηη;ίΓίιηο fà vn'arricciatOjchc fia pulitele lo rade col ta-
j^ìnoTnoàodi gito della cazzuola, perche il muro ne reiti ruuido. Appreiio gli dà vna maii_^
lamiare fo' d'olio dì feme di lino, e poi fa In vna pjgnatia vna niiflura di pece greca, e niaili-
f
il mede/i·, ςο, e vernice groiia, e quella bollita, con vn penne! groilo fi dà nel maro ; poi fi
fnim»ro^ diilende per quello con vna cazzuola da murare, che fia di fuoco. Qiiefia intafa
i buchi dell'arricciato, e fà vna pelle più vnita per i) muro. E poi ch'è fecca,fi và
dandole d'impruiiatura 5 ο di raeibca, e ^ huiora, nel modo ordinario dell' olio,
W^erìsnX» come habbiamo ragionato. E perche la fperienza di molti anni mi hà infegnato
^VAmm, come fi poffa lauorar a olio in fui muro, vÌCimamente hò feguitato, nel dipigner
le fale, caliere,& altre ftanze del palazzo del Duca Cofirno,;! modo, che in que-
ilo hò per l'adietro moke volte tenuto. Il qual modo breiiemente è quello, fàc-
ciafi l'arricciato, fopra il quale fi hà da far l'intonaco di calce, di maticn pefto, e
di rena, e fi laici feccar bene affatto, ciò fatto la materia del fecondo intonaco fia
calce, matton peflo, ftiacciato bene» e fchiu^uad; ferro,perche tutte,e tre quefte
£ofe, cioè di ciafcuna il terzo, incorporate con chiara d'voua, battute quanto fa .
bifogno j & olio di (eme di lino ? fanno vno ilucco tanto ferrato, che non fi può
deiìiTsrar in
alcun imodo migliore.Ma bifogna bene auertire di non abbandonare
~.................l'in-

(Yi

-ocr page 65-

ρ I τ τ ν R Α. 51

l'intonaco,metre la materia è frefcajperche fenderebbe in moki luoghijanzi è ne-
ceiiano a
vo]er,che iì conferai buonojnó (e gli leiiar mai d'intorno con la cazzilo·
la, onero meilola,© cucchiara,che vogliam direjinijino a che non fia del tutta pali"
tamence diftefo, come bà da ftare. Secco poi, che iìa queilo intonaco, e datoui
fopra
d'iroprimatura, ò meilica, iì condurranno le figure > e le (lorie perfettamen-
te, come l'opere del detto palazzo, e moke altre ροίίοηο chiaramente dimoiìrar a
ciafcuno.

Del dipingere a oglio su le tele. €αϋ. ΧΧΠί.

Li huomini per potere portare le pitture di paefe in paefe, hanno trouato ^,·^
la
commodità deile teie dipinte, come que le, che pefano poco, & annoi- plttme /opra
te, lono ageuoh a traportarii. Qyeileaoglio.·. perch'elle fìaiio arrende noli, fe tela^ ecomg fi
non hanno a (tare ferme non s'ingeilano "atteio che il geiio vi crepa su arroto- facciane,
landole, però fi fàvnapaftà di farina con oglio di noce, & in quello
fi mecteno
oue, ò tre macinate di biacca, e quando le tele hanno hauuto tré, ò quattro ma-
ni di colla, che iìa dolce, cliabbia pallaio da vna banda a l'altra , con vn coltello
{i dà quella palla, e tutti i buchi vengono con la mano dell'Artefice a turarli. Fac-
to ciò fe li dà vna, ò due mani di colla dclce, e da poi la meftica, ò imprunatura,
δί a dipingerui fopra fi tiene il medefimo modo, che a gl'ahri di fopra racconti. E
perche queiì:o modo
è paruto ageuole, e commodo fi fono fatti non fq}amen'^___;>
quadr; piccioli per porcVe attorno, ma ancora tauole da Altari, de altre opere di
itorie guuicliiiìmc, come fi vede nelle faic del palazzo di S. Marco di Venena, &
akioue, auuenga, che doue non arriua la grandezza delle tauole, fei'iie la gran-
dezza, e'I commodo delle tele.

G

Del dipingere in pietra a oglio, e che pietre fìano buone . Cap. X XI [Λ

E' Crefciuto fempre l'animo a' noftri artefici Pittori, facendo, che ϋ colorito a
ogho, olrra l'hauerlo lauorato in muro, il pofla volendo lauorare ancora sù
le pietre. Delie quali hanno trouato nella rimerà di Genoua quelle fpetie di la-
ftre, che noi dicemmo nella Architettura, che fono attiffime a quefto bifogno.
Perche per eiler ferrate in sé, e per hauere la grana gentile, e pigliano il puìimen-
to piano. In sùquefte hanno dipinto modernamente quaiìinfiniri, e trouato il

pietra per di^

pn^sTHi^

[Amertìm rl·^
ta particola-
re t fy· inuen-
tione bgr faro
cpem grande
foprapietriÌM

to meglio inzuppa, e piglia l'ogìio bollito, &jl colore dentro, come alcu-
ni
p.'perni, oùero piperigni gentili, i quali quando iiano battuti col ferro, e non
arrenati con rena, ò iaiio di t'ufi, fi
poiìono fpianare con la medeiìma ΐΏΐΠ-α!-3,€ΐ:β
dilli neiran-icciaco con quella Cazzuola di ferro infccaca. Percinche a tutte que-
fte piecre non accade dar colia , in principio ; ma fola yna mano d'i
-mprimatura di
colore a ogho, cioè meftica; e lecca, che
cìh ha ii può coiniaciare il lauoro a fuo
3iaccimento. E chi volgile fare vn {Iona a oglio su la pietra, può torre di quelle
laftre i^enoucii, e farle £u-e quadre , e lerraarle nel muro co' perni (opra vna in-
croitacura di fiucco diftendendo bene la meiHca in su le comniettirure . Di ma-
niera , che e'venga a farfi per rmro vnpianodichegrandezzo l'ArteKcehà bi-
fogno.
t quefto è il verd modo di condurre tali opera a fiae,e finite β può a quel-

g 2 le fare

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jì DELLA

le fare ornamenti di pietre fini, di πυίΐί, e d'altri marmi » le quali iì rendono dura*
bili in iniìniro , pur che con diligenza iiano lauorate^ e poiionii j e ncn fi poliono
vernieare, come ai crui piace» {perche la pietra non pioicinga, cicè nonibrb:'ce
quanto fà ia tauolaj e la tela» e ii difende da' tarli, il che non ià il legname.

Del dipingere nelle mura di chiaro, e [curo di varie terrene > e come ft contrafamo
le cofe di Βτοητο, e delle fi arie di terrena per archi
, ò per iefle» a colla»
che è cbiamaco αΐΗΑ'χΊο ·, & a temptra.

Cap. XXF.

Vogliono i Pittori, che il chiaro fcuro fìa vna forma di pittura, che tragga
più al diiegno, che al colorito, perche ciò è ftaco cauato dalle ftatuedi
marmo, contrafacendole , e dalle figure di bronzo, & altre varie pietre - E que-
fto hanno vfato di fare nelle facciate de' palazzi, e cafe, in iftoric, moilrandojche
quelle iìano contrafatce, e paino di marmo, ò di pietra con quelle (Ione intaglia-
te, ò veramence contrafòcendo quelle forti di fpetie di marmo, e porfido, e di
pierra verde, e granito rollo, e bigio, ò bronzo, ò altre pietre, come per loro me-
glio , fi fono accommodati in più fpartimenti di quella maniera, la qLial' è hoggi
molto in vfo per fare le iaccie delle cafe, e de' palazzi, così in Roma ,come per
tutta Italia. Quefte pitture fi lauorano in due modi, prima in freico,che è la ve-
ra, ò in tele per
archi,che fi fanno nell'entrate de' Principi nelle Città,e ne' trion ·
fi, ò negli apparaci delle fefte, e delle comedie, perche in fimili cofe fanno bellif-
firao vedere. Trattaremo prima della fpen'e, e forte del fare in freico, poi dire-
mo dell'altra. Biquelfaiorte di terretra fi fanno i campi con la terra da farei
vafi > mefcolando quella con cai bone macinato , ò altro nero per far l'oitìbre più
fcure ; e bianco di treuertinocon più icuri, e più chiari, e fi lumeggiano col bian-
co fchietio , e con vltimo nero a vltimi icuri finite ; vogliono hauere tali fpetie
fierezza, dilegno, forza, viuacirà, e bella man!era,& eisere erprefse con vna ga-
gliardezza, che modri arte, e non ftento, perche fi hanno a vedere, & a conoice-
re di lontano. E
con quelle ancora .s'imitino le figure di bronzo, le quali coi
Campo di terra gialla , e rollo , s'abbozzano > e con più fcuri di quello nero, e rof-
fo, e g'allo fi sfondano, e con giallo fchiècto fi' fanno i nìezi, e con giallo,
b;anco fi lumeggiano. E di quefte hanno iPittori le ficciate , elellori^^
di quelle con alcune llatue tramezate, che in queilo
genere hanno graodiffimi
grana. Qiielle poi che fi fanno per archi, comedie, òTefte, fi lauorano poi, che
la tela fia data di terretta, cioè di quella prima terra fchietta da far -vafi, tempera-
ta con colla, e bifogna> che ella tela fia bagnata di dietroj mentre l'Artefice la di-
pigne, acciòche con quel campo di terretta, vnifca meglio li fcuri, & i chiari del-
Topcra (uà. E fi coituma temperare i neri di quelle, con vn poco di tempera. E
fi adoperano biacche per bianco,
e minio dar rilieua alle cofe > che paio-
no di bronzo, e giallolino per
lumeggiare fopra detto minio. Epericampi>
e per gli fcuri, le medefime terre giallcje ίοΐΤε,& i medefimi neri, che io diffì nei
ìauorare a freico, i quali fanno mezi, ombre. Ombrafi ancora con altri diueriì
colori, altre fòrti di chiarije fcunj come con terra d'ombra, alla quale fi fà la ter-
retta di verde terra » e gialla,
e bianco ; fimilmente con terra nera, clae è vn^akra
force di verde terra, e nera> che la chiamano verdaccio.

ihmroyefcu*
fο,èra chef Ο'

Ximifilaui»
ri.

Vnm» a ftf^
fa»

Màniera del·
i'^rare»

Sitùnio nisiìo
fo^r^ tei» .

Degli

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ρ I τ τ ν R Α. 67

De di prraffitì àelle cafe, che reggono a l'ac qua 5 Quello che fi adoperi a fargli > e
com^ fi lamYino kGrotte[ch€ nelle mura . Cap-XXFU

Η Anno i Pittori vn'altra forte di pittura , che è difegno, e pittura iniìeme, e Sgrapth (h
qaeftoii doaianda f^raffito , e non ierue ad altro, che per ornatnenti di ·

iai-aate di caie, e palazzi /che più breuemente fi conducono con quefta fpetie, e
i-eggono all'acque ilcuramére.Perche tuu'i lineamenti,in vece di eflere diiegnati
con carbone, ò con altra materia fimile, fono tratteggiati con vn ferro dalla
mano
delPiitoreillchefifainqueilamaniera. PigUaao la calcina meicolata conia
rena ordinariamente, e con paglia abbrucciata la tingono d'vno icuro,che venga
in vn mezo colore, che trae in argentino, e ?erfo lo icuro vn poco più, che tinta
di mezo, e con queita intonacano la Pedata . E fatto ciò, e pulita col bianco del-
la calce di treuertino, l'imbiancano tutta, & imbiancata ci fpolueronc su i carto-
ni, ouero difegnano quel che ci vogliono fare.
e di poi aggrauandc col ferro,
vanno d'intornando, e rratteiigiandoìa calce, la quale eflendo (otto di corpo ne-
ro , moRra tutti i graffi del fe^ro, come fegni di diiegno. E fi fuole ne' campi di
quelli radere il bianco, e poi hauere vnatinta j'acquerelio icurretto molto ac-
quidofo, e di quello dare per gii fcun, come fi delle a vna carta, il che di lontano
fa vn belliiruno vedere : ma il campo, fe ci è grottefche, ò fogliami, fi sbammen- ^f^^^tmém
ta,
Cioè ombreggia con quello acquarello. E quello è il lauoru, che per ella· dal ^^^ laum
faro graffiato ,haano chiamaro i Pittori sgratHro . Reilaci hora ragionare delle grmtjch ,
grottefche ,che fi fanno fui muro ; dunque quelle, che vanno in camp
bianco,
non ci eisendo il campo di ilucco, per non efsere bianca la calce, li da P-^
fotolmeiue il campò di bianco: e fatto ciò Γι ipoluerano, e fi lauorano in trelco di
colori iodi, perche non haurebbono mai la gratia , c'hanno quelle , che fi iauora-
no su lo ftucco. Di quefta ί petie pofsono efser e grottefche groise, e fottili, le
quali vengono fatte nel medefimo modo ,che fi lauorano le ligure afreico > ο in
muro.

Come fi lauorino le Grottefche pi lo flucco. Cap. XXFII*

Le grottefche fono vna fpetie di pittura licentiofe, e ridicolo molto, fatte da iMÌon* iì
gli antichi, per ornamenti di vani, doue in alcuni luoghi non ftaua bene al- IfJ'^fZU»
tro, che cofe in aria : per il che £aceuano in quelle tutte {conciature di monto, ^^ ^ J
per Ih-actezza della natura, e per gricciolo, e ghiribizzo degli Arteficw f
no in quelle, cofe fenza alcuna regola ,appiccando a vn fothhffirao falò Ρ^^*
che non fi può reggere, a vn cauallo le gambe d; foglie, a
vn'huomo le g^^^e di
gru, & infiniti fciaipelloni, e paiTerotti. E chi più itranamente fe glnraagmaua,
quello era tenuto più vaiente
Γ Furono poi reg6l3te > e per fregi, e ipartimentl
fatto belliffitni andari ; così di iiucchi mefcolarono quel e con la pittura. E Si in- '
Danzi andò quella prattica, che in Roma, & in ogni luogo, doue i Romani rife-
Sue dìferm^^
deuano, ve n'èancoiaconferuato qualche veftigio. E nel vero tocche d'oro, Sì: X^j e eoimfi
intagliate di ftucch , elle fono opera allegra, e diletteuole a vedere. Quelle fi la-
norano di quattro maniere, Tvna lauora lo ftucco fchietto altra fa gli ornamen-
ti foli di Rucco, e dipigne le ftone ne' vani , e le grottefche ne' fregi ^ la terza fa
le figure parte lauorate di ifucco, e parte dipinte di bianco, e
nero,conrrafacendo
Carnei» altre pietre. E di quefta fpetie grouefche, « ftucch;, fe n'è vif^o ;

vede

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54 DELLA

vede tante opere lauorate da' modeini, i qi-iali con fomma gratia > e bellezza hani
fio adornato le fabbriche ρ il notabili di tutta l'Italia ; che gii antichi runangcno
vinti di grande (patio. L'vltima finalmente lauora d'acqiieidip in siilo ftucto j
campando il lume con efìio, ^ ombrandolo con diiierfi colori. Di tutte quefte
forti, che fi difèndono ali ai dal tempo , iene veggono delle antiche » & infiniti
luoghi a Roma » & a Pczzuolo vicino a Napoli. E quefta vkima forte fi può an-
co benilTuno lauorare con colorifodia fiefcojiafciando lo ftucco biaco per cam-»
?o a tutte quelle, che nel vero hano in se bella gratia,e frà eile fi meicolano pae-
ì> che molto dannò loro dell'allegro ; e cosi ancora iloriette di figure piccioh co-
lorite . E di quella forte hoggi in Italia ne fono molti maeftrij che ue fanno pi."o·^
feiTìone, in die fono eccèllenti.

Del modo del mettere d'oro a bolo, & a mordente, & altri modi.

Cap. XXFIIL

■^V veramente bellilTìmofegreto, & inuefligatione ioffiftica il trouar modo,
J[7 che l'oro fi batte ile in fogli si fottiimente , che per ogni migliaio di pezzi
Dattuti, grandi vn'otrauo
di braccio perogm verfo,baftaiie irà i'arcificio> e Toro?
lì valore ίοίο di Tei feudi. Ada non fù punto meno ingegnofa cofa, il trouar mo-
do 3 a poterlo talmente diftendere iopra il gei"so.^>che il'legno , od altro afccROui
ibcto, pai-efse tutto vna maisa d'oro . Il che fi fa in qneila maniera. Ingefsafi il
legno con gciso iottiliffimo, impaftaio con la colla pai tofto dolce, che^cruda, e
VJ fi dà fopra grofso più ujani, fecondo che il legno è iauorato bene 5 ò male. Ια
oltre rafo il geiso, e pulito, con la chiara dell'vouo fchietta, sbartufa rettilmente
con l'acqua denrroui, fi tempera il bolo arroeno? macinaco ad acqua fottiliffima-
mente. E fi fà il primo acquidoio, ò
vegliamo αιπο liquido, echiaro, e l'altro
apprefso più corpulento. Poi fi dà con efso almanco tré volte fopra il lauoro »
fino che c'io pigli per tutto bene . E bagnando di mano in mano con vn pennel-
lo con acqua pura doue è dato il bolo, vi fi mette su l'oro in foglia, il quale fubito
fi appicca a quel molle. E quando egh è foppaisO) non iecco> fi bruni ite con vna
zanna di cane, ò di lupo, finche e" diUenri lucrante, e bello. Dorati ancora in vn'-
altra maniera s che fi chiama a mordente , il che iì adopera ad ogni force di cofe>
pietre, legni, tele, metalli, d'ogni fpetie, drappi, e corami ; e non fi brunifce co-
me quel primo. Quefto mordente , c he c la maeftra, che lo tiene, fi fà di colori
feccaticci a oglio
d. vavie iorrij e di ogìio cotto con la vernice denrroui ; e ddili m
fui legno, che hà hauuto prima due uiani di colla. E poiché il morde, te è dato
così,non mentre, che egli é frefco, ma mezo iecCD, vi fi mette sù ì'oro in foglie.
Il medefimo fi può fare ancora con i'orminiaco, quando s'hà fretta , atterochc_j>
mentre fida è buono. E quello ferue più a fare ieiie, arabefchi. Se altri ornar
menri, che ad altro. Si macira ancora di queit fogl, yna tazza di vetro con vn

Come β facci
l'indomhra
«

tìelhunirU,

Ucr^tma β,
^ìstàme.

Cmefitnaci·
m l'ero per/,
T&inimure,

nel

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ρ I τ τ ν R Α. 69

Ùel mufaico de'vetri, & λ quello, che β conofce il bMcrno, e lodato,
^ Cap. XXIX.

E SfenaoiìaiTai largamente detto di fopra nel VLCap.cheeofa {ìaiiimirai- Μ^Φ'* ^é
co·, e come e'fi faccia; continuandone qui, quel tanto che è proprio del!a-^ mu/mo, .
PitrLira diciamojclie egli è njaeflna veramente grandiiiìmaj condurre i fuoi pez-
zi cotanto vniti, che egli apparifca di lontana, per honorata Pittura, e bella. Ac-
tefoche in quefta fpetìe di lauoro biiogna, e prattics^e giudicio grande^ con vna
profondiiTima intelligenza neii' arte del difegno, perche chi ofiuicane diiegni U
mufaico, Gcn la copia, & abbondanza delle troppe figure nelle Iftorie, e con le
molte minuterie de'pezxi, le confonde . E però bifogna j che il difegno de'csr-
^mUtA 4tl
toni, che per elio fi fanno; fia aperto, largo, facile, chiaro, e di bontà,e bella ma- [uo dipgm»
niera continuato. Η chi inrende nel difegno la forza degli sbattimenti, e del da-
re pochi 'limi, & ^ (fai fcuri j con fare in quelli certe piazze, ο campi, coiìui fo-
pra d\-igni altro lo farà belio, e bene ordinato.
Ν noie hauere il mufaico lodato, Proportioni
chiarezza in fc, con certa vnita icuricà verio l'ombre, & vuole eiière fatto coil^ th,ar@, é
grand^ffima d.icrertione, lontano dall'occhio, accioche lo ftimi Pittura, e noii^ /f»»-® »»»-
carfia commeiia. Laonde i mufaici, che hauranno quefte parti sfaranno buoni,
e Io-iati da ciafcheduno, e certo è che il mufaico è la più durabile Pittura che ha. ^^^^ ^^^ ■
Imperò che l'akra col tempo fi ipegne,e quefta nello ftare fatta di continuo s'ac-
cende. Et in oltre la Pittura manca, e
fi confuma per fe medefima: oue il mufai-
co, per la iua hinghiffima vita,fi può quafi chiamare eterno. Per lo che Icorgja-

«10 noi in eiìo, non folo la perfertione de'Maeftn vecchi, ma quella ancora de- ^ ^

gU antichi, mediante quelle opere, che hoggi fi riconofcono dell'età loro . Co- SJem^^p
me nel tempio di Bacco a S. Agnefa fuor di Roma, doue è beniffimo condolo mr^aamp
lutto quello, che vi è lauorato . Similmente a Rauemia n'è del vecchio beUiffi-
mo in più luoghi. Et a Venetia in San Marco. A Fifa nel Duomo,
6c & Firen-
ze in San Giouanni la tribuna. Ma il più bello di tutti è que'Iodi Giotto nella^
«aue del portico di S. Pietro cu Roma ; perche veramente in quel genere e cola
i-niracolofa j e ne'moderni quello di Domenico de! Ghirlandaio fopra la porta dì
Ìuori di Santa Maria del Fiore,che và alla Nanriata.Preparanfi adunque i pez3.i da ^^if^^iieiii
iarlo,in queRa maniera.Quanio le fornaci deVetri fono dìfpoae,e le padelle pie-
ne di vetro,fe li vSno dando i colori a ciafcuna padella il fuo; Auusrtendo fempre> ««r
che da vn chiaro bianco, che hà corpo, e non è frafparenie, Π conduchino i pm
fcuri di mano in mano, in quella ftella guifa , che fi fanno le meiliche de' colo-
ri > per dipignere ordinariamente. Appreilo, quando il vetro è cotto, e oene
Cagionato , c le meftiche fono condotte, e chiare, e (cure , e d'ogni ragione^j,
con certe cucchiaie liighe di feiro fi caua il vetro caldo. E fi
mette in su vno mar-
mo piano, e fopra con vn'altro pezzo di marmo fi ichiaccia pan ; fe ne fanno ro-
telle, caevengbinovgaalmenrepiane;e reftino di groilezza la terza part^
dell'altezza d'vn dito. Se ne fà poi con vna boccadicauedi ferro pezzetti
quadri tagliati, δί altri col ferro caldo lo
fpezzano inclinandolo a loro modo. I
meJefimi pezzi diuentano lunghi, e con vno fraeriglio fi tagliano; il fìmilefi
fà di tutti i vetri, che hanno di bifogno. E fe n'empiono le fcatolc, e fi tenga-
no ordinati, cóme fi fà i colori quando Γι vuole lauorareafrefco, cheinvarij
fcodeilini Γι tiene feparataraeate la medica delle tinte più chiare j e più icnr^.

lumi

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ja DELLA

ù<imsfìdorino luniide' panni > che π mette d'oro ; queilo quando Io vogliano dorare i pigliano
i vetri. quelle piaftre di vetroj che hannofacco, e con acqua di goiTjma bagnano tutta la
piaftra dei vetro» e poi vi mettono fopua i pezzi d'oro. Facto ciò mettono la oia-
itra sù vna pala di ferro> e quella nella bocca delia fornace j coperta ρ 'im a con_j
vn vetro ibttile tutta la piaftra di vetro, che hanno meila d'oro, e fauno quelli
coperchi, ο di bocce> ο a modo di fiaichi fpezzati, di naniera,che vn pezzo cuo-
Come fi corti' pi'^i fntta la piaftra; e lo tengono tanto nel fuoco, che vien quaiì rodo, δζ πι vn_j
mettino /ψΛ tratto cauandole, l'oro viene con vna prefa mirabile a impnnierh nel vetro,
il man, fermariì, e regge all'acqua, &c a ogni tempefta; Poi quefto fi taglia,& ordina co-
me l'altro di fopra . E per fermarlo nel muro viano di fare il cartone colorito, &
alcuni altri fenza colore; il quale cartone calcano, ο fegnano a pezzo a pezzo in
su lo ftucco 5 e di poi vanno commettendo a poco a poco quanto vogliono fare
Cotnpofittone nel mufaico. Quefto ftucco per eiler pofto grolìo in sù l'opera gliaipetradue
delh^uccp. dì» e quattro fecondo la qualità del tempo: E faili di treuertino, di calce, matto-
ne pefto, draganti, e
chiara d'vouo, e fattolo, tengono molle con pezze bagna-
te, così dunque pezzo, per pezzo tagliano i cai toni nel muro, e lo difegnano su
lo ftucco calcando finche poi con certe mollette fi pigliano i pezzetti degli fmal-
ti, e fi commettono nello fiacco, e
Ci lumeggiano i lumi, e daifi mezi a mezi, e
fcuri a gli icari; contrafacendo l'ombre, i lumi, & i mezi minutamente, corae_;)
nel cartone ; e così lauorando con diligenza fi condùce a poco a poco a perfèttio-
Perfeitlone ne. E chipiù Io conduce vnito, sì che e'torni pulito, e piano ; colui è più degno
dell' opera in di loda,è tenuto da più deg'i alcri.Imperòche ibno alcuni tanto diligenti al mufai-
chemfifia. co, che lo conducono di maniera, che egh appanfce Pitfura a flcfco. Qiiefto,
fatta la prefa, indura talmente il vetro nello ftucco, che dura in iniinito;comei_j>
nefanno fede i muiaici antichi, che iono in Roma , e quelli fono vecchi ; & an-
co neir vna, e nell' altra parte i moderni a i di noftri n'hanno fatto del mara-
iiigliofo.

Delflflorìe, e delle figure, che fì fanno di commeffo ne' Τ aumenti, ai imitatione
delle cofe di chiaro, e fam. ' Cap. χ χ χ.

Imoro di ΤΤΓ Anno agginnro i noftn moderni maeftri a! mufàico di pezzi piccioli, vn'al-
ffiarwi com' Jj^ fpetje di mufaici marmi commeffi» clie contrafanno le ftorie dipin-
meUf i-g £cjueaohàcaufato ildefiderio ardentiffimo di volere,che e'

^ chi verrà dopo, ie pure fi fpegneiiero l'altre fpetie della Pittu-
ra, vn lume, che tenga accefa la memoria de'i^ttori moderni, e così hanno con-
trafatto con mirabile magifterio ftorie grandiixime, che non folo fi potrebbono
mettere ne'pauimenti, doue fi-camina, ma incroftarne ancora le faccie delle mu-
raglie, e di palazzi, con arre tanto bella» e merauighofa , che pencolo non fareb-
be ch'el tempo confumaile il difegno di coloro , che fono rari in quefta profef-
Ifempis h fi^ne. Come fi può vedere nel Duomo di Siena, cominciato prima da Duccio Sa-
Muerfi nefeje poi da Domenico Beccafumi a di noftri fegaitato,iii augunientato. Quefta

arre hà tato del buono,del nuouo,e del durabile,"che per Pittura cómeiia di bian-
co, e nero poco più fi puote defiderare di bontà, e di bellezza. li componimento
fuo fifa di tre forte marmi,
che vengono de' monti di Carrara; L'vno de'quali è
banco finiiiìmo, e
candido ; l'altro non'è bianco, ma pende in ìiuido, che fa m'e-
zo a quel bianco,&: il terzo è vn marmo bigio di tinta,che trahe in argentino,che

ferue

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ΡίΦτ'νΚΑ. si'

iecue per ifcuco. Di voiendo/are vna figura, fe nefà yn cartone^di chia-
ro, e fcuro con le uiedefime tinte, e cjèfatta, per i ditìfomi di què-nuezi, éTruri,
e chiari a luoghi loro fi commette nel mezo con diligenza il lume di quei mat-
ino candido, e così i mezi, e gli fcuri allato a que'i-nezi, fecondo i dintorni iteffi,
che nel cartone hà fatto l'Artefice. E quando ciò hanno commeirQmfieme,c_^
fpianato difopra tutti i pezzi de'marmb così chiari come icuri, é'comeniezi | pi-
glia l'Artefice , che hà fatto il chitone vn pennello di nero temperato, quando
rutta l'opra è iniìeme commeffà in terra, e tutta fui marmo la cratceggia, è prof-
fila, doue fono gli fcuri,a guifa , che fi contorna, tratteggia, e profiih
con la»^
penna vna carta, che haueÌTe difegnata di chiaro fcuro. Fatto ciò; lÓ -Scuiroit^^
viene incauando co i ferrij tutti quei tratti, e proffili, che il Pittore hà fattije tut-
ta l'opra incaua, doue hà difegbato di nero il pennello. Finito quello li nuiraiio
ne'piani a pezzi, a pezzi, e finito con vna miilura di pegola nera bollito , ο asfal-
to , e nero di terra, fi riempiono tutti gli incaui, che hà fatti lo (carpello ; E poi
che la materia è fredda,e hà fatto prefa con pezzi di Tufo» vanno leuando,e con-
fumando ciò, che iopra auanza> e con rena, mattoni, bc acqua fi và arrotando , e
Spianando tanto » che il tutto reili ad vn piano , cioè il marmo fteiTo, & il ripie-
go; ic hà in fe grandiffima forza con arte , e con maeftria. La onde è ella molto
venuta in vfo per la fua bellezza ; & hà caufato ancora, che molti pauimenti di
il^iui'ze hoggi fi fanno di mattonijche fiano vna parte di terra biancàjcioè di quel-
la, che trae in aznrrino, quando élla è freica, e cotta diuenta bianca, e l'altra del-
la ordinaria da fare mattoni, che viene roiià quando ella
è cotta. Di queile due
forti fi ionofattipauimenticommeffi di varie maniere a fpartimenti, come ne
fanno fede le (ale papali a Roma al tempo di Rafaelle da Vrbino, e hora vltiraa-
nienre moke ftanze in Cartello S. Agnolo, doue fi fono con i medefimi mattoni
fatte impreie di gigli, commeffi di pezzi, che dimoflrano l'arme di Papa Paolo,
e mo.ce altre imprefe. Et in Firenze il pauiraeriro della libraria di S. Lorenzo^
fatta fare dal Duca Cofimo, e tutte iono fràte condotte con tanta diligenza, che
più di
Dello non fi può defideiare in tale magifterio. E di tutte quefte cofe com-
meile fi^l cagione il primo mufaico. E perche,, doue fi è i-agionato delle pietre', e
marmi di tutte le forti, nor fi è fatto mentione d'alcuni m;ili nuouaniente troua-
ti dal Sig. Duca Cofimo, dico , che l'Anno 15 (ί 5. Sua Eccellenza hà troiiato ne'
^ monti d'i Petrafanra preilo alla villa di Stazzema vn monte, che gira due miglia,
& altiiTiroo, la cui prima fcorza
è di marmi bianchi ottimi per fare ftatue. Il dì
fotro è vn miichio roilb, e gialliccio; e quello che è più adentro, è verdiccio, ne-
roj rollo, e giallo, con altre varie mefcolanze di colori, e tutti fono in
modo du--
l
'I, che quanto più fi" và a dentro, fi trouano maggior faldezze, & infino a bora vi
fi vede da cauar colonne di quindici, in venti braccia. Non (e n'è
ancor meilo in
vfo, peixhe fi và tattauia facendod'ordine di Sua Eccellenza vna ftrada di

PriitUCit mt
ÌdMritrc,

Rtefce di me!»
ta forz»,

Inumtione eli
^aumenti dè
mattoni con
fpartmemh

Mifli tromti
dulDUcnCtì
fmot

' P^"^ potere condurre, quefi:i marmi dalle dette caue alla marina, i quaU
milciii lP,ranno, per quello, che fi vede molto a
propofito per pauiinenci,

m

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ί-8 D E L LA

Del mufaico di legname, cioè delle Tarfie, e dell' Jflorie, che fi fanno di
' legnitintitecommeffiaguifadivitture.

Cap. XXXI.

QVanto iìa facii coia l'aggiugnere ali' inuentioni de' paiìaii qualche nuoiio
' rouato fempie; aflai chiaro ce Io dimoilra non iolo il predecro corameflo
^ de'paujmenri » che ienza dubbio vieii dal mufaico, nu le ftefse Tavfie
ancota, e le figure φ tante varie cote, che a iìmiìinidine pur del mufaico, e della
Pittura, fono ilate fatte da'noftri vecchi di piccioli pezzetti di legno commeffi,
ίέ vniti infienie nelle tauole del noce, e colorati diuerfamcnte jli che i moderni
chiamano lauoro di commeiTo » benche a'vecchi forfè Taifia. Le miglior cofe,
che m queila fpetie già fi facefserojfurono in Firenze ne i tempi di Filippo di Ser
Bi unellefco, e poi di Benedetto da Maiano. Il quale nientediraanco giudicando-
le cola djfutile, fi leuò in tutto da quelle, come nella vita fua fi dirà. Coftui, co-
me gli altri paisati le lauorò iolamente di nero j e di bianco j ma Fra Giouanni
Veronefe j che in else fece gran frutto, largamente le migliorò ; dando varij co-
lori a'iegni, con acque > e tinte bollite > e con olij penetratiui, per hauere di le-
gname i chiari, e gli fcuri, variati diuerfamente, come nella arte della Pittura j E
lumeggiando con bianchiilìmo legno di Silio fottilmente le cofe fue. Quefto
lauoro hebbe origine primieramente nelle profpettiue , perche quelle haueano
termine di canti Viubche commettendo infieme 5 pezzi faceuano il proffiio, e pa«
reua tutto d'vn pezzo il piano dell'opera loiO,fe benee'fofse ftaro di più di mille.
Lauorarono però di quello gli antichi ancora nelle incroftature delle pietre fine,
come apertamente 0 vede nei portico di San Pietro, doue è vna gabbia con vn'
vccello in vn campo di porfido, e d'altre pietre diucrfe , commefse in quello con
rutto li refto degli ftaggi, e delie altre cofe. Ma per efsere ii legno più facile, e
molto più dolce a quello lauoro; hanno potuto i Maeilri noilri lauorarne più ab-
bondantemente, & in quei modoj che hanno voluto. Vfarono già per far l'om-
bre, abbronzarle col fuoco da vna banda: il che bene imitaua l'ombra, ma gli al-
tri hanno vfato di poi olio di zolfo, & acque di folimati, e di arfenichi, conica
quali cofe hanno dato quelle tinture, che eglino rteiTi hanno voluto ; Come ii
vede nell'opre di Fra Damiano in San Domenico di Bologna., E perche tale pro-
feiTione confifte iolo ne'difegni , che fiano atei a tale efercitio, pieni di caiamen-
ti, e di cofe che habbiano lineamenti quadrati, e fi pofsa per via di chiari, e dì
iìcuri dare loro forza, e rilieuo, hannolo fatto fempre perione, die hanno hauuto
più pacienza, che diiegno. E così s'è caufato, che molte opere vi fi fono fatte. E
fi fono in queila profeiTione iauorate ftorie di figure, fi:utn,& animali, che in ve-
ro alcune cofe fono viuiiììme ; ma per eilere cola, che tofto diuenta nera, e non
contrafà fe non la Pittura, eisèndo da meno di quella, e poco durabile per i tarli,
e per il fuoco, è tenuto tempo buttato in vano? ancoraché e'iìa pure, e iodeuole»
emaeilreuok.

Tarfte fimili
»l mufiico.

Suoni maefiri
per detto Ar-
t0jicit.

Hfhle

nelle proffet'
ttUf,

r/o deUe taf
fieaaco mpie-
ira.

V^tdt di far
Ιριηίη»

Di/kgni per
dtm lauorey

^'Ptti del

m'i'fif»»^

Del

-ocr page 73-

ρ I τ τ ν R Α. 73

Del àkmere lefineflre di vetro, e come elle fi conduchim co'piombi, e ca' ■

ferri da foJÌenerlefen':^aimpedimento delle figure^ '

Cap' XXXII'

rOftumarono «ià gli Anfichi, ma per gli huomini grandi, ò almeno di qual-
f che importanziifili ftrrare le fineftre in modo, che fenza impedire il linne»
non vi entraiIeiO i ventri, ο il freddove QueiloÌGlamente ne' bagni loro,tìt' iuda-
roi, nelle ftufe, e negli alrn luoghi i-ipoft!, chiiiJendo le aperrure> ò vani di quel-
le con alcune piecre trai
parenti, còme fono le Agate, gli A!abaftrb& alcuni mar-
mi teneri, che fono mifchi, ò che traggono al gialliccio. Ma i moderni > che in
molto maggior copia hanno haiiuto le fbi'riaci de' verri,liantiò facto le fineftre di
vetro, di occhi,
e di piaftre , a fimil tudine, od imitatione ώ quelle, che gli Anti-
chi fecero di pietra. E con i piombi accanalari
da ogni banda, le hanno inlieme
ferrate, e ferme, & ad alcuni ferri melTi nelle muraglie a q«elb propofito , ò ve-
ramente ne' telai di legno, le hanno armate, e ferrate come diremo. E doue elle
fi faceuano nel principio femplicemeuce d'occhi bianchi, e con angoli bianchi, ò
pur colorati,hanno poi imaginato gli.artefici,fare vn mufaico delle figure dique-
rti vetri, diuei famente cólorari, é commeffi àd vftì di pittura. E talmente fi è'af-
ibttigliato l'ingegno in ciò, che e' fi vede hoggi condotta quefta arte delle fine-
ftte di vetro a quella perfettione, che nelle rauole fi conduc ono le belle pitture,
vnite di colori, e pulitamente
dipinte, fi come nella vira di Guglieltno da Marcil-
la Francefe, largamenre dimoftrcremnx). Di quella
arte hanno lauorato meglio
i Fiaminghi, & i Francefi, che l'altre nationi, A tefoche eglino come inueltiga-
tori
delie cofe del fuoco, e de'colori h. nno ridetto a cuocere a fiìoco i colori,che
fi pongono in
fui verro. A cagione, che il vento, l'aria, e la pioggia, non le offen-
da in
maniera alcuna. Doue già cciiumauano dipigner quelle di colon velati con
gomme, & altre tempere, che col tempo fi
confumauano. Et i venti, le nebbie,
e l'acque fe le portauano di maniera, che altro
non vi reftaua, che il fewpHce co-
lore del
vetro. Ma nella età prefente veggiamo noi condotta quefta arte a quel
fommo grado , oltra il qrale non fi può appena defiderare perfettione alcuna , di
finezza, di belbzza, e di ogni particolarità, che a quefto poiTa feru;re, con vna-j»
delicata, e fomipa vaghezzasnon meno falutifera,per aiTicurare le ftanze da' ven-
ti, e dalParie caàiue, che vtiie, e commoda per la luce eh ara, e fpedita, che per
quella ci fi apprefenta. Vero é, che per condarle, che elle fiano tali, bifognano
ptimieramente tré cole,cioè vnaUmiinofatrafparenza
ne' vetri fcelti ; vn bellif-
fimo componimento di ciò,che vi fi latiora, e vn colorito aperto fenza alcuna co-
fufione. La crafparenza confiite nel(aper fare eletcione di vetri, che itano lucidi
per fe ileflTi. Et in ciò, meglio fono i Francefi, Raminghi, «e i vetie-

tiani ; perche i Fiaminghi (ono molto chiavi, & i Venetiani mola carichi di Colo-
ri . E quegli , che fooorhiari, adombrandoli di (cuvo , non perdono il lume del
tutto, tale, che e' non trafpaino nell'ombre
loro.

Ma 1 Veneriani, eiFendo di loro natura fcuri, & ofcurandoli di più con l'om-
bre, perdono in ttitto la traiparenza. Et ancora, che molti fi dilettino d'ha-
uergli carichi di colori, artificiatamente foprapoiloui, che sbattuti dall'aria, e
dal Sole moftrano non sò, che d^i bello più, che non fanno ! colori naturali. Me-
glio è nondimeno hauer i vetri di loro natura chiari, che fcuri, accioche dalla_.5
grofiezza del colore non rimangili offufcan. A condurre quefta opera > bdogna

h a ba-

P'/o di pietre
trafparente
accorr/oiiate
fiUefitìtfirt
,

Imitaùane
àfl.^moAmii
colvttro»

Spelte di td
Imm,

Chihal^ilà'

u orato conefm
quilit» 4iiì·
genyt.

Grado dell'^
urte in

Cmiirìeni
necejfarie ad
opetarut con
ecceìltn^at

PrAttica di
cendur l'cpez

-ocr page 74-

éo .aDiE/LÌ'LjA:

Hauere vn cartone difegnato con proffili, doue iìano i contorni delle pieghe de*
panpj ^e delle figure, i quali,diitionrinp doue
fi hannOja corànietiere i vetri j di
poi fi pigliano i pezzi de^yetri, roiTi, gialli 5 azurri, e bianchi, e fi fcompartifco-
no
fscondo il diiegno > per panni, ò per carnagioni > coirie ricerca il bifogno. E
per ridurre ciafcunapiaftra di effi vetri alle mifure diiegnate fopra il cartone fi
Ìegnano.dettipezzi in decte piaftrei,pofate fopra ri detroCartone,con ynpenneij
Io di ijiacca,; ciaicunó pezzo s'ailégna ii i uo numeroper ritiouargii più fa-
cilmente nel coinmettergl i, i quali numeri finita l'opera fi icapcellaoo. Fatto
quefto, per tagliargli a miiura> fi p'glia vn ferro appuntato afiocatoj con ja punta
del quale hauendo prima con vnaipunta dr fmeriglio intaccata alquanto la prima
(àpeificie doue fi vuole cominciare j e con vn poco di fpuco bagnatom > fi .và con
e floierrolj^iTgoque'd'intorni, ma alquanto difcofto. Et a pocoa poco mouen-
do il predetto ferro j| vetro fi inclina ? e fi fpicca dalla piailra Di poi > con vna_^
punta di rmeriglio fi và rinettando detti pezzb e leuandone ilfuperfiuo; e con va
tei-iO, che e'chiamano Grifatoio, ouer9 Topo, fi vanno rodendo i d'Hìtorni dife-
gnat!, tale ch'e' vanghino giufti da potergli commettere per turco. Così dunque
eommefì'i i pezzi di verro, in sù vna tauola piana fi diftendono iopra il cartone, e
jTi comincia a dipignere per i panni l'ombra di quelli, la quale vuol'eflere di fca-
glia di £èiro,uiaciiaata , e d'vn'akra-ruggine, che alle ciiue del ίΐηο fi trou&y:Ja_u9
quale è rolla » onero matita roiTa, e dura macinata, e con queile
ombrano le
.carni, cangiando quelle coi nero, e roilo , fecondo che ^à bifogno. IVia prima_.?
è necéflario alle carni velare con quel roflo curri-vetri, e con quel nero fare il
iriedefimo a panni, con temperargli con la gomma ,.a poco a poco dipignendoli,
(& ombrandoli come.ftà il cartone. Et appreilo, dipintiche e' fono, volendoli
dare lumi fieri fi hà vn pennello di ("etole corto, e fotcìle, e con quello
li graffiano
ì vetri in sù il lume , e leuafi di quel panno, che haueua dato per tutto il primo
colore, e con ì'aiticiuola del pennello fi và lumeggiando i capelli,le barberi pan-
ni > i caiamenti, e paefi come tu vuoi. Sono però in quefta opera molte dift'cul-
tà, e chi fene diletta può meiter.evsi-i) colon iùl.vetro, perche fegnando sùvn
colore.roilo >vn fogliame, ò
coia miniua, volendo3 che a fuoco venga colorito
d'altro colore fi può fquamare quel vetro quanto tiene il fog.liame, con la punta
d'vn ferro , che leui la prima fcaglia del vetro 5 cioè il primo fuolo, e non la paffi,
perche facendo così yi'nnaneil vetro di color bianco, eree_gii dà poi quel rodo
fatto di più mifture, che nel cuocere mediante lo {correre, diuentà giallo. E que-
llo fi può fìire sù tutti i colori, ina il giallo meglio rieice fui bianco ,· che in altri
colon, l'azurro a campirlo, diuien verde nel cuocerlo perche il giallo ,.e l'a-
zuno mescolati, fanno color verde. Cliieilogiallo non fi da mai fe non diètro,
doue non e dipinto, perche meicolandofi, e fcoiTendoguafterebbe, e fi mefco-
larebbe, con quello il quale cotto
rimane fopragroiìo il roiio , che rafchiato via,
con.vn ferro, vi laicia giallo. Dipinti, che fono 1 vefi, vogliono eiier meiTi iii-^
yna.teghia di ferro con vn (uolo di cenereiectacciatà, e calcina cotta mefcolatai
6c a fuolo, a fuolo i vetri parimente diuefi, e ricoperti dalla cenere ift^ila, poi po-
fti nel fonrelloi li quale a fuoco lento a poco a poco nicaldari, venga a infocarli la
cenere, e 1 vetri, perche i colori, che vi fono sù infocati,inruggimfcono, e fcorro-
no, e fanno la pre^a ful.vetro. Et a quello cuocere bifogna vfare grandiffima di-
,ligenza,-perclie il troppo fuoco violento, li farebbe crepare,& il poco non li cuo-
cerebbe . Ne fi debbono
cauare finche la padella, òteghia doue e' fono non fi
vede tutta di fuoco,,e la cenere con alcuni faggi fopra, che fi vegga quando il co-

• ' ' Icre

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ρ ITT ν ϊΐ α: ^ι

lore € fccifo. Fatto ciò fi buttano i piombi in certe foime di pietra > ò di ferro ; i
q uali hanno due canali, cioè da ogni Iato vno, dentro al quale fi commette, e fer-
ra il vetro - E fi piaiJano, e dirizzano > e poi sù vna tatiola fi conficcano, & a pez~ ^fii/^lLl^^
2D per pezzo s'impioinbatutta l'opera in più quadrije fi faldano tutte le commer- ' ^

titured"'"'—- ''' ' ■ ■· - - -------— j_ ·-

e'piombi con faldàtoi diftagno» 8c in alcune trauerfe, doue vanno i ferri,
fi merce fi i di rame impiombati, accioche poffino reggere , e legare l'opra : la-j . ^.
quale s'arma di ferri, che non fiano al dritto delle figure, ma.torti fecondo le com- yj^fj'j'f/
n^ettiture di quelle, a cagione, che e'non impedifeonò il vederle . Quefti fi met- w^·
tono con incluouature ne' ferri, che reggono il tatto. E non fi fanno q^iadri ,iTia
tondi, accioche impedifcono manco la vifla . E dalla banda di fuori fi mettono
alle fineftre, e ne' buchi delle pietre s'impiombano, e con fili di rame, che ne'
piombi delle fineftre faldati fiano a fuoco, fi legano fortement-e. E perche i fan-
ciulli,ò altri impedimenti non le guaflino, vi fi mette dierro vna rete di filo di ra· '
me fottiìe. Le quali opre , fe non fodero in materia troppo fl-angibile durereb-
bono al mondo infinito tempoMa per quello non refta, che l'arce non fia diffi-
cile, artirìeiofa, e beliiffi ma.

Del 'mello, e come per qudh hahh'imio le Stampe di rame, e come s'Ìntaglìm
gliaYgerai,perfareglifmdtidiba([oriliem)eftmil-
mente ftcefelino legrofierie,
Cap..XXXllL·

II- Niello, lì quale non è altro r che vn dife^io tratteggiato e dipinto sù l'ar-
gento, come fi dipigne, e tratteggia fottUmente con la penna; fiùttrouaco
dagli Orefici fino al tempo de gli antichi, eiiendofi veduti caui co'ferri ripieni di
niiltura ne. gli ori,& argéti loro.Queifo fi difegna con lo iHle sù lo argento,che fia
piano , e s'intaglia col: bulino, che è vn ferro quadro tagliato a vngh; a, ilall' vno
degh angoli
all'altro per isbieco, che calando verfo vno de' canti, lo più acuto, ' ^
e tagliente da due lati, e la punta di eflo fcorre, e fottiliiiìmamente intaglia. Con
qucfto fi fanrxo tutte le c )fe, che fono intagliare ne' metalli,per riempierle,ò per
lafciarle vote ·, fecondo la volontà dell'Ai tefice.
Q^uando hanno dunque inta-

----------...... Queftafij^eilaje fiponefopralapiafti-adeil'à.j^v...^..----

taglio, il qual'è neceilario, che fia bene pulito, & accodatolo a fuoco di legne^
verdi, foflìando co' mantici, fifa che i raggi di quello, periruotino, doue è i| Niel-
lo · Il quale per la virtù del calore fondendofi , e (correndo,
riempie tutti gl'in-
tagli, che haueua fatti il bulino. AppreiTo, quando l'argento è raiireddo; fi và di-
Jigentemente co' rafchiatoi leuando il fuperfiuo, e conia pomice a poco a poco fi
coniuma, tresandolo, e ^^^^ ^ ^ ^^^^ ν π cuoio rsnto, che e' fi
troui il vero
pianore che
lì tutto rerti pulito. Di quefVo lauorò mirabihiTìmamente Mafo Fi- Ληφι tf-
niguerra Fiorentino,il c^^zls fò raro in quella piOfeffione,come ne fanno fede al- ceìUnte.
cune paci di INieilo in S.
gìo. di Firenze, che iono tenute mirabih. Da quello in-
taglio di bulino fon denuate le ftSpe'di rame·,onde tSte carte Iraliane,e Tedeiche
^tM àerl·
reggiamo hoggi per tutta Italia , che fi come negl· arge'ti s'im promana, anzi che ^^^te d'air
tuiiero ripieni-di Niello,d) terra,e fi buttaua di zolfo, cos? gli Srapatori trouarono taglio ^hui^
li modo del fare le carte sù le Stàpe di rame col torcolo,come hoggi habbiara ve-
^ duto

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6% DELLA

duto da. effi imprimerfi. Ecci vn'aUra forte di latiori in argento, 0 in oro,comu-
nemente c4iiainata fmalco, che é fpetie di Picrura raefcoiata con I3 Scultura. E
ierue dode iì aiettono4'acque, sì che gh fmalti reflono in fondo. Queila do! en-
doiì lauoiare in sù l'oro, hà bifogno d'oro finiiTtmo. Et in sii i'argento , argento
almeno a lega diGiulij. Et è ncceiTario quefto modo, perche lo fmalto ci pofta
rertare, e non ifcorrere altrcue, che nel iuo luogo , bifogna lafciarla i proffili di
a-rgento, che di fopra fian fottili e'non fi vegghino. Così fi fà vn nlieuo piatto,&
in contrario a l'altro , accioche, metteudoui gli fmalti, pigli gh icuri, e chiari di
quello, dall' altezza, e dalla bafsezza dell'intaglio. Pigliafi poi fmaki di vetri di
varij colori, che diligentemente fi fermino col martello. E fi tengono negli ico-
dellini con acqua ch'ariiiìma, feparati, e diflinti Γνηο da l'aitro. E quelli che fi
adoperano a l'oro, fono differenti da quelli, che feruono per l'argento ; E ii con-
ducono in quefta maniera. Con vnafottiliiTtma Palettina d'argento fi·pigliano
feparatamente gli fmalti, e con gentil pulitezza fi diftendonoa'iuoghi loro, e vi
fe ne mette, e rimette fopra feco'ndo, che ragnano, tinta quella quantità, che fà
di meftiero. Fatto querto fi prepara vna p'gnatta di terra, fatta a poiia, che per
tutto fia piena di buchi, 5c habbia vna bocca dinanzi; E vi fi mette dentro la rau-
foia, cioè vn coperchietto di terra bucato, che non lafci cadere i cai boni a bailo,
e dalla mufola in
sù, fi empie di carboni di Cerro, e fi accende ordinai-iai-nent^_j.
Nel voto, che
è reilato focco il predetto coperchio, in sii vna fottiliiTima piaftra
di ferro, fi mette la coia fmaluta, a fentire il caldo a
poco a poco , e vi fi tieniL_j5
tantO) che fondendofi gli imalti, icorrino per tutto quafi come acqua. Il che fat-
to fi lafcia raffreddare,
e poi con vna fraiTinellajch'è vna pietra da dare filo a {fer-
ri, e con rena da bicchieri fi sfrega,e con acqua chiar.i,finche fi croai il fuo piano.
E quando
è finito di leuare lìtutto fi rimette nel fuoco mcdefimo , accioche il lu-
ίίΐΌ nello icorrere l'altra volta vada per tutto. Faiiene d'vn'altra forte a mano,
che fi puliile con
geilo di tripoli, e con vn pezzo di cuoio, del quale non accade
fare mentione; ma di queilo,
l'hò fatto, perche eisendo opra di Pittura, comc^
le altre, m'è paruco a propofito.

Della Taufta, cioè lauoro a la Damafchina.

Cap. XXXIV.

Xituerfe tbtrt Τ Τ Anno ancora i moderni ad imitatione degli antichi rinuenuto vna fpetie
di mi Umro, JlI di commettere ne'metalli intagliati d'argento, ο d'oro, facendo in elfi la-
uon piani,o di mezo,o di bailo rilieuo; Et in ciò grandemente gli hanno auanza-
ti. E così habbiamo veduto nello acciaio l'opere intagliate a la Taufia altrimenti
detta a la Damaichina,per lauorarfi di ciò in Dnmafco, e per tutto il Leuante ec-
cellentemente. La onde veggiatno hoggi di moki bronzi, &: ottoni,e rami com-
meiTì di argento, & oro, con arabefchi venuti di que'paefi : E negli antichi hab-
biamo veduto anelli d'acciaio con meze figtire, e fogliami molto beli:. E di que-
fta fpetie di lauoro fe ne fon fatte a i di noftri armadure da comlwtcere lauorale
tutte d'arabeichi d'oro commeffi , e fimilmente ilaffe, arcioni A ielle, e mazze
ferrare; Et hora moke fi coftumano i fornimenti delie ijiade, de' pugnali, de'col-
telli,e d'ogni ferro,che fi voglia riccamente ornare,e guernire,e fi fà cosi. Cauafi
Modo diprn- il ferro in (otto fqu2dra,e per forzir di martello fi cornette l'oro in quello, fattoci
ticarlo. prima fotto vna tagliatura a guifa di lima fottile , che l'oro viene a entrare ne'
caui di quella,& a ìèrmaruefi.Poi con ferri fi dintornajo con garbi di foglie,o con

girare

Lauoro Ai
'.malto,

Qrdine di Ιλ·
tforarlo.

Meda cuoi
€ere il lauoro
fmaltntO'

Come [e gli
dta pu/im»»
to»

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ρ I τ τ ν R Α. 77

giraTetJiquel, che fi vuole, e tutte le cofe co'filj d'oro pailati per filieiu£girano
per li ferro, e
coliT>arcelIo s'amaccano , e fermano nel n odo di (opra. Àuuerti-
fcafi
mécedimeno, che i fili fiano più groÌTì, & i proffili più fotriii,acciò fi fermi-
no meglio in quegli · In quefta profelTione infiniti ingegni hanno fatto cofe Jo^ Aum'mm^»
deuoii, e tenute marauighofeje però non hò voluto mancare di farne ricordo,de-
pendendo dalcommetteriì, & eilendo Scultura, e Pittura, ciò è cofa, che deriiia
dal difegno.

. De le Stampe dì legno, e del modo di farle, e delprimo Inuentor loro, e come
con tre Stampe fi fanno le carte, che paiono di fegnatCy e moflrano
' il lume, il me7;o, e l'ombre.

Cap. XXXF.

IL primo innentore delle Stampe di legno di tre pezzi,per motore oltra il di- ImemUn»
legno, rombre, i mezi, & i lumi ancora,fù Vgo da Carpi,il quale a imitatio* Stm^e
ne delie Stampe di rame, litiOiiò Λ modo di
queffe, intaghandole in legname di
peto, ο di buflolo, che in quefto fono eccellenti fopra tutti gli altri legnami. Fe-
di tre pezzi, ponendo nella prima tutte le cofe proffilate, e tratteg-
pate: TNella feconda, tutto quello,che è tinto a canto al proffilo con lo acquerS-
pei·" ombra. £ nella terza i lumi, &c il campo, lafciando il bianco delLa carta
in
vece di lume, e tingendo il refto per campo. Qiiefta, doue è il lume, & il campo
11 là in quefto modo. Pigliafi vna carta Stampata, con la priiaia, doue fono tutte
le proffilature, & i tratti,
e cosi frefca , freica Π pone in sùTaiie del pero, & ag-
grauandola fopra con altri fogli, che non iìano viridi, Π ftrofina , in maniera, che
quella che è frefca lafcia sili l'aile
la tinta di tutti proffili delle figure. Et allora il
Pittore piglia la biacca a gomma, e dà in sù'l pero i lumi ; i quali dati, lo intaglia-
tore gli incaua rutti co'fern fecondo, che fono fegnati. E-quefta è la Stampa, che
primieramente
fi adopera, perche ella fa i lumi, & il campo, quando ella è im-
brattata di colore ad olio, e per mezo della tinta, lafcia per rutto il colore, faluo,
che doue ella è incauata, che iui refta la carta bianca . La ieconda poi è quelia-^
delle ombre, che è rutta piana, e rutta tinta di acquerello, eccetto, che doue le
ombre non hanno ad eflere, che qaiui è incauato i legno. È la terza, che è
prima a formarn, è quella, doue il profilato del tutto è incauato per"tutto,faluo,
che doue e'nonhàiproffih tocchi dal nero della peiina. Quelle/fi fl-ampanoal
Torcolo, e vi fi rimettono fotto tre volte, cioè vna volta per ciafciina Rapa
che
habbino il medefimo rifcontro . E certamente , che ciò fù
belliiTuTia inuen-
tione. Tutte quefte proièffioni,
Se arti ingegnofe fi vede , che deriuano dal diie-
pio, ,1 q^^ig Ν i^^pQ neceilario di tutte r e non Unauendo non fi hà nulla. Perche
ie bene tutti
i fegreti, & i modi fono buoni, quello è ottimo, per Io quale ogni
vedeifritroua, & ogni diffidi cofa, per effo diuenta facile, come fi potrà
ri
hanmÌ f ^g^'·^ ie vite degli Artefici, i quah dalla natura, e dallo itudio aiuta-
niiì fine ^11 ^^Ρ» humanc per il mezo folo del difegno. E così facendo

Traiftea ài
lauoriire con
tre Sitttnpe,

Cerne β mde*
perino per im-
primerle^

ledette Mit^
tutte deriu»·
no dal di/»'
gito.

.ϊΓ» «Ji η "^^'"'duzzione delle tre Arti, troppo più lungamente forfè trattate,
che nei principio non mi peniaij Me ne pailo a fcnu ere le Vite,

r\

PROE-

-ocr page 78-

PROEMIO

DELLEVITE.

0 non dubito punto, chenonfiaquaft di tutti gli Scrittori
conmune, e certiffima opinione , che la Scultura infieme
con la Vittura fufiero naturdmente da i popoli dello Egit-
to primieramente trouate ; E che alcMi altri non (iano,
cheatiribuifcono a' Caldei le prime bo·^ degnarmi·) &
i primi rilieiii delle /fatue : come damo anco a' Greci la in-
uentione del Tennello,e del colorire. Ma io dirò bene, che
dell' 'vna-) e dell'altra ^rte il difegno ? che è il fondamento
, di quelle, αηχί Ι'ίβφα anima, che concepe, e nutrifce in

P'"'Zje medefma tutti i parti άβφ intelletti ,fufie perfettijjimo in sù l'origine di tutte
lofdTio Si l'yJtijfimo Diciatto il gran corpo del mondo,€r ornato il Cie-

iìm ondo. lo de'juoi chiarirmi lumi, difcefs con l'intelletto più giù nella Umpide'^^a deWae-
re,e nellajolidità della terrai e formando l'huomo, jcoperfe con la vaga inuentio-
ne delle cofe, la prima forma della Scultura, e della Tittura, del quale huomo a
itìuoma p-ima a mano poi ( che non fi de dire il contrario ) come da yero efemplare fur ca-
fima dellcu uate leftatue, e le Sculture, e la dijficultà dell'attitudini,e de i contorni > e per le
StuUurajt e prime Titture ( qualche elle fi fusero ) ia morbide7;z^, l'vnicne, e la difcórdante
jfttturaconcordia, che fanno i lumi con l'ombre. Così dunque il primo modello ,onde ipfd
la prima imagine deWhuomo fii yna mafia di terra, e non fenza cagione : perdo-
Iddio msìré che il Dìuino Architetto del tempo, e della natura ■> come perfetti^mo volle mo-
ti mcdodt dei flrare nella imperfettione della materia:, la via del leuare, e dell'aggiugnere ; nel
te artt *»/«»·« ^^^,^^ρ^ιγ-^ο modo, che fogliono fare i buoni Scultori,e Vittori, i quali ne'lor model'
Jetttone. ^aggiungendole leuando,riducendo le imperfette bo·^ a quel fine,e perfettione,
che'yogliono. Diedegli colore viuaciffimo di carne, doues'è tratto nelle Pitture
poi da le miniere della terra gli βφ colorì, per contraffare tutte le cofe,che accag-
giono nelle Titture. Bene è v eroiche e'non fi può affermare per certo,che quello ad
imitai ione di così beila opera β faceffino gli huomini auanti il Diluuio in quefle ar-
ti ; auuengache verifmilmente paia da credere, che effi ancora, e fcolpiffero, e di-
opere nelle pin^^effero d'ogni maniera·, Touhe
Belofiglii'^olo del Superbo T^embrot circa 200.
àette arti de ^Qpp^ n Diluuiofece fare la flatua, d'onde nacque poi la Idolatria, e lafamo-
pià amidi
 β^ semiramis Regina di Babilonia, nella edificatione di quella Cit-

iiHomtm. ^^^^^. Qy^^^crai di quella, non (okmte yariate, e diuerfe fpetie di ani-

mali ritratti, e coloriti del naturale, ma la imagine dife flefia, e di V^nofuo ma-
rito, e le flatus ancora dìBron^o delfuo^^^^ \ ^ àeila fuocera, e della antifuocera
fua, come racconta Diodoro,
chiamandole co' nomi de' Greci, che anco) a non era-
no, Gioue. Giunone, & Op€. Da le
q'^liflatue apprejero per auuentura a i Cal-
. ' dei, a fare le imagini de'loro Dij; poiché
15:0. anni dopo Rachel nel fuggire di Me-

'JPitt^ta

Sculturn .

Guanto rnoflra il Sepolcro marauigliofo dello Antichifiimo Rè Simandio, larga-
mente defcritio ita Diodoro, e (f ianto arguifce il feuero comandamemo fati
0 da
MosèneU'vfcn-e dell'Egitto; cioè che fato pena della mQrte>non fi facefjero a Dio

ima-

-ocr page 79-

DELLEVITE. 6S

imagini alcune. Coflui nello jcendere di fui monte, hauendo trovato fabbricato d
rìteilo deli'oro'^ adorato jblenncmente dalle jucgcntt;TurbatQ(igrauemente di
vedere concejji dmini honori allHmagine d'vna befhamnjolamente lo ruppe, e ri-
άιφ in poàterej. Ma per punitione di cotanto errore, fece vccidere da Leniti molte
migliaia de gliJceierati figliuoli d'ifrael, che haueuano commefia quella Idolatria.
Ma perche^non ti ianorare le flatue,ma l'adorarle era peccato fceleratiCiìmoi fi le<r.

deilierm ydo, e le fimbrie delle vejie facerdotali,e tante altre beUiffme cofe di
getto nel Tabernacolomnper altro.che per mdurui le genti a contepiarle.^S ado-
rarle. Da le cofe dunque vedute innanzi al Diluuiodajuperbia degli huomini tra- ^^^^^^ _
uoil modo di fare le Hatue di coloro, che al mondo volfero, che rejtajfero per fama
immortali ; Et i Greci,che diuerfamente ragionano di quefla origine, dicono , che ^^^^ ^^
gli Etiopi trouarono le prime fiat ue fecondo Dtodoro , e gk Egmi le prejono da lo- hnomini.
ro,e da quefli i Greci,poiche infmo a tempo d'Hom^ero fi vede ejjere flato perfetta
la Sculturale la Tittura , come β fede nel ragionar dello fi udo d'achille quel Di- opinione dt'
nino 'Poetaìche con tutta l'arte più tofìo fculpito, e dipinto, che fcritto ce lo dima- Greci.
fìì-a. Latantio Firmtano, fauoleggiando le concede a VrometeoM quale afmilitu-
dine del grande Dio formò l'imagine Umana, di loto;e da lui l'arte delle jìatue af-
ferma ejf'ere venuta. Ma fecondo che fcriue Tlinio, quvfi'arte venne in Egitto da opinione ii
Gige Lìdio ; Il quale emendo al fuoco, e l'ombra di fe medcftmo riguardando, (ubi- pUmo.
to^con vn carbone in mano,còntornò fefieffo nel mu'o; e da quella età per vn tem-
po le (ole Linee fi cofiumò mettere in opera jenT^ corpi di colore, β come ajferma.
il mede fimo Tlmio, la qual cofa da Filocle Egittio conpià fatica, e fimilmente da.
Cleante, & ^rdice Cormthio, e da Telefane Sicioniofù ritrouato. Cleofante Co- p^/^i pìttcn
rimbiofùil primo appreffo de Greci, che colorì. Et .Apolodoro ilprimo tcheri- ar^d.
trouaffe il pennello. Seguì 1>olignoto,Tafio, Zeufì, e Τimagora Cakìdefe,Vithio,
& ^laufo tutti celebratiffmi ^ e dopo quefli il famofiffimo .^ipelle da ^dleβrndro
Magno tanto per quella
virtù'dirnato, & honorato, ingegnofiffimo muefiigatore
della calumnia, e del fahjre, come ci dimofira Luciano, e comefempre far quaji ^ittor},e Seul
tutti i Vittori, egli Scultori eccellenti dotati dal Cielo il pm delle volte , nonjolo ^^η omm ai
dell'ornamento della Toefia, come fi legge di Tacuuio ; ma della Filofofia ancora, Ftiojofia., β
come β vede in Metrodoro perito tanto m Filofofia, quanto in Vittura, mandato ΐοψ».
dagli ^teniefi a ^ Taolo Emilio per ornare il trionfo, che ne rimafe a leggere Filo-
fofia a fuoi Figlinoli. Furono dunque grandemente in
Grecia efercitate le Scul-
ture nelle quali β trouarono molti artefici eccellenti, e tra ψ altri Fidia eterne- Artefici Gréd
fe, Trafitde, eTolicleto 'rrandiffimi maeflri ; così Lìfìppoìe Tirgotele m intaglio nelU scnlm^
di catio valfero afiai,e Ti^maleone in Onorio di riUem i di cui β fauoleggia, che ra.
co ρημΙηβΜΐ impetrò fìato,e [pinta alla fimra della vergine, ch'eifece. La T/i-
tura jmi mente honorarano, e con premi] ξϋ .Antichi Gt ed, e liomani, poiché a
coloro, che la fecero maraui^Uofa apparire, lo dmofirarono col donare loro città, Prmio.é
e dignitàgrandijjime. Fiornalmente qnefi'arte in Koma, che Fabio diede nome «er-t dato aih
alfuo cafatofottoicriiiendoflnellecofe da lui fi vagamente dipinte nd tempio del- ■f'""''''·
la sdate chiamandofi Fabio Vittore. fùproibito per decreto publico che Ιζ^
ferfone ferue, tal arte nonfacefieroper le Cinà,e tanto honore fecero le gente del
con^[nuoaU'ane,<àr a gii artefici,che l'opererare nelle fpoglie de'trionfi, come co-
fe mir acolo fe
, a Ko-na β mandauano : e gli Artefici egregi erano fatti di ferui li-
berherìcQmfciuticonhomratiprernijdalleUepubliche. Gli fleffiKomani tanta

i >7?

-ocr page 80-

^^ PROEMIO

nucrenzaatdeartiportarono^che oltreilrifpettoichenelguaflarelaù^^
■Mlrceìlo ne] Marcello, che s'hauejìe a vno artefice famofo dì quefìe,nd volerepi-

Ifpugnatione ^^ Città predetta hebbero riguardo di no mettere il fuoco a quella parf'ido-

άί Snagu/a. ^^ ^^^ helliffima. tamia dipinta, la quale β di poi portata a Roma nel trionfo
con molta pompa.Doue m[patio di tempo,hauendo quafi fpogliato il mondo,ridtif»
fero gli artefici fieffi, e le egregie opere loro. Delle quali Roma poi β fece bella,
perche le diedero grande ornamento le flatne pellegrine, e più che le doniejìiche, e
Roma omfttìi t'^'''ticolari,fapendofi,che in Rodi Città ά'φία,ηο molto granaeyfurono più di tren-
dulleflutHe»^ i.i milla flatue anmuerate fra di bronco, e di marmo > ne manco ne hebbero gli
Stenlefuma molto più quei d'Olimpia,c di Delfo,e fen%a alcun nimcvo quei di Co-
rinto, e furono tutte heUiffime,e digrandiffimo prezzo ^{Non fi sà egli, che TSlico-
mede Rè di Licia, per l'ingordigia di yna Venere, che era di mam di Trafitele, Vi
conjumò quafi tutte le rìccbe':^^e de'popolii ^on fece il mede fimo ^ttdoì Che
per hauere la tauola di Bacco dipinta da ^riflide, non β curò di fpenderui dentro

fi non fcn'^a ragione penfar,cl/elUfia forfè più antica appreffo a TofcaniiCome te-
fltfica il noftro^Leòn Baùifla Alberti; e ne rende ajjai buona chiareT^xa la maraui'
gliofafepoltura di τ orfena a Chiù fi, doue non è molto tempo.che β ìtrouato [otto-
terra fra le mura del Laherinto alcune tegole di terra cotta dcntroui figure di me-·
rilieuo, tanto eccellenti-, e di fi bella maniera-^ che facilmente fi può ccnofcere »
l'arte non effer cQmincìata,a punto in quel tempo ; an^iper laperfettione di que
lauori, ϋβοΎ molto più vicina al colmo , che al principio. Cotne ancora ne può far
medefimamente fede, ìl veder tutto il giorno ?noltipL%%,i ài que'vafi roffi, e neri
pretini fatti come fi giudica per la maniera, intorno a que^te'mpiycon le'j'iiadriffi-
miintadi, j;

mente lauorate

e valent iffimi in tale arte. Vedefi ancora per le ftatue trouate a Fiterho,nel ρ
cipio del Vontificato d'^leÌ]andro VL· la Scultura efjere fiata in pregio,e non pie-
ciolaperfettione in Tofcana ;
E come che non fifappia appunto il tempo, che'elle
furon fatte,pure,e dalla maniera delle figi·^'·'^, ' ^ 'modo delle fepolture, c delle
fabbriche, non meno, che dalle infcrittioni di quelle lettere Tofcane, β può verifi--:
milmente conietturare , che le fono antichiffime, e fatte ne'tempi, che le cofe ài·
x- ■ ' "· ' erano in buonore grande flato
. Ma che maggior chiarc'^'^a fi può di ciò haue- ■
%i7nti(i ^^ ' ^fjf^ndofi a tempi nofiri, cioè l'anno_ ij
54. trouata vna figura di bronco fatta
it^t^ m 111 per la chimera di Bellorofonteynel far fofii ifortificatione, e muraglia d^AreT^ I
^tfif^n^rJ^fNe^^^ ψ^Ιε figura β conofce laperfettione diquelL·rte e^ere fiata anticamente
t apprefio i Tofcani , come fi vede alla maniera etrufca, r/ta molto più nelle lettere ~

intagliate in vna -^mpa, che per e fi er e poche fi conieitma,non fi intendendo hùg- ■
gi da nefsuno la lingua etrufca, che le poijino così fignificave il nome del tnaeflró ,
come d'e(fa figura,e forfè ancora gli innificondo l'vfo di que'4ernpi. La qual figu-
ra è hoggiper la fua bellex^, & antichità fiutapofia dal Sig. Duca Co fimo nella
fida delle flan·^ nuoue del fuo paiaT^o^doue fono flatidame dipimi i fatti di Τά-
ρα Leone X. Et oltre a quejìa nel mede fimo luogo furono ritrouate molte figiirine

Ma'-
ùmmte-
àuh"

-ocr page 81-

D E L LE V I Τ E. ύη

dubbie come le noflre,e forfè fiih e per il più bifogna fondare Ugiudicio di tali cofe

in sù le conietture·, chs ancor non fieno talmente debolh che in mto β fcoflino dai . , , ,

fegno : io credo non mi eβer punto partito dal verone penfoi che ogni vno che que-

Jìa parte vorrà difcretamente considerare ; giudicherà, comc io, quando difopra ''

io diffu il principio di quefle arti ejjerc fiata ΐΊβεβα natural e l'innan^,o modello, ^

la bellilfima fabbrica dei mondo>& il maeflro, quel dmino lume, infujo per gratta ι trLZTdd-

jingulare in noi, il quale non folo ci hà fatti fnp

eriori alli altri animali i ma finiili I hHome,

(fe e lecito dire) a Dio. E fe ne'tempi nofiri β è veduta ( come io credo per raolù
efempty pQco innanzi poter moftrare ) che ifernpUci fanciuUi,
e roT^tmente rdle-
uati ne' hofchii in fuii'efempio folo di qaejie belle 'Pitemele Sculture delia natura;
con la viuacità delloro ingegno->àa perfeβείβ hanno cominciato Λ difegnareiqHa"
to più fi puòiC debbe yerijimilmente penjare, qne'primi hmminiì i quali ? quanta
manco erano lontani dal fuo principioic diuiìiageneratione tacito erano più perfet-
ti, e di migliore ingegno ; ejfi dap£r loro, hauendo per guida la natura·: per mae-
flro l'inteiletio purgati^imo i per efempio β -pago modello del mondo , haucr dato
origine a que/k nobilijjime Urti\ e da picciol principio a poco a poco migliorando-
le^ condottele finalmente a perfettione f jq^n voglio già negare, che e'non fia fia-r
to yn primo, che cominciajje, che io so molto bene, che èhijogno,che qualche voi-

da qualcuno venifje il principio ; ne anche negherò flato pojjibile , che Le dette arti
^''^''no aiutale ialtro>& infegna^e, & apriije la via al difegno, al coloreic rilieuo,
imitatri-
perche io sò, che l'^/rtè nofira è tutta imiratione della J^qtura, principalmente, e "
poi, perche da fe non può falir tant o alto delle cofe,che da quelli,che miglior Mae- ^^ '·
fìri di fe giudica , fono condotte^ Ma dico bene, che il volere determinatamente
(^fermare chi coftuho cojioro fuffero è co fa molto pericolofa a giudicare,€ forfè po·'
necefjaria a fapere^ poiché vediamo la veraradice,& origine donde ella na-
fce.

'Perche poiché delle opere, che fono la vita, e la fama delli Artefici, lepri"
me, e di mano in mano le Jeconde, e le ter·^, per il tempo , che confuma ogni co-
la venner manco, e non effendo allhora chi fcriue^e, non potettono efìere alman-
co per quella via conofciute da pofleri ; Fennero ancora a efiere incogniti gli ^r-
telici di quelle ; Ma da cheglifcrittori cominciarono λ far memoria delle c»fe
fiate imhtwzi a loro, non potettono vià parlare di quelli, de quali non haueuan&
potuto hauer n^titia, in modo, che primi appo loro vengono a efser quelli, de quali
era fiata vltima a perder fi la memoria. Si come il primo de' Toeti, per confenfo
communefi dice efser Homero ; non perche innanzi a lui non ne jìifse qualcuno λ
f^he furono, fe bene non tanto eccellenti, e nelle cojeJhe iflefse fi vede chiaro^,
perche di quei primi tali quali efsi furono, era perjagia d;.fe\niUc annifà,o^ni
^^gnitione. T'ero lajciando quefla parte indietro; troppo per l'antichità fua incer-
ta , vegnarno alle cofe più chiare della loro perfettione,e rouina, e refiauratione,
^imJe nnafcita-, delle quali con molti miglior
fondamenti potremo ra-

tr^Wi ' P^^ò vero , che elle cominciafsero in lìoma tardi, fe le Htturn., è

h'smJioC^'^ ·^^ ώ" Ci-JYrr^ de'beni Scultura co*

Arp Γηη-τ^ -'Ϊγ/"/ perche machinaua di farfi Iiè,fà morto dai proprio Ta- f^radarom i»

'Fn:^" · che fe bene continuarono lUrti deilaScuitura,e del-
. J fJ fi ''^^'''onr^matione de'dodici Ce(an, non però continuarono m f*

quella perfettione, e hontj, ^unto mnan^^ [perche β vedenedi 'Ze'

edipcp, che fecero, fuccùdendo l'^no all'altro -rPImperatori, che i^ior.o que~ *
fìe Arti decimando, veniuano a poco a poco perdendo l'intera perfettione del
difegno·. Edi cw pofsono rendere chiara tefiimonimXa l'opere di Sculturale

i 2.

-ocr page 82-

PROEMI Ο

d'^'ii'chkettura,che furono fatte d icm^o cu Coftantmo in Koma,e particolarmen-
te l'arco Trionfale, fattogli dal Topolo Ki^mano al Colofjeoidone fi veder, che per
mancamento di Maeftrì buoni ì non folo fi Cernirono delle fiorie di marmo fatti; al
tempo di Traiano» ma delle (poglie ancora, condotte di dmerfì luoghi à Koma ; E
chi conofce,che i votiiChefono ne'tondiycioè le Sculture di me·^ nlieHo,e parimen-
te i prigioni,e le floriegrandi,e le colonne,e le cornici,& altri ornarnenti fatti pri-
mate difpoglie fono eccellentemente lauorati', conofce ancor a,che l'opereUe quali
furon fatte per ripieno dagli Scultori di quel tempo,fono goffiffime; Come fono al-
cune floriette di figure picciole di marmo fotto i tondi,& il bafamento da piè,doue
fono alcune Vittorie.

E fra gli ^rchi dalle bande certi fiumi, che fono molto goffi,e β fatthcbe fi può
credere fermamente, cheinfmo allora, l'arte della Scultura hauem cowànciato
a
perdere del buono. E nondimeno non erano ancora venuti i Gotti,e l'altre natio-
ni barbare,e firaniere,che diftruβono infume con l'Italia tutte l'arti migliori. Ben
è vero, che ne'detti tempi haueua minor danno ricemto l'architettura,che l'altre
arti del difegno fatto non haueuano : perche nel bagno,che fece e^o Coftatino fab-
bricare a Luterano, neWentrata del portico principale fi vede; oltre alle colonne
di porfido, i capitelli lauorati di marmo ,e le bafe doppie tolte d'altroue beniffimo
intagliate : che tutto il compofio della fabbrica è beniffimo intefo. Doue per con-
trario lo flucco, il mufaico, & alcune incroflature delie facce, fatte da'maeflri di
quel tempo non Jono a quelle fimìli,che fece porre nel mede fimo bagno, leuate per
la maggior parte da i tempij degli dij de'Gentili. il mcdefimoffecondo che fi dice,
fece Cofiantino del Giardino d'Equino, nel fare il tempio,che egli dotò poi, e diede
a'SacerdotiChrifliani. Similmente il magnifico tempio di S.Giouanni Luterano
fatto fare dallo fleffo Imperadore, può far fede del medefimo,cioè,che al tempo fuo
era di già molto declinata la Scultura : perche l'imagine del Saliiatore, & i dodici
^pofiolid'argétotchelegli fece fare, furono Sculture molto baffe,e fatte fenT^a arte,
€ con pochifjmo difegno . Oltre ciò, chi confiderà coi} diligen-^^ le medaglie ά'εβο
Coflantino,e l'imagine fua, & altreflatue fatte dagli Scultori di quel tempo , che
hoggifono in Campidoglio, vede chiaramente, ^ eh' elle fono molte lontane dalla
perfettione delle medaglie,e delle flatue degli altri Imperatori : le quali tutte cofe
mofìrano, che molto innani^ la venuta in Italia de'Gatti, era molto declinata la
Scultura.V^rchitettura,come β è detto,s'andò mantenendo, fg ^on così perfetta,
in miglior modo, ne di ciò è da marauigH^f'fi '· perche facendofi gli edifiti) grandi
quafi tutti di fpoglie,era facile agli Architetti nel fare i nuoui imitare in grà par-
te i vecchi,che fempre haueaano dinanzi agli occhi. E ciò molto più a^emlméte,
che non poteuano φ Scultori,efédo mancata Ì'arte,irtritare le buone figure degli
antichi.E che ciò fia vero,è manifeflo,che il tempio del Trécipe degl'Apofl.ìn Va-
ticano non era ricco, fenon di c.olonne, di bafe, di capitelli, d'architraui, cornicit
porte,&altre incroflature,& ornamenti,che tutti furono tolti di diuerfi luoghi, e
degli edifiti] fiati fatti innan·^ molto magnificaméte.ll medefimo β potrebbe dire
di S. Croce in Gierufaléme, la quale fece fare Coftantim a preghi della madre He-
lena
. Di S. Lorenzo fuor delle mura, e di S.^A^nefa fatta dal mede fimo a richie-
fta di Coflan^a fua figliuola. E chi non sà, che il fonte,il quale feruì.per lo battefì·
mo di cofid^e d'vnafua forellafù tutto adornato eli cofe fatte molto prima^ E par-
ticolarmente di quel pilo di porfido,tntcigliato di ligure belliifime,e d'alcuni cande-
lieri di marmo, eccellentemente intagliati di fogliami, e d'alcuni putti di baffO ri-
lieuo, r.he fona veramente belWfimiì in fom.n}.per quella ,e molte altre cagioni
fi vede quanto al tempo di Coflàtino venuta al baffo la Scuitura,e co e^a

infie-

E/empij, e di'
mrfità di ma-
niere .

DeprefiontJ
della
Sculm·
rapfim» del'
ìΛ venuta di
Getti,
Arehitittur»
non tanto
dif-
fittola tem'
fo di Cofianm

Cau/a della
toaferaattone
detVArchittt
tura.

l^elTempio
di S,Ρ tetro di
, ^ al.

iti.

-ocr page 83-

D E L L E V 1 Τ E.

infteme l'altre arti migliori. E [e ale ma co fa mancaua dl'vltima rouina loro,ven-
ne loro data copiutaméte dal partirfì Cofiantino di Iioma,per andare à porre la fe-
de
deli Imperio in Bifantio·, percioche egli condufie in Grecia non folamente tutti i
migliori Scultori, & altri arte^ci di quella età, comunque fnficroma ancora vna
infinità diflatue, e d'altre cofe di Scoltura belhjfime. Dopo la partita di Cofian-
tino i Cefarhche εφ lafciò in Italia, edificando continuamente-, & in Roma,i& al-
troue β sforarono di fare le cofe loro quanto potettero miglioria ma come β vede
andò fempre così la Scultura,come la Tìttura, e t J.rcìntetiura di mah in peggio.
E ciò forfè anuenne,perche quando le ccfe humane cominciano à declinare,non re-
fimo mai d'andare fempre perdendo, fe non quando non ροβοηο più oltre peggio^
rare. Tarimente fi vede, che fe bene s'ingegnarono al tempo di Liberio Tapa,gli
^Architetti di quel tempo di far gr a cofe nell'edificare la Chieja di S.M.Maggior Cì
che non però riufcì loro il tutto felicemente-, percioche fe bene quella fabbrica,che
èfmilinente, per la maggior parte difpoglie,fù fatta con aff ai ragioneuolimifure
non fi può negare nondimeno,olir e à qualche altra cofa,che il partmiento fatto in-
tornomtorno fopra le colonne con ornamenti difìucchi,e diVitture,non fiapoue-
ro affatto di difegno,e che molte altre cofe,che in quei gran tempio fi veggiono,no
argomentino l'imperfettione dell'arti. Molti anni dopo, quando i ChrifUanifot-
to Giuliano ^poflata erano perfeguitati, fù edificato in fui monte Celio rn tem-
pio a'SS.Gio. e Vaolo martiri, di tantopeggior maniera,che i fopradetti,che fi co-
nofce chiaramente, che l'arte era a quel tempo poco meno, che perduta del tutto.
Gii edifitij ancora, che in quel mede fimo tempo β fecero in Tofcana fanno di dà
pipùffmiafede, e per tacere molti altri, il tempio, che fuor delle mura d'Are'^
jà edificato à s. Donato Vefcouo di quellà Città, il quale infieme conHilariano
monaco fìi martirÌTi^ato fotto il detto Giuliano ApofUta ; non fù di punto miglio-
re .Architettura, che ifopradetti. I^e è da Lredere,che ciòprocedefk da altro ché
dal non effere megliori Architetti in quell'età,conciò fufie,che il detto tempio,co-
mefl e potuto vedere a tépi nofiri,a otto faccie,fabbricato delle fpoglie del teatro,
colofieo,& altri ediftìj,^che erano flati inAre':^ innan'-4,che fufie conuertita al-
la fede di Chriflo;fùfattn few^a alcun rifparmio,e congrandiffima[pefa,e di colon·'
tie digranit o, di porfido,e di mifchi, che erano fiati delle dette fabbriche antiche χ
adornato. Et io per me non dubito, alla fpefa, che β yedeua fatta in quel tempio,
che fe gli Aretini hauefiono hauuti migliori Architetti,non haiiefjono fatto qual-
che cofa marauigliofa, poiché β vede m quel, che fecero
, che a niuna cofa perdo-
narono, per fare quell'opera , quanto potettono maggiormente r!cca,e fatta coru
buon ordine» E perche,come β e già tante volte deitomeno bauena della fua per'
fcttione l'Architettura, che l'altre arti,perduto, vip vedeua quali he cofa di huo-
Fù in quel,tempo fmiilmente aggrandita la Chiefa di S.Maria in grado, à ho··
nore^ del detto Hilarione;percioche in quella haueuu lungo tempo haktatoyquàdo
^^ia palma del Martirio . Ma perche la fortuna quando ella ha
t7ìP tnZ f! ifo^'^^^no della ruota,o per ifcber:^o, ο perpentimetó ilpià delle voi-
''cndoaml^^^^^ coie,ihefoìlcuatcfi in diimfi Ιηοφΐ del
m non folamente) barbare, contra i V^owanv. nefegm fra no molto tem-

t^MTimawP^tP rJi i^ZHfp'^^^^^o così grande impeno-.Ma la rouina del tutto,e
ZtZT Ζ f ^Τψί^^^ la
quale rouinarono del tutto parimente gli ec-

rÌfiÌff^ ' ''^'^ori, & Architetti ; lafciando éarti,e loro Lde- };

M^tterrate,^

Citta . E prima andarono mmrda parte la Titiura,. la Scultura come arti, che
■pm ρπ diletto,che per diro feruiuano: e l'altra cioè. L'Architettura come necefia-

I 5 ria»

Partenza m

RcfKafÀ ί'νΐ-
tana rouir:i>...·
delU Ara .

Notti heldeim
to^

Talbric» ài
S. M. Mag^
gtore di Koma
imperfitm.

Oeteritramè·
to àeWAnhi·^
mtwa*

Effetto della
fortuna
I

R BUtna àeìP
imperio di Ro*
mitfìiparime.
te rouina del"
iHtturiJ
»
Stulttire , &
jlnMtettfirs^

-ocr page 84-

70 PROEMIO

na,& vtile alla fatui e del corpoiandò contìnuandomanongià nella fuaperfettìO'
ne,e bontà. E je nofufie
flatOìChe le Sculture,e le Tìtture rapprefentauano inani^
agliocchidichinafceua di mano in mano,coloro>che n'erano flati honorati ^er
dar loro perpetua vita; fé ne farebbe toflo fpéto la memoria deU'vne,e dell'altre.
La doue alcune ne conferuarono per l'imagine, e per l'infcrittioni pofle nell'archi"
tetturepriuate,e nelle publiche,cioè nelli ^njiteatri,neTeatri,nelle Terme, negli
^cquedottiìne'Tempij-tnelli Obelifci,ne'Collo(fty nelle Tiramidi,nelli ^rchi, nelle
Coferue^e nelli Erari'pe finalméte nelle Sepolture medefimeìdelle quali furono di-
flrutte vnagrd parte da gente barbara,&■ efferrata,che altro non bauèuano d'Imo
mOiChe L'effigie e'I nome.^^efli fra gli altri furono i f^ifigothi,i quali hauédo crea-
to Alarico loro Kè^afjalirono l'Italia,e Komaie la faccbeggiaro 'no due volte fen'^a
ri/petto di cofa alcuna.Il mede fimo fecero i Fandali venuti d'yif^rica con Genjeri-
co loro Rè; il quale non cotento a U robba,e
prede^e crudeltàiche vi fece,ne menò
in fermiti le perfone con loro grandiffima miferia,e^ co e^e Eudofia moglie fiata di
Falentiniano Imp. flato ama-z^topoco auanti da ifuoifoldati mede fimi. I quali
degenerati in grandiffima parte dal valore antico Romano,per eQeme andati gran
tempo innanT^ tutti i migliori in Bifantio, con Coflantino Imp. non haueuano più
coflumiy ne modi buoni nel viuere. hauendo perduto in vn tempo mede fi-

mo i verihuQrnmi,& ogni forte di virtù,e mutato leggi,babito,nomi,e lingue ^tut-
te quefle cofe infteme,e ciafcmaper fe, haueuano ogni beli'animo,& alto in^iegno
fatto brutti(Jimo,e baffi,^mo diuentare. Ma quello,che fopra tutte le cofe dette β
di per dita,e danno injinitamente a le predette pròfeffioni, fu ìLferuente -^lo della

nmua Religione Chrifliana; la quale dopo lungone fanguinofo combattimertto,ba'·
uendo finalmente cola copia de'miracoli, e con la fmcerità delle operationiabbat"
tuta,e annullata la vecchia fede de'Gentili; mentreche ardentiffimaméte attende
ua co ogni diligen-^ a leuar via,& aflirpare in tutto ogni minima occafionej'on^
de pojeua nafcere errore; nonguafiòfolamente,o gettò per term tutte le fiat uz^
marauigliofe,eteSculture,Titture3Mufaici,& ornamenti de fallaci Di) de'Genti^
li·, Male memorie ancora,e gli honori d'infinite perfone egregie.^Alle quali per gli
eccellenti meritiloro da la virtuofiffima antichità erano fiate pofle in publico le
ftatue,e l'altre memorie. In oltre per edificar le Chiefe a la vfawza Chrifiiana, non
folamente difiru^e ipiù honorati Tempij degli Idoli ; ma per far diuentare più no^
bite%eper adornare S.Tietro oltre agli ornamenti,che da principio hauuta hauea»,
fpoglìò di Colonne di pietra la Mole d'Adriano, hoggi dett 0 Cafiello S.àgnolo » e
molte altre,le quali veggìamo hoggigu^e. Et auuengache la Religione Chrifìia*
na non facefse queflo per odio,che ella baueffe con le virtù,ma folo per cotumelia *
& abbattimento degli Dipde'Gentili-,non fu però che daquefìo ardentiffimo '2;eh
non fegmfje tanta rouina a quefie honorate profefsioni,che no fe ne perde fje in tut"
to tajorma. E fe niente mamma a queftoS^^ue infortunio foprauenne l'ira di To·'
til'a contro a Roma, che oltre a sfafciarla di mura, e rouinar col ferro, e col fuoco
tutta più mirahili,e degni edifìtij di quella^ vniuerfalmente la bruciò tutta, efpo*
gliatol'a di tutti ìviuenti corpi, la lafàò in preda alle fiamme, & at.fuOco,e fen%a »
che in
l'i.giomicontinui ftritrouaffe in quellaviuente alcuno,ahbauè,e di^
talmente teflatue,le Vitture, i Mufaici,egli flucchi marauigliofii chefe ne perdè
.lon dicala maeflàfola,ma la forma f lyfsereflefso.Verilche efjendo lefianxe ter^
rene prima de'ραΐα-^,ο altri edifitijdi Stucchi,di Titture,e di Statue lauQrate,ca
te rauine di fopra a^ogarono tutto il buono, che a giorni nofiri s'è ritroiiato* E co-
ί^>ro,£hefuceefJerpoi,gtudicando il tutto rouinato, vi piantaronofoprale vignet di
maniera^xhep&^efiere k dette flaw^ terrene rimafle fopra la terra,le hanno i wo,

dmì

Cerne β eoa*

feruarorUf λΙ'

(une Pitture^
c ScHltwe^

S»rbnrt chtj>
rouinarfno Β,β
ma»

Coturni de"

ìiommtcototm
tipereffir an*
dati in Cofiét».
tm^olt.

Danm figui-
to
λΙΙι arttper
cnuf* delliu
^eligiene ·

TùtiU aptm^.

je fikiimMli^t
^ρίφβηί dei

ieì mma- dt

^ttttfchf*

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D E L L E ν I τ E 71

derni nòfnìnate Gròtte ^e Grottejcbek Titture, che vi fi veggono al prefente. Fi-
nitigli oflrogotti,che da T^rfe furono fpentiyhabitandofi per le roùine di Roma in
qualche maniera pur malamente, venne dopo cento Anni Cojiante II. Imp. di Co- ^itra rouìn»
jiantinopoVhe riceuuto amoreuolmente da i Romaniguaflòyfpogliò, e portoci via emfam Aad
tutto ciò che nella mi fera Città di Koma era rimafo, pm per forte > che per libera nmtt im^,'
volontà di coloro,che l'haueuano rouinata.Bene è vero,che e' no potette goder fi di
quefla preda,per che da la tempefla del mare trafportato nella Skiliai^iuftamente
vccifo da ifuoii iafciò le fpoglieyil regno,e la vita tutto in preda della Fortuna. La
quale non contenta ancora de'danni di Roma,perche le cofe tolte nopoteffino tor^
naruigiamaiyvicondufje Warmata diSaracim a'dannidell'Ifokii ψαΐϊ,β lerjìhbe
de'Siciliani,e le fleffe fpoglie di Koma fe ne portarono in ^AleMandria,con grMiffi-
ma vergogna, e danno dell'Italia,e del Chrijiianefmo. E cosi tutto quello,che non
haueuanoguaflo i Totefici,e S*Greg)malJìmaméte,il qualβ dice,che meffe in ban-
do tutto il recante delle flatue, e delle fpoglie degli Edifitij, per le mani di queflo .. r . »
fceleratiffimo Grecofinabnente capita male. Di maniera,che no trouandofi più ne
vefligÌG,ne inditio di cofa alcMna,che hauo^e del buono\glì huomini,che vennono ^^^^^ yj^
a prefio,ritrouàdoftroxi,e materiali,e particolarmente nelle Titture,e nelle Seul- conio la. qux-
tur e-,incitati dalla natura,& ajjotigliati dall'aria, fi diedero a fare nofecodo le re- lità iéhro in*
gole dell'arti predette,che non l'haueuano; ma fecodo la qualità degl'ingegni lo- gtgni ·
"ro, Efiendo dunque a quedo termine condotte l'arti del difegno,& innan'7^,& in
quel tempo,che fignoreggiarono l'Italia i Longobardi,e poi andarono dopo ageuol-
ffiente,fe ben'alcune coje fi faceuano,in modo peggiorado,che no β farebbe potuto» ^fempP^iìtàì
"ne più goffamente,ne con manco difegno lauorar di quello, che fi faceua, come ne li Imori »
dimofirano,oltr'a molte altre cofe, alcune figure,che fono nel portico di S.Vietro in
Roma fcpra le porte, fatte alla maniera greca, per memoria d'alcuni fanti Tadri»
che per la S.Chiefa haueuano in alcuni Cdcili] difputato.Tsle fanno fede fmilmen·
te molte cofe άεΙίΊβεβα maniera,che nelh Città,&in tutto ÌTeffkrmo diRauenna
Sj "^^àS^f^^^·»^ panicolarmsnte alcune che fono in S. Maria Rotonda fuor di quel- cupola nm»
la Citta, fatte poco dopo,che d'Italia furon o cacciati i Longobardi ι l^lla qual bile deSaKi·^
Chiefa, ηϋη tacerò, che ·»ηα cofa β vede notahìlijfima,e maraingliofa, e quefla è la tonda di
Tritai, ouero cupola, che la cuopre; la quale,come che fia larga dieci braccia,e fer- utm»*
naper tettoie coperta di quella fabbrica,è nodimeno tutta à"vn pe^folo,etanto

fràde,efconcio,che pare quafì impofβbile,che vnfafìo di quella forte,di pefo di più
tdugento milta libre fufje tanto in alto collocato.Ma per tornare alpropofita no- Gofe^^e de*
flro vfcirono dalle mani de'maeflridi que^tempi-, quei fantocci, e quellegofe^^^e, mae^ridi^rn'^
che nelle cofe vecchie ancora hoggi apparifcono.il medefimaauuiene dell'archi- .
tettura;Terche bifognado pur fabbricare,& effondo fma:mta in tutto la forma,
ijmodo buono per gli Artefici morti,e per l'opere diiirutte,egmfl'e; Coloro,che β
diedero a tale efercitio, non edifìcauano cofa, che per ordine, ο per mifura hme^e
% l ragion alcuna, Onde ne vennero a nforgere nuouv ^rchitet- Edi^t^'dims^

ihcne aeile loro barbare nattoni fecero il modo di quella maniera diedi^n],c'hog- Τ^^ΛφΛ^

/ Tedefchi,iquali faceuam alcune cofe piH toflo a noi moder-

tiZ%m Ρ f "" finche la miglior forma,& alquanto alta buona an-

i migliori arteficiicome β ve'ζgono: di quella maniera per MigrioramenS
^^Me^^ non antiche,cheda.eTpfuron'edificate,coméda
Teodomo RedItaiavn pala^^o in
RaHenni,vnoin T>auìa,& vn^attro in. Mo-ìe- ^

napur di maniera barbara, e 'fy ^ofto ricchi, e grandi, che bene intefr.a di bua- t

m architettura. Il medefmo β p,,^ affermare dì Santo Stefano in Rimini, ciSm
Martino di Kmennaie del tempia di SanGiouanni Euangelifia edificatanelU^

ρ*

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Δ PROEMIO

medefmaCittàda GallaTlacìdia intorno a gli anni di noflva dìS.J^i''

takichefù edificato l'anno 547·^ della Badia di Ciuffi di fuori,& in fonma di mol-
ti altri monafìerij, e tempi edificati dopo i Longobardi. I quali tutti edifitij
, erme
fi è dettOifono,e grandine magnifici, ma digoffiffima Architettura, e fra queflifo"
Ti&ipio fatto no molte Badie in Fracia^edijicate a S.Benedetto,e laChiefa,e monafierio di Mon-
davna Regi- ^^ οφηο\ il tempio di S^Gio^ Bdttifta a Μοηχα, fatto da quella Teodelinda Keina
m da Gotti, fj^^'QQffi^ αίμ qjf^ig SiCregorio TaPa^ηββ ijuoi Oialogi;neÌ qml luogo efja kei''
nafece dipingere la floriadi Longobardi, doue β vedeua, che eglino dalla parte di
dietro erano rafi, e dinanzi haueuano le z^T^re, e fi tigneuano fino al mento. Le
Vfidi LtngO' yefiiméta erano di tela larga,come vfaronogli Angli,& i Saβ'oni,e [otto vn man-
iéirdi, fQ ili diuerft colori, e le fcarpe fino.alle dita de'piedi aperte, e fopra legate con certi
correggiuoli. Simili a'fopradetti tempij furono la Chiefa di S. Gio. in Tauia edifica"
ta daèuniipergA,figliuola della fopr adetta Teodelinda, e nellamedefima Città U
Chiefa di S.Saluador fatta da Ariperto fratello della detta Heina, il quale fucceffe
Altri edifitij, nel regno a Rodoaido marito di Gundiperga ; La Chiefa di S. Ambrogio di Tauia
edificata da Grim oaldo Kè de' Longobardi, che cacciò del regno Terterit figliuolo
di Riperto. Il quale Terterit reflituito nel regno dopo la morte di Grimoaldo, edifi-
cò pur in Tauia vn monafierio di donne detto il monafierio Ή^ίοηο , in
honore di
'IN^fira Donna, e di S^ Agata : e la Keina ne edificò vnafuora delle mura dedicato
alla Vergine Maria in Tertica. Comperte fimilmente figliuolo d'effo Terterit edi-
ficò vn monafierio , e Tempio di S.Giorgio , detto di Coronate , nel luogo dotte ha-
ueua hautito ynagran -vittoria cantra a Alahi difnnile maniera. 'He dijfirnile fà
a quefii il Tempw, che'l Uè de' Longobardi Luiprando, il quale β al tempo del uè
Vipino padre di Carlo Magno ] edificò in Tauia, che fi chiama San Tietro in
del
spefa, e ma- àaurc, quello fimilmente, che Defidcrio > il quale regnò dopo Aflolfo , edificò

fiiièri- JJ - r^ J C " ' J 1 ' r\

ehe fa'te con chitcttura la Chiefa di S. Apofiolo , che fu edificata da Carlo Magno .-fu ancorché
mcglmamin^ picciola di bellifiima maniera ; perche oltre, che ifufi delle colonne, fe bene fona
toikli' βπβ, di pe·:!^}, hanno molta gratia, e fono condotti con bella mifura, i capitelli ancora»
egli archi girati per le volticciuole delle due picciole TS[_auate, mofirano, che in
Τ υfcana era fmiafo, onero riforto qualche buono Artefice. In fnnma l'Architet-
■ ' tura di quefia Chiefa è tale,che Tippo di Ser Brunellefco non ft fdegnò difcruirfene

■ per modello nel fare la Chiefa di S. Spirito e quella di S. Loren^ nella medefma
chiefa di san Città, il mede fimo fi può vedere mila Chiefa di S.Μ arco di Fenctia, la quale (per
Marco
in Vt- non dir nulla di S. Giorgio Maggiore ,fì.ato edificato da Giouanni Μ ore fini l'anno

neti^ fatta di.......jfù cominciata fotta il Doge lufiiniano, e Giouanni Taniaaco apprefjo

fnaniifei gre^ S.T . ..

ύμ^

nifìcarcno : ella fà fop............-ex' ■

Greca , & in quel modo , che ella hoggi fi "vede congrandijjima fpefa, e col parere
dì molti Architetti, al tempo di Domenico Seluo Doge nel li anni di ChnBo
973..
Il quale fece condurre le colonne di que' luoghi donde le potette hauere. È così β
Altri eAiftij andò coìitinuando fino all'anno ii^o.efjcndoDoge M.TielroTolani, econiefiè
^ella flifa, deito. col difegno di più, Maeflri tutti Greci. ''Della medefma ìnaniera Greca
mmim. furono ,enei mede fimi tempi le fet te Badie, che il Conte Vgo Marche fe diXran-
dihurgo fece fare in Tofcana, come fi può vedere nella Badia di Firenze ,

■ ii Settimò) emWaltre. Le quali tutte fabbriche, e le ve(iigia-dì quelle > che nm,

' JÒKO

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D E L L E ν I τ E jf

fono in piedi, rendono tejiimonianxa->che l'architettura fi temua alquanto in pie-
di, ma imbaflardita fortemenie^e molto diuerja dalla buona maniera antica.Di ciò. giuah' her»
pofeon'anco far fede molli ραΙα·:ζ^ vecchi fiati fatti in Firenze, dopo larouina di mbafiurdini,
Fiejole d'opera Τofcana
. Macon ordine bàrbaro nelle mifure di quelle portaefi-
nefire lunghe iun^e,ene'garbi di quarti acuthnelgirare degli archi, fecondo l'vjo
degli ^rchitetti}kameri di que'tempi. L'annopoi
1013. β ride l'ape hauer ri- opera rofc&.
prejo alquanto di vigore nel riedificarli la bellifsima chiefa di San Miniato in fui na con ordine
monte al tempo di M. ^librando,cittadino,e Vefcouo di Firen7^:perdoche,oltre i^rbaro.
^gliornaméti,che di marmo vi β veggiono détro.e fuon, fi vede nella facciata di-
fiawTì, che gli Architetti Tofcani fi sfov^rono d'imitare nelle porte,nelle fneflre,
nelle colonne, negli archi, e nelle cornici quanto pote'tono il più , l'ordine buono Accrefcimen,
anrico, hauendolo in parte riconofciuto neWantichifsimo Tempio di San Giouanni *o dell'arte ·
nella Città loro. J<^el mede fimo tempo la 'Pittura, che era poco meno, che fpenta /f^*®®"
afattOifi vide andare riacquifìando qualche cofa,come ne moflra il Mufaico, che [
fu fatto nella capella w.aggiore della Chicfa di S. Miniato. TempT!

Da cotal principio adunque,comiìiciò a crefcere a poco a poco in Tofcana il dife- η migliortù
gno,& il miglioramento di quefle Arti,come fi vide ΐΆηηο mille,e fedicifiel dare mento, di det-
principio i Tifani alla fabbrica del Duomo loro: perche in quel tempo fu gran cofa te arttceinin·^
mettere mano a vn corpo di Chiefa così fatto di cinque nauate, e quafi tutto di dò in Tc(ca'
tnarMo'àentro,, e fuori. Quefio Tempio, il quale fu fatto con or dine,e difegno di
Bufcbctto Greco da Dulicchìo, Architettore in quell'età rariffimofà edificato,& Ciò fi vede net^
ornato da i Tifani d'inf mte fpoglie condotte per mare, efiendo eglino nel colmo
dellagrandez^ loro,di diuerfi Ìontanifjìmi luoghi,come ben moflrano le colonne^
bafe, capitelli, cornicioni,& altre pietre d'ogni forte, che vi fi veggiono .E perche
-tutte quefìe cofe erano,alcune picciole,alcunegrandi,& altre me'Z^^ne, fùgrande
ilgÌHdicio,e la virtù di Bufchetto nell'accommodarle, e nel fare lo fpartimento di
tutta quella fabbrica, dentìO,e fuori molto bene accommodata : Et oltre all'altre
coje nella facciata dinan-q con gran numero di colonne, accommodò il diminuire
àeljrontcfpitio molto ingcgnofcimente, quello di varij,e diuerfi intagli d'altre co-
lonne,e diflatue antiche adornando,fi come anco fece le porte principali della me·^
defma facciata ; fra le t^ imli, cioè allato a quella del carroccio, fà poi dato a effa
Bufchetto boi orato [epolcro con tre Epitaffi], de' quali è queflo "pnoy in verft Lati-
ni» nonpunto diffimili dall'altre cofe di que'tempi.

Quod vix mille bnimi poilent iuga iunéla mouere,
ΕΓοποΗ vix potuir per mare ferre ratis ,
Btifchetri nifu, quod emt mirabile vifu,
Dena piiellarnm turba leuauit onus.

Etferche fi è di fopra fatto mentione della Chiefa di S.Apoflolo di Firen'xem Memoria

in-pn marmo di efla dall'vno deUti dell'Altare maggiore fi leggono l\ed>ficaiione

/ίς / ^lil-y-DIE FI. ATKIUS inrefurreUione DOMICI ΚΑΚΟ- '^'^.Α^οβοΙο
ώο ρ triT7^T' ^ ^^^^^ reuertens, ingreisus Florentiam cum magno gaw '

torqueis aureis decorauit. ECCLESIA
ITIJT. altari inclufa efi lamina pUnibea in qua defcripta appa-
Tnr ^ ^onfecratii fa^a per AUHITEVTFμ WkW
WM, teftibus ROL^t.^^^ ^ vLIVeÌio .

L· caccio jopradetto del Duomo di Tijafuegliando per tutta Italia,& in Tofca- Chtefa di
mmaffirnamentelanrno di moltiubeìle impr efe,fù cagione. che nella Città di P-olo in p^^
Tijioiaji diede principio lAnno milk,e trentadue alla Chiefa di S. Taolo^prefen^ fi""''

te

Sepoltura del
l'Architetto ,
e (ηλ memO',
ria,

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74 PROEMIO

te d beato ^ttp, Fefcouo di anello. Città, coms fi legge in vn contratto fatto iiC
quel tempo, & in
Jòrmia a ?nolti altri edifitij f de'qmii tr^^
alprefentementione,
Ί^η tacerò già contimaìtdo fandar de'tempi, che l'armo poi mille » e feffania
fempledi s. β in Tifa edificato il tempio tondo di S. Giouanni, dirimpetto al Duomo , & in sii
Gimmni in- la medefimaρία':ζ^α. E quello, che. è cofa marapiigliofa, e quafi del tutto incredi-
^H^ ' dibiley fi trou'a per ricordo in vn antico libro dell'opera del Duomo detto,che le co ·

- . lonne del detto S, Giomnni, i pilafiri, e le volte furono ri7;^te, e fatte in quindici
giorni,e non più. Enel mede fimo libro,il quale può chiunque n'haue§e voglia ve-
SoUicitudine d.ef£,fi legge,che per fare quel tempio, fù pofto ynagraueTija d'vn danaio per fuo ·
di l^mm ςο^γ^β non γΐ fi dice già je d'oro, ò di piccioli. Et in quel tempo erano in rPifa,co-
' me nel medefmo libro fi vede, trentaquatiro milla. fuochi.
certo quefta opera

grandijfima,di molta ipefa,e difficile a condurfi,e maffimamente la volta della Tri-
. bma fatta aguifa di pera, e difopra coperta di piombo . Il di fuori è pieno di Co-

Aiii'otem. ^^^^^^^ d'intagli, e d'Hiflorie : e nel fregio della porta di me^ è vn Giesù Chrijio
con dodici ^poftoU di mexorilieuo di
maniera Greca.

, ; . ILuchefine'medefimitempu cioè l'anno mille, e fejfant'vno, come fncorr enti
c t m ^^''pif^f^iipyifi^ipi^'QfiQ In chiefa di S. Martino in Lucca, col difegno > non ejfendo
^^ allhora altri Jtrchitetti in Tojcana, di certi difcepoli di Bufdìetto . 'biella/acda-
ta dinan-Tii della qual Chiefa, fi vede appiccato vn portico di marmo con molti
^ , ornarnenth&intagli dicofe fatte inmemoriadiTapa,Alefiandro Secondo , flato
poco ιηηαη-ζΐ, che fuije
affimtG al Tonificato, Fefcouo di quella Città'. Della qua"
le edif catione, è di efso Ulej]andrò, fi dice in none ver fi Latini pienamente ogni
cofa 1 li mede fimo fi vede in alcune altre lettere antiche, intagliate nd marmo
fotto il portico infra le porte. Tslella detta pedata fono alcune figure, e fatto il
portico moaeflorie di marmo di me%o riiieuo della vita di S.Martino, e di manie'·
ra Greca . Ma le migliori, le quali fono fopra vna delle porte, furono fatte cento
fettanta anni dopo, da TSlicola Tifano, e finite nel mille ducento trentatre, come fi
dirà al luogo fuo, effeìido operai, quando β cominciarono,^bellenato,& ^ilipran-

Nicola tifano

migliorò ajfai ,, . ____________________, - - - - - ^ -

L· ScHÌtma, die dai tempi detti di fopra, infìno all'anno mille duce,ito cinquanta furono fatti
in Italia : percioche Poco^, ο ηηίΐο acquifio , ο miglioramento fi ^de nello fpatio di
tanti anni hauere fatto l'architettura ; ma efierfi fiata ne' medefmi termini, &
andata continuando in quella goffa 'maniera, della qua e ancora mmte cofefi veg-
giono,di che non farò al prefeàe aicuna memoria,perche f e ne dirà di fotte, fecon-
do l'occafioni, che mi fi porgeranno .
Le Iguane Ph- ' Le Sculture,e le TÌttureJìmilmente buone, jtate fotterate 'nelle rouine d'Italia^
ture, e SeuUu fìjiettono injmo al mede fimo tempo
rinchyu^e, ο non conofdute dagli huomini,in-
re mtichefino grofiati nelle del moderno ν fi diquell'età,nelia quale non fi^ vjmano al-

a que' tre Sculture, ne ΤitCure,che quellede quMi. vn refiduo di vecchi artefici di Grecia
furom fiora· fgceuano, ò in imagini di terra,e di pietra, ο dipingendo figure moflniofe, e copren-
, do folo i primi lineamenti di colore ■ Ojf-sfii arteftd, corne migUari, efi'endo Joliin
vjo,e
qtMlu» profeffioni, furono condotti w Italia; doue portarono infieme colmufaico la
manie- Ecosì le infegnarono a gli

Italiani goffe,e ror^jnente. Iqndi Italiani poi fe ne feruirono, come fi è detto,e

come fi dirà infimo ava certo tempo ^ ' ^ ■

Β φ hmmini di que' tempii non efiendo ν fati a veder altra bontà, ne maggior

Per-

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cor ai, oc ΰαιυηι^)^'·'^ j'jjjci uj nvnann^"^ i"-' te mi^vtvn uy^i ξ,/ιαι,Νακνί yur gii jyir"
ti di coloro
> che nafceuano,aiutati in qualche Imgo delia fottilità dell'aria fi pur-
garono tantOiChe nel MCCL· il Cielo a pietà mojjofi de i belli ingegni^ che'l terren
Tofcano produceua ogni giorno > gli riduffe alla forma primiera, Efe benegl'in-
nauTi a loro haueuano veduto refìdui d'archi, ο di coloffi, ο difiatue^e piliiO colon-
ne fioriate,nell'età, che furono dopai facchii e
le ruine^ e gl'incendi di Komaì e"
^onfeppono valerfene, ocauarne profeto damo, fino al tempo detto di fopra, ingegni To-
?l'in9-eavj. rUx> "^-.pmipro Ooi·, cmmfcFndù αβαϊ hptip il hmnn dal cattino » & ahi ίά-Π" fceint rAmn^

ci}ic^& amico ; antiche furono le cojeJrmanTi a Coftantino, di Corinto, d'^tene^e

di F^oma^e d'altre famofiffime Citi à, fatte fino a fotta J^erone a i Fefpafìam, Tra- " ^

iano> Adriano, & intonino ; perciocke l'altre fi chiamano vecchie, che da S.Sil-

uejìro in qiià furono pofiù in operi da -pn corto refiduo de'Greci , i qualipiutofìo xììfiì„tione

tìgnere, che dipignere fr.peuafw. Terche e (fendo in quelle guerre mortigli eccel· maniera aa

lenti primi artefici, come fi è detto, d rimanente di que'Greci vecchi, e non anti- tka^e vecchi»

t;chi altro non era. rimafo, che le prime lìnee in vn campo di colore ; come di ciò

fanno fede bo;-:gidì infiniti mujaici,che per tutta Ldia lauorati da elfi Greci fi veg- cognitione H

gono per ogm vecchia Cbiefi di qndjì voglia Città d'Italia, e maffinianiente nel maeflri Grecia

I^'i^tno àTifj, in S. Marco di renetia,6"ancora in altri luoghi,e così molte Tit-

3 - cntinuando fecero di quella maniera con oichi fprntati, e mani aperte, iru Difetti delh
fuma di piedi, come fi vede ancora in S. Miniato fuor di Firen7;efi'a la porta,che h^o future,
'^àin Sagrcfiia, e quella che và in conuento ,■&, in S, Spirito ài detta Città tutta
la banda del chioflro ver/o ία Chiefi, efimilmente in yArcT^ in S, Giulianoy& irt
s.Bartolomeo, & in altre Chicfc, ìì: Ίχο?ηα in S. Tietro nel vecchio, fiorie in-
^οψο interno, fr^i le faieflre, cofe, che ìmnno piiU .

figiedzquelcbefipa.

Di Scultura ne fecero fmilrnente infinite, come fi vede ancora fopra laporta di ^^ejfmaquali
S.Micbek a Τια%^αΨαάΜα di Firen·^' di όφ'· riliem,& in Ogni Santùeper moU tk di Settima
ti luoghi fepQ». ure,y or^..zrnenti diporte psrlchiefe>doue hanno per meniole certe
ra,

iìrr:tYf,ì-,PvvparT ν fi tpttù^rnù n-.-^tì.. X n..' _ . ir i- ' ______ . j:____

tato

artcfit
duce fi

humann^^^^'''^^ natura di ^iefivste,firnikàqHdla deU'altre,che come itorPi
Più facil
n^"^ nafcere, il Ìr£frere, lo inuecchiare, & il morire ; Totranno bora
L· i-'oue eìta^' il progrefso della fua rinafàta,e di quella flcfsa perfettio-
accor fenta ίΙΓ ^''^^ ne'temp noflri. Et a cagione ancoraché je mai ( il che non
Per yYr-divvdZ'f'^' tempo per la trafcuramne degli huomini.., o>

^er a καψαα c e SecoH^o pure per ordine de'Cieii, i quali non pare, che voglio-

nede'f^' tff^^liT''^''^^ ' di nuouo nd

Vtilhaà/

fcritti Aell^'

pe> quelle che hanno da dirfi , -Mantenerla in vita ; 0 alnmw dare animo a ipiù
demi, fgcgni di prouemk migliori aiuti ; Tanto che con buona volontà mia,
e

£oa

-ocr page 90-

PROEMI Ο

con le opere di queflì tali» ella abbondi di quelli aiuti,& ornamenti·, de'quali ( fia*
Tfii lecito lìberamente dire il vero ) hà mancato fino a quefi'hora. Ma tempo è di
venire hoggimai a la vita di Giouanni Cimahue ; Il quale fi come dette principi»
al nuouo modo di difegnare,e dipingere,così ègiuflo^e conueniente,che e lo dia an",
Cora alle vite> nelle quali mi sfor'^^rò ii offeruare il più che fi ροβα, l'ordine delle
maniere loro più che del tempo. E nel defcriuere le formeì e le fortc^ degli ar-^
tefici·, farò hreue > perche i ritratti loro
, i quali fono da me fiuti meffi mjieme con
non minore fpefa, e fatica , che diligenza, meglio dimofireranno quali effi artefici
fujferot quiinto all'effigeycbe il raccontarlo non farebbe giarmi
,e fe d'alcune man-
caffè il ritratto, ciò non è per colpa rniama per non efsere ih alcuno luvgo trcuato,
E fe i detti ritratti non parefserο a
qualcuno per auuentura fimiU affaa ο ad altri)
che fi trouafsonoi
voglio che fi confideri, che il ritratto fatto d'vno quando
era di diciotto
, ο venti anni, non farà mai fimile al ritratto, che farà
flato fatto
quindici, ο venti anni poi. ^ queflo β aggiunge» che è ■
ritratti disegnati non fomigliano mai tanto benet quanto
fanno i coloriti : Syn%a, che gl'Intagliatori, che
non hanno difegno, tolgono fempre alle
figure» per non potere » ne fapere
fare appunto quelle
niinutìe,
che

jael dtfcrìuer
le vite vmlij
tjfemare l'or'
dine delle ma
ai ere, più (he
tempo ,

Auertimento
circa i ritrai»
uAegU arts^
pei.

le fanno efser buoite, e fomigliare » quella perfettione, che
rade volte»o non mai hanno iritratti intagliati in legno*
In fomma quanta fìa fiata in ciò la fatica, fpefa,
e
diligcn'^a mia coloro il Japranno, che leg-
gendo vedranno Qvdeio glihiibbia
quanto hò potuto il me-
glio ricauati.
&c»

Metta 0 della
diligenza ^f^e
fa i e fattciu
aelfAuioret

BEL.

Fiiie del Proemio delle Vite.

-ocr page 91-

DELLE

VITE

SCRITTE _____ _______

DE' PITTORI

DA M. GIORGIO VASARI

ÌM Τ τ ο R E aretino,
V^KTE TRIM^.

nato Omabue de "^il an^gUa que' tempi de' Cimabui. S J αΧϊο,

per efser gmdicato dal Padu, e d. altri di bellone di acuto ingegno Ja mar^^^^^^^

accio-

-ocr page 92-

Ϊ4> PRIMA PARTE

accioche fi efercitaise nelle letterejin S. Maria Noiiella accadVn ΛίαείίΓο fuo pa-
rente,che allora infegnaua grammatica a' Nouizij diquel Cóuenp;ma Cimabue
in cambio d'àttenderé alleiettere> cohfumaua tutrail giorao, eomé quelloiche a
_ ciò fi sétiua tirato dalla natura,in dipingere sii libri,& altri fogli,huomini,canalii»
^tmrl Giorni e cafaméti, & altre fanrafie jalla quale inclinazione di natura fù fauoreuole la for-
ebiamati' λ juna i;,perche eiiendo chiamati in Firenze, da chi allora gouernaua la Città,alcuni
pochi Pittori di Grecia, non peraltro, che per rimettere in Firenze la Pittura, più
rmtttere » toilo perduta, che fmarrita, cominciarcelo fra l'altre opere tolte a far nella Città,
laCapeliade'Gondi, di cui hoggi le volte, e le facciate, fono poco meno, che có-
iuraatedàl tempo, come fi può vedere in S. Maria Nouella , allato alla principale
capella>dòue ella
è poOa i onde Cimabuexcominciato a dar principio a queft'Ar-
te> che glipiaceua fuggendofi fpeiTo dallaicuola,fl:aua tutto il giorno a vedere la-
uorare que' Maeilri 5 d^i maniera, che giudicato dai Padre, e da quei Pittori iii^
modo atto alla Pittura, che fi poteua diìui fpei-are,atrendendo a quella profeiTic'·
ne, honorata riufcita; con non fua picciolafodisfazzione fù da detto fuo Padre
~ acconcio'con efio loro, la doue di
continuo eiercitandoii l'aiutò in poco tempo
talmente la Natura, che pafsò di gran lunga, si nel diiiegno,come nel colorire la
maniera de' maeftri, che gl'infegnanano, r quali non fi curando pafsar più inanti,
haueuano fatto quelle opre nel modo, che elle fi veggono hoggi ; cioè non nella
buona maniera greca antica,ma inquella goffa moderna di que' tempi; e perche,
ie bene imitò que' Greci , 5ggiunfe molta perfezzione ali arte, leuandole gran_as
. parte-delia maniera loro goftà, honorò la fua Patria col nomee con l'opre, che

imoMlniif· fe^^e,, j, chefannofede in Firenze le Pitture, che eglilauorò, come· il Doflale del-
^ ' ·■ l'altare di S. Cecilia , & in S. Croce vna tauoladentroui vna Noftra Donna,

quale fù, & è ancora appoggiata in vn pilafiiro a man deflra incorno al coro.Dopo
la quale fece in vna tauolerta in campo d
'oro vn S. Francefco, e lo rirraile ,11 che
fu cola nuoua in que' tenipb di naturale, come feppe il meglio , & intorno ad'eiio
rutte l'iftorie dellavita fua- η venti quadretti pieni di figure picciole in campo d-
3Dilige«xa»el ο^Fauendo poi prefo afare perii Monaci di Vali' Onjbrofa nella Badia di S.

Unoroiftiue»^ Trinità di Firenze vna gran rauola, moft'rò in queiri-per.^ vfandouigran diiigen-
ijrae^O'fAtii^ za,.per rifpondere alla Famarche già
era-conceputa di lui, migliore inuenzicne, e
bel "lodò nell'attitudini d'vna Noftra ' che fece col figliuolo in braccio, e-

iuéne»

con molti i^'ngeli intorno j che l'adorauano in campo d'oro » la qual tauola finita
fù poffa da que'Monaci in fnll'Altar "^''iggÌGredjdetra Chiefa; dòde eilendo poi^
leuata,per dar quel Itiogoalla tauolarche v'choggi di AlefίoBaIdouinetri,fupo·-
^i·ίίί>'ΛJ»/rί- jj^ capella minor dellaNauata.finiftra di detta Chiefa Lauorando poi in:
J*" '· frefco allo (pedale del Porcellana,/«1 caro
della via nuoua, die và in borgo Ogni

Santi nella facciata dinanzi, che hà in mezo la porta puncipale,da vn lato la Ver-
gine Annunziata dall'AngelorC dall'altra Giesù Chrifto con GIeofas,eLucajfigu-
£>«« tó wfs j-g grandi quanto il naturale ; leuò via quella vecchiaia, facendo in quell' operai
ί le. 'vefti, e l'alrre cofe vn poco più vitie, naturali, e più morbide ,che lai^

n»tur« maniera di que' Greci tutta piena di linee, e-di profilicosì nel Mufaico, come
T^'mi!: ^ - là qua! maniera fcabroiargófta,^ ordinaria haueuano,non median-

Munièrii Grè' lo iludior ma per vna cotale vianza iniegnara i'vno all'altro, per moiri, e molti
infign&t»' i Pittori di que'tempi,fenza penfar
mai a migliorare il diiTegno , a bellezza
ptr-'v/o di.colorito,ò inuenzionealcuna ,che biionafuile.. EilendodopoquelVopra ri-
βΗΛί9, chiamato Gimabuedallò ftèiio Guardiano,,che gl' haueuafattol'òpre di S. Cro-
ce? glifecevn Crocififso grande in legno,, che ancora hoggi fi vede in Chie-
fa ; k quaìc opera fù cagione parendo ali Guardiano d' efsere ftato ieruito be-
ne , che

Fi t tur a.
Genio, ^iml·
piego di Ci»
mnbHf
·

Srtfim,.

-ocr page 93-

VITA DI CIMABVE. 3

■ ne> che Io conciuceiie in S. Francefco di Fifa loro Conuenfo, a fare in vna tauola Creàpffo '&
vn S.Francefco, che fii da que'popoli tenuto cofa rariilìma, conofcendofi in eiso dmabue md-
vn certo che, più di bontà, e nell'aria della teila,e nelle pieghe de'panni,che nel-
la maniera greca non era ftata vfata in fin allora da chi haueua alcuna cofa lauo- ^^

rato, non pur in Pifa, ma in tutta Italia. Hauendo poi Cimtbue, per la medeii-
ma Chiefa fatto in vna tauola grande, rimmagine di Noilra Donna col figliuolo
TauoU delU
in collo, e con molti Angeli intorno» pur in campo d'oro, ella fù dopo non molto Madonna ftr
tépo leuata di doue ell'era ftata collocata la prima volta , per fami l'altare di niaC" tnedemti
mo, che vi è al prefente; e pofta dentro alla Chiefa allato alla porca, a man man-
ca. Per la quale opera fu molto lodato, de premiato da'PXam. Nella medefima
Città di Piia, fece a nchiefta dell'Abbate allora di S. Paulo in Ripa d'Arno in vna
t^hoU di s.
' tauoletta vna S. Agnefa, & intorno ad ella di figure picciole tutte le ftorie del-
AgmfsU m»
la vita di lei, la qualcauoletta è hoggi fopra l'altare delle vergini in detta Chiefa. "

Per quelte opere dunq^ue, eilendo adai chiaro per tutto il nome di Cjmabut_j5,
egli m condotto in AiTifi Città dell'Vmbria, doue in compagnia d'alcun: roaeftii
Dìpinfe neìì»
greci dipinfe nella Chiela di fotto di S.Francefco parte delle volte, e nelle faccia- dt Λ-
te la vita di Giesù Chrifto, e quella di S. Francefco, nelle quali Pitture pafsò di #
gran lunga que'Pitton greci: onde crefciutogli l'animo, cominciò da ie folo a di-
pigner a freico la Chiefa di fopra, e nella tribuna maggiore fece fopra il coro in_j ^iulrfi^Umti
quattro facciate alcune ftorie della Noftra Donna, cToè la morte » quando è da_A tt frefeo.
Chrifto portata l'anima di lei in Cielo iopra vn crono di nuuole ; Se quando in,.»
niezico ad vn coro d'Angeli la corona, ellendo da pie gran numero di Santi, e
Sante hoggi dal tempo, e dalla poluere coniumari. Nelle crociere poi delle vol-
te di detta Chiefa , che fono cinque , dipinfe fimilmente-molte ftorie j Nella pri-
ma fopra il coro fece i quattro Euangelifti maggiori, del viuo, e cosi bene > che
ancoi- hoggi fi conofce in loro aftài del buono ; e la freichezza de'colori nelle car-
ni, mirano, che la Pittura cominciò a fare per le fatiche di Cimabue grandc_j5 pìttur/tm
acquifto nel lauoro a frefco. La feconda crociera fece piena di ftelle d'oro in cam- per l&
podazurrooltramarino. Nella terza fece in alcuni tondi Giesù Chrifto, la Ver- fndto di cu-
gine (uà madre, S. Giouanni Battifta , & S. Francefco , cioè in ognitondo vna di mabni^
quefte figure, & in ogni quarto delia volta vn tondo. E fra quefta, e la quinta,^
crociera, dip:nfe la quarta di ftelle d'oro, come di fopra in azurro d'oltramarino.
Nella quinta dipinfe i quattro Dottori della Chiefa, & appreflba ciafcuno di lo-
ro , vna delle quattro prime religioni, opera certo faticoia, & condotta con dili-
genza infinita. Finite le volte lauorò pure a fi-efco le facciate di iopra dellà ban- o^eraeon
da manca di tutta la Chiefa, facendo verfo l'aitar maggiore fra le fineftre , & infi-
ùca , e rfiVs.

alla volta otto (torie del teftamento vecchio, coniuiciandofi dal principiodel
Geneh, e feguitando le cofe più notabili. E nello ίpazio , che è intorno alie fine-
ftre iniìno a che le terminano m fui corridore, che gira intorno dentro al muro
^eila Chiefa dipinfe il rimanente del teftamento vecchio in altre otto ftorie. E

a queihi opera in alrre fedici ftorie,ribattendo quelle , dipinfe i fatti di ^hfcemmèi·
iNOitia Doana, e di Giesù Chnfto. E nella facciata da pie (opra la porta principa- leievd? φ
s^'-ir ^•^Wmo della Chiefa, fece l'afcenJere di lei in Cie ο , e lo Spinto
[nimW Am^

K^^c. 1 iopragPApoftoh . La qual'op-ra veramentegrandilfima >

^ ucca, e Deniiiinio condotta, douette per mio gaidicio fare in que'tempi ftu-
mie II mondo, diendo maffimamente ftata ^Pittura tanto tempo in tanti ceci-
tà, òi
a me, che i^nno 15 beliiiTima^penfando come m tante te-
nebre potefte veder Cimabue tato lume. Ma di tutte quefte due Pitture (al che fi

Al dee

-ocr page 94-

Ϊ4> PRIMA PARTE

dee hauer coniìderazione) quelle delie vokej come meno cieJia poluere, è da gK
alniaccrdenci ofFefe, ii fono molto meglio, che laltre conferùate : Finire quelle
opece, mife mano Giouanni a dipignere le facciate difottoj cioè quelle che fono
•dalle fineilre in giù, & vi fece alcune cofe, ma eiiendo a Firenze da alcune iiie
bifbgne cliiamaco> non feguitò altramente il lauoro; maio finii come al iuo luo-
go fi dirà> Giottoj moki anni dopo. Tornato dunque Gtmabuea Firenze, dipin-
fe nel chioitro di S.Spirto, dou'è dipinto alla greca da altri maeftn', tutta la ban-
da di verio la Chiefa > tre Archetti di fua mano, della vita di Ghrifto , ε certo
con molto difegno. Et nel medefimo tempo mandò alcane-coie da felaucrate
in Firenze, ad Empoli, le quali ancor hoggi fono nella piene di quel Caftello te-
nute in gran venerazione. Fece poi per la Chiefa di S. Maria Noiie!!a la Ta-
• uola di Noflra Donna, che è polla in alto fra k capella de' Rucellai quella de'
Bardi da Vernia ; La qual'opera fu di maggior grandezza , che figura, che fufi'è
ftata fatta in fia'a quel tempo. Et alcuni
Angeh , che le ίοι:ο intorno, moitrano,
ancor che gli haueiiè la maniera greca , che s'andò accoibndo in parte al lineà-
mento, & modo della moderna. Onde
quella opera di tanra marauiiijlia ne'
popoli di quell' età , per non fi
eflere veduto mfìno allora meglio, che dfcafa di
Cimabue
con molta feda, con le tronibe alia Chiefa poiTata con folenniffi-

Firenze, e che fra le molte accoglienze fattegli dagl'huominidi quella Città, Io
condufleroavedere la tauoladi Cimabue. È che per non eiTere ancora ilata ve-
duta da neffuno, nel moilraiiì al Ré vi concoriero tutti gii hucmini, e tutte
Donne di Firenze con grandiffima fella, e con la màggior calca del Mondo. La
onde per l'allegrezza, che n'hcbbero i vicini, chiamarono quel luogo Borgo al-
legri, il quale-col tempo mefso fra le mura della Città , hà poi iempre ritenuto il
medefimo nome. In S.Franceico di Pifli, doue egli lauorò, come fi è detto di fo-
prai'alcune aitre cofe, è di mano di Cimabue nel chioftro allato alla porta, che:_ii
entra in chiefa in vn cantone, vnatauolina a tempera, nella quale è vn Chriflo
in croce con alcuni Angeli attorno, i q uali pisnge^ndo pigliano con le mani certe
,parole, che fono.fcrkte incorno alla teib di Chniro, e le mandano all' orecchie
d'vna Noilra Donna, che a man ritta, ili piangendo,e dall'altro laro a S.G-.onan-
ni Euangelifla, che è tutto dolente a
man iiinitra : E fono le parole alla Vergine,
MVLIER ECCE FILIVS Τ WS, e quelle a S. Giouanni : ECCE MATER
TYA.. e quelle, che tiene in nìano vn'alcr''Ange|o appartato: dicano ex Illa bora
accefìt eam difcipulm in fìmn :
 ^^confìderare, che Cunabue comin-

ciò a dar iume>& aprire la via airinuenzionesaintandorarte con le parole, per
efprimere il fuo concettoill che
certo fu cola capri:iofa, e nucua. Fiora-perche»
mediante quelle opere , s'haueua acquiitato Cimabue con molto vtik· grandiffi-
mo nome, eglifìi mello per
Archirctro in compagnia d'Arnolfo Lapi,huomo al-
lora nelF Architettura eccellente , alla fabbrica di S.Maria in Firenze. Ma final-
mente» eilendo viuaco feikinta anni paisò all'altra vita l'anno Mille trecento,ha~
utndo poco meno, che riiufcitata la Pittura. Lafcio molti Difcepoli, e fra gl'al-
ta Giotto, che fù poi Eccellente Pittore ; Π q uale Giotto habitò dopo Cimabue
nelle proprie cafe delfuo raaeftro nella .via del Cocomero. Fà fotterato Cima-

bue in S.Maria del Fiore con quello Epitafio fatcogii da vno de'Nini.

Credit vtCimabospiSlur^cafl'i'ateiiere}

. ÈictGJimtymmil^^nctcnetafir^^olu. Non

LaJctA vn ta·
aoro ir»perfef-
io.

Dipinge con
rnslio dtiegm
in Firenze nel
chioflì^o dt S,
Spirito,
Mmd^-.^lf»''
ni /««ifi ad
EmpoH.
Di^itge in S.
Maria ìHouel
{a ia, ΎληοΙΛ
dell» Mftdon··
naperUqaii'
le fu premia'
io-

Vi fi fa del Id'
Étoro di Cima-
bue fatta dal
Uè Carle cm
gran coneerfo
digentt.

'Zmoroa tem-
pem dt vn
C^rilh inCró·
xe in S Frali-
€efcodt Pifa*

Dà lume all'
Muen^ime,

^ ρββο per
jirehitejto in
S. Maria del
^iore..

Morte Ci-
wabus liifcissf
molli D iju-
pU,

-ocr page 95-

VITA DI CIMABVE. j

Non lafcierò di dire, che Te alla glo/ia di Cimabue j non haueile contraftato la_.j
grandezza di
Giotto fuo DifcepoÌo» farebbe fiata la fama di lui i"naggiore, cciue
ne dimoftra
Dante nella fua Comedia ? doue alludendo ηεΙΓ vndecimo canto del
Purgatorio, alla fteiTa inicrizzione della fepoltura', diiie:
Credette Cimabue, nella Vittura
Tener lo campo, & bora hà Giotto il grido} -
Sì che
U fama.di colui ofctdra.

Nella d^^chiarazione de'quali veriì vn Comentatore di Date,il quale fcriiTe nel
tempo, che Giotto viueua ; E dieci, ο dodici anni dopo la morte d'e(ToDantc_j
eoe intorno a gl'anni di Chnfto Mille trecento trentoquatrro, dice, parlando di
Cimabue quefte proprie parole precifamente : Fù Cimabue di Firenze Pintore
nel tempo di Luitore, molto nobile di più ,.che homo fapeile ? & con quello fue
sì arirogate, δ: si difdegnofo, che si per a'cuno li folle a iua opera porto alcun fal-
lo, ο difetto, ο elli da ìe Phaueilì 'i'ed'iito. Che com-e accade moire volte FArcefi-
ce pecca per difetto della maténa , in che adopra ; ο per mancamento ch'è nello
fìrumento con che iauora: Inmanienente q uell'opra difertaua, fulTi cara quanto
voleile. Fu, & è Giotto crà li Dipintori il più fonimo della medefìma Città di
Ftrenze, lefue opere il teftimoniano a Roma, a Napoli, a Vigncne, a Firenze, a
Padoua, & in molte parti del mondo, &c. i! oual comento è hoggi appreilo il
ivlolro R..Don VincenifO Borghini Priore de gl'Innocenti, huomo non folo per
nobiltà, bontà , e dortilina chiariihmo, ma anco così amatore > & intendente di
^tte
['ani migliori, che hà meritato efser giudicioiamente elètto dal Sig. Duca
V ofimo in fuo Luogotenente nella noflra Accademia del Difegno. Ma per tor-
nare a Cimabue, ofcuro Giotto veramente la fama di lai, non altrimenti, che vn
lume grande feccia lo fplendore d'vn molto minore;percicch e fé bene fù Cima-
Due quafi prima cagione della rinouazione dell' arte della Pittura,Giotto nondi-
meno tu creato, mofso da lodeuole ambizióne, & aiutato dal Cielo, & dalla^
iN«tma, iii quegli, che andando più alto col penfiefO,aperie la porta della verità
atoioio ,
Che 1 hanno poi ridotta a quella perfezzicne, e grandezza in che la^
veggiamo ai fccolo noftro. li quale auezzo ogni di a vedere le marauiglie, i mi-
racoli, e 1 impo4;bihtà de gh Artefici in qiieftà arte , é
condotto hoggimai a tale,
che di coia, che hcciario gii huommi, beÌiche p;ù diuina, che humana fia, punto
nonfì marauigìia. E buon per
coloro, che lodeuolmente s'afFaticano, ìe in cam-
bio d
'eilere lodati ydc ammirati, non ne riportarsero biaiìmo, e moire volte ver-
gogna. Il ritratto di Cimabue fi vede di mano di Simone Sanefe nei Capitolo di
S. Maria Nouella farro in proi3ì!o nella lloria della fede, in vna figura, che hà il
vifo magro, la barba picciola, roilerta, & apunrata y con vn
capaccio, fecondo
1 vio di quei tempi, che lo fafcia intorno intorno, e lotto la gola con bella ma-
che gli c alatore l'ifteiso Simone raaeftro di
quell'opra, che fin-
tir E ^ '' fpecchi, per fare la tefta in profS lo, ribattendo l'vnc neli'al-
Guido-Nn! d'arme, che è fraloro,.e fecondo irdice, il

ci pio d'vn noq P'-'PPi· Reftami a dive di Cimabue,che nel prin-

coloro rhp i^? '''' ' ί^ώ me0o infieme difegm di propria mano di tutti
Ciole firr. Λ
 difegnato, fi vede drfua mano alcune cofe pic-

Sua glori η -
tramata d.",
Giono fuc
Dificpo lo.

Alcìtne quetZ
Ut Ά di CimiOf
buu

D. Wmeen\t
Borghini huom
medi qualità,

Cagione per·
(he detto of.
ftrmfse Ci^
mahm»

^ìir/ftte Μ
Ctmalmfat*
to da Sm^ù

lììfegnì dici»

mebue po0
ntllx raccolta
fatta Ad
lati»

ehe.aitrKiienn.fi veae quanto ^pera acquiftafle di bonlà il difegnof

fine delia Vira di Cimabue.

VI-

-ocr page 96-

Ϊ4> PRIMA PARTE

vnA D'ARNOLFO DI L APo ARCHITETTO

F IO R E Ν Τ I Ν Ο.

ESSENDOSI ragionato nel proemio delle vite d'alcune
"" fabbriche di maniera vecchia non antica » e taciuto per noii^
fapergli., i nomi de gl'Architetti, che le fecero fare; farò
menzione nel proemio di quefla vita d'Arnolfo,
d'alcuni
altri edifiti) fatti ne^ tempi fuoi, ο poco innanzi , de'quali
non fi
fìaiiltneate chi fiironoi i Maeflri ; E poi di quel-
li , che furono fatti ne' medefimi'tempi, de'qnali fi sa chi fìi-
rono gl'Architettori, ο per riconofcerfi beniffiroa la maniera c Veffi edifitj', ο
per hauerne notizia hauuto, mediante gli ferirti, e memorie lafdate da loro nel-
le opere fatte. Ne farà ciò fuor di propofito, perche fe bene non fono ne di bel-
la, ,

a

-ocr page 97-

VITA D'Arnolfo. 7,

la, nè di buona manierai ma folamentegrandiinmi, e magnifici,fono .

dimeno di qualche confiderazione. Furono fatti dunque al tempo di Lapo, f ^
d'Arnolfo fuo figliuolo molti edifizij d'importanza in Italiai e fuori, de' quali norr l},aìl
ho potuto rrouaie io gl'Architettori, come fono la Badia di Mortale in Sicilia,il tic(os'e7a L·-
Pifcopio
di Napoli, la Certofa di Pauia, il Duomo di Milano, S. Pietro,e S. Pe- mma )/e gì'-
tronio di Bologna , &c altri molti, che per tutta Italia fdtti con incredibile·fpeia ii Architetti».
veggiono. I quali tutti edificij, hauendo io vedutile confiderati,
e cosìmolt^_;>
Sculture di que' tempi, e particolarmente in Rauenna, e non hauendo trouato.
jnai, non che alcuna memoria de' Maeftri, ma
ne anche molte volte in che mil-
lefimo fuilero fatrp, non pollo fé non maratiigliarmi della goffezza > e poco defi-
derio di gloria de gl'huomini dì quell'età. Ma tornando a noftro propofito, dopo^
le fabnc le dette di fopra,cominciarono pure a nafcer^alcuni di ipirito più eleua-
to, 1 quali ί e non trouarono ,cercarono almeno di trouar qualche cóla di buono^ $)ti»e seuliei·
II primo fò Buono del quale non sò né la patna, ne ilcognome, perche egh ftef' ^^^ ^ Architi
fo, facendo memona di sè in alcuna delle Tue opere, non pofe altro, che templi- d,uerfe
-cernente il nome. Cofta'i, il quale fù Scultore, & Architetto fece piimieramen-
falntche in
te in Rauenna molti palazzi, & Chieie, & alcune Sculture ne gli anni d'i noftra
ipilute ri 5 2. pgf jg qyj^jj (.(^fg venuto in cognizione fù chiamato a Napoli doue
fondò, iè bene furono finiti da altri, come iì dirà ; Caftel Capoano,-e Gaftel deli--
in U^poU
Voua, e dopo al tempo di Domenico Μorofini Doge di Vinezia ; fondò il Cam-- foniiV €φΙ
panilediS. Marco con moka coniiderazione, e giudicio, hauendo cosx benefat» ^"^aT^/ìf
to palificare,e fondare la piatea di quella Torte, ch'ella non hà mai mollo vn pe-
lo, come hauer fatto molti edifizij fabricatj in quella Citràinanzialui,fiè vedu--
to, e fi vede . E da lui forfè appararono r Viniziani a fondare nella manierar che Qam^n'ile dl·
«oggi fanno i bellifTimi , e ricchiiTimi edifizij, che ogni giorno fi fanno magnifi-
maho,
camente in quella nobiliiTuna Città. Bene è vero, che non hà quefta Tone altro
di buono m sè ne maniera, nè ornamento, ne in fomma cofa alcuna, che fia mol-
to lodetiole .. Fù finira.fot'o Anaftafio IV. & Adriano IV. Pontefici l'anno 1154.- τ^^αΊη ίί-
Fu fimilmente Architettura di Buono la Chieia di S. Andrea di Piftoiae fua_j» la M'
Scultura vn'Arcnitraue di marmo , che è fopra la porta ; pieno di figure fatte alla
fa ài s, Ait-
maniera de' Gotti, nel quale Aichitraue è il fuo nome intagliato ,· èc in che tem- drea^ e vi la-
poÌLi dalai fatra quell'opera, che fù l'anno i i66. Chiamato poi a Firenze, die- ttoro Ài\Scul .
de il dileguo di ringrandire, come fi fece, la Chieia di Santa Maria Maggiore, la ""'λ·
quale era allhora fuor della Città, & hauuta in venerazione, per hauerla fagrata
Papa Pelagio molti anni inanzi , e per efier quanto alia grandezza, e manieraaf-·
fairagione'uQlecorpodiChiera.· ^ ^ _
jiren^t^

Condotto poi Buono da grAretini nella loro Città-, fece l'habiraziofie vecchia' i»

de' Signori d'Arczzo,cioè vn Palazzo della maniera de' Gotti, &c appreflo a quel- ce il Ραΐρ,χψ
lo vna Torre per la Campana j ll quale edifizio, che di quella maniera^era ragio-- de' SS. con 1«
neuole vfù geirato in terra , per eilere dirimpetto , & aliai vicino alla fortezza di Torre.
quella Citta , l'anno i r, 3. pjoliando poi l'Arte alquanto di miglioramento, per Gugliclffiir, e
1 opered vn Gugl,eh,io di nazione rcredo io ) Tedefco furono fatti alcuni edifi- ^onfoSml^
ZI) drgrandiffima ipei^a,e d'vn poco migliore manierarperche quefto Guglielmo, '"fr^darom
fecondo, che fi dice , l'anno 1^74. con Bonanno Scultore fondòin Pifa il % ^^^ '

Campanile del Diiomo,dotre fono alcune parole intagliate,che dicono ^

74. Campanile hoc jmt jundatumyMerìfe Ma non hauendo queftidue Ar-
chitetti molto prattica di fondare in Piia,e perciò non pdificando la piatea,come
doueuano, prima, che fuflero d mezzo di quella fabnca ella inchinò da vn iato,e

piegò

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Ϊ4> PRIMA PARTE

piegò in fui pia debole 5 di maniera j che il detto Campanile pende Tei braccia » é
Cainpitmle dt ι^ς^χθ^^ο;- jgi diritto ilio, fecondo, che da quella banda calò ii fondamento; e fe
braccilfii /e diiotto è poco, e all'altezza fi dimoftra aliai con fare ftar altrui ma-

vaiato l'auigliato ; come polla eflere, che non fia rouinato, e non habbia gettato peli ; la
per difitio del ragione è, perche quefto edifizio è tondo, fuori, e dentro, e fatto a guifa d'vru*»
fendamene^, pozzo voto, e collegato di maniera con le pietre, che è quaiì iinpoiTibile, che ro«
Ferche non \iini, e maflìmamence aiutato da i fcndamentijche hanno fuor delia Terra vn gec-
gittor iQ di tre braccia , facto come fi vede, dopo la calata del Campanile, per ioitenta-
tepeit. mento diquello, Credo bene, che non farebbe hoggi, fe fuiìe ftato quadro, in
piedi, perciòche i canton ι delle quadrature l'haurebbonojcomfi fpeiio
Ci vede au-
Gari/enda ugn^-g^ maniera fpinto in fuori, che farebbe rouinato. E fe la Garifenda, Tor-
T^rre quadra ^^ ^^ Bologna, e quadra, pende, e non rouina, ciò admene perche ella è focrile, e
^perihi μ
Ττο* pende tanto non aggrauata da tanto pefo a vn gran pezzo , quanto quefto
nini. Campanile , il quale è lodato, non perche habbia in se difegno, ò bella maniera,

ma folamente perla fua ftrauaganza, non parendo a chi lo vede, che egli polla in
iumnno » niuna guifa foftenerfi. Et il fopradetro Bonanno mentre/jfaceiia il detto Cam-
Upon^ dt bro panile fece l'anno 1180. ia porrà Reale di bronzo del detto Duomo di Pifa, nella
del quale fi veggiono querte lettere : Ego Bonannus Vis mea arte hanc portamyno
m di Pi/a:, dfino perfìci tempore Benedici opcrarij
. Nelle muraglie poi, che in Roma furono
fatcedifpoglieanrichsaS.Gio. Laterano fottoLucio terzo, & Vrbano terzo,
Architettura Ponrefic!, quando da elio Vrbano fù coronaro Federigo Imperatore fi vede , che
và τηφοταη' andaua fegiiitando di mighorare, perche certi re'mpjeti;>e capelline àtri co-
doinRoma. ^^ detto, di fpoglie hanno ailai ragioneuole difegno, & alcune cofe in se de-
gne di confideraz:oae, e fcà l'altre queita, che le volte furon fatte ; per non cari-
care le ipa le di quelli edifizn,
di cannoni ρ ccioli, e con cei" partimenti ci ftuc-
chi, fecondo que' ìempi, aiTai lodeuoh . E nelle^orniei, & altri membri, fi vede,
che gl'Artefici fi andauano aiutando per ciOiiare il buono · Fece poi fare Innocen-
I>uePala:(\i zio Terzo in iul monte Vancano due Palazzi, per quel, che fi è potuto vedere
fatù nel Va' ^jj buona maniera, ma perche da altri Papi furono roiiinati, e parricolarmen-
tisano. ^^ Nicola quinto, che disftce, e rifece la ma\cgif>i·parte del palazzo, npn ne di-

rò altro, ί·ε non che fi νede vna parte d'elfi nel Torrione tondo, e narte nella Sa»
Terre di Con- gj-^p^j^ vecchia di S. P.etro. Q^eito Intiocenzio terzo il qua! fedette anni 19. e
Ma7clXm ^^ fabrcare , fece in Roma moki edifizi, e particolarnìente, coi

Uit^a. Archit difegrio di Marchione Aretino, Arcintetro , e Scultore la Torre de' Conri, così
Scttlt. nominata dal cognome di lui, che era di ^^islla famiglia . II medefimo Marchic-
ΌαΙΙ ifl β» ne finì l'anno, che Innocenzio terzo morì, la fabrica della pieue d'A.rezzo,e fimil-
β fatta U menteil Campanile-, iacendo'di Scultura neda faccata di detta Chiefa tre ordini
lieue^e Cam» di colonne , l'vna fopra i'alcra moire variatamente non folo nelia fòggia de' capi-
paniLe d'A^ ^ ^ j^g^fg^ ancora ne 1 fufi delle colonne, efscndo fra else nictine grof-
ϊ^ΙίΓδ «X
^^ ' ioi^^iij ' due a due, altre a quattro a quattro hgate infieme. Pa-
m». ^ ' J-'imei^te alcune fono anoke a guiià ài vi a, Se alcune fatte cfiuentar figarc^j >
che reggono conduierfi intagli. Vi ^ce
ancora'moiri animali di diuerfe for-
' eh e*^ reggono! psii col mez^zo della ichicna , di quelle colonne, etutticon_j

^ranagaMb le più ftrane, e firaiuganti inaeni'.oni, che fi poiTìno imnginare, e non pur
icapmciofe* ihoridel buono ordine antico, ma quafi fuor d'ogni giufh , e ragioneuolc_j>

proporzione. Ma con tutto ciò, chi và bene confideran lo d tutto vede , che_^

egli andò sforzandofi di far bene j e pensò perauuentura hauerlo trouato iu-a
quei modo di fare» e in quella capricciofa varietà. Fece il medefimo di Scul-

riira

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VITA D'ARNOLFO. rr

tuta nell'arco ι che è (opra la porca di detta Chiefa > di maniera barbata » vn Dio-
padre con certi Angeli di mezo nUeuo afiai grandi. E nell'arco intagliò i dodici /» ^ /
tne(ì, ponendoui fotte il nome Tuo in lettere tonde, come fi coilumaua, & il mil-
lefimo> cioè
l'anno MCCXVI. Dicefi, che Marchione fece in Roma, per il me- ^^ ^'Jphm^
defirao Papa Innocenzio
Terzo in Borgo vecchio l'ediiizio antico dello Spedale, ,
e Chiefa di S. Spirito in
Saffia , doue li vede ancora qualche cofa dei Vecchio :
Et a giorni noftn era in piedi la Chiefa antica, quando fui rifatta alia moderna con
maggiore ornamento, e diiegno da Papa Paolo Terzo di Cafa Farnefe.

£ε in S. Maria Maggiore, pur di Roma, fece la Cappella di marmo » doue è il caf>pellA di
PrefepiodiGiesùChnito, ineda fùritratto dalai PapaHononoTerzo di η a- marmo dtl
CÌirale, dei quaìe anco fece la Sepoltura con ornamenti alquanto migliorÌ5& aliai
irefepio, e U

diueii} delia maniera, che allora fi vfaua per tutta Italia conununemente, fece_j fepoltur» , «

anco Marchione in que' medefimi tempi la porta del fianco di S. Pietro di Bolo-
gna, che veramente fù opera in que'tempi di grandiiTima iattura, per imoki
Jntsglijchein eilaiì veggiono, come Leoni tondi, che foilengono colonne >& naHognf.f^
huomini a ν io di Fachini, ^ altri Animali, che reggono peiì, e nell' arco di fo- sm

pra fece di rondo rilieuo i dodici msfi , con varie fanraiie , &c ad ogni mefe il fuo ^^^^^^
fegno celefte, la quale opera douette in que' tempi eiTère tenuta marauiglioià. à"imaglti%
Ne i medeiìmi tempi, eflendo corainciata la Religione de' Frati Minori di Saii^ Prtafifiot é
Francefco, la quale fù dal detto Innccenzio Terzo Pontefice confermata l'anno
confimauens
12,06.^ Crebbe di maniera, non foìo in Italia, ma in tutte l'altre parti del Mondo "f* ^τλη Mii
'^osì!arjiuoz!cne,com"eilnumerode'Frati,chenonfùquafialcunaCittàdicon-
to, che non ediiìcaile loro Chiefe, e Conuenti di grandiiTura fpefa, e ciaicuna»
fecondo il poter ίαο. LaoivJehaoendo Frate Helia due anni inanzi la morte
di
' · edificato, menti'eilo Santo come Generale era fuoria predicare

ψχ: in Affiiì, vna Chiefa col Titolo di Noflra Donna ; morto che fù

ù concorrendo tutta la Chriftianità a vifitar' il Corpo di S. France-fcoj

chemmorcej&inyirae -alfatoconofciutotantoanucodiDio, e facendo ogni chiefa delU
ivaomo ai lanto luogo elimofina, fecondo il poter fuo. Fù ordinato, che la detta Madonna di
Chieia cominciata da Frate Helia , fi faceile molto maggiore, e più magnifica. -^ftfi fi dem
Ma eflendo careffia di buotii Architettori, & hauendo Topera, che fi haueua^ «srmdtre^
da fare, biiogno d'vno Eccellente, hauendofi edificar vicino vn colle altiiTimo,
alle radici del quale camma vn torrente chiamato Tefchio, fù condotto in AfTìfl
doppomolca confiderazione, come migliore di quanti allora fi ritrouauano vn
Maeflro lacomo Tedefco ; il quale confiderato il hro, & intefa la volontà
Pe^ t^i fatta
Paiiri, 1 quali fecero perciò in AiFifivn Capitolo Generale, difegnò vn corpo dtfegna. laco-,
di Chiefa, e Conuentobelliilìmo, facendo nel modello tre ordini vno da farfi moTedefco.e
fotto terra ; e gli altri per due Chiefe, vna delle quali fui primo piano fermili Ϋ^'^ηΐ
per piazza, con vn portico intorno aiTai grande', l'altra per Chiefa, e ch^ otmìW.
«alia prima fi fallile alla feconda, per vn'ordine comodiiTimo di fcale, le quali
guaisono intorno alla Cappella maggiore, inginocchiandofi in due
pezzi, per
'-agiatamente alla feconda Chiefa, alla quale diede forma d'vnT.
tacendola cinque voice lutsga quanto dl'èUrga, e dmidendo iVnvano dall'al-
tro, con pilattr, grandi di pietra, fopra i quali poi girò Archi gagliardi Ìli mi,
ha 1 vno, e 1 altro, k vok^·^ crociera. Con sì fatto dunque mSdello fi fece quefèa
veramente grandiffima fabbnca,
e fi ieguitò in rune le parti, eccetto, eh?nelle
(palle difopra,che haueuanoamettere in mezo la Tribuna, e Cappella mag-
giore
, e^are le volte a crociere, perche non le fecero come fi detto. ma in mezo

Β tondo

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10 ρ R I Μ A ρ A R τ E

Eoadoa botte » perche fuilèro pm fòrti . Mifeio poi dinanzi alla Cappella-.?
Maggiore della ChTeiàdi focto l'altre, e Torto quello quandofù finiio j colloca-
rono con folenniiTìiria traslazione ilcorpo di S. Fwnceico . E perche la propria
iepoltura» che ferba il corpo del gloriofo Santo è nella prima,cioè nella più baila
Chiei'a, doue non và mai neisuno, e che hà le porte murate ; inrorno al detto Al-
tare, iono grate di ferro grandiiììme con ricchi ornamenti di marmo, e di mufai-
cojche la gux riguardano; è accompagnaca quella muraglia dali'yno de' lati,
due SagreTtie, e da va Campanile alciirimo , cioè cinque voiteaico quanto egli è
largo. Haueua fopravna piramide akiffima, a otto fàcce, ma fii ieuata perche
mina ciaua ronina · La qual opera tutta fù condotta a fine nello fpaz;o di quattro
anni, e noa più dall'ingegno d Maeftro Giacomo Tedeico
, e dalla ibllec;cudine
di Frate Helia y doppo la morte dei quale , perche
tanta machina per alcun tem-
po mai
non rouinailé» furono fatti intorno aJk Chiefa di iotto dodici gagliardiiiì-
mi Torrioni, & in ciafcun d'effi vna (caLa a chiocciola, che iaghe da terra iniìno
in cima» E col tempo poi vi fono ilare fette molte Cappelle, & altri ricchjffimi
ornamenti, de' quali non fà biiogno alerò raccontare, Cilendo quello incorno a
CIÒ per hora a baftanza » e maiTimaraente potendo ogni yno vedere quanto
quelfo principio di ffiaeilro Giacomo, hsbbiano aggiunto vtilità , ornamento,
e. bellezza molti Sommi Pontefici, Cardinali, Principi, & altri gran perfonaggi
di tacca Europa. Hora per tornare a maeilro Giacomo, egli mediante queAa-j
opera iìacqiiiftò tanta fama per tutta Italia, chefùdachigouernaua allora la_ji>
Città di Firenze ^ chiamato, e poiriceuuto quanto più non iì può dire volentieri,
ie bene, i econdo Tvfo) che hanno i Fiorentini, e più haueuano anticumence d
ab-
breuiare i nomi, non Giacomo, ma Lapo lo chiamarono in tutto il tempo
di
Tua vita, perche habitò iempre con tutta la iua fuiiiglia quefta Città. E
bene andò ;n diueriì teiiìpi a fare moki edifizij per Toicana ^ come fù in Caienti-
no il Palazzo di Poppi a quel Conte, che haueua hauuto per raoj^lie la bella,.»
Gualdiada , &in doteilCafencino: A gU Aretini UVefcotiado, & il Palazzo
Vecchio de' Signori di Pietramala, fù
nondimeno iempre la iua ftanza in Firen-
ze : doue fondate l'anno i α 18.
le pile del ponte alia Carraia, che allora iì chiamò

11 ponte nuouo le diede finite in due anni, tempo poi fù iatto il rima-
nente di legname, come allora fi ccilurnstia ·
b i'anno i αα i. diede il diiegno, e
fù cominciata con ordine iuola Chieia di S. Sa.uacore del Vefcouado , e quella
di S. Michele a piazza Padella , doue iono alcune Sculture della maniera di que'
tempi. Poi dato il dileguo di icolare l'Vquo della Cutà^ fatto alzaie la piazza di
S. Giouanni, e fatto al tempo di M· Rubaconre da Mandela Milanele il pónte,
che dal medefiaìoritiene il nome , etrouato l'vuliflimo modo di lafrricare
ftrade , t he prima u mattonauano fece li moielìo del palazzo hoggi del Podeftà,
che allora fi fabbricò per gli Anziani · L mandato finalmente il modello d'vna
iepokura in Sicilia alla Badia di Moi'J^eale, per Fedengo Impcradore, e d'or-
dine di Manfredi,, sì morì , Arnoiio ino figliuolo , herede, non
meno della virtù,, che delle facuità paterne. Il quale Arnolfo, dalla cui virtù,
non
menohebbemigìioramento·l'Architettura, che daCimabue la Pittura-^,
hauuto s'hauelle, efiendo nato l'anno 123 χ, era quando il Padre mori di tren-
vaanni,&in grandiifimocredito, percioche hauendo imparato non folo dal
Padre tutto quello, che fapeua ? apprefio Cimabue dato opera aldifegno,
per feruirfene anco
nella Scukuia» era in tanto tenuto il migliore Architetto
di.Tofcana» che non pure fondarono i Fiorentini col parere luo l'vkimo cer-
chio

Cerpt di S»n
l^rmcefco tra
/portato nelia
^Cappella mag
giore di detta
Chseja,
Sagreflte,Cà.
famle,eiem-
fodèllitHoro,

afftturΛ la
Qhiefa difab*
bnca di i z.
"SorriiKni , a
fono per
belleWa iér

ern-tmeto Ίλ'
te fatte, ag-

limn.

MtGiaiomo
chiamare

hita tlreflan'
U della vita

Έλ diuerfi
dtficij perTO'
itm»,

fonda ilponm
sfe dell*Car·
9«ia,elofim!'
f(e iti. due na-
ni.

Comincia al-
cune Chiefe y
'és'altri IfKiOw^

ri.

te die i/O'
«ewo del L»^

P' Rimane

Jlmlfo β,ο

pglmolo
mi fi ri»0Ì4a'>
^l'Ardii.

ìr^^^rl il dì*
da ci"

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VITA D'ARNOLFO. rr

chio delle mura della loro Città l'anno i ^84. e fecero fecondo il diiegno di lui di Jmemiri>·
mattoni, e con vn femplke retto di fopra U loggia , & i piiaftii d'Or San Miche- pbbncaron^
le, doue iì vendeua il grano : ma deliberarono per fuo configiio il medelimo an- ' JfjJ/^
no, che rouinò il Poggio de' Magnuoli; dalla colb di S.Giorgio fopra S. Lucia.^ ^ ^^^
nella via de' Bardi, mediante vn decreto publico, che in detto luogo non fi muv
ralle più, ne Γι faceiie alcuno editìtio giaraai, attefoche per i reìaiTi delie pietre, cmfm
che hanno fotto gemiti d'acque, farebbe fempre pericolofo qualunque edifitio
conftgUo, chi
vi fi facefle, k cual cofa eiler vera, ti è veduto a giorni noftd con rouina di mol- nm li fabbri-
ti edifitii, e magnifiche cafe di gentiilnionìin- L'anno poi 1x85. fondò ia Log- εφ ρή mi
già, e Piazza de' Priori : e feccia Capella maggiore, e le due, che la mettano m AdL·^
mezo, della Badia
di Firenze > rinouando la Chiefa, & ilcoro, che piiiBa mol- '
fo minore haueua fatto fare il Conte Vgo fondatore di quella Badia, e facendo
per lo Cardinale Gioaanni de ^U Orfini, Legato dei Papa in Toicana, i! camjja- . ^

nile di dttta Chiefa, che fù fecondo l'opere d'i que'tempi, lodato atiai > come aie la to^,
non haueile il fuo finimento di macigni, fe non poi l'anno 1330. Doppo ciò fà già, e hcty^»
fondata col fuo difegno l'anno IZ94. la Chiefa di S.Cvoce; doue ftannoi Frati dtBnori.^-t^

Minori: la quale condufse Arnolfo tanto grande nella nauaca del inezo, e nelle . ^^

due minori, che con molto giudicio, non potendo tare iotto'l tetto ie volt^, e d '^'Jl·
per lo troppo gran fpatio, fece fare archi da pilailro, a pilaftro, e fopra, e quel- ^ J/^^i ^^
li tetti a ÌLOnteipitio'·, per mandar via l'acque piouane con docce di pietra mura-
la fopra detti archi, dando loro tanto pendio, che fuisero iìcuci, come ionoi
tett. dal pericolo dell' infracidare. La qual cofa, quanto £i nuoua,
6c ingegno- ^Urefaimre^
ia , tante fò vtile, e degna d'efsere hoggi confiderara. Diede poi il difegno de'
primi chioihi del Conuento vecchio di quella Chiefa; e poco appreifo fecele^
"are d'intorno al tempio di
S. Gionannidalla banda di fuori tutte 'arche, e fc-
posture , che vi evano di marmo > e di macigno, e metterne parte dietro al cam-
panile rieiia facciata della Calonaca 5 aliato alla compagnia di San Zanobi : e rm-

ci oilar poi di marmi nen di prato > tutte le otto facciate di fuori di detto San Gio-

uanni, leuandone i macigni 3 che prima erano fra que' marmi antichi. Volendo Fò fatto Cìtm

in quelto metitre i Fiorentini murare in Valdarno di ibpra il Cartello di San Gio- taiitne piiv

.iianni, e Caftel Franco, per comodo della Città, e delle vettouagUe, mediante

i mercati, ne fece Arnolfo il difegno l'anno i α y 5. E fodisfece di maniera cosiin

quefta 5 come haueua fatto neU'altre cofej che fò foto Cittadino Fiorentino.

13oppo qoefte coie, deliberando i Fiorentini, come racconta Giouan Villani nel- Fece il mo*

ìe file Hiibrie di fare vna Chiefa principale nella loro C ittà, e fatla tale, che per « ^i/i-

grandezza , e magnificenza , non fi poteiie dellderare, ne maggiore, ne più bel- S"" γ ^·^^"

la dall' induflria ,'e potere de gli huommi, fece Arnolfo il dsiegno, & il model-

io del non mai a baftanza lodato tempio di Santa Maria dei Fiore, ordinando, -

che s'incoftrafse di fuori tliìta di tnanni lauorar', con tante cornici, pilailri, co-
lonne " " ' " '

i fonda·
^Ahilk

: picciole Chiefe,

iScio fereTfnn? Pianta , che è bellinTima, fece con taMta diligenza, e giu-
li di sì gran fabbrica larghi, e profondi, riempendogli

Il buona materia, cioè . ì" i.

diuaun^LuiaLciia, Cioè di ghiaL., ecaldna, e dipieri'egroiseinfondo, la· do-
ne
ancora ìa piarza fi d4a,a lungo 1 fondamenti, che eglmo hanno bemi-
fuOO potuto, come hoggi fi vede Reggere i pefi della gran machma aella_^ dMf pm^P ?

gran
Β a

Cupo-

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Ϊ4> PRIMA PARTE

Cupola» che Filippo di Ser Brunellefco le voltò {opra. Il principio de'qiiali An-
damenti, e di tanto tempio fu con molta folennicà celebracoipercioche il giorno
della Natmità di Nolha Donna del 1198.1x1 gettata la prima pietra dal Cardi-
nale Legato del Papa in prefenza non pure di molti Veicoui, e di tutto il Clero,
ma del PoJeftà ancora, Capitani., Priori, & altri MagiO:rati della Città, anzi di
tutto il popolo di Firenze chiamandola Santa Maria dei Fiore. E perche fi ftimò
le fpefe di quefta fabbrica douere efsere , come poi fon (late grandiiTmiej fu po-
lla vna gabella alla Camera del commune di quattro danari per libra di tutto
quello, che
Ci metteile a vfcita, e due foldi per teila Tanno: fenza, cbe'l Papa, de
il Legato concedettono grandifilme Indulgenze a coloro, che perciò le porgei-
fino limofine. Non tacerò ancora, che oltre a i fondamenti larghiilìmi, e pro-
fondi quindici braccia, furono con molta coniìderatione fatti a ogni angolo dell'
otto facce, quelli fproni di muraglie, perciò che eiTi furono poi quelli, che affi-
curarono l'animo del Brunellefco a
porui fopra molto maggior pelo di quello,
che forfè Arnolfohaueua peiifato porui. Dicefi, che cominciandoli di marmo le
due prime porte de'iìanchi di S. Maria del Fiore ,fece Arnolfo intagliare in
vn_j
fregio alcune foglie di fìco^ che erano l'arme fua, e di maeilro Lapo fuo Pa-
dre, e che perciò
Ci può credere, che da cofìui hauefse origine la famiglia de'La-
pi , hoggi
nobile in Fiorenza. Altri dicono fimilmente, che de i defcendenti di
Arnolfo diicefe Filippo di Ser Brunellefco, ma lalciando queiìo, perche altri cre-
dono,che i Lapi /ìano venuti da Figaruolo
Cartello in le foffi del Pò, e tornan-
do al noilro Arnolfo dico, che per la grandezza di quefta opera, egli merita infi-
nita lode,
e nome eterno ; hauendola malTìmamente fatta incroiiare di fuori tut-
ta
di marmi di più colon, e dentro di pietra forte, e fatte infino le minime canto-
nate di quella fteila pietra. Ma perche ogni vno fippia la grandezza apunto di
queifa marauigliofa fabbrica dico,che da la
porta iaiino all'vlcimo della Cappel-
la di S. Zanobi, è la lunghezza di braccia duge;ito fettanta è larga nelle crocie-
re , cento fellanta, fei nelle tre naui bracc
.66· La naue foia dei mezo è alta brac-
cia fettantadue: Et l'altre due naue minori braccia quarant'otto. lì circuitodi
fuori di tutta la Chiefa
è braccia 12.80. La cupola è da terra iniìno al piano della
lanterna brac. centocinq uanta quattro. La lanterna fenza la palla
è alta braccia
trentaiei. La palla alta braccia quattro. La croce alta braccia orto Tutt 1 la cu-
pola da ten-a infino alla iommità della croce è braccia diigento due. Ma tornan-
do ad Arnolfo dico,che eilendo tenuco,come era Eccellente s'era acquiflaco tan-
ta fede, che niuna cofa d'impoitanza fenza il confìglio
Ci defìderaua, onde il
iTiedefiino anno eiTèndofi finite di fondar dal commune di Firenze l'vltimo cer-
chio delle mura della Città > come fi difse di fopra efserfi già cominciato, e così i
Torri'oni delle Porte, & in gran parte tirati innanzi; diede al Palazzo de' Signori
principio,ediiegnòa fomiglianza di
quello? che in Cafentino haueua fatto Lapo
fuo Padre a i conti di Poppi. Ma non
potette già come, che Mag. e grande lo di'
iegnafse, dargli quella perfettione , che l'altre
, & il giudici© fuo richiedeuano:
perdoche eisendo fiate disfatte, e
mandate per terra le cafe de gli Vberti rubelli
del popolo Fiorentino» e Ghibellini,
e fattone piazza, potette tanto la fciocca ca-
p^irbietà d'alcuni,che non liebbe
forza Arnolfo per molte ragioni,che alle gafse
difarfi^, che gli fufse conceduto
almeno mettete il palazzo in ifqitadra, per non
Eauervoluto chi gouernaua,che in modo neiTuno il palazzo iiauefse i fódamenti
in fui terreno de gh Vberti rubelli· E più tofto comportarono, che fi gettafie per
«erra 1* nauata diuerfò tramontana di S. Pietro Scheraggio, che lafciario fare iii_j.

Spmnt miè-
ti a gVangoli
per maggior
fedelia.

Jtmi d* At'
nolfo, ^ ori·
Sine d$ Lappo.

^ifure pria»
tipaii della
iChteJ» Judit·
tih

Crtdito di
'Amlfo*

feti ti dift'
gao del fa-

dìt' SS.

mezo

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VITA D'ARNOLFO. rr

mezo della piazza»^ ifure: cine, cl-.e voile ro EKCoraj cLe fi vnifse,&
accomodafse nel palazzo k torre de'Forabcichi, chiamata la torre delia Vacca?
aka
cinquanta braccia, per vfo della cairpana grolla, & inficile con efla alcune
caie
comperate dal commuik, per cotale edifitio. Per le q uaii cagioni niuno iria-
rauigl
are fi dee, fe il fondan ento del palazzo è Bjgco, e fti-ordi iquadraj.eisentio
ftato forza, per accomodar
le torre nel mezo , e renderla più ferre, e fafciarla in-
torno colle mura del palazzo, le quali da Giorgio Vaiari Pittore, Architetto cC·
fendo (late fcoperte l'anno i56i.perrarsettare il detr-o palazzo ai tempo del
Duca Cofirao, ione ftate trouate buoniffime. Haue.ndo dunque Arnolfòrmiena β^ι

la detta torre di buona materia, ad altri Maeftri, fù poi facile fatui Iqpra il Cam- rfw
panile altiffimo, che hoggi vi fi vede, non hauendo egh in ternnne di due anni
finito
ie non il palazzo, il quale poi di tempo in tempo hà .riceuuto que ai'guo-
ramenn, che lo fanno efser hoi>gi di^^u^lfó^gt^ezza, e maeilài, che fi vedc^j.
Doppo le quali tutte cofe j &
altre molte j che fece Arnolfo , non meno copimo-

vtili, che belle, eisendo d'anni fettanta, moiìKèl KjGp. nel tempo apunto, uem ii Ar*
che Giouanni A^'iUani cominciò a fcrìuere l'hifìorie: yniueriaÌi de' tempi fqoi. E notfo, * me»
perche laiciò non pure fondata S-Maiia del Fiore, ma voltate con fua molta glo dt Ini

na,le tre principali tribune di quella, eh e fono fotto la Cupola, meritò, diedi fe « aemCkKz
fulle fatto memoria in iul canto della
Chitfa dirimpetto al Campanile, con que- ' '' ^
fti verii intagliai in marmò con lettere tonde.

^nniis mllenh cenpum bis o^ionogenis
yenitlegdtusKomahoràtate Donam,
Qui lapidem ftxitfundo, ftmuU & benedixitt
Tr^fule Francìfcoygeflante pontific.itum.

, Iflud ab\ArnolfoTemphim fmt£dificatum,
Hoc opus infigne decorans Florentix digne*
Kegina Cteli conflruxit mente Hdeii,
^Mm tu Firgopia,f mper defende Maria.

Di queflo Arnolfo hauemo fcrittascó quella brenità,che fi è potutabaggjo- le ftte ψη
re, là vita: perche fe bene l'opere Tue non s'appreflano a gran pezzo, alla perfet- »«» β apprefi
tione delle coied'hoggi, egli merita nondimeno eflere con amoreuole memoria Z'"'®
ce'el .rato* hauendo egli fra tante tenebre moilrato a quelli,che fono flati doppo
fe,lavia(iicaminarealkperfcttione. Il ritratto d'Arnolfo fi vede di mano di
Giotto in Santa Croce, al ato alla Capella maggiore, doue i Frati piangono la-^
di m/me di
morte di S.Francefco nel principio della ftoria, in vno di due huomini, che pai;- cietto in S,
lano infieme. Et il ritratto della Chiefa di S. Maria del Fiore, cioè del di fuori Croce.

, , . --doue Filippo di ......ftrHamm in

la pm incita, viaggainfe, prima, che cominciaiTea voltarla,tutta quella altezza,;^
doué
hoggi iono gh occhi : la qual coia farebbe ancora più chiara di quello, eh'
eirè
fe ìa pocaeura, e diligenza di chi hà gouernato l'opera di S. Maria del Fiore
jìe gli anni adietro, non haueile lafcfato andar male l'iftcfso modello,che kc^^
Arnolfo» e di poi quello del Brunellefco, e de gli altri.

li fine della vita d'Aitolfo,

IN-

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Ϊ4> PRIMA PARTE

NICOLA PISANO SCVLTQRE ,
ET architetto.

VITA DI NICOLA, E GIOVANNI PISANI

SCVLTORI, ET ARCHITETTL

AVENDO noi ragionato del Difegno, e della Pittur?., nel-
la Vita di Ciinabue, e dell'Architecnira in quella d'Arnolfo
Lapi: (1 tratterà in quefta di Nicola 5 cGiouanniPifani, del-
la Scultura, e delle fabbriche ancora , che effi fecero di gran-
diiTima importanza. Perche certo non folo > come grandi, e
magnifiche, ancora come aliai bene inteie mentano Γο-
______ _____ pere di Scalt^^'a > «Si Architettura
di coftoro d'efler celebra-
te 3 hauendoiì effì· m gran pacr^ Iellata via, nel lauorare i marmi, e nel fabbri-
car quella vecchia maniera greca, goffa, e fproportionata: & haucndo ha-
lUiio ancora migliore inusntione nelle fioriere dato alle figure miglior<ì_;>

atti-

ri.- lifc

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VITA DI NICOLA, ET GiOVANI^L 15

àttìtudine. Trouandoiì dunque Nicola Pifano fotte alcuni Scultori Greci > che nauendo jrà'

' Pifani alcuni pihantichi, che fono hoggi nel campo Canto di quella
Città, vno ve n'haueua, frà gli altri belliffimi nel quale era (colpita la Caccia di
j^icoU Imo ·
Meìeacro, e del Porco Calcidonio, con belliffima maniei-a; perche così gl'ignudij con Seul'

come i vefliti, erano lauorati con moka prattica > econpei-fertiffimodifegno. mi Greci à
QueftoPilo, eilendo per la Ola bellezza llacopofto dai Pifani nella facciata del _

Duomo dirimpetto a S. Rocéo, allato alla pork del fianco prmcipale, ferui per -"/«f »
lo corpo della Madre della Contella Matilda, fe però fono vere quelle pa.ole,
che intagliate nel marmo fi leggono. , .
fepoltHr» del-
jLano Domini Μ CWL l^Rdendas ^HguflV ohijt Domina Manmm.jmc^ di
memo-m Comitifsa, qnt^ prò anima geni nicisjM a Domina Beatrìcis ComitifsaVe' Matilda,
ner.in hac tumba Unorchili quiefcemis^in multispanibus hanc dotauit ecelefìam. Nicol»β
Ouarmn anim reouiefcant in pace
. E poi, ^nno Domigli MCCClìLfub digniffi- dio per tmM'
mo Operano D.BurmndioRadi·, occafione gradumnftendommperipÌHm, arca
ecclefìamJecHndumrUmbafuperiHs notata bis translata fuit .Tunc defcendcnti' ^ ' ^
bus primis in eccleCtam ; T^mc de ecclefìa in hunc locum, vt cermtts
Nicola-^,
confiderando la bontà
di quella opera, e piacendogli fortemente, mue tanto uii- ^^^^ ^ fy^ Are
dio, e diligenza, per imicars quella maniera, & alcune altre buone Sculture , che chium fec^
erano in ouelli altri pili antichi,che
Ri giudicato,nò pafsò molto, il miglior Seul' s. Mari* /e»
tote de^ernni fuo^ ; Non eilendo ftato in Tofcana in que' tempi, doppo Arnolfo
pra Arno.
in pregio niuno alerò Scultore , che Puccio Architetto, e Scultore Fiorentino, il
quale fece 3. Mr.na (opra Arno in Firenze l'anno izz^· mettendoui fopra vna^ ^
porta il nome ί uo, e nella Chiefa di S. Francefco d'Affifi di marmo la iepoltma
àtììz Reg na di Cipn con rnolt e ligure , &c il ritratto di lei particolarmente, a le-
deve fopra vn Leone,· per dimoftrarc la forrezza dell'animo di lei, la quale doppo
ff^i^aore di
la morte ina, lafciò Clan niim/>i-/A -ìi rinniri . n<.rrKi. f, 1 rinfilo ίαΚΚι-ινι ---------

con molta fiia lode ,e{Iendo tenuta coia itngulare, e la migliore di quante opere «

in finoallora fufie di Scultura (lare laaorate.Fece fimilmente il modello di quella Roma, « νλ-
ChieÌa,e d'vna gran parte del Cóuenro. Doppo,ritornatc^Nicoh in Tofcanatro- ροίφ^Ια Vti-
uc.,che Puccio s'era partito di Fi recze,c\ andato in que^ giornf,che da Honorio fò c^rm
cafi4
coronato Federigo Imp, a Roma , e di Roma con Federigo a Napoli , doue fini il ^
Caftel di Capoaiìa,hoggi detta la V , hena,doue iono tutti i tribunali dx quel
Re-
Sr^-^-cosi Caftel deìf^ouo, e doae fondò fimilmente le Torri, fece le porte fo-
Vti Città di Capua, vn Barco cinro di mura per i vccel- J^^

■Γ / ' Ti'aitroj per le caccie di Verno, oltre a molte

Set'

altre cole, che per breuità non fi raccontano. Nicola in tanto trattenendofi in fimoinFtren^
Firenza andana non folo efliercirandofi nenaScuitiitSj ma nell'Architettura ancc- crdtm il
ra » mediante le tabbnche, che s'andauano con vn poco di buon difegno facendo f alarlo de
per tutta Italia, e particolarniente io Tofcana : Onde fi adoperò non poco gli
nella fabbi-ica della Badia di Settimo, non fiata finita da gli eilecutori del Con- ϊη ^'β*
I e Vgo di Lucimburgo » com e i altee fei j fecondo, che fi difse di iopra. E Ìì^

beni

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Ϊ4> PRIMA PARTE

bene fi legge nei Campanile di detta Badia in vn'epicaffio di raarmo ; Gmlìe Ime
fecit i
fi conofce nondimeno alla maniera 5 che fi gouernaiia col configlio di Ni-
cola il quale in que'medeijinii tempi fece in Piia il palazzo de gli Anciani Vec-
chio,hoggi ftato disfatto dal Duca Cofimo per fare nei medeiìnio luogo feruen-
dofi d'vna parte del Vecchio» e'i magnificcj^alàzzo > e conuento delia nuoua re-
{Fài
ti primOf ligione de'Caualieri di S.Stefanoj col difegno, e modello th Giorgio Vafari Are-
eht mifi »» [ino Pittore, & Architettore> il quale fi è accomodato, come hà potuto il meglio
fopraquella muraglia vecchia, riducendola alla moderna. Fece fimilmentii_p
'wlt»rHi*li in Fifa moiri altri Palazzi, eChiefe; e fù il primo, eirendofi (marritoil

^rthi!* buon modo di fabbricar, che mife, invio fondar gliedifitij a Fifa insùipila-
ftri, e fopta quelli voltare Archi, hauendo prima palificato iottQ i detn piLiiiri;
perche facendofi altrimenti, rotto il primo piano i^odo dei fondamento, le mura-
glie calauano fèmpre. Doue il palificare rende ficuniiìmo l'edifìtio, sì come la_3
fperienzanedimolira. ColfuodifegnofCi^fatta ancorala ChieiadiS.Michele
' in borgo de'Monaci di Camaldoli, ma la pie bella; la più ingegnofa, e ρ ù capric-
TdMca il ciofa Architettura, che facefie mai Nicola, fu il Cam panile di S. Nicola di
Campanili di dpue ftanno Frati d» S. Agoftino : petcioche egli > è di fuori a otto facce, e dentro
s. Nitola di tondo, con fcale, che girano a chiocciola vanno infino in cima, e lafciano den-
Pz/d. tjQ jj yano del mezo libero , & a guifa di pozzo : E fopra ogni quattro fcaglioni

Forma di det- £0^0 colonne, che hanno gli archi zoppi, e che girane intorno internò, onde_i
ucamiam e. f^ijj.^^{gjj-j · jj^ falendo infìno

cima » che chi è in terra vede iempre tutti quelli, che (agliono ; coloro, che fa-
gliono, vcgg'on coloro, che fono in terra, e quei,
che fono a mezo, veggono
gli vni, e gli altri, cioè quei, che fono di l^opra,
e quei, che fono a bailo.
Immùme di capncciofa iniienrione fù poi con miglior modo, e più giiifte mifiire ,
detto Campa Con più ornamento, meda in opcrd da Brainante Archirecco > a Roma in Bekie-
nile imìiatà,e dere, per Papa Giulio Secondo, e da Antonio da Sangallo, nei pozzo^ che è a
mtgUeraiada Oruieto, di ordine di Papa Clemente Settimo come fi dirà quando fia tempo.
3ramanie, ép Ma tornando a Nicola, il quale fù non meno Eccellente Scultore, che Arch tet^
Antonio da tQ,-^^ ggij f^^e nella facciata della Chiefa di S· Martino in Lucca , fotto il portico,
Sangallo. è fopra la porta minore a man manca, entrando di Chiefa, doue fi vede vn_^
MartL·'* Λ Chnfto deporto di croce , vna iioria di marmo di mezo nlieuo , tutta piena di fi-
Lucca va'hi- gure fatte con molta diligenza, hauendo traforato il marmo, e finito il tutto di
fioria di baffo maniera, che diede fperanza a coloro, che pnma ficeuauo l'arte con flento gran-
riliiHo. diiTimo, che tofto doueua venire , chi le porgerebbe con più faciiità migliore_ρ

Fece il di/e. aiuto. Il medefimo Nfcola diede Tanno 1140. il difegno della Chiefa di S.Iaco-
£»0 dis.iaco' di Pirtoia, e vi mife a lauorare di mufaico alcuni Maeifri Tofcani, i quali fe-
mù di Ριβοία. y^jj^ della rficchia: la quale ancora, che in que' tempi falle tenuta così

£fetto de t ^^j^cile , e di molta ipefa, noi più roiìo nnioue hoggi a rifo, & a compaffione,
fcTpoeo dih ^ marauiglia : e tanto più , che cotale djfordine , il quale procedeua dal poco
gm e fmL· difegno, era non folo in Tofcana > per tutta Iraiia ; doue molte fabbriche, &
mede, ''iltre cofe, che fi lauorauano fenza modo, e fenza difegno , fanno conofcere non
niiola nellt meno la pouertà de gl'ingegni loro, che le imifiitate ricchezze, male ipefe da
fue epere Λ' gli huomini di que'cempi, per non hatiere hauuto Maeflri, -che con buooa ma-
ttan^a di no- niera conduceffino loro alcuna cofa, che faceilero. Nicoladunqu? , per l'opere,
me gU Archi- faceua di Scultura, e d'Architettura andaua fempre acquiilando miglior no-
teU't ScHho. ^^^^ ^ ^^^ faceuano gli Scultori, & Architetti, che allora lauorauano in Ro-
Ti atjHoi tcp,, ^ β py^ vedere in S. Hippolito, e S. Giouanni di Faenza, nei Duo-

mo C-i

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VITA PI NICOLA, E GIOVANNI. 17

n-iO di Rauenna, in S.Francefco, e nelle caie de'Traaei-{an,e nella Chiefa di Por-
to: & in Ariinini > neli'habitazione dei palazzo publico, nelle caie
de' Malacefii,
& m altre fabnche , le quali fono raolco peggiori, che gredifirij vecchi farti ne'
medefnni tempi in Toicana. E quello, che ii è detto di Romagna, ii può
aòco con verità d'vna parte di Lombardia. Veggiafi il Duomo di Ferrara, e Tal-
ti-e fabriche fatte dal Marcheie Azzo, e fi conofcerà così eliere il vero-, e quan-
to hano difterenti dai Santo di Padoua, fatto col modelio di Nicolaj e della Chie-
jade'Frati Minori in Venezia, fabriche amendae magnifiche, Sc honorare.
Molti nei tempo di Nicola, moni da lodeuole iiiuidia fi miferoroiipiù ftudio al-
ia Scnkura, che per auanti fatto non haueaano, e particolarmente in Milano,do-
ueconcorfero allafabrica dei Duomo raoiti Lombardi, e Tedefchi, che poi fi
ipadeiO per Italia per le difcordie , che nacquero fra'i Milanefi, e Federigo Im-
peratore. E così cominciando quelli Artefici a gareggiare fra loro, cosi ne i maf"
nii, come nelle iabriche, trouarono qualche poco di buono. Il medefimo ac-
cade in Firenze poi che fiuOno vedute 'opere d'Arnolfo,e Nicola, il quale,men-
tre che fi fabricaua col Tuo difegno insù la piazza di S. Giouanni la Chiefetta
della Mifericordia iui fece di fua mano in marmo vna Noflra Donna
> vn S. Do-
menico, Sc vn'aicro Santo , che la mettono in mezo, si come fi può anco veder
nsJla iacciata di fuori di detta Chiefa . Hauendo al tempo di Nicola cominciaro
I iTiorencini a gettare per terra molte torri, già fiate fatte di maniera barbara per
tutta la Città perche veniilèro meno i
popoli, mediante quelle , offeu nelle zuf-
k, cae ipelio fra Guelfi, e Ghibe'lin· fi fàceuano , ο perche fuiie maggior ficurtà
afipablicoli pareuachedoueile efier molto diffiaie, il rouinare'la torredel
^iuardamorro, la quale era in sii la piazza di S.Giouanni, per hauere fatto le mu-

Difegnu la,
chiefa del
Santo iti
dona , e la

Chiefit de"
Frati 2,1 {fiori
a Venetia,
Cam fra gV
Artifici fà
trouare
aIck'
na cofn Μ
buono*

DemoUiioni
di molte Tor-
ri fatta
FiGrentim.

ingegno di
Nicola - fer
atterrare vna
Torre di mu·
ra£Ìi» forte,

Sitroua a fon»
dare il Duo-
mo tn Stem^
^ ordtn» di-
mrf^ f»bri
(he
in altre Città,

Lanora di
Scuitma in
ptf» con
àtligenXa , 9
patnnt,a»

co mgegnofa, & vtUe pr r corali affari, che'è poi pafsara di manieira in vfo , cht
quando bifogna , con quefto faciliil'imo modo fi ronina in poco tempo ogni
edi-
ficio .
Si trono Nicola alla prima fondazione del Duomo di Siena, e diiegnòil
tempio di S. Giouanni wella medefima Gttà, poi tornato
in Firenze l'anno rae-
defimo> che tornarono i Guelfi , difegnò la Chiefa di S. Trinità
; & il Monafterìo
delle donne di
Faenza, hoggirouinato per fare la Cittadella. Eisendo poi richia-
mato a Napoli, per non laiciar le ficende di Tofcana
, vi mandò Maglione fuo
creato, Scultore, & Architetto
, il quale fece poi al tempo di Currado la Chiefa
di S.Lorenzo di Napoli
, finì parte delPifcopio, e vi fece alcune fepolture, nelle
qualiimitò forte la
maniera di Nicola fao Maeftro. Nicob intanto, eilendo
•chiamacodai Volterrani l'anno
1254·che vennono fatto i Fioitrtini, perche
iiccL-eiceiTe il
Duoino loro, che era picciolo, egli lo ndiiile ancor che (torto mol-
to , a miglior forma, e lo fece più magnifico^ che non era prima; poi ritorna-
ro hnalmente a Pifa fece il
Pergamo di S-Gicuanni, di marmo, poncndoui
•ogni diligenza, per bfciare di fe memoria alla patria, e fra l'altre cofe, intaglian-
"doidelìò il giudicio vniuedale, vi fece molte figure, fe non
con perfetto di-
fegnò , almeno£Gii pacieiTza, e diligenza infinita ,"come (ì può vedere . E per-

-ciie gU parue, come era vero, hauer fatto opera degna di lode v'intagliò a p:è
■queiliverfu

G

\Mm

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ι8 PRIMA Ρ ARTE

Tai'Kmed^- ^Annamilteno rcentumbifquetrideno

murnStenai ^ Hoc opus mfignefculpfit T^coLaTifanus,

I Saiififi moffì dalla fama di quefla opera» che piacque molto, non folo a Pifa-
nij ma ^chiunque la vide, allogarono a Nicola il Pergamo del loro Duomo > de-
lie fi cantarELiangelioj eiTendcKpì'ecore Guglielmo Alarifcotti, nel quale fece_p
Nicola molte ftone di Giesìi Chnfto, con moka Tua lode, per le figure, che vi io-
^s*DmenU ^ molta difficultà fpiccate intorno intorno dal marmo. Fece

co 4'Jmz'ò^ fimilmente:Nicola il difegno-della Chiefa, e ConuentodiS. Domenico d'Arez-
^« fàaltr^li^ zo, ai SignoridiPietramala, che lo edificarono. Et a preghi del Vefcouo degli
Vbeitini»reiìatirò la Piene di Cortona, e fondò la Chiefa di S^Margherita per
Grefce «ItFi:atidi S.. Francefco in fili più, alto luogo diquellaCitrà r Onde crefcendo per
ma per molte tante opere fempie più la fama di Nicola» fli Tanno 12 Ó7. chiamato da Papa Cle-
fabiriche fat- mente quano a Viterbo,doue oltre a molte altre cofe,reilaui-c) la Chiefa,& Con-
tc cm fuoMp Qento de' Frati Predicatori. Da Viterbo andò a Napoli al Rè Carlo primo, il
« quale hauendo rotto, e morto nel pian di Tagliacozzo Corradino y fece far

quel luogo vnaCliefa e Badia ricchiffima , e fepellire in eisa l'infinito numero
^tVlK'- de"coipi morti in quella giornata, ordinando apprefso, che da molti Monaci
^G rh elPtd giorno, e notte pregaro per l'ànime loro. Nella
quale fabbrica reflò in mo-
do fodisfatto il Rè Carlo dell'opera di Nicola, che l'honorò , e premiò grande-
soi^oiper'dar mente .. Da Napoli tornando in Toicana fi fermò Nicola alla fàbbrica diS. Ma-
fepohum a- ria d'Oruieto, elauorandoui in compagniadalcuniTedefchi, vifece di marmo,
jfoldatk morti per la facciatadinanzidiquelÌa Chiefa, alcune figure tonde, e partiCGlarmente
mlattaglia. due itone del giudiciovniuerfale , 6c in elle il paiadifo, e l'inferno, e fi come fi
sforzò di fare nel paradifo della maggior bellezza, che feppf »l'ànime de'beati,
iauomtn Ot' ne' loro^ corpi ritornate ; coslneirinferno fece le più
ftrane torme di diauoli, che
hifiorte. ^ ve'dere,intentiiTime al tormentar 1,'anime dannate. Nella quale opera»

^ éttme^nu·" J50,·, che 1 Tedefchi >,che quiui lauorauano, ma fu perone fi elio ycon moltaiua lo-
^t/gureZ ^ perche vi fece gran numero di figure, e vi durò molta fatica, è ftato, noa

che altro lodato jnfino a' tempi noiiri da chi non hà iiauuto piàgiudicio, chc.j?

Gicuannifi- ^anto neila Scultura ·■ Hebbe, fià gl'altri, Nicola vn figlinolochiamato Giouan-
^Uuolo dt ni,.il quale perche feguitò fèmpre il Padre,e fottola difciplina di lui attefe al!a_j
cola connuhiit Scultura, & alrArchitettura .v In pochi anni diuennenon fblo eguale al Padre,
nelt arif mef- ma in aìcuna cofa fuperiore ; onde efiendo già vecchio Nicola, fi ritiro in PiiL^ ,
defima ,. e liiviuendh quietamente làfciaua d'ogni ''ofà il gouernoal figliuolo. Eilendo
dùnque- morto in PerugiaPàpa Vrbano^quarto, fu mandato per Giouanni > il
tmora m Pe- qy^jg an dato la, fece la fepoltura di qijei Pontefice di marmo, là quale ,infierae
rugf»^ fc con quella di Papa Martino quarto» f" poi gettata per terra, quando 1 Perugini
^tumrdtVr· j| loro Vèfcouado dimodocHe fe ne veggiono iolamentc alcune

mne^uau».. ^^^pe perla Chieià..E hauendo nel medefimo tempo iPerugini dal Mo-

te di Pscciano ontano due miglia dalla Città,condotro per canali di pióbo vn'ac-
Gli di-dér groflìiTimaimediate T)ngègno,& indtiftria d'vn Frate de' SilUeitnni,e fù dato

far* r/'flrntT fara Gio.Pìfano tutti gTòrnamenti dellà fonte,così di bronzo,come di marmj,on-
memv diH»· egli vi mife mano,fece tre ordini di vafi,due di marmo,^ vnodi brózo;iI primo
fiatidi Per/*' e portò fi^prs dodici gradi di fcàle a dódici fàcce: l'altro fopra alcune colonne, che
pofanomriilpiano delpnmova^o.j cioeneimezo 5 &iiterzo, che è di bron-
zo , pofà Copra tre figure, δί mezo alcuni gr.foni pur di bronzo, che_j3
ticrlano acqua, da imte^^ le bande. E perche a Giouanni parue hauere molto

ben

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VITA VI NICOLA, E GIOVANNI.

ben inquelkuoroopmto, vi pofe il nome fuo. Circa l'anno izSo.efsendo Vintelo Dm*
gl'archi, e i condocti di queda fonte la quale coito cento ieflanta niiila ducati ''
il'oi-cguaftiin gran parte, &rouiaati. Vincentio Danti Perugino, Scultore, & j ^

con fua non picciola lode fenza rifar gl'archi, il che farebbe flato di grandiilima ^^^
fpeiajricondufse molto ingegnofamente l'acqua alia detta fonte nel modo, che ^
eraprima ; finita quella opera, defiderofo Giouanni di nueder il padre vecchio,
& indifpofto, iì partì di Perugia, per tomavfene a Pifa,iT>a pafsandoper Firenze,
Giouanni tm-
gli fiiforza ferraarfi,per adopevarinnfieme có altri all'opra delie Mul.nad'Anio, uagUa w Fi^

che fi faceuano da San Gregorio, appresso la IW de'Mozzi. Mafealmenre U

hauendo hauuto nuoue, clfe Nicola Lo Padre era morto, le n'andò a Pila, doue ^^^^^
iù per la virtù iua, da ruttala Citta con molto honore riceuuto, rallegrandoli
ognuno, che dopo la perdita di Nicola fufse di Im rimafo Giouanni herede cosi
delle vii-tìi, come delle facultà lue. E venuta occafione di far prona di lui non
fù punto ingannata la loro opinione: perche hauendoii a fare alcune cole nella_^ £««0»·*
In Pi-
picciola ma ornatiffima Chiefa di Santa Maria della Spina furono date a fare
^ μ in S.Mari»
Giouanni, il quale meiloui mano, con l'aiuto d'alcuni fuoi giouaniconduflem della Spn^h-
moiri ornamenti di auell'Oratorio a quella perfezzione, cliehoggi fi vede ; la
quale opera, per quello, che fi può giudicare , douètce eiler in que'rempi tenuta
fiiiracolofa , e tanto più hauendoui fatto in vna figura il ritratto di Nicola di na-
turale come Teppe meglio, veduto ciò i Pifani, i quah molto innanzi haueuano
hauuto ragionamento, e voglia di fare vn luogo per le fepdture
di tutti gli habi- _

ratori della Città, così nobili, come plebei, ο per non empire il Duomo di ^^fall ii
ture, ο per altra cagione ; diedero cura a Giouanni di fare Tedifitio di campo fan-
to , che è m su la piazza del Duomo vei io le mura, onde egli con buon difegno, ^ »
e con molto giudicio lo fece in quella maniera , & con quelli ornamenti di mar-
r "f ' ^ ' ^"«lla grandezza , che fi vede , e perche non fi guardò a fpciìi nelluna,
fii fatta la coperta di piombo : E fuori della porta principale fi veggono nel mar-
mo intagliate quefte parole. A. D. M. CC. LX XVIII.
temporeDomi-

: ni Federigi Urchiepìfcc ù Ti fatti ,& Domini Firlattipoteflatis, operano Orlando
Sardella) Ioanne Magiaro edificante
; finita quefta opera l'anno medefimo 1185. Λ Napdi fm
Andò Giouanni a Napoli, doue per lo Rè Carlo, fece il Caflel nuouo di Napo- tiCafid »«»-
li, e per allargarfi , e farlo più forte, fù forzato a rouinare molte cafe, e chiefe, e «"·
particolarnienre vn conuento di Frati di S. Francefco, che poi fù rifatto maggio-
re , e più magnifico aliai, che non era prima, lontano dal Caftello, & co tito-
lo di Santa Maria della nuoua: le quali fabriche cominciate, e tirate aflarbene

innatizijfi partì Giouanni di Napoli per tornariene in Tofcana, ma giunto a Sie- /« Sii m il
na Ìenza ellere lafciato pafiare più oltre , gli fù fatto fare il Modello della faccia- modello utUm
ra del Duomo di quella Città, & poi con eìso fatta la detta facciata ricca, & ma Ì'^'^cMa (tei
gnifica molto. L'anno poi I fàbricandofi il Vefcouado d'Arezzo, col diie-
- gno di Margaritone Architetto Aretino, fù condotto da Siena in Arezzo Gio-
uanni da Guglielaisno Vbertini, Vefcouo di quella Citta doue fece di marmo la ^«t^e
tauola del Aitar maggiore, tutta piena d'intagli di figure, di fogliami, v'k altri or-
 f*

E perche il detto Altare ε ifokto
C X ìntor-

marmo
Altare m^/*·
giore
cen

ato Veicono ^ Π P'^P^ ^ ^ dall'altro vn S.Do-
Td^JnlZ V ' ^ ^^«^otettore il cui Corpo, con quelli di S, Antilia,
e
d aicu Santi e lotto hilefio Altare ripoilo ^ '' ^ '______-

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Ϊ4> PRIMA PARTE

intorno s e dagli Iati, fono itone picciole di baflo dlieuo della vita di San DfMiatai
Saccheggio t^i^' & il finimento di tutta l'opefa j iono alcuni tabeinacoli, pieni di figure ton Je di
riuerente de* matmolauorate molto fottilm ente. Nel petto delia Madonna detta è la forma
Soldati» j'yj:^ Cafsone d'oroj dentro al quale» iecondo> che fi dice » erano gioie di molta_^
valuta} le quali fono ilate, per le guerre, come fi credejda i foldan, che non han-
no molte voice > ne anco nipetto al Santiffimo Sagramento j porcate via infieme
con alcune figurine tonde» che erano in cima> e incorno a quell'opera, nella qua-
le tu età ipeiero gl'Aretini, fecondo che fi trouaili: alcuni ricordi, trentamilla
fiorini d'oro: Ne paia ciò gran fatto, perciò che ella fù in quel tempo cofa, quan-
CmcttitHre to poteile eisere, prcziofa, e rara, onde tornando Federigo Barbarofsa da Roma,
a lauoro ec<· doue fi era incoronato, e pafsando per Arezzo, molti annidoppo, ch'eraftara
stilente, fatta la lodò, anzi ammirò infinitamente, & in vero a gran ragione, perche oltre
all'altre cofe, fono le comettiture di quel lauoro fatto d'infiniti pezzi, murate, &
comefse tanto bene , che tutta l'opra , a chi non ha gran praccica delle cofe dell'
arce,, lagiudica ageuolmenre tuttad'vn pezzo. Fece Giouanninella insdeiima-^
Kell* ìflejfo Chiefa aCapelladegl'Vbertini, nobiliffimafamiglia >e Signori, come

Tece diuerfi -^okc opere di Scultura, per Sanpiero ; & in Architettura quando fece Ciuità
lallim}» Cafiellana ; furono, oltre ciò, mandati dal medefimo a Sanca Maria d'Oruieto,
doue per quella facciata fecero moke figure di marmo, che ,.fecondo que'tempi
furono ragioneuoli. Ma fra gii akri, che aiu arono Giouanni nelle cofe del Ve-
fcouado d'Are.zzo, Agoitino, & Agnolo Scultori, (Sr Architetti Sanefi, auanza-
lono coi tempo di gran lunga tutti gfakri, co.ne ai fuo luogo fi dirà . Ma tor-
A Firenu in nando a Giouanni,"^partito, che eghfùdOruieco,comevenneaFirenze, pcrv£-
S, Maria del tfer ja fabbrica, che Arnolfo faceìia di S.Maria rie! Fiore,e per vedere fimiìmente
Fiore laMom QjQtfgi ^Je! quale·haueua fentiro fuori grari coie ragionare ; ma non ίu sì tofto ar-
dimarm»* riuato a Firenze , che da g]\>perari della decia fibbr;ca di S. Maria del Fiore gli
fu data a fare la Madonna , che in mezo a due Angioli piccioli è fopra la portaci
detta Chiefa, che và in Canonica, la quale opera fù allora.moko lodata. Dopo
fece il Battefimo picciolo di
S.Giouanni, doue fono alcune iforie di mezo riheuo
tniìùognA OV' della vira di quel Sanco., And to poi a Bologna, ordi;;ò la Capella maggiore del-
C/ipff^- iivChiefa di San Domenico , ^uale gli. fii fatto fare di luermo l'Altare da_j
U- maggiore Teodorico Borgognoni Luche!e» Vefcouo , e Frate di quell'ordine nel qua! !uo-
d-Τ Domi 8'·· medefimo fece poi l'anno υ 9 la Tauola di marmo, doue fono la Noftra_^
Donna, & altre octofigure ailai ragioneuoli. Et l'anno 1500. eiTendo Nicola da
_ Prato Cardinale Legato del Papa a
Firenze , per accomodare le difcordie de' Fio-
Sahrico i» rentìni gli fece fare vn Monaftetio di donne in Prato > che dal fuo nome fi chia-
Ρ^Λίο ti Mo- maj-Sàiì Nicola, e reftaurare neUa medefima terra il conuento di San Domenico,
rf, S, ^cosi anco quel di Piiloia nell'Ληο, e nell' altro de' quali fi vede ancora l'arme

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VITA DI NICOLA, E GIOVANNI, xi

di detto Cardinale. E perche i Piftoiefi hauèuano in venerazione il nome di Ni-
cola Padre di Giouanni pei" quello,die colla fua virtù haueua in quellaCittà ado-

praro,fecioniareaeiIoGiouamiivnPergamodimarmo,perlaCh;eiadiSanto

Andrea, fimile a quello, che egli haueua tatto nel Duomo di Sienà;e ciò per con- ^f
cori-enza d'vno, che poco inanzi n'era ftato fatto nella Chieiadi San Giouanni ^^ ^^^^^^
Euangelifta da vn Tedeico,che ne fò molto lodato
,Giouanni dunque diede fini-· ^^ .chiefit
, to il fuo HI quattro anni» hauendo l'opera di quello diuifa in cinque ftorie della
vira di Giesù Chriilo, fattoui oltre ciò>vn.giudicicrvniuerfale con quella mag-
gior diligenza,.che feppe, per pareggiare, ο forie paflare quello, allora ranro no-
minato d'Oruieto. E intorno al detto Pergamo fopra alcune colonne, che lo reg-
gono intagliò nell'Architi-aue , parendogli, come fù in vero per quanto
fapeu»
quella età hauec fatto vna grande bell'opera. Quelbverfi

Hoc opm Sculpfìt Toarmss, quires non ε^ψ inanes
Glicoli Islam. meliorabeatui

s

Q^emgenmtTifaydoèÌumfupcr omnia viuoi

Tece Giouanni in quel medefimo tempo la pila deiracqna Santa dì marmo,
^ella Chiefa di S. Gioaanni Euan2;el.ita nella medefima Città ;.con tre iìgure_i, ^^^ J*^·
che la reggono, la Temperanza,
la Prudenza , e la Ginilicia, la quale opera vper . _
elìere allora ftata tenuta molto bella, fò pofta nel mezo di quella Chieia, come '
eoia fingolai-e. E prima che partiiTe di Piitoia, feben non fù così alJom comin-
Fà H moàelh
ciaral'c>erafece il modello del Campanile di S. Iacopo, pwncipale Chiefa di delcumpam-
quella Città, nel quale Campanile, che è in sa la piazza di detto S. Iacopo, &Γa If
canto alla
Chiefa è quello m'illefimo A. D. 13 ο r. Eflendo poi morto in Perugia
PapaBenedetto IX. Ri badato per Giouanni il quale andato aPerugia fece nella _

Ciiiela vecchia di S. Domenicode' Frad Predicatori vna fepolmra di marmo per InPerug^p^
quel Pontefice, il qual. ritratto di nat urale, & in habito Pontificale poie intorno «S Dom-
i opra la calla, con due Angeh,
ν no da ciafcun lato, che tengono vna cortina·.· ^/L·^.

di fopra vna Noflra Donna con due Santi diriheuo, chela mettono in raezovc
moki altri ornamenti mtornó a quella fepokura intagliati parimente nella Chic- y^, ^^^ j·^,
fa nnoua de'detti Frati Predicatori, fece il fepolcro di'M.Nicolò Guidalotti Perù-
polmr^ ptr
gino, e Vefcouo di Recanati,il quale fu inftitutore della Sapienza nuoua di Perù- miccia Gnh
già. Nella quale Chiefa nuoua dico, che prima era ftata fondata da akr:, condui-
Motti ΐφ-
fe la nauata del mezo > che fu con molto migliore ordine fondata da luf, che il ri- tatort della/
manente della Chiefa non era ftato fatto , la anale da vn lato pende, c minaccia, Sapt^ianm-
per eflerc ftata male fondata, reuma : E nel vero chi mette mano a fabbricar^,.', '
Se a far cofe d'importanza, non da chi sà poco, mada i migliori donerebbe ien> ^^ ' ^ ^^
pve Fgìiare configlio, per non hauere , dopo il fatto, con danno, e vergogna a

pentirrid'eirerfi,3ouepiùbifocnaua,nialconfigl!ato. VoleuaGioimnr,fpedi-.^„,^, ,φ.

toh delie cofe di Perugia, andare a Roma, per imparare aa quelle poche cofe an- tf^mi.

tichcchevihvedeuarW

sì come haueua farro il Padre , ma da giufte cagioni im-
pedito^non hebbe effettonuefto fuo deiìderio,e maffimamente ientend ο la cor·
te eflere di pocoita m Auignone. Tornato adunque a Pifa , Nello di Giouanni ^ p^f^
Falconi operarlo gli diede a faye {] Pergamo grande dt;! Duomo ,che è a man rit- f,è li jper^an, '
ta andando verfp l'Aitar maggiore appiccato al choro: al qual dato
-principio , & grande
a moke figure tonde j alte braccia tre; che a quello hauèuano a leruu*e , a poco a Duomo·

poco

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Xi > ρ m Μ A FAR TE

poco Io condude a quella forma » che hoggi fi vede » pofato parte fopra le detre
figure, parte fopra alcune colonrte foflenuce da Leoni: E nelle fponde fece alcune
ftorie della vita di Giesù Chnfto. E* vn peccato veramente} che tanta fpeGi, tan-
Spept, e diti' ra diligenza, e tanta faticanonfuflé accompagnata da buon difegno, e non ha-
jgen\aAòttrth' uelleia Tua perfezziotie j ne inuenrione »ne grafia , ne manièra, che buona fullei
ffero ejjere ac^. come .ha.uerebbe,a tempi noftri ogni opera,che fuiie fatta anco con molto mmo-
empagnate xe fpefa, e fatica. Nonduneno douette recare a gli huomini di que'tempi auezzi
a vedereÌbJamente cofe goffiiTime, non picciola marauiglìa. Fù finita quefia,^
opera l'anno ;i^ 2,0.. come appare in certi verfi, che fono intorno al detto Perga-
ϊΏΟ) che dicono così.

Laudo Deum venm, per quem funt optimarerumi
Οβί dedithas puras hominem formare figuras;
Hoc opus, hisannis DominiScidffere lohannìs
^rte manusfole quondarriy mtique TSljcolei
Cm-fts Fendendis tersentum, rmlleque'plenis C.

Con altri tredici verfi, i quali non fi fcriuono per meno eiTere noiofi a chi leg-
ge, e perche quefti badano non folo a far fedele le il detto pergamo è di mano di
JtUri ìauors Giouanni, ma che gl'hucmini di que'tempi erano in tutte le cofe cosi fitti. Vna
nei medefmi> Noftra Donna ancorajche in mezo a S.Giouanni Batriii:aj& vn'akro Santo fi ve-
inop» de di marmo (opra la porta principale del Duomo, e eli mano di Giouanni,e que-

' ■ glichea piedi della Madounaftàinginocchioni , fi dice efsei-e Piero Gambacor-
ti operaio, Conwnche fia nella bafe doue pofa l'Imagme di Noftra Donna, fo-
no quefte parole intagliate.

Sulr Vetri cura h^c pia fuit Sculpta figura:
'mcoli nato /culptore Ioanne vacato.'

Similmente fopra la porta del fianco, che è dirimpetto al Campanile, è di ma-
no di Giouanni yna Nofira Donna di marmoi che faà da vn lato vna Donna ingi-
nocchioni con due bambini, figurata, per Pifa , e dall'altro l'Imperadore Henri-
co, Nella Bafe doue pofa 1 a Nofira Donna fono
quefte parole. Aue gratia pie-
na, Dominus tecum. ^appreifo

J^ohilis arte manus'Sculpfit Johannes Tifaniis

Sculpfit fub Burgundio radi benigno. intorno alla Baie di Fifa

Firginis ^ncilafum Tifa quieta fub iUa & intorno alla Baie d'Henrico

Imperai Henricusì qui chrifio fertur amicus»

CtntoL· di

ίϋφβ, Denti» Elfendofiata già molr: anni nella Piene vecchia della terea di Prato /otto ΓΑΙ-
nella Piene narg Capella maggiore ) la Cintola di Noftra Donna, che Michele da Prato
di PraO' romando d: t erra Santa,haueua recato nella patria Tanno 1141. E con fegnatala a
VbertoProporto di quella
Piene,che la pofe doue fi è dettojc doue era fiata iem-
, pre con gran veneraz one
tenuta'. L^anno i ^ i z. fu voluta rubbare da vn Pratefe
huomadi mahffima vita, e quafi vn'a!troSerCiapeIlett3,.Ma efiendo fiato fco-
perro fù per mano della Giuihria, come facrilego, fatto morire. DachemolTti
Pratefij deliberarono di fare, per tenere più ficuraraente la detta Cintola , vn fito

fortcs

4λ perfetm
marnerà.

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VITA DI NICOLA, ET GIOVANNI. 23

fcrte>e bene accomodaro, onde macfato per Giouanijche già era vecchio>feciono
col ccnfigiio foo nella Chieia maggiore, h Capelia, douefiora flà ripofta la detta TtttUC»·^
Cintola di Nóftra Donna.E poi col diiegno del medcfittO feciono la detta Chiefa
f*ìla. in dett»
molto maggiore di quello,c bell'era,e la incroftarpno dì fuori di marmi biancfo»e Pieue per ri-
nen, e iìmiirnente il Campanile,come fi può vedere. Finalmente eflendo Gionani f'^f***
già vecchiiiimo fi morì Tanno rj2o.doppo hauere fatto, oltre a queUeacfie'dette é-»Un
li iono,molte altre opere di
Scuhura, e d' Archicettura. E nel vero fi deuemolto a Γ?'^''Ì'r^·
lui, & a Nicola
iuoPadre, poiché in tempiprmi di ogni bontà didifegno ciiedero
in tate tenebre nó
picciolo Jume alle iole di queft'aifr,-figlie quali furono in quell'
età veramenteeccelienti. Fù fotterràto Gioiianni in Capo Santo honòratamente d/a^/;
nella fteffa arca,dbue era (tato pofto Nicola fuo Padre Furono difcepoli di Gio- /^jfi/, * ^
iianni
molti, che dopo la: fiorirono, ma parricokrmente Lino Scultore, & Archi-
tetto Sanefe,
il quale fece in Pifa la'CapelIa doue è il corpo di S. Ranieri in Duo-
mo, turta ornata di marmi, e fimilmente il .vafo dél Battrefimo,ch'è m detto Duo-
^i^oU e GÌV.
mo col nome (no ne fi marauigli alcuno, che faceiTeraNicola, e Giouanni tante uami \ tome
opere, perche oltre che viilono afsaiyefsendo i primnnaeftnV in quel tempo, che principali
tulsono in Europa, non fi fece alcuna cofa d'Ìmporcanza, alla quale non interue- Maeflri-
misono, come, oltre ^ quelle, che dette fi fono;, in molte infcrizzioniiì può ve- ^trop» fecera>
dere. E
poi che con Toccafione di qitefti due Scultori , & Architetri fi è dellc_i
cofe di Ρ fa ragionato> non'tacerò , che in k fcale di veriò lò Spedale nuouo>.
intorno alia bafe, che foftiene vn Leone, vafo, che è fopra la colonna di por-
lido, fono quelle parole.

Qi-iefiio e1 Talento, che Cefare Iraperadore diede a Fifa, con Io quale fi mi- pet TaUmef
furaualo cenfoschealui eradatorloquale è edificato fopra quefta^ji di Ce/m ì»
colonna, e Leone, nel tempo di GiouanniRofso operaio deiro^
pera.di,Santa.MariaMaggiore di Pifa A. D. M. CCCXIIL '
indiólione fecundà di Marzo.

Ιβηε della -

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Ρ RI Μ A PARTE

VITA D'ANDREA TAFI PITTORE

f I.-Ò R É η:τ

I cométècaronoiión piedofa marauiglia !e cofe di Cimr.bue »
haiKHelo e^WatoairAiteg^^^^^^^^^ miglior diiegno,

iornura gl'tìùoniiiì Qtie'tèmpi auezzi a ncui veder
non cofe facce alla maniera greca. Così Topeie di Muiaico
d'AjidreaTafi 5 medefimi tempi furono a n: ai irate,

& egli perciò renino ecceliente anzi diuino, non peniàndo
que'popoli 5 non vii a vedere altro·, che in cpcale Arce me-
glio operar fi poteise > Madiuero non efsenao egli il più valente huomo del
Mondo» confideraco, die il Mi-iiaico , per la lunga vita, era più, che tiittC:__jj
.'altre
Pirture fé n'andò da Firenze a^Venezia» doue alcuni Pittori

Greci

IN O.

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;VITA D'ANDREA TAFL zj ^

Greci lauorauano in S. Macco di Mafaicoj & con eiTi pigliando dimèftichezza> Ccnmci rk-

con preghi, con danari, e con pronieiTe operò di maniera, che a Firenze condui- Vemtisi ^ Fi-
fe Maeitro Apollonio Pittore Greco,il quale gl'iniegnò a cuocere i vetri del Mu-
faico, e fai lo ftucco per cometceiio. Ec in fua compagnia lauorò nella Tribuna ^

di S. Giouanni la parte di iopra ,doue fono le Potefta , iTroni, e le Dominationi. % cLp^L·
Nel ^uale luogo poi Andrea fatto più dotto, fece come fi dirà di lotto > li Chriiìo, ridU
eh
che e fopra la banda della Capella maggiore . Ma hauendo fatto mentione di S.
di S. Gio.
Giouanni, non pallerò con filentio, che quel tempio antico è tutto di fuorj, e di
dentro lauorato di marmi, d'opera corintha > e che egli è non pure in tutte ie fue
parti miiurato, e condotto perfettamente, e con tutte le lue piOportioni, ma be- μ ^Zta
niffimo ornato di porte, e di feneitre, & accompagnato da due colonne di giani- bmna,
to per faccia, di biaccia vndici l^·na, per fate i tre vani. Sopra i α uai i fono gi'Ar- ra,
clmraui, che poiane in su le dette colonne, per reggeie tutta la machina della^
volta doppia, la quale è da gl'Architetti nìoderni, come cola iingolaie , lodaia, e h^lh^ quale
meutamente : petaoche eli'hà moitrato il buono, che già haueua in le queii'ar- irnp*.
te ,afJiippo di Sei-BruneIleico,a Donatello , a gl'altri Maefìri di que'tempi, ^jjp;.
iqiiali impararono i'ai-te col mezo di quell'opera, e della Chieia diS. Apollclo
d 1 Firenze,opera di tanto buona maniera,che tira alla vera bontà antica, hauédo, '

come II e detto di fopra,tutte le colonne di pezzi miiurate,e cómefie con tanta di- còme meo
iigenza, che lì può iv.olto imparare a coniìderarle in tutte 1 e Tue parti. Ma per ta- dalla chufn
cole , che della buona Architettura di quella Chieia lì potrebbono dis.Apo^.
iolamence , che molto iì diuiò da queito legno, e da quefto buon mo- Taccìnta del*
oo ai hue j quando lì rifece di marmo la facciata della Chiefa di San'Miaiato fui c^ief» di
Monte fuor di Firenze, per laconuerfione del Beato San Giouanni Gualberto, s.Mimato,^
Uttadino di Firenze , e Fondatore della Congregatione de' Monaci di Vall'Om-
■biola : perche quella, e molte altre opere, che furono fatte poi, non furono pun-
.o in bontà a quelle dette iomiglianti. Il che medeiìmamente auuenne nel ^
cote della Scultura : perche tutte quelle , che fecero in Italia , i Maeftri di quell'- (
età, tome s e detto nel proemio delle Vite , furono moliO goiie, come fi può ve-
aere in molti luoj^hi, e particolarmente in Piftoia in San Bartolomeo de' Canoni-
ci llegolari,
doiie m vn Pergamo fatto goffiiTimamente da Guido da Coir.o, è il
principio della vita di Giesù Chrifto , con quelle parole fatteui dall'Artefice me-
dehmol'anno li, "

Scidptor laudaiur, quod doBusin ^rteprobatur ^
Guido de Como , me cuniìis Carminepromo.

1 ua, pl-^" Joniare al tempio di S. Giouanni, lafciando di raccontare l'origine^;»
detto, ch^ J'^'^ icritta da Giouanni Villani, e da altri Scrittori ; hauendo gi -
giueneiò, tempio s'hebbe la buona Architettura, che hoggi è i ι νίο, a^^-

Aldio BaldV·^ ^^ ^^ Tribuna fù fatta poi, e che al \ e npo, cfie

. ■ 1 , '"^Uler-J·, τ Pirroiv FlViri'Π Π ΠΟ Γ3(~ί"Γίί-|Γ ίΛ Π 111.1 Λ/f ______ Γ.

qtielMiiiaicOifì
orate! turta..^·

eli ε-
ι Serafini»
le

AKMio pakiouu.ett ^^^ doppo LippiP Pittore Fiorentino racconcio que

vide, eh eli era ft^t., anticamente dipinta, e difegnata di rollo, e laii

ίuilo i.ucco . Andrea Tafi dunque, & Apollonio greco, fecero in qο
per farlo ai Muiaico,vtio fparcimehto, che ftringendo da capo acant U dH i. ΙΛ1
na, Il veniua allargando infinoful oiano della cornice di lotto ^ dmidendo la j
più alta in cerchi di varie ftorie".- Nel primo fono tutti i M.nidri , &
autori della volontà Duiina, cioè gl'Angeli, gl'Arcangeh, i Cherubini? i Ser,

TrìhuM di S,

U c. AncicK'
mente àiptntA

Co,npartimL·
to di quella
fatto da Ati'
drea,^· Apol*
Ionio tcn ki^
ftorte^

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2.5 Ρ R I Μ A Ρ A R Τ E

le Poteilati, i Troni, e le DoniiDadoni, Nel fecondo grado fono pur Ji Minaic®
alla maniera greca» le pvincipali coie fatte da Dio, da che fece la luce innno al di-
luuio. NeJ giro, che è forco quelli, il quale viene allargando le otto facce di quel-
la Tribuna, fono rutti i fàtct di Giofeiio, e Je' fuoi dodici fratelli. Seguitano poi
fotco queftì, altri canti vani della niedeiima grandezza, che girano fimilmentc_p
inanzi » ne i quali è pur di Muiaico la viCa αϊ Giesù Chriilo, da che fò concetto
nel ventre di Maria, iaiìno all'Afceniìone in Cielo, poi ripigliando il medeilmo
ordine, i tre fregi,
è la vita di S. Giouanni Bactiiìa, cominciando dall'appa-
ritione dell'Angelo a Zacheriar Sacerdote , inilno alia decollatione, e fepoituraj
che gli danno i
fuoi difcepoli. Le quali tutte cofe, ellendo goffe, ienza difegno,
Z»'mo dì ® f^"·^^ > ® hauendo in fe altro, che la nian.era greca di quc' tempi, io
Muffito ini· f^on lodo (emplicemente. Ma sì bene, hauutD
nfperro al modo di fere di quejla
do, ih com. età, & all'imperfetto, che allhora hauea.^ l'arte della Pittura fenza, he il lauoro
κφ, è r3ldo,e iono i pezzi del Muiaico moko bene commeilìjin fonema il fine di quel··

doperà è molto megliore, ò per dir meglio maco cattiuo,che non è il principio,fc
bene U tutto ni petto alle cofe d'hoggi,moue più tollo a rifo, che a piacere, ο ma-
rauiglia. Andrea finalmente fece, con molta fua lode da per fe, e fenza l'aiuto
d'Apollonio nella detta Tribuna, fopra la banda della Capelia maggiore, il Chri-
fto, che ancor'hoggi vi il vede di bracciafetse. Per le quait opene , famofo per
tutta Italia diuenuto, e nella'Patria fua Eccellente reputato, meritò d'eiiere hono-
rato, e premiato largamente. Fu veramente felicità grandiffima quella d'An-
drea, nafcer in tempo, che gotiamenie operandofi, fi ftimaiìe aliai quello^cht_j>
pochiiTìmo 5 ò più torto nulla Rimare fi doueua ; la qual cofa medefima auuenne
a Fra Iacopo da Turrita dell'Ordine di
S. Francefco : perche hauendo fatto l'ope-
re di Miftaico, che fono nella fcariella doppo l'Altare di detto
S. Giouanr.i, non
oftanre, che fallerò poco lodeuoli, ne fu con premij ftraordinarij remuneiaio, e
poi ,come eccellente Maefiro condotto a Roma , doue lauorò alcune cofe nella
Capelia dell'aitar maggiore di S.
Giouanni Laterano, e in quella di S. Maria_j
Maggiore. PoicondmtoaPiiafece nella Tribuna principale dei Duerno colla
κ medefima maniera, che haueua
fatto l'altre cofe fue, aiutato nondimeno da'An-
drea Tafi, e da Gaddo GadJi Euangeliiti^, & glrre cofe, che vi fono, le quali
' fro£tep, poi furono finite da Vicino , hauendole egli lafciate poco meno, che imperfetie
»uuni<in>tar<t del tuEto. Furono dunque in preg:o, per qualche tempo l'opere di coiloro : Ma
àdiAm, poi che l'opere di Giotto furono ? come fidui al luogo fuo, poile in paragone di
® quelle d*Andrea> di Cimabue, e de gii altri,
conobbero i popoli in parte la perfet-
tione deirarte, vedendo la differenza, che era dalla maniera prima di Cimabue a
quella di Giotto nelle figure de'gl'vni, e de gli altri, & in quelle, che fecero i di-
fcepoli, & imitatori loro. Dal quale principio»cercando di mano in mano gli al-
tri di feguire Tomie de'Maeftri migliori, e foprauanzando l'vn l'altro felicemen-
Merce
4i A»^ re, più Γνη giorno » che l^akro ; da tanta bailezza fono fiate quefte Arti al coìrno
tire»' fsi il della loro perfetrione fi vede inalzate. Viffe Andrea anni ottant'vno, e morì
f rimo, eh m' inanzi a Cimabue nel 1294. E per la reputaciqne, &honore> che fi guadagnò
βρίφίηΤα' colMufàico» per ìiauerlo egli prima d'ogni altro arrecato» & iniegnato a-j
il Ma' gi^huomim di Tofcana in migliore maniera, fiì cagione, che Gaddo Caddi, Giot-
£o, e gl'alt ri fecero poi l'EccellencifiTime opere di quel magifterio > che hanno ac-
quiftato loro iàma» & nome perpetuo.
Non mancò chi dopo la morte d'Andrea>
io riiagniiìcailc con tjucik infcrictione »

Fra ìatm à»
Turrita iaue·
ΤΛ in S.GtOtdi
Mufaieo, ó»
Λ KomSt β JFim

-ocr page 117-

VITA D'ANDREA TAFL

Qifi giace ^dreay ch'opre leggiadre) e belle
Fece in tutta Tofcana, &■ bora è ito
Ufar vago lo regno delle fldk.

I potuto _______ ______

vecchio libro della Compagnia de gl'huomitii del difegno.

Merita dutìque d'efleue molto lodato fra gl'Antichi maeftri Andrea Tafi, per-
cioche fe bene imparò i principij dei mufaico da
coIoio , che egli condufle
Venezia a Firenze, aggiunfe nondimeno tanto di buono all' atte s coraettendo i
pezzi con molta diligenza infieme > e conducendo il lauoro piano come vna ta-
uola {il che è nel mufaico di grandifiìma importanza) che egli aperie la via
di far bene, oltre gli altri, a Giotto, come fi dirà nella vita fua, e non.»
iolo a Giotto» ma a tutti quelli, che dopo lui infino a i tempi uo-
n:ri> fi fono in queOa forte di Pittura eilercitati. Onde fi
può con verità affermare, che quelle opere, che hog'
gi fi fanno marauiglioie di mufaico in San Mar-
co di Venezia, ^^ in altri luoghi haueisero
da Andrea Tafi loro primo
principio.

Fine della Vitx di Andrea Tafi.

Fòt feoUre dé
Buonemtc»
Buffalmacco »
ed Andrm
Tafi.

OjJeruaùent

nel ìauomtt
mufmj^

-J

D 2

VITA

-ocr page 118-

Ϊ4> PRIMA PARTE

Τ A D I G A Ο D Ο CADDI

Ρ I T-Τ ο R E -F1Ό R E N. Τ ΓΝ,Ο.

IMOSvTRO' Gaddo Pltroi-e Fiorentino in qneftomede-
fimo tempo più t^^^S'-f^ -nell opere Tue laaorare alia greca_j,
e con grandiflima diligenza condotte j j-i^g ^^^^ Andrea
Tafi, e gi'altrj Piccon, chefuronàinanzialui, e
forfè quello dail'apaicizia, e dalia prattica> che dimeftica-^
mente tenne cen Giinabue ; perche, ο per laGonfornìità
de' (angui 5 ο peria boncàde granimi, ricrouandoii tra loro
congiunti
d'vna ftretra beneuolenza » nella frequente conuerfazione, che ha-
ueimno infieme, e nel difcorrere benefpefso amoreuohOentc fopra le diriìcol-
tàdell'ani j. nafceuano ne'loro iininii coxicetti beliiffiitii ? e grandi! E Ciò ve*»
■ ' uiua

X)t/égm, e-ài'
ìigen\e di
Gadcio nan
dail'^fticiTja
^

i^Ctm^^tte. ^

-ocr page 119-

VITA DI GADDO CADDI.

niua loro tanto più ageiiolraente facto, quanto erano aiutati dalla fottigli
dell'aria di Firenze, la quale produce ordinariam ente fpii'iti ingegnofi > e
leuando loro continuamente d'attorno quel poco di ruggine, & grofiezza > che ÌP'^^f'
il più delle volte la natura non puote : con la emuiatione , & co i^jrecetti , che di
ogni tempo porgono i buoni Artefici. E vedeil apertamente, che le cofe confe-
il conferire al
rite fra'coloroj che nell'amicizia non iono di doppia fcorza coperti, COmC) che_j5 nlUpet'
pochi così fatti Ce ne ritrouino , ίϊ ri4trcono a molta perfectione . Et i medefimi ι

nelle fcienze, che imparano, conferendo le difficoltà di quelle , le purgano, e le
rendono così chiare, e fàcili, che grandiffiroa lode fe ne trae. La doue per lo con-
rvario alcuni diabolicamente nella profeiiìone deli' amicizia pratticando, fotto
ipezie di verità,
e d'amoreuolezza, e per inuidia,e malizia i concetn loro defrau^
dano; di manieraj^che lacci non così toilo a quella ecellenza peruengono, che fa-
' rebboiio,
ie la carità abbracciaiìe gl'ingegni de gli fpiriti gentili,come veramen-
te ftrinfe, Gaddo , & Cimabue, & finiilmente Andrea Tafi> & Gaddo., che iii.^ GaUo fnps
compagnia fùprefo da Andrea a finire il muiaico di S.Giouanni. Doue eflo Gad-
in cempagni/i
do imparò tànto, che poi fece da ie i Profetijche fi veggiono intorno a quel rem- Andre» λ
pio ne i quadri fotto le hneilre : I quali hauendo egli lauorato da fe iolo, e ccn_^ finire i Immi.
ipoko migliore maniera, gli arrecarono fama grandiiTì'ma. La onde crefciutogli
l'animo, difpoftoiì a lauorare da fs fole, atcefe continuamente a Hudiar la ma- Lautra, da β
niera greca, accompagnata con quella d,i Cimabue. Onde fra non molto tempo, foloy& accom
eilendo venuto eccellente nell'arte; gli fìi da gl'operari di Santa I^ iaria del Fiore P^I»^ UmA-
allogato il mezo tondo dentro la Chiefa, fopra la porta principale : doue egli la- ΊΓ^Τ-

uorò di muiaico ia incoronatione di Noflra Donna . La quale opera finita, fu da ^^,Λέβί ·
tutti i maeftri, e forcftieri, e noftrali giudicata la più bella, che fuile ftata veduta ^^φ ^
ancora in rutra Italia di quel meRicro: conofcendofi in efia più difegno j pìu,giu-
^ny^ in S. Ma*
dicio, e piùdiliorenza , che in tutto iì rimanente dell'opere , cne di mufaico allora net del Fiere»
in Ifalia fi ritrouarono. Onde fpartafi la fama di quefia opera, fu chiamato Gad- Difegno, giù-
do a Roma 1 anno 1508. che ìli l'anno dopoFincendio, che abbrucciò la Chieia, dtdo, e dtlr.
& 1 palazzi di Laterane , da Ciemente quinto al quale fini-di mufaico alcune co- g^nyi ni L·^
• ie,lafciatC im|;»e;WdaFraFancefcodaTurrita.

Dopo laiioro nella Chieia di San Pietro, pur di muihico alcune cofe nella Ca- ρ :
pella maggiore, & per la Chiefa,ma particolarmente nella facciata dinanzi vii^
Dio Padre grande con molte figure j & aiutando a finire alcune rtoiie, che fono
λ S. Gin*
nella facciata di Santa Maria Mapiore di mufaico, migliorò alquanto la manie- 5. Pietro, e s^
ra, ε fi pani pur vn poco da queila greca , che non haueua in fe puntodi buono; M. Ma^iiore,
Poi ritornato in Toicana, Jauoro nel Duomo vecchio fuor della Città d'Arezzo
per i Tarlati Signori di Pietramaia, a icune cofe di mufaico in vna voira ,da quale
era tutta di fpugne, e copriua la parte di mezo di quel tempio, il quale eflendo
tmora in A^·
troppo dalia volta antica di pietre,rom nò s! tempo del Veiconó Gen- re^o nel

we ν rbinate, che la fece poi rifar tutta di mattoni. Partito d'Arezzo, ie n'andò we vecchiv..

Fanv)ente iry

quello 4i Fifa.·
Rtfornato ^
Firenije lituo*

dil,genza ignora. , ch'e!h fi è infino „ ,„ ^

^opocio-ntoinoGaduoatuenze, con animo di npo- dimuftiicc,·
piccioleTauoktte di ratifaico ne conduile alcune di

" . j , -^"za,epatienza incredibile; come fi può, fra l'altre vede-
r^in alcune,
cne ancor hcggj ,^^,ρίο di S.Giouannfdi Firenze Si Jeg-

liezza-.? ^fi
fotti]],

inte.

_ , ^iif. ig^ UU! j u-·^ iu-tlvuilj · J - i L " - ^ - V. J n. n α tJU U

iaacido a Pifji ^ Duomo, fopra ία capella deli' incoronata fece nella nic-

Chia vua ^oftra Donna che và irt^Cielo, e di fopra vn Giesù Chvi!lo,che Taf ρ st-
ia, òc il ha per fuo f^ ■ fedia apparecchiata , la quale opera, fecondo
que tempilu sì bene V -- J·'·"-"-'' . π Γ.
r
conferuatabeniffìmc'

farfi, perche datofi a

gufcia d'vouacon diligenza

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^o ρ R I Μ A ρ A a τ E

ge anco, che ne fece due per il Rè Ruberto, ma non fe ne sà altro. E quedio bac-
iti hauer detto di Gaddo Caddi quanto alle cofe di mufaico. Di Pittura fece ^^oi
moire Tauole » e fra l'altre quella, che è in S. Maria Noueila nel tramezo della
Tece ' Chiefa alla Capella de'Minerbetti, e molte altre , che furono in diuerfi luoghi di

TMolsdi fir. Tofcana mandate. E così lauorando quando di uiuiàico j e quando di Futura»
iura inFirenm fg^g y^g ^ g edercizio molte opere ragioneuoli 5 le qu^Ji lo man-

fuo^hi tennero ferapre in buon credito, e reputazione . Io'potrei qui diirendemu più
oltre in ragionare di Gaddo, ma perche le maniere de' Pittori di que'tcnipi 5 non
OfferH» fmfo poiTono a gli Artefici, per lo più gran giouamento arrecare , le pailerò con iìlen-
delVAnton, zio, ferbandomi a elTere più lungo nelle vite di coloro, che hauendo migliorate

l'arti, podono in qualche parte giouare.
Mont di Cai Gaddo anni iettantatre, e morinel 1513. Et fu in S. Croce da Taddeo

• do ì TadZo i'uo figliuolo honoreuolmente fepelito. E fe bene hebbe altri figliuoli Taddeo
fiiUuoh di fole, il quale fò alle fonci cenuro a Batcefinjo da Giotto, atrefe alia Pittura, impa-
Caddo . ér rande primamente i principij da fuo Padre, e poi il rimanente da Giotto . FÙ di-
Fùtert. fcepolo di Gaddo, oltre a Taddeo Γαο figìillolojCome s'è detto, Vicino Pittor Pi-
iano, il quale beniffimo lauorò di mufaico alcune cofe nella tribuna maggior del
Vicino Pittor Duomo di Piia, come ne dimoftrano queOe parole , che ancora in eilà tribuna fi
Ji/^fs;
Imero veggiono. Tempore Domini lohannìs Roffi ^opcrarij iflws Ecclefm, ricimis pi^
d$ m»/atco, βογ· mciepjt, & perfecit hanc imaginem Beatm Maria: ,jèd Maieflatis, & Euange-
iifl£,per aliosincdptie ipfe compleeiit> & perfecit. ^nno Domini
i^ii. De Meri'
fe Septembris Benedi&um fit nomen Domini Dei nofirilefu Chrifti. ^men.

Ritratto di ^^ ritratto di Gaddo è di mano di Taddeo fuo fighuolo nella Chiefa medefima
C^àdo. cJi S.Croce, nella Capella He' Baronceili in vno (pofa litio di Noftra Donna , &
3
canto gli è Andrea Tafi. E nel noftio libro detto di fopra è vna carta di mano di
Gaddo, faya a vfo di Minio, come quella di Cimabue, nelLa quale
fi vede quanto
. valeiìèneldifegno.

... . Hora, perche in vn libretto antico, del quale hò tratto quelle poche cofe, eh?
disTSrZ Gaddo Caddi fi fono raccontate, fi ragiona anco della edificazione di S. Maria
Noueila. in Nouella, Chiefa in Rrenze deTrati Predicatori,e veramente magnifica, e hono-
Tirenlf, ratiffima, non pallerò con filenzio, da chi, èc qusncio fuile edificata. Dico dun-
que, che eflendo il Beato Domenico in Bologna > & efsendogli conceduto il luo-

fo di Ripoli foor di Firenze., egli vi mandò forco la cura del Beato Giouanni da_j
alerno, dodici Frati, i qviali, non molti
anni doppo vennero in Firenze nella.*»
Chiefa, & luogo di
S.Pancrazio, e li ftauano » quando venuto eiso Domenico m
Firenze, n' vfcirono, & come piacque a liJÌ andarono a ilare neila Chiefa di San
Paolo. Poi, efsendo conceduto al detto Beato Giouanni il luogo di S. Mana No-
ueila, con tutti i fuoi beni dal Legato del Papa, & dal Vefcouo della Città, furo-
no rneiTi in pofsefso
, & cominciarono ad habitare il detto luogo, il di vltimo di
Ottobre i ϋ r. Et perche la detta Chi^ia era afsai picciola, e iifguardando verfo
Occidente, haueua l'entrata dalla piazza vecchia, cominciarono
1 Frati efsendo
già crefciuti in buon numero, hauendo gran credito nella Città » a penfarc_^
d'accrefcer la detta Chiefa , e
conuento. Onde hauendo mefso infieme grandif-
fima fomma di danaihauendo molti nella Cjttà, che prometteuano ogni aiu-
to, commciarono la fabrica della nuoua Chiefa ϋ j, S.Luca nel 1278. metten-
do folenniiTimaniente la prima pietra de'fondamenti il Cardinale Latino degli
Oriìni Legato di Papa Nicola 111· Apprefso i Fiorentini, fiirono Architettori
di detta Chiefa Fra Giouanni Fiorentino, & Fra
Riftoro da Campi, coniierfi del

me-

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VITA DI GADDO GADDI· 31

toeiciìrao ordine , i quali rifecionc i! I onte alla Cariala , ^ quelle di S. Trinità,
rouinaripel D.luuiodel
i264.il piin ο dìcOttobre,ls tnspg-ci pane deliìtodi
detta Ghiera, e Coiuiento fù dorato a i Frati da gli heredi dj M. lacopc Caualkre
de' Tornaquinci. La fpeia, come fi è detto, fò fatta parte di Un cline, pipite de'
danan di diueife peifone , che aiiuaì-ono gagliardamente » e particolam.ente con
l'aiuto di Frate Aldobraniiino Canalcanri, il quale fù poi Veicouo d'Arezzo, δί è
fepoìto fopra la pòrta della Vergine. iCoftui dicono, che oltre all'altre cofe, mef-
fe infieme con l'induftria ina tutto il lauoro, e materia ?che andò in detta Chiefa»
la quale iù finita, eflendo Priore di quei Conuento Fra Iacopo Padauante,
perciò meritò d'hauer
vn (epolcro di marmo inanzi alia Capelk maggiore a man
finiftra. Fù coafecrara quefta Chiei^a l'anno 1420. da Papa Martino V.
come fi
vede in vn'epitaffio di marmo nel pilaftro deftro della Capella
maggiore » che di^
ce così.

Optrt ài Al"
thttet, di ir Λ
Cto Fiorenti"
e F, Rf/ie*
ro da Cfivift*

^mo Domini 1420. Die feptima Septemhris Dom 'mus Martinus dìuìnapYOUÌ-
dentia Tapa V. ferjonditcr hanc Ecclefiam conjecrauit, & magnas indulgentias
contulìt vift.intibm eandem
. Delle quili tu:te cofe, e molte altre fi ragiona in
vna cronica dell' edificatione di detta Chiefa, la quale e appreflo i Padri di Santa
Maria Nouella, & nelle hiftorte di Giouanni V.iIIanj Innilmente, & io non
hò voluto tacere di quefta Chiefa , e Conuento quelle poche cofc >
sì perche ell'è delle principali, e delle più belle di Firen-
ze, esìanco'perchehannoineiTa, come fi dirà
difotto molte eccellenti opere fàtte
da più fàmofi Artefici, ch^
fiano ftati negl'an-
ni adie-

nella ζοηβ'
trutadttUar
ÙM S»p« V,
& è Chitfa
delle printi'
pali diSmn-

VITA

tro.

^ue della Vita di Gaddo Caddi»

-ocr page 122-

prima Ρ Α R. T E

VITA DI MARGARITONB PITTORE, SCVLTORE,

ET architetto aretino .

vecchi ritrorì, ne'qaal-i rinfero inolio ipaiTcnio
da meìkamente fi dauano a Cima-

Marξmtme
littiorè ta A'
r^^lo molte
turni e nttm'
pera, é?
λ f^,

[co nella chto
[
λ di S, eie*
m(ate.

;; R A- gl'altri

f bue, a Giotto ino difcepolo, de' quaii il buono
I nella Pittura faceua chiaro il gvido per rutta Italia, fù vno
!; Mar^arirone Arerino, Pitrore , il quale con gl' altri, che ìì-l^?
j quelì'infelice fecolo teneuano il fuprerao grado nella Pirtu-
^ ra> conobbe, che l'opere di coloro ofcurauano poco meno-,
che del tutto
la fama fUii. Eilendo dunque Margaritone frà gì'akri Pirto/i di
que' tempi, che lauorauano alla greca j tenuto Eccellente, lauorò a tempera-»
in Arezzo molte rauole ; ^afrefco} ma in molto tempo, e con molta faticai

ω più

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VITA DI MARGARITONE. 33

in pili quadri, quafi rutta la Chieia di S. Clemente , badia dell'ordine di Camal-
do 1» ho^gi roLunaca, e fpianata tutta , iniìeme con molti altri edifici], & con vna
roccaforrejchiamataS.Chimenti j per hauereil DucaCofimo de'Medici non
folo in qnel luogo, ma intorno intorno a quella Città disfatto, con molti edificii
le mura vecchie, che da Guido Pietramalefco, già Vefcouo, e padrone di quella
Ciccà furono rifatte ; per rifarlo con fianchi, e baluardi intorno intorno molto più
gagliarde, e minori di quello, che erano ; e per cónfcguente più atte a guarcfarfi,
Tigurehencht
e dajpocagente. Erano ne' detti quadri molte figures picoiok, e grandi, e come Umiate alla
che fuilero iauorate alla greca, Ci conofceua nondimeno, ch'ell'erano Rate fatte Greca nondi'
con buon giudicio, e con amore, come poiTono far fede l'opere, die di mano del fftte a
medefimo fono rimafe in quella Città, e maffimamente vna Tauola, che è hora , &

in S. Francefco con vno ornamento moderno, nella capella della Concettione, 'ZZZume^
doue e vna Madonna, tenuta da que'Frati in gran veneratione. Fece nella me- ^^iz^^ in at"-
pure alla èreca, vn Crpcifiilo grande ; hoggi pofto in quella ca.-
u'r/e chtefi,
pella, doiie e la ftanza de gl'operai, il quale è insù ralle,dintornata la Croce: e uiùum m kà
di queitaiorte ne fece moitiin quella Città. Lauorò nelle Monache di S. Mar-
tondotti con
gherita vn'opera, che hoggi è appoggiata al tramezzo della Chieia, cioè vna tela granale iilU
confitta iopra vna Tauola,^doue fono (lorie di figure picciole della vita di Noftra
Donna, e di S. Giouanni Battiila d'affai migliore maniera, che le grandi, ecoii_rf
più diligenza, e gratia condotte. Della quale opera è da tener conto, non folo, ^«««''
λ intf
perche le dette figure picciole fono tanto ben fatte, che paiono di minio ; ma ali- " confiti
corapereiTere vna marauiglia vedere vnlauoro in tela lina ederfi trecentoanni
conferuato.Feceper tutta la Città pitture infinite,a Sargiano conuento de'Fra-
ti de'Zoccoli, in vna TauolavnS. Francefco ritratto di naturale, ponendouiil ^ j

nomefuo,comeinoperaagiudiciofuo,daluipiùdelfo}itobenkuorata. Ha- , f,^^^^·
uendo poi fatto in legno vn Crocifiiio grande dipinto alla greca , lo mandò in Fi-
^φ citudìi
renze a M. Farinata de gl'Vberti, famoiìffimó Cittadino, per hauere frà molte al- „<, di Fire»:(e,
tre opere egregie, da fopraftante rouina, e pericolo k fua patria liberato. Quello Mnrg,a Rom»
Crocifiiio è hoggi in S. Croce ni la capella de' Peruzzi, e quella de' Giugni. In d-mdine del
S. Domenico d'Arezzo, chieia , e conuento fabncato da i Signori di Pietramala f^palauotìa.
l'anno 1Ì75. come dunodrano ancora l'iniegneloro, lauorò moke cofe, prima, J»»'-

che tornaiie a Roma (doue già era ftato molto grato a Papa Vrbano IV.) perfare
alcune cofe a frefco dicommiffione fua nel portico di S. Piero, che di maniera H^We/e/iw*
grecarfecondo que' tempi furono ragioneuoli. Hauendo poi fatto a Gatighere-
fo ^iettate e
to ,luogofopraterraNuouadi Vald'arno,vnaTauoladiS.Francefco, fi'diede, peio β d'ede
tiauendo lo ipirito eìeuato, alla Scultura, e ciò con tanto ftudio, che riufcì molto mto ai!» scoi
^^^filio, che non hauea fatto nel la Pittura 5 perche ie bene furono le fue prime turaconmoi-
icuiture alla greca, come ne moflrano quattro figure di leeno, che fono nella^ \ ,

Pieue in ι^,ρ^^^ ^ ^ alcun?alrre figÌre ronde , porte nella capella di Mt^orend

X f jance{.:o fopra il battefirao j Egli prefe nondimeno miglior maniera, poi che

οήΐ r" veduto l'opere d'ArLlfo, e de^raltri, allora più famofi Sculto- ZerT^
Ì;;n?ndo d'Ztr I z75 · dietro alla corte di Papa Gregorio, che ^Z^Zf

tornando d Amgnone a Roma, pafsò per Firenze , fe gli porfe occafione di farfi altri.
maggiormen econofce^-e. perche efiendo quel Papa morto in Arezzo, doppo Dono di Ρφ.
I hauer donato al «-om^une trentamila fcudi,perche finifle la fabrica|del Vefco- Cregono al
uado, già itata cominciata da Maeftro Lapo, e poco tirata inanzi : ordinarono si'- Commune d'.
Aretim,olt^ ali hauere fatto, per memoria di detto Pontefice in Veicouadò la '

Sp'tanawmtì

d'tdtfityji mti
va tn a.<^tti4,
e fine jal
fatto.

i apella di S. Gregorio, doue col tempo Mar^aritone fece vna tauola, che dal me- """

E

deiimo

-ocr page 124-

54 Ρ R I Μ A Ρ A R Τ E

deiìraogìifuile fatta di marmo vna fepoltura nei detto Vefcouado. Alia quale,
meffo mano > la conduile in modo a fine > coi fatui il ritratto dei Papa
di natura.e,
di marmo» e di pittuia> ch'ella fià tenuta kmigliore opera > che haueiìe ancora,-»
fìtto mai »

Doppo, rimettendoii mano alia fabrica del Vefcouado ? la conduise Margari-
tone moltoinanzi, feguitando il difcgno
di Lapo , ma non però fe le diede tìiiej
perche rinonandoiì pòchi anni poi la guerra trà i Fiorentini, e grAretioi, il che
ili l'anno i 9. per colpa di Guglielmmo Vbértini, Vefcouo, è Signoie d'Arez-
zojaiutato dai Tarlati da Pietramala,e da'Pazzi di Valdamo,come che male glie
n'auuenifse > efsendo ilati rotti > e morti a Campaldino : furono fpefi in quelliu-^j
guerra tutti i danari lafciati dal Papa allafàbrica del Veicouado. E per cjò fii ordi-
nata poi da gl'Aretini? che in quel cambio feruifse il danno dato del Cótado^cosi
chiamano vn Dacio ) per entrata particokr di queir opera, il che
è durato fino a
hoggi, e dura ancora, Hora
tornando a Margaritoneiper quello, che lì vede nelle
file opere, quanto alia Picmra^egl·. m ;1 priaio, checonfideralie quello, che bifo-
gna fere quando fi knora in tauole di iegno, perche ftiano ferme nelle comm.etti·»
ture, e non moftriuo, aprendofi poijche fono dipinte, feisure, ò fquarci, hauendo
egii vfaro^di mettere fempre (Òpra le tauole, per tutto vnatela di pano Iino,appic»-
caca con force colla» fatta con ritagli di carta pecora, e bollica al fìioco : e poi (opra
d. tela dato di gefsor come in moke fue tauole, e d'altri fi vede.Lauorò ancora fo-
pra ilgeiso ftempeiato con la medeiimacolla,fregi, e diademe cfi rilieuo, &: altri
ernamenti tondi j e fù egli inuentore del mododi dare
di Bolo, & metterui fopra
l'oro in foglie, e brunirbXe quali tutte cofe non efsendo mai piima (late vedute,
fi veggiono in moke opere fue,e parrico^armente nella Pieue d
'Arezzo in vn dof-
iale, doue lono ftone di S. Donato, ÒC inS,Nicolò della medefima Città.

Lauoròfinalmente molte opere nella fiia Patria, che andarono fiìoriiparte del-
le quali iono a Roma m S. Lanni,
δ€ in S^Pietro, e pai'^e in Piia in S. Catiumn,do-
ue
nel tramezo della Chiefaèappogg'ata (opra vn Altare vna tauola, dentroai
Sj Catarina, e molte ftorie in figure picciole della fua v]taj& in vna raaoletta vn
S. Franceico con moire ftorie in campo d'oro. E aeiia Chieià di fopra di S. Fran-
cefco d'Affifi è vn Crocifiilo di i ua mano , fopra vn legno, che

attraueria la Chiefa, le quali tutte opere furono <η gi'an pregio apprefso 1 popoli

«■ 11= \ f i ____t^^^rri .. _ · r___il-II-nnt-p Γη___________ ' Γ_ 'ι '

ganrone;

re col fuo diiegno,perche non fono d'impo^^^zasnon tacerò già,che eg!i,fecon·^
do, ch'io rrouo fece il diiegno,e modello de. palazzo de' Gouernacori della Città
d'Ancona alla maniera greca l'anno i ^ è più, fece di Scukura nella fac-
ciata principale otto fineftre,delle qaali nàcjafcyj-;^ j,g| vano del mezo duecoló-
ne,che a,mezo foftegono due archijfopra i quali hà ciafcuna fiiieifra vna Ifona di
mezo rilieuojche tiene da idd. piccioli archi infino al sómo della fineftrarvna fto-
ria dico del Teftamento vecchio, intagliata
ìh vna forte di pietra , eh' è in quel
paefe.Sotco le dette fineftre fono nella tacciata alcune lettere, che s'intédono più
per difcrettione, che perche fono » ò in buona forma, ò rettamente fcritte > nelle
quaii fi legge il millefimo, & al tempo^di chi fù fatca
quefta opera. Fù anco di ma»'
no dei mede fimo il difegno della ehsefa di Si Cinaeo d' Ancona-Mori Miirgarito-
ne d'anni LXXVII. infaftidito, per quel ,,che fi^diiìe d'effer canto viuuto, veden-
do variata rgràje'gl'hoiiQri ne gl'Artefici.nuoui
V fù fepoko nel Duomo vecchio:

fnoc

Sepéim»
à. Papa f^f*
if, vernato
ia M^tgmt-
itiìe ,

Sopramtend^'
te alia f-thi',
ea dd Ve(cO '

ittitO ,

Aretini fpen»
dommgusrr^
Γ effegn^mm'·
to
dei dinaro
ter A fabrie».
Mnrg
»Yttme
fronti^ al bi"
fognil· per φ'

turare le som'

Wìffmi delle
3amie advfo

di ffitv-tre.

ìmenio ti
^oXo ài dorof
tol Bolo,

hmort (^el
ìaedefimo mA'
ia rnelti
^mi*

Attefe alto
Archttett> «
fece di manie.
9a Greca il
modello del
de*

OoHeriMt^tri

d'Ancom ton
ia»ori di Seal
snra.nellafm'

Face itdife»
^no di

«■taioind.Gie
sà-. Morhml'
vecchto cm
difpincsri de
g^i vfi iielmò^

-ocr page 125-

vita di margaritone, 3 5

fuor d'Arezzo in vna cafsa di rreu errino, hoggi andaU male nelle rolline di quei
tempio. EglifùfattoqueftoepicafEo» " .. . ^ -i

Hic iacet ille bonus piSiura Margaritonus,
Cur requiem Dominus tradat vbique pim*

II ritratto di Margaritone era nel detto Duomo vecchio di mano (tì
Spinello nell* Hiftoria de' Magi, e ftt da me ricalato
prima, che fufle quei tempio
rouinato.

Fm della V^a § Marguritmi

\ ■

E t

-ocr page 126-

Ρ Κ Ι ΜΑ F Α R Τ Ε

VITA DI GIOTTO pittore^ SCVLXOKEp

ET ARCHIT.ETTO FIORENTINO..

V E LL'obrigo fierso, die Hanno gl' Arcefici Pitron alla natu-
rai, la qual fèi'ue conf'nuaniente per eisempio a coloro,
cauando- il buono dalle parti dì lei migliori, e piii belle__ii>?
dicontrafarlày rimirarla s'ingegnano fempre·, hauere y per
n- ibcredereyfi deiie a Giotto Pittore Fiorentino : perciochc_jJ»
[; efsendo ftati iotrerrati: tanti; anni dalle rolline delle guerre i
modi delle tiUOnePitcure ,, & idintornidi quelle, egliioìo,an-
cora che nato fra Artefici ine^i P^f fióno di Dio, quella, che era per mala via,<
rifufcicò ydc ai tale forma' ridiiise, che fi potette chiamar buona. E vera-
mente· El miracolo > che quella età, & grofsa, & metta hauefse_^
i| ' forza

"Μ meglio dei',
la ììatttra fer'
aie d''tfìmphi
ftr imitmla*

^odif e 4Ίη*·
Sifai dette
Pitture riiot»
li ia Giom Λ
ìmns manie*

-ocr page 127-

ν I ΤΑ DI GIOTTO. 37

forza d'operare in Giotto sì dottamente, che ildifegro 5 del quale poca» ο ninna
cognizione haneano gl'huomini di ^que'tempi, mediante lui,
ritornEfìe del tutto
in vita. E nient e dsmeno 1 principi) di sì giandimcn 0 furono iVnnc
1276. nei CfWff iififfi
conrado di Firenze, vicino alla Città quattoidici miglia, nella'viUa di Vefp εηε-
no, & pa i. .ietto Bondcne, lauoratore di terra , èi naturale perfcna . Ccfìui
hauuto queilo figliuolo , ai quale pofe nome Giotto , l-'alleùò, fecondò lo flato
fao,co!èumatamente . E quando fù all'età di dieci anni peruenuto, mcftrando
intutti gl'atti, ancorafancuilleichi, vna viuadrà , & prontezza d'ingegno ftra- dt -

ordinano, che lo rendea grato non pure al padre , n^a a tutti-quelli ancora, che mojireu» τ/-
nella villa, e fuori lo conofceuano ; gli diede Eondone in guardia alcune pecore, frig-

ie quali egli, andando pel podere, quando in ν η luogo, & quando in vn'alcre pa- 'S^'tff
fturando , fpinto dall' inclinazione della natura all'arte del difegno, per le kltre,
& in terra, ο in sii l'arena del continuo difegnaua alcuna cofa di naturale, onere,
j^pul/o delU
che gli venifle in fantafia : onde, andando vn giorno Cimabue per fue bifcgne> vMura ài lui
da Firenze a Veipignano, irouò Giotto, che mentre le ine pecore pafceuano,
fopra vna lailra piana, & pulita con vn fallo vn poco apuntato , ritraeua vna pe-
cora di naturale, fenza hauere imparato , modo neiTnno di ciò fare da altri, che
<lalla natura- : perche fermatoii Cimabue tutto marauiglioio : lo dimandò fe vo-
leu aandaraftarfeco . Rifpofe il fanciullo, che contenrandofene il padre, an- Cìi»a£«e le-
derebbe volentieri. Dimandandolo dunque Cimabue aBondoiK, egli amore- m^nd» Qtom
uolmente glie Io concedette, Se Ci contentò, che feco lo menade a Firenze, ia_j f"" '«'/'«f/ir/i.
doue venutojin poco tempo, aiutato dalla natura , & ammaeftrato da Cimabue»
con folo pareggiò il fanciullo la maniera del maeftro Tuo , ma diuenne così buo- Γ»
ireut con
no imitatore della naturar che sbandì affatto quella goffa maniera greca : & rifu- ammaefiram
fcitò la moderna, e buona arte della Pittura, introducendo il ritrarre bene di na-
mentodmema
turale le peifoneviue ^ che più di dugenco anni non s'era vfato, e fe pure fi era
prouato qualcuno, come fi è detto Ji (opra , non gli era ciò riufcito molto felice- /'JX
mente, ne cosi bene a vn pezzo, come a Giotto ; il quale fra gli altri ritraiTe, co-
me ancor hoggi fi vede, nella Capellacfel palagio del Podeftà di Firenze, Dante
ttoàuife il ri.
Alighieri, coetaneo, & amico iuo grand.ffiaìo, & non meno famofo poeta, che trare dtl m.
fi faiFe ne'medefmi tempi Giotto Pittore, tanto lodato da M. Giouanni Boccac- tmalu
ciò nel proemio della Noiiella di M. Forefe da Rabatta, di eiTo Giotto Dipin-
tore. Nella medeiìma Capellaè il ritratto fi:nilmente,di mano del medefimojdi
Teeeihìtr/iu
Ser Brunetto Latini maeflro di Dante, & di M. Corfo Donati gran Cittadino di io dj j>anti
^ue'tempi. Furono le prime Pitture di Giotto nella Capella dell' Aitar maggio- ^dighieri.

della Badia di Firenze, nella quale fece molte cofe tenute belle, ma particolar- ^ipreffìme di
J^ente vna Noftra Donna, quando è Annunziata, perche in ella efpreiTe viuc· ,·^ ^^^

^«nte la paura, & io fpauento, che nel falutarla Gabriello mife m Maria Vergi- vergine uSu»
rf ' pare, che tutta piena
di grandifTìmo timore, voglia quafi metterfiin nttmaia,
Γ nei ! Giotto parimente la tairola dell'Aitar maggiore di detta_j

γΓγΙ' vi fi è tenuta infino a hoggi, & anco vi fi tiene, più per vn?

cerca reuerenza, che s'hà air opeim di tanto huomo, che per altro. EtinS.Cro- Diuerfi epere
ce lono quattro Capelle di mano del medefimo; Tre fra la Sagreftia , e la Ca- dipirae,
pellagiande, «cviia dall'
altra banda . Nella prima delle tre, la qualeédiM ^Ipreffone dh
Ridolfode Bardr che è quella doue fono lefunidelle campane, è la viradi P^'''/™·
S. Francefco = nella buon numero di Frati mofìrano al^ai ac '

conciamentefeffetto del piangere . Neil'altra, che è dellafamighade'Peruz.

zifono due Hiftone della, vau di S.Gio.Batniìai al quale e dedicata la Capei-

la,do-

-ocr page 128-

^g PRIMA PARTE

Mfprejftotic Hi la, doue fi vede moko vaiamente il ballare, e (altare d'Herociiade» elaprontez-
Hirodtadi, c^p μ d alenai feruenti, preili a i feruigi delia menfa. Nella inedefima fono due fto-
de' qj^^ Euangelifta marauigliofe, cioè quando nfuicita Druiìana > e quan-

-fermntu ^^ rapirò in Ciclo, Nella terza ch'è de'Giugni, intitolata a gI'Apoiloli> fono di

mano di Giotto dipinte le ftorie del martirio di molti di loro . Nella quarta, che
è dall'altra parte della Chicfa, verfo Tramontana) la quale è de' Tofinghi, 6i de
Sfireptne di gli Spinelli j & dedicata all'AiTunzione di Noftra Donna > Giotto dipinTe la Nati-
tìjfitto in Ma- uità, Io Spofalizio, l'edere Annunziataj l'adoratione de'Magi, e quando ella por-
riii ì^rgine,^ ge Chrifto picciol fanciullo a Simeone, che-è cofa belliiTima : perche > oltre a vn
atto di timore grande affetto > che fi conofce in quel vecchio riceuente Chrifto, l'atto del fan-
dei fanciullo. ciullo,che hauendo paura di lui porge le braccia » & fi riuolge tutto timoiOfetto
Tauola a tsm madre , non può eilere ne pax affettuoio, ne più bello. Nella morte poi

i'IflTIT di eiia Noftra Donna fono gI'Apoftoli,& vn buon numero d'Angeli con corchi in
ZX JJfi mano, molto belli. Nella Capella de'Batoncelli in detta Chiefa, è vna tauola a
eLcfie 'tipnn- tempera di man di Giotto, doue è condotta con molta diligenza l'Incoronazione
cipio del buon di Nodra Donna; &c vn grandiffimo numero di figure picciole : & vn coro d'An-
tfiodo di ^ife- geli, &c di Santi molto diligentemente lauorati. E perche in quella opera è fcric-
gnare, f colo- to a lettere d'oro il nome fuo > & il miilefimo; gl'Artefici 5 che confidereranno in
che tempo Giopo, ienza glcun lume della buona maniera diede principio al
ci nt IV ^"^""^O'^O'^ÌQi^nare, e di colorire, faranno forzati hauerlo in fomma vene-
Nella medefimaChiefa di Santa Croce fono ancora fopra il fepolcro
giurato in Fi. ^^ marmo di Carlo Marzupini Aretino, vn Crocifiilo , vna Noftra Donna,
ren:^e,egli de^ S. Giouanni, e la Maddalena a pie della Croce : e dall'altra banda della Chiefa-j,
nò iUrme. apunto dirimpetto a quella, fopra la iepoltiu-a di Lionardo Aretino, è vna Nun-
In olteilo ziata verfo l'Aitar maggiore , la qual'è ftata da Pittori moderni, con poco giudi-
Dipinfe dal do di chi ciàhà fatto fare, ricolorira . Nel refettorio è in vn'Albero di Croce_j)
naturale vn hiftoise di S. Lodouico » e vn cenacolo di mano del medefimo, &· negli armari]
s.
Frmcefto, ? j^ji^ Sagreilia ftorie di figure picciole della vita di Chrifto, & di San Franceico.
S^n Domemco j- ^^^^ ^hicfa del Carmine alla Capella di San Giouanni Battiila tut-

ZTntomZi. la vira di quel Santo, diuifa in più q^^f ^ = f "V P^^^^zo della parte Guelfa di
tae»(0 di'firn·
Firenze è di fua roano vna ftoria della Fede Chnltiana in frefco, dipinta perfetta-
fi. mente: E', in ella è il ritratto di Papa Clemente quarto , j] qual creò quel magi-

in Afcif, Di- ftfaro, donandogli l'arme fua, la qua! egli ha tenuto fempre, & tiene ancora.*'^'
pinge Λ frefco Dupo quefte coìe, partendofi di Faenze, per andare a fininn Affifi l'opere co-
lavila diSm mmaate da Cimabue, nel paiiat per Arezzo, dipmfe nella Pieue la Capella di
Trmctfco, Francefco, ch'è (opra il Battcfimo j &c m vna colonna tonda , vicino a vn capi-
Offeruo^ gran connthio, & antico, e belliffimo, vn San Francefco, e vn San Domenico ri·»
T'XZitÌ ài naturale, & nel Duomo fuor d'Arezzo vna Capelluccia, dentroui la la»
Λ\ηί fidiaco- pidazione di Santo Stefanocon belcomponimento di figure, Finite quellecc
pifitione dell' fe , fi condu fi e in Affifi, Citrà dell'Vmb"a>, eaendoui chiamato da Fra Giouanni
Ηίβοηα negV, di muro della Marca allora generale de'Frati di San Francefco,doue nella Chiefa
hehiù mti di iopra Dipinfe a frefco lòtto il corridor, che attrauerfa le fineftre, da i due lati
e degn» ^gjChiefa trentadue ftorie della vita, e tatti di S. Francefco cioè fedici per fac-
delhT''' ciara, tanto perfettamente, che ne acqueo grandiifìma fama. E nel vero fi vede
in quell'opera gran varietà non folamente ne i gefti,& attitudin i di ciafcuna fi-ga-
Viua efirefta, ma nella compofizione ancora di tutte le ftorie, ienzajche fà belliiiìmo vede-'
neà'vn'ajitt^t^ re la diuerfità de gl'habiti di que'cempi, & certe iratazioni, & oiièruazioni delle
t% cofe defla natura. E fra i'alcre è belliiuiiw vna ftoria, doue vao aiIerato,neI qua-'

le fi ve»·

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V I TA D I G I Ο Τ Τ Ο. 39

le il vede vino il defiderio dell'acque, beesitaudo chinato in cetra a vna

con grandiilìmo, e veramente marauigUoio affetto, in tanto, che par quafi vna

periona villa, che bea.

Vi fono anco moke altre cofe digniffime di confiaerazione, nelle q uah', per
non eiler lungo non mi diftendo altrimenti. Balli, che tutta quefta opera acqui-
ftò a Giotto fama grandiffima, per la bontà delie figure > e pei" l'ordine j propor-
Ciotio etiqul
zione> viuezza, & facilità, che egli haiieua dalla natura,e c le haueua, mediante
io iìudio fatto molto maggicre, e fapeua in tutte le cofe chiaramente dunoftra- Ψ^"
re. E perche oltre quello, che haueiia Giotto da natura, fii rtudioiìffimo, & an-
 delle

dò fempre nuoue coie peniando, e dalla natura cauando> meritò d'eiler chiama-
co Difcepolo della natura,e non d'altri.Finite le ibpradette ftorie, dipinfe nel me-
defimo luogo, ma ne la Chiefa di focto, le facciate di fopra , dalle bande dell'Ai- , efacHnh
tar maggiore, e tutti quattro gì'angoh della volta
di iopra, doue e il Corpodi
S.Francefco, e tutte con inuenzionicapricciofe, e belle . Nella prima è S.Fran-
per L· ttruii^
cefco glormcato in Cielo,con quelle virtù intorno,che a voler eiièr perfetramen- àtl fiudia,
te nella grazia di Dio, fono nchiefte. Da vn lato rvbbidienza mette al collo d'vn chiamai»
Frate, che le ftà inanzi ginocchioni, vn giogo, i legami del quale fono tirati
certe mani al Cielo : & moftrando con vn dito alla bocca, filenzio , hà grocchi a
Giesù Chrifto, che verfa fangue dal coftato. Et in compagnia di quefla virtù fo-
no la prudenzar & rhumilfà, per dimoftrare, che doue è veramente Pvbbidienza
a iempreThumiltà, e la prudenza, che fà bene aerare ogni cofa. Nel fecondo
jentare dei^
è ngolo è la cafticà, k quale,itandoiì in vna fortiiìi ma rocca» non il lafcia vincere »e virt»^
ne da regni,ne da corone, ne da palme, che alcuni le prefentano. A piedi di co-
ftei
è la Mondizia , che laua perfone nude : de la fortezza và conducendo genti a
lauarfi, & mondarfi; Apprefso alla caftirà
è da vn lato la penitenza, chcc&cdiua
Amore a laro, con vna difciplina, e fà fuggire la immondizia. Nel terzo luogo è
la pouertàsla quale va co i piedi fcalzi calpeÌtrando le ipinejhà vn cane che le ab-
baia dietro,^e intorno vn piKto> che le tira faffi >& vn'àltro, che le và accoflando
con vn baftone certi fpim alle gambe. E qaeila poiiertà fi vede eiier qmui fpofa-
ta da SrFrancefco mentre Giesù Chrifto le tiene la mano y effèndo prefemi ytìon
fenza mifterio k Speranza> e la Callità. Nel quarto, vkimo de i detti luoghi è
s^n S. Francefco pur glorificato, veilitocon vnatonicella bianca da Diacono, e
come trionfante in Cielo in mezoavna mokitudine d'Angeli, che incorno gli
fanno·Coro, con vno ftetidardo, nel quale è vna Croce con fette ftelle ^ Et in al-
to έ lo Spiriro Santo. Dentro a ciaicuno di quefti angoli fono alcune parole la- fìtiure^egm
tine, che dichiarano le ftorie.^ Similmente, oltre i detti quattro angoli > fono nel-
ie facciate dalie bande pacare belliffi me, e da eilere veramente tenute in pregio,
sì per la periezzione, che fi vede m loro ^ e sì per edere ftate con ranra diligenza ^^ ^^
lauorate, che fi fono infino a hoggi conferuate freiche; in
quelle ftorie è il ritrae- ^^^^ rJ'
to d'eGo Giotto molto ben fatto, e fopra k porta delia Sagceftia è di mano del
t^ucìJdi^vn
medefimo, py^'^ fi
-efcOj vn S.Francerco,che riceue le ftimmare, canto afFettuoio, 5,. Fmncefco
e dinoto, che a me pare la p'ù eccellente Pirtara,che Giotro facefle in quell'epe- ne* dirupi de-
re, che fono turte veramente belle, e lodeuoli. Finito dunque, che hebbe per vi- Ftrm» fan»
timo il detto S.Francefco fe
ne tornò a Firenze,doue giunco dipmfe, per mandar gran dtU
a Pifa, in vna Tauola vn S.Francefco neH'hornbiie iaflodella Vernia,con ftraor-
dinana diligenza: perche, oltre
a certi paefi> p^eni d'alberi, e di fcog i, che fùcoia T"""
nuoua m que°tempi,fi vede nell'attitudmi d)
S.Francefco,che con molta prortez-
sa
nceue ginocchioni le ftimmate, vn'ardeniiffimo defiderio diricevierle> & ìtifi-

nfitura*
inttentiem
priiciofe,em»
do di rappre*

DUO'

-ocr page 130-

40 PRIMA PARTE

meo amore verfo Giesù Chndo, che in aria) circon Jato di Serafini, elie le conce-

de , con si vau afietti j die meglio non è poiTibii^ immagiaarfi. Nel diibcto pò»
delia raedeiima Tauola ione né itorie della vira del medeiimo molto belle.Que-
iht Tauola ia quale hoggi fi vede in S. FcancefCo di Pifa in vn pilaitro a canto al-
l'aitai· njaggiore > tenuta in molta venefatione , per memoria di tanto huomo, iù
Pi/mi danno cagione, che i Piiani eilendofi finita appunto la labrica di Campo Santo» fecondo
Λ dipingere a jl difegno di Giouaniii di Nicola Piiano> come iì diiie di fopra, diedero a dipigne-
Gfotio
iefac- re a Giotto patte delle facciate di dentro. Accioche, come tanta fabrica era tutta
fuori incroflata di marmi j e d'intagli fatti con grandiffima ipefa , coperto di
Ornamenti di pio^^^bo il tetto, e dentro piene di pilC) e fepokure atitiche ftate de'gentili, e re-
d. Campo, quella Città di vane parti dei mondo ; così fuiie ornata dentro, nelle fac-

ciate di nobiliffi me Pitture. Perciò dunque, andato Giotco a Pifajiece ne! priippw^
-Confideratio- '^'pw d'vna facciata di quel Campo Santo, fei ftorje g^'andi in freico del pacientif-
ne di fimolobbe . E perche giudiciolainence confiderò, che 1 mra'mi da q avella parte

ferUmrarea della fabrica) doue haueua a lauorare, erano volti v.erfo la Marina, e che tutti ef-
frefio dalh feodo ialigni, per gli firocchi, fempre fono humidi, e gettano vna certa falfedme,
parte rii Ma- fj j mattoni di Pifa fanno, per lo più ; e che perciò acciecano, e fi mangiano
rma. j ^ ^ jg pitture : Fece fare perche fi conferuailè quanto poteiie il più l'opera
fua, per tutto doue voleua lauorare in fieico, vn ancciato, ò vero intonaco, ο in-
croitatura, che vogliam dire, con calcina, geilb, e matton pedo mefcolati, così a
propofito, che le pitture, che egli poi fopra vi fece fi fono mfino a quello giorno
conieruare, e meglio ilarebbono le ia flracurataggine di chi ne doueua hauer cu-
ra , non Phaueile iaiciate molto offendere dall'humido : perche il non haueie a_j
Ìnpriet^ del ciò- come fi poteua ageuolmente, proueduto è fiato cagione, che hauendo quel-
gefomt/Mat» ie Pitture patito humido, fi fono guafte in certi luoghi, e l'incarnationifatte ne-
eoa la calci- le ; è l'intonaco fcortecciato, fenza, che la natura del gefio quando ccon la cal-
* -Cina mefcolato, è d'infracidare coi tempo, e corromperi]: onde nafce,che poi per

foiza guafl:a i colori, fe ben pare, che da principio iaccia gran prefà, e buona.So-
^fpre$me ^^^ quefte ftorie, oltre al ritratto di M- Farinata degl'Vberti, molte belle figi>
fenfata 4t ctm ^^ ^ ^ maffìmamente certi Villani, i quali nel portare le dolorofe nuoue a lobbe

femof' ™ piagato, e quali abbandwato da ogn'vnq : E come, che benfatto fia in tutte le
parti, è iiiarauiglioio nell'attitudine, che fà,
cacciando con vna delle mani le mo-
Τφ molto che al lebrofo padrone, e puzzolente, e con l'altra aitto icbifo turandofi il nafo,
ielle, epanm per non fentire il puzzo · Sono fimilmente l'altre figure di quefte fione, e le te-
lavorati mer* i\s cosi de' mafchi, come delle iemine molte belle, & i panni in modo lauorati
t'dameme, morbidamente, che non è marauiglia, ie quell'opera gl'acquiftò in quellg Cit-
tà , e fuori tanta fama > che Papa Benedetto Nono, da Treuifi > mandaik' in To-
ìihma ,ρ oyAcznzvn iuo cortigiano a vedere, che huomo fuilg Giotto, eqnali fofiero i'o-
dtne del Pap„ pere lue, hauendo difegnsto far m S. Pìì^'^^,® alcune Pitture, Il quale cortiga-
dslleqmhtà, no venendo per veder Giotto, ^c > che altri Maefi:ri fuilèro in Fi-

é> opere dt renze Eccellenti nella Pittura, e pel Mulaico, parlò in Siena a molti Maefiri.
Ciotto, Poi hauuto difegni da loro, venne a Firenze : F.t andato \na mattina in bottega_^
di Giotto, che lauoL-aua > gl'efpoie la mente del Papa > & in che modo fi voleua.^
valere delP opera ί ua
de in vicimo gli chieie vn poco di difegno, per mandarlo
a fua Santità. " Giotto, che gatbatiffirao era, preie vn foglio in quello con-^

vn pen-

-ocr page 131-

VITA DI GIOTTO. 41

vn cennello tinto'di rofso, fei-mato il braccio 4 fianco , per iame con^pafsG, e gi^

Trfk ^ vn tondo sì pan d.fefto, e di profilo , che fò a vederlo vna ma-^ ^ T ^

dKsealConfano-: Eccon. .Id.fegno . Colui,
comi beffaro diise, hò io a hauere altro Megno, ch^ quefto ? Afsai, e pur troppo ^
è aue'io , rifppie Giotto : mandatelo infieme con gl'altri,, e vedrete fe faia cono- ^^ V/.

fcLUto. Il Mandato, vedendo non potere alcKO hauere, fipamda luaisaimale
fodvsfatto, dubitando non efsere vccellato » Tuttauia b mandar.do al Papa gì'altii Garèatuta di
dife^ni, i nomi di chi gli haueua fatti ^manciò anco quel di Giotto, racconran-
cicm in jkì-
do ifmodo, che haueua tenuto nelfare il fuo topdo , ienza muouei^ il braccio, e Jtc fam. _

ienLfefte'. Onde ilPapa e molaCordgiani intendenn, conoto

qtianto Giotto auanzafsa d'escellenza tutti gl'altri Pittori «el uio .

uolgataiì poi queftacofa, ne nacque il prouerbio , che ancora e m vip dirn a gì - ^

hucaiini di grofsa pafta ; Τα fei p:ii tondo,chc i'O diGiotto , II qua. proueibio, ^,· o'imo

nei Colo, per lo caio, donde nacq ue, Γι può dir belìo, ma molto pax, per Io iuo (i- p^pa r^^c^

gnificato·, che confifte nell'ambiguo , pi-liandofi tondo in Toicana, oltre alia h- co,uàd. il mc^-

fto, e nella Saqreftia UT^iuora pnncipale ,"che furono da lui con tanta diligeuza,

condotti, che non vici mai a tempera delle iueroam ilpiupuUto laiioco; oiKte. O,.

merito, che -.1 Papa, tenendofi ben feruito faceile dargli per premi© lecentodu- HQiom.
cati d'oro, oltre hauergli fatto Evinti Eiuori ; che ne fa detto per tutta Italia .Fu in
u p^pa lo fè
quefto tempo a Roma moko amico di Giotto, per non tacere coù degna di me- a Ro.

i^oria, che apoartetWa all'Arte. OJetigi d'Agubbio, Eccel ente Miniatore in.^ f
que' tempi, lÌ qualefcondotto, perciò dal Papa .minio moki Lbn per la librena «
di palazzo, che fono in gran parte hoggi confamati dai tempo. E nei mio libro
de' diiegni antichi fono alcune reliquie
di man propria di coftui, che in vero hi
valentehuomo, ie benefù molto miglior Maeftro di lui, Franco Bolognefe mi- ^a,efìirimw·
niatore» che per lo fteHo Papa, e per la fteiTa libreria, ne' medefimi reiTjpi lauorò
„„gto,
aliai cofe eccellentemente m quella maiiiera,come fi può vedere nel detto libro, oierigi i'A^
doue ho di fua mano difegni di pitture,e di minio; e fra eiiì vn'Aquila molro ben
gubhìo mma»
fatta, & vn Leone, ciierompe vn'albero belliirirao. Di quelli due Miniaton ec- tm amico é
celienti fà menzione Dante nell'vndecirao capitolo del purgatorio,doue fi ragio-
na de' vanaglorioii, con quefti verfi.

O^diffid lui, non je' tu Oderìgi

L'honor d'^^obbio-, e V'honor dì quelVarte r M meAi^

eh' aìhmìnaPe è chiamata m Τατφ, fmo^emp.,.

Frate, difs^eglt, più ndon le carte,

Che pennelleggìa Franco Bolognefe, Μίβοήβ^η^

L'honoT è tutto [ηο >

e mio in parte» ore· jj^ da Giotto'

II Papa, hauendo veduto Queile opere, e piacendogli la marnerà di Giotto in- ^

finitamente, ordinò, che facefie intorno intorno a S. Pietro del Tefta-.

fimo di-
in muro
conftruaì» Ali

— ui i, UH ιυιιο 1 oigaiju ji-t'iiic

yna Noilia Donna in muro, la quale, perche non andafie per tsna ? fìi tagliàio ieU.

F a^or-

-ocr page 132-

42, prima ρ a r τ e^

attorno il muro> allacciato eoa craui> e ferfi, e cosi leiiata, eiaiiirata poi, per la
Vece anco > bellezza, doue volle la pietà, &c amore, che porta alle cofe eccellenti dcli'ac-
nam di mtu te Λί. Nicolò Acciainoli, Dottore Fioreatino, il quale di iliicchije d'altre moder-
ne Pitture adornò riccamente quella opera di Giotto. Di mano dei quale anco-
ra ία la nane di mufàico, ch'è fopra le tre porte del portico, nel Cortile di S. Pie-
tro , la quale è veramente miracolofa, e meritamente iodata da tutti i belli inge-
gni 5 perche in ella, oltre ^ difeguo, vi è la diipoiìzione de gl'Apoiloli, che in di-
uerfe maniere trauagliano, per la tempera del mare ? mentre foffiano 1 venti in
vna vela, la quale hà tanto rilieuo, che non farebbe altretanto vna vera ; e pure è
difficile hauere a fare di qiie'pezzi di vetri vna vnions , come quelli, che li vede
mufaiCf, in ne^oianchi, e nell
'ombre di si gran vela, la quale col pennello , quando fi faceiTe
cht»rOi ^g^^i sforzo, a fatica fi pareggiarebbe j fenza che in vn pefcatore, il quale peica
'j'^ff^o^ vn (coglio a lenza, (i conoi'ce nell'attitudine vna pacienza eftrema , propria di

quell'arte; e nel volto la fperanza, e la voglia di pigliare. Sorto quella opera io-
ne tre archetti in frefco, de'quali,
eilendo, per la maggior parte guaili, non dirò
lauoroaum» altro. Le lodi
dunque date vniuerfalmenre da gl'Artefici a queib opera, ie
peraneiiitòii' conuengono. Hauendo poi Giotto nella Minerua, Ghiefa de Frati Pie iicatori,
dipinto in
vna cauolajn CrocifiiTo grande coiorico a tempera, che fù allora mol-
to
Iodato, fe ne tornò, efsendone flato fuori fei anni, alia patr a. Ma eilendo non
molto dopo, creato Papa Clemente quinto, in Perugia, per ciler morto P.ipa_j
cheto và in Benedetto nono, fu forzato Giono andarfene con quel Papa , là doue condufse
pZc"em7' ^^Auignone, per frrui alcune opere; perche andato, fece non fole in^
te V, e Imorh Atiignone, ma in molti altri luoghi di Francia, moke Tauole, e Pitture a fl'efco
molte opere a belliffime, le quali piacqiicro infinitamente ai Pontefice, Ìc a tutta là Coree. La
frefto, che gli onde ipedito, che fù, loHcenz ò am M euolmenre, e con molti doni. Onde fe ne
rtfero fama, tornò a cafa non meno ricco , che honoraro, e famoio ; & ira l'altre cofc recò il
^ vtiluà^ ritratto di quel Papa, il quale diede poi a Taddeo Gaddi fuo difcepolo. L· quC"
fta tornata di Giotco in Firenze
l'anno 12,16. Ma "on pe; ò gli fù conceduto
Giotto andò * fermarfi molto in Firenze, perche condotto a Padoa, per opera de' Signori della
diptagereaF» Scala, dipinie nel Santo, Chiefailata fabncaca in que'tempi, viia Capella beliif-
'iomjaVero j^j ^ Veiona, doue a iMelier Oane fece nel iào pilazzo alcune Pit-

na,^ Ferra- ^ pai-c;colarmente iiritratto di quel Signore , e ne'Frati di Sun Franccico

^ £, ^ ..________ ,, ________Γ ·,.... Γ- r

^itormt in Fi»
renia

lu-α.ι..^ Agoilino alcunecoie , tue ancor noggi vi
Λ DamTaZ nendo a gl'orecchi di Dante,poeta Fiorentino, .che Giotto era in Ferrara , operò
dò Λ lauomre tiwniera, che Io condufie a Rauenna, doue egii ù ftaua in eiìlio: e gli fecc_;>
«Rauenna, fare in San Fiancefco per i Signori da Polenta alcune ftorie in frefco iiKorno alla
Chiefa, che fono ragioneiioli. Andato poi da Rar.enna a Vrbino, f.ncorqui-
Leuorò aure ui laiiorò alcune cofe. Poi occorrendogli paflar per Aiezzo, nonpoterr^_i
t» Vrbino, ^ non compiacere Piero Saccone , che molto l'iiauea carezz.ìEo : onde gli iecc^
in vn pilaftro della Capella maggiora ^^^ Vefcouado, in irefco vn San Marci-
no , che tagliatoiì il mantello nel mezo, ne
vna parte a vn pouero , che gii ò
iuanzi quaii tutto ignudo. Hau^ndo poi fatto nella Badia di Santa Fiore , in Ic-

gf-o vn Crocifiilo gì -..nde a tempera, che è hoggi nei mezo di quella Chiefa fe ne
_ , ritornò finalmenr e in
Firenze , doue fra l'altre coie , che furono molte , fece nei
Merfi ÌHmr. ^ Monaitenó delie Donne di Faenza alcune Pitture, & in frefco, & a tempera.^.
tempra, fono m eilere? per efser rouinato quel Monailerio. Similmente

' l'aaao

faico contnbl
to difegao , e
d!j}ofiùons di
uiitrs.

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ν I τ A D I GIOTTO. 43

l'anno 1512. elTcri.io i'anr.o inanzi >con ino molto diipiacere mofro Dante ft:o 2>iphfe m
am'Ciff.mo , andò a Lucca , & a ncbiefta di Caftruccio Sig. allora di cuella Città »
fua patria, fece vna Tauola in S.J/^artino, drenvoui vn Chiiftoin aria, e quattro A^®® y f"^
Sancì Protettori di quelJa Citràjcioc S.Piero, S.Rcgolo, S.Maitiro^e S.Paulino, ^Sl
i quali moftrano di raccomandare vn Papa, fk vn'Imperatore , i qnab, fcccrdoy
che per moki fi crede, fono Federigo Bauaro, e Nicola quirto Antipapa, Cre-.
dono parimente alcuni, chc Giotto dilegnafle a S.Fridiano nella medcfima Città
di Lucca il Cartello, e Fortezza della Giufta, cbe e inelpugnabile. Dopo, eisen- J« ηφίεβσ
do Giotto ritoi nato in Firenze , Ruberto di Nr.poli vlcrilse a Carlo di Ca- Rè iii Νλ»
laurfa fuo primo genico , il quale fi trouaua in Hrenze j che per ogni modo gli P"^*^» é endò-
inandafse Giotto a Napoli » percioche , hauendo finiiodi fabricare S. Chiara.^
Monafteno di Donne, de Chiefa Reale, voleua che da lui fufse di nobile Pittura
adornata. Giotto adunque fenrendoiì da vn tanto lodato,e famofo chiamare»
andò più che vo!onri?ri a feruirlo , e giunto d^pinfe in alcune Capelle del detta
Monaften ο molte rtoric del vecchio Xefiamentc, e nuouo. Β le ftorie dell'Ape*
caliise, che fece in vna di dette Capelje, fuiono, per quanto fi dice inuenzione di
Dante , come per auuent«ira furono anco quelle tanto lodate d'Affiiì ,>delle quali
fi
è di fopra a baftanza duellato. E fe ben Dante in quefto tempo era morto, po-
teuano hauerne hauuto, come fpelio auuiene fra gl'amici, ragOnamento. x, £0»efy} t^

HI tornare a Napol, fece Giotto nel Caftello delì'Vouo molte opere ,e partico- ΟφΙΙ» d,U'
ai-mente la Capella, che mo!to piacque a quel ,del quale fii tanto amato,che:
Giotto molte voire, lauovandò Γι trono efsere trattenuto da efso Rc»che fi piglia-
«
a piacere di vederlo lauorarc,e dVdire r fuoi ragionamenti. E Giotto, che haue- ciottiprmto
ua fempre qualche motto alle mani, e qualche nfpoiia arguta m prontolo trat- ^^^^
teneuacon a mano dip^gnendo, e con ragionamenti pjsceuoli moteggiando»*»,®,^»,^
Onde dicendoli vn giorno i! , che voleua farlo il primo huomo di Napoli :ri- dipingert, e
ipofe Giotto..E perciò fono io alloggiato a porta Resle, per effer ilprimo di Na- «» pì»ceHOi
poli. Vn'altravoìtaydicendoghil , GiottofeiofuiTi àite ,hora,chefacaIdo,

tralailàrei vn poco il dipignere, rifpof:", io certo s^o fuffi voi. Effendo dùn-
que al Rè molto grato , gli fece in vna fala, che il Rè Alfonfo primo rouino , per
fare il Cailel'o& così nell'Incoronata , buon numero di Pitture, e fra
1 altr?^.
della detta iala vi erano i ritratti di nioiti huomini famofi, e fra effì quello di effb
Giottoral quale, hauendo vn giorno per capricciochieilo il Rè, che gli dipignef'
Smhh àet
fe il fuo Reame, Giotto, fecondb,che fi dice,- gli dipinfe vn'Afino imbaftato,che ^eame d^K^
teneua a piedi vn' altro bafto nuouo, e fiutandolo facea iembiante di dilrderarlor
^ in si^i l'vno, e l'altro bailo nuouo era la corona Reale, e lo fcettro podefta : on-
dile diman-iat
Giotto dal Rè, quello che cotale Pittura fignificaffe: rifpofe i cali
tuddui fuoj j.^jg il i^egno, nerquale ogni giorno nuouo Signore fi dlfide-

ra. Partito G octoda Napoli, per andare a Roma, fi fermo a Gaeta, doue ch tu
forza nella Nunziata far diP ttura alcune (Ione del Te(lamenro> n^ouo, h^ggi
guafte dal non però in modo, che non vi fi vepa bemffimò ùmm·^

tod eilo Giotto ap j7^/y„CrocifiiTo erande molto bello. Finirà· queftaope-
p, r on poten io ci^ nesare'al
Signor Malafe(la,prima fi trattenne per ieruigio dr
lu.a1cunig.orniinaoL,edipoiien'andòaRimini,denaqualG^^^^^^ _

to Malatefta Signore, eli nella Chieia di San Fràncefco fece moirìfce· Fitmv Mnnlimm,
re : le quali poi da Gifmoncio fioliaolo di Pandolfo Malatefti, che rifece tuttalaL^
detta Chiefa di nuouofuron,^ gettare per terra, e rouinate. Fece ancora nd
chioftro di iÌ€i:tp' luogo,^^aa'incòntfo della facciata della Chiefa in frefco l'Hi-

F a ftoria

Ztumre
Guuoi,

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44 Ρ Κ I Μ A ί A R Τ Ε '

Μ'φοϊία tauo^ ftoria déllà Beata Michelina > che fu vna delle più belle, & eccellente cofe » che
rat^ a frefio Giotto facefse giainai» per le molte» e belle confiderazionijche egli hebbe nel la-
ion molte uofaiie: perchcjoltre alla bellezza de'panni, e lagrazia»e viuezza delle tefte,-he
fono itìiracoloie» vi è quanto può donna effer bella > vna giouane, la qual, per li-
tmmgrxt'm' dalla calunnia aeirAdiikerio, giura fopra vn libro in atto ilupendiiTimo
e viueizadeì tenendo fiffi gl'occhi faoi in quelli del Marito, che giurare la facea,per diffiden-
ze
efprjf 'za d'vn figliuolo nero partorito da lei>il quale in nediin modo poteua acconciariì
a credere, che fufse fuo. Coftei, sì come il marito moftra lo fdegno, e kdiffi-
^mmimnti. dénza nel vifo: fà conoicere con la pierà della fronte, e de gl'occhi a coloro, che
intentiffimat-nente la contemplano, laInnocenzia, efimpliCLtàfua, &iltorto,
che fe le fà, facendola giurare, e publicandola a torto per meretrice. Medeilma-
mente grandiitìmo aiìetto fù quello , ch'egli efprefse in vno infermo di ceite_j>
piaghe: perche tutte le femine^che gli fono mtoino, ofiefe dal puzzo^fanno certi
ilòrciméti fthifiji
più graziati del modo j Ìcortipw che in vn'a:tro quadro fi veg-

.. fargli, ienza ctie no:i u puu uuc, cae nano, come primi,
li. Ma fopra turcé l'altre cole, che iono in que(la opera,è marauigliofiiTimo Tat-
tfpf'ègpae di te, che fà la fopràderta Beata, verio certi vfurai, che le sborfano i danari della_rf
mttHdim. vcnìitadeHefuepoiTeffioni, perdarghapouerii perche in lei fidimoftra il di-
, l^i^^gjo de'danari, e dell'ali re cofe terrene, le quali pare, che le patino, & iil^g
, . quelli il ritratto ftedo dell'anarizia , ingordigia tiuinana. Parimente la figura
d'vno , che annouerandole i danari, pare, che accenni al Notaio, che icriua, è
taolro bella, confiderato, che ie bene hà gl'occhi al Notaio, tenendo nondimeno
- le mani fopra i danari, fà cono'cere Tafiezzione , l'auarizia fua, e la d ffidenza.
Mafrìtra de' Similmente le tre figure, che in aria i^oftengono l'habito di S.Francefco, figurate
fUnni con per ì'vbbidienza, pacienzn, e pouerrà, fono degne d'jnfinita lode, per eiTere maf-
turaiy dnda fimamente nella maniera de'panni vn naturale andar di pieghéjche fà conofcerei
mento dt pie- che Giotto nacque, per dar luce alla Pittura. Ritraile, oltre crò, tanto naturale il
ff'· Sig.Malatefta iii vna Nane di quella opera-,· che pa'·'^ viuifiimo : Et alcuni M^tri-

rW "il" ^^ genti, nella prontezza, nell' afietto, e nell' attitudini, e particolar-
^ZldlfUrt figura, che parlando con alcuni, e mettendofi vna mano al vifo, fptita

pitone di JÌZ in mare, fàconofcere re. cellenza di Giotto. E certamente ira tutte le cofe di

iMnque /%«ί·Ι Pittura fatte da quefto Maeil ro, quella fi può dire, che fia vna delle raigiiori,per-

fon.ndole (m che non è figura in sì gran numero, che non habbia in fe grandiffimo artificio, e

eaprice'oj^ che non fia polla con capricciofa attitudine · E però non è raarauiglia, fe ηοιι_Λ

itm, ^ mancò il Sig. Malatella di premiarlo ι-nagnifi'^a'T^'''i''te, e lodarlo. Finiti i lauori

ÌMUok

^perJÌdiuTrfs pariito, tornò a Ravenna, & in S.Grouanni Euafigel i(_______

iuo^hi' vna Capella a frefto lodata molto. poi tornato a Firenze con grandiffi-

mo honore, e con buone facultà ^· Marcò a tempera vn Crocifiiloin le-

gno , maggiore che il Naturale, e Ìn Campo d'Oro ; Il quale fu ηαείίο a man de-
Ht(h cm» Chiefa, & vn'altro fimile ne fece ui S. Ilaria Nouella, in fu! quale Puccio
nufmtriRio. Capanna fuo cseato lauorò in fna compagnia : equeft'è ancor hoggi fopra la_^
porta maggiore nell'entrare in Chiefa a man delira fopra la fepoìtura de' Gaddi.
'B nella-nTedefitTiaCfaiefafeee ^^P^'a JJ tramezo vnS.lo4ou coaPaolodi Lotto

AAliiighelli? & a pièdi il tìtracto4iUm, e delia CToglie;iiinaturale.

L'au"

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VITA D I G ί Ο Τ Τ O. 4 5

L'anno poi 13 emendo Guido Tarlati da Pietramala > Vefcouo , e Signoi; di

Arezzo,morcoaMaiIad,Maremmaneltomaredaiucca, doueeraftatoa .fi- O^^ m

fare Flmperadore j poi che fù portaco in Arezzo U fuo ^^ ^liZ

rhonoranza del mortono honoratiffima, deliberarono Pf ° ' ^ Giulio Tm^

daPieaWafrateUodel Ve{couo,cheghfo(Tefattovn fepolcrodumrm^ ^^^^^^^

gno della grandezza di tanro huomo ' "Ι"' che Κ πί 'ί

caoo di narrp Γίι,ΚρΙίίη^ m Tofcana. Perche , Icntto a Giotro> cne taceise il Di- àt tgns ét

dP^otaiSr^^^^^^ v-to p,« r, polene honcra.a, e „>a„d«o. '

glile miiure, lo pregarono appreiso /che metcefse loro per le mani vn Scuicore
il più Eccellente, fecondo il parer fuo, diqnanti ne erano in Itaha ' perche fi n-
i-necteuano di rutto al giudicio di lai. Giotto, che cortefe era, fece il Dilepo, e
lo mandò loro, e fecondo quello,come al Tuo luogo fi d irà,iu fatta la detta lepol-
tura. E perche il detto Piero Saccone amau^ infinitamente la virtù di quelto

huomo,hauendoprefo non molto dopo, che hebbehauuto il detto Difegiio, li

Borgo a S. Sepolcro ; di conduile in Arezzo vna Tauola di man di Giotto di fi- Othgenl*
gure piccioiefche poi fe n'è ita in pezzi. Et Baccio Gondi, gennrhuomo Fu'en- ξ^'^ί
imo, amatore di qÌeftenobih Arti ,
e di tutte le virtù, efsendo Commifsano di
Arezzo ricercò con gran diligenza i pezzi di quelk Tanoia, e trouatone alcuni, ^ .
gli condufse a Firenze, doue gii tiene in gran venerazione, infieme con alcune ^
altre cofe, che hà di mano del niedefimo Giotto ; II quale lauoro tante cofe, che
i-accontandole ·, non fi crederebbe . Et non fono molti anni, che trouandomi io UuoYi, «
ali'Keremo di Camaldoli, done hò molte cofe iauorato a que'Reu, Padri, vidi in ηημύ ut βίζ
vna cella: e vi era fiato portato dal Molto Reu. D.Antonio da Piia, allora Uene-
fale della Congregarlone di Camaldoli, vn Crocififso picciolo in Campo d Oro,
€ col nome di Giotto di fua mano, molto belló: Il quale Crocifilso ii t iene hoggi»
iecondo che mi dice il Reu. Don Siluano Razzi,Monaco Camaldolenfe nel Mo-
nafteno, de gl
'Angeli di Firenze , nella cella dei maggiore, come cofa raniiìraai
perefiere di mano di Giotto» & in compagnia d'vn belliffìmo quadretto
di ma-
no di Raffaello da Vrbino.

Dipuife Giotto a' Frati Hmniliati dOgni Santi di Firenze vnaCapelk,e quat-
tro Tauole, fra l'altre, in vna la Noflra Donna con molti Angeli intorno, e col
figliuolo in braccio. Et vn Crocififio grande in legno ; dal quale Puccio Capan-
na pigliando il Difegno ne iauorò poi molti per tutta Italia, hauendo molto
prattica la maniera di Giotto. Nel tramezo di detta Chiefa era quando quello
libro delle Vite de'Pittori, Scultori, & Architetti fi ftampò la prima volta, vna_j> - j·
T auolina a tempera ilata Dipinta da Giotto con infinita
diligenza,dentro la qua-
ie era la morte di Noftra Donna con gPApofloli intorno, con vn Chufto , che J'^/"
i" braccio ranima di lei riceueua. Qiiefia opera da gl'Artefici Pittori era molto
lodata e patticolarmente da Michel Buonaron, il
quale afiermaua come fi d fse r ^^

a.tra voka la piopnetà di queib hiftoria Dipinta, non potere efsere pai fimile al
vero di quello. ^ ^ 1------ .—
ì^j - J

Campanile di

tenìnivnrp'nmU aiibcmioiuu ru^»·»'^ vcianicie m in que 5·. Marta del

^IVaII Τ a l hauefse tanta vaghezza nei Dipignere, confi le^ Fiere ordina-

ranco ualLmamente, che egli imparò Parte m vn certo-modo fenza M iefiro. » da Gwm,

ς fi?'! '^anol'anno.r354'adÌ9. diLughoalCampaniledi

5., Maiu del Fiore : Il fondamento del quak fa eflendo ibto cauato venti brac-,

eia a

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gz. PRIMA PARTE

eia a dentro» vna platea di piene forti, in quella parte » donde fi era cauata acqua,
e ghiaia. Sopra la quale piatea, fatto poi vn buon getto, che venne alto
dodici
braccia dal primo fondamento j, fece fare il rimanente > cioè l'altre otto braccia c'i
muro a mano . E a quefto principio » e fondamento interuenne l'Arciuefcouo
della Cittàj Π quale prefenteruttò il Clero,e tutti i Magiftrati,mi(e folennemen-
te la prima pietra. Continuandoiì poi quefta opera col detto modello , che iù di
quel a maniera Tedefca, che in quel tempo s'vfaua, difegnò Giotto tutte le fto-
rie, che andauano nell'ornamento i e icomparti da colori bianchi, neri, e roffì il
modello in; tutti que'luoghi, doue haueuano a and ire le pietre , & i fregi, con_,i
MìTùre dil' moka;diligenza. Fù il circuito da bailo in giro largo braccia cento cioè braccia
Campanile* venticinque per ciafcuna faccia. E l'altezza braccia cento quaranta quattro. E
fe
è vero, che tengo per veriiiìmo, quello,chelarciòfcrirto Lorenzo di Cione^
Ciem lauùtìì Ghiberti, fece Giotto,non folo il Modello di queilo Càpanile, ma di Scultura an-
modelli. cora,e di rilieuo,parte di quelle ftorie di marmo,doueion i principi) di tutte Tarti.

E Lorenzo detto alierma hauer veduco Modelli di rilieuo di man di Giotto,e par-

-----____IIJ j;____CL____^.-^.liì niiiilrnA .,,,λ .... J_________7 - ^ _/τΛ

---- . I Γ - I -----------------^hauerepe............

dre dt /««e tofopraquelxo. Che il vede vna punta, c vero piramide quadra alta braccia cin-
rarti. quanta, ma per edere cofa Tedefca, e di maniera vecchia, gl'Architettori mo-
derni non hanno mai (e non coniìgliato, che non Π ficcia, parendo che ftia me-
cUm· fatto glio cosi, per le quali tutte cofe fù Giotto, non pure fatto Cittadino, Fiorentino,
Cittadino , β ma prouifionato di cento fiorini d'oro l'anno dal comune di Firenze, che era iii_j
froutgiom/o que^empi gran cofa, e fatto Proueditore (opra queiìa opera, che fìì reguitara__ii
, dopo lui da Taddeo Gaddi, non eilendo egli tanto viuuco, che la potefse vedere
munitàM Ph finita. Hora,.mentre, che quell'opera fi andauatirando inanzi, fece alle Mona^
che di San Giorgio vna Tauola , e nella Badia
di Firenze j in vn arco (opra la por-
' tadi dentro la Chiefa tre meze figure, hoggi
coperte di bianco , per ilìnminare
laChiefa . E nella iakgrandedel PodeftàdiFrenzc dipinfe il comune rubbato
da moltivdoue in forma di Giud ce con lo feettro in mano lo figurò a federe,
fopra la teda gli poie le bi'ancie pari perle ragioni miniftrace da efso, aiu--
Immtionr^^^'^'^^ quattro virtù, che fono la
Fortezza con l'animo , la Prudenza con le leg-
Diptntj» tro' girla Giuilitia con l'armi, e la Temperanza con le piirole: Pitturabella,& muen-
pria,/3» veri· zione propria, e ventìmile. Appi·"'fso andato di nuouo a Padoavokre a molt?_j·
i$miÌt, altre cofe re Capelle, che egU vi dipinfe fece nel luogo^ dell' Arena vna Gloria-
mondana , che g.'arrecò molto honore, & ν le. Lauoiò anco in Milano alcune
cofev'-rhe foaofparfe per quella Città, e che infino a hoggi fono tenute belHffi-
^f" ine.' Finalmente tornato dà Milanovnon pafsò molto, che hauendo in vita fatto

tante, e tanto beirópere, & eiiendofiato non meno buon Ghrifliano, che eccel-
lènte Pittore ,
rendè l'anima a Dio l'anno 13 5 '^· con molto difpiacere di tatti i
fuoi Cittadini, anzi di
tutti coloro, che non pure l'haueano conofciuto, ma vdifo
nominare: e fu fepéllito, sì còme le fue virtu'meritauano, honoramente,
ellendo

eìotfbfiimttè'

^antf t •' co bònorato dal Petrarca egli, e l'opere lue, intanto, che "fi legge l___________

f^am, tò fuo> che egli lafcia al Signor Francefco da Chàrrara Signordi Padoa, fra i'àl-
tre còfeda lui tenute in fomma venerazione vn quadro di man di Gwtto, dren-
toui vna Noftra Pónna j«<)iaie cofa rara è ftata· a lui giratiffimà. E le parole di·

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VITA Di GIOTTO. 47

quel capitolo de! Teftam ente dicono cosi. Tranfeo ad difpofttionem aliarum re-
rum, pTcediSto igitur domino meo Taduano, quia & ipf^ P^^ I^eìgratiam non egeh
& ego nihii diud habeo digmm tfe ,mitio Tabidam meam fme hifloriam B. Fir*
gints MariA-, opcns ΙοξΙϊ 'Picloris cgregij qus mihi ab amico meo Micbaele Fannii
de Fiorentia ΐηίβα eji in cuius pulchriwdinem ignormtes non intelligunt Magiflri
autem anis jtupent, Hanc iconam ipfi domino lego, vt ipfa virgo benedica {ibifii
propina apud fiUum fuum lefim Chnftum,

Εε il medefimo Petrarca in vna epUìola latina nei 5. libro delie tamigliari,ìdice
quelle parole,
^dtque (yt à veteribus ad noua 5 ab externis ad nojira tranfgrediar)
duos ego nouipidoresegregios, nec formofos lottmn Fiorentmum ciuem-. Cuius in- ciotto feboUe
termodernosfdmaingen,efl,&SÌ7nonemSenen[em.\l<lomScultQresdiquQty&C' in s.
Μλπλ
Fù iotcerraco in S.Maria del Fiore dalla banda finiftra, entrando mChiefa » doue del Fim^:
è
vn marron di marmo bianco, per memoria di tanto huomo . E come Γι diile
nella vita di Cimabue vn coramenrator di Dante 5 che fu nel tempo, che Giotto
vkieua, diiìe: fu > ed è Giotto tra i Pittori il più fonimo della medefima Città di
Firenze, e le fue opere il relliinoniano a Roma, a Napoli, a Vignone , a Firenze,
Padoa,& in molte altre parti del mondo.

^ Li difcepoli Tuoi furono Taddeo Caddi, flato tenuto da lui a Battefimo j come χ,/λ^μ//^;·
s'è detto, e Puccio Capanna Fiorentino) che in Rimini nella Chiefa di S. Cataldo Qioag^ ^ Iq^ì
de'Frati Predicatori dipinfe perfettamente in frefco vn voto d'vna Naue> che pa- g^ere^
re) che alloghi nel mare, con huomini, che gettano robbe nell'acqua, de' quali è
vno efso Puccio ritratto di naturale, frà vn buon numero di Mannari. Dipinfe il
raedeiimo in AiTiii nella Chiefa di S.Francefco molte opere doppo Ja morte di
Giotto, & in Firenze neila Chiefa di S. Trinità fece allato alla porta del fianco
vedo il fiume, la Capei a degli Strozzi, doue è in fcefco la coronation^ della Ma-
donna con vn Coro d'Angeli, che tirano aisal alla maniera di Giotto, e dalle ban-
de fono ftorie di S. Lucia molto ben lauorate. Nella Badia di Firenze dipinfe la
Capella di S. Giouanni Euageliila della famiglia de' Couoni allato alla Sagreilia.
Et in Pillola fece a freico Fa Capella maggiore della Chiefa di S. Francefco, e la
Capella di S. Lodouico eoa ftorie loro, che fono ragioneuoli. Nel mezo della
Chiefa di S. Domenico della nìe.ìe.ìma Città è vn Crocifìfso, vna Madonna, &
vn S. Giouanni con molta dolcezza lauorati, £■<. a piedi vn'ofsatura di marmo in-
tera, nella quale (eh e ni cofa inufìrata in que" tempi) moilfò Puccio hauer tenta-
to d; vedere i fon Jauienti dell'arte · In quella opera fi legge il fuo nome fatto da
Imdeiso in quello modo, Puccio di FIORENZA
ME FECE. E di Tua mano pratica refo*
iincora di detta Chiefa, fopra la porta di S. Maria Nuoua, nell'Arco tre meze fi- dt Pue-
S^re, |λ Noilra Donna col figliuolo in braccio, e S. Pietro da vna banda, e dall - « lauorau
altra S\ Francefco. Dipmfe ancora nella già detta Città d'Afflfi nella Chiefa di
in frefco .
ìo jo
xFrancefco alcune llone della pafllone di Giesù Chdfèo in frefco con bue- Pncm helH
na pratnca, e molto L-if:^]ura , e nella Capella della Chiefa di S. Maria degl'Angela Ιλ foàtjftm»
Iriuorara a frefco vnCbnfto in gloria con la Vergine, che lo priega pel popolo maniera dt
Chnihano, a qualeo-^era,che'èaliaibuona.è tuttaaiFumicatadalk'lampade,e η

m

dalla cera, che m gra„' cop^a vi arde continuamente : E di vero pe-: quello, che fi ^ZÌUTiIh^
può giudicare hauendo Puccio la maniera, e tutto il modo di fare di Giotto' fuo ^
maeiliO, egli le ne ieppe fermre afiai neiropere, che fece, ancor
che, come vo- /^/orare in
ghono alcuni egli non viueile molto, eflendofi infermato, e morto per troppo la- 'frejco.
uorarc in frcico. E di f ua mano per quello, che fi Conofce nella medeiìma Chic- Lmon Ainer^
fa > la Capella di S. Martino, e le ftorie di quel Santo > lauoiate in ftefco per lo

Cat^

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gz. PRIMA PARTE

Cardinal Gentile. Vedeiì. ancora a meza la ftrada nominata poitica > vn Chrifto
alla Colonna, & in quadro la Noftra Donna, e S. Caterina, e S. Chiara» che
mettono in mezo, fono iparte in molti altri luoghi opere di coiliii) come in Bor-
gna vna Tauolanel tramezo della Chiefa, con la paffione di Chriiloj e
(loxie di S.
Francefco & in fomma,altre, che iì lafciano per bieuità. Dirò bene, che in Af-
fiiì, doue fono il più dell'opere fiie, e doue mi pare, che egli aiutaile a Giotto a di-
p'gnere, hò trouato, che Io tengono per loro Cittadino, e che ancora hoggi iono
in quella Città alcuni della famiglia de' Capanni. Onde facilmente fi può crede-
re, che nafceile in Firenze» hauendolo fcritto egli, e che fuiiè difcepolo di Giotto;
ma che poi togliefle moglie in Affifi , che quiui haueile figliuoli, e hora vi fiano
deicendenti. Ma perche ciò iapere apunto, non importa più, che tanto baila,
f he egli fù buon maeftro»

Fiì fimilraéte difcepolo di Giotto,e molto pratico dipintore Ottauiano da Faé-
sa, che in S..Giorgio di Ferrara, luogo de' Monaci di Monte Oliueto dipinfe_^
moke cofe : ά: in Faenza, doue egh ville, e morì, dipmfe nell'arco iopra la porta
dj S^ Francefco vna Noftra Donna, e S. Pietro, ε S. Paolo , e molte altre cofe in ·
detta fua Patria, ά in Bologna..

anche difcepolo di Giotto Pace da Faenza, che ftete feco ailài, e l'aiutò in
molte cofe;& in Bologna fono di fua mano nella facciata di fuori di S.Gio.DecoI-
lato, alcune ftorje in freico. Fù queilo Pace valent'huonio, ma parricolarmente
in
fare figure jpicciole , come fi può icfìno a hoggi veder nella Chiefa di S. Fran-
cefco di Forlì in vn'albcro di Croce, & in vna tauoietta a tempera, doue è la vita
di Chrifto, e quattro ilonette della vita di Ne/ha Donna, che tutti fcno molto
ben lauorate. Dicefì,che coftui lauorò in Afilfi in frefco nellacapella di S. An-
tonio, alcune hiiiorie della vita di quel Santo, per vn Duca di Spokn', eh e fotte-
rato in quel luogo con vn (Uo figliuolo, eilendo fiati morti in ccrrj fobborghi d'-
Affili , combattendo, fecondo , che fi vede in
vna lunga inicnttione, che c nella
cafia
del detto fepolcro. "Nel vecchio libro della Cooipagnia de' Dipintori fi tro-
iia eisere flato difcepolo del medefimo vn Francefco *detto di A^aenro Giotto»
«del quale non sò altro ragionare.

Guglielmo da Forlì,fu anch'egli difcepolo di Giotto,& oltre a molte altre ope-
re, fece in S. Domenicodi Forlì fua patria,la cnpella dell'aitar maggiore. Furono ^
ancodifcepoh di GiottojPietro Laureati, Simon Memi Sanefi j^tefanoFiorenti-
no »,e Pietro
Cauallini.Romano, ma perche di tura cjuefti fi ragiona nella vita di.
ciafcun.di loro, bafliin quello luogo hauer detto, che furono diicepoli di Giorto»,
ilquaie difegnò molto bene nei fuo tempo, e di quella maniera, come ne fanno
fede moire carte pecore difegnace di fua mano di acquerello, e profilate di pennaj-
edi chiaro, e.fcuro, e lumeggiatedi biancojle quali fono nel noftro libro de'dife-
gni,e fono a petto a quegh
de'maeftri fl^^^' manzi a lui, veraméte vna marauiglia.·

Fù, come.fi è detto, Giotto ingegnoso, e piaceiiole molto,e ne' motti arguciiTi-
- mo, de'quali n'è anco
viua memoria in quella Città : perche oltre a quello schc
ne
RriiTè M. Giouanni Boccaccio, Franco Sacchetti nelle fue trecento Nouellc
ncracconta molti
e belliiltmi . De'quali non mi parrà fatica fcriuerne alcuni con^
le proprie parole apunto di eiio Franco, accioche con la narratione della nouel-
lafi vegghino anco alcuni modi di fauellare, € locutioni di que' tempi. Dice dun-
que
xn vna permettere la rubrica-,, A Giotto gran dipintore èdaro vnpaluefea
ilipignere da vn'huomo di picciol affare.. Egli facendofbie fcherno, lo dipigne
periortna,
che.colui niOanecoiifuio. Noueila..

Ciaicuno

I.Auori dlmrft
ièiHifio,

fjttmìam da

di/ce'·
felo di Giotto,

Parimente
Jate da Faem
qii xle la-
uorò bem in
fifiii/o.

GugUisÌm da'
W orli,Inaliti
/eolari di
Giotto.

G oùo fàema

i difegni con
profili di, pen-
na per rscfhi
d ' acijutrello
ÌHmeggtati di
Manco.

ingtgnefoi,
Ì'tieemlei ar<

gHto.

'Attiene di

Giotto riferita ,
irà le nocelle

ii l'àtc SaC'
ertili*·

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ν I ΤΑ DI G I Ο Τ Τ α 49

Ciaicuno può hauere già vdito , chi fu Giotto , e quanto fò gran dipintore io-

praogn'alcro. Sentendo la fama iua vn groilolano, eliauendo biibgnoforfè, per

lodare in caftellaneria, di far dipignere vn fuo paluefe, fubuo n'andò alla bottega
di Giotto, hauendo chi giiportaua ilpahiefe daeco^ e giunto douetrouò Giotto,
difse. Dio ti faluimaefio, io voireb che rai dxpigneffi l'arme mia ùvqueftopak ^mtofacm^
uefe. Giottoy confiderando,
e fh aomo, modo, non difse altro, fé non, q«an-
do il vnò tu ? e quel glielo diisei difse Giotto, lafcia far a me , e partiffi -, e Giotto,
«fscRdo rimaio
^penfa irà fe medefimo, che vuol dir quello, iarebbemi ftato ma-
datocoifui perifclierno? fiache vuole, niainon mini recato paluefe a dipigne-
re, e coifui, che'! reca, è vn'homicciarto femp]ice,e dice, cli'iogli faCSi l'arme faa,
come, fe fofle de'Reali di Francia^ per certo iogli debbo fare vna nuoua Arme
5 e
cosìpenfandofràferaedefimofirecòinanziildettopalueie,
t difegnatoquello
gli.parea > diilè a vn fuodiicepolo delie fine alla dipintura, e cosi fece
. La quale
xlipinrura fu vna ceruelliera :, vna gorgiera ? vn paio di bracciali vn paio di guanti
di ferro, vn paio di corazze, vn paio di cofciali s e gamberuoli, vna fpada, vn col-
tello , & vna lancia. Giunto il
valente huomo, che non fapea, dif fi fuiTe, faiiì Jcciafr^i^
inanzi, e dice:, MaeUro è dipinto quel paiuefe , dille Giotto, si bene, và recalo ^igf^a
con và
gm. Venuto il paluefe, e quelgentilhuomo per procuratore il comincia a guar- coutsdinu
dare, e dice a Giortovò che imbratto e qaefto,che tu m'hai dipinto? Diile Giotto,
e ti parrà ben imbratto al pagare , difle quelli io non ne pacherei quattro danari j
dille Giotto, e che midiceftu, ch'io dipignelTì, e
quelrifpofe, l'arme mia, diilt_j»
Giotto non è ella qui, mancacene niuna, diftfe coftui, ben'iftà, diiTe Giotto, anzi
ità maÌe,cheDjo ti dia,e dei eifere
vna gran b€ftia,clie chiti diceile,chi fe tu, ap-
pena lo iapreili dire ; e giugni qui, e
di, dipignimi Parme mia : ie tu fuiTi flato de*
£ardi, farebbe bailo, che arme porci tu/ di qua' Ìe'tùi chi
furono grantichi tuoi.
Deh,die non ci vergogni, comincia prima a venire al mondo,che tu ragioni d'ar-
ma ,come ftufuiTi ΠηΓηαη di Bauiera. Io t?hò fattotutta armadura fui tuo palue-
fe ,t fe ce n'è più alcuna, dillo, & io la farò dipignere , Dille quello, tu mi dì vilk-
nia, e m'hai guado vn paluefe , e parteiì, & vaiTene alia Grafcia, e
ricTuedec
Giotto ·, Giotto coroparÉ,, e fà richieder lui^ addomandando fiorinidue della di-
pintura , e quellodomandaua a lui : Vdite le
ragionigl'Vffiaali, cTie molto me-
glio le diceua Gio. Jo, giudicarono, che colui iì toglicffe il paluefe fuocosi dipm-
Σ0, e delle lire iei a Giotto, peroch'egl'hauea ragione. Onde conuenne togliefle
il paluefe, e pagafle, e fùproicioko così coftui, non mifurandofi, fu mifurato. m»

Dicefi, che ftando Gioito, ancorgiouinettocon Cim£à)ue, dipinfe vna volta ^tnoicufopraul
iti fui nafod'vna figura, ch'efÌo Cimabue hauea fatta, vnamofca
tanto naturale, κφΛ'νπΛ fi*
f he tornando il maeftro per feguitare il lauoro fi rimife più dVna volta a cacciar- s^r^p^s.

laconanano,penfandocLfuflevera,prima,ches'accorgefseJell'errore.Pm ηγ d m^,.

molte altre birle fatte da Giotto, e moìte argute rifpofte x^acconrare, ma voglio, /ira.

die que-ae , le fo^o di cofe pertinenti aì&rte , mi baili hauere detto in-que- .

fio luogo . Riniertendo rello al detto Franco, & aicr J, ^ Giotto fu, rt^

Finalmente,perei,e reilò memoria di Giotto non pure nell'opere,che vfcirono
<3eUe lue mam, m oueìleancora, che vfcirono di manode gli Scrittori di que'
tempi, eisendo egli ftato quello, che ritrouò il vero modo di dipingere, ftato per- ^^

dutoinatizi a lui moltij o^de per publico decreto, e per opera, & afietnone marmo con
particolare del Magnifico Lorenzo vecchio de' Siedici,ammirandola virtù di tan- ver[f ρφ in
co huomo, fece porre in S. Maria del Fiore, Teffigie fua icolpita di marmo da Be- s Mm» Àd
ncdetto da Maiano Scultore eccellente con
gl'infrafcritri verfi fatti daldiuino

G liuomo

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gz. PRIMA PARTE

huorao Μ. Angelo Poliziano, acciò che quelli} che veniilero eccellenti in qiial fi
voglia profeflìone »poreiIero iperare d'hauere a confeguire da altri
di quefte me-
Jinorie > che mericò > 3c confeguì Giotto dalla bontà Tua largamente »

Jlle ego fum » per quem Tì^ura extinBa reuixit,
Cui quàm ηξϊα nianus, tam fuit j &faciÌL· »
T^aturiS deerat > noflra qmd defuit arti »

Tlus licuit nulli fingere > nec mclius »
Miraris Turrim egrtgiam Jacro iere fonantem

HiCC cjUGque de modulo creuit ad afira meo »
Deniquefum ivttus, quid opus fuit Illa referre ^
Hoc mnen longi carmmis inflar erit.

E perche ροίϊίηο coloro > die vorarino vedere dei difegni di man propriai-?
di Giotto, e cfa quelli conof ere maggiormente l'eccellenza di canto,
huotno, nel noiìro già detto
libro ne fono alcuni iiiaraui^
gliofi > (lati da m e ritrouati con noii^
^ minore diligenza , che^p
fatica? e fp e fa »

d

Fine della VìU ài Giotto *

VITA'

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VITA D'AGOSTINO, ET A cmió.

vita di Agostino, et agnolo scvltort,5
et architetti sanesi.

^ A gl'altri, che nelia fcuola di Giouanni, e Nicola Scuko
Oi/ani, fi e^ei-ciurono, Agn.,!oScnlcovi Sa-

-cih de qua!·, ^ί preience fcriuiamola vicas i-^uicirono, (econ-
u'oqiie'rempi,ecceUentiilimi, Qiie 1 i, ie^.oiido,che io cro-
no nacqueio di padre, ^ madre-aneiì, e gi'antenau loro
furono Arcirtetcijcondoiìa 5 che l'anno 1190. fotte il reg-
giraento de'ere Confoli
falh da ioro condotta a perfezzio-
nelontebu^k; & poi Panno fegueme fotte il medeiimo coiiioiaco, la doga-
na di que Ια Citta ,& alcre fabriche, & nel vero Π vede, che 1 femi delia v.Ìù,
rao.ts volte iieiie Caie doi;e fono ftati per alcun tempo, germogliato, e fan.io

G 2. i-anpol-

Agmlo difiem
fro da drcbi'
tetti.

affitto 'Mia
vtrrù hahnum
ta tn elefciti'
dmift*

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JZ ρ R I Μ A ρ A R τ E

ranipollij che poi producono maggiori, & migliori frutti, che le prime piante^
facto non haueuano., Agoftino diinque, & Agnolo^aggiugnendo molto mtglio-
Tfetù »rmhi' ramento alk maniera di Giouannij e Nicola Piiàni, arricchirono l'arre di aiiglior
feono I arte Hi difegno, & inuenzione ,,come l'opere loro chiaramente nedimofìrano ► Dicefij
miglior
difeo cbecornandoj>Giouanni fopradetto j da Napoli a Piial'anno i z84. fi fermò iii-j»
gno, eà? S.;ena a fare iLdifegno , e fondare la facciata del dliomo dinanzi, doue fono
/losi,, fre porte principali, perche fi adornaile tutta di marrniriccaniente:& che allora*

^goflme: di: non.hauendopiù,chequindicianm, andòaftarfeco Agoftino,per itrendere_^
Scultura!,della quale haueua imparato i primi principi!,eilendo a quell'ar-
ff'are con Gioì, tenoamenoindinato^cheallecofe d'Architettura» Etcosiiotto ladifciplina di;
Ρί/ΛΛο pi ra^ Giouanni ^mediante vncontinuaftudio, trapafsò in difegno
rgrazia , e maniera:
tendere λΙΙ» tutti ì cotidifcepolifuoi:: in tanto, che fi diceua per ognuno, che egh era l'occhio^
Stulmra. diritto delfuo roacili c.. E perche nelle perfone y che fi amano, fi difiderano io-
Go» il centi'- piacuxti gl'altri bini, ο di na:ura».o d'animo, odi fortuna, là virtù, che fokrende

Né gli,fù il ciàferemolta fatica r perche il pratticai' d-Agnolo^
i'condtfcepolie, Agoftkoj.e con gli altri Scultorigl'haueua di già, vedendo l'honore, vti-
Tiro Agnolo. le,.chetraeuano dixotal-arte ,1 animoaccefod'èftrema vogliae difidério d'at-
fraullo nwo'. tendere alla Scuiturai anzi prima,,che Agpftino a dò hatielfe penfatOrhaueua-jj'
re λΙ medefi' iaito Agnolo nafeofamentcarcunecoie.. Trouandofi dunque Agoftino a liauo-
m efercitiOg, ι;^.·^ ςοη Giouanni laTauola di marmo dell' Aitar i-nagaiore del Veicouado d'A-

tile'. ' iciuta da Giouanni fùcagione ^chedopoqiiertaopera ,.fi feruì dell' vno, & dell"^
Laùoraneam- altro in molti a tri fuoilaiiori chefecein Piitoia,in Pifa,& inaimluoghi.E per-
ifdue im τηα, che atteiero non iolamenre alla ScruIrurajaiia^alP Arel-iitecriira ancora , ποη paiso
iauila dt mar roolro tempo , chereggendoin Siena.i Noue ,-fece Agoilinoil difegno dei loro^
mo r, & "Ifre- palazzo in mal borghetto, che fò l'anno i-3O8l.NeicHe"£ìre,fi acquiftÒ tanto no-·
fatture.. meneilà patria,.cHe r COrnatf in Siena dòpo la morte-di Giouanni, furono i'vnojC;
^tepro^ ali ^rchiretrhdeÌ publieo: onde poi l'anno i j.ry.fù fatta, per loro ordine,.

X Α,Φ»<>' ^^'iacciata del Ducmo,-che è volta aSettentrions Ì'ànno 15:2 ivcoi difegno de"
^ee in Siena medefimi fixomineiòamurare fapoita Romana in quelmodoi che ell'ehOggi,e:
il' difégua dJ fit finita Tanno 13là quarportaikiìiamaua prima porta SvMarrino. Rifecio-
ΐβ.Ιαχ%ο rfir no anCD la porrà a Tufi', che primafi chiamauay ià porra dì S.. Agaraairarco. II'
^oue. ^ medèfimo anno fiì cominciata eoidiiegno Jé gl' ^ìeiTi. Agoftinc, & Agnolo rlai
•Burono^ fatti' (;:hiefa,e Conuenro di S.Francefco,interuenendoui il Cardinale di Gaeta,Legato>
fulumZcr Apo'^cili: O.. Ne molto dopo per mezo d'àlcuni de'Toìòmei,cHe come efuli fi.fta^
dinanZm:
"di' uano^a Oìtuìì: toj-furonochiamati AgToftino,·^ Agnolo a fare alcune Scu!tiire,per
fegni' diunrfr l'opera di<S.MariadiiquelIaCittà::per<^^^ là, fecero di Scultura in marmos^
fnbriée. akuni Profeti,che fbnohoggi fra l'al^'^sopei'e di qiiellafkciata,lbm%

ptoporzionate di quella operacanroOominata.Hbra auuenne l'anno 1-5 x6.come·
rn omietc l'»·· ^è decto nella ruavitaiche Giotcoifu chiamato,p Cariò Diicadi Cala-

«orarono ptr utia, che allóra dimoraua in Firenze ^a Napoli,per far al Rè Ruberto alcune coie·
i»-f»ct^di in SiC^iara,& altri luoghi di quella Citta: onde pallando Giotto nell'àndàrlàida
S^Man^Uìti' Oniiero,per veder l'operesche da tanti huomini vi fi erano fatte, efàceuano tutra^

Imiimi''^ via? che egìi volle veder minutamente ogni cofa. E perche pjù, che tutte Pàltre
^^^^ ' Seul-

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VITA D'AGOSTINO, ET AGNOLO. Jj

Sculture gii ρ acquerò i Proferi d'Agoftino, e d'Agnelo Sanefi,di qui venne, che Ledetti SctiT-
Giotto non foìainenre glicomendò, egl: hebbe »con molto loro contento,nel piacque-^
numero cfegli amici fuoi» Ma che ancora gli ra if e per le mani a Piero Saccone da raa Gtottopm
Pietramala, come miglior: di quanti allora fuiFero Scultori, per fare , come fi è ^
detto nella vita d'eilo Giotto, la fepoltiira dei Vefcouo Guido, Signore > àc Ve* fJ^iatT
fcouo d' Arezzo. E cosi adunque, hauendo Giotto veduto in Oruieto l'opere di g
peri òli 0
molti Scultori, e giudicare le migliori quelle d'Agoftino , <Sl-Agnolo Sancii;, fù d/ta a farei»
cagione, che fù loro data a fare la detta fepoltura, in quel modo però , che egli y epoltura del
l'haueua difegnata, e iecondo il modello, che elio haueua al detto Piero Saccone Vefioua d'A»
mandato. Finirono qaeila fepoltura Agollinoj & Agnolo, in ifpazio di tre anni;, re^o coidife-
e con molta diligenza la condiiilono , e murarono nella Chiefa del VeicDuado di ψβΙ^^^^^Ι^
Arezzo, nella Capella del SagramentoSopra la caila, la quale poia in su certi J^J'^fl*^,
inenfoloni intagliati più, che rag,iOBeuolmente, è diftefo di marmo il corpodi
Uge^x^^nde
quel Vefcouoi e dalle bande fono alcuni Angeli,che tirano certe cortine afsai ac- β ^^de , c^i'
conciamente. Sono poi intagliatedi mezorilieuo in quadri, dodici ilorie della-» cercarono· la
vita, e fatti di quel Vefcouo con vn numero infinito di figure pjcciole . Il conte- buona, mmie^
nuto delle quah ftorie, accioche fi vegg;a con quanta pacienza furono lauoTate,e rn^
che quelli Scultori ftudiando, cercarono la buona maniera r non mi parrà fatica
di raccontare·.· . *

Nella prima è quand'o aiutato dalla parte Ghibellina di Milano, che gli man- Kaceontod'a&
do quattrocento muratori,e dananieglinfà le mura d'Arezzo tutte di nuouc, al· cune Bfltrie
tungandole tanto più', che non erano, che dà loro forma d'^vna Galea. ' "'ί^^/ Ζ

Nella feconda è la prefa di Lucignano di Valdichiana. Nella terza queÌa f^ttTreMtH"
Chiufi. Nella quarta quella di FronzoIhCaftello allora forte fopra Pappi, e pof-
^duto da i figliuoli del Conte di Battifolle r Neila quinta è quando l·! Caftel ο di.
Rondine ^dopoeiTere fiato molti mefi ailediatada gl'Aretini, fi arrende final-
ai Vefcouo» Neila fetoè la prefa delCafielio del Bucine in Valdarno.
Nella fectÌTOa è quando piglia per finza la rocca dì Caprife, che era del Contedi
Romena, dopo hauerle tenutol'affedio intomo più mefi. Neffotxfexiaè il Vefco- conf$derMÌ9»
ua, che fà disfare il Caftelfodi Laterino, e tagliate ip C oce il poggio , che gli è
del tagUo'
fopra poftoxacciochenon vi^ pofiafarpiùforcez^.· Nella nona il vede, chc_p d'vnmente».
•ouina, e mette a fi^oco, e fiammail monre Sanfouino, cacciandone tutti gli ha-
b^'atori, Neil' vndecima è la fua incoronazione, nella quale fono confiderabili
lìiolti begli habitidi foldati a piè,-&: acauallove d'àltregenti. Nella duodecima
Haihidi/οΓ-·
finahuentefi vede gli Buomini fiioi portarlo da Montenero, doue ammalo, dati cenfide-
filare dilì poi, efsendo morto, in Arezzo.· Sono anco intorno a queft'a fepoi- '*
*^"i"ainmoki Uoghi ΓΙnfegneGhibelline, e rarme del Vefcouo, che fonofer Ame ddV^
pietre quadre d'òro in campo azurro con quell'brdine , che fiianno le ί ei pallei_^
fcouo,
, La àiiale arme della cafatadel Vefcouo fò defcnrta^dY

Jpte Guitcone, Gaualler, e Poeta Aretino, quando fcriuendo a fico del·^

® ^ ^«ramala, onde hebbe quella famiglia onginerdifser
^^luiflro'^^^·'^ con la Chiama-

Ti.; Γ ·■" " u-iìitiW/i t-y" t»

toe m carneo α'ψγγο, d'or portanfei[affa.

I l.n ' ^ ^goftìno Sanefi condufsono quefiaopera-conmÌglìor ar-
Γ''"' , che
fafse in alcuna cofa fiata condottai

iMi a t^pi ìorp.. E nel vero non deono ie non eihxt infinitamenteiodati, ha-
uendo

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54 PRIMA ? Α.ΚΎ E

■ · ' iiéndo in ella fatte tante figure? taate varietà di iìti, luoghi, tori'e, cauaìii, hao-
nnni, & altre core> che è proprio vaa maràuigIia^ Et ancorajche quefta iepolta-
ra fuiìe in gran parte gaaiia da i Fraacefi del Duca d'Aagiò,i quali per vendicarfi
con la parte nimica d'aiciiae ingiiicie riceuuteyneiiono la maggior parte di quei»
la Città a facco» elia nondimeno nioilra) che fà lauorata con buoniiììmo giudicio
da Agoilino, & Agnolo detti -, i quali v'intagliarono in lettere aiTai grandi quelle
Tgc'ro in Stin parole. Hoc-opusfecit Μαζίβεν ^Auguflinus, & M.'tgifier àngelus de Senis. Do-
Prancefio di pQ quefto Ìauorarono in Bologna vna tauola di marmo per la Ciuefa di S. Fraii-
Solàgralata- ceicoj l'anno 1319. con aliai bella maniera, & in ellajoltre all'ornamento d'inra-
mia dt mur. glio, che è ricchiiTìmo, feciono di figure alte vn braccio, e mezo? vn Chri ito, che
ma deiVAliAr corona la Noflra Donna, s da ciafcuna banda tre figure firn ili, S.Franceico, S.Ia-
mdggim. S.Domenico, S. Antonio da Padoa, S.Petronio, s S.Giouanni Euangelifta.

E fotto ciaicuna delie dette figure έ intagliata vna ftoiia di baiso rilieuo della vi-
ta del Santo, che è fopra. Ec in tutte qaeftehiftone èva numero infinito di me-
ze figure , che fecondo ilcoftume di que'tempi, fanno ricco, e bello ornamento.
In άΒ'ίόΐααο Si vede chiaramente, che durarono AgoiUao , & Agnolo in quefta opera graii-
Vov%rom ri'· difllma fatica, e che poiero in elsa ogni diligenza, e Itudio, per farla,come fu ve-
ihe\Xct d'in- ramente, opera lodeuole, & ancor, che iìano mezi coniumati, pur vi Γι leggono i
taglto cen fa" nomi loro, & il miliefimo: mediante il quale,fapendoiì quando la cominciarono,
.
dii 'tgen-^ςχ vede, che penafsono a fornirla otto anni interi. Ben'è vero, che in quel mede-
«Λ, e βαφβ* renipo fecero anco molte altre cofette in diuerfi altri luoghi, & a varie per-
ionc. Hora mentre, che coftoro lauorauano in Bologna, quella Città,mediante
Legato del Papa, il diede liberamente alla Chiefa, & il Papa ali' incontro pro-
de aÌ Pa'^a vi mife,clTe anderebbe ad habitat con la corte a Bologna,ma che per ficurtà (iia vo-
fifece -vn Cd' leua edificarui vn Cartello onero fortezza'. La qua! coia eilendogli conceduta da
(telio di dii'e- 'iBolognefi, fù con ordine, ε difegno d'Agoftino, & d'Agnolo tortamente fatta»
gmde'fuftitii, hebbe pochiiTima^vira: percioche conofciuto i Bologneiì, che le molte pro-
iiiefse del P^ipa emno 'dllstutco^vane, con molto tr aggior preftezza , che non era
• -J^ygi^arom ^^^^ discaro, e rouinarono la detta fortezza. Dicefi, che mentre dimo-
mododimor. rauano qu>il:idiie-Srn1rofii^ Bologna , il Pò con danno incredibile del Territo-
narè ti Ϊ6 nel rio Mantoaiw', e Ferrareie^ con (a morte di f!" ' di dieci miila perfone, che vi
poprio aluic perirono, impetuoio del letto , e rouinò tutto il paefe all'intorno per moke
ferrandolo con migha-, e che perciò chiamati eiiì, còme ingegnfui, e valenti huomini, trouaro-
argtnit modo di rimettere quel terribile iìume nel luogo fuo , ferrandolo con argini,

ée alii i ripati vnliffimi, il che fu con moka loro lode, e vtile , perche, oltre, che
In Siena ardi, n'acquiftarono fama, furono da i Signori di Manroa,e da gl'Eitenfi, con honorà-
nmmL· Chie. tiffìmi premi] riconoicuui. Efsendo poi Siena l'anno 13 5 S. fù futa con

fannoHAdl· s.. ordine, cdifegno ìoro la Chiefa Nùoua di Maria ipprefso al Duomo vecchio
Maria.. yeriò piazza Manetti; e non moko dopo redando molto iodisfatti i Sanefi di tut-
s^mfi delile- {.g Popere, che coftoro faceuano, deliberarono con sì fatta occafione di mettere
TMono UuU ^^ ^ ^ ^^oke voice, ma in vano iniino allora , ragionato,

t-zatr^c^ cioè di fare vna fonte publica in sù la pi^^za principale,d.rimpettc al pai^^io del-
K e fà opl la Signoria: perche datone cura ad Agoftino, & Agnolo, egh condufsono per ca-
ra at Jgofi!' nali di piombo, e di terra, anccr che moko difficile falle, l'acqua di quella ÌOnte
no
Tu

gf^ol ...........

Tene dd pyijìjt-p.g^ così fù có ordine,coi diCegno de i medeTisniiCODdorta al ilio fiiìC

^ la torre

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VITA D'AGOSTINO, ET AGNOLO, '55

}a torre del detto palazzo PAnno 1344. e poftcni fopra due campane grandi, del-
ie quali vna bebbeno da Grofleto, e l'altra fu fatta in Siena. TiOiìandofi finalmen- „
te Agnolo nella Città d'Affii^dcue nella Chieiadi Torto
ώ S. Francefco^fece vaa βιηο ^Suk^
capella, e vna iepoltura di marmo per vn fratello diNapoleone Oifino > il quale jit*icrentL
cflcndo Cardinale, e Frate di S. Francefco, s'era morto in quel luogo : Agoftino,
ir^fccrre U^
che a Siena era rimafo per ieruigio del publico, fi mon, mentre andaua facendo
li diiegno deqP ornamenti della detta fonte di piazzale fò in Duomo honoreuol-
niente fepellito. Non hò già trouato, e pero non poflo alcuna cofa dime, ne co- «"J/^
me, ne quando morifle Agnolo, ne manco altre opere d importanza di mano di
coftoro,e peròiìaquertoil fine della vita loro. .

Hora perche farebbe l'enza dubbio errore, ieguendol'ordine de^tem|5i non fa-
remenrioue d'akuni,che fe bene non hanno tante cofe adoperato, che fi poiIiL·^ ηβά%7οηο ]
fcciuere tutta b vita loro,hanno nondimeno in qualche cola aggiunto commodo, L·*

e bellezza all'arte, & al mondo, pigliando occafione da quel ο, che di foprafi è tiomjftn opere
detto del Vefcouado d'Arezzo, e della Pieue, dico, che Pietro, e Paolo Orefici-
g,Kndi di ce-
■Aretini, i quah impararono acfifegnare da Agnolo, & Agoftino Sanefi, furono i fello.
primi,che dicefel ο lauorarono opere grande di qualche bontà; percioche per Mmfi^ ehm
vn'Arciprete della Pieue d'Arezzo, conduiTono vna iella d'argento granc^j)
trefiee fece^
quanto il vino, nella quale fu mefsa la tefta di S. Donato Vefcouo,e protettore di
quella Città. La quale opera non fu fe non lodeuole, sì perche in efla fecero al- ^^^^ ^
cune figure fmakateaflaibelle,& altrs ornamenti,e si perche fù delle prime cote,
che fuflero, come
à è detto, lauorate di cefello. cattato h

Quaiì ne' medeilmi tempi, ò poco inanzi, l'arte di Calimara di Firenze fec^^ pi»ftr».
fare a maeftro Cione Orefice eccellente, fe non tutto, la maggior parte dell'Alta- ^^^^^ ^^^^^^
l'c d'argento di S.Giouanni Battifta, nel
quale fono molte ftone della vita di quel ^^^
Santo, cauat ξ d'vna piaftra d'argento, in figure di mezo rilieuc ragioneuoli. La
quale opera fù, e
oer grandezza, e per etTere cofa nuoua, tenuta da chiunque la
Tide ^ maramgliofa , Il medefimo maeftro Cione i' anno 13 jo. eilendof iotto le
volte di S,
Reparata trouato il corpo di S.Zanobi,legò in vna reflra d'argento gra- ^^ ^y^. ^^
de quanto il naturale qnel pezzo della teda di quel Santo, che ancora hogp ii ^ ^

ferbanellamedefimad'arge-to,efipoitaaproceflione5 la quale reità fu allora
tenuta
cofa belliiTraa, e diede gran nome all'Artefice fuo, che non molto dopo, afuoco^
cfiendo ricco, & in gran reputatione? fi morì.

Laiciò maéftroCione molti difcepoli, e frà gl'altri Forzore di Spinello Aretj- cdeom àa-
nojche lauorò d'ogni cefelktnenrobcnifllmo ,ina in particolare fù eccellente in
pietrAmd^i
fare ftorie d'argéto a fuoco fmaltate^ccme ne fanno fede nel Vefcouado d'Arez- c^rdMe fe,
zo vna Mitra con fregiature belliffime ώ fmalri>& vn
paftorale d'argento molto poito alta vor-

bello . Lauoro il medsfiiT^^Ì Cardinale Galeotto da P)eiramala moke argentep "Χ;/' Τ

rie, le quali dopo la morte fua ruoraiero a i Frati della Veiinia, doue egh voile ei- ^^ « j
fere fepoto, e doue, oltre la muraglia, che in quel luogo il Conte Orlando Si- >
gnor di Chiufi, picciolcaftellofotto la Vernia^hauea fatto late; edifico eglila.^ l^emv^.
thieia, e molte ftanze nel Ccnuento, e per tutto quel luogo, fenza farui 1';η<e- LeonaricFis.
gna fua, ò lafciarui altra ireiroria. difcepoÌo ancora di maeilro Gione, Lio- nnuno Av-
«ardo di fer GiouanniFiorentino, il quale di cefello, e di faldature, e con miglior feeph di cia*
<3ii"egno,che no haaeuano fatto gl'altri inanzi a lui lauorò molte òpere,e partico^ «ì Im^ì di
lartneme l'altare, e tauola d'argento,d' S Iacopo di Piftoia, nella quale opera,oL a/^ ·

tteleftorie , che fono aflai,fù molto lòdata la figura, che fece in mezo alta

d vn braccio d'vn S. Iacopo, tonda, e lauorata tanta pulitamente ,che par pmto- ^^

^gnde lentf.
ra tn Affìfi.
Morte A'Ago-'
ino ìnStma^
Atttorenm

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gz. PRIMA PARTE

Γιο fatta di getto, che di cefello. La qual figura è collocata in niezo alle ciette Ìlo-
l'ie nella cauola dell'altare, intorno al quale è vn fregio di lettere fmaltate,che di-
cono cosi,
^d honorem Dei, & Saniti lacobi ^poftoli) Hoc opus faBum fuit tem-
pore Domini Frane. Ψ agni diiia oper<& operartjjub anno 1371 .per me Leonardum
fer Io. de Floren. aurific,
Iacopo Lan. Hora tornando a Agoilinoj & Agnolo, furono loro difcepoli moki, che doppo
fi-ani difcefoìo lorofeciono molte cofe d'Architettura, e di Scultura in Lombardia » & altri luo-
à^AgcUmo»^^ ghi d'Italia j e fra gl'altri raaeftroIacopo Lanfrani di Venetia, il quale fondò Sao...
SFranelico d'Imola, e fece la porta principale di Scultura > doue intagliò il nome

d'Imola^ fuo, & il millefimo, chefù l'anno i J43. &c in Bologna nella Chieia di S. Dome-
Aliri lAuori il medeilmo maeilro Iacopo fece vnaiepokura di marmo per Gio. Andrea
in 5, Dotfsmh Calderine Dottore diLegge, e Segretario di Papa Clemente Sedo ; & vn'altra
ce di Bologna, pur di marmo, è nella detta Chiefa, molto ben lauorata, per Taddeo Pepoli con-
feruator del Popolo, e deila giuilitia di Bologna : & il medeilmo anno, che fll Γ-
In Vtneùit anno 13 47. finita quella f^olcura» ò poco inanzi, andando raaeftro Iacopo a Vi-
fandò la. Ghie, netia fua patria, fondò la Chreia di S^Antonio, che prima era di legname, a ri-
/4
diS.jintO' chiefts d'vno Abbate Fiorentino dell'antica famiglia degl'Abbati, eflendo Doge
"'
λ ^· Dandolo, La quale Chiefafù finita l'anno 1349,

er et ei ■ Jacobelloancora, e Pietro Paolo Vinitiani, che furono difcepoli d'Agofrit^o >
ìacolellot» e d'Agnolo feciono in S. Domenico di Bologna vnaiepoltura di marmo perM.
Pierpaolo Ve- Giouanni da Lignano Dottore di Legge l'anno I quali tutti, emoltiakri
mtim% laH0' Scultori andarono, per lungp fpatio di tempo, feguitando in modo vna fteila_<»
ramo in San maniera, che n'empierono tutta Tltalia, Si crede anco, che quel Peiarefe, che
Domenico di oktea moke altre cofe, fece nella patria, la Chiefa di S. Domenico, e di Scultura
Sologn», la porrà di marmo, con le rre figure tonde, Dio padre,S- Gio. Battifta, e S. Mar-
Chuf» 4, Ssa ^^^difcepolo d'Agoftino, e d'Agnolo, e k maniera ne fàfede. Fu finirà.^
p^lo"fatta "P®·-·^ ^ 3 85.Ma perche troppo farei lungo fe io voleilì minutatnéte

Pf/aro fatta
da vn Scplarg
jie'fadettip

Autortnm
vuol prolotl·'
garfi in deferì»
ver l'opere dt
Ornili ηΐΛφί»

far mentione dell'opere, che furono da moki maeiìrj di que' tempi fatte
di quella maniera, voglio, che quello, che n'hò detto cosi in genera-
le , per hora mi baftj, e maÌTimamente non fi hauendo da corali
opere alcun giouamento, che molto faccia, perlenoflrc
Arti. De' fopradetti mi è parato far
mentione, perche
jfc non meritano, che di loro fi ragioni a lungo ,
non fono anco dall' altro Iato ftati tali, .che
fi debba paflargli del tutto con
iilemio»

VITA

Fke della Fita d'^goftino » & Ugmio.

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VITA DI STEFANO, ET VGOLINO: 57

Κ VITA DI STEFANO PITTORE FIORENTINO»
E D'VGOLINO SANESE.

V i'nmodo Eccellente Scefano Pittore Fiorentino, e ciifcepolo
di Giotto, che non pure (operò tutti gl'ai η , chcinanzia_j
lui
il erano affiuicati ncll'Anf, ma aiianzò i tar.to il (ao Mae-
stro Reiio, che fu, e meriramente, rentito il mi^^lioi di quanti
Pittori erano ilari infìno a queltempo > coire chiaramenteL_j?
^mioftraro i'o^ ere fue. Dipinfe coRui infreico laNoiha.^
Donna del Campo Santod. Piia ' c'^e
è alquanto nicslio ώ
diiegnc, e di colorito, che l'opera Giov ο. Et in Firenze nel clnoftro diSanto
Spirico, tre ai-cheta a frefco. Nel priir.ode'quah ,doueè la Trasfigura^'onedi
Chrifto, con Moise, & Heba, figurò, imaginandofi quanto douette eiiere !o fplé-

Η dorè

ytefam fupti
tò emegl'alrn
tri mecejjòrif
anco Q'mto
[ho matflro.
Alcuni lauori
rapprefentAi «
Iraordimne κ
ebelle attitum
(Unii e con nO'
ue pieghe arfm
dò ncttcan iQ
[otto "igttt/dd'
mnpnma
ci
fiaiTAte,

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e

τ

JL

S^ PRIMA Ρ A R . ^

0. 'io"·"^' che gli abb agiiò i tre diicepoli con ilraordinai ie, e belle atritudini, &
pere moaera^ modo auui.'upa:i no'panni. che Γι vede, che egL alido con nuoue pieghe j il che
tamente tirà* non era itaco iràcto ιηίίπο aliora » tentando di nceiXariotto l'ignudo delle figure,
de tn profiet" ^ chejConie hò detto non eraftato coniìderato, .e duche da Giotto fteiso. Sotto
iiun vnedt/i quetto Arco,nel quale fece vn Chnftojche libera la indemoniata^tirò in pioipet-
bmnh T" * ed tìcio pei fettaniente , di maniera allora poco nota ; a buona fórma > e

inuenJZ^^*» cognitione nducendolu: Et in efso con giudicio grandiiTiraoj moderna-

pyoportion/al· t""enteoperando, moiltò tani arte,e tanta inuennone, e pioportione· nelle colon-
loratnufitata^ ne>,nelle porte, nelle fineftre, e nelle cornici, è tanto diuerio niQdo di fare da gl-
Imaginatìene altri Maefl:ri»che pare, che commciai'sea vedere vn certo lume della buona,
ingegmfa di perfetta maniera de"^Moderni »

ffianitra dt Iinaginoin coilui, fii l'altre cofe ingegnofe, vna iàlita di icale molto difficile,
μΐίίΛ itfcah le quali m pittura, e di nlieuo murate, & m ciafcun modo fatte, hanno difegno,
un dij.'gno, vaneià,& muentione vtihiTima , e commoda tanto, che fe ne feruì il Magnifico
17nunZ '
'T Loi-enzo vecchio de' Medici nel fare le (cale di fuori dei palazzo del Poggio a Ca-
uno.hoggj pnnc.pal Villa del Sere.;iffimo Gran Duca. Neil'altro archetto è
Senefcruì vna lloria di Chrifto, quando libera San Pietro dal Nauflagio, tanto benfatta»
lirenzo
a/ì. che pare, che s'odala voce di Pietro, che dica : - Que-

dlcialpaia"^' fta opera è giudicata molto più bella dell'altre, perche oltre la morbidezza de*
aa>
del Poggi», panni,!! vede dolcezza nell'aria delle tefte, ^auento nella fortuna del Mare;e gli
jittttudtm dt. Apolèoli percoflì da diuerfi moti, e da fantaiTni marini, eisere figurati con attiu-
pme con ej· ^^^^ ^^olto proprie , e tutte belliirime : e ben che iltempo habbiaconfimiatoin
tria^wrbi' P"^"·^^ fatiche » che Stefano fece in quella opera, fi conoice, abbagliatamente
Jézz* P^*·'® ^ Apoftoli fi difendono dalla furia de' venti, e dall'onde dei Mare-
sii ydo!eeiia viuamente t la quale coia,.efsendoapprefso i moderni lodatiffinia, douetre certo
d'ari^di tefle. ne'^tempi dichi la fece parere vamiracolo in tutta Toicana. Dipinfe dopo, nel
Altrepitmre. primo chiollrodi S, Maria Nouella vn S. Toinafod'Acquino allato a vna porta »
lìipinfe /coni, joue fece ancora vn Crocififso, il quale è flato poi da altri Ρ ttori, per rinouarla
èenintefi, èr uimala maniera condotto. Laiciò fimilmente vna Capella in Cbiefa comincia»
iTf'j ' e non. finita, che e molto coniumata dal tempo, nella quale fi vede quando.
Tuhà c/e'L· gl'Angeli ) per la fuperbia di Lucifero piouero gin m forme diuerfe :: doue è da_^
tieu» confiderare, che le figure ,Xcortando le braccia, il torio, e le gambe molto me-

mtlten%a λΙ gliorchefcorcijchefufsero flati fattrprima, ci danno ad intendere,.che Stefano
pittore cominciò a conofcere^e moftrare in parte le difficultà. che haueuano a far tene-
Fùperfopra· re eccellence Goloroj,che poi con. maggior ftudiO,ce gli moilraisooo, come han-
ittmedettofci·- no fatto ,;perfètcamence : La onde Scimia della natura fiì da gli Artefici j per fo*
9ηίΛ dìtiia nn- pranome chiamato.

SJ rSm Condotto poi: Stefano a Milano, diede per Matteo \aiconti principio a molte
ntldifegno, " cofe, ma non le potette finire,perche, eisendofi pet la mutatione dell'àna amma*
Lauorfdt ste- lato, fùforzato tornarfene a Firenze, doue hauendo nhauuto la fanirà, fece nel
fam IH diuer·^. tramezo della Chiefa di Santa Crocesnella Capelladegl'Afinia freico la ilona del:
^ Cittàmartirio diS. Marco,quandofii itrafcinato » con moke figure, che hanno del
C«n buono Efsendo poi condottai per efsere ilare difcepolo di Giotto, fece a frefco
diltienl* tnò: m S. Pietro di Roma nella CapelÌa maggiore, doue è l'Alrare di detto Santo, al-
/er/e
αΙίΛΜΛ' cune ftorie di Chriilo, fià le finettre,che fono nella nichia gràde,con diligéza,che
^«ra moMer' β:^gj^^che cirò forte alk maniera moderna,trapallando d'aliai nel difegno,e,nell'
l^ìiur^mfie- altre cofe Giottofuo maeftro. Dopo quello fece in Araceli invn pilaftioa canto
Jio ià in fe all^ Capejila maggiore a man finiftra? vn S.Lodouico in fteico,chc è molto loda-
vìmmài to, pcf

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VITA DI STEFANO, ET VGOLINO. 59

to, per hauere in fe vna vìuacità, non (lata infino a quel tem|)o > ne anche

Giotto mella in opera. E nel vero haiieua Stefano gran facilità nel diiegno , co- f^cilna mi

me fi può vedere nel detto noftro libro in vna carta d i fua mano, nella quale è

difegnata la trasfigurazione» che fece nel chioftro di Santo Spirito, in modo che

per raiogiudicio, difegnò molto meglio, che Giotto : Andato poi ad Affifi » co- Pittura ή»

minciò a frefco vna {Iona della gloria Celefte ««J^a nicchia della Capella niag- f''^/^"

giore, nella Chiefa di fotto di San Francefco, doue è il coro:e fe bene non la finì, "f

il vede in quello, che fece, vfata tanta diligenza , quanto più non fi potrebbe di,

fiderare . Si vede m quefta opra, cominciato vn giro di Santi, e Sante con tanta Jj

bella varietà ne'voki de'giouani de gl'huomini di meza età, e de'vecchi, chc_;> tornffà^

non Π potrebbe meglio difiderare. Eficonofcein quegli fpiriti beati vna ma- denti ail'^t^,

mera dolciffima, e tanto vnita, che pare quali irapoffibjle,che in que'tempi faf- vs» manttm

Te fatta da Stefano 5 che pur la fece, le bene non fono delle figure di quefto giro ffo^f»

finite fe non le tefte fopra le qu^li è vn coro d'Angeli, che vanno fcherzando in » *

varie attitudini, ^accondamenre portando in mano figure Theologiche ,fono

tutti volti verfo vn Chrifto Crocifiilo, il quale è in mezo di quella opera, fopra

la tefta dVn San Francefco, che è in mezo a vna infinità di Santi. Oltre ciò fece

nelfregiodituttal'operaalcuni Angeli de'quahciafcuno tiene in mano vna di

quelle Ch-.efe, che fcriue San Giouanni Euangelifta neirApocahile. E fono que- u Fi'-

iti Angeli con tanta grafia condotti, che io ftupifco come in quella età fi troual- J"''·^ *

fe, chi ne fapeile tanto. Cominciò Stefano queita opera> per farla di tutta per- ^
fezzione , e gli farebbe riufcito , ma fù fbrzaro lafciar a imperfetta, e tornartene

a Firenze da alcun! iuoi negozi]d'importanza. In quel mentre dunque,

perciò fi ftaua in Firenze, dipinfe per non perder tempoa Gianfigliazzi Lim-
game, fra le caie loro, & U ponte alla Carraia, vn Tabernacolo picciolo m vn^ ^^^^ . ^
canto, che vi è jdouefigurò con tal diligentia vna Noilra Donna ,allaqiìalc_j5, stefme,
mentre ella cuce, vn fanciullo vei^ito, e che fiede porge vn'vccello, che per pic-
ciolo che
fia il lauoro, non manco merita eiTere lodato , che fi facciano l'operc_^
maggiori, e da Im più maeftrenolmente kuorate. F;nito quello Tabernacolo ; e
ipeditofi de'fiioi negozi), eilendo chiamato a Piftoia da que'Signori, gli fù fatto
Stefam ρφ
dipignere l'anno j 3 4^. la Capella di San Iacopo: Nella volta della quale fece vn //» fitturt^m
Dio Padre con alcuni Apodo i, e nelle fecciate le itone di quel Santo, e partico- S^^^n mtglio^
larmente,quando la madre, móglie di Zebedeo dimanda a GiesùChnfto,che ve-

gha i due fuoi figliuoli collocare >vno a man delira, l'altro a manfiniilra fuanel v.

regno del Padre. Apprefio a quefto è la decollazione di detto Santo molto bel- j
la , Itimaii che Mafo detto Gioriino, del quale lì parlerà di fotto iuile figliuolo di pinsf^m^to, g
quefto Stefano ι e fe bene moki per l'allufione del nome lo tengono figliuolo di μά
Giotto, io per alcuni ilract i c'hò vedutije per certi ricordi di buona fede, icfitn da
degit altri.
Lorenzo Giberth e da Domenico del Ghrjllandaio, tengo per fermo, che fuiT^ L imefliga^
più preilo figliuolo di Stefano, che di Giotto. Connmche fia, tornando a Stefa- tione deUepn^^
no, fe gli piìò attribuire, che dopo Giotto ponefse la Pittura in grandiiiìmo mi- f^e d.fficult*
glioraraento, perche oltre all'eflere Ihto più vario nell'inuenzioni, fù ancora più J®^

vnito ne 1 colori, e p;ù sfumato, che tutti.graltri : E fopra tanto non hebbe para- ^^^^ ^^^
gone in efsere diligente. E quegl' [corcì, che fece, come ho detto ancorche,cat·
^opo er-
ciua maniera in effi, per la difficultà di fargli moftrarse, chi è nondimeno inuefti- , e regoli
gatore delle prime difhculià ne greflercizij, menta molto più nome, che coloro, ton migtm
che feguono con qualche più ordinala Ϊ ε regolata maniera. Onde certo grande »j«»fer«.
obligo hauere fi dee a Stefano
perche chi camina al buio, e mofirando la viarin-

H i cuora

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gz. PRIMA PARTE

cuora gl'altri, è cagione, che fcoprendoiì i paifi ciifficiìi di quella > dal cattiuo ca-i
mino ,con fpatio di tempo fipeiuengaal difiderato fine. In Perugia ancora nel-
la Chiefa di San Domenico coiriinciò a frefco la Capella di Santa Catterina 5 che

ϊΐη33Γε imperfecra. ViiTe ne'medefimi tempi di Stefano» con aCsai buon nome_i*

Vgol no Pittore Sanefe ino amiciiTimojilqualefece molte Tauole , eCapelle
?€Γ cuita Italia, fé ben renne femprein gran parte la maniera greca » come quel-
o che inuecchiato in elsa, haueua voluto Tempre per vna certa fua caparbità te-
nere più torto la maniera di Cimabue, che quella di Giotto, la quale era in tanta
venerazione . E' opera dunque d'Vgolino la Tauola dell'Aitar maggiore di San-
ta Croce > rn campo tutto d'oro » Se vna Tauola ancora, che (lette
moiri anni all'
Aitar maggipre di Santa Maria Nouella 5 e che hoggi è nel
Capitolo doue la Na-
tione Spagnuolafà ogni anno rolennilTìma fefta il dì di S. Iacopo, & altri fuoi vf-
fizi, e mortori]. Oltre a quelle,
fece molte altre cofe, con bella prattica, fenza^
vfcire però punto della maniera del fuoMaeftro. Il medeiìmo fece in vn pila-
iho dì Mattoni della loggia, che Lappo hauea fatto alla piazza d'Or San Miche-
le, la Noftra Donna, che non molti anni
poi, fece tanti miracoli, che la loggia_i?
ftette gran tempo piena d'Imagini s e che ancora hcggi è in grandi/iìma venera-
zione. Finalmente nella Capella di M.Ridolfo de' Bardi, che è in S.Croce, doue
Giotto dipinfè la vita
di S.Franceico, fece nella Tauola dell'Altare a tempera,vn
Crocifiila, e vna Mad
:{alena, oc vn S. Giouanni, che piangono : con due Frati da
Ogni band' ,che gh mettono in mezo. Pafsò Vgoìino di quefta vita, eflendo
Vecchio l'anno 1349.
e fepoko in Siena fua patria honoreuoimente.

Ma cornando a Si efino, i quale dicono, che fò anco buono Architettore,
e quello, che s'è detto di fopra ne fà fede , tgli morì, i^er^quanto fi di-
ce i'anno, che cominciò il G ubile del 13 50.d'età d'anni 49. e
fu ri porto in San Spirito nella fepokura de' fuo' maggiori >
conqueftoepitano.
Stephano Fiorentino ViilorU fa*
chmdis imaginìbusjac color zndis jìguris nulli yn-
quam in fermi
, ^ijtnes mcsflifs.pQf,.

V IX. ΆΏΏ.Χ XX·

^inedellaFit&di.StefmoVitior^^^^^'''^'^^^^^

Vgelim tUm
S*nefe »rnico
4, Stefano
^ttnl tenne in
pArt$ la m»
mera gree»
hitbitHiiio in

Φ.

Sfioi

ffiiracoÌofa
del ftidem.

Màyté di V»

Stefano β
anc» Archi-
tetto.

Morte di Sta·
fAiìo, e
tur».

VITA

ti

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VITA DI PIETRO LAVRATL Λ

VITA DI PIETRO LAVRATI PITTORE
S A Ν E S E..

IE Τ R ο taiirari eccellente Pittore Sanefe, prbuò viuenJo
quanto gran contento iia quello
de i veramente virtuofi»
fentono l'opere loro eHeie nella patria , e fuori in pre-
gio , e che fi veceiono eflere iia tuffi gh huomini cJ iìclerati:
perciru-K» ... ........ T·-/-. 1·

Contènto de
virtunft nttm
fcì άαίΐΛ flU
ma delle ùpe·
re loro.

Diede faggk
di dtumtye
migUeré di'
cmalm 2 ^
Gimo*

. V« veppiono CMtli «.'.1 - u UUCIdH·

:f nel corfo delln ν ina fù per tutta Toscana chia-

^^ mato, e carezzato, hauenc?o!o fatfo conorcere primieramen-
. , . . j' che dip.nfe a
tefco nella Scala, fpecia'e di Siena,

,, ... - N t> ireiconei!aòcala,Tpefla'ecfiSien3

rei e quali imuo ά forte la maniera H· Cotro diuolgata per tutta Tofcatia, He
il credette, a cranragione,
che douefle, come poi auuenne , diuenire mielior
iTiaefìro, che Ciraabue 3 e Giotto, e gli altri ftati non erano .· percioche neiìe H-

gure

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ii ρ R Ι Μ A ρ A R τ E

gure,che rappuefentano la Vergine quando ella faglie i gradi del tempio,accom-
tìpinfe con pagnaca da Giouachinoj e da Annate riceuiica dal Saceidore;e poi Io fponfalizio,
lei ormmm. fono con bello ornamentoj così ben panneggiate>e ne'ioro habwi fempliceraen-
té auuokcj ch'elle dimoftrano nell'arie delle certe maefi:à> e nelia difpofizionc_ji
delle figure belliflSma maniera. Mediante dunque qiiefta opera» la quale fù prin-
cipio d'introdurre in Siena il buon modo della Pittura > facendo lume a tanti belli
ingegni, che in quella patria fono in ogni età fioriti, fù chiamalo Pietro a monte
Olmeto di Chiufuri,doue dipinfe vna tauola a temperajche hoggi è poila nel Pa-
radifo fotto la Chiefa : In Firenze poi dipinfe, dirimpetto alla porta finiftra delia
Chiefa di Santo Spirito in fui canto, doue hoggi ilà vn beccaio > vn tabernacolo»
Dipinfe son che per la morbidezza delle tefte, e per la dolcezza, che in elio fi vede , merita di
άοΐαί^α, , e eilere fommamente da ogni intendente Artefice
iodato. Da Firenze ancfaro a
morUde\\ii. pjfa, lauorò in Campo Santo , nella facciata, che è a canto alla porta principale>
Et in campo ^^^^^ ^-j.^ de'Santi Padri, con si viui afferei, e con sì belle attitudini, che para-
eZilje^^coidt gonando Giotto, ne
riportò grandiiTlma lode:hauendo efpreile in alcune tefie^
legno, e calore ^ol difegno, e con i ctoiofi tutta quella viuacità , che poteua moifrare la maniera
viuamente gì' di que'tempi. Da Piia trasferitoiì a Piftoia fece in San Francefco in vna tauola a
étfetti , e la tempera vna Noftra Donna,con alcuni Angeli intorno molto bene accommoda-

manie^^ delle rij Et nella predella, che andaua lotto quella tauola in alcune ftorie , fece certe
atiitudmi, figure p'cciole ranco pronte, e tanto viue, che in que'tempi fu. cofa marauigUofa:
f ΤΓ t'Tr-' Sodisfacendo non meno a ie,che a gi'altri,volIe porui il nome fuo con que-
te 'evTue fte parole. Tetrus Laurati de Senis, Efsendo poi chiamato Pietro l'anno 1555.
ìiellit Phue ^^ M.Guglielma Arciprete, e da gl'operai della piene d'Arezzo,che
allora erano
d'Are77o dt- Margarito Bofchi, & altri in quella Chiefa, Hata molto manzi condotta, con mi-
pinfe a fnfto gl;ore difegno,è maniera, che altra, che fofse fiata fatta in Tofcana iniìno a quel
U Tribuna, e tempo, & ornata tutta di pietre quadrare, e d'intagli » come fi è detto di mano di
la c^pelU Margaritone, dipinfe a frefco la Tribuna, e tutta la nicchia grande delia Capella
martore, dell'aitar maggiore,facendoui a ftefco dodici ilorie della vita di Noftra Dcna con-
figure glandi quanto fono le naturali : e cominciando dalla cacciata di Zaccheria
del tempio fino
alla Natiuid di Giesù Chrifto.Nelle quali (1-orie,Ìauorate a frefco
Qff-rmle me' fi riconoicono quali le medefime inuenzioni,i Imeamenrijrane delle teile,e l'ac-
deftme tnuen* tjtudini delle figure, che erano (k&tc proprie, e partirolari di Giotto fuo maeifro.

tioni, aneji^ £ cutta qucila Opera,e bella,e lenza dubbio molto migliòre , che tutto il
neamentt.at· r, n jì ' )■.· w j; ____1.· ,·!^..^ c_____- 1 ·ντ_

, af· reiì:o,quelIo,che dipinfe nella volta di quella nicchia, perche doue figurò la No-
prUdiGioul ^^^^ Doma andare in Cielo ; oltre al far gl'Apoftoli di quattro braccia l'vno, nel
/HO magffro. chs moftrò gran'^ezza d'animo, e fù pri mo a tentare di ringrandire la maniera.^;
Mo^rì gma- diede tanto be^la aria alle refle, e tanta vaghezza a i veitimenrijche più non fi fa-
dei^^a 4'am' .rebbe a que'tempi potuto difiderare. Similmente ne i voltid'vn coro d'Angeli,
mo.efùtibrt. che volano in aria intorno alla Madonna, e con leggiadri mouinienti ballando»
ma, che ^^^^^ femSiante di cantare; dipinfe vna letizia veramente angelica , e dmina; ha-
> ' '"^Zlfr maffimirnente fatto gl'occhi de gl'A"geli mentre fuonano diuerfi inftru-

2φ ΖΐΙ ' l '^enti,rutti fiiH, & tn-enti in vn'altro coro d'Angeli,che foftenuti da vna Nube,in
ailetsUe.e foi-'ma di manior a.pnr^ ano la Madonna in Cielo, con belle artitudmi, e da celefti
"^fsheiia a archi tutti circo-idan.La quale opera,perche piacque,e melicamente, fù cagione,
νφ^Μηή. che gli fa data a fir'a tépera la tauola dell'Aitar maggiore della detta Pieue : doue
Efp^-tiTtnne, e jn cicque αιη^^π di .figure grandi quanto il viuofino al ginocchio,fece la Noflra
leggiadH^ de' Donna ol'figliuolo in hracciojs
S.Gio.Battifla,e S.Matteo dali'vno de'lati,e dall'
mernmm*. ^^ Vangehftaje S.Donato,con molte figure picciole nella predeìla,e di fopra

nel

io tn haliti
ben fatti , e
fimplui arte
mneflofe , e
hmnm manif
fs nella difpO'
fiiiene.

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VITA DI PIETRO LAVRATI.

nel forniméto djla'tauolartutte veiameme belle,e condotte con btioniiiìma ma- ,,

nie-.a .Qiitftarauola>haueijc^oioniatcotuttodi nuouo ε mie ff eie, e di mia ma- -τ^Γί:
no , l'Alti r maggior di detta Pieue, è fiata pofla (opta l'Aitar cii S. Chnftofano a ^^ 'Lfe uZ
piè deila Chiefa. Nè voglio, che mi paia fatica di dii e in queilo luogo, con qiic- f tued'j -
ha occafi'^ne, e non fuor di propofito, che ιηοΠο io da pitcà Chriiliana ,
e dali'af- η^ο tit jt,a

fettione, che IO porco a quefta .veneranda Chiefa Collegiata ,& antica , e per ha- ,

ueie IO in quella apparato nella mia prima fanciullezza i primi docuriienti, e per- Jf^/ΡΦ ·
che in ella fono le relique de mieipaliaci, che moflo dico da quelle cagioni,^ InAtUaLhie*
dal parermi, che ella fuile quaii derelitta, Γ hò di mnnieva reftaurata, che Π può A
dire, ch'ella ila da morte tornata a vita; perche oltre all'haueik illLiminata,eflen- ^^
cJo ofcuriffima, con haueie accrefciute le fineftre , che prima vi erano, e fattene '«^f^T'
dell'altre, hò leiiaroanco
il Coro, che eflendo dmanzi cccupaua gran parte della Αηηηργφ
Chiefa, e con mol a fodisfatcìone di que' Signori Canonici, portelo dietro l'Aitar
fette l^hk rZ
maggiore
.Il qua e Altare nuouo,eisédoi{olar-,nella tauoladinazi hà vnChnftoj fiaurattf,
che ch.aiTia l i t' o,&: Andrea dalle ret!,e dalle parte dei Cero, è in vn'altra tauola
S. G;orgin, che occide il ierpente . Dagli lati lono quattro quadri, & inciafciina
d^ciTi due Santi grandi qu.vnto il naturale, Sopra poi, e da baiso nelle predelle, è
vna infinità d'altre figure, cheperbreuicànon fìracconrano» L'ornamento di
quef^o A tare è alto braccia tredici, e la predella alta bracciadue. E perche den-
tro è voto,e vi fi và con vna fcala, per vno vfcecto di ferro molto bene accommo-
dato , VI fi ierbano moire venerande reliquie, che di fuori fi pofsono vedere per fantmhmiL
due g' ate, che fono dalla parte dinanzi, e fià l'altre vi è la telìa di
S. Donato Ve- " *

fcouo, e protettor^di quella Città ; & in vnacafsa di mifchio di braccia tre, ia_j
«luale hò'fatta fare\li nuouo, fono incisa di quattro Santi. E la predella dell'A ta-
re, che a proportione lo cinge tutto incorno intorno, hà dinanzi il tabernacolo ,
ouero ciborio del Sagramenco di legname intaglisto, e turco dorato y alto braccia
tre in circa,il quale tabernacolo è tutto tondoje fi vede così dalla parte del Coro,
come dinanzi»E perche nó hò perdonato nè a faticarne a fpefa nefsuna,parédomi f
cfser tenuto a così fare in honor di Dio, quella opera, per mio giudicio >hà tutti
quegli ornamenti d'oro, d'mtagii, di pitture, di marmi, di treueriini ,di mifchi, e ^'w,·^
di porfidi, e d'altre pietre, che per me fi fono in quel luogo potuti maggiori, Ma pttsura^varhl
tornando horamai a Pietro L·.urati j finita la tatiofa y di cui fi- è di fopra ragionato,
t» de marmi,
Jauorò mS. Pietro !i Roma molte cofe,che poi fono fiate roiiinare per fare lai^ ; Htueffialtri
labnca nuoua di S. Pietro ► Fece ancora alcune opere in Cortona * & in Arezzo» Uuort di Ut-
^^^^^ β » alcun'aitre nella Cbieiadi Santa Fiora, e Lucilla_j >

monafterio de' Monaci neri. Se in particolare ia vna Capella vn Sw Tomaio, che
nella piaga del petto la mano.

P^^^ro Batto omeo Bologhini Sanere,irquare in Siena, & ir^. f « di/c^
l η Γ ir-fh ■ '^«Ite tauole. Et in Firenze e di fua mano quella, che ^ " Bamio,

Lmi tnl Furona le pitture di co-

ItOLO "itovnoagl annidi noftra falute i ίΛο. & ne! mio libro tante voItecÌrato,fi ..

vede vn difegnodi man d.P.ecro-doL vn Calzolaio, checuce, con femplici, ma pif^^T^Ì

mera cti i ^tro. 'tratto del qua e era di mano di Barrobmeo Bologhini in vna βη,ρΙΜ. e
r^tfoprarvede! ^^ ricauai da quello nella maniera, nJtuX '

fine della Vita di Vietro Laurati,

νίΤΛ

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gz. PRIMA PARTE

VITA DI ANDREA PISANO SCVLTORE/

ET ARCHITETTO.

Ο Ν fiorì mai pertempo nefiuno l'Arre JellaPiitui'a,
gli Scuiton non iaceOlno il If^i'o eiercizio con eccellenza,
di
Ciò ne fono teilimonij a chi ben riguarda > l'opere di
retàj perche veramente quelle due Arri ibnoforelle nare ίιι_Λ
vnineikfirao tempo» e nutrire, c gotiernace davnaraccieiì-
iTsa anima, Qaefio fi vede in Andrea Pi ίρ,ηο , il quale eferci-
tando laScillnira nei tempo di Giotto, fece tanto migliora-
menroin tal Arre,, che, e per pratica 9 e per ftudiO fù ilimaro
ìjt quella profef-
iioae li maggior huomo , che haueiTino hauiito iniìno a
\ tempi fuoi i Tol'carìi,
ema0ìmaaieat€udgetraL· di bronzo, per lo che da chiunque Io conobbe, fu-
rono

^htui'a, e
Scultura fono
farei le goHtr-
nitte iì» vf^ i*
flefs'einima.

Aadfiiit efcr.
sitò i(t Seul,
tura co se ce l-

colarntgte nsl

getto di
lo, e Mfii ko.
η6/·Λίο, e pre.
mi aio.

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VITA D'ANDREA PISANO. 6f uf..,"".·

fono in modo honorate , e premiare i^opere fue, e maffiraamente eia' Fiorentini, nn^mo tfi βψ
che non gl'increbbe cambiare patria, parenti, faculcà, He amici. A coftui giouò ttilt^ ae mas-
molto quelia difficultà, che haueuano hanuto nella Scultura i maeftri, che erano P"
ftati alianti a kii,le Scultuie de' quali erano sì rozzejC si dozinaii,che chi le vede-

ua a paragone di quelle di quefl'huomo, le giudicaua vn miracolo , e che quelk
prime falserò gofte , ne fanno fede come s'è detto alerone alcune, che fono fopia
la porta principale di S.Paolo di Firenze,& alcune,che di pietra fono nella Chie-

fa d'Ogni Santi, le quali fono così fatte, che più tofto muouono a rifo coloco.che 'u pittura. ^

le i-sìinino, che ad alcuna marauigiia, ò piacere. Et Cerro è , che l'arte della Seul- / ieU tnt!rnh

tura iì può molto meglio ritrouare, quando fi perdeGe i'efser delieilac uè, hiuen- ? buona ms«
do gi'huomini il viuo, Se il naturale, che è tutto tondo, come vuoi ella : che non grecano
può l'arte della Pittura ,ηοη eisendo cosi pieifo, e facile il ritrouare i bei dintor-
Π!, e la maniera buona, per metterla m luce. Le quali cofe nell'opere, che fanno «S

i Pittori,-afrecanomaeftà,bellezza ,grazia,ornamento.. Finn vna cola, alle piaura. * ^

fatiche d'Andrea fauoretiole la fortuna: perche eiIenJo ilare condotte in Pifa , Fk digràgio'

come iì è afcroiie detto , mediante le molte ν ittone, che per mare hebbero i P,- uamento in

Fani, moire anticaglie, e pili, che ancora fono intorno al Duomo , & al Campo darli lums di

Santo , elle gli fecero tanto giouamento, e diedero tanto lume, che tale non lo ^uena mank·^
potette hauer Giotto , per non il edere conieruate le p.tture antiche tanto quan-
^^ vtfl» de
to le Sculture. E fe bene fono ipeilo le ftatue delhaute da fuochi, dalle rouine, ^'«w^»·
e dal furor delle guerre, e forterrate, e traiporcate in diueriì luoghi, A riconoice
nondimeno da clii intende , la differenza delle maniere di tutti i paeiì, come per

efempio, la Eg'zia è Cottile, e lunga nelle iìgure, la Greca c arcmcioià , e di molto ^^ d'ogni ma^

rtudio negt'ignudii. e le tefte hanno quali vn'aria medelima. E l'antichiiTìma To- do fi cnmfce In

fcana difHciÌe ne' capeli, alquanto rozza » De' Romani, (chiamo Romani, per diuerfitàdelle

la maggior parte quelli, che poi, che fiì iogg ogata la Grecia,ii conduilono a R; - maniere.
ma, doue ciò che era di buono, e di bello nei inondo fù portato) quefla dico è ta- Egil'isca,,
to bella per l'arie, per l'attitudini, pe' moti, per gl'ignudi, e per i panni, che fi può TofcH'
dire,che egl'habbiano canato il belo da tutte l'altre prouincie,e raccoltolo in vna 'κό -

fola maniera, perche la lia com'è, la mr^lior, anzi la p.ù dmina di tutte l'altre . I. - *

quali tuttQ beile maniere , & arti, eilendo ipente al tempo d'Andrea quella era-j 7illéts,e dtui'
iolamente in vio> che da i Gv>tti, e da' Greci goffi, era ftata recata in Tofcana,on· altre,

de eghjconiìderatvj il nuotiodifegnodi Giotto, e quelle poche anticaghe, che g/- Dettemamere
erano note > in modo ailottigliò gran parte della grolìezza di sì fciaurata man;era ermo [punte al
col ruogi-udicio,che cominciò a operar meglio,& a dare molto maggior bellezza tè^od'Andrea

cofe , che non haueua fatto ancora nelkin altro m quell'arce, mimo a i tempi
moi.Petche^ conofciuto l'ingegno,e la buona prattica.e dertrezza iua,fù nella pa-
'^'i'rV^da molti, e datogli a fke, efsendo ancora giouane, a S. Μ ria a Ponte

fll^^g^i^ine di marmo, che gh recarono così buon nome, che fù ricerco con
re ^'^"«^iffima di venire a lauorai e a Firenze per
l'opera di S.Maria del Fic- ^ ingegno,
t^' .-^-aueiia, efsendofi cominciata la tacciata dinanzi delle tre porte, careftia di
pmtnca, e de,
A'.aeitii, aieiecero le (bne , che Giotto haueua difegnato pel principio di detta flreHa.

AndreaaFirenzeinieruigiodeli'operadetta. E ruercepef
perche diliderauano ir, quel tempo i Fiorentini renderli grato, & amico Papa^Bo-
nifacio Vili, che allora ira fommo Pontefice della Chieia di Dio, vollono, che
manzi a altracofa Andrea
faceile di marmo, e ntraeise d. naturale detto
Pontehce. La m.de me^o n.ano a quella opera, non reftò, che hebbe finita la
fi- f^T
g
«ra del Papa,& vn S, Pietro,.^ vi^S, Paolo, che lo mettono m mezo:le quali tre Tdl plp. t

1 figure n'ifacio vUli

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Gé Ρ R I Μ A Ρ A R Τ E

figure furono pofte, e fono nella facciata di Santa Maria del Fiorev Facendo poi
Andrea per la porra cei mezo di detta Chiefa in alcuni Tabernacolisouer nicchie
certe,figurine di Profeti, fi vide ch'egli haueua recato gran miglioramento all'ar-
te, e che egli auànzaua in bontà » e difegno > tutti coloro, che infino allora hau®-
iiano per la detta fabnca laaorato». Ondefù rifoluto » che tutti i lauori d'impor-
tanza fi deffbno a fare a lui, e non ad altri : perche non molto doppo gli furono
date a fare le quattro ftatue de'principaH Dottori delia Chiefa, S. Girolamo j S.
Aiobiogio, S.Agoftino, e S. Gregorio. E finite quefte, che gliacquifiarono gra-
tia j e fama appreiTo gli operai, anzi appreilo tutta la Citrà, gli furono dare a far
due altre figure di marmo della medefima grandezza > che furono ii Santo Srefa-
nO) e S. Lorenzo, che fono nella detta facciata di S. Maria del Fiore in full'vltime
cantonate. E' di mano d'Andrea fimilmente la Madonna di marmo alta tre brac·
eia» emezo, col figliuolo in collo > che è fopra l'aitar della Chiefetta, e compa-
gnia della AÌifericordia in ftilla
piazza di S. Giouanni in Firenze, che cofa mol-
to lodata in que' tempi, e maffimamenre haiiendola accompagnata con due An-
geh, che la mettono m mezo, di braccia due, e mezo Γνηο. Alla quale opera ha
fatto a giorni noflri vn fornimento intorno di legname molto ben lauorato Mae-
ftro Antonio detto il Carota, e fotto vna predella piena di belliffime figur

l 3 co-

mez;a Noiìra Donna di marmo 3 che è fopra la porta del fianco, pur della Mifen-
cordia nella facciata de' Cialdonai è di mano d'Andrea, e
fii cofa molto lodatajper
liauere egli in eiiH imitato la buona manier.i antica 5 fuor deli'vfo fuo, che ne fù
fempre lonranoj come ceiliraoniano alcuni difegnis che di fua mano fono nel no-
ftroJibro., ne' qualiionodifegnate tutte Thiftorie deU'ApocaliiTe . E perche,^
haueua attefo Andrea in fua giouentLialle coie d'Architettura, venne occafione
di eiTerein ciò.adoperaj-o dal commune di Firenze: perche, eilendomorto Ar-
nolfo,.e Giotto aiienpé , gli fù fatto fare il difegno del cailello di Scarperia , che è
in Mugello alle nudici dell'Alpe..
Dicono alcuni,( non l'auermarei già per vero)
che Andrea-il ex r e Ve net ia vn'anno, e vi lauorò di Scuiiiira alcune|figurette di
marmo, che fono,nella facciata di S. Marco , e chea! tempo di M. Pietro Grade-
nigp Doge di quella Repabhca , fece il difegno dell'Arienale : ma perche io non
ne sòfe non quellos che trono eilere ftat© fcntro da alcuni femplicernentejlafoie-
credere intorno a ciòj ogn'vno a fuo modo . Tornato da Venetia a Firenze^
Andrea, la Città temendo della venuta deli
'Imperadore, fece alzare con preftez-

lì' Communi
ài^ìren^e gli
/tee far dife^
Sm del Οαβί.
di Scarpsria »

l.iiHOro dì
Stuliura a
Venetin ntiln-
faccìatn, di S.
Marco , β fece
il difegM dd
Arféfitl e,
Ordino aggiìt'
^imeto di mit·
ra ,

ripari al re·
tinto dì
tenie.

Glifkdata »
finire vftit por
1Λ dt bron'^o

iti Si Ciò. di
dtfegao ài
Ciottst.

Τίί'Λί^^ ti

piìtfraiieo,e,

^tudittofo
m^e^U di.

;p.in di terra, e di legnami iicuril-i-imi.Hora pc
ZI, haueuaconfua molta lode rnoftrato d'eiTere valente hiiomo nel gettare di
bronzo, hauendo mandato al Papa in Auignone, per mezo di Giotto fao amiciflì-
mo, che allora in quella Corte dimorauavvna Croce di getto molto bella. Gli fù
data afare di bronzo vna delle porte del tempio di S. Giouanni, della quaie_^
haueua già fatto Giotto vn dilegno belliffinw» gli fi\ datajdico, a finire, per elle-
reftato giudicato, fià tanti,chehaueuano lauorato infino allora j il più valente, il
più pratico, e più giudiciofo maeilro, non pure di Tofcana, ma di rutta Italia. La
onde mefloui mano con animo deliberato di non volere rifparmiare nè tempo,ne
fatica, rè diligenza per condurre vn'òpera dr tanta iraportaza, gli fù così propitia
là forte nel getto in que' tempi,che non fi haueuano i fegreti, che fi hanno hoggi,
che in renime di az. anni kcóduiie a quella perfectionejche fi vede:e quello,che

e più}

Fecegì'Xnntì'?
gìiornmento
air Arte , e
τηοβτο grmie
mi»n'{siminùo
nel dtfegfto,
Seg! e^hgnyio
i lam'i pm
mfortmii..

Imita vn io,-,
mr» ftiori àel

fuovfolam» ...............

niera mticA, Jorite a olio da Ridolfo fidiuolo di Domenico Ghiiìandai. Parimente

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VITA Dì ANDREA PISANO» 67

epìùfece ancora in quel tempo medefimo non pure il tabecnacolo deli' Altare amo
maggiore di San Giouanni> con due Angeli, che io mettono in mezo, i quali fu-

reno tenuti cofabeIliirima> ma ancora, fecondo il difegno di Giotto quelle figa- .

tette di marmo , che fono per finimento della porca del Campanile di Santa Ma-
m del Fiore, & incorno al raedefiroo Campanile, in certe mandorle! fette piane- ^
ti, le fette virtù, e le fette opere della mifericordia, di mezo rilieuo in figure pie-
dole ,che furono allora molto Io hts . Fece anco nel medefimo tempo le tre fi-
gure di braccia quattro l'vna, che furono collocate nelle nicchie-del detto Cam-
panile (otto le fineftre , che guardano, doue fono hoggi i pupilli
> Cioè verfo me-
zo giornoj le quali figure furono tenute in quel tempo più) che ragioneuoii. Ma
per tornare, onde mi foro partito , dico, che in detta pcrra di bronzo fono fio-
uifiorìe di
riette di bafio rilieuo, della vita di San Gio. Battifta, cioè dalla nafcita infine alla Mo r^Hem
morte, condotte felicemente, e con molta diligenza. E fe bene pare a moiri, che
in tali tlorie non apparifca quel bel difegno, ne quella grande arte, che fi iuol
)orre nelle figure, non merita però Andrea fe non lode grandiiTima, per elkre ^β^ΐί^βίο1
lato il primo, che poneile mano a condurre perferramente vn'opera,chefa depsreJjerfiA^
poi cagione, che gl'altri, che fono ilari dopo lui hanno fatto quanto di bello, e di
to ti prmo,
difficile, e di buono nell'altre due porte, e negli ornamenti di fuori a! prefente fi che babbi cm-
vede. Qaefta opera fù rofta alla porta di mezo di quel Tempio,e vi ftette infino àmoperfetta-
a che Lorenzo Ghiberti fece que la. che vi è alprefente, perche allora fò ieuata, '"'^'Γ^Τ/Γ
e pofia dirimpetto alla Mifericordia, doue ancora fi troua. Non tacerò,che Απ- ^^ ^^^
drea fu aiutato in far quella porta da Nino fuo figliuolo,che fii poi molro mighor ^^^^^^ ^^^^

raaeftro, che il padre ftaro non era, e che fò finita del tatto l'anno ^^^^^ β

fole pulita, e rinetta del tutto, ma ancora dorata a fuoco ; e credefi » ch'ella fulie , ^(g Nino
gettata di metallo da alcuni maeftri Viniziani molto efperti nel fondere i metal- fuo figlimh.
In e di CIÒ fi troua ricordo ne'libri dell'arte de'Mercatanti di Calimara, guardiani Umetto di det'
dell'opera d; S.Giouanni. Mentre fi faceua la detta porta, fece Andrea non folo ^ort^ μ
l'altre opere fopradette, ma ancora moke altre, e particolarmente il modello del -^^//κί^ΐ·"
tempio di San Giouanni di Piftoia, il quale fù fondato l'anno 1337. nel quale an ■ ^^^^^
no medefimo a dì χ χ γ. di GeLinaio, fù trouato,nel cauare 1 fondamenti di quelta ^^ ^^ ^
Chiefa, il corpo del Beato Atto,ftato Veicouo di quella Cittàjil quale era (tato in
<l'Ael luogo (epolto 137. ani. L'Archicettura danque di quello Tempio ,che e
dlhora,
tondo, fù fecondi que'te.npi ragioneuole. E anco di mallo d'Andrea nella detta irouato ti cor'
Città di Pillola nel Tempio principale vna fepoltura di marmo, piena, nel corpo po dt s. ^tt»
della calia di figure picciole, con alcune altre di fopra maggiori. Nella quale (e-
poltara è il corpo riporto di M.Cino d'AngiboÌgu Dottore di Legge, e molto fa-
"loto iterato ne'tempi fuoi,come teilimoniaM.Franc.Petrarca in quel Sonetto,
Γη Isonne, & con voi pianga ^more·,

^ Capitolo del Trionfo d'Amore, doiie dice?

r/?/ii^ Τίβοία, Guitton d'^re^xp

! tirai-
It

1  ^i/eae in quefto fepolcro di manod'Andrea in marmo,il ntratto di elioM.Ci- seruì in opm
•no,cjie inlegna a vn numero di fuoi Scolari, che gli iono intorno, con sì bella at- dt drchttet-
titudine,e maniera,che in que'tempi fe bene hoggi nó farebbe in pregio,doue;.te tura GuaUie-
efler cofa marauigliora. Si feiui anco d'Andrea,'nelle cofed'Architettura, Guai « Duc't di
tien Duca d Athene,e tiranno de'Fiorentinr, facendogli allargare la piazza} e per ; ■

fortificarfi nel palazzo ferrare tutte le fineftre da bailo del pruno piano, doue è
hoggi la lala de'dugento, con ferri quadri, e gagliardi molro. Aggiunie ancora U

la,

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et PRIMA Ρ A R Τ Β

detto Duca dirimpec'o a S^Picrro Scheraggio, le mura a bozzi, che fono a caut(y
al palazzo, per accrercerlo:. e nella grofsezza del ητΐϋ'ο, fece vna Tcala fegrera-j
per faìire, e fcendere occulcaimente: E nella decta;facciata
di bozzi, fece da bailo
vna porta grande, che feruehoggi alla dogana, e fopi-a quella l'arme Tua, e tutto
col difegno ,e coniìglio d'Andrea. La quale arme, fé benefù fatta [carpellare
dal magiftrato de'Dodici,che hebbecura di fpegnere ogni memoria di quel Du-
ca vriraaiè nondimeno nello feudo quadro la forma diel Leone rapante
cob due-
code, come può veder chiunque la confiderà con diligetiza . Per lomedefimo
Duca, fece Andrea molte torri intorno allemuradella Città : c non pure diede
principio magnifico alla porta a San Friano, e la condufie al termine,che fi vede»
ma fece ancora le mura de gl'Antiporti a tutte le porte della Cic£à,e le porte mi-
nori, per commodi.i de' popoli. E perche il Duca haueua in animo
fare vna
fortezza fopra la coftadì San Giorgio, ne fece Andrea il modello, che poi non_j
Ì2ruì,per non hanerehaviuco la cofa principio,eliendo (lato cacciato il Duca l'an-
no
1345 . Ben'hebbe in gran par> e effetto il difiderio, che quel Duca hauea di ri-
durre il palazzo in forma di vnforte Caftello, pòlche a quelIo,che era flato fatto
da principio fece così gran giunta, come quella
è, che hoggi fi vede , compren-
dendo nel circuitodi quello le cafe deTilipetri, la torre , e cafe de grAmidèi, e
Mancini, e quelle de'Bel!alberri. E perche dato principio a si gran fabrica, &: a
groise mura, e barbacini, non haueua così in pronto rutto quello, che bifogna-
uaj tenendo in dietro la fabnca del ponte vecchio ,che fi lauoraua con preiiezza».
come cofa neceisaria; fi feruì delle pietre concie, e delegnami ordinati per quel-
!or.fenza rifpetto neiluno. E fe bene Taddeo Caddi non era,
perauuenrin-a in-
fenote nelle cofe d'Architettura a Andrea Pifano, non volle di lui in quelle fa-
briche, per eiier Fiorentino, feruirfi
il Duca, ma sì bene d'Andrea „ Voleua il
medefinjo Duca Gualtieri disfare S. Cecilia , per vedere di palazzo la iìrada Re-
manale mercato nuouo : e parimente San Pietro Scheraggio per fuoi commodi:
ma non hebbe di ciò far licenza iial Papa. In tanto fù, come fi
è detto di fopra».
cacciato a-furia di popolo^ Meritò dunque Andrea, per l'honorate fatiche di tan-
ti anni, non (olamente premij grandiffimi ^ma e la ciuilità ancora : perche fatto
dàlia Signoria
Cittadin Fiorentino, gli furono dati νίϊίζι,.ε magiflrati nella Città:
e l'òpereiue furono in pregio, e mentre che vide, e dopo morte, non fi trouan-
dociilo pafsaise nell'operare,.infinoa che non vennero Nicolò Aretino, Tacop®

dèlia Qiiercia Sanefe, Donatello»,Filippo ·^' SerBrunellefco, e Lorenzo Ghiber-
ti:-i quali condiifsono le Sculture,a tre opereche fecero di maniera, che co»
nobbono i popoli in
quanto errore eglino erano flati infino a quel tempo ; ha-
uendò ritiOuato quefii con l'opere loro quella virtù ,,che era molti , e niolti anni
ftata nafcofa, enon bene conofciuta dà gi'huornint.. Furono l'opere d'Andrei^
intorno a gli anni di noftra (alute 134^·

Rimafero d'Andrea!molti difcepol'>e fra gl'altri Tommafò Piiano^ Architett(V
e Scultore, il quale finì la Capella di Campo Santo; e pofe la fine
del Campanile
del· Duomo, cioè quella vltima parte, doue fono le campane ;
il quale Tommar»
fi crede, che fufse figliuolo d'Andirea , trouandòfi cosi fcritco
nella Tauola deir
Aitar maggiorediiSan Francefco'diPifa vnellaqnaleèintagliatodimezorilieu»
vna Noflra Donna,:& altri Santi fatti da lui,
e lotto quelli il nome fuo » e di fuo
padire. D' Andrea riaiafe Nino fuo figliuolòvche atrefe allaScultnra, & in Santa
Maria Nouella di Firenze fù la fua prima opera > perche vi finì di marmo vnajt'
Noiira Donna»Hata cominciata da padre> la quale è dentro alla porta del fianc·

alato

Jrmì dì dem·
JOuca,

Lauoro intor·
no alla Citta
di torri, An·
tiportt^e porte
mineri,
Fece il model'
lo di vna Fer»
tilla.

. 2ì Daen velfe

feruirfi d'A»»

drea a Firen·
:^eper4prfò-'
r estero.

Jtadrea perle
molte fatiche
htbbe premy,
e Citt^imtm'

Altrìmaeftni,
che miglioiram
tono l arte ri-
trouarmoKelP
«f ere la vinti
^rtma nafco·
β'Λ, e non. di'
mfitutu,
Tom*{o Ρι/Λ'
ne Stol4ro di

Andrea, e ino*'

iMuerii

hiifo Scultore^
figlio: di An~
un» % e {Hit
IkHif'h

-ocr page 159-

VITA DI A Μ DR E A PISANO.

a lato alla Capella de'Minerbetti. Andato pei aPifaj fece nella fpina vna Noftra
Donna di marmo dai mtzo in su , che allatta Giesù Chrifto fanciulletto inuplto
in certi panini fottili. Alla quale Madonna, fò fatto far e da M.Jacopo CorbimV
vn'ornamento di marmo l'anno 15 z z. Et vn'altro molto m-'^giore, e più bello n
vnaljia Madonna purdi marmo,e inrera.di manodel medcfimoNino; Neil*at«
titadine della quale
fi ve^ie eiTa madre porgere con molta grazia, vna rofa alfì-
gliiiolo, che la piglia con maniera fanciullefca, e tanto bella, che fi può dire, che
Nino comindafìe veramente a cauare la durezza de' faiTi, e ridargli alla viuezza
delle carni j l iiitrandogli con vn pulimento grandiiTu-no . Quella figura è in me-
zo a vn San Giouanni,
Se a vn San Pietro di marmo, cl-e è nella tefta il ritrattodi
Andrea di naturale. Fece ancora Nino per vn'A Itare di Santa Caterina, pur di Pi-
fa, due ilatue di marmo,cioè vnaNoftra Donna,& vn'Angelo, che rAnnunzia,
lauorare, sì come l'altre cofe fue, con tanta diligenza ,c)ie fi pnò dire, che le fia-
no le migliori, che fulTìno fatte in que' tempi. Sotto quefta Madonna Annun-
ziata,.inragliò Nino nella bafa quelle parole . A dì primo di Febraio 1370. E
fotto l'Angelo., Quelle figure fece Nino figliuolo d'Andrea Pifano. Fece ancora
•altre^opere in ouella
Città, Se in Napolijdèlle quali non accade far menziorc_jr.
Morì Andrea d'anniÌettantacinque, l'anno mille trecento quaranta
cinquerefòi
fcpolto, da Nino in Santa Maria del Fiore con quello epitaffio.

Ingenti .Andreas ìacet htc Tìfanus in n>rna.

^Armore qui potuitfpirantes ducere yultus:

Et ftmulacra Deum medijs ìmf onere tenìplis.

Ex iercyex auro» candenti,&pMlchro elephanto^

Firn dèll'aip^itad'iAndrea Tifano l

Bilia atAiu-
dine efprejfa
Νίηο,ψοβ

It lena la du-
da

fi riduttndeii

Λ v$Hti:(a di
tarneeengran
fulmmte»

Mirti^ β fi·
polturad'Aìf
dm$

-ocr page 160-

y0

PRIMA Ί? A R: T E

VITA DI BVONAMICO BVFFALMACCO

PITTORE FIOR E ]M TINO.

|VONAMICO di Chriftofano , Jetto Buffalmacco Pittore
Fiorentino;, il qual fù dilcepolo d'Andrea Tafi, e come hiio-
mo burleublev Gelebrata da IÌ4. Giovanni Boccaccio nelfiio
Decamerone, fù come fi sà, cariffimo compagno di Bruno, e
di Calandrino > Pitrori ancor
eiTi faceti, e piaceuoli: e com^_;>
fi può vedere
nell'opere fue, fpaife per rutta Toicana, di
affai buon giudicio nell'arte fua del dipignere. Racconta-^
Franco Sacchetti nelle iue trecento Nouelle, per cominciarrai dallecof(S_^,
che coilui fece> eflendo ancor giouinetto , che ilando BufFalmacco, mentre era
garzone con Andrea s che haueua per coihme il detto fuo Maeiko, quando

erano

Neuella dì
hi Tifirifa
da Tramo
Sacfktfì.

-ocr page 161-

vita m bvgnamico bvff. yt

eraijo le notti grandi-leuaiii inanzi giorno a lauoiare, e chiamare i garacri alla-j ^^^^^^
V eggia : La qual cofa rincrefcendo a Buonaniico, che era fyto ìeiiar m fu buon ^^^^^^^ .
del dormire, andò penfando di trouar modo, che Andrea Γι nmanefle dileiiarh ly^nò

tanto inanzi giorno a lauorare : e gli venne fatto> perche hauendo troiiato in vna a'ifignn-'
volta male fpazzata trenta gran fcharafaggi»
oueropiattole con certe agora fotti- per non
li > e corte , appiccò a ciafcuno di detti icharafaggi vna candeluzza in iul dodo : E Itmrfi a vf^·
venuta l'hora, che foleua Andrea leuarfi, per vna feflura dell'v ciò gli mife tutti a S'^·
vno a vno, hauendo accefele candele, in camera d Andrea ; il quale fuegliarofb
edendo appunto I
'hora,che foleua chiamare BuftairaaGCO» e veduto que~' lumici-
ni, tatto pien di
paura, cominciò a tremaverC come vecchio, che era rtucto pau.
iofo a raccomandariì pianamente a Dio, e dir Tue orationi > e faìmi, e finalmente
meflo il capo fotto i panni, non chiamò per quella notte altrùnenti Buffalmacco,
ma fi ftette a quel modo,iempre tremando di paura, infino a giorno. La mattina
poi leuaTofi dimandò Buonamico, fe haueua veduto, come haueua fatto egli, più ^· .
di mille Demoni}; acuì diffe Buonamico di nò, perche
haueua tenuto gl'occhi
lerraci, e fi marauigliaua non ellere ftato chiamato a veggia : corne a veggia dille
Tafo ? Io hò hauuto altro peniiero, che dipignere, e fono rifoluto per ogni mo-
do d'andare a ilare in vn'aÌtra caft . La notte feguente, ^ fe bene ne mife BuonA-
mjco tre {òli nelkdetta camera di Tafo^ egli nondimeno, tra per la paura<Je!}a-^
iimere,
notte paffata, e que' pochi diauoli, che vide,.non dormì punto ; anzi non fa sì lo-
fio giorno, che vfcì di caia , per non tornami mai più, e vi blibgnò del buono à
f.irgli mutar opinione ; pure , menando a lui Buonamico il Prete della parocchia, ■
jj-^crfi, e
il meglio, che puote lo raconfolò. Poi difcorrendo Tafo , e Buonamico (opra il pfopcfttioni di
cafo , diflé Buonamico : Io hò iempre fencito dire , che i maggiori nimici di Dio Bnonamico
fono i Demoni], e per confeguenza , che deono anco eflercapitaliffimiauer fari J fatte edAn-
de' Dipintori : perche, oltre,che noi gli facciamo fempre bruttiffimi, quello, che drea,
èpeggio

Effetto dipa-
ura in Ali
drea , eh''tra

vmhi&^

^ ....., ^ w.i Kifolutme di'

ghori ;per Io cìTe rèi7endo7i7ÌDsmonii di ciò (degno con eilo noi ; come quella
che maggior poilknza hanno la notte, ^ ohe il giorno, ci vanno facendo di queli i i ' ^
giuochi,e peggio faranno,fe queffa vfanzadi kuarfi a veggia non fi lafcia del tut- -s '

to, con quello, altre molte paro}e,reppe così bene acconciar la bifognaBuftal· ^· .

iTiacco, facendogli buono, dò^^he diceua mefler lo Prete, clie Tafo fi rimafe d.
leuarfi a veggia, cidianolid'andar-ìanotte per cafaco'kimicini. Ma ncomin- ^^

ciaadoTafo , tirato dal guadagno, non moki mefi dopo, e quafi fcordatoii o^ni μ:
paura, a leuarfi di niiouo a lauorare la .nOrte^e chiaiTìare Bui!almacco,ricomincia-
cefitàioo là. -
rono anco i fcarafagffi a andar attorno,endè:fìi forza,che per paura ie ne umane -
f^ar in tutto,
le mteraj^ente, eflindo a ciò maffimamente configiiato dal Prete . Do^->o, duiol- l tm^mthne
gatafx queftacoia per la Città fù cagione^ che per.vn pezz® nò Tafo, ne altri Pit- dx Mw

di leuarfi a lauoraVe la notte.. a non molto,

dmenuto BuffaKt^acco ailai buon Maeftro, fi partì, .come ' raccGDta il medefiiTO βο^ »

^anco , da Tafo. lauorare da fi non gli mancando mai, chete. - j ; ^:

Hora,hauendoegluoho vnacafaper lauorarui ,ehabitarui p:aru..ente,cheha- W/i·

ueua allato vn iauorante di Una afiai agiato,il quale,eiTendo vn nuouo vccello era
chiamato Capodoca, " leuaiia aniatiTtino,quando

appunto, hauendo infino allora lauorato,andaua Buffalmacco a npofariì·.· e poftafi jih^t étaide'-
a vn iuo filatoio, il quale haueuaper mala ventura piantato dirimpetto aHettO d?
ti fmcef' a-
Buffalmacco, attendeua tutta 1 '

^ notte a filar lo (lame : .perchejion potendo Buonau Bmnamm

UilCO'

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gz. PRIMA PARTE

Bmnamica mico d Jfraire nè poco, nè atlai j cominciò λ andar penfando come potefle a ^ue-
ψ^Α,ί,αο eglt fta noja rimediare ; ne pafsò molco, che s?auide> che dopo vn muro di mattoni fo-
^^Ju il duiideua fra fé > e Capo d'oca, era il focolare della mala vici-

vkim ^ ^· Ρ^"· vedeua ciò,che ella intorno al fuoco faceua: perche,pen-

'pudiaiìfime· nuoua maiicia> forò con vn fucchio lungo vna cannaj Se appoitaro, che la

aio. Donna di Capo d'oca non falle al iaocoj con ciiajper lo già detto rotto del m uro?

iTsiie vna, ik: vn'altra volta» quanto iaie egii voile nella pentola della vicina i onde
Oifcemmodo tornando Capo d'ocajò a dw'iìnare^ò a cen.ijil più deli e volte non poceua nè man-
r.aco a vicini g''^'·» allàggiar, nè mine tra, nè camelia modo era ogni coiaj per Io troppo fa-
./ff l'aflHtm le amaca: per vna , ò due volte hebbepatienza 5 e folamenie ne fece vn poco di
rnrouata. riimote ; ma poi » che vide, che le parole non baftauano > diede perciò pai voice
delle bude alia {ouera Donna, che ii diiperaua, parendole pur
edere più? che au-
uercita nel falar jl cocco.. Cottei
vna voita fra l'alcre,che il marito, psrciò la bat-
reua , cominciò a
volerlifcufare , perche venuta a Capo d oca masgior colera , di
modo fi miie di nuouo a }3ercuocerla , che gridando ella a più potere , corie tutto
li vicinalo a rumore : e fra gli altri vi traile Buiiaimacco, il quale vdito quello, di
Bucmmico ^^^ accufaua Capo d'oca la moglie, & in che modo ella fi fcufaua, difse^ a Capo
■Buffalmacco d'oca; gnaffe foao,egli fi vuole hauer difcrettione,tu ti duoli,che il ectto mattina,
adàucela rat e fera è troppo faiat ÙJ& 10 mi maraui^l o che quella tua buona donna faccia coin,
gtom del tra- che bene ftia ; io pex me non sò come il giorno ella fi fortenga in piedi, confide-
uaglto, e con' randoj che tutta la notte veggia intorno a quefto fuo filatoio , e non dorme, ch'io
feglia, a far creda, vn'hora ; fà ch'ella fi rimanga di quefto fuo leuarfi a meza notte, e vedrai,
((omtre la^ hauendo il fuo bifogno di dormire,ella darà il giorno in ceriiello,e non incor-
Asmn» jj^ j ,
Pqj nuoltoÌ! a gii altri vicini, fi bene fece parer loro Ia_u»

cola grande, che tutti difsero a Capo d'o .ha, che Buonamico diceua i! vero, e co-
si fi voleua fare, come egli
auifaua. Onde egli credendo , che così fufse , le co-
mandò, che non fi leuafle a veggia, òi il
corro fa poi ragioneuolmente falato , fe
-Effetto del non quando percafo la Donnaalcuna voita fi k'uaua, percheallora Buffalmacco
fuoxonfegUo . toniaua al fuo rimedio ; il quale finalmence fu caufi, che Capo d'oca ne la fece

Ltiuon di jgi ^jj^o ^ Buffalmacco dunq ue, fra le pruviC opere, che fece, lauorò in ^

iTrZT.llr Fii-ense nel monafterio delle Donne di Faenza,che era.doue é hogsi la Cictadel-
ticolarmlntl' la del Prato, rutta la Chiefa di fua mano , e fra l'altre ftone, che vi fece della vita
rappr fmtàdo di Chriao, nelle quah cucce fi porto molto bene, vs fece i'occifione , che fece fare

j itf/f/rjeniano '■^ΙΛ·^»·.^^^ nw^jw ----- i I Γ /7 — — ? Λ. vv,^.

Vvcctfiona de- Herode de' putti Innocenti, nella quale eipreiie moko viuamente gl'affetti, così
gl'innocenti de gl'^ccilbri, come dell'altre figure, perciocne in alcune balie , e madri,

- ftrappando ifanciulli di mano a gl'vcciion , fi amtanoquanto pofsono più , colle
' mani, co
i gviifìy j co i morfi, e con tutti i raom.-nenri del corpo , fi moftra nel di
fuori l'animo non men pieno di rabbia, e furore, che di doglia.

Della quale opera, eiJendolioggrquel inonafttno rouinato, non fi può altro
dere > che vna carta tinta, nel
noftro libro de' difegni di diuerfi, doue è que-

tfprejft νΐίίΛ
mente gl'af
fettt.

■Di dett'opera
l'Autore n'hà

il di/tgno. vedere > che vna carta tinta, nei ue Uiiegni di urnern, doue e que-

Buonamiso fta ftoria di mano propria di efso Buonamico difegnaca. Nel fare quella opera_^
Suffalmatco alle già dette donne di Faenza» petcne era Buffalmacco vna perfona moko
eraperfona e', eftratta, ^acafo» così nel veftire » come nel viuere » auuenne , non porrando
flratta, ^ a ggji ^osi fempre il cappuccio, & il mantello, come in que' cemp: fi coilumaua ,
'rtjtnlT che guardandolo
alcuna voltale Monache, per h turata, che egli hauea fac-

cominciarono a dire col Caicaldo , che non piaceua loro vederlo
cune Monache modo in farfetco; purrachetcatedalui, fe ne flettono vn pezzo fenza_^·
de/U perfona dire altro , alla per fine, vedendolo pur ièmpre in qiielmedefimo modo,
di Buomm, , dubi-

-ocr page 163-

VITA DI BVONAMICO BVFE

dubitaniio, che non falle qualche garzonacchio da peftar colori, gli fcciono dire
dalla Badefsa, che haiierebbono voluto vedere lauorar'il maeftro, e non Tempre
g^lut. A che nTpoie Buonamico, come piaceiioie, che era, che toilo, che il mae-
ftro vi toisejlo farebbe loro intendere,accorgendoiì non di meno della poca con-
fidenza» che haiieuano in lui. Preio dunque vn defco, e meisouene fopra vn'al-
tto, raife in cima vna Brocca, ο vero mezina da acqua,e nella bocca di quella po-
tè vn capuccio in fui manico: e poi il refto delia mezina, coperfe con vn mantel-
lo alla ciuile, affibbiandolo bene intorno a i defchi j e pofto poi nel beccuccio»
d'onde l'acqua fi trae acconciamente vn pennello, fi parti ; le Monache, tornan-
do a veder il lauoro per vno aperto, doue haueua caufato la tek>videro il poiìic-
cio maeftro in Pontificale, onde credendo, che lauoraile a più potere, e fu ile per
fare altro lauoro, che quel garzonaccìo a catrafafcio non feceua , fene ftettono
più giorni 5,fenza penfar ad altro. Finalmente, elìendo elleno venute in diHde-
rio, di veder, che bella cofa haueiie fatto il maeftro, paiTati quindici giorni, nei
quale fpazio di tempo Buonamico non vi era mai capitato, vna nette, penfando,
che il maeftro non vi fufle, andarono a veder le fue Pittureje rjmaiero tutte con-
iute, erofsejeneUo fcoprirvna più ardita dell'altre, iliolenneraaeftro , cheiii-j»
quindici dì non haueua punto lauorato . Poi conofcendo, che egli haueua ioro
facto quello, che meritauano, e che l'opere , che egli haueua fatte, non erano fe
BOii lodeuoli, fece richiamar dal Caftaldo Buonamico j il quale con grandiffime
rifa, e piacere lì ricondufse al lauoro, dando loro à conofcere ,che differenza iia
da gli huomini alle brocche , e che non iempre a i veftimenti fi deono l'opere de
gli huomini giudicare. Hora quiui, in pochi giorni, finì vna ftoria, di che fi con-
tentarono molto, parendo loro in tutto le parti da contentarfene, eccetto, che le
figu s^e nelle carnagioni pareuano loro anzi fmorticce, e pallide, che nò « Baora-
'^"'^'^^^'^tendo ciò, e hauendo-inteio, che la Badefsa haueua vna vernaccia la mi-
glior di Firenze, la quale, per lo Sagrifizio della mefsa ierbaua, difse loro,
a vo:ere a cotal difetto rimediare, non fi poreua altro fare, che (temperare i co-
ìori con vernaccia, che fufse buona ; perche, toccando con effi, così ilempera-
ti, le gote j e rairrec^rni delle figure, elle diuerrebbono roise, e molto viua-
mente colorite. Ciò vdito le buone Suore, che tutto fi
credettono , lo ten-
nono fempre poi fornito di ottima vernaccia mentre durò il lauoro ; & egli go-
dendofeia ; fece da indi in poi con i fuoi colon ordinar] le figure più frefche,
coloritc._j3.

Finita quella opera dipinfe nella Badia di Settimo alcune fòorie di S, Iacopo
nella
Capella, che è nel chioilro a quel Santo dedicata; nella volta delia quale te-
cei quattro Patriarchi, & i quattro E uangeiiSìi,fra i quali è notabile l'arco, che fà
Ν iÌ^a'^^^ ''«olto naturalmente nella penna , perche renda rincfaioftro.

V σ ·^^ f^ccàcc ,che fon cinque, fi vede nelle figure belle attitudi-

ni,(X ogni cofa condotta con inuenzione, e giudicio. E perche vi,ftaua Buonami-
co per iaie rincarnato più facile di campeggiare^corae fi vede in quell'operai per
tutto di
pauonazxQ ^ ii quale col tempo vna faiiedine, che fi mangia, e
confuma il bianco, e gi'alcri colori, non è marauiglia, e te quell'opera è guafla, e
confumaca j la doue nìoke altre che furono fatte molto prima fi fono beniffimo
conferuate.^ Et io, che già penfaua,che a quelle Pitture haueiie fatto nocumento
1 numidojho poi prouato per efpenenza,confiderando altre opere del medefìmo,
che nó daii'huraido,ma da quefta particolare vianza di Buffalmacco, è auuenuto,
^e fono in modo guaite, che non vi fi vede ne difegno j ne altro; e doue erano le

Κ car-

Smnamk» im-
prende poca
cofìfi'ienKatdà
τί/ροβα, e tre-
nn maii ii
hnrlar le A/e-
mcbe fiandat
abfeniei
Sluells sh·
pannano per
i'in^entioììe
del fuctetlo, e

Πί rtmangons
hmlMs·^

ritorna alla·
uoro β ride
dtW ingannof
e f» conofseret
che h opere de
gVhuomini n»
fi mdtcmo
veiitmentia

Oppofitiom
fatta dalle
Monache ai
lauoro*
%uppofix in"
usntiom per
far le figure
più frefch9, e
colorite.
Altra opera co
Hifioria dtS*
Iacopo,

Olfermtions
di vn' atto di
S* Luca altre.
belle attitudi-
ni cèdette co»
imenttone
» e
gitfdiiio^
Effetto dm*
nofo del pam»
ηΛΐ,χο di fals»

OfferHationt
in ciò dell'At^
t e re·

-ocr page 164-

gz. PRIMA PARTE

carnagione no è altro rimafosche il paonazzo. Il qua! modo di fare non dee vfàrii
da chi amasche le Pitture fue habbiano kiga vita.Laiiorò Buonainicojdopaquel-
losche fi è detto difoprardiie rauole a tempera a i Monaci deliaCertofa di Firézet
delle quali IVna è doue danno per il choro i libri da cantaresc l'iÌtridj (otto nelle
Capelle vecchie. Dipinfe in
IreCco nella Badia di Firenze la Capella de'Giocbi, r
Ballami a lato alla Capella maggiore. La quale Capella ancora,che poi fuiTe con-
ceduta alla fàinilglia de'Bofcolij ritiene le dette Pittare di Buffalmacco infino a^
hoggi, nelle quili f^ce la Paffione drCbriflo con effetti ingegnofi, e belli > mo-
ftrando in Chrifto quando lana i piedi a i difcepoli bumiltà > e manfuetudin^__jj
grandiffi ma. E ne^ Giudei, quando lo menano ad Herode fierezza j e crudeltà,
ma particolarmente moilrò ingegno, e facilità in vn Pilato, che vi dipinfe in pri-
gione in Giuda appiccato a vn'Albero, onde Π può ageuolmente credere^
quello, che di quello piaceuole Pittore fi racconta, cioè, che quando voleua vfai
diligenza,^ affatticarfi>ilche di rado auueniua , egli non era inferióre a niun'al-
tro dipintore deTuoi tempi. E che ciò fia vero l'opere, che iece in Ogni Santi a
frefco doue
è hoggi il Cimitero, furono con tanta diligenza lauoraterc con tanti
auiiertlmenti, che l'acqua,.cheè piouuta loro fopra tanti anni, non le hà potuto
guaftare, ne fare si che non fi conofca la bontà loro ,e che fi fono mantenute be-
niiitmo er eflere fiate lauorate puramente fopra la calcina frefca. Nelle facce
dunque fono la Natiuità di Giesù Chnflo, e l'adorazione de'Magi, cioè fopra fa
fepo tura
de gPAliotti» Dopo queft'òpera, andato Buonamico a Boìogna,]auorò·
a
frefco in San Petronio nella Capella de' Bolognini, cioè nelle volte alcune fio-
rie, ma dà non sò che accidente ioprauenuto non le fini. Dicefi che l'anno 1502^
fu condotto in ΑίΓιΑ,ε che nella Chiefa di San Francefco dipinfe nella Capella di
SantaCatterinatuttelefloriedellafua vita in frefco le quali fi fono molco ben
conferuate, e vi fi veggiono alcune figure, che fono degne d'eli ere lodate ^ finita
quefta CapelL»nel paifar d'Arezzo il Vefcouo Guido, per baiiere iiarefo,
Buonamico era piaceuole huomo, e valente dipintore, volle, che fi fermafle in^
quella Città, e gli dipigneiTe in Vefcouado la
Capelia doue è hoggi il Battefìmo,
Buonamico meifo mano al lauoro n'haiieuagià fatto buona parte quando gl'au-
uenne yn casfo il pili Urano del mondo :
e fù fecondo, che racconta Franco Sac-
chetti nelle fue trecento nouelle-, quefto. H'iusua il Vefcouo vn Bertuccione il
più follazzeuole, & il: più cattiuo, che
alrro, che fuOe niai; Oiieflo animale, flan·»
do alcuna volta fui palco a
vecfere laaorare Buonamico, haueua pofto mente
ogni cofa, ne leaatog,U mai gl'occhi
da dolio quando mefcolaua i colori,traiTìna-
na
gl'alberelli, fliacciaua l'voua per fare le tempere ^& in fomma quando faceua
qual fi voglia altra cofa »Hora hauendo Buonamico vn Sabbato fera lafciato d'o-
pera,la Domenica mattina queflo Bertuccione,non oflante,che haueiie apiceato^
a i piedi vn gran Rullo di legno·,il quale gli faceua portare il Vefcouo, perche nó
potefTe così faltare per tutto, egli falì noti oilante il pefo, che pure era graueia
fui palco,doue iole
ua. ilare Buonamico a lauorare.-e quiui recatofi frà mano gral-
berelli,rouefciato che hebbe
l'vno nell'altro,e fatto fei mefcugli,e fliacciato qua.-
te voua v'erano, cominciò a imbrattare con i pennelli quante figure vi erano, &
feguitando^di cosr^re, non reflò fe non
quando hebbe ogni cofa ridipinto di fuai
manoiciò.fatto di nuoua fece vn niefcuglio di tutti i colorijche gli erano auanza-
tÌ,comei.che pochifiifreroie poi fcefo del palco, fi partì. Venuto il Lunedì matti»
najiornò^Buonaraico al
fiio lauoro,doue vedute le figure guafte,gl'àlberelli roue-
](ciati>.Stogni.co£a fotte foprarreflòiuitomaraui Poihauendo

molte

£j>ftfifv Λ Ρ*'
fc» té? Λ tenv
ftr» di B»0'
WAmit»,

^^itti tt^t*
gnofi efpreft
neW hifÈerm
della pmftont.

Di rad^volc
ti* ajftticarfiy
^ vfar dth»
gen^a, m» fa»
fetta farlo.
Lattar» afri-
fio fatto pura'
mente /opra
salc'ma frefca
ton multi au»
vurtimenti i »
àtligen\a,conm
fematei^ent,
L»ttor0 Ut
I
i» Ϊ Pttrom^
di Bobgna,
jiliri tauori

C»ff βτΛΜ

fttcteffo Λ BuO'
nmìiso riferi-
ti neUx muti·-
it di Franti
Sacthettu

Bertftcciom
^erua a àtm
fingere Βϋβ'
vtamtiDk
^ Birtucciom
di ηφοβο fà»
fpnàe t colori^
β gti»ft* /er
S>ittuf* ài

Siturifa a ff^
mar gaaPo ti
lattoro; e- β:
mmetio , che
m pHtifii

-ocr page 165-

VITA Di BVONAMICO BVFE 71

moke cofe fca fé medefimo diTcorio, pensò finalmence,che qualche AcetinOjpec
inuidia>o peraltro hauefle ciò farro: onde, andatoiene al Vekouo gli dide come
la cofa pailaua. e quello di che dubitaua : di che lì Veicouò rimafe Force tm-bato,
cure fatto animo a Buonamico, volle, che rimetreile mano al lauoro,e ciò che vi
era di guafto rifacefse: E peixlie haueua predato alle iue parole fede,le quali ha-
ueuano del veriftmile, gli diede (ei de'fuoi Fanti armati, che ftefsono co'falcioni soUaté
λγ-
quando egli non lauoiaua, in aguato, e chiunche veniise, ienza miiericordia ta-
 ff -

gliafseno a pezzi. Rifatte dunque la ieconda volta le figure,vn giorno che i Fan
ti erano in aguatcecco, che fentono non sò i che rotolare per la Chieia ; e poco
apprefso il Bertuccione falire fopra l'afficoA^ in vn baleno fatte le meltiche veg-
gionoilnuouoMaeftrommerrialauorareiopraiSanti di Baonamico : paxhe
chiamatolo, e moftrogli U malfattore, & interne con efso lui llando a veaerlo la- i Ρ
uovai-e furono per crepar delle rifa, e Buonamico particolarmente,
come che do-
lore glie ne venifse, non poteua relìare di ridere, ne di piangere per le riia. Fi-
nalmente licenziati i Fanti,che con falcioni haueuano fatto la guardia, fe ne andò
al Vefcouo, e gli difse: Monfistior voi volete, che fi dipinga a vn modo, & lì vo- me^amco ri-^
ftro Bertuccione vuole a vn'akro. Poi contando la cofa, foggiunfe, non ifcade-- ΐγ'
ua, che voi mandafte per Pittori altroue fe haueuate il Maeftro in caia. Ma egli ^,

forfè non fapeua così ben fare le mediche: horsù, hora che sà,faccia da e,che io ^ ^

non ci fon più buono: Et conofciuta la fua virtù, fon contento, che per l'opera^ ^^^^^^ j·^^
niia non mi fia alcuna cofa data, i e non licenza di tornarmene a Firenze. Noi^
poteua, vdendo la coia il Vefcouo, fe bene gli diipiaceua, tenere le rifa, e malTi-
mamenteconfìderando, chevnabeftia haueua fatto vna burla a chi era il pm
II Vefcmotu
burleuole huomo del mondo : però poi, che del nu5uo cafohebbono ragionato, Buma-
e rifo a baftanza , fece tanto il Vefcouo, che fi riniefse Buonamico la terza volta
all'opera, e la finì. Et il Bertuccione per caftigo, e penitenza del commeHo erro-
^^ i„ vi»
κ fò ferrato in vna gran gabbia di legno, e tenuto doue Buonam. lauosraua mimo J ^^^
a che fu quell'opera inreramete finita: nella quale gabbia non fi potrebbe niuno
jmaginar i giuodv, che quella beftiacda faceua coi muio, con la perfona, e con //
ce/couo gii

le mani, vedendo altri fare, e non potere dia adoperarfi. Finita l'opera di queRa srdtnò dt di-

Ca pella ordinò il Vefcouo, ο per burla, ο per altra cagione, che eg i fe lo tacefli, pngm vn'A^
che', Buffalmacco gli
dipign.ise in vna facciata del iuo palazzo vn Aquila addof- »
fo a vn Leone, il c lale la haueise morto. L'accorto dipintore,hauendo promef- ^ W
io di fare tutto quello, che il Vefcouo voleua, fece fare vn buono ailìto di tauo- ^^^

le^ con di re non volere eiTer veduto dipignere vna sì fatta cofa. E ciò fatto, rin- ^^

chinfo, che fi tu tutto folo là dentro, dipinie per contrario di quello, che il Ve- ^^^^ ^^^ ^re

fcouo voleua, vn Leone, che sbranaua vn'Aquila ; e finita l'opera, chieie licenza tomram^

Vefcouo d'andare a F.renze a procacciare colori, che gh ''''"''fZnLT

ferrato con vna chiaue il tauolato, fe n'andò a Firenze, con animo di non torna- mme , ^ tS
re altran.enre al Vefcouo· il quale vergendo la cofa andare.η lungo, & il .hpin- yefcouo fi /r.-
tore non torna
e t^^^^^ ' conobbe, che più haueua faputo Buo-

remico,

ta, il cne hauend^o Buonamico mtetó, gli mandò a dire , che gh facefle il peggio, ^J^
che poteua, onde il Vefcouo lo minacciò da maladetto fenno, pur fina mente, «

confiderando che egli fi era meiso a volere burlate,e che bene gli ftaua rimanere perdenurli, e
burlato, perdonò a Buonamico l'ingiuria,e Io riconobbe delle lue fatiche libera- rtmmerarL·, e
lifiiimamente, Anzi » che è più, condottolo indica non molto di nucuo in Arez- tf*ttMh

e
dm

Κ 1

ZO» fam^ifore»

-ocr page 166-

gz. PRIMA PARTE

Simdmke t9 zo, gli fece fare nel Duomo vecchio molte cofes che lioggi fono pei' teita > trat»
aviict αηΛΛΗΆ tanJolo Tempre come fuo famigliare, e uiolco fedel feruicore. Il medeiìmo di-
^^'^Idt^Maf P'^'·^ Arezzo, nella Chieia di S.Iuilino la nicchia della Capella maggio-
di^glo. Scriuonoalcuni, che eisendo Buonamico in Firenze,e trouandoiì fpefso cc η

Si trouo 'ad ou , e compagni fiioi in bottega di Mafo del Saggo , egli fi trouò con iBoIti

àknAtemctfe' itfn a ordinare la feila, che ili di di calende di Maggio feciono gl'huornini di
fio, m Arno.à' ^«ì^go S. Friano in Arno fopra certe barche, e che quando il ponte alla Carraia,
heive fortun» che allora era di legno rouinò,pet eiTere troppo carico di perione,che erano cor-
4t non morire (e a quello fpettacolo, egli non vi morì,come molti akri feciono, perche quando
caduta apijto. rouiaò il ponte in sù la raachina>che in Arno fopra le barche rappreienta-
dt vnpente,, l'Infernojegli era andato a procacciare alcune cofejche per ia feda macauano.
ioAi» dt s Efsendo non molrodopo quefte cofe condotto Buonamico a Fifa, dipinfO
ΐΛο'ο in Pth "ella Badia di S. Paolo a ripa d'Arno allora de' Monaci di VallomblOfaiin tutta la
in iti Λ eù* crociera di quella Chiefa da tre bande , e dal tetto infino in terra , molte hiflorie
fi vede viuez.' del Teftamento pecchio, cominciando dalla creazione deli' huomo , e feguiran-
^a nelle figure do infino a tutta a edificazione della torre di Nembroth, Nella quale opera, an-
attica.. e V»' corche hoggi per la maggior parte fia giiafta, fi vede viuezza nelle figure, buo-
f l'V & vaghezza nel colorito, e chela mano efpnmeua molto benei

rìffione delia deiranimodiBiionamicojil quale non hebbe però niokodifegno . Nel-

mam. ^^ facciata della delira crociera, la quale è di rinrpetco a quella dotie é la porta del

Ne» ^Ms fianco, in alcune ilorie di Santa Naftafia^fi veggiono certi habiti, & acconciata-
molto Aifegm. l'e antiche molto vaghe, e belle ^& in alcune donne, che vi fono con graziofa-^
Conaature d-i maniera dipinte . Non men belle iono quelle figure ancora, che con bene ac-
éetitro ali art' conimodate attitudini ,.fono in vna barca , fra le quali è il ritratto di Papa Alef-
iandrò quarto, il quale hebbe Buonamico, fecondo,che fi dice,daTafo iuo raae-
ftro, il quale haueua quelPontefice ritratto di Mufaico in S.. Pietro. Pariinente
nell'vltiaia fi:ona,.doue è il marrino di quella Santa, e d'altre refprede Buonami-
co molto bene ne i volti il timore della morte, il dolore , ε lo fpauento di coloro,,
che ftanno a vederla tormentare, e morire, mentre (là legata a vn'albero, e fo-
)ra il fuoco. Fu compagno in quefte opera di Buonamicos Bruno di Ciouanni
Ritratto di Pittore, che così è chiamVo in iul vecchio libro - ella compagniajil quale Biiino»,
J'apa Ahi celebrato anch'egli >come piaceuole huomo dal Boccaccio, fanite le dette ftorie
{andrò. ^ ddlefacciate, dipinfe nella nìedefima Chiefa l'Aitar di Santa Orfola con la com-
Mrum di Gtw p^gnia delle Vergini/acendo in vna mano di detta Santa vno ilendardo con l'ar-
BmX' P'faj è in campo rollo vna croce bianca: e facendole porgere l'altra ik^·
^ifo^ ' vnafemina, die forgendo fradue monti, e toccando con l'vno de' piedi il mare?

le porge amendue le mani in atto di raccomandarfi . La quale femma figurata
lìoglienia di per Piìa, hauendo in capo vna corona d'oro, &: in dolio vn drappo pieno di ton^
JBttnno nella di,.e di acquile ,chiede, efiendo molto trauagliata in mare, aiuto a quella Santa..

delta, ivia perche nel fare quella opera Bruno fi doleua, che le figure, che in efsa face-
/ua Ptttura. j haueuano il viuo ,come quelle di Buonamico : Buonamico come burle-
« y^jg per infegnargli a fare le figure, non pur viuaci . ma che fauellaliono , gli fe-
ferr^nchl^ ce far alcune parole, che vfciuano di bocca a quella femina, che fi raccomanda^:
alla Santa: e la rifpolla della Santa a lei ; hauendo ciò vifto Buonamico nelP opc-
re. > che haueua fatte nella medefìma Città Cimabue. La qualcofa 5 come Piac-
que a Bruno, e a gl'altri huo'-nini
Ccioccbì di que'cemp ; così piace ancor oggi a^
certi goffi, vchi^in ciò fono feruidda-Artefici plebei coine effi fono. E dì vero

pare

Ma con v»"
ihsl{a: t gr»'
\iofa manie'·
ra, e dimrfe
mttuudi/tì he.
ne atcommo^

-ocr page 167-

VITA DI BVONAMÌCO BVFR

pare gran fatto, che da quefto principio fia paiìara in vio vns coia , che pet burla,
e non per
altro fù fatta fare j'conciofia » che anco vna gran parte del Cam f ο San- ·.
to, fatta da lodati maeftri
Cia piena di quella gofieria . L'opere dunque di Buom- ^/''f '

mico, eiTendo molto piacciate a iPifani > gh fù fatto fare dairoperaio di Catrpo
Santo quattro ftorie in ftefco, dal principio del Mondo, ίηΠηο alla fabrica deir- ^^^Γ
Arca di Noè, de intorno alle iiorie vn ornaraento, nel quale fece il fuo ritratto di l^ìor7frLtc
naturale, cioè in vn fregio,nel rnezo del quale,& in sii le quadrature ione alcune Buemm, L·
tede, frà le quali, come hò detto fi vede la fua» con vn cappuccio, come appunto
thiera la /πα
ftà quello, che di fopra fi vede. E perche in cuefta opera έ vn Dio, che con le con un-
braccia tiene i Cieli, e gl'Elementi, anzi la machina tutta deU'Vniuerio, Buona-
mico per dichiarare la Tua ftoria con verfi fimili alle pitture di quell'età , fenile a"
piedi di lettere mamfcole di fna mano, coi^e
fi può anco vedere, quefto Tonetto,
il
quale per l'antichità fua, e per la femplicità deldiredique'tempi,mièparuto

dimettere in quefto luogo, come che forfè, per mio auiio, non fia per molto

piacere, fé non fe forfè, come cofa,che ià fede di quanto fapeuano gli huomini di
quelfecoio.

Vo'hche auifAte queftadipintura
I^i Dio pietofo, fommo creatore,
i.0 quale fe tutte cofe con amore
'Pefjte, numerate, & in mifura,
In none gradì .Angelica'N^H-a
In elio empirlo del
oten dijplendore
Colm^che non fi mùoue, ed è motore
Ciafcuna cofa fece bi4Ona->epura.

. , . , , Λ · 11 Sì HÌàute Ad

Lenate gl occhi del vojtro intelletto jsittore per Γ-

Confiderate quanto è ordinato antichità , c

Lo mondo rniue-rfale ; E con affetto fitnplmtà del

Lodate lui, che l'ha sì ben creato ; di

Tenfate di pacare a tal diletto "
Tra gl'angeli, doue è ciafcun Beato

Ter quello mondo β vede la gloria·
Lo Ιαβο, & il mei^ t e l'alte in quefla
floria.


E per dire il vero, fò grand-ammo ouellb di Buonamico a metterfi a far vn Dio
Padre grande cinque braccia, le GieraVcbie, i Cieli, gl'Angeli, il Zodiaco, e taue
lecofefupenori infinoal GJo ciellaLuna. £poi l'elemento del fuoco, l'aria,
la terra, e finalmen.e il centro. E perriempire i due angoli da biilo, fece in
vno
Sant'Agoftino, e nell'altro S, Toaiaiod'Acquino. Dipinfe nel medeiìrao Cam-
po Santo Buonamico in teftirdoue è hoggi di marmo laiepoltura del Corte,tut-
ta la paffione di Chrifto, con gran numero di figure a pier-ii, & a cauallo, e carte
io varie » e belle attitudini -, e feguitando la
ftoria, feccia Ke(urettione , efappa-

rire di Chrifto a sl'Apoftoli,aii3Ì acconciamente- ,

Finiti quefti !auor<^, & invn medeamo tempo tutto quello, che haueaa m 1 Ma
guadagnato, che non fò poco, fe ne tornò a
Firenze .eosrpouero ,_come partito
fe n'eil, doue
fece molte tauole, e laaon >n fefpo, di che non accade fare^altr^
memoria. In tanto emendo ciato a fare a Bruno fuo amiciiiimo, che feco fe η era
tornato da Pifa.doue fi haueuano [guazzato ogni cofa , alcune opere in S. Maria
Nouella, perche Bruno non haueiia molto difegno.ne inuentione,Buonamico gh
dif egnò iuttc quello, che egli poi mife m opera in vna facciata di détta Chiefa, di
rimpetro ai pergamo, e
Κιησ^ quanto è lo fpacio, che è frà colonna, e colonnari
ciò m la ftoria di S. Mauricio, e Compagni, che furono per la fede di Giesù Chri^

fio decapitati. La quale opera fece Bruno per Guido Campefe Cooteftabile al-

Seimiìigym·
d'animo ^fe>r
figme granàio
Pafime dipi^
tH da BuonAtr
mico numefs^i
/
λ di figftrei
varìetà^s bel-
Ιΐ\χ.Λ d'atti-
tudini^
Fù confumx'
fere del £ua«
à»po, eiorìà^
pouero a Fi·
ren\e.

Oifegnè slcu^
nehiftorie per
Brmofm ίδ.
pAgrt9 qtml
e?
rnfcarjh di di',
fegno i ^
mmtfine»

-ocr page 168-

P'R I Μ A PARTE

SikvMta df lora de' Fiorentmi; il quale hauendo ritratio prima, che moriiTe Tanno mille tre-
{^uido cMp f ceto dodici·. Lo poie poi in quefta opera armato» come iì coftumaiia in que" tem·»
β cSftftaéde ρ■ ^ g (^jetj-o a Itu fe^e vn'ordjnanza d'huomini d'arme, tutti armati all'antica, che
de Tmentmt^ fanno bel vedere» mentre eiTo Guido ila ginocchioni inanzi a vna Noftra Donnaj
^muiorlT'* ^^ li putto Giesù in braccio, e pare, che iìa raccomandato daS. Domenico> e

* dà S. Agneia» che lo mettono in mezo,
JD
tt» t'unta OiLcita pittura ancora» che non fia molto bella, coniìderandofi il difegno di
'è^degnlperì\ Buonamico, e la inuentione, ell'è degna di efler in parte lodata, e maiTìmamente
inamtione ve- P^"^ la varietà de' vediti, barbute, & altre armature di que'tempi, & io me ne io-
rietà de veflu no feruito in alcune fl:orie,che nò fatto per lo Sig.Duca Coiìmo,doue era bifogno
menti,rappreientare huomini armati all' antica, &c altre fomiglianti cofe di queir età}
mi all'v/o λ»- jg q^al cofa έ molto piacciuta a S. Ecc. Illurtrifs. & ad altri » che l'hanno veduta.
^ E da queilo fi può conorcere quato fia da far capitale dell'inuentìoni,& opere fot-

opere de gì'- ^^ ^^ antichi, come, che così perfette non iiano : & in che mòdo vtile, e
'dTnimfl^r commodo fi poiia trarre dalle cofe loro ; hauendoci eglino aperta la via alle ma-
ehetiprmùviA rauiglie,cheinrinoahoggififonofatce,eiIfannotuttauia . Mentre, che Bruno
in misera- iàceua quelta opera', volendo vn Contadino, che Buonamico, gli face ile vn San
t»ento 4e ps» Chriftofanoj ne iuroiiod'accordo in Fiieze, e conuennero p^r contratto in quello
fen t ^ modo» che il prezzo fuiìe otto fiorini,e la figura douefse eiier dodici braccia. An-
dato dunque Buonamico alla Chieia doue doueua fare il S. Chriflofano, trouò,
csnt "''f^ che per non eflere ella né alta, nè lunga, fe non braccia noue, non poteua ne di
fATÌi-mS ' accommodarlo, in modo, che bene fteiìe i onde prefe partito,

ChrtRofar^^e capiua ritto di farlo dentro in Chieia a giacere ; ma perche anco

mcJoIefegui non vi entraua tutto, fù neceiTitato riuolgerlo dalle ginocchia in giù nelja_j
rél'aceerdo. facciata di teda. Finita l'opera, il Contadino non voleua in modo nefsuno pa-
C^nt aditi» re- garla, anzi > gridando diceua d'efser arsaffinato : perche andata la cofa a gl'Vffi-
fmta lyipera^ ciali di Graffia, fù giudicato, fecondo il contrarto, che Buonamico haueile ragio-
chiamataa li ne. A San Giouanhi frà l'arcore era vna paffione di Chrifto, di mano di Buona-
fe/à
data ^qI^q t>ei!a, e frà Taltre cofe, che vi erano molte lodate,vi era vn Giuda^

gione a Buon, appiccato ad vn'albero fatto con molto giudicio, e bella maniera . Similmente
àiBuonTm. vn vecchio, che fi foffiaua il naio era naturaliffimo ; e le Marie dirotte nel pian-
fiiite conettil haueuanoarie, e modi tanto medi, che meritauano, fecondo queirétà,
dteio , iella non haueua ancora così'facile il modo d'efprimere gl'affetti dell'animo colpen-
m*nmA,&tn nello, dieiseregrandemente lodate. Nellamedefima faccia vn Santo luo.di
^Utletà , ehi Brettagna, c'haueua molte vedoue , e pupilli a i piedi era buona figura , e duc_j)
ptrantof» nò Angeli in aria, che lo coronauano, erano fatti con dolciffima maniera. Quedo
hmetin facile ^(jigcio, e le pitture infieme, furono gettate per terra l'anno della guerra del mil-
afu'"*^^ le cinquecento venti none.

In Cortona ancora dipinfe Buonamico, per M. Aldobrandino Vefcouo di
Lamrd i» quella Città, molte cofe nel Vefconado, e particolarmente la Capella, e tauo-
C6rtona,Uf. la dell'Aitar maggiore, ma perche nel rinouare il palazzo, e laChiefa, andò
/φί e ttru£ia, ogni cofa per terra s non accade farne altra meni ione. In San Franceico nondi-
meno , & in Santa Margherita della medefima Città ; fono ancora alcune pittu-
re di mano di Buonamico, Da Cortona, andato di nuouo Buonamico in Affi-
/ì, nella Chiefa di fotto di San Francefco dipinfe a frefco tutta la Capella del
Cardinale Egidio AluaroSpagnuolo, e perche fi portò molto bene, ne filida.^
elio Cardinale liberalmente riconoiciuro. Finalmente, hauendo Buonamico
lauorato moke pitture per tutu la Marca, nei tornarfene a Firenze fi fermò

Perugia

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VITA" DI BVOKlAMICO BVFF.

Perugia, e vi dipinfe-nella Chiefa di S.Domènico in frefeo k Capella de' Baoii-f
Tempi, faceiTTÌo in eiTahiitorie della vita di S.Catcerina Vergine, e Martire.

E nella Chiefa di San Oamenico Vecchio dipinfe in vna faccia- pur a frefco»
quando eila Citrerma figliuola del Rè Coftaidifputando connince, e conuerti^
certi Filofofi alla fede di Chrifto. E percbe^quefta ftoria è
più bella »che alcune
altre , che facefse Buonamico già mai, (ì pUÒ dire coti verità vifee egli auanzafle
in quella opera fe ileii^» Da che tiìoffi i Perugini ordinarono,fecondo che feri- Te*ugimfiim
ue Franco Sacchetti ,che dipignede
m piazza Santo Hercolano Vefcouo,. e Pro- fiè/i»gers m
tettore di quella Città jonde conuenuti del>6rezzo fò fatto nel luogo doue fi ha- P»^* f »

^ ;non fiifseilMaeftro "T» ·'

ipaisaronodiecigior-"]'^'^^*^^^-

ri _______^*·

ι

φί

------ cmanneaeiiauorouraccooa ranca importunità deiiDe- /λ/«//««ftrfi»

ro leco medetimo vendicariì dokeroente dell'unpacienza di que'popoli, e gli mpepu{»rt fi
venne fatto,perche finire I»______i-i—" - —--j — -»-■

in eramente ;

«amico, che per due giorni ancora la lafciaTsono ftare,pereioche vo^ua ntocca-
re a fecco alcune cofe: e così fù fatto. Buonamico dunque fahto m lui pontc^»
doue egli haueua fatto al Santo vna gran Diadema d'oro, e come in que «mpi h
coftumaua di rilieuo con la calcina, gli fece vna corona,ο vero ghirlanda in^rno
incorno al capo tutta
di L A S C Η E. E ciò fatto, vna mattina,accordato 1 isolte
fe ne venne a Firenze. Onde pafsatidae giorni, non vedendo i Perugini si cotne
erano foliti, il dipintore andare attorno, domandarono l^hofte, che fuise^
ftato ; & u,.efo che egli fe n'era a Firenze tornato, andarono iubito a icopriie il
iauoro J e tro-uato il loro Santo Hescolano coronato folennemente di lafel^e, Io
feciono intendere toftamente a coloro, che gouernauano. 1 quali le bene man-
darono cauaìlari m fretta a cercare di Buonamico, tutto fù in etsendoiene
egli con molta fretta a Firenze
ritornato,.prefo dunque partito di fare

vnloro dipintore lacoronadi tafche, e rifare la Diadema al Santo , difeono di

Buonamico, ede graltri Fiorenti tutti que^nali^che fi pofsonoimaginare. R - momm^ «

«ttefe akuorare>efare molte opL,deile quali,per ^^^

eadefarmenzione. Dirò foIoqWlo, che hauendo dipinto a Calan^

ftra Donna a frefco col figliuolo i n collo, colai, che φβ le haueua fatta ^re, ^^^^
eambio di pagarlo di daua paroloonde Buonamicoiche non era auezzo a eiierc ^^ ^^^^^^
fattoiare nS etóevccel ato,pensèdi valerfenead ogni^Bodo.
E
vna mattinaa Caltinaia^comiertì il fanciullo ,Ae

f ^«^i coianondopo moko ved^

re, prefso, che difperato andò a trouare BLioaamico pre^

uafse 'orfacchino l V c r ΤΓ^,ηΐΙη come prima» perche era pcefto a iodif-

Finalmente,perdie troppo io voleffi raccontare COSI tutte

le, come le Pitture, che fece Β Jonamico Buffalmacco, e roaffimamenre pratti-
cando in Bottega di Mafo del Sageo , che era vn ridoiio di Ciiradini ,e dì quanti
piaceuoUkuomini haueua Firtnze, e burleuolii porrò fine a ragionare di \mù

quale

iieua a dipignere, vna turata di tauole, e di iliioie, perche non
veduto dip gnere.E ciò fatto iniie mano all'opera, ma
non paisittuiiv. «.^v.
ni, dimandando chiunque pafsaua,
quando farebbe cotale Ρ Ctura finita,penlan-
do, che SI fatte cofe fi gertafsono in pretelle, che la cofa venne a faftidioaSuo-
namico. Perche venuto alla fine del lauoro ftracco da tanta importunità delibe- iafelUettudi'

^xr»-----'etimo vendicarfi dolcernenre dell'unpacienza di que'popoli, e gli mpopuinn fi

perche Hnita l'opera inanzi,che la fcoprifse la fece veder loro,e bc fu
: fodisfatto. Ma volendo i Perugini leuare iubito la turata diise Buo-

Mmmmt»

-ocr page 170-

ίο ν κι ΜΑ PARTE

Smàìtmle» quale mori d'anni fettantotco > e fìt dalla compagnia della Mifericordia > effendò
morfeveethhg egli pouediììmo i β hauendo più fpefo ^ che guadagnato, per eflere vn'huomo
e pottero^mi' <;o3Ìfàtto, fouuenuto nel fuo male in Santa Maria Nuoua, fpedale di Firenze i e
i p^i {norco, nell'offa ( cosi chiamano vn chioftro dello fpedale, ο veto

cimicer0_) come graltri poueri, fepellito l'a nno 15 40. furo-
nol'opere di cortili in|)regio mentre vifse» e do-
po fono ftate» come cofe di queli'età»
iempre lodate.

Vita

-ocr page 171-

VITA DI AMBROGIO LORENZETTI. Si

VITA DI AMBROGIO LORENZETTI
Ρ 1 Τ Τ Ο R E S A Ν E S E.

i E è grande, come è fenza dubbio,fdWigo, die liaiier Jeoao
iìllaNatura agl^Artefici di belloan^egi^osmoko maggior do-
nerebbe eiiere il
noiiro verfo loro, veggendo ch'egìino con
moltaiollecitudine riempiono le Città d'Jionorate fabi-iclv:^
'^'rilij & vaghi componiOTenti
di Hione ? arrecando a '^e (Vi«-
^^^^"■''iipiùdeile volte fama > e ricchezze con l'opere loro,
1 11 1 11 ì'^^.'^efeceAmbiOgio Lorenzetti Pittoi· Sanefe, ilquale^
hebbe bella, e molta
muenzione, nei comporre confideratamente, e firn,n e ai^
hiitonalfi/uefgQre. Di chea vera tenimonianza it, Siena ne'
FrauMinor,
vna fiona da lui molto ieggiadraniente dipinta nel chioftro, doue è figurato,

L in che

che β
deug alU na-
tura per l'at-
tttudme , !^ n
gr Art φάρξτ
Ιλ rnultipUci.
tàAelmori,

Amhrogig
hihb, betln\y β

molt» inuefi'
tiene,componi*,
mimi cenfide»
rato.iirfiiua·
tione delle fi'

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gz. PRIMA PARTE

in che maniera vn giouane Γι fà Frate, é< in che modo, egli 3c alcuni altri vann ^
al SoUano, e quiui ione battutile ientenziatislle forche 5 & impiccati a vn'AÌ-
beco , e finalmente decapitati, con la fopragiunta d'vna fpauenteuole tempeiia»
Nella quale Pittura con inok'arres e deprezza contnifecc il rabbuffamento dell'
ariaj e la funa delia pioggjaj e de'venti» ne^traiisglideìle figure; dalle quali i mo-
derni maeiìri hanno imparato il modo > & il prinopio di quefta inuenzione 5 per
la quale» come inufìtata inanzi, rneritò egli comendatione infinita. Fù Ambro-
gio pratcico coloritore a freico > e nel maneggiar a tempera i coloii, gì adoperò
cnu
-'eilvezza. ,e facilità grande , come fi vede ancora nelle tauole finite da lui in
Siena allo Spedaletto, che fi chiama Mona Agnefajnella quale dipinfes-e finì vna
ftnria con nuoiia, e beila compofizione. Et allo Spedale grande, nella facciata?
fece in frefco la Natiuità di Noftra Donna , & quando la và frà le Vergini ai
Tempio . E ne'Frati di S. Agoilino di detta Cictà il capitolo, doue nella volta il
veggiono figuratigl'Apoiloli con carte in mano, oue è fciitco quella parte del
Credo, che ciafchedano di loro, fece a pie vna hiftorietta contenente con la Pit-
ruraqiiel niedeiTmc^j che è di fopra, con la fcrittura fignificato. Appreiio nella,
facciata maggiore fono tre ftorie
di S.Caterina Martire,quando difputa col tiran-
no in vn Tempio
, e nel mezo la Paffione di Chrifto con^ Ladroni in Croce, e le
Marieda bailo, die foftengono la Vergine Maria> venutali meno
. Le quali cofe
furono finite da lui con aliai biiona grazia, e con bella maniera. Fece ancora nel
palazzo della Signoria di Siena in vna fala grande la guerra d'Aiìna lunga
, e la_4»
pace appreflbj.e gPaceidenti di quella doue figurò vna Cofmografia perfetta, fe-
condo que'tempi ? e nel medefimo palazzo fece otto ftorie di verdeterra, molto
pulitamente. Dicefi,che mandòancoraa Volterravnatauolaarempera,che fu.·
molto lodata in quella Città; Et a Ma0à,lauorando in crmpagnia d'altri vna Ca-
pella in fiefco, &■ vna randa a rempera ? fece conofcere aj^oioi-Q quanto egli di

_____________ „ ^ ____________CapelIa,it'uuucajOaN!COlòinl:igU!epi

per iodisfare a certi amici fuoi,defiderofi d; veder il modo dell'operar (uo,& in si
breue ^empo condufle, come pratdco, rmefìO lauoMjchegii accrebbe nome, e'
riputazione infin ta. E queifa opera, nella
predella della qualefece il fuo ritrat-
to, fù cauia,Ghe l'anno 153 5 f" condotta a Cortona per ordine del Vefcono de-
gli
Vbercini allora Signore di quella Città, doue lauorònelia Chieia di S. Mar-
gherita,poco inanz! ftara fabi icata a s Fr<iri di SJ^ acefco nella iommuàdel mon-
te,
alcune coffe, e parncolarmenre la metà delle volre, e le facciate così bene, che'
ancoraché h ggi fia^o quaiì confumate dal tempo,ti vedono ad ogni nìodo nelle-'
figm-e
aiierr beììiffimire iì conofce, ch'egli ne meritamente commendato. Fi-
nita^queiforera j fe tornò Ambrc^gin'a Siena sdoue viiìe honoratamente il ri-
manente drila Tua vita , non
foloper edere eccellente maePtro nella Pittura 5-raa^
ancora,-perche
hauendo dato opera nella fua gioiianezza alle lettere, gli furono»
vrile,e dolce compagnia nella Pittura,e di tanto ornaméto in tutta la fua vita,che-
Io renderono non meno amabile,e grato, che iltraftiero dèlia Pittura fi faceiTe;lai
onde
non (olo pratticò femprecó lerteratij& viriuoirhuomini,mafù ancora coni
fuo molto honore,&: vtile adoperato ne'manegg; della fua Republicà. Furono i'.
coftuni! d'Ambrogio
in tutte le parti lodeuoli,e più collo di Gctilhuorao,e di Fi-
lo{ofc,che di Attefece,e quelÌo,chepiùdimoilra la prudéza de gl'hucmini^hebbe
fenigre ranimodirpofto aconu^ntarii-di quelloschedl.mondoj&ilcernp

^ ' onde.

Hìflm» di·
pinta con Ifg'

Imitatiom di
cofe dtjficiU
con mnlt'art e ^
e fk iHHentio*
ne inufitAta^

^mbroaio ma-

o

ntggio bene t
(olort ΛfrtfcOi
Λ temver»
gh paperi
eon déflrez^^i
tfscilitÀ.

I>fuerfi fmii
lamri dt h^i
la,, enouaeS^
pofitione, buo-
na grati/* > e
maniera.
Figurò vna
Go/mografia,s
fece p'Àita-
mente htftirie
di verdeterra.
Tà cmoftere
in vn lauoro
qumtova.glia
di giudicio, e
à'mgigno nelV
arte.

Operò in pie.
itolo y e come
fruttico m
breue tempo,
Efpr^-de φΐ:
tt beìltjjìmt.
Mebbe lettere,
tgh furono di
oraa/nen'B , e
d'vtiltfà^ efù
ftdabretto per
il publico.,
J-lebbe co ìumi
ìpdemlt
i e. di
Έ(Ιο/ρ[α.

La migMer
pruderla fi
àimofl'ni con-
itnttiniiofi di
i^ftellb;ch's nTì·
reca ti mm-
àè '''PPi.

-ocr page 173-

VITA DI AMBROGIO LORENZETTI. S $

onde fopportò con animo moderato, e quieto il bene > & il male, che gli venne
dalla fortuna. E veramente non fi può dire, quanto i coftumi gentili, e la mode-
ftia
con l'altre buone creanze, fiano honorata compagnia a tutte l'arti, ma parti-
colarmente a quelle, che dairintellerto, e da nobili, & eleuati ingegni procedo-
no , onde donerebbe ciafcuno renderiì non meno grato con i coftumi, che con_^
ì'ccccììema. dell'Arte. AmbiOgio finalmente nell'vltimo di fua vita fece, con^
molta iua lode vna tauola a Monte Oliueto di Chiufuri, Et poco poi d'anni 8 3.
paisòfelicemente , eChnftianamenteamiglioL· vita. Furono le opere fue nel
Ϊ540.

^ m fià J:m
èrogia fu m9*
4erato «

Asifo deir^
Autore circA
Mcopiitmen^
to de ftnuofi
coflumt ίοβίφ.
arti.

Morte ff Ami

Come s'è detto, il ritrattò d'Ambrogio fi vede di fi.ia mano in S· Procolo
nella predella della fua tauola, con vn cappuccio incapo. E quanto
yalefle nel difegno fi vede nel noftro libro , doue fono
■alcune cofe di fua mano a aflai

SHffitrmsH

i «

Fine della ^ìm ^Ambrogio Lorm^rìl

VITA .

-ocr page 174-

gz. PRIMA PARTE

VITA. DI PIETRO CAVALLINA ROMAN α
Ρ I Τ Τ Ο R Ε.

.SSEN00 giàiiata Koraa moiri fecoli priùa πση fblkmCTirc.^
^ delle buone lettere
y e c!ella.gioria dèll'àrmima eriandio di·
riure le^Cienzei.ebiionrams.coRie Dio volle'r nacqiie in eiTa.
Pietro Cauallini in che Giotto , baiiendo , fi può

dirertornaroin virar jaPìrtura,, teneuaftà i Pirrori inilcaliai-*
il'prineipato.. Coftui dunque efisendò ftato difcepolb di Giot-
to „
& Hauendó cotreka lui liauoraro nella Nane di Mufaico
in S. Pietrovfii il primorche dopo lui illuminafse <5ueft'àrte, e ch« coiiiinGiafsc_i
a inoltrar di non efser ft'ato incjegno difcepolc di tanto Maellro, quando di-
Pinfe in Araceli fopra là porta della Sagreftia alcune ftoii , che hoggr fnnn con-
. fumate

dfGÌottOieÌ»-
Aorò/ dii Mus-
faieoi nelU
Kaue di Satfi
dietro'.

^*f*trfìI(tuorÌ
Ai f ittura^ e
MM/aifo,

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VITA DI PIETRO CAVALLINI, Sj

fumate dal tempo, & m S. Maria di Trafteaere nioItiiTnne cofe, colorire per tut-
ta la Chiefa in frefco . Dopo lauorando alla Capellamaggiore diMufaico,e nel-
la àccidta dinanzi della Chiefa, moltro nel principio di cotale lauoro, fenza l'aiu-
to di Giotto, faper non meno efsercirare, e condurrea fine il Mufaico,che hauef-
fe fatto la Pittura, flicendb ancora nella Chiefa di S. Grifogono molre ftorie a^
frefco, s'ingegnò farli conofcer limilmence per ottimo difcepolo di Giotto, e per
buono artefice. Parimente, pure in Trafteuere > dipinfe in S. Cecilia quaiì tutta Pieire j^ey r»
la Chieia di fua mano, e nella Chiefa di S. Francefco » appreilo ripa » moire cofe.
diligtn^» f»
In S» Paolo poi fuor di Roma fece la facciata» che v'é di MufaicOiC per la nane del β'^αίσ etteU
raezo molte ftorie del Tel1:amenro vecchioE lauorando nel capitolo del piimo ^®»"^·
chioftro a frefco alcune cofe, vi mife tanta diligenza, che ne riportò da gi'hiiorai- ^^^

ni di giudicio nome d'ecc..Maeftro, e fii perciò dai Prelati tanto fauoritoy che gli
fecercrdar a fare la facciata di S. Pietro di dentro frà le finef^re, trà le quali lece di
frefiagf Eh^ì'
grandezza ftraordinaria, rifpettoalle figure, che in quei tempo s'vfauanoy i geUfiiiigrm'
quattro Euangeliitilauorati a buoniffimofrefco,&vnS.Pierro,&vn S.Paolo;èiB de^^a tmfi-
vna naue buon numero di figure nelle quali per molto piacergli la maniera gre- tata. ^
ca, la mefcolò fempre con quella di Giotto. Eperdilettarfi di dare rilieuo alle
Mefeolò fem-'
figure, fi conofce, che vsòinciò tutto quello sforzo , chemaggiote può'imagi- pre iammte·
narfi da huomo Ma la migliore opera, che in quella Città faceiie, fìi nella detta
Chiefa d'Araceli fui Campidoglio, doue dipinfe in frefco nella volta della Tribù- g ΐφΐ^
«a maggiore la Noftra Donna col figliuolo in braccio „ circondata da vn· cerchio
aìligenZ* per
. di Sole, a bailo oi tauiano riTipeKicforejal quale la SibillaXiburrina,moKl;rando ^am ieuo λ/··
Ciesù Chrifto, egli l'adora ; le quali figure in queft'bperà, come il è detto-in altri
lefigtirt.
luoghi fi fono conferuate mOko raegÌia, che l'altre r perche quelle,che fono nel- Ftgttre nelle
le volte fono aieno oiiefe dalla polue re, chequeile,che nel e facciate fifannov vìlte fuonjtr*
Venne dopo queft^opere PietroinTofcana,per veder l'opere de gl'altrtdifcepo- **»»omegmy
li del fuoMaeitro Giotto ,.e di lui: fteiloi. E con quefta occafione dipinie in San J^J/^
Marco di Firenze moke figure, che hoggi non fi veggiono eil'endò fiata irabian- p^lutre.
cata la Chiefa, eccectola Nonciata s.che"^iià coperta a cantoalla porrà principale
i^mn in di.·
delia Chiefa. In S. Bafilioancora acanto alla macina, fece in vn muro vn'àltri.^ uerftlmghi di
Conciata a f efco, tanto fimile a quella, che prima hauea fatto in S. Marco"^, & a Firenle»
qualunquealtra,.che è in Fireiize, che alcunicredonoy e non fenza qualche veri
inumiate a
Hmileyche tutte fiar.o di mano di quello Pietro, ed) vero non poffoncpiu forni- ί^φο credute
gliare l'vnaraltradi qirello, che fanno> Fra le figure , che fece
m S. Marco detto ^^''J^/'^'J^ll
di Firenzeyfu il ritratto di Papa Vrbano V. con le tefle di S. Pietro^ e S. Paoladi ^^^^ ^^^

naturale, dal quarritratto, neritraiTeF. Gioiianni da Fiefole, quello, che é hi vna
fauola i η S. Domenico pur di Fiefole, e ciò fiì non pìcciola ventura, perche il ri-
iMtrat-
tratto,.che-era in S. Marco, co» molte altre figure, che erano per la Chiefa in fi-e^ ^ · prbmo'
tCD,iurono, rome s'è detto, coperte
di bianco, quando quel Conuento fu tolto a quinto .
r Monaci, che vi ftauano prima, edato ai Frati Predicatori, per imbiancare og-ni wApfidìpir,-
cola, con poca auuercenza ,.e confideratione. PaiTando poi nehornarfene a Ro- fi Croch
per vedere quelle fabriche, e quelle così notabili opere, ff^om>cm v^
fattein dal fuo Maertro,
ed'alcuni de'fuoi condifcepoh : ma per lafciarui qualche

crociera,che è.allabanda JellaSagre(lia,vnaCrocififfione di Giesù Chriilo,con Zl^n if
huorainia causilo armati in varie fo-gie,e con molta varietà d'habiti ftraun^anti,, ^
c di dmerfe nationi ilraniere.. In ariSece alcuni Angeli, che fermati in su l^^Ali in
diuerie attitudini, piangono dirottamente ; e ftringendofi alcuni le mani al petto,.

altri

-ocr page 176-

' prima parte

•altri inciOciandole, & alci'i battendofi le palme > moftfano hauer eflremo dolore
^ , ^ della mos:te del figliuoio
di DìOj e tutti d al mezo in dietro» ouero dal mezo in già
^fdoeta ^cct ioi^^ ccraii^i-'^-i in aria.,

loimiofre/ca^ Io quefta Opera, che è bene condotta nel colorito) che è frefco, e viiiace,e fan ·
•v/uac^, ^μΐ εοbaie nelle commettiture della calcina, ch'ella pare tutta fatta in vn giorno, hò
effer fatta in trousto l'arme di Gualtieri Duca d'Athene: ma per non vi e ffere né niiilefimo,nè
"mgmno^ altra fcrittura, non poilo affermare, che ella fufle fatta fare da lui j Dico bencsche

oltre al teneriì per fermo da ogn'vno, ch'ella fia di mano di Pietro, k maniera no
Lanvri a fre^ potrebbe più di quello, che ella fà parer la mcdeiima, fenza che fi può credere»
fcoinOruieio. eiTcndo Rato quePio Pittore ncl tempo, che in Italia era il Duca Gualtieri, così
Lamio di che ella fuise fatta da Pietro, come per ordine del detto Duca. Pure creda ogn'-
Scnltma , s come vuole, l^'opera come antica, non è fé non bdeuole, e la maniera > oltre
rtHfii bem ptr ρ^ξ,ι^^^^ moftra ch'ella fia di mano di coflui. Lauorò a frefco il medeiìmo
fn^llL SiL· P'etro nella Chiefa di S. Maria d'Oraieto, doue è la fantiffima reliquia del Cor-
am ' potale, akmie ftorie di Giesù Chnfto, e del corpo filo con molta diligenza ; e ciò

Fe'ce il Croci' fece, per quanco fi dice, per M. Benedetto di M. Buonconte Monaldefthi, Signo-
fiffo. chey^rn re in quel tempo, anzi tiranno di quella Città. Affermano fimihnente alcuni, che
a s.
Brigida. Pietro fece alcune Sculture, e che riuicirono, perche haueua ingegno in qua-
fh dtUgmte, lunqiie cofa fi metteua a fare, benfffimo 5 e che è di fua mano il Crocifiiio, che è
ahlmre Chieia di S.Paolo fuor di Roma, il quale fecondo,che fi dice, e credere

da ^^ quello, che parlò a S. Brigida l'anno 13 70. Erano di mano del medefimo
èsne , amico a'cune altre coie di quella maniera,le quali andarono per terra quado fii rouinata
di pmen 3 é· ^^ Chicia vecchia di S. Pietro per rifar la nuoua. Fu Pietro in tutte le fue coié di-
A>net0 in ogni ligcnte molto, e cercò con ogni (Indio di farli honore, & acquiilare fama neii'ac-
/uogù, te. Fù, non pure buon Chnftiano, ma diuotiffìmo, di' amiciffimo de' poueri, e

s'appìicìgrà· per la bontà fua amato non pure in Roma iua patria, ma da tutti coloro, che di
dtmmte alla juj debbono cognicione, c dell'opere Tue. E fi diede finalmente neli' vltima fua
religione, vecchiezza con tanto fpirito alla religione, menando vita efemplare, che fù quafi
Madonna di ' ^^ ^ marauigliarfi, fé non pure il detto Crocifillo di

Aia mano mi' ^^^ '""^ηο parlò, come fi è de«o, alla Santa^ ma ancora fe hà fatto, e fà infiniti mi-
réicolofi. racoli vna Noffra Donna di fua mano, la quale pei' !o migliore non intendo di no-
Sentiniento minare, fe ben'è famofiiTìma in tutta Iralia e bene sò più che certo, e chiariffi-^
dell' Autore mo, per la maniera del dipignere, ch'eìl'è di mano di Pietro, la cui lodatiiTn-na vi-
pe-arnmrt λ ta, e pietà verfo Dio, fù degna di eiTere da tutti gh huomini imitata . Nè creda
£r,4do degne nelluno, per-ciò, che non è quafi poiiìbik, £ la continua fperienza ce lo dunoffra,
b
T"""^ che fi polla fenza il timor, e graria di Dio, e ienza la bontà de'coftumi ad honora-
tihdiPiim ^^ peruenirc. Fù difcepolo di Pietro Cauallmi, Giouanni da Piifoia, che
Mme diPiè' patria fic£ alcunecofe di non molta importanza. Morì finalmente in Ro-
iro per mal di ma d'età d'anni 85. di mal di fianco prefo nel lauorare in muro, per l'humidità, e
fistnco prefo Μ per Io fìar continuo a tale efercitio. ^ _

ΐίίΗοτΛτ m mu Furono le fue pif ttn-e nel 3 3 fepoito in S.PaoIo itìor di Roma honoreuoi-
« Pir la conti ixjentc, e con q usilo epitaffio,

sa* humzdi. ^

Qliantum Romana Tetrus decus addidit yrhi,
Visura tanttm dai decus ipfe polo,

Fine della vita di Pietro Cavallini /

tà,

Sua fepiltm»

AVI Τ

■i

-ocr page 177-

VITA DI SIMONE SANESE.

VITA DI SIMONE SANESE.
ρ I Τ τ ο R E..

"LIGI veramenre fi poflono dire quegl'hiiomini , che fo'
no dalla Natura inclinati » a quel!'arri y che pollono recar
loro
V non pure honore, &: vti e gìan'iiiTìmo ν ma che è più,
fama, e nome quaiì perpetuo : più felici poi fono coìoro,
Γι portano dalle fafce > oltre a cotale inclinazione > gen-
"^'^ezza, e colhimi Cittadincichi , che gii rendono a tutti

(padandodegPArtfeio^^-S^^^^^^^^^

Τ 7 ,, ^ quclli,cHcoltrc ali haueredinatura inclinazio·
nealbiiono, ^dahamedertma. e dalla educazione coftumi ndb.li: viaono al

tempo di qualche faiiìofo Scrittore,,da ctii per vn picciolo ritratto, ο altra così

faH3

Vmmaà'hg.^

tìer mcUna'
tioiit Μt* arte
nobili accom-
pagna tit dit
coriefitofiumty
è di viuere a
tempo de'fcrst
tori fίimφ'^

-ocr page 178-

Gé Ρ R I Μ A Ρ A R Τ E

fatta corteiìa delle cofe dell'arce ,iin'poita premio alcuna volia, mediante gli
loro icrirci, d'eterno honore» e nome. La qualcofa fi deue> fra coloro, che atten-
dono alle cofe del difegao, particolarmente defiderarcj e cercare da gì'Eccellenti
Pittori} poiché l'opere loro, eilendo in fapcrficie, & in campo di colore , nor ^
ροίϊοηο haaere queir eternità , che danno i getti di bronzo, e le cofe di marmo
alle Sculture, 0 le fabricbe a gli Architetti. Fu dunque quella di Simone gran-
diilima ventura viuere al tempo di Meller Franceico petrarca.e abbatterfi a tro-
uare iii Auignone alla corte quefto amorofiffimo Poeta , defiderofo d'hauere la
Imagine di Madonna Laura di mano di Maeflro Simone ; perciò che hauutala..»
bella, come defiderato hauea? fece di Iiii memoria in due Sonetti : Γνηο de' quali
comincia^..

fff*' mirar Tolideto a proua β{ο
CongVdtrh the hebber fama di quell'arte.
Quando giunfe à Simon l'alto concettoì
fh'a mio nome gli pofe in man lo flUe?

Et in vero quefti Sonetti, e l'hauerne fatto menzione in vna deile fue lettere
famigliari nel quinto libro, che comincia :
J<(onfum nefcius : hanno dato più fa-
ma alla pouera vita di Maeftrp Simone, che non hanno fatto, ne faranno mai
tutte l'opere fjie perche elleno hanno a venire, quando che fia > meno done gli
icritti di tant'huomo vi,ueranno eterni fecoli, Fù dunque Simone Memmi Sa-
nefe Eccèllente Dipintore, (ingoiare ne' tempi Tuoi, e molco ftimato nella corte
del Papa, percioche dopo la morie di Giotto Maeilro fuo , il quale egli haueua_^
feguitato a Roma, quando fece la Naue di Μu{aico,e l'altre cofe haiiendo nel fa-
re vna Vergine Maria nel portico di San Pietro,
& vn San Pietro, e San Paolo, a
quel luogo
V cino doue è la pina di bronzo, in vn muro, gì archi del portico dalla
banda di fuori contrafatto la maniera
di Giottosne fùdi maniera lodato, hauendo
maffimampnte in quell'opera ritratto y η Sagreftano di San Pietro, che accende
alcunalampade a dettg figure molto
prontamente, che Simone fù chiamato iii^
Auignone alla corte
del Papa, con grandiffima inftanza;doue lauorò tante Pittu-
re in frefco, & in tauple, che fece
corriipondei^ l'opere al nome , che di lui era_>»
flato la oltre portato. Perche tornato a Siena in g^n credito, e {-nolto perciò fa-
uorito gli0,dato a dipignere iialla Signoria nel palazzo loro in vna fa la a frefco,
vna Vergine Maria con molte
figure attorno, la quale egli compie di duca per-
fezzione, con molta fua lodg, & vtilirà. E per moftrare, che non meno fapeua
fare in ta.ucla^ che in firefco, dipinfe in detto palazzo vna tauola, che fù cagione,
che poi ne fù fatto far due in Duomo.· E vna Noitra Donna col fanciullo
in brac-
cio in attitudine belliflìma iopra la porta deil' oper^ del detto Duomo, nella qual
Pittura certi Angeli, che fpftenejndo in aria yn
f tendardo,volano, e guardano ali'
in giù alcuni Santi,che fono intorno alla NoUra Donna;fanno Jbelliiiìmo compo-
nimento, & ornamento grande, Ciò fa^^^ù Simone dal Generale di Sant^Ago
ftino condptto in F]ren.ze, doue
lauorò iì Capitolo di Santo Spirito, m.oilrando
inuenzione, e giudicio mirabile nelle figure
, e ne'Cauaili fatn da lui, come
<l«el luogonefà fede la ftoria della Paffione di Chnito : nella quaie fi ireggicno
'nsegnofamenre tutte le cofe ellere ftate fatte da lui con difcrezione, e con bel-
liflìma grazia . Veggonfi i ladroni in Cro« rendere il fiato, e
l'anima del buono
ellere portata in Cielo co allegrezza da gl'Angeli, e quella del reo andarne accó-
pagiiata da'Diauoli tutta rabbuffata a i torméti dell'Inferno - Moftrò fimilmente

inuen-

Simone χ'φ
λΙ tempo del
Petrarca al
quale dipinfi
il ritratto di
Madòna Law
ra di quella
fe ne fì men-
ticne indìtterft

sompnmmh

E l'altra

Smonéfiimn»
fo Eccellente
fu Scolitro di
Qie/io, Uno-
rò con lode nel
portice di San
l'Ulta di Ro-
m0»

Jft fiiamatp
9a Aufpione a
feruir$ il Fa·
/>« OHe lauor^
molte Pitture,
Dtpinfe Λ fre-
ftp nel pala^m
^odiSm.^,'
Angeli in /»·
rdipinti fàm
no ornamenti,
e eompo^imèù
hellifimi,
£>ipingen4o in
Firenze jwo,
βτα inmntiQ
net egihdicip
nelle attitw
dini operando
con dtjitnttO'
ne,e helUfftmA

-ocr page 179-

VITA Di SIMONE SENESE. 89

Kiuenzione» e gindicio Simone nell'acticudinh e nel pianto amariiìlmo, che fan-
no alcuni Angeli intorno ai Ciocifiilo.. Ma quello, che iopra cucce le cofe è di-
gniffimo d! confiderazione, e veder quegli fpiriti, che fendono l'aria con le ipal-
k viabilmente ; perche quali girando foltengono il aioco del volar loro, ma fa-
rebbe molto maggioc fede dell'eccellenza di Simone
quell'opera, feoltre all'ha-
uerk confumara il tempo, non fufle ftaca l'anno 15 guaita da que'Padri, che
per non poterfi feruire del capitolo mal condotto dall'huni dità , nel far doue era
vn palco inrarlato vna volta, non hauelTero gettato in terra quel poco, che ceita-
lia delle Pitture di
queil'huomo ^ il quale quafi in quel medefimo tempo dipinfe
in vna tauola vna Noftra Donna, & vn San Luca con altri Santi a tempera, che
hoggi è nella Capelia de'Gondj in Santa Maria Noaelia coi nome fuo. Lauorò
poi Simone tre facaate del capitolo di detta Santa Maria Nouella molto felice-
mente. Nella prima, che è fopra la porta, d'onde vi fi entra, fece la vit^i di San_^
iJomenico; & m quella, che fegue verio la Chiefa figurò la religione, & ordine
J ™ ρ ' '^C'Imbattente contra gl'Heretici, figurati per Lupi, che ailalgono
alcune Pecore, le quali da molti Cam pezzati di bianco, e di nero fono difefe, &
1 i-upi ributtati, e morti. Sonoui ancora certi Heretici, i quali conuinti nelle di-
spute, ftracciano i Libri, e pentiti fi coafeifano, e così pailano l'anime alla porta
del Paradifo, nel quale iono molte figurine, che fanno diuerie cole.

In Cielo fi vede la gloria de'Santi, e Giesii Chriilo. E nel mondo quaggiù ri-
mangono i piaceri, e diletti vani in figure humane, e maffimamente di donne,
che reggono ; tra le quali è Madonna Laura del Petrarca, ritratta di naturale ve-
'lica
di verde, con vna picciola fiarametta di fuoco tra il petto, e la gola. Euui
ancora la Chiefa di Chrifto, & alla guaidia di quella il Papa,lo Imperadore, i Ré,
* f-^^'iioal') i V^fcoui, e tutti i Principi Chniliani, c trà ellì a canto a vn Caualier
A Rodi j M. Franceico Petrarca, ritratto pur di natutale, ilchc fece Simone per
«nfrefcar nell opere fue la fama di colui, che l'haueua fatto immortale. Per la_j
*^hiefa vniiierfale ,fece la Chiefa di S. Maria del Fiore , non come ella (là hoggi,
l^a come egli Phaueua ritratta dal modella, e difegno, che Arnolfo Archiceccore
«aueua lafciati nell'opera, per norma di coloro, che haueuano a feguitar la fabn-
ca dopo lui, de'quali modelli,per poca cura de gl'Operai di S.Maria del Fiore_;),
come ili altro luogo s'è detto , non ci farebbe memoria alcuna » ie Simone noii_j
ihauene iaiciatadipnraiaqneft'opera. Nella terza facciata , che èqaelUdeli'
Aitare, fece la Pailione di Chriilo,il quale,vfcendo di Gierufalemme con la Cro-
ce sii la fpalla, fe ne va al Monte Caluano , feguiraco da vn popolo grandiffimo, - .
«ione giunto , fi vede, effer leuato in Croce nel mezo de'Ladroiii : con l'altre ap- jSl'Ol „1
pavrenenze , che cotale ftoria accompagnano. Tacerò i'eilerui buon
numero di
CaiKiIu il gettarli la forte da i famigli
della corte fopra la Veile di Chnito,;o fpo-
I>liare il Limbo de'Santi Padri,e tutte
l'àlcie coniìderate inuenz.ioni,che fono non
da maeftro di quell'età, ma da moderno eccellcntiiTimo. Coacioliache pigliando
ie tacciale misre, con diiiPcntiffima ofieruatione fa in ciafcuna dmeric ibne sù

nitrmldi M„

Laura , e del

Vetmrm fatti
da Stmoneptf
grAt» com»

RKpprefentò S,
M/Piria di Fh*
re cenforme ai
disegno
mi fi).

d'Atfiorta nm
da maeflrt
«ntico, ma d*

moderno eciti-^
len/it

Si conftdert il

quartro,o cinque volte, dtuerfe

^ " - - - bigione jen^jt

dtmjions d'or·
mmetitii e coìf
hmu β {dine t

Buonamico <uo maeftro cominciato a far€ le ftorie loro con quefto male ordine

Μ

Segui-

^^r vn mnr.re,e non dmide con ornamenti tra fon.wc ίίοη,^,οο ne viarono di fa-
re 1 veccm,e molti moderni,che fanno la terra fopra l'aria quan

come e la Capella maggiore di quefta medefimaChieia A >1C . ___________

doue cup.gnenao moke cofe a frefco, ììIì fù forza far contra fua vogha cotah diui-
fioniviauedo gl aitn Pittori,che haueuano in quel luogo lauoroto,. ome Giotto, e

EfpreJjio-si
fltrAuaganie
iUÌ voixret

Lmeri /αίβ
da Simone im

S.M»rt0N*·
ueUa,

-ocr page 180-

90 ' ρ R ΓΜ A PARTE

Seguitàndo dunque in quei Campo fanto, per meno errore il modo tenuto da gii
altri, fece Simone fopra la porta principale j di dentro, vna Noftra Donna in fre-
fco, portata in Cielo da vn coio ri'A geli, che cantano, e iuonano tanto viua-
ufttitudini di- mente >che in loro fi conofcono cutci que'varij eiteiti lie i mufici, cantando j ο
un core d· Ah- fonando fare fogliono ; come è poi gere l'orecchio al fuono > aprir la bocca in di-
geli, che nel modir ilzar gl'occhì al C ielo, gonfiar le guance» ingroÓar la gola,& in ί om-
canUre tfprh «ja tutti gl'altHatti, e mouimenti, che fi fanno nella muiìca . Sotto quella hC~
o. itn frAnn-nrÌri ft»rf* oimni» iTnn'i» rJi»!!'^ in'f-o Ai T? - ptUHa^

■fan ^"iT^^xin tre quadri fece alcune fioriedella vita di S. Ranieri Filano, ne
^ quando giouanetto, fonando il falteriojfà ballar alcune fanciulle, belllTìir,e per
l'arie de'voiti, e per l'ornamento de gl'habiti, & acconciature di que'temp·. Ve-
defi poi la Hello Ranieri, eiìendo ftaro riprefo di cotale lafciuia dal Beato Alber-
to Romito, ftarfi col volto chino, e ]agrimofo,e con gl'occhi fatti loffi dal pian-
to, tutto pentito del fuo peccato ; mentre Dio in aria, circondato da vn celefte
Atttontefprff- lume ,fàfembiante di perdonargli. Nel fecondo quadro è quando Ranieri di-
/«Λ
a alcuni rpenfandoIefucfacuUàaipoueridiDio, per poi montann barca ; hà intorno
tnendicht chie yna tmba di poueri > di ftorpiati, di donne, e di putti, molto affettuofi nel faril
dendoelmofi- jnanzi, nel chiedere, e nei ringraziarlo. E nello ftelTo quadro è ancora, quando
quello Santo, riceuura nel tempio la fchiauina da pellegrinojftà efinanzi a Noftra
Donna^che circondata da molti Angeli, gli mollra, che fi ripoferà nelίίΐο grem··
M^refftdmr" jj^ Fifa, le quali tutte figure hanno viuezza* e bell'aria nelle teite r Nella ter-
fr' "" ^^ ^ dipmto da Simone,quando tornato dopo (ette anni d'oltra mare»moflra ha-
jfi//! fatto tre quarantane in Terra fantaje che ftandofi in coro a vdiie i diuini vffi-
^βα ζ j, doue moki putti cantano,è tentato dal Demonio, il quale fi vede fcacciato da

* vn fermo proponimento, che fi fcorge in Ranieri di non voler offender Dio,.aiu-

ìioio raro da vna figura, fatta da Simone perla Conilanza,che fà partir l'antico auuer-
^refentare va ^oii folo tutto confufo,ma coii bella inuenzione,e capricciofa tuttopauro^
:Dem0m0 y the io,.tenendofi nelfuggire le mani al capo,e caminando con la fronte bafia, e ilret-
Srofo, io nelle fpalle a più potereje dicendo,come fe gli vede fcricto vfcire di bocca; Io
SimoJfu ca^ nonpoiTopiù; E finalmente in quefi:o quadro e ancora, quando Ranieri iniut
p'seeiofo,é· monte Tabor ingenocchiato r vede miracololamente Chriiioin aria con Moisé,.
diligenti mi. & Elia>le quali tutte cofe di quell'opera, & altre, che β tacciono, moif rano,che·
L· compofitm. Simone fu molto capricciofo^ & mteie il buon modo di comporre leggiadraméte
ut, « leggina le figure nella manieradique'teropu Fmitequeite itorie, fece due tauole st^
4rm delle fi-
tempera nella detta Città^iiutato da Lippo Memmi fuo fratello,!! quale gl'haue-
'S'Ti r ua
anche aiutato dipingere il Capitolo di S.Maria Nouella, & altre opere..

ψΖ^,/β. Cofiui,febene,.nonfùecceliente,comeSimone,feguitònondimeno,quan*

smce ^delia tapotè il più>^ la fua maniera,& in fua compagnia fece molte cofe a frefco in: San-
/«Λ
mmitra. ta Croce di Firenzera Frati Predicatori in Sànta Caterina di Pifa la tauoladell'Al-
Suoi- lauort λ tar maggiore, & in San Paolo a Ripa d'Arno, oltre a molreftorie in frefco bellif-

^φο , & » fimerlatauolaatempera, chehoggièfopra l'Aitar maggiore ydentrouivna_.r
Donna, San Pietro, & San
Paolo, e San Giouann Battiila, & altri SantiV
thitetto'^ if^ E in quella pofe Lippo il fuo nome. Dopo quelle opere, lauorò da perfe vna ta-
gmfo i'S, noia atemperaaFrati di S. Agoftino in San Giininjanose n'àcquiilò tanro nome»,
fìtodi
di f^r che fi:ifoizato mandar in Arezzo al Veicouo Guido.de'Tarlati vnatauolacoii^
femrìacam^· tre m«zefi^gure, che è hoggi nella Capelìa di San Gregorio in Vefcouado. Stan-
^Λκμ d€i C3*> do Simone inFirenze a iauorare,vn fuo Cugino Architetto ingegnofo, chiama-
tjfme dì IL· to N^rocdoitolfe l'anno r.j,3 i.afftCÌonaE la Campana grolla
tenie conpoc» itmty

fatica,

mono tum
affetti 1
4λ mufici

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VITA DI SIMONE SANE&E. ^ι

renze j che per fpacio di 17. anni » nelluno Phaueua potuta far ionar fenza dedici
fauomini, che la tiraiTino. Cothii dunque la bilicò di maniera , che due la pore-
uano muouere j e molla, vn (ole la fonaua a diflefa, ancora ch'ella pefaile più di
Cedici milk libre, onde oltre l'honore, ne riportò per iua mercede trecento fiòri-
nidbro, che fii gran pagamento in que' tempi. Ma per tornare a i noftri segtfom laiét'

Memmi Sanefì ,'lauorò Lippe oltre alle coie dette col difegno di Simone vna ta- '

«ola a tempera,che fù portata a Pirtoiaje meiia fopra l'aitar maggiore della Ghia-
ia di S. Francefco, che fù. tenuta belliffima . In vltimo tornati a Siena loro patria
cominciò Simone vna grandirtlma opera colorita, fopra il portone di Camoiia ,
Mortcdi
dentroui la coronatione di Noftra Donna» con infinite figure > la quale >fopraue-
nendogli vna grandiffima infirraità, rimafe impeufetra » & e eli vinro dalla gran-
dezza di quella, pafsò di quefta vita Tanno 1345. con grandiìruno dolore di tut-
la Ìua Citta, e di Lippe fuo ftatello, il quale gii diede honorata iepoltura in Sail·^
pancelco ; finì poi molte opei^ , che Simone haueua lafciate imperfette. E ciò
furono vna paifione di Chrifto in Ancona fopra l'altare maggiore di S. Nicola »
nella quale finì Lippo quello, che
haueua Simone cominciato, imitando quellai
"aueua fatta nel capito ο di Santo Spinto di Firenze, e finita del tutto il detto Si-
inone. La quale opera farebbe degna di più lunga vita , che per aiiuentura non offetmikìtt
le tara conceduta : eiiendo in eila molte belle attitudini di caualli, e di foldari,che
4 ^ttitn4$ifet

fanno in van'j gefti, peniando con raarauiglia k hanno, ò nò Cio-
cihilo il figliuol di Dio. Finì fimiimente in Affili nella Chiefa di iotto di S. Fran-
mo^o amm
cefco alcune figure, che hauea cominciato Simone all'altare di S. Elifabetta, il
di difegnttrg
qua! è all'entrar della porta, che và nelle capelle, facendoui la Noftra Donna, vn /"Ρ^λ ah'^ric.
S. Lodouico Rè di Francia, & altri Santi, c le iono in tutte otto figure infino alle
ginocchia, nia buone, e molto ben colorite. Hauendo, oltre ciò, cominciato Si- 0, }rù
nione nel refettorio maggiore di detto Conuento in tefia dalla facciata, molteL_ji
Icoriette, & vn Crocififlo fatto a guifa d'albero di Croce, fi rimafe imperfetto, e
dilegnaic, come infino a hoggi fi può vedere, di roflaccio col pennello in sù l'ar-
ricciato ; il quale modo di fare era il cartone, che i noftri maeftri vecchi faceuano
pei·" lauorare in frefco, per maggior breuità : conciò fuile , che hauendo fpartita
tutta l'opera (opra l
'arricciatOiTa difegnauano col pennello ritrahendo da vn diie-
gno picciolo tutto quell eh, νοΐ6α?Γηο iare,con ringrandir a proportione quan-
do haueuano penfa' ο di mettere in òpera. La onde, come quella così difegnata
11 ve ìe, & in altri luoghi molte : così molte altre ne fono, che era fiate dipmte,le
^Uali, fcrollatofi poiìl lauoro , fono riinaie cosìdifegnate di rollacciofopral'ar- j^-p.^ difeanl
ricciato. Ma tornando a Lippe, il quale difegnò ragioneuolmente, come nel no- ragionsmlmg,
l'io libro fi può veder in vn Romito, che incrocchiate le gambe, legger Egli vif- te.
le dopo Simone dodicianni, lauorando mólte coie per tutta Italia , e particolar-
Lifudittifr»*

n-ιpn^β ____ , , _ _ . _____J:____Π. . Λ

• \

ELippoh,c,andoùproprionome,e«ofi cu^ Nellafacciata d?lca- ZZLZe '

' SV ^'■^''ί'ϊ,αηΓ^ί Simone , oltre al Petrarca, e

][viadomia Lauta, come s'e detto di fopra, ' , L·^ , ^he è nella ftoria. f^ud*

ίαο figliuolo , e Simone ftefio. E nella perfona di '^fp sm^L

Benedetto XL da Treuifo, Frate Predicatore : j'eftig'e del qua! Upa haueu^
mollo prima recato aSrmone, Giotto fuo tnaefi^ > quando torno ^^

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gz. PRIMA PARTE

detto Papa? che tenne la Sedia in Auignone.. Ritraile ancora net medeilmo luo-
go il Cardinale Nicoìa da Prato, allato al detto Pa^a > il quale Cardinale in qirel
tempo eri venuto a Firenze Legato di detto Pontefice, Coinè racconta nelle iue
iì-one Giouan yUiani. Sopra Ja fepoltura di Simone fù pofto quello epitaffio »
Simoni Μemmio piBorum owinium y mnnh o^tatis celeberrimo, Vixit annis LKo
Menfibus dmbus , cìiebus trihus
» Come fi vede nel noftro libro detto
difopra > non fu Simone niok' eccellente nel diiegno, ma
hebbe inuentione dalla natura» e fi dilettò molta
di ritrarre di naturale » & in ciò fù tata
tenuto il miglior maeilio
de' fuoi tempi ί
che'i

• Sig.Pandolfo MaiateÌla lo mandò iofino in Auignone

a ritrarre M. Francefco Petrarca: a richieda d«i

Epitaffio fipra
ìafipoituraiii
Simone.
Hebhe

itone
ηΗΐΗΐΛ, e per'
età ritr»heM»

ΛλΙ natumle,
ma non. hMs
tcceUen^fi di
difegm.
iandclfo Μλ^

lateflale ma-
sii in Amgm*
ut aritrarrfìl

is.mM.fm,.

quale fece poi con tanta fua lode il
ritratto di Madonna.^
LauriL-s α

VITA

-ocr page 183-

VITA DI TADDEO GADDI

VITA DI TADDEO C ADDI PITTORE

FIORENTINO. mmim^'i»^

β shr*'

f| 'BELL A j e veramente vrile ^e Ibtietìole opera premiare iilLe acqui'·'
ogni luogo largamente la virrù, horiorare colui, che Phàj {ìartl»vtrik^
perche infiniti ingegni ·> che taluolra donnirehbono j ecd- eàiumhe ec^
da queilo inulto, fi sforzano con ogni indufÌria di ηοιι_ΰ
teiUmi Hf
'olatiìente apprendere ouella , ma diuenirui dentro Éccel /^»·
^emi, periol!euai-fi, & venireagradovnlé , & honoreuclei

I A 7 i^onore alla patns Mro, cV a ie M-. gloria,Ο tj'dÀn J
ricchezze, e nobiltà a defcjndenti loro, che da cotali principij (olleuaÌi, ben^- g^t
Jelio duiengonc, e ncch,ffi
„,i,, ^

deuGaddiPittorefecero,deicendenti.iiioi.·IlquIle-Taddeo diGaddoCaddi £· cp^^Z.^

Fio-· ^smpHtl·

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94 Ρ R I Μ A Ρ A R Τ E

Fiorentino, dopo ìa morte di Giotto j il quale l'haueua tenuto a battemmo,
dopo la morte di Gaddo era (lato Tuo maellro ventiquattro anni, come
Cennino di Drea Cennini, Pittore da Coile di Vald'elfa, efsendo rimafo neila_rf
pittura» per giudicio, e per ingegno
frà i primi dell'arte , e maggiore di tutti i fuoi
condifcepoli, ièce le fue prime opere, con facdità grande > datagli dalla natura »
più torto, che acquiflata òon arte > neila Chiefa di Santa Croce in Firenze nella_a>
Capella della Sagreflia > doue infieme con i fuoi compagni, difcepoli del morto
Giotto j fece alcune ftorie di S. Maria Maddalena, con belle figu':e, &c habiti di
que^ tempi belliiTimi > e ftrauaganti. E nella Capella de' Baroncellj, e Bandini >
doue già haueua lauorato Giotto a tempera la tauola > da per le fece nel muro al-
cune iiorie m freico di Noftra Donna» che furono tenute belliffime. Dipiiife an-
cora fopra la porta della detta Sagreftia
ia ftoiia di Chnitojdiiputante co i Dotto-
ri nel tempio, che
poi meza rouinaca, quando Cofimo vecchio de' Medici, fece
il Nouiziato, la
Capella, el ricetto dinanzi alla Sagreftia, per metter vna cornice
di
pietra fopra la detra?'porta. Nella medeiìma Chjefa dipjnfe a frefco la Capella
de'
Bellacci, e quella di S. Andrea, allato ad vna delle tre di Giotto, nella quale
fece quando Giesù Chriilo tolfe Andrea dalle reti,e Pietrose la Crocififfione d'ef-
fo Aportolo, cofa veramente, & allora ch'ella fù finita,
e ne' giorni prefenti anco-
ra commendata, e lodata molto. Fece (opra la porta del Fianco, fotte la fepoltu-
ra di Carlo Marfupini Aretino,
vn Chrifto morto, con le Marie, lauorato a fre-
fco, che
lodatiiììmof. E iorto il tramezo, che dmide la Chiefa, a tnan iìniftra,
(òpra il Crocifiiio di Donato,
dipinfe a frefco vna lloria: di S. Francefco, d'vn mi-
racolo , che fece nel ref|,x{citar vn
putto, che era morto, cadendo da vn verone >
coll
'apparire in aria. Et in quella ftoria ritraile Giptto ino maeftip. Dante poe-
ta , e
Guido Caualcanti, altri dicano fe ile Ilo. Perla detca Chiefa fece ancora in
diuerfi luoghi molte figure, che fi
conofcono da i Pittori^alla maniera. Alla com-
pagnia del tempio
dipinie il Tabernacolo ^che è in iul cato della via del Crocifif-
io, dentroui
vn belliffimo depoilo di Croce. N^l chiortro di Santo Spirito lauo-
rò due
ftorie negl'archetti allato al capitolo, aeli'vno de'quali fece quando Giu-
da vende Chrifto, é
nell'altrolacena vìtima, che fece con gl'Apoftoli. E nel me-
defimo Conuento fopta ia
porta del refettorio, dipinfe vn Ciocifiilo, & alcuni
Santi, che fanno cónoicet
fià gl'altri, che qiiiiii lauorarono, che egli veramen-
te imitator di Giotto, da lui haùuta fempré in grandiiTima venéracione. Dipinfe
in S.
Stefano del ponte vecchio la raaola, e la predelia dell'aitar maggiore coii^
gran diligenza: e nell'oratorio di S. Michele in
erto lauorò molto bene in vna ta-
vola vnChnfto morto,che dalle Marie
è pianto, e da Nictidenvo riporto nella (e-
polmra
molto diuotam ente. Neila Chiefa de'Frati de'Setui dipinfe la capella
di
S. Nicolò di quegli dal palagio, con hiftorie di quel Santo, doue con ottimo
giudicio, e gratia, per vna barca dipinta, dimortrò chiaramente com'egh haueua
in terranotitia
del tempeftofo agitare del mare,e della furia della fortuna ; nella
quale mentre, che i marinari,votando la naue gettano le mercatie,appare in aria
S. Nicolò, e gli
libera da quel pericolo ; la q^ale opera, per erter piaccuita,e fiata
molto lodata ,βι cagioni-, che gli fùfartadi^gnere la Capella dellaltar maggiore
di
quella Chiefa^doue fece in frefco alcune rtone di N.Donna,& a tempera in ta-
uok
m«defimamente la N. Donna,con molti Santi lauorati viuamente.Pariméte
nella
predella di detta tauola fece con figure picciole alcune altre ftorie di N.Dó-
na delle quali non accade far particolar mentione,poi che l'anno 1467.^1 rouina-
to ognicofajqiunio Lodoaico March, di Mantoua,fece in quei luogo la tribuna,

Giotto teme α
battefimoTud
deo , e le β
mneftto ami
a 4·^

Fùntll'am
frà primi per
^iudiào teper
ingegno, e·
però cm grm
facilità feri
tìtifppfitione tii
natura^
Stéoi lauori,

Belle figuri ^
hzbiti anii'·
chi, e hellì, 'e
^ranaganti·

Fece dÌMtrft
ritratti.

Γέ imitatore
della munitr»
di Gitilo,

CiudiciOiit
irstia efpreft
i'rtvna tempe-
βα di mare.

Tribuna ordim
dnatatiaLu·
douice dt Ma·
tOHn cotdtfe-
di lion
£atti{ia
ktrti-

-ocr page 185-

VITA DI TADDEO GÀDDL

che v'è hòggi, col t^iiegno di Leon Bainiìa Alberti j Si il cero de'Frati sfacendo

Ì>ortar la rancia nel Capitole di quel Ccnuento, nel Refettorio del quakjfece da
ommo , fopra le fpalliere di legname, i'vltima Cena di Giesù Chriftc con gl'A«
polloli, e (opra quella vn Crocihiiocon inolri Santr. Hauen^opofto aqueil'opc-
re Taddeo Gaddj ì'vltimo fine fù ccndotto a Pifa; doue in San Franceico pet
Gherardo, e Bv\onacoifo Gambacorti, fece la Capella maggiore in frefco molto F« miottt»
ben colorirà, con molte figure, e ftorie di quel Santo, e di S.Andrea, e S.Nico'ò.
Nella volta poi, e nellafacciara è PapaHonoriOs checonfeima la regoladoueè ■^Ά» ,
ritracro Taddeo il naturale in profihloj con vn capaccio aiioito fopra il capc»&a
piedi d'quella ftoria fonoicntre quefte parole.

MagtiìerTaddsus Gaddm de Fiorenti Vinxit hanc hiPorìam Satini Francifch
&Sanm .Andrea , & Sanali Ί^εοΙαί anno Domini MCCCXLIL de menfeJugH- Taddic^
fti. Fece ancora nel chioilro pure di quel Conuento in frefco vna Noftra Donna
col fuo figliuolo in collo molto b-'n colorita. E nel mezo della Chiefa quando
s'entra a man manca vn S.Lodouico Vefcouo a federe, al quale S.Gherardo da_^ ^

Villa Magna (laro Frate di qaeli' Ordine , raccomanda vn Fra Bartolomeo allora F/jei^e^f-
Guard ano di detto Conuento. Nelle figure della quale opera perche furono ri-
tracce dal naturale, fi vede viuezza, e grazia infinita, in quella maniera femplice, ^

che fò in alcune cofe meglio, che que la di Giotto,e maiTimamente nell'efpn'me- ^y^fi^^igiaf,
« il rarcomandarfi,ra!le»rezza, il dolore, & altri fomidianti a Sett e/'

fama

cene ioggie, murandogli di pietre conce, e ben foggiate, là doueerano prima—s /are,
itace htte di mattoni, fenza alterar però jl difegno, che lafciò Arnolfo, con ordi- Impiega di
Dro^r ΐϊ'ν^ ^palazzocon due volte ,per conferua dellc_;, Taddeo in e-

iZl f Τ u il > e Commune di Firenze, Là qualc^ P''^ f

ffb ri^ ' diporti Santa Maria,acui era ftatodato cura della 'J^

£ bnca, ordino,che fi pagade la gabella della piazza , e mercato del grano, & al-
cune altre grauezze di piccioliiTima .mportanL: Ma il che importò molro pÌÙ,fò ^ '
cene ordinato con ottimocon%ìio,checiafcuna dell'arti di Firenze %efle da^ Parilto perla

_______- ^«r.ni' ·»

per ie vn pilaftro, & in qui^S^^^SSte^^'^a

ogniannoperlafeftadi quello,.Confohdiqa:eU'arteandal|inoaoflerta.e vite^ bnc..

neffinotuttoqueldìlailendardoconlaloroinfegna,machelofterranondi^^

no fuÌTe della Madonna, per fouuenimento de poiieri bifognofi . E perche l an- ^^^^^^ ^^^
no 155 5. per io gran dilauio l'acque haueuano diuoratole frode del ponte kud-
baconte, meilo in terra il Cartello Alta
Fronte, e del ponte Vecchio no^ diFireK^*
lafciato altro , che le due pille dei mezo ,· ik ii ponte a Santa Trinità romnato α

turto.eccectovnap.Ila,cLrimafetuttafi-acaliata,emezoiIponre^k «/''e·

rompendo la pefca'ia d'Ogni Santi, deliberarono quel Vcheall^

uano , non valere „che par quegli d'bkr'arno haueiTero la tornata alle cafe loro màelh j^
con canto icommo o qL nro quello era d^hauere a paiT.r per barche : percb^ t

chiatnatoTaddeo GX^e.^eliere Giotto fuo maeftro andato a Milano gb fé- ^
cero fateli modello ,e
d,felnodel ponte Vecchio rdando^^^

condurre a fine piirgagii^^J^ più bello; che pc.iribile fuire,-edegh«Oìi perdo-

«andò, nea ipefa,ne afatica,,lo fece con quella gagliardezza di fpalle>e con quel- , .refi-

la magnificenza di voice tutte di pietre riquad'ratecon io fcarpello, che foftiene ^iqutl
hoggi ventidue botteghe, per ì^anda, che fero in tutto
quarantaquattro, con <0 ^d nUrt
grand'vtile; del Commune, che ne cauaua l'anno fiorini 800*. di fitti r La langhez- mnAm.

za

m

ef fTc il dolore, & altri fomigliantiaffetti ^,^·

^preHihnnofemprehonoregrandiffimoal Pittore. Tornato poi a Firenzc_^ p„g
ί addeo, iegmtò per lo commune l'opera d'Oi- San Michele, e rifondò i pilaftri imereaÌ Pit-

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gz. PRIMA PARTE

:za delle voice da vn canto all'altro è braccia rrentadiie, è la ftrada de! raezo fedi-
cit e quella delle botteghe da ciafcuna parte bracce otto : per la quale operai che
COtlò feiiànta niilla fiorini d'oro» non pure meritò allora Taddeo lode infinitajma
ancora hoggi n'è più $ che mai commendato » poi che oltre a molti altri diluaijj
non è flato mollo l'anno 15 >
7. a di 15. Settembre, da quelio> che mandò a terra
'. ' ilponte a Santa Trinità» dx quello della Carraia, due archi, e che fracaisò in gran

parte il Rubbaconte, e fece mok'akre rouine, che fono notiiTime. E veramente
Jion è alcuno di giudicio, che non ftupifca, non pur non fi macauigli> coniìderan-
do » che il detto ponte Vecchio in canta fttetcexza ioftenelle immobile l'impeto
dell'acque» de'legnami, e delle rouine fatte di fopra, e coti tanca fermezza. Nel
Rifece il Pòh» tnedefimo tem.po fece Taddeo fondare il ponte a'Sata Trinità, che fii finico man-
<ίβ 4 S.Trimm co felicemente l'anno i^^ó. con fpeia di fiorini
venti mi! la d'oro , dico men feli-
cernente, perche non eflendo ftate ùmile al
ponte Vecchio, fù interamente ro-
uinato dal detto diluuio deh'
anno 1557- Similmente, iecondo rordine di Tad-
Fese V!t deofi fece in detto tempo il m\xro di cofta a S. Gregorio con pali a Cadello, pi-
per Accrefcer ghando due pille del ponte, per accrefcer alla Città terreno verfo la piazza de'
terreno alla Mozzi, c feruiriène s come fecero a far le mulina, che vi fono. Mentre, che con
Ciiià uà efet, ordine,e difegno di Taddeo ti fecero tutte quelle cofe,perche non réllò per que-
jo
ds far mH' fto di dipingere, lauorò il tjibunale della mercantia vecchia, doue con poetica-»
Oipin ί il ir\ figurò il tribunale di fei huomini, che tanti fono i principali di quel

iumC Vf/X' che ftà a veder cauar la lingua alla Bugia, dalla Verità, la quale è ve-

mman^^ia ^ ^^^^ Fignudo, e la Bug:a coperta di nero, con quelli veriì (otto»

mc(khf X^apura Verità per vbbidh e

^lla Santa Giuftitia, che non tardai
- Caua la lingua, alla [alfa Bugiarda.
E fotto la Storia fono quefti vedi.
Taddeo dépinfe quefio bel ngeftro
Difcepolfù di GiottQ il buon maeflro.

Z»uorihfre. F", fattogli allogatione in Arezzo d'alcuni lauori in fi-efco, i quali ridu/Te Tad-
fiff.efì oprai deo con Giouanni da Milano fuo Jiicepolo, all' vitima perfezzione ,· e di q uefti
/e
te/Ìa tonfi, veggiamo ancora nella Cópagnia dello Spirito Santo vna ftoria nella faccia dell'
àeratio»e / e Aitar
niaggiore,dentroa· la PaiTione di Chrifto con moki Caualli,& i Ladroni in
vmtiàd'«t« Croce: còfatenuta belliffima, per laconfiderazione, che mollrò nel metterlo in
iithdmi* " Croce, doue iono
alcune figurcjche viuamente efpreiie, diraoftrano la rabbia de'
Giudei, tirandolo alcuni per le gambe con vna fune, altri porgendo la fpugna, &
altri
in varie attitudini, come il Longino , che gli pai^^ cortato, & i tre Soldati,
che fi giuocano la vefte ; nel vifo de'quali fi fcorge Li fperanza , & il timore nel
mre dì'dadi ; Il primo di coProro armato , ftà in aìticudine difagiola , afpettando
ia volta iua, e fi Jimoilra tanto bramoio di tirare, che non pare che fenca il difa-
gio.raitro inarcando le ciglia,con
la bocca,e con gl'occhi aperti,guarda i dadi,per
ibipetto qiiafi di fraude: e chiaramente dimoi"'^ a cai lo confiderà il bifogno,e la
voglia,ch'egli hà da vincere.Il
terzo,che tira 1 dadi, fatto piano delia Vefte ai ter-
ra,col braccio tremolante parche
accenni, gigando voler piantargli. Similmente
per le faccie della Chiefa fi veggono alcune itone di S.Giouanni Euangelifta;t_^

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VITA DI TADDEO GADDI. 97

tiiera , e difeeno fono lauorare, che !o fanno tener mirabile. In S. Agoftino alla '

Capella di S.lebaftiano,allato alla vSagreftia, fece le ftorie di quel Martire,& vna ""
tfiiputa di Chrifto con i Dottori, tanto ben lauorata, e fixiitaj che è .miracolo a ve-
dere
la bellezza ne' cangianti di varie forti » è la gratia ne"'colori di quelle opere ' '

finite per Eccellenza. In Cafencino nella Chieia del Sailo della Vernia dipmfe la '
Capella , doue
S. Francefco riceuette le ftimmate, aiutato neilecofe minime da offematìem
Iacopo di Cafentino, che mediante quella gita diuenneiuo difcepolo. Finita CO" (it gratta nei
tale opera> infieme con Giouanni Milanefe , fé ne tornò a Firenze, doue nella.^ eoiorr,e finej^.
Città, e fuori fecero tauol e, e pitture allaiffime, e cTirapovtanza ·, Òc in proceffo di ecaUent,^
tempo guadagnò tanto, facendo di tutto capitale, che diede principio alla ric-
chezza, & alla nobiltà della fuafluiMgUa eflendo tenuto (empre fauio, & accorto Taddto evn
hucmo. D;pinie ancora in
S. Maria Nouella il capitolo, allogatogli dalPaor del MtUnefi
luogo,che g i diede l'inuentione. Bene è vero, che per ellere il lauoro grande, e
per elleriì fcoperto in quel teippo,che fi facctiano i ponti,il capitolo di Santo Spi- ^^ ^ β ^^^^^
rito, con grandiffima fama di Simone Memmi, che l'haueua dipmto, venne vo- ^ ^
glia al detto Priore, di chiamar Simon e alla metà di quell'opera, perche conferì- „„„ , ^ β^^
to il tutto con Taddeo,lo trouò di ciò molto contento, percioche amaua lorama- gma ξΗαΛΛ"^
mente Simone, per eiiergli (lato con Giotto condifcepolo, e Tempre amoreuole gm*
amico, e compagno. Oh animi veramente nobili, poi che fenza emulatione,
ambitione, ò muidia v'amaile fraternamenteΓνη l'.alrro , godendo Ciafcuno così
sicompìacqm
dell'honor, e pregio dell'amico, come del proprio. Fù dunque fpartito il lauoro, <ort^menu
e datone tre facciate a Simone, come diiTi nella fua vita , <Sc a Taddeo la facciata Λ h^^Htrc^m^
i^niflra, e rutta la volta^ia quale fii diuifa da lui in quattro fpicchi, ò quarte feco- ^»·
<ίο gl'andari d'efia volta.
Nel primo fece la Refurrettione di Chrillo, doue pare, ^^^ ^

che e' volelle tentare, che lo fplendor del corpo glorificato facefle lume, come
apparifce in vna Città, & in alcuni fcogli di monti Ma non feguico di farlo nelle
figure, e nel redo dubitando forfè di non lo potere condurre,per la diihculta,che ^^
VI conoiceua. Nel fecondo.ipicchiο fece Giesù Chrifto, che libera S. Pietro dal X^/rfi

naufragio, doue gli Apoiloli, che guidano la barca, iono certamente molto belli,
e fra l'altre cofe vno, che in su la nuadel «tiare pefca a lenza : cofa fatta prima da
Giotto ui Roma nel Mufaico della naue di S. Pietro, è eipreilo con grandiffima,
&c viua affettione. Nel terzo dipinfe l'Afcenhone di Chrillo, e nell vltutio la ve-
nuta dello Spirito Santo, douene 1 Giudei, che alla porta cercano volere entra- stttefchnXe
Γι veggono molte belle attitudini di figure. Nella faccia di lotio lono le e come ^ΛίΜίβ*
fcienze con i loro nomi, e con quelle figure lotto, che a dafcuns fi conuengono. ^«^
λ/λ
La Gi-ammarica in habito di Donna, con vna porta, infegnando a vn putto, hà
fotto di le a ledere Donato icrittore. Dopo la Grammatica fegue la Rettonca,
f ^ P'è di quella vna figura, che hà due mani a libri, & vna terza mano h tue di
efeìatie

ir Τ r^n ^Jtfifi"**^^

----------^ .....umenridafo..— '; pi'orecchi attenti a queliuono. La v^eo- ^f^^^i.hn

maΓtel^fopravnΆ„e^dlne, L'Aftrologia hàUsferadel

inetria hà la (quadra, e le ieRe, e da balio l, ^^^^ feggono fette fcienzc^

Cielo in mano, e fotto i piedi Adente. LJau 4 · r ^ d'huomini, che

Theologiche, e ciascuna hà fottodi " "Duchi, Yefcoui , Marchef!,

k altri, e nel volto del Papa è ikitraKo di Ckingte quin ^^^^

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ρ r i μ a ρ arte

alto luogo è S. Tomaio d'Aquino, che di tutre le fcienze dectcj fu ornato, tenen-
do focto i piedi alcuni heretici, Ario, Sabellio,&: Auerons,e gli ione intorno Mo-
se, Paulo, Giouanni Euangeiiila, & alcune altre figure , che hanno iopra le quat-
tro Virtù GàrdmalivI'e e tre Theolbgjc'he có altre infinite confiderationi, efpreiT^
da Taddeo con diiegno, e gratia non piccioh ; in tantoché fi può dir eller ftata ia
raegho inteia, e quellaj^he
Γι è più conferuata di t atte lecofe fue - Nella mede-
fima S.MariaNouella fopra il traniezo della Chiefajfèce ancora vn S. Gieronirao.
veftito dà Cardinale, hauendo egli diuorione in quel Santo, e
per protettore di
fua Cafa eleggendolo, e fotro efso poi Agnolo fuo figliuolo ; morto Taddeo,
fece
fare a i defccndenti vna fepoltura, coperta con vna lapide di marmo , con Tarme
de' Gaddi A i quali deicendenti Gieronirao Cardinale, per la bontà di Taddeo,
e per i meriti lóro,
bài mperrato da Dio-gradi honoreuoiiffimi nella Chieia, Che-
ricati di Camera, Vefcouadi,
Cardinale, ΡΐΌροΓκιιι-ε,β Caualierati honocatiilìmi.
I quali tutti
diicefvdi Taddeo in qualunauegrado, hanno iempre ibmaro, e fàuo-
ritiibegliingegni inclinati alle
cofe della Sciiltuira, Pittura, e quelli con ogni
sforzo loro aiutati. Finalmente eflfendo Taddeo venuto in età di cinquanta anni,
d'Au-ociffima febbre percolo, pafsò di quella vita l'anno 13 50. lafciando Agnolo
fuofigi uolo,e Giouann
=,che atct-ndefìeroalia Rttura, raccomandandogli alacc-^
po di Cafentino, per Κ coftumi del viuere, & a Giouanni da Milano
per gl' am-
maeftramenti dell'Ai te. Il quaì Giouanni oltre a moke altre cofe, fece dopo la
morte
di Taddeo vna tauola, che fu porta in S. Croce airaltare di S. Gherardo da
Villa magna, quattordici anni dopo, che era rimafo ienza il fuo Maeftro ; e iìmil- '
mente 'a tauola ddl'altar maggiore d'Ogni Santi, doue ftauano i Frati Humiliati»
c'ie fii tenuta molto bella : & ui Affifi la tribuna dell'aitarmaggiore, doue fece
vO-
Crocifiilb, la Noftra Donna, e S. Chiara 5 e nelle facciate s· e dalle bande hiftorie
delia Nòftra Donna. Dopo andatofene a Milano , vi lauorò moke Opere Λ^ίΙΠ'*
pera, & in frefco, e finalmente vi fi morì. Taddeoadunque mantenne continua-
mente la maniera di Giotto, ma non
però la miglioro molto, faluo, che nel coke
rico, il quale fece
più frefco, ε più viuace, che quello di Giotto ; hauendo egli at-
tefo tanto
a migliorare l'altre parti, e difficukà di quell'Arte ,-che ancor, che
q
uefta badaile, non potete però hauer gratia di farlo ; la dout-;·,· hauendo veduto '
Taddeo quello, che haueua
facilitato Giotto, & imparatolo, hebbe tempo d'ag-

-----. ΡΛ (^poko Taddeo da Agnolo ,·

Mfpte^e li β'
dette hiflorie
sen molta com
pderatiene dì-
jfegno.e gratta,

S, Girolamo
protettm di
Cafa a addi,.

Defcend<i/ìti
àiTAddeo hà»
nofauorttoi;^
mutato gl'tn·
gfgm incimati
alla Pittartt^
eSmlturà,
Tc.ddeomorfe
di febbreyS la*
fc'ò Agnolo \ e
Gtouanni fuoi
figliMoli.

Lamrt dì Giot

mmi da Mi-
lano fuo llliim
UO,.

Taddeo fegaì
iamaHitra di
biotto t e Ιλ .
miglior» nel
iplorito.

Sepoltura di
Taddeo β It»
date per meri-
U de coflumi j
sperhauer i"
P^erato m Bit »
iura
, ^ Ar»
x^hitettura,
,Zjfeguì Cd fol
ìsecitudme , e-
diligenza la.
fahrica del
Campanile di
3. Maria del.
'^tore lauoro
ttcellenie per
ifrpamemoi fpe
/a^ t-difigTio^

tro, e nella iepoltura, ch'egli
fuo padre , e fù molto honorato converfi da'Virtuofi di
quel tempo, come huomojche moko haueua meritato per coilumi, e per hauer
códotto có beli ordine, oltre alle pitture, molte fabnche nella fua Cktàcómodif-·
fime : & oltre quello, che s'è detto, per "^"-ler folle Jtamente, con diligenza efse-
guita la fabrica del Campanile di S. Maria del Fiore» col difegno lafciaro da Giot-
to fuo maeilro : il quale Campanile fù di maniera murato, che non pofsono cora--
mstterfi pietre con più diligenza,
ne far.t più bella torre>per ornarnento, per fpe-
fe, e per diiegno L'epitaffio, che fù iatto aTaddeo, fù quello, che qui ii legge »
Hoc vno dici -poterai FiorenmfsUx>
Viuente : at certa efl nonfotuifie mori^
Fù Taddeo molto refoluto nel difègp, come fi può vedere nel noftro h'brc?
dou'è dii ègnata di fua mano la ftoria ? che fece nella capella di
S. Andrea in Santa
Croce di Firenze.

*S:addeo Ytfci^
Ut^^md- àifs*

: i

VITA

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VITA D'ANDREA ORGAGNA. loi

VITA D'ANDREA DI CIONE ORGAGNA PITTORE

SCVLTORE, ET ARCHITETTO FIORENTINO.

ARE volte vn'ingegnofo, è eccelleir e in vna c^a, che norL^
poda aeeuolinenic appreniere alcun'ahra, e maffiinamente_s
<ii quelle , che
fono alla pn'ma fuaprofeiTione fomighanti, «
qnafi
procedente da vn medefimcyfonte ; coirle fece /Orgagna
Piorenrino, il quale Pittore, Scultore , Architetto, c Poeta,
ietto iìduà. Coiìui nato in Firenze, cominciò, ancora
ianciuiìefj.^^ alia Scultura iottoAndiea
P iano, e fe-

^uuo qualche anno.; poi eiien^odefiderofo per fare vaghi componimenti dli-
ftonc, d eller abbondante neli'muenzioni, atteie con tanto rtudio ai dT gno,am-
,tato dalla mtiira, che volea Fado vniueifale^che (come vna cofa tira l'altra) pro-

N 2 ^ iiatoUs

ìngi>gn6 ec'
celiente in f»'
Arte facil-
mente (tpprm-

altr» , (he β
ccnfaui.
Segui Andrea
Ptfmoprim'
pamr SmltH'
mt

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100. ρ R 1 Μ A Ρ ARTE

uaroiì a fi/p/gnere con i colon'a tempera, & a frefco > rmici ranro bene, con l'aiu--
to di Bjernardo Orgagna inofracelìo, cheeilo Bernardo-Io colfcin coiTipàgniaa-j
fare in S.Mana Noueiiu neiia Capelk maggiore , die allora e a deilafa-miglia de'
Ricci,,la vita.di Noftra Donna ::la quale opera finirà fu teuuta moico bella: fe be-
ne per trafcuragguie di chi n'hebbe poi cura, non pailarono molti anni, che ef-
fendo roteii reca , fù gaaihvdall' acqui , e perciò fatta nel modo ch'elPè hog^i
come fi dirà.al.luogo fuo", baifando per hora dire,che Domenico Ghi-illandai,che
la ndipuifejil ferui ailai dell'inuenzioni: che v'erano dell' Orgagna ; Il quale fece
anche in detta Chieia, pureafrefco la Capella degli Strozz , che è vicino alla
porta.della.Sagreftia, e delie Campane, in compagnia di Bernardo fuo fratello.
Nella quale Capella, a.cui fi faglie per vna fcala di pietra, dipinfe in vna facciata
ia gloria del Paradifo con.tutn i Santi,
e con varij habici, & acconciacure dì que*^'
tempi.. Nell'altra
fìcciai^cel'inferno , con le bolgie, centri, & altre cofe defcrit-
te da Dante, delquale
fu Andfea.ftudioiiiTuno. Fece nella Chiefìi de'Serui della-
medefima Città,
pur con Bernardo:, a fiefco la Capella della famiglia de'Crefci:
& in S. Pietro maggiore in; vna tauola aiÌài grande l'Incoronazione di Noftra_j^
Donna: &,in San Romeo preiio alla porta dei fianco vna tauola..

Similmente egli, e Bernardo fuo fratello jinfieme dipinfcro a frefco la-facciata.
; difuoriidi Santo Appollinare.con tantadiligenza-, che i colori in quelluogo fco-
pertóllÌOnOiViuij.e bellimarauighofamente conferuati-in fin'a hoggi."Μοίΐϊ:
dalla fama.di quell'opre dell'Orgagna, che furono molto lodate., coloro che iii_^·
ueltempo gouernauano Fifa, Io fecero condurre a lauorare nel CampoSanco'
i quella CittàjjVn pezzo d'vna facciata,fecondo, che prima GiottoieBuffalmac-
! co fatto haueuano.. Onde meiieui mano, in quella dipinfe An«rea vn Giudicio

■ Vtiiuerfalè con alcune fantaiìe a fuo capriccio j nella facciata di verfoiì Duomo,.
' allato alla Paffionedi Chnftb fatta dà Buffalmacco,doue.nel canto facendo la pri-

■ ma^fton?,, figuro in efsa tutti.i gradi de'SignonTemporali jinubiti ne i piaceri di

' queifon)ondoi:ponendògli a. federe (opra vn prato fiorito,, e'fbtto l'ombra dii
molti melarancijche ftccndo
ameniffimo bofcG,bannofopra i rami alcuni Amo-
ri , che volando attorno,
e fopra molte giouani Donne, ritratte tutte fecondo,
chc fi'vededalnaturale di
femine nobili, e S'gnore.dique'cempi ,le;quali perla
lunghezza dèi tempo
non fi rieonofcono ^ -t-inno ieu-ibiante di iaectarei cuori di
quelle alle quali fono giouani Hnopini
appreisoe Signori j che· ftànno a vdir
ί iuon!,=ecanri, δί avvedete
amorofi balli di garzoni, e Donne che godano coii_j,
• dolcezza iJoroamori.. Fra quali
Signori ritrafse l'Qi-gagna Caftfuccio,.Sjgnor ·
di Lucca, e giouanedi belUflimo afpetto, con vn Capaccio azz^jrro auuoko in-
torno al capo, e con
vnofparuierein P'JgA'Oi & apprersoltiialtriSignoridiqueU^'
età,che.nc)nfi5àxhifieno. lìi
fommafececonmoKadiligenza inqueftk prima
parte ·. per quanto capiua il luogoe nchiedèual'àrte ». tutti i diletti dèi mondo
graziofiflìtxiamente..
Dall' altra parte neha medefima ftória, figurò fopra vn'alto^
Mónte là.vita>di coloro,, che tirati dal pentimento de'"péccati, e dal dèfiderio di
eflèr fàlui, fono ftiggiti dal 'mondò a quel Mónte, tutto pieno di Santi Romitij
. che feruono al Signore, diuerfe
coié operando ■ con viuaciffi mi affètti.. Alcuni
> lèggendo,, & orando fi
moiìtano tutti intenti alla contemplatiua, Se altri lauo-
rando per: guadàgnare irviuere » nell'attiua variamente fi'eiìercirano. Vi fi
vedefragPàltrivn Ròmito, che mugne vna Capra, il quale non puòefrerc.;»
più pronto ,ne più viuo in figura di quello che gh è. . E poi dà bafló San Màcha-
srio? ciie moflira a que'tre Rè , chexaualc^nii^ con loro Donne j e brigata vanno a

caccia»

fer diueniar
nbondavite di
ìnHenttone at"
iefe ni dtfegno,
e dtpt/ife a, ie-

fio m S. Μλ·
rtaNoueiia,,

Lmora diunr^
fé Pitture, in
compagnia di
Bernardo, fm
fratello.

Cilcrilitmra»
ti A frifeo cm .
4iligm\A fi
taantengi-nO)
vtuit

3>}pirtfe vì$
eiudicio I viti'
nerfale con
fantafiai e ca
griccio f . e mi
ntr»ttiAi!VA

{oggetti»^

ìtiirattsdiCa
flrutciaSigmr
di
Lhcchì.

fjèm»'· g''»*
titfti'i^efMii'^
nt

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VITA D'ANDREA ORGAGNA. loi

caccia,la iriieria hun.i.na in tre Rè, che rrorrì, e non del tutto confumati, giace-
rlo in ^ na iepokiua» ccn attenzior.e guardata da i Rè νjui> m diuei-{€> e belle atti-
''tudim piene d
'amii£iZ!one, e pare quafi} che confìderino ? con pietà di fe fteiiì > di
hauere m breiie a diiienire tali. In vn di quelli Rè a Caualio ritraiTe Andrea V-·
guccione della Faiigiuola Aretino, in vna figurabile fi
tura con vna mano il nafo,!
per non fentue il puzzo de'Rè morti, e corrotti. Nel mezo di quelta ftorva è
Iìlj
inorte, che volando per Aria, veflita di nero, fà fegno d'hauere con laiuafalce_i
Iellato la viti a molti , cBe fono per terra d'ogniftato , e condizione , poueri , ric-
chi, e ftorpiativbeiAdifpntti, giouani,vecch],.iiiarchi,femine;& m io^^ d'ogni

età, e leflo buon numero. E perche fapeua, che a i Pifatii» piaceua rinuenzione"
di Buffalmacco, che fece parlare le figure di Bruno in San Paolo a Ripa d'^mor.
facendòloro vfcire di bocca alcune ktcere > empiè l'Oi gagna tutta' quella fua«j
opera di corali ferirti de' quali la maggior parte efiendo Gonfumari· dal tempor
nonis'intendono. A certi vecchi dunque ftorpiati fà dire.' , '

Da che profperitade ci ha lafdatìy ν .

Ο morte medicina d'ogni pena

J^eh vieni a darne hormail'vltima cena.·

Con altre parole , chenon s'intendono, e verfi cosi all'antica componi 0

oo, che hò ritratto, dall'Or - - -

gagna medefìiT)o,che attefe alla Poeiìa, & a fare qual- ^^^^
3 a que'corpi morti alcuni Dianoli, che cauàno loro di

AiuuenirKentt''
lìell ' actbmo·
dare alcmi
rnnìti in modo^
$he nmguiifiu·
no la hifioriam·

Ccftìe efprime
il GiudidóV-
niutrfale , ^
tnfjfomohtri^
tratti di dt~
fferfiSignoft,

Che Sonetto. Sono inrorno it 4UC cu, pi...uiu aicuni lhc tauaiiu loru ai ■

bocca 1 anime,-e le portano a certe bocche piene di fucco,che fono fopra la lom-
mità-d\n'altiirimo.uonte. Di contro a quelli fono Ange 1, che felmente a al-
tri di que'morti,che νεπ^οηο a eiiere de'buoni, caoano 1 anime^di boccale ϊς^
portano volando, m Paradifo.- Et in quefta ftoria è
vna fcnita grande,tenuta da^
-^ueAngeìijdoue fono queileparole.

Jfcheme di fauere, e di riccherxa-
Dinohìltateancaraye diprode-^T^'·

Vale niente a i colpi di coi.ei,con alcune altre parole,che lìialaffiente s'inten--
<iono.. Di rotto poi ndl'ornamento di quefta ftona, fono noue At^geli, che ten-
gono inalcune accomodate fcritre·, motti volgari, e latini poftì in quel luogo
da
bailo, perche inalto gnartauano là ftoria, & il non gli porre nell'opera, parera.^^
mal
iàtttìaM'Autrore ,che .^li repuraua belliffimi, e forfè erai)c a 1 guft» di queii
età. Da noi fi laiciano la maggior parte, per non altrui co^

^n^Pertxnenti, e poco dileiteu&r, fenza che eiiendo il Ρα, di

tu il i-itmnente iiene a reftare poco meno, che ììti perfetto Facendo dopo que-
fìe cofe., Ì SS ciò, collocò Giesù Clirino in^alto fopra le nuuole in

niezo a 1 dodic?rÌoTÀ^po Wi, suidicare i vini, & i ir^orti ; Moftrando con beli ar-
te, e molto

nodafuriofiDemonnftraicinati airmferno.- E dall'altro la letizia il giubi-
lo de'buoni,che da vna fquadra d'Angeli guidati da Michele Arcangelo,fono,co-
me eletti, tutti féftofi tiraci alia
parte'deftrade'Beati. Et è vn peccato veramente,
elle per mancamento^i Scrittori, in tanta moltitudine d'huomini togati,Guai-·
lieri, & altri Sig. che vi fono efifigiat!,e ritratti dal naturale,come fi vede ; di nef-
funo j ο di pocbiffimi Γι fappiano i nomi ? 6 chi furono. Ben fi dice, che vn Papa,

Rhfiim iiT"
gmciem-^rt'·
tint*

Jmemìme <?ì
far parlare le
figure (on let.

ecm dalla tee^
ca.

che

r

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icd-i, ρ r i μ a ρ α r t e

die vi fi vede è Innocencio quarto, amico di Manfredi. Dopo quell'opera» & al-
iCtineSculcLu-e di mainilo facce con Tuo moko-konore nella Madonna » che in sii la
^cofcia de{ ponte Vecchio iaiciando Bernacdo fuo fratello a lauorare in Campo
' ; 'SnntOjda per fe vn'inferno) fecondo, eh e è defcritto da Dante > che fù poi l'anno
1-5 j o. guaftos e racconcio dal Sollazzino Pittore de'tempi notl:ri:fe ne tornò An-
drea a Firenze^i^douenelraezo della Chiefa di Sanca Croce a man deftrainvna
;grandiirimafacciaradipmieairefcoIemedeiime cofe, che dipin(^ nel Campo
Santo di Fifa, in tre quadri fimili ,^eccecto però la ftoria doue San Machario itio-
ftra a tre Rèia miferia humana:E la vita de'Roraici,che -i'eraono a Dio in sù quel
monte, facendo dunque tutto il rerto dell'opera, lauoiò in quella con miglior di-
iegno, e piùdiligenza, chèa Pifa fatto non haueua , tenendo nondimeno quali il
- , rriedefimo modo isell'inuenzioni» nelle maniare? nelle fcrirce, e nel rim.anence__,3
fenza mutare altro, che i ritratti di mcurale:
perche quelli di quell'opera furono
i-parte d'airiici fuoi
cai-iffinai» quali mife in Paradifo ; e parte di poco amici che fu-
Τ,αηοΛ in Fi- vono da lui porti nell'inferno. Frà i buoni fi vede in profilo col regno in capo, ri-
Γ5
buon di namrale Papa Clemente fello, che al tempo fao riduile il Giubileo da i
SZ' '' ' ^ ^ cinquanta anni, e che fiì amico deTiorentini, & hebbe delle fue Pittii-
Ritmto di gli furon cariillrae; Frà i medcfimi è maeftro Dino del Garbo medico all'

: con vna berretta_t»
con altri aliai ri-
;meiIo del Commu-

Me' nmut -, if ne di Firenze (Iraicinato dal Diauolo con vn'oncino, e fi conofce a tre gigli roffi»
Àoue rappre- hà in vna beretta bianca? fecondo che allora portauanoi meffi, balere fimi-
/entatt. _ 4briffate 5 e quello 5 perche vna voita lo peRnorò, Vinrraiie ancora il Notaio»

,St dteUe (I
Jluaij d ' jir·
chnettur^.

-ocr page 193-

VITA D'ANDREA ORGAGNA. loi

ine fi era fino a queli'hora CDftumato,ma con nuouo»e lodato moJo, girati in ine"
'zi srondis con moka gratia, e bellezza di tanta fabrica j che fù in poco tempo, per
ordine d'Andrea cotidottaal fuo fine,
e fe fi fufie hauuto confiderarione drmer- "
terla-allato a S. Romolo, e farle voltare le ίpalle a tramontana; il che forfè non fé* ' '

cero, per hauerla Cólììoda alla porta del palazzo, ella farebbe ftara com'èbellilTì- '

di lauoto, vtiliffilma iabrica a tuua la Città 3 ladoue per lo gran vento- k ver- j,· „
nata non vi fi può ftare. Fece In quefta loggia l'Orgagna frà-gl'archi della faccia- mod^M fat-
ta dinanzi, in certi ornamenti di iua mano (ette figure di marmo di mezo rilieuoi
per le lette virtù TecJogiche, e Cardinali cosi belle, che accompagnando tutta^
datu^the ac-
ropera Io feceroconofcere per non men buono Scukore, che Pitlore Archi- compagnam
tetto, ienza,che Ei in tutte e fiie attieni, faceto, coftumaro » &araabile huomo ttne t'cpjra^
quanto mai fufie altiO par (uo. E pecche non iafciauimai, pedo (ludio d'vna_-i
delle tre fue profefiTioni, quello d« l'altra, mentre fi fabricaua la loggia fece vnà
tauola a temperaycon nioite figure grandi, e la predella, di figure picciole, pér
quella Gapella degli Strozzi, doue già con Bernardo fuo fratello haueua fatto al^
cune cofe a frefco. Nella qiial tauola , parendogli, cìi? ella poteile fare migliore
teftimea anzadella iua profefiione,
che i lauori fatti a frefco non poteuano, vi
fcriile
ìì f uo nome con quelle parole j; ^nno DomimM^ CCCLFlL·

■Andreas CionisdeFlormtiamepinxit. Compiuta quell'opera, fece alcune^ Re/olatme di
Pitture pur in Tauola, che fiuOno mandate al Fapa in Auignone le quali ancora fi^e vn tahr.
ioiio nella Chisfa Catedrale di quella Città. Poco poi, hauendo gl'huomini dei- ricco

la -oiTif agnia d'Or S. Michele mcffi infieme molti danari dì lim©rine,e beni, fiati ψ
clonati a quella Madonna , oer la mortal- tà del 134S.fifoIuerono volerle fare in-
torno vna Capella,-oueroTabernacolo non folo di marmi in tutti i modi intaglia^
ti, e d'altre pietre di presilo ornatiiiìmoje ricco, ma- di Mufaico ancora, e d'orna-

me migliore di tiwti gl'altri. Onde allogato il lauoró a lui, fi rimifero al tutto nel
giudicO, e configlio'fuo. Pmhe egli, dato a diuerfi maeftri d'intaglio, hanuti di XnHentkne
PIÙ paefi, a fare tu'tc l'altre cofe, attefe con il fuo fratello a condurre tutte le figu- àd org^fi
re dell'opera, e finito il tutto le fece murare, e commettere infieme iTOlto Gonii-- Hrtmmetu.
deratamenie fenza calcina, con fpranghcdi rame impiombate, accioche
1 marmi
lufìianti, e puliti non fi maechiaiiono^ìa qual cofa gli imki tanto bene, con vtile, ^^^^^ ^
Se honore di quelli, che fono fiati dopo lui, che a chi confiderà quell opera, pare
mediante cotale vnione, e commettiture , trouate dallOrgagna, che tmta Ja C a-
Pflla fia fiata canata d'vn pezzo di marmo i©lo. Et ancora, eh ella ha di maniera ^^^^
Tedeica, in quel genere hà tanta gratia, e proportione , ch'ella nene li primo luo- mm^tmfific'·
go fra le cof^.j^ qÌ,e' tempi : e fluendo mafifiÌnamente i fiio c<5iBpomnìento di figu-
re gr^idi, e picciole ; e d'Aneel., e Profeti di mezo rilieuo intórno alla Madonna,
ptopmiom·.
benihimo condotti. E mailmgliofo ancora il getto de'ncignitòenti di bronzo,
diligentemente pu^^«irando intorno a tutta l'opera, la ràchmgRctìo, e ier- tftm àt ή^
rano inlieme, di maniera ^l'efla ne rimane non Utenogaglisida, e forte, che in angfwmi ài
timeMtre parti belliffìt^^j^^ Ma quanto
eghfi afiaticafìe per moiirare in qvell'-
etàgrofla la fottighezea del fua
inoe^rno rfi vede in vr-a ftcria gra^^^^
ìieuo nella parte di dietrodeldetto Taberracolo,
doue in figure d'vn
1Ώ€Ζ0 Tvna fece i dodici Apoftoli, chi m alto guardalo h Madoìàaajir t ntie iit^

-vna.

■^rdtm face"

esumato.

Lauoro Hti
utid^me tè'
fo-wiatMucla
Λ tempera p.

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J04 PRIMA PAH Τ E

. ^ vna manciork) cii-condata d'Angeli, faglie in Cielo. In vno de' quali Apodoli"rì-
deft^imm. marmo fe ileiÌo vecchio com'era, con la barba rafa, col capuccio auuolto

mo^ alcapojjecoi viio piatto, e tondo, come di fopra nel iuo ritratto, cauato da quel-

lo fi vede. Oltre a ciò fenile da bailo nel marmo quefte parole .
spefr. ie"Jtt- . ^Ήβ^^ Cionis PiQor Fioreatimsoratorij ^rchimagifler extititbu·- ^
4etti(dififf, » MCCCLIX. Trouaii, che l'edificio di quella loggia , e del Tabernacolo di
marmo con tutto il Magifteno colarono nouanra fei milla Fiorini d'oro , che fu-
lono molto bene ijJeii, per ciò che egli è, per l'Architettura, per le Sculture, &
y/'o di notare altri Ornamenti così bello,come qual à voglia altro di que' t^mpi, e tale, che per
jiinome ne la· le cofe fatceui da lui è ilato, e farà ίempie vuio,e grande il nome d'Andrea Orga-
uori dt Piittf' gna, il quale vsò nelle fue Pitture dire fece Andrea di Cione Scultore : e ηε1!ς_ί
β Scftlt/t. iiculture, fece Andrea di
Cione Pittore, volendo, che la Pittura fi fapeile nella-^
Scultura j e la Scultura nella Pittura. Sono per tutto Firenze moke tauole fatte
jDiuerfe fitftt' ^ (.{jg p^-^^g conoicono al nome , come vna tauola in S. Romeo, e parte
h'aa'^'Ó' ^^^^ maniera, come vna, che è nel capitolo del Monafterio degl'Angeli. Alcune
S- imperfette, furono finite da Bernardo fuo fratello, che gli foprauiiie

l/, P^·^^ molt'anni. E perche, come Γι è détto, fi dilettò Andrea di far verfi, de ι

Feeevfrfi, e poefie,egh già vecchio,fcriiie alcuni fonetti al Burchiello allora giouanetto,
pefie» ' finalmente, eisendo d'annifeisanta , finì licorfo di fua vita nel 1349. efù porta-
to dalle fue caie, che erano nella via vecchia de' Corazzai, alla fepoltura hono-
ratamente,

optre lodemli Furono ne i medefimi tempi delIOrgagna moki valent' huomini nella Scultii-
di diutrfi VA' ra, e nella Architettura, de' quali non fi fauno i nomi, ma fi veggono l'opere, che
Imt.hmmìni non fono fe non da lodare, e commendare molto. Opera de' quali è non folamen-
λΙ ttmpo dell* te il Monafterio della Cercoia di Firenze fatto a ipefe della nobile fiuniglia de-
Orgagn*. grAcciaiuoli, e particolarie ente di M. Nicola gran Smiicalco del Re di iNapoIi,
/ ma le iepolture apcora del niedefimo doue egl'è ritratto di pietra, e quella del pa-
4ÌMarco"piu ^forgila, (opra la lapide della quale,che è di marmo,fur'Snoamendue
Uftfitrotiodt'- ritratti molto bene dal naturale,l'anno 13 ζό.Υί fi vede aiìcora di mano de'mede-
fcepoli 4 'Λη- fepoltura di M.Lorenzo figliuolo di detto Nicolajil quale mono a Napoli,

drt». fu recato in Firenze,& in quella con honoratifiiima pompa d'eflequie ripofto.Pa-

Zanori di 1»· rimente nella iepoltura del Cardinale S. Croce della medefima famiglia', eh' è in
(tpo fuo fr*' vn coro fatto allora di nuouo dinanzi all'aitar maggiore, è il fuo ritratto in vna-rf
itlh» lapide di marmo molto ben fatto l'anno 1390. Djicepolo d'Andrea nella Pittura
furono Bernardo Nello di Gìouanni Falconi Pipano, che lauorò molte tauole nel
Duomo di Piia, e Tommaio è Marco Fiorentino, che fece, oltre a moltealtre^j
UuetpJi^cul l'anno 13 91. & vna tauola, che è in S. Antonio diPiia, appoggiata al trame-
tura fatte di ^0 della Chieia. Doppo la morte d'Andrea, Iacopo fuo fratello, che attendeui
pietraie far eb» alla ScuItura, comc fi è detto ,· & all'Architettura, fu adoperato l'anno mille tre-
he finto men cento venti otto, quando fi fondò, e fece la torre, e porta di S. Pietro Gattolini, e
graue , e pth fi djce, che furono di fua mano i quattro marzocchi di pietra, che furon meiTì fo-
d»rMe,erar pj.^ j quattro cantoni del palazzo principale di Firenze tutti meffi d'oro. La qua-
loj^ramedo. biafimata aflai, per eflierfi mefloinque'luoghi fenza piopofito p,ù

graue pefo, ehe per auuentura non fi doueua, & a molti farebbe p'accmto, che i
damilo di Marzocchi fi fuflono più toilo fatti di piaftre di rame, e dentro voti : e poi

^temParnefe a fuoco polfi nel medefimo luogo: perche farebbono fiati molto meno

cap, de'Ffi. grani, é più durabili. Dicefianeojcbeèdimaiaodelmedefimoilcauallo,
ri»ti»i. è in Santa Maria del Fiore di rilieuo tondo, e dorato (òpra la porta, che và alla-.?

con>

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VITA D'ANDREA ORGAGNA. loi

compagnia di San Zanobi; ii quale fi crede,che vi fia per memoria di Pietro Fai-
nele Capitano de'Fiorentini, cuttauia non iapendone altro, non raffermerei: Ne
I medefimi rempi Mariotto Nipote d'Andrea fece in Firenze a frefco il Paradiio
di S.Michel Bifdomini nella via de' Serui, e la rauola d'vna Nunziata, che è iopra
ΓΑ tare ·, E per Mona Cecilia de' Bofcoli vn'altra rauola con moke figme , porta
nelia medeiima Chiefa prefso alla porta. Ma frà tutti i difcepoli deli' Orgagna,
niuno fu più eccellente di Franceico Traini, il quale fece per vn Signore di Cafa
Cofcia,che è fotterrato in Fifa,nella Capella di S.Domenico,deÌla Chiefa di S.Ca
terina in vna rauola in campo d'oro,vn S.Domenico,ritto di braccia due,e mezo,
con leiitorie della vitafua, che lo mettono m mezo molto pronte, & Viuaci,e_^
ben colorite, e nella medeilma Chiefa fece nella Capdia di S. Tomafo d'Aquino
vna tauola a tempera con inuenzione capricciofa, che έ molto lodata, ponendouì
dentio detto b.Tomaioa feder ricratro di naturale, dico di naturale,perche
j Frati
ύι quei luogo fecero venirsLVttlmasme di lui, dalla Badia di FoHa Nuoua 5 doue
€gliet-amorto raoKcr 1523.Da bafso intorno al San Tomafo, collocato
ledere in ariani alcuni Libri in mano, illuminati con i raggi, e fplendon loro il
popolo C^riitiano, ftanno ingmocchioni vn gran numero di Dottori, e Chierici
d'ogni iptce, Vefcoui, Cardinali, e Papi. Fra i quali è il ritratto di Ripa Vrbano
Ì>efl:o:,Sotto i piedi di S.Tomalo ilanno Sabello, Ario, & Auerrois, & altriHere-
tiCbe Filofofi con i loro Libri tutti ftracciati.E la detta figiu-a di S.TomafoèmeiIa
in ivlezo da Platone , che le moftra il Timeo, e d'Ariftctele, che le mofira l'Eti-
ca. Di fopra vn Giesù Chrifto, nel medeiìmo modo in aria, in mezo a i quattro
iuangehfti, benedice S.Tomafo, e fà fembiante di mandargli iopra Io Spi-
rito Santo, riempendolo d'eilo, e della fua grazia. La quale opera fini-
ta , che fù, acquiilò grandiiTuno nome, e lodi a Francefco Trai-
ni , haueado egli nel lauorarla auanzato il fuo Maeftro
Andrea nel colorito, ηείΓ vnione, e neir inuenzione,
di gran lunga. Il quale Andrea fu molto dili-
gente ne'iiici difegni, come nel nofiro Li-
bro
Ci può vedere.

ipPU-

Mmot
Andresii,

Frmcefco
Traimfm di*
fcepelo, ty Es*
celleme.

Ritratto di
Tmà/à dfH
rmurnh»

Riirettod'Vr»
bano VU
t».

AuAnXmm^
te dtl Traini
nel cohrtte
ηεΙΙ'νηιοηβ,φ'
inmmifnet,

Fine della yita d'^indrea Orgagna.

Ο

VITA

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iz,a prima parte

VITA. DI TOM AS O FlOKiENTlNO^ PITTORE,,

DETTO G ì Ο τ Τ I Ν 0·

VA Ν D Ο 5> fra ràltre arti , quelledie procedòno dal diie-
; gno, fi pigliano in garaye gli Artefici lauorano aconcon'en-
■ za r fenza^ ciuBBiov ejibrcirandòiì i buon ingegni con molto·
; fì lidio vTÌGuano ogni giorno' nuoiie cofe per ioddisfare a i
varijguft'i
We gPhuomini > e parlando per hora deilaPittiua^a.
Alcuni ponendo in opera cofe ofcurei & inufitare, e rnodran-
do in quelle la diffictiltà dél fare, fanno^ neiPbmbre· la chia-
rezi;a del loro ingegno cotiofcere.
Altri lauorando ledolci, edeiicate > penfan-
do quelle dòuer efsere più grate a gll occKi di chi le mira » per hauere più rilie-
uo j'tirano ageuoìmente a ie gli aninii dèlia maggior parte de gl'huomini. Ai-

tii

£« eo»e0*rtm
»a fa e/jfcitar
r artefice Λ
tromf^fofine·
etti

Sìiuerfe ft''*'
àitdi msfrare
i» dtfficultà
dtl fhrt· ntUa
fittnm^

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VITA DI TOMASO GIOTTINO. 107

tri poi dipingendo vniiamente,con abbagliare i colon, ribattendo it fuoi luoghi
iurai, e l'ombre delle figure, mentano grandiffima lode , e moftrano con Lei'a,^
i,ncop»rò con
dcitrezza d'animo, i diicorlì deinncelleito, come con dolce maniera moilrò lem- ^^^^^ mmierft-
pce nelle opere fue Tomafo di Stefano, detto Giociinojil quale,etlendo nato iun-
no 13 24. dopo l'hauere imparato da iuo Padre i prumi principi) ddla Pittura, fi n- ^^λ a/pauitÀ
ioliiè, eilèndo ancor giouinetto, volere, m quanto poteile con aiiiduo ftud»o,
ti- ^f jtnUto per
(ec imitatore della numera di Giotto, più rollo , che di quella di Stefano ìlio pa^ jwi/^re U ma-
dre, la qual cofa gli venne cosi ben fatta, che ne cailò , oltre alla maniera, che fù mer» 4t Gm.
molto più bella di quella del iiro Maeftro ,
ίΙ fopra nome di Giottino, che non gU ό .
cafcò mai. Anzi fù parere di molti, e per la maniera, e per lo nome, i quali peiò
furono in grandiffimo errore, che fuile figliuolo di Giotto : Ma in vero non è co-
sì, eilendo cofa certa, ò per dir meglio, credenza, ( non potendoli così fatte coie dilìgente^
affermare da ogn'vno) che fiì figlaioìo di Stefano Pittore Fiorentino. Fù dunque & ''ì^^òcon
coftui nella Pittura si diligente^ e di quella tanto amoreuole, che, fe bene moke
opere di lui non fi rirrouario quelle nondimeno, che trouate ii ioao,erano buone, '

e di bella maniera, percioche i panni, i capeli, le barbe , & ogni altro ί uo Iauon>
imono fatti, &:vniti, con tanta morbidezza, e diligenza, che iì vede , ch'egli ag-
giunfe (enza dubbio i'vnione a queiVarte , e l'hebbp molto più pecetta, cht_>
Giotto fuo maeilro, e Stefano ί uo padre hauuta non hatieano. Dipinfe Giottino
nella Tua giouanezza in S. Stefano al ponte vecchio di Firenze, vna capella aliato
alla poita del fianco, che le bene è hoggi molto gualla dalla humi Jità , in quel ingegno^
poco,cheènmafo,ii vedeladeilrezza,ei'ingegiJodell'Artehce. Fece poi al
canto alla macine ne' Frati Ermini, i SS. Coiìmo, ε Damiano, che ipcnci dal tem-
po ancor eiTi ·, hoggi poco h νeggouo . E lauorò in freico νna capella nel vecchio Qg^iulje le,
Santo Spirito di detta Città, che poi nell'incendio di quel tempio rou:no. Et in mmnera,
frelco fopra la porta principale delia Chieia, la iiona della miiiiane dello Spirito
φΐ conforme
Santo, e ili la piazza di detta Chiefa per ire al canto alla Cuculia, fui cantone del « moderni, é·
Coimento quel Tabernacolo, che ancora vi fi vede, con la Noftra Donna,
&c altri v^n^re le car.
Santi dintorno, che tirano , e i; eLe tefte, e nell'altre parti forte alla man;era mo-
derna : perche cercò variare, e cang are le carnagioni, & accompagnare nella va-
rietà
de'colori, e ne'panni: con gratia, e giudicio tutte le figure. Co'fui medeii- ^^ ■

niamente lauorò ·η S. Croce nella capella di S. Siiueftro l'hiitone di ConiUntino
con moka diligenza, hauendo belliffime confideracioni ne i geiii delle figure,
poi dietro a vn'ornamento di marmo, fatto per la iepoltura di M. Bettino de' Bar-
di 5 haomo flato in quel tempo in honorati gradi di militia, fece elio M. Bettino y^i^niggn-^^^
di naturale armato, che efce d'vn fepolcro ginocchioni, chiamato col fuono delie
trombe del giudicio, da due Angeli, che in aria accompagnano vn Chnfto nelle ^^ negelH*
"ULiolemoko ben fatto. Il medefimo in Santo Pancrado fece ali'entrar de

a man ruta vn Chrifto,che porta la Cr.oce,& alcuni Santi appreiio,che han-
no dpeilamente la maniera di Giotto. Era m S. Gallcil qual Conuento era fuor
«eua poua , che (i chiama dal fuo nome , e fù roumato per 1 aiiedio, in vn Chio-
iti-o spinta a ireico, vn i Pie^à, della quale η ècop:a in S. Pancratio, già detto, in M^rdi,
vn piiallro a canto alia Capelìa maggiore. Lauorò a freico m S. Maria Noueìla .
alia capelia di Lorenzo de -luochi, entrando in Chiefi, per la porta a man c'e-
itra, nella facciata dmaiu-, vn S. Coiimo, e S. Dannano, & m Ogni Santi vn San
Chrjiiofano, & vn S. Giorgio, che dalla malignità del tempo, furono gufili, e ri-
ratei da aicri Pirton,per ignoranza d'vn Propoilo poco di tal meftieie intendente.
Nella d.Chiefa,e di mano di Toniafo rimaio faluo l'arco,che è fopra la porta della

Ο ζ Sa-

Oitierft lau9·
ril, ne quali
moflrò aeflre'^

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iz,a prima parte

Sagreiìia , nel quale è a ftefco vna Noilra Donna col figliuolo in braccio , che è
cofa buona, per haueda egli lauorata con diligenza. Mediante quefte opere» ha-
uendoiì acquiftato tanto buon nome Giottino, imitando nei difegno , e nelle in-
uencioni, come fi è detto, il fuo Maeftroj che fi diceua eilère in lui lo fpirito d'eilo
Giotto » per la viuezza de' colori, e per la pratica del diiegno ,· Γαηηο 13 45. adì 2.
di Luglio, quando dal popolo Ricacciato il Duca d'Athene, e che egli hebbe con
giuramento renunc ata,e rendutala Signoria, eia hbertàai Fiorentini ;fù forza-
to da i dodici Riformatori dello ftato, e particolarmente dai preghi di M. Agnolo
Acciaiuoli, alloragrandiffimo Cittadino, che molto poteuadifporre di hii, dipi-
gnere per d fpregio, nella torre dei palagio del Podeftà, il detto Duca5& 1 iuoi fe-
guacij che furono M. Ceritieri Viidomini, M. Maladialle, lì fuo Conferuadore, e
M. Ranieri da S. Geminiano,tutti con le mitre di Giuftitia incapo vicuperoramé-
te. Intorno alla teda dei Duca erano molti ammali rapaci, e d'alcre forti, iìgnifi-
canti la natura, e qualità di lui. Et vno di que' iuoi configlien haueua in mano ii
palagio de' Priori delia Città, e come disìea e,e traditore delia patria, glie Io por-
geua. E tutte haueuanofotto Tarme, ehnfegnedeileifàmiglieioro', &alcune
icni te, che ìioggi fi poiTono malamente leggere, per efier confumate dal tempo.
Nella quale opera, per difegno, e per eiier fiata condotta con molta diligenza',
piacque vniuerfalniente a ogn'vno la nianiera dell'arcefice. Dopo fece alle Cam-
pora, luogo
de' Monaci neri, fuor della porta a S. Pietro Gaitolini, vn S. Cofimos-
e S. Damiano>che furono guafti nelTimbiancare la Chiefa . Et al ponte a Romi-
ti in Valdarno, il tabernacolo, che in iul mezo murato , dipinfe a frefco con bella
maniera di fua mano. Trouafi per ricordo di molti, c ibe ne icniiero,che Toma-
io atteié alla Scultura ? e lauorò vna figura di marmo nel Campanile di S. Maria
del Fiore di Firenze di braccia quattro, verfo doue hoggi fono 1 pupilli. In Ro-
ma fimilmentecondufie a buon hue in S. Giouanni Laterano vna fi;oria, doue fi-
gurò il Papa in più gradi,la quale hoggi ancora fi vede ccnfumaraje rofa dal tem-
po. Et in cafa degl'Orfini vna faia piena d'huomini famofi ; & in vn pilaftro d'A-
taceii vnS. Lodouico molto bello a canto all'Aitar maggiore a manritta, ϊιιμ.»
Ailìfi ancora nella Chiefa di fotto di S. Francefco dipmie fopra il pergamo, non
vi efiendo altro luogo, che non fuile dipinto, in vn arco la coronatione di Nofira
Donna,con molti Angeli intorno, tantograticifi, e con bell'arie ne i volti, & in
modo dolci, e delicati,, che mofirano, con la foiira vnione de'colori, il che era_^
proprio di quefto Pittóre, lui hauere tuttigPalrriinfino allora fiati paragonato.Et
intorno a quefto arco fece alcune fiorie di
S. Nicolò. Parimente nel Monafterio·
di
S. Chiara della raedefima Città, a mczo la ChiejQi dipinfe vna ftona in freico·
nella quale è S. Chiara, foftenuta in aria da due Angeli, che paiono verijia quale
reiufcita vn fànciullo, che era morto: mentre le fi:anno intorno tutte piene di ma-
rauiglia, molte femine belle nel vifo, nell'acconciature de'capi» e negThabiti,che

hanno indoilo di que'tempi molto gratiofi. Nella medefiipa Città d'Affifi fece

fopra la porta della Città, che và al Duomo, cioè in vn'Arco della parte di dentro
vnaNoftra Donna col figliuolo in collo, con tantadiligenza,che pare viua : & vn
S..Francefco, & vn'altro Santo belliffin^i' ie quali due opere fe bene la fì:oria di
S.
Chiara non è finita, per efierfene Tomaio tornato a Firenze ammalato,fono per·»
fette, e d'ogni lode dignifiime : Dicefi, che Tomaio fò perfona maninconica,
molte
folitaria, ma dell'arte amoreuole, e ftudiofiiTimo, come apertamente fi ve-
de in Firenze nella Chiefa di
S. Romeo, per vna taiiola lauorata da lui a temperaj
con tanta diligenza,amore, chedi ìuq ποηΓι ε mai veduto in.legno cofa megl'o.

Glottino SIC'
qutfto molto
mme imitan..
do nel difegnOy
^ inumtioni

ilmaeflro,

Fà sfarinato
àipigrìere per
liifpre^fo nslL·
lofre del Po-
in Fire
t^e dinerfi fog»
geni co le mi'
tre àtgmfiitia
mcapo .

jftì»

teniture,

^figure dipinte
soneria deli'
gate con V υ·>
mone de' colo '
η prupria »11'"
srufie^.

JùìUgtn^a da
mUe^x.». Me

Cietimfk
iSìaUnconicS) e

? /iuàiO'
fodHtarts^

-ocr page 199-

vita di tomaso giottìko. 109

fatta. In qiicfta tauola, che è pofta nel cramezo ώ detta Chieia a man deftra è vn ^^^^ φφ.
Chrifto mono con le Marie
intorno, e Nicodenio, accompagnati da altre figure, ^^ ^^

che eoa amantudine, & atti dolciffimi, & affettuofi piangono quella morte, tor- i^^^i^a ■
cendofi con diueriì gefti di mani, e battendofi di maniera, che Beil ana de' vili li Mne, cefn/^S'
dimoftra aliai chiaramente rafpro dolore del coftar tanto i peccati ncfiri.
Et è dcndo nelC
cofa maratiigliofa a confiderare, non che egli jpeneciaile con l'mgepo a sì alt^ col psn-
imaginatione , ma che la potelle tanto bene efprimere col penneLo. La onae e nello
queft'opera fommamenre degna di lode,non tanto per lo foggetto, e per 1 mtien- 'J

zione, quanto per hauere in ella moftratorArtefice in alcune tefte , che piango»

monimenti
sfottati Ι
λ hsl

J ---------....^I-J xiwia Jtt LIVI»», vtiivm uv II^VIVJII IVl·-''^' ttittTt·

te. Ma non é gran facto, che Gi ottino conduceile quetk tauola con tanti auerd- em-
inenti, ellendo llato nelle ine fanche defiderofo Tempre, più di fama, e Λ gloria, Optrm» em
che d altro premio, ò ingordigia del guadagno, che fa meno diligentie buonri
moltimutrti-
^iaeftri del tempo noftro . E come non procacciò coftui d'hauere gran ncchez-
ze, cosi non andò anche molto dietro a i commocii della vira ; anzi viuendo po- '

uerament e, cercò di Ibdisfar più altri, che ie fteilo ; perche gouernandofi male, e ^^ ^^
due andò fatica, fi mori di tifico d'età d anni 3 z- e da parenti hebbe fepcltura fuer guaUngno,

di S. Macia Nouelia alia porta del Martello allato al iepolcro di Bontur3 ._ _ VtffepomrÀ·

Furono difcepoii di Giottino , il quale laiciò più fama, che facultà, Giortanni rfitni t emor»
TaiTicani d'Arezzo, Μ cheli' o, Giouanni dal Ponte, e Lippo ; i quali furono aliai fiu/uo.
lagicneuoii Maeftri di queil arte 5 ma più di tutti Giouanni Tofficani, il quale fe-
Z>juer/idifce.
ce, dopo Tomafo di quella fieiia maniera di lui molte opere per rutta Tofcana , e

particolarmente nella piene d^Arezzo la capella di S. Maria Maddalena de'TuC' "ifri.^^/

cerelli, e nella pieue del Caiìel d'Empoli in vn pilaftro vn S. Iacopo. Nel Duomo *
di Pifa ancora lauorò alcune rauole, che poi fono fiate leuate per dar luogo
moderne. L'vitima opera, che coftui fece ,fù in vna capella del Vefcouadod'A-

rezzG, per la CofiteilaGiouanna., moglie di Tarlato da Pietramala ,vnà Nunciara . . „ . -
beìl^iTima,eS,Iacopo,eS.Filippo. Laqua^opera, perefferekparrediciietro

muro volta a tramontana 5 era poco meno, che guafta affatto dall'humidità, "
quando rifece la Niiriata Maeltro Agnolo di Lorenzo d'Arezzo; e poco poi Gior-
gio Vafari,,ancora giouanetto/i SS.Iacopo, e Filippo, con iuo gcanQ'vtiie,hauen- ^^
do molto imparato, allora, che non Iraueua commodo d'altri Maeftri, in confide- fe„4o v» cfsf
rare il mododifare di Giouanni, e l'ombre, bc i colori di quell'opera così guaita raantkas»»-
Com'era. In quefta Capella' fi leggono ancora, in memoria della Conteila, che . ,

'e^ignere invno epaifiodii^^^^^^

rnff ordLrt difcepoìi di Giottino ηοπ fi fà mentione, perche furono

cole oidinarie, « „ A/fi.pf}m p. Ai n-^r.....·

invi rnnXenol' fomiglianti a quella del Maeftro . e di GiouanniTofcani-
on '
I?>fegnòTomafo benifflmo come in alcune carcc di fua ma-

ilo, diiegnate con moka può nel noilro libro vedere ^

deUa vitA diTomafo detta GìoPtimè

-ocr page 200-

PRIMA Ρ A R Τ E

VITA

Cèi mn viue
ordiaatAméte
nelgrado [
ho
in ultimo vi*
Ut ton ftento
,e
muore mife-
rumente.
Mancando il
fauore della
fortuna
mone tallora
Jupplifce al

DI GIOVANNI DA POΝ
PITTORE FIORENTINO.

E bene non è vero il prouerbio antico, ne da fidarfene molto»
Che a lai'^o Goditore non manca mai robba , ma sì bene in_>9
conti-arioevérifiì'Tic», ebechi nonviue ordina-aroenre nel
<^rado fuo, in vicino ftentando viue,
e muote miieramente ;
1
vi-de nond meno > che laforcuna aiuta alcuna volca piùro-
(lo coloro, che gettano ienza ritegno ,^che coloro, che fono
mriittelecoreailegnati,erarenuri. Equando mancailfa-
uore della fortuna fuppliice moire volte al difetto di lei, e de! mal goiierno degli
huoraini, la Morte, foprauenendo quando appunto commcuiebbono corali
, eoa
infinita io. coaorcere quanto fia mifera cofa hauere rg.u.-

-ocr page 201-

ν I τ A D I GIOVA Ν! Ν Ι. n i

Zato da giouane , e iìrentare in vecchiezza , poneraiTicnte viuendo > e faticando: Gìcu/tmì ((fu
come farebbe aiiuenuto a Gioiianni da Santo Stefano a Ponre di Fireize ,fedo- fumati pam*
po hauete confiimaco il psci-iinonio , molti guadagm , che egli fece venire nelic rMmolehen.
mani più torto la fortuna, che i raerid, & alcune heredità,che gli vennero da non \

penCuo luogo: non haueÌÌe finito jn vn medefimo tempo il corfo della vira,e tut- ^edefims
te le facuUi. Coftui dunque che fii
Jdcepolo di Buonamico Buffalmacco, e Pimi- ^^

tò più neli'attendei e alle commodità del mondo , che nel cercare di farli valente ^ita.
Pit fore
5 eRendo nato l'anno 1307. e giouanetto flato difcepolo di BufFalmacco» Fàdifcepoio4i
fece le (uè prime opere nella Piene d'Empoli a frefco > nella Capella dì 5. Loren- Buffalmacco,
zojdipignendoui nolre rtorie della vita d'eiìoSanto, con tanta diligenza,che_jj fmilmm.

fperandoi] dipo canto pr ncipio aiiglioi- mczo, fùcondotto ΓΛηησ 5?44.in Arez-
z:o;douemS.Francefcolau^ròia vnaCapella,l'AiIunta'diNoaraDonna.Epo-
co poi, eflendo in qualche credito ;n quella Città , per careftia d'aitri Pittori, di-

nme nella Pieue la Capella di Santo Honofr:o, e quella di Santo Antonio, che
loggi dali'vmidità è guafta, fece ancora alcune altre Pirrure, che erano in Santa
uftina» & in S.Marteo,che con le d. Ck ei e ftr ono mandat e per ten:a>nel far for-
tificare il Duca CoHmo, quella Città,-quando in' quel luogo apunto, hi trouiroa
piè della cofcia d'vn ponte anticodoue allato a detta Santa luftinaentraua il
hume nella Città , v-a Tefta d'Appio cieco, & vna del figliuolo dì marmo beliif- ^ vnponte

, n liUi UJ li-lirtis- i tliv-w 111 tiiv-j^w u l, l pwtJUC u OHlilcl A 1 llJUcl) upujic Vlia gltUOlO C0\

Capella fattafopra vna pilla, & intitolata S.Micheiagnolo dentro, e fuorimolre epitaffio,
ngure , e particokrn-sente tutta laficciata dinanzi : la qual Capella , infieme coi
ponte dal Diluuio ^H'anno 150. i?i portata via. Mediante lequali opere , ve-
Perche thìa.·
glionoalcuni, oltre a quello.che fi è detto di lui nel principiorche fufsepoi fem- Ghuan-
pte chiamato G:ouanni dal Ponte.· Γη Pifa ancora l'anno 13 5 5. fece in San Paolo
a Ripa d'Arno alcune ilorie a freico nella Capella maggiore dietro all' Altare^j;',
tutte guaite dall'hamido , e dal tempo. E parimente opera di Giouanni in
Santa Trinità di Firenze, la Capella degli Scali, vn'altra > che è allato a quella,-
& vna delleftor^e di S. Paolo a canto alla Capella maggiore dou'e il fepolcrodi
MaeftroPaolo Strob^o.. In S. Stefano al ponte Vecchio fece vna rauola,& altre·
^"fiJi^e a tempera v&in frefco per Firenze^e fuori, che gli diedero aliai.
Contentò coftui giiamici fuoi, ma piiVne' pi

--------jj.i 5 .ι,α ^iLL i.v piaceri, che nel!' operare » e fù amico Cmtemo^ gli·

delle perfone letterate,e particolarmente di tutti quelli, che pervenire eccellen- amici più
ti nella fua profeiiìone frequentauano gli ftudij'di quella, e fe bene non haueua s '
cercato d'hauerein le quello , che defideiaua in altrui, non reitaua però di con-
iortar gli „ .„._____?_________ri;^,

the
&

avirtuoianTente operare· Effendo finalniente Giouanni viuuto ^f^.

tu'.

Liy ani - ______

che dimorÌò^/g'^^ petto in pochi'giorni vici di quella vira,nella quale poco più
fo tanto in cala "v' appena rima-
\7 j·^·

querelle di mano di f nroderni, è vn Difegno

pente. & vn'oisatura ' f ^ <^auallo ,.cKe vccide il fer-

ua coftm nel diiegnare.· ^^"^' Che fanno^iede dei modo maniera ; cEebaile-

VITA·

il Fine della frìta' ài Cmunni,

-ocr page 202-

ΙΙλ ρ R i μ A ρ A R τ e

VITA D' AGNOLO CADDI PITTORE

Ρ I Ο R E Ν Τ Τ Ν O.

ϊ qiianro honore, & vtile fia l'eiTer Eccellente in vn'aite No»
bile, manifedaraence Γι vide nella vimi,
e nelgouerno di
Taddeo
Caddi, il qiwle effendofi procacciato con laindu-
ilria, e fatiche Tue, oltre
al nome, buoniffime fecultà j laiciò
in
modo accomodate le cofe della famiglia fua, quando paf-
all'altra vita j cìie ageuoìmenre poterono Agnolo, e Gio-
uanni daoi fi|liuoli, dar po-i principio a grandiffime ricchez-
ze . & all' efaltatione di Cafa Caddi ; hog^i in Firenze nobiliifima, & in t«tca_J
la Chriflianicà molto reputata. E di vero è ben ftato ragsoneuole > hauendo or-

con l'arte loro mei'·

Ronort, ^ V'
tìlc fono φιΐί
dell Ecidlen
dtW Arta.
pce.

Agnolo^e Cto-
uannt fratelli
diedero princt'
pio no '

hilth della
fu« fmigUa,

reputata. n ai vciu c ucn irato ragie
nato Gaddo , Taddeo » Agnolo »
e Giouanni colia virtù,'e

ce

id

-ocr page 203-

VITA DI AGNOLO CADDI.

te honorate Chiefe, che fiano poi flati i loro fuccefsori della S. Chiefa Ron.ana) T^t^diù G^.!

e da (oaitni Pontefici di quella, oraati delle raaggion dignità Ecclefiaftiche.Tad-

deo dunque, del quale hauemo di fopra fcntto la vira, lai'ciò Agnolo, e Giouanni

fuoi figliaoli in conipagnia di molti fuoi difcepoii, fperando , che parcicolarmen-

te Agnolo doueise nella Pittura eccelJentifrxmo diuenire ; ma egli, che nella Tua 7 '

giouanezza moilrò volere di gran lunga fuperaue il padre, non riuicì altramente, '^'Ir'nu <'Ct -ò -

fecondo l'opinione, che già era ilara di lui conceputa ; percioche , eiseivio nato, forL· ripinf&.

alleiiato ne gli agi,cbeìbno moke volte d'impedimento a gli ftudij,fù dato più Ke pèr φτ ni.
a i
traffichi, & alle mercantie, che all'arce della Pittura. Il che non ci dee, né nuo Uumo ' ns gli.

, nè ftraua cofa parere, attraueriandofi quali Ìempre l'auaritia a moiri ingegni^
s aicenderebbono al colmo delle vutà, & il deiìderio del euadagno ne ei'anni
'^^/'•^erk dei

Λ >-.·,;ni;'Λΐ·; l^.— ;l . ___,· τ ν I η r ■ truada^yio im.

ua

che ___________^_________^ . .....

primi, e raiglon^,non impedilìe loro il viaggio. Lauorò Agnolo nella fua cioua-
iiezza in Firenze in S. Iacopo tra/foÌTt, di figure poco più dVn braccio , vn^iftc- ^Z lù'tL·
rietra di Chnlto, quando reiuicitò Lazero Quatriduano, doue imaginatofi
Iaj ^onKimre il
corrucnone di quei corpo, ftato morto tré dì, fece le fa(cie, che Io teneuano lega- colmo àéU
te, macchiate dal fracido della carne, & intorno a gli cxrchi cerci liuidi, e giallicci
vinti,
della carne ^ tra la viua , e la mortai molto coniìderatamente. Non fenza tiupore Lnuari ^ Λ*
de gh Apoftoli, e d'altre tìgure, i quali con attitadini varie ,e belle , e con i panni
ai nafo , per non fennre il puzzo di quel corpo corrotto : moftrano non meno ti*
more,^e fpauento, per cotale marauiglioia nouità,che allegrezza, e contento Ma-
n'a, e Marta, che Γι veggono tornare la vita nel corpo morto del ftatello . La qua- ^fj^f^tà "m»
le opera di tanta bontà iù giudicata, che molti ilimaroiio la virti\ d'Agnolo doue- // trafcurag'·
re trapaiiare rutti i d.fcepoli di i ad Jeo , & ancora lui fteilo, ma il fatto paisò al- gtne, che
ae<
tramente, perche, come la volontà nella giouanezza vince ogni d!Ìficultà,per ac- còpagna ^uel-
<iUiftare fam:i, così molte volte viia certa iìracuratagginc, che ieco portano gl'an- ì·
mpedi*
ni, fà, che in cambio d'andare inanzi. Ci toma in dietro, co me fece Agnolo,al qua- A® ^
le per così gran faggio delia virtii fua , eiiendo poi (lato allogato dalla famiglia_.s
mll'ac^uiflar
di Soderini, fperandone gran coieJa Capella maggiore del Carraine,egh vi dipin- "
indentro tutta la vita di'Noftra Donna, tanto men bene, che non hauea fatto la
f-Csurettione di Lazero,che a ogn'vnofece conofcere hauere poca voglia d'atten- tuna perla vit
•iere con tutto lo ftudio all'aite della Pittura i percioche m tutta quella così gran- rietkddleau
<ì'opei-a, non è altro di buono? t he vna iloria > doue intorno alla Noftra Donna in
tituàmi,
vna ftanza, fono mol ζ iìmciulle, che come hanno diaerfi gli habiti, e l'acconcia- ó* «fwa-
ture del capo, iecondo » che era diuerio l'vfo di que' tempi, così fanno diiierfi ef-
ie^'citij, quella fila, quella cuce, quell'altra incanna, vna tefie, & altre altri lauori.

Ci Λ ture.
Lauoro Imno
per ejfer coa^

ο-------------------------------dotto cQtt prat

. oipignere fimilmentejper la iamigha nobile degli Alberti la Capella mag- ^ ebelco.
gioi-e della Chieia di S. Croce a frefco, facendo in eiia tutto quello, che auuenne .
^^^^^"'■■^"amento della Croce, condufse quel lauoro con molta prattica,ma có nò
Lamrma λ
t)'"n? ^^^S"o,perche folamente il colorito Ri afsai bello, e ragioneuole . Nel di- capriccio con
η?ί1οι·^ ^i-^c ^^ ^ Capella de' Bardi, pure in frefco, e nella medefima Chiefa aìm- più, e me» flu>

j-^-^i-Quico,11 porrò mofto meglio. E perche coRuilauoraua a capric-
cije quando cnn ,-ι .. ^ ____________.·,, c
 r^nr^ ,ì. r:______ i -

tro

au.^ bcne da Agnolo coniìderati, e condotti

° Ρώ rtadio,e quandocon meno; in S. Spirito pure di Firenze,de- f''*'

11 tCn '' ÌP'^zza và η Conuentofece fopra vn'altra porta vna N.Dóna

. haueuaincaiagi'infti-umctbe tutte lecofe,che .me,

in CIO haueua adoperato Gaddo fuo Auo]o:egli pur per paflar tempo,ε per quella

com-

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114 ρ r i μ a ρα r τ e

commoditàj che per altro lauoraua> quando bene gii veniuajqiialche cofa di Mll'
fasico. La onde, ellendo (lati dal tempo confuman moiri di q ue' marmb che cuo-
prono l'otto faccie del terto di S. Giouanni, e per ciò baueiìdo Thumidoche pe-
netraiia dentro,guaito affa del Muiaico,cht· Andiea Τ.Λ haueiia g à ίΠ quel tem-
30 lauoratij deliberarono i Confoli deii'arte de' Mercanti > acciò j che non fi gua-
laile il redo j di rifare la maggior parte di quella coperta di marmi, e fare fimil-
«lente racconciare il Mufaico. Perche dato di tutto ordine, e cominiilione a_js
Fece ricoprire Agnolo; egli l'anno 1346. fece ricoprirlo di marmi nuouijC iopraprre> con nuo-
il tetto di Sart ua diligenza > i pezzi nelle commettiture due dita Γνηο all'altro ; intaccando
Ciouami di metà di ciafcuna pietra infino a mezo. Poi commerrendole iniìeme con flucco
Ptren^e con fatto di maftrice, e cera fondute infieme? Taccommodò con tanta diligenza 5 che
marmi, eno- ^^^ queltempo in poi non hà nè il tetto, nè le volte alcun danno dall'acque rice-
m dthgsnia , ^^^^ ^ Hauendo poi Agnolo racconcio il- Muiaico > βι cagione „ mediante il con-
smituccorej,- ^jg^Q^^Q^ e difegno molto ben conffderato, che fi rifece in quel modo, che ftà
miditC hora^intorno al d.tempio,tutta la cornice di fopra di marmo,fotto il tettOril qua-
le era molto minore, che non è, e molto ordinaria. Per ordine del medefìmo fu-
ronofdtte ancora nel palagio del Podeftà le vokedella fala, che prima era a tet-
lìmedefim» accioche> olire ail'ornafnento,il fuoco, come molto tempo inanzi fatto hauea»
trdmòUvslti non poteile altra volta farle danno. Appreflo quefto y per configlio d'Agnolo
àeliajaiit nel furono fatti intorno aldetto palazzo i merli,che hoggi vrfono, i quali prima non
fala\'{t, del vi erano di niuna forte. Mentre che quelle cofe fi lauoraaano, non laiciando del
iodtflà i epr la Pittura, dipinie nella tauok>che egli fece dell'Aitar maggiore di S.Bran'
be » e catio a tempera, la Noftra Donna τ S. Giouanni Battifta, & il Vangeliila, & ap
itr aficurare^ pj-gfl^ Nereo, Archileo, e Pancratiafratelli, con altri Santi. Ma il meglio di
iafa rua dai
q^eji'opera.anzi Quanto vi fi vede di buono, è la predella iola, la quale è tutta_j

quell'opera,anzi quanto vi fi vede di buono, è la predella iola, 1 ^
3iena.d] figure picciole,diuife in ottoftorie della
Madonna,e di S. Reparata.Nel-
a· tauola poi delKAltar grande dì S. Maria Maggiore pur di Firenze, fece per Ba-
rone Capcllinel 1348. intorno a vnaCoronatione di Noilra Donna, vn ballo di
Angeliragioneuole. Poca poinellapieue della terra di Prato, (lata riedificata
con ordine di GiouanniiPifanoi'ànno 1311. comefi èdettodi fopra, dipinie
A-
gnolo nella Capellaafrefcojdoue era riporto la Cintoladi N.Donna,moite ftorie
^ , r della vita dilei^ δτ in
alcre Chiefe di quella Terra, piena di Monaflerij, e Conué^
sTìtiilfnzé ri honoratifìmi,.aitrilauoriaifaiv In Firenze poi dipinfe l'Arco fopra la portadi
S.Romeo;. e lauorò a tempera in orto S.Michele vna difputa di Dottori coiiu-
jigmlok Chiifio nel tempio ► E nel medefimo tempo r eilendo ftate rouinate molte caie*
per allargare la piazza de'^Signori, & in particolare la Chiefa di S. Romolo; ella
Zauoropià per· fu rifaitacol difegno d'Agnolo, del quale fi veggiono in detta Città per le Chiefe
mutare i [mi molle tauole di fua mano , e fimilmenre nel Dominio fi riconofcono molte dellie
maggtiri „ che fue opere y le quaiifurono lauorate da lui con molto iuo vtile , fe bene lauoraua
fer voi0nt»y piu pet iSre coiDe i fuoi maggiori fatto-haueano^- cheper voglia,chene haueffir
triacip7^en ^Φ indìritto l'animo alla mercantia, che gli era di migliore vtile come

te «lidi Wirl fi Vide, quando [figliuoli ηοπ Volendo più viuere da d.pititari, fi diedero del tutta
eantià^ alla mercatura ,tenendo,perciò, cafaapertain Vinetiaìinfieme CQl padre,chc
ìaon- di fet're· da vn certo tempo in là, non lauorò le non per fuo piacere , & in vn certo modo»
naligaa.éi'i'* per paffatempoIn quella guifa dunque mediante i traffichi
,, e mediante l'arte
^mo^ dimolrn fua, hauendo Agnolo acquiftatograndiflìmefacultà, mori l'anno feilantarrecii-
' /■ ' oppreflo da vna febre maligna, chein pochi giorni lo fini. Fu-

i )m7rr fiioi djfcepoli Macftro Antonio da Ferrara, che fece in San Francefco

ptoeot

Altri Iftmri
di pietra.

Chitfa di

-ocr page 205-

VITA DI AGNOLO GADDL 115

Vrbino, Se a Citrà di Cartello molte bell'opere; E: Stefano da Verona, il qiial^^;» sufane ds Fi
dipinfeinfrefco perfetciirimaraente, come fi vede in Verona fua patria in pm f^P'^fi
luoghi, & in Mantoa -incora in molte fae opere. Còanifra l'altre cofe fù Eccei-
lente nel fare con belìiiTime arie i volti df'pucti, delle femine , e de' vecchi come
Ci può vedere nell'opere fue, ie quali furono imitate, e ritratte tutte da quel Pie- f^rm^r fa-
tto da Perugia Miniatore, che miniò tuttii Libri, che fono a Siena in Duomo rtedt'volti dt
nella Libreria di Papa Pio, e che colorì in frcfco pcatticamente. Fù anche difce- putn,efemi'
polo d'Agnolo, Michele da Milano, e Giouannt Caddi fuo fratello, il ^uale nel
ne, e vecchi,

chioftro di S.Spirito, doue fono gl'Archetti di Gaddo, e di Taddeo,fece adiipu- PUm d^ Pe^

ta di Chnfto nel Tempio con i Dotrori, la Purificarione delia Vergine, la Tenta-
tione di Chrifto nel Deferto,& il Bacteficiio d, Πίπη.ηηι, e finalmente eii'éndo in

Agnolo la Pittura Cenino

affezionatjflìmo dell'actO cennimfcola^

............ ..el lauorare, a frefco, a tempera, a colla, ^^ j'AgmU

& a gomnaa, & in oltre, come fi minia, e come in tutti i modi fi mette d'oro.. Il fcnjjt v» Li-
qual libro è nelle mani di Gmliano Orefice Sanefe ecc.maeftro,iii amico di queir he 4s Imcm"
arti. E nel principio di queilo fuo Libro trattò della natura decolori, cosi mine- re Pmmem
raìi ,come di caue, fecondo, che imparò da Agnolo fuo Maeftro, volendo, ρω
che forfè non gli riufcì imparare a perfettamente Dipignere, fapere almeno le
maniere decolori, delle tempere, delle colle, e dello ingeflare , e da quali colon
douemo guardare, come dannofi nel mefcoÌargli,&: in iomma moki altri auuer-

timenti, de'quaH non fàbifogno ragionare, eilendobogginotiiiime tutte quelle _ ^ ^

cofe, che coif m hcbbe per eran fecreti, e raniTime in que' tempi. Non lafciero cdmde qm^
di dire, che non fà menzione, e forfè non doueuano eflere in vfo , d'alcum colo- ^'ζΙ^ΤΖΤ,!
ri di caue, come, terre rofse fcure, il cinabreie, e certi verdi in vetro, ii fono h-
nr Imente ricrouate poi, la terra d'ombra, che è di caua, U giallo Santo, gu feal- ·
ti a frefco, & in olio: Scàlcuni verdi, e gialli in vetro, de' quali mancarono i Pit-
t on di quell'età. Trattò£nahnenre de'Mufaici, del macinare i colori a olio , per Lmm Ai Cs»
far campi, roiTi, azurri, verdi, e d'altre maniere : E de'moidenti, per metter^ nino, ^
<{'oro, m a non già per figure. Oltre l'opere, che coftui lauorò in Firenze coi ilio
Oìcz « jf-
Maelfro: E di iua mano iotto la loggia dello Spedale di Bonifazio Lupi, vna No-
ftra Donna con certi Santi d. maniera sì colorita, ch'ella fi è inhno a hoggi molto ^
bene conleruara. QL^ien:oCennino nel pdmo Capitolo di detto fno Libro, par-^^^
padre di
landò di fefteilo, dice quelle proprie parole. Cennino di Drea Cennmi da Colle uific

«iiValdelfa fui informato in nella detta Arte dodici anni, da Agnolo di Taddeo ρφ dt Gtétto
da Firenze mio Maeftro ,il quale imparò la detta Arce da Taddeo fuo padre : lì anni 14.
quale fù battezzato da Giotto, e fù fuo difcepolo anni ventiquattro. Il qua
Gmio mut^
Giotro rimu'òSe dei d%i2uere di ereco in latino,e riduiie al moderno,e heb-
be cerco p>ù mi neiluno. ^leile fono le proprie parole

di Cennino. al c^iale parue, si come fanno granAffimo benehzio queUi, che di '

greco traducono uì ι^Γ,ηο alcuna cofa, a coloro, che 1 greco non intendono : che
cosi faceiie Ciocco, ^ riducen Jo l'arte della Pittura, d vna maniera non intefa ne

icrjiie in vn Libro di Tua mano, i modi c

to' ^ ^^^^ intendono · che

conofciura da neisùl'^'^'f"^^"^^ Pittura, d'vna maniera non intefa ne

l'-ffima maniera, hn^rJ pergoiiiiTima) a bella, facile, a piaceuo-
ragioneuole. Iqualu^^Il^ r'^'Ì^^^uidic ^ puucodel

fu da 1 hglmoh Cuoi. a i o j^f gh fece honore grandiiIia.o,& egli

P^'hrepdÌkoinSamaMltì'W'Zf cinquanta miila horinio ^^mU,,

^^oueila, nella fepo!tura,che egli medeiimo haueua

fo dell' AutS'
re,

Vahrt di roh'
bpt ΙφίίΐίΛ da

e/m

fatto

-ocr page 206-

PRIMA PARTE

Ritroit^ d'A' fatto per Ce, e per i defcendenti: l'anno di Noftra falure M. CCCLXXXVIt.

Il ritratto d'Agnolo fatto da lui medeiìmo fi vede nella Capella de gli Alberti
in Santa Croce >nella ftoria » doue Eraclito Imperatore porta la Cro-
cc> allato a vna porta dipinta in profilo, con vn poco di bar-
berta» e con vn Cappuccio rofato in capo fecon-
do iVfo di que' ten>pi. Non iti eccel-
lente nel Difegno ; per
quello, che mo-
" ■ - ftrano

> alcune carte, che di fua mano fono
nel noftro Libro.

Μ Fine ddU F^md'Jmoia Gaddi4

VITA

-ocr page 207-

.VITA D^L BERNA SA Ν E SE PITTORE

FIORENTI Ν Ο. ^^^

E a colóro, che fi affaticano, per venire eceellenti in qnal- ^

che virtù , non troncaiTe bene fpeifo k mort-e, ne i misìioii
anni il fiio Heila vira; Non hà dubbio , che molti ingegni jf

Periierrebbono a quel grado, che da effi , e dal mondo più ITlUviftà
'ì Jefidera. Ma il corto viuere de gl'huomjni, e l'acerbità B^rm Samf,

, J j wi,». ---------------------[■•■u.Liaiiii^ y i; murje

alcunafìata troppo per tempo, come aperto fi potettc^p gran

con-

Conofcere nel pouerertoReiT.aSanefeV!l quale ancora che gio^^^ moniie, la- P^r
ij-'o nondimeno tante opere, che egli appare di lunghiffima vita.· E lailiolle cali,
e Si /atte, che
ben fi puo ciedere da quetta mpflm,che egli fatebbe venuto eccel- ^

lente»

-ocr page 208-

Ιΐδ ρ r i μ a ρ a r τ e

ri dato» e fattone fcritta di propria mano, l'anima al Dianolo , fi raccomanda
S.Iacopo, perche lo liberi da quella promellà, mentre vn Diauo!o,col moftrargli
lo fcritto gli fila maggior calca del mondo . Nelle quali tiircc figure efprefiè il
JBernacó molta viuacità gli affetti^dell'animo, e particolarmente nel vifo di Ma-
nno,davn canto la paura,e dall'altro la fede,e ricurezza,che gli fi (perare da S.Ia- ,
copo la fua Uberazione. Se bene fi vede incontro il Diauolo brutto a marauiglia,
che pront'amenre dice, e moftra le iue ragioni al Santo,che dopo hauere indotto
jn Marino eftrèmo pentimento del peccato, e promella fatta, loiibera, e tornato
3 Dio. Creila medefima ftoria, dice Lorenzo Ghiberci, era di mano del medefi-
mo in S.Spirito di Firenze, inanzrch'egli ardefse, in vna Capella de'Capponi in-
titolata in S. Nicolò, Dopo quell'opera dunque, dipinfe il Berna nel Veicouado
d'Arezzo,pér jM-Giuccio di Vanni Tarlati daPietramala,in vna Capella,vn Ccp-
cifiiso grande, & a pie della Croce vna Nollra Donna, S.Giouanni Euangeliila,e
iìnuf» hdtm S.Francefco in atto meiliffimo. Et vn S.MichelagnoIo con tanta diligenza > che
uole ftr Ιλ merita non picciola lode; e muifimamente, per eiserfi cosi ben mantenuto, che
molta dili' par fetto pur hieri. Più di foito è ritratto il detto Ciuccio giiìpcchioni, He arma-
jo a piè dell» (Croce. Nella Pieue della medefima Città lauojrò alla Capellade'Pa-

fanelli molte (Ione di Noftra Donna, & vi ritraile di naturale il Beato Rinieri,
uomo Santo, e Profeta di quella Cafata, che porge limofi ie,a molti poueri,che
turale Μ β, g]j ^Qj^Q intorno. In S. Bartolonieo ancora dipinfe alcune itone del Teftamento
rT/iiritr^t- Vecchio, e la ftoria de'Màg!. E nella Chiefa dello Spinto Santo, lece alcune ilo-
todt se, e 4i HC di S.Giouanm Euangelifta, & in alcune figure il ritratto di ie,e di molti amici
meltt mici, fuoi, nobih di quella Città. Ricornato dopo quefre opere alla patria fua, fece in
legno molte Pittuie?e pici iole,e grandijma non vi fece lunga dimora,perche con^^
dotto a Firéze,dipinie in S,Spinto la Capella di S.Nicolò,di cui hauemo di fopra
fattD men;zione, che fu molto lodata, & altre cofe che furonoconfumare dal mi-
ferabile Incendio di quella Chiefa. In S.Gimignano di Valdelfca kuorò a frefco
nelk Pieue alcune ftorie del Teftamenio
nuouo, le quali hauendo già aliai preilo

alla

Sue epere in lente, e l'aiO, fe non iuiie morto sì coito. Veggoniì di fuo iti Siena, in due Ca-
x^t/ierfe ctttà, peHg fn S. Agofljno alcune ftorie di figure in frefco. E nella Chiefa era in vna_-.>
" faccia, hoggi per fatui Capelle Itata rouinata, vna ftoria dVn giouane menato al-
Ef^reifiomat' la guiftitìa , così bene fatta quanto iìa poffibile itnaginarfi, vedendoiì in quello
' ^^ pallidezza, 6c il timore della morte, in modo fomiglianti al vero, che
-perciò iòmma lode: Era acanto al giouane detto vn Fratesche lo confor-
tt ysn a f, bene atteggiato, e condotto : 5c in (orama ogni cola di quell' opera
così viuamente lauorata, che ben parue , che in quell'opera-il Berna s'imaginaf-
fe quelcafo horribililTìmo, come dee eilere, e pieno di acerbiiTtrao,e crudo fpa--
iiento, poi che lo ritrafse così bene col pennello , che la cofa ftefsa apparente in
atto, non mouerebbe maggiore affetto. Nella Città di Cortona ancora , dipinfe
oltrft.a molte altre cofe, iparfe in più luoghi di quelia Cicca , la maggior
delle volte, e delle facciate della Chicfa di S. Margherita, doue hoggi ftanno
Frati Zoccolanti. Da Coctona andato a Arezzo l'anno 13 (i9. quando apunto
i
Tarlati già ftati Signori di Pietramala, haueuano in queiia Città fatto iìriire il
Conuento>& il Corpo della Chieia di S.Agoftino da Moccio ScuItore,iSd Ai-chi-
tetcore Sanefe : Nelle minori nauate del quale haueu ino molti Cittadini fatto
Hiiìorìe dipìn- fare Capelle, e fepolture per le famiglie loroί il Berna vi dipmfe a freico nella
ie a frefco con Capella di S.Iacopo alcune ftoriette della vita di quel Santo : e fopta tutto molto
viuactt^té· e- viuamente la iloria di Marino Barattierejliquaie lauenJo per cupidigia di dàna-
/preffìene ■■ - - ». .. . .........^

^ΐΐφηί.

-ocr page 209-

vita del ber-na; 119

alla fine condotte » ftranamente dal ponte a terra cadendo > fi peftò di maniei-a_ii
dentro , e sì fconciamente s'infranie, che in {patio di due giorni, con maggior
danno dell'Arre, che fuoyche a miglior luoeo fe n'andò, pafsò di quefta vita. E
nelia Piene predetta
i S. G.m-niareii, lionorandoio ιτοίΓϋ nell'eflequie,diedero
al corpo ino honorata Sepoltura, tenendolo in quella fteiìa reputatione morto,
che yiuo tenuto l'haueLUiu·, t nò ceflando per moki mefi d'appiccare intorno al
fepolcro ilio epitaffij
latini, & vnlgari, per eiTere npturalmente'gli fauomini di
quel paeie dediti alle buone leuece, CosMunqae alllionerte fatiche delBerna
reterò premio conuenientejcelebiaudo con iloro incbioftn chi gli haueua hono-
rati con le fue pitture,

Gioiianni da Afciano, che fò creato del Berna , condufse a perfettione il rima-
nente eh quell^opera. E fece in Siena nello fpedale della Sca a alcune pitture, e

cosiinhrenzenellecarevecchiede'Medicialcun'altre, che gli diedero nome
aliai. HironoIoperedelBernaSanefenel 1381. E perche olt?e a quello, ghefr
eletto , djlegno il Berna afsarcommndamente, efò il primo ,che cominciafse a
ru gt'anrmali, come fà fede
vna carta di Tua mano, che è nel no-
itro libro tutta piena
di fiere di diuerie ragìoniregli menta d'efsere sóv
inamente iodato, e che il fuo nome fia honorato da gli artefici r
Fù anche fuo difcepolo Luca di Tome Sanefe, il quale di-
pinie in Siena j e per tutta Tofcana molte opere y
e
pàrticoiarmente la tanola 5 e la capella > che è in
S. Domenico d'Arezzo > della famiglia de""
Dragomani : la guale capella, che è
d'ArchitetturiTedefca fù
molto'
bene ornatavmediante det-
ta tauola, & il lauoroy
che vi
è in fre-
fca
5 dalle'
manir
e dal giudicia > Sr
ingegno di
Lu-
ca
Sane-
fe.

Cìaduta dJ
Berti» da va
pente, che gli
causo lamor-
ie.

Sue efequie, e
continuattonei
Λ attactarli
interna al fem
poltre per mibr
ti
mefi diuerfe
eempofìtiom.

CiotiÀnaid't
Ajciam fu»
fcolaro,

Sima β ti
primot che ce^
mimiaffe a ri'
frar bme gVw
mimMi r

Wine della vita delEemapitiorerSanefe·^

VITA

-ocr page 210-

iz,a prima parte

PITTORE

VITA DI DVCCIO
S A Ν E S

E.

i>rime inHen»
timi più . oJ[er·
uattiChe.i mi*
gliorsmeli agm
gimti doppo.

Buccio fk ti
prmo,che me.
Ατφϋ modo
difare ne t (>Ά
Mmitidt mÌtr
trtmeffidi
figurg^di chia-
re,
e ff uro.

ENZA dubbio, coloro , che Γοηο inuencoii d'alcuna co{a_>»
notabile > hMìnogwad-iffia)a j,arce nelle penne di chi fcriue
rhiilouie ; e ciò auuiehe , pe'rc le fono più oiseruat e, e con^p
maggiore marau glia tenute le pome inuentioni , per lo
diletto , che ieco porta la ntxiààdeìiacofa 5 che quanti mi-
gHoramenti fi .fanrie<poi., da-qualunque fi fia nelle coie > che
fi riducono air vkima perfettione; Atteioche ieuiai a nin-
na coia,
non fi delie principio , non crefcerebbono di nrigìioramento le parti
dimezo, e non-verebbe il fine ottimo, e di bellezza niarauigliora. Ivieniò
dunque Duccio Pittore Sanefe, e moko ftimato; portare il vanto di quelli'
^ che

-ocr page 211-

vita di dvccio sanese. 12.1

che dopo lui fono ftati moki anni, hauendo ne i pauin^enti del Duomo di-Siena
dato principio di marmo,a i limeffi delle figure dt chiaro,e fcuro,nelle quai hog'
gi i moderni Arteaci hanno facto le mai-auiglie, che m effi fi vedono. Atreie
coftui alla imitazione della maniera vecchia, e con giudicio ianiiìimo
diede ho-
neae forme alle figure, le quaiidpreile ecceilenti/rimamcnte nelle diftcultà di ^^^^^ .
tal arte - Egli di Tua nrtano imitando le Pitture di chiaro fcuro ordino , e dilegno ι ^^^^
pciricipii del detto pauimento, e nel Duomo fece vna tauola, che fu allora melfa ^luaiew/t φ
all'Alcace maggiore, e poi leuaiene per metteiui il Tabernacolo del corpo di
preffione delle
Chnrto, che ai preiente vi fi vede. In quefca rauoia, fecondo, che icriue Loren- dtfficulta Atli"
zo di Bartolo cLberti, era vna Incoronazione di Noftia Donna > lauorata quafi ^rtt.
colla maniera greca, ma meicolata aliai con la modeina. E perche era cosi dipin- ^ittumi^
ta dalla parte di dietro, come dinanzi, eflendo il detto Akar maggiore fpiccato
intorno incorno,dalla detta parte di dietro, erano con molta
diligenzaftate tatie
da Duccio tutte le principali ilorie del Teftamento nuouo, in figurepicciolc^ ^^^^^^
molto belle. Hò cercato fapere, doue hoggi quefta tauola fi troui, ma non ho
mai, per moka diljger}za,che io ci habbia viato,potuto rinuenirla,o fapere quel-
lo, che Francefco di Giorgio Scultore, ne faceiie, quando rifece di bronzo il det-
to Tabernacolo, e quelli ornamenti di marmo, che vi fono. Fece {imiimentc_3
per Siena molte rauole in Campo d'Oro 5 & vna in Firenze in S. Tnnita, doue e ^^^

vna Nunziata. Dipinfe poi molnllime cofe in Pila, in Lucca,& in Piftoia per di- ^^ ^^^^
uerfe Chjefe, che tutte furono fommamente iodate, e
gli acquiftarono nome, òc ^^ ^^ btmf^t'
vcile grandiffimo. Finalmente non fi sà doue quefto Duccio raorifle ^ ne che pa-

tort dell* Arte

remi, diicepoli, ο facukà lafciafle ·, bafta, che per hauere egU lafciato herede 1 ar- ^^^i^ngendoU
te, della inuenzione della Pittura nel marmo di chiaro, e fcuro, menta per tale.;» grado, «
beneficio nell'arte, commendazione, e lode infinita;e che ficuramente hpuò an- mm9.
nouerarlofra i Beuefattori,che allo eiercizio noftro aggiungono grado orna-
mento, confiderato ,che coloro i quali vanno inueftigando le diiiiculta delle rare
inuenzioni, hanno eghno ancora la memoria, che lafciano, tra l'altre cole ma-

DÌcon^Siena, die Duccio diede l'anno 134S. il difegno della Capella, che è
in piazza nella facciata del palazzo principale; e fi legge che vifle ne tempi iuoi,e ^^^^ ^ , ^
fò della medefima Patria Moccio Scultore, & Architetto ragioneuole,il quale te- %
ce molte opere per tutta Toi'-ana, e particolarmente in Arezzo nella Chiela di
S.Domenico vna fe^^oltura di marmo per vno de' Cerchi. La quale iepokura fà
ioftegno, & ornamento all'organo di detta Chiefa; e fe qualcuno parefle, che el-
ia non faHe molto eccellente opera, ie fi confiderà,che eglijafece eflendo gioua- Se^ut 1» s.

F-rrrsl'------------- .. ^ . ^

mente di tro
che inanzi al
A'ouinato: e o

SeVi coftui neU'opera di

netto l'anno χ 5 ; 6. ella non farà fe non i^fs^^.f,;,? lauorando di marmo a - ^ , ,
S.Maria del Filre, per lotto Architetto i ^ F.^ ^cu^ ^ S.Ago(^ino,che ^^^ ^^^
cune cofe per quella fabrica: & m Arezzo r^ece .a ^^ ^^^^^^^ di P'^^^ff

picciola, nella maniera, che ell'è hoggi>e Jche monfle in Bibbiena Μ

ne de'Tarlath (econdo, che haueua egli orà^^?^^ Chvefa fenza volte, e cari- p^rùcJo.

terra del Cafennno, E perche Moccio ^ vn gran pencolo: e fu vera- .r^n^m
il tetto fopra gli arcM delle colonne, , e Conuento di S. Antonio, Mc^-
Dpoanimo. IlrnedefimofeceìaCmeu ^

l'aiìedio dì Fu-enze era alla ''"on , con molt? figure,& or^ ^^^

I Scultura la porta di SJVgoitoo in Ancona' , -

lamenti,firaili a quelli, che f(

corta»

bno alla porta di S, Francefco della Città medefima.

Nella

-ocr page 212-

PRIMA PARTE

Nella quale Chiefa di S. Agoilino fece anco la fepoltura di Fra Zenone Vigììan
Vefcouo, e Generale dellOrdine di detto S. Agoftino} E finalmente la loggia d
Mercatant i di quella Città, che dopo hà riceuuti, quando per vna ca-
gione , e quando per vn'altfajmoiri miglioiamenn alla mo-
derna, Se ornamenti di varie forte. Le quali tut-
te cofe, come 5 che fiano a queftì tem»
pi molto meno, cheragio-
neuoli j furono al-
lora »

rj»
e',

fecondo il fapere di quegl'huomini, afsai lodate.
Ma tornando al noftro Duccio, furono
l'opere lue intorno a gli anni
di noftra falute^;?.
1350.

yiTA

Il firn ddkViu di Duccio Pittore Sanefel

-ocr page 213-

vita d'antonio vini2.

VITA D'ANTONIO VINIZIANO
PITTORE.

OLTI, che fi n-arebbono nelie Farne loro, r^oiie fono nati,
eiIènJo trafitti da i morii (iell'inuifiia , & oppreffi dalla tiran-
nia de'fnoi Cittadini, Te ne partono, e que'iuoghi, doue tre
uano edere la virtù loro conofciuta, e preinfata elegendofi
^^ pei-patria,
in quella fanno l'opere loro^ e sforzandoiìd'ei-
[«i-e eccelkncjiiìrai per fare in vn certo niodo ingiuria a co-
'huominijcio^!''' oltraggiati, dmengono bene ipeiTli

tura poco pm, die ftandofi quietamente, farebbono per iuiuen-

le Γι conduile a Firenze Viniziano, ii qua-

onauiiea i^itenzedietro a Agnolo Gaddi, penmparare k Pittura, appre-

Q. i Ce di

Meìtì if^B»
fcr patria è
lm{hi doue »S
fonoinuidiatif
e la levo v'ir»
tu jhrnma, e
procttramfav·
ft eccellenti
per ingiuri A
àigh inuidi
Ctttitiini.

AntoniD im*
patii la Pi'tH'
ra da Α^ηΦ
CA^tiit

-ocr page 214-

iz,a prima parte

fé di Uianiera i! buon n^odo di fare, che non foìamente fù ftimaro, & amaro da'
Fiorentini» ma carezzato ancora grandemente per quefta vjnà » e per l'alrre buo-
ne qualità fue. La onde, venutogli voglia di
faiiì vedere nella ina Cuià per go-
dere qualche fcutco delie fatiche da lui durate, (ì tornò a Vinegia. Doue eikndofi
fatto conoicere j per molte cofe fatte a freico, & a tempera 5 gli fù dato dalla
Si"
gnoria a dip'gnerevna delle facciate della fala del Confìgho. La quale egli con-
dufle sì eccellenrenìente» e con tanta raaeilàj che fecondo mentaua 5 n'haurebbe
confeguito honoraro premio Ma la emulatìone, ò più torto inuidia degli Arte-^
fici, 8i ilfauorerche ad altri Pittori foreftieri fecero alcuni gentirhuommi ,fù ca-
gione» che altramente andò labifogna. Onde il pouerello Antonio trouandofi
così percoflo» & abbattuto, per miglior partito, fe ne ritornò a Firenze , con pro-
pofltodi non volere mai più a Vinegia ritornare > deliberato del tutto > che fua_j
patria fufie Firenze . Standofi dunque in quella Città dipinfe nel chioftro di Sanv
co Spirito in vn archetto Chriflo, che chiama Pietro, Andrea dalle reti % e Zc-
bedeo} e figliuoli » E fotto i tre archetti di Stefano, dipinfe la ftoria del iniracolo
di Chrifto ne'pani} e ne' pefci ; nella quale infinita diligenza, & aipore dimoflrò»

come apertamente β vede nella figura d'efso Chriflo, che nell'aria del vifo, ζ___λ

nell'arpetto» moflra la compafiìone 5 che egli hà delie Turbe > e l'ardore della ca-
rità »con la quale fà difpenfare il pane. Vedefl medefìmamente in geflo bellifìi-
ma '-.fiettione d'vno Αροίΐοΐο, che difpenfando con vna cefla il pane grandemc-
te s'affatica . Nel che s'impara da chi è dell'arte, a dipignere fempre Te figure in
maniera, che paia, ch'elle fauellino, perche altrimenti non fono pregiate. Di-
moilrèquertomedefimo Antonio neifronteipitio di fuora in vnafforietta pic-
cioladella Manna con tanta diligenza lauorata, e con sì buona gratia finita) che fi
può veramente chiamare eccellente » Dopoj fece in S. Stefano al ponte vecchio
nella predella dell' Aitar maggiore alcune fforie di S. Stefano con tanto amore >
che non fi può vedere nè le p;ù gratioie, nè le più belle figure ,quand'anche fuf-
ferodi minio. A Santo Antonioancora al ponte alla Carraia, dipinfe l'Arco
io-
pia. la porta, che a noftri dì fù fatto infieme con tuttavia Chiefa gettaré in terra da
Moniìgnor Ricafoli Veicouo di Piftoia, perche toglieua la veduta alle fue cafe.
Benche > quando egli non hauefse ciò fatto , ad ogni modo faremo hoggi priui di.
quell'operajhauendo il proiTimo diluuio del 3 5 57. come altra volta fi è detto, da.
quella banda portatay-k duearchi, e la cofcia del ponte , fopra la quale era porta
la detta picciola Chiefa di Sant'Antonio. EfTendo » dopo quell'opere » Antonio-
condotto a-Pifa dall'operaio di Campo Santo, feguitò di fare in eflo', le fìorie del
Beato Ranieri, huomo Santo di quella Città, già cominciate da Simone Saneie>.
purcoll'ordinedilui. Nella prima parte della quale opera fatta da Antonio fi
vede in compagnia del detto Ranieri, quando imbarca, per tornare a Pifà s buon;
numero
di figure lauorate con diligenza > fra le quali è il ritratto del Conte Gad»
db, morto dieci anni: inanzi> e diNeri fuo zio rtiato Signor di Pifà ► Fra le dette
figure s è ancor molto notabile quella d'^vno fpiritatoperche hauendo vifo di
pazzo Ϊ i gerti della perfona rtrauoltr gli occhi rtralitcenti, e la bocca , che digri-
gnando moitra
i dènti > fomigliaranto vnofpiritarodàdòueroy che non fi pu^
imaginare nè più viua pittura » ne più fomigfiante ali naturale - Neirakra parte »
che
è allato alla fòpradetcas: tre figure, che fi marauigliano,. vedendo, che_^
ii Beato Ranieri moilra il Diauolo in forma di Gatto fopra vna botte s a vn'Ho-
fle graffo» chehà aria di buon corapagno », e che tutto timido fi raccomanda.^
al Santo > fi poflbnodirc veramente beliiilìme * eflendo molto ben condòifc_^ ?

nel·

Terno neU»
patria per far
iomfcer le fue
fmcheim» fii
(KUidiaio da,
gV Artefici, e
pofpofto Λ di'
nerfi forefiteri.
Tornò » Fi'

renXe, e deli*
bero farla fu»
patrta^

Lauoro fatto
eo7t infinito (f
more, e diltge'

jirttfte dem
dipinger fem·
pile figure tri
maniera, che
paia, eh" elle
fauellint,
Htflerie fitte
sort- tato amo~
veigìfatia^ e
èelle^za, eo~
me foffero di
ntìnit.

Seguita a di-
pingere ta CM'
p» Smto^ di
fifa.

Ritratto dtl
Co Gadda, e
fieri fu9 Zio
Sii», di
Pi/a
Bella efprejfto^
ne di vn/piri"
iato fatta, co»
'mue^l^^^e fo"
miglianza dei
nM»urale„
Figur», che

rappre/enta vrt

kuomo femplii,
gSygtimtdo^

_ figure htlh
ii» eonOottt
ntlh attitudi-
nhmaniera dk

vanità
ditefl'e > eneltf
niirt furti»

-ocr page 215-

antonio v i ν i 2. iij

Bell'attitudini, nella rrianicra de' panni» nella varietà delle TeiTe, & in ti tte l'ai·
tre parti. Non lurgi le donne dell'hoile anch'elleno non potrebbono eflere htte
. con più gratias hautndole fatte Antonio con certi habiti fpedin, e con certi modi 'hìbUi

tanto propri) di donne , che ftjano per feruigio d'hofterie, che non fi può in-agi- yw/ri, e me.
nare meg io. Ne può piacere di quello, che faccia , l'hiftoria parimente, doue i
dipnprii .
Canonici del Duomo di Pila, in habici belJiiiìmi di que' tempi, & aiTai diuerfi da
quegli} che s'vfano hoggi, e molto gratiati, riceuono a menia S. Ranieri, eilendo
Efprejfìone iè'
tutte le figure fatte con molta confid^eratione, Doue poi è dipinta la motte di der- toni derata^ì
to Santo, è molto bene efprelTo non foleraente l'effetto del piangere, ma l'andare
fittn tonpr^^
iìmilmente di cerci Angeli, che portano l'anima di lui in Cielo, circondati da vna
Juce rplendidiffima, e fatta con bella inuentione. E verarnente non può anche*
le non raarauigliarfi, chi vede, nel portarfi dal Clero il corpo di quel Santo al
Duomo, certi Preti, che cantano, perche ne i geftì, ne gli atti della perfona, & in
tuttiimouimentifacendo diuerfevoci, fcmigliano con marauigliofaproprietà
vn Coro di cantori. E in quella ftoria, è fecorìdo, che fi dice, il ritratto del Baac
no. Parimente i miracoli, che fece Ranieri, nell'cfler portato alla fepoltura,
quelli ,che in vn'altro luogo fà, ellendo già in quella collocato nel Duomo, fu-
rono con grandiffima diligenza dipinti da Antonio, che vi fece ciechi, che rice-
^no la luce, rattratri, che rihanno la difpofitione delle membra, oppreiTi dal
Demonio, che fono 1 berati, & altri miraco i, efpreffi molto viiiamente. Ma frài
tutte l'altre figure, merita con marauigha eilere confiderato vn'hidropico r per- r^^^J^^^ll,
Cloche col vifo fecco, con le labbra alciutte, e col corpo enfiato, e tale,che non
potrebbe più di quello, che fa quefla pittura, moftrare vn viuo la grandiiitmaL^
iete degriudropici j e gl'altri effetti di quel male » Fu anche cofa mirabile in que"
-Rafprtfmfn cff
^mpi vnaNaue, che egli fece in quefi'opera, la quale eflendo traiiaglkta dallaL^ h^i moda vnz
lortuna, ÌTi da c|uei Santo liberata, hauendo in ella fatto prontiiiime tutte l'attio· »Λ«r,
e varie
ni de' marinari tutto quello, che in corali accidenti', e trauagli fuorauuenire ► atuoni mati-^
Alcuni-gettano ienzapenfarui, ali'!ngordif7ìmo mare le care merci, con tanti fu- mrt/tht^
«Jori fangaie, altri corre a prouedere il legno, che fdrace,& in fomma altri adal-
vlfici|marinarefchi, che tutti farei troppo lungo a raccontare ,bafta,che tutti
tono ^tti con tanta viuezza-, c bel modo, ch'è vna marauiglia. Γη queftamede··
fimoluogo fotto la vita de' Sa-.ti Padri,dipinta da Pietro Laurati Sanefe,fece An-
^nio il corpo dèi Be ro Ohueriov infiem e con l'Abbate Fanuzio, e moire coiCL_p·
Htfure d'ArP'
«ella vita loro , in vna cada figurata di marmo y la qual figura è molto ben dipin- tomo fatte a
ia In fomma tutte quell'opere, che Antonio fece in Campo Santo, fono talr, fre/cif eirielle.

" ' particoiarr detti, egli lauorancio ognrcoia a:nercO, e non inai muc- . ■

c-ndo ^r^una cofa a fecco, fu cagione, che infino a Roggi fi fono in modo mante-
colori,ch'elle poiTono, ammat ffrandb quegli dtìràrte, far lóro co-

noicere quanto il , - . ^ -

ioYt ·, porti,et
eisendo cofa (

... , . ciré £Γΐη^ _ _

coperti di coiorr, che hanno altro corpo, efsendo temperati con gomme^ con dra- m fnfcogVap'
ganti, con voua,con colìa,^ alrra fomigliante cofat, clìeappanna queldi fbtto,e
fmm·, e not^
non lai eia, che il corfo del tempo, e l'aria purelv quello, che è veramente laììo» Ιφ^ρ^*^'
rato a frefeo fulla calcina molle; come auuerrebbe fe non fufscro loro fbprapx>i\j=
altri colon a lecco Hauendo Antonio finirà queft'ò;gerai che come degna in ve-
rità:

-ocr page 216-

t^6 ρ r i μ a ρ a r τ e

riràdogniiode) gli fuhonoratamente pagaia da'Pifani, che poi fempre molto
l'amarono, ie ne cornò a Firenze, doue a Nuouoli fuor della porrà ai Prato, dipin-
fe in vn Tabernacolo aGiouanni degli Agii vn Chfifto morto, con molte figure
la ftoria de'Magi , & il dì del Giudicio molto beilo . Condotto poi alIaCertofa
dipinfe a gli Acciaiuoli, che furono edificatori di quei luogo, la tauola dell'Aitai:
iìiaggiore 5 che a dì noftri reftò confumata dal fuoco, per inauuertenza d'vn
Ssr
greiiano di quel Monafterio, che hauendo lafciato airAltare appiccato il Turri-
bile pien di fuoco, fu cagione) che la tauola abbrucciafse, e che poi fi facefse, co-
me ftàhoggi 5 da que'Monaci l'Alrareuireramente di marmo. In quei medefi"
mo luogo fece ancorai! mcdefìmoM.'eIì:iOfopravn'armario? che è-indetia,*»
Capeila, in frefco vna Trasfiguratione di Chnlto, ch'è moìfo beli?» e perche ftu-
HeMe tncU- ^ efsendo a ciò molto inclinato dalla natura, in Diofconde le coie cfeU'herbe»
natione d'tn- piacendogli intendere la proprietà, e virtù di ciafcuna d'eilc , abbandonò in viti-
^^^'^Ζΐίΐ^τΙΊ, ^^ Pittura, e diedefi a ftillare iemplici, e cercargli con ogni iiiidio. Così di di-
7i(4eai}e Mei pintore Medico diuenute, molto tempo feguitò quell'arreFinalmente infermò
4iso. di mal di ftoinaco, come altri dicono, medicando di pefte, fini il corfo della fua vi-

j£t>tmo tomo
a Τΰβη\( , e
Mipmfe in di'

'CllMORhit

ir>firmita, e h d'anni 74. l'anno 13 84. che fiì grandiffima pefte in Firenze, eilendo ftato non
morta A Antt' meno efperto Medico, che diligente Pittore , perche hauendo infinite iperienze
fatto nella medicina, per coloro , che di lui ne'bifogni s'erano feruiri ; ìafciò al
mondo di iebuoniiTima fama nell'vna, e nell'altra virtù. Difegnò Anto-
nio con la penna molto gratiofamente, e di chiaro fcuro , tanto bene »
che alcune carte, che di fuo iono nel noft to libro, doue fece l'Ar-
chetto di Santo Spirito, fono le migliori di que' tempi. Fu
difcepoìo d'Antonio, Gherardo Srarnini Fiorentino, il
quale molto lo imniitò, egh'fece honore non
" picciolo Paolo Vccelio, che fàiimilnien-
re fuo difcepolo. Il ritratto d'Anto-
nio Viniziano, è di Tua mano j
in Camposanto in
Pifa_^.

Dìfegrià grO"

ticf^ment? 4i
penna,

$midifc0pelù

VITA

fine della vìtad'Antonio Fini:Qam Vittore ♦

-ocr page 217-

VITA DI IACOPO CASENTINO
Ρ I Τ Τ Ο R E.

SSENDOSI già molti anni vdka lafama, &il rumore^;»
delle Pitture di
Gioito 5 eie'difcepolifuoi moiri defideroiì di
accjLiiftar fama , ericchezze, mediante l'artedeila Pittura
, cò-

sciarono > inanimiri^ dalla fperanza delio ftitdio, e
'^"'clinazione della natura , a caininar verfo il miglioramcn·
dell'arce j con ferma credenza} eferdtandoiì, di doue]^i_j
ri Frà nn^fti νίϊ^'^τ^^'^® eccellenza, e Giotto, e Taddeo, e gli altri Pitto-
l: ill^ / Cafentino, il qoale . eiiendc nato, con e Ìik^

gc.ddk Éain^siia tanto da Fr-ateuecihioi fò da yiì Fri-

tedi

Mctù ptr i·.},:
{ìmmtsns tHi
natura fifa ».
Ko-anmoii
fidermt ms,
diante l'arte,
fama , r rk'
cht'^Ke.

ίΛφνί» ài
ìtìCOpù , 0riìl>
plicatime ah

VITA DI IACOPO CASENTINO. 227

-ocr page 218-

iz,a prima parte

te di CafeiÌtìno,allora Guardiano al Sado delia Verna,acconcio con Taddeo Gad-·
di, mentre egli in quel Conuenro lauoraua j perche imparafse il difegno, e colo·
Alcune Wit- rito dell' arte. La qual cofa io pochi anni gli riufcì in modo , che condottoii

j^j Firenze > in compagnia di Gioiianni da Milano a i ieriiigij di Taddeo loro mae-
me Ai imopos j^^Qj^g iauorando,e gli fu fatto dipignere il Tabernacolo della Madonna
di Mercato Vecchio, con la tauola a tempera > e iìrailmente quello fili canto del-
ia piazza di S. Nicolò della via del Cocomero, che pochi anni fono i'vno , e l'al-
tro fu rifatto da peggior Maeilro, che Iacopo non era. Ec a i tintori quello > che
è a S.Nofri fui canto delle mura dell'orto loro, dirimpetto a San Giaieppo. In_j
quefto mentre, efsendofi condotto a fine le volte d'Or San Michele, fopra ì do-
dici pilaftri, e iopraefsepofto vn Tetto bafso alla iàluatica> per feguitare quan*
ta per grangia (]oii potefse la fabncadi quel palazzo j che haueua a efsere li granaio dei Com-
Jel Còmme. njune; fù dato a Iacopo di Cafentino, come a perfona all' hora molto prattica, a
voile di detta quelle volte: con ordine, che egli vi faceisejcome vi fece con ; Patciar-

faMca,. " chi ' alcuni Profeti, Se i primi delle Tribù, che furono ni t atto fedici figure in-o»
Arezzo /otto Campo Azuri'o d'oltramarino j Iioggi mezoguafto ; fenza gli altri ornamenti.
ti g9ner»9 di Fece poi nelle facce di (otto, e ne i pilaflri molti miracoli della Madonna » & al-
ti»
conftglioAì tre cofej che fi conofcono alla maniera. Finito quefto lauo ό , tornò Iacopo in_.9
6o,Cistsdtm, Cafentinoj doue poiché in Pratouecchio, in Poppi, & altri luoghi di quella valle
Iacopo dìpmfe hebbefatto molte opere , fi conduiTe in Arezzo , che allora fi gouernauà da

medefima, col configlio di feilanta Cittadini de'piu ricchi', e pai honorati, alla_j
%PapaZnL cura de'qualiera commeiTo tutto il reggimento, doue nella Capelk principale
eintio VI. ^ Vel'couado, épinfe vna ftoria di San Martino; e nel Duomo Vecchio, hoggi
β/tri Udori, rouinato, Pitture ailài, fra le quali era il ritratto di Papa Innocenzo Seiio, nella.-»
Capella maggiore. Nella Chiefa poi d: San Bartolomeo jper lo Capitolo de'Ca-
nonici della Pieue, fece la facciata dou'è l'Aitar maggroreje la Capei Ìa di Santa-j»
Maria della Neue . E nella Compagnia vecchia di San Giouanni de' Peducci fece
rapite ftorie di quel Santo, che hoggi fono copette di bianco. Lauorò fimil-
meate^hella Chiefa di San Domenicola Capella di San Chriftofano , ritraendo-
SrS^ Ih ui di naturale il Beato Mafuolo, che libera dalle Carcere vn Mercante de' fei,
S. ΜφοΙο. che féie fare quella Càpèila ril qualfe Beato ne' fuoi tempi, coire Profeta predif-
fe molt^diiauenture a gli Aretini. Nella Chiefa di Sant'Agortino fece a frefco
nella Capella, & all'Aitar de'Npdi, flonedi San Lorenzo con maniera,
prattica marauigliofa. E perchéfi eiercitaua anche nelle cofe d'Architettura_j,
Sieftrcttond- pgr ordine de i feflanta iopradetti Cittadini, ricondufse fotto le tnuradiArez-
α
Γ ίίο l'acqua, che viene dalle radici dei Poggio di Pori, vicino alla Città brac-
mricaàc ' ^^^ ««cento la quale acqua al tempo de' Romani era Arata prima condotta-^
Tunevi'Z' al Teatro? ili che ancora vi fono le veftigie, e da quello, che era in fuiraon-
gi*x Antic/t te doue hoggi è la fortezza ; all'Anfiteatro della medefima Città", nei piano?
/otto le murn i quali edjfizij > e condotti furono rouinati, e guafti dei tutto da i Gotti. Ha-
tii^'Cittàp uendo dunque come s'èxletto, fatta venire Iacopo queft'acqua fotto le mu-
ra j fece la Fon te, eh e alPhora fiichiamata Fonte Guizianelii » eche horaè det-
ta,eifendo il yocaboio corrotto: Fonte Vmiziana; la quale da quel tempo, ciic_Ji'
I)ett\«iqmfi fa l'anno mille, e trecento
cinquantaquattro durò iniino all' anno mil e, e cm-
I
pot pgr/Λ di qaecento yennfette , ^ non più : percioche la pefèe di quell" anno, la guerra»
chefiipoi, l'hauerla noolti aTuoi commodi tirata per vfo dOrti, e molto più
il noi. hauerla Iacopo
condotta dentro j fono (late cagione, ch'ella non è hog-
^ij come donerebbe eii ere, χα piedi* Mentre che rac<|ua fi andana conducen-
do, non

¥f>hrica inFi·
rm^e deflma»

Ritratto 4el

\tut»U .
B. ΜφοΙ
Dipinfe» frt
/eoco» pretti·
t r^mier^

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VITA DI IACOPO CASENTINO. 1x9

^o, non laiciando Iacopo il dipicnere, fece nel palazzo, che era nella Cittadella
vecchia, rouinato a dì noftri, moke ftorie de' farti del Vefcouo Gmdo, e di Pietro
Sacconi, i quali huomini iiipace, & in guerra haueuano grandi, e honorare cole

iatto per quella Città. Sin4nenteJauSiò nella Pieue (òtto 1 organo la ftona di
S.Matteo, e molte altre opereaflai. E cosìfacendo Pf V"^^^

iua ttiano. moftrò a Spinello Aretmo i prindp.i di que i'aje,che a f Jl; mf^na-
ta da Agnolo, e che Spinello infegt>ò poi a Bernardo Daddi, che nella C "a ki^
ìauorando Phonorò di molte bell'opere di pittura , le '
ottime qualità, furono cagione,che egli (u molto honorato da fuoi Cittadini,che
molto l'adoperarono ne i MagiftratH & altri negotij publici. Furono le pitture
di Bernardo molte, & in molu itima, e prima in S. Croce la Capeila di Loren-
zo, e di S. Stefano, de' Pulci, e Berardi, e molte altre pitture ui diueifi luoghi di
detta Chiefa. Finalmente, hauendo Copra le porre della Città di Firenze dailiL^
parte di dentro fatto alcune pitture, carico d'anni fi morì, de in S. Felicita hebbe
honoratofepolcrol'anno 1580. , , ,, . . .

Ma tornando a Iacopo, kre alle cofe dette, al tempo iuo hebbe principio,
Panno 15 5 o. U Compagnia, e Fraternità de' Pittori : perche 1 Maeftri, che allora
viueuano, così della vecchia maniera gi-eca, come della nuoua di Cimabue, rwo-
uandofi in gran numero, e confiderando, che l'arti del diiegno hàueuano m To-
fcana,anzi m Firenze propria hauuto il loro rinafcimento.erpro no la detta com-
pagnia fotto il nome, e piotettione di S. Luca Euangelifta, si per rendere nell O-
ratorio di quella, lode, e gratie a Dio, e sì anco per rrouarii alcuna volta iniieme,e
fouuenire così nelle cofe dell'anima, come del corpo, a chi, fecondo 1 tempii η -
haueaedibifogno. Laqual
cofa è anco per molte arnmvfo a Firenze, ma era
moko pm anticamente, fù il
primo loro Oratorio la^ppellamaggiore_ dello
Spedale di S. Maria Nuoua, il quale fìi loro concello dalla famiglui de i ortman ;
Equelli, che pdmi con tirolo di Capitani, gouernarono la detta Compagma, fu-
rono lei, & in oltre due Configlieri, e due Camarlinghi, come nel vecchio libro
di detta Compagnia, cominciato allora, fi può vedere. Il primo capitolo del qua-
le comincia così. ,

Quefti Capitolh& ordinamenti furono muatue fatti da' buonue dtfcrett hmmi-
ni ddl'arte de'Dipintori di Fir jn7e, & al tempo di Lapo Gmci dipintore. Vanni
Cmw^Xi dipintori Cor fino Buonaiuti dipintore. Tafquino Cenni dipintore. Segn^
intimano dipintore. CoìiftgUen furono Bernardo Daddi, e Iacopo di Cajentmo»
dipintm. e Camarlinghi Confìglio Gberarii, e Domenico Vucci, dipintori.

Creata la detta Compagnia in quello modo, di confenfode'capitani, e degli
altri, fece Iacopo di Cafentino la taiiola della loro Capeila, facendo m vn b.
Luca,che ritrae la Noilra Donna in vn quadro,e nella predella da vn iato gu m o-
niini della Compagnia, e dall'altro tutte le Donne ginocchioni. Da quelto ρ un-
C'P'O, quando Julandofi , e quando nò, hà connnuaro quefta Coi^pagnia mimo
^ è ridottaci ri e, cheei.'èhogg , come fi narra ne nuom Capi;

oh di quella approwati d-^il'Illuftriffimo Sig, Duca Cofimo, protettore benignif-

tnmodiqudle.rtideiaVèono.

MenfreMUm^
deua Λ tal^"
te fece Umerft
pitture.

tnfegnòiprÌKm
cipy dell' arti.
Λ Spmslh Λ'
retim,

Bernardi
2>ae(dt fcolit·.
ro (ti Spinello
fìt adoperato
non Jole nella
pittura, cms
in negotij
hliù.

Sm mrte,,

Al tempo dì
Iacopo fù dai»
principio ali»
CSpagma del»
l'Arte diDi'^
piatori»

Fine di titU

ίηβιίΜίβ,

Numera del
gouerno di d.
Compagnia,

Iacopo dtpinfe
l altare dellm
Capeila di
Pittori *

Μ or/e d'ami
80. ta Prats
vecchio.

Suo ritruttol

Finalmente Iacopo, efìelido i;raiie^d'anni, e molto affaticato, le ne torno iii-^
Cafentino , e fi morì m vecchio d'anni ottanta ; e fu iotterrato da parenti, e
dagli amie
1 in S. Agnolo, Badia fuor di Prato vecchio dell'ordine di Camaldoli. Il
fuo ritratto era nei
Duoìpo vecchio di mano di Spinello in vnaftona de'Magi.
E della manieradeliuodiiegnaven'èfaRgionelnoftrolibro.

_ fagg. -
Fin e della vita di Iacopo ^ Cafentino,

VITA

-ocr page 220-

iz,a prima parte

YITA DI SPINELLO ARETINO^ PITTORE.

SSENDO andato ad habicare in Arezzos <juando vna voltajftà^
; raln-e , furono cacciali di Firenze
ι Ghibellini, Luca Spinelli»
gli nacque in quelÌa Città vn figlmolor al quale pofe nome^
Spinello,tanto inclinato da natura all'eflere Pittore, che quafi
fenza Maeftro,eiiendo ancor fenciullo,feppe quello,che moiri
efercitati fotto la difciplinad'otcirai maeftrinon fanno,quello»
che è piùjhauédo hauuto amieitia có Iacopo di Cafentino,mé-
ire làuorò in Arezzo,& imparato da lui qualche cofa,prima,che fuile di 20. anni?
fù di gra liiga molto migliore maeftro» cosi giouane, ch'efso Iacopo già Pitt. veC-
ehic>n6 era.Gominciado dilque Spinello a efser in nome di buó Pitt. M-Dardaiii'
Acciaiolishauendo fatto fabricare laChiefa di S.Nicolò alle fale dei Papa dieci o-S·

Maria

-ocr page 221-

VITA DI SPINELLO ARETINO, tji

Maria Nouefla, nella via della Scala , & in quella darò fepokura a vn fuo iratei.o
Vcicouo, fece dipignere,tutta quella Chiefa a frefco di ftorie di S.Nicolò Veico-
uo di Ban, a Spinello, che k diede finita del tutto l'anno i J J f eilendoui rtato a
jauorare due anni continui. Nella quak opera fi portò Spinello tanto bene, così
nei colorirla, come nel difegnarla, che infino
a. i di noftri ii erano beniffi me man-
nun
I colori, & eipreila la bontà delle fìgure,quando pochi anni fono furono in
gran parte guaiti da vn fuoco, che difauediuamence s'apprefe in quella Chiefat
tata piena poco accortamente di paglia da non difcreti huomini, che fe ne ferui-
«ano per capanna, ò monizione di paglia. Dalia fama di quell'opera tiraro Mef-«
ier Barone Capelli Cittadino di Firenze, fece dipignere da Spinello nella Capelk
pi-incipale di S.Maria Maggiore moli« ftorie delia Madonna a freico,& alcune di
^.Antonio Abbate, & apprelio la iagTazione
di quella Chiefa aatichiffima, con-
i^egiata da Pafquale Papa V. di quel noais,ii che rutto ìauorò Spinello cosi bene,
-le pare iatco tutto in vn giorno, e non in moki mefi, come fii. Appreilo al det-
t ί ^^ cf Meiìer Barone di naturale in habito di que'cempi, mol-

"^'^i^Ojeconbuoniffimogiiidicio. Finitaquefta Capella auoròSpinello
del Cannine in frefco, la Capella di S.Iacopo, c S.Gioaanni Apoilo-
ί ^^^ ^^^ l'altre cofe
è fatta con molta diligenza quando la moglie di Zebedeo
'] j i^i-'opo domanda a Giesù Chriftojche faccia federe vno de'figliuoli iuoi
ved 7 Padre nel Regno de'Cieli, e l'altro alla fimrtra : E poco più oltre fi
ede Zebedeo, Iacopo, e Giouanni abbandonare le reti, e feguitar Chnfto coti_^
Ρ ontezza, e msniera mirabile. In vn'altra Capella della medeiìma Chiefa,che è
a Canto alla maggiore, fece Spinello pur a frefco alcune itorie della Madonna , e
gli Apoftoli cjuando inanzi ai trapailar di lei le apparifcono inanzi miracolofa-
mente:
E così quando ella mitore, e poi è portata ui Cielo da gU Angeli. E per-
c le ellendo ìa ftoria grande la picciolezza della Capella non lunga più, che brac-
la & alca cinque, non capiua il tutto, e maffimamente l'AiTonzione d'eiia
iNOitra Donna, con bel giudicio fece Spinello voltarla nel lungo della ftoria, da
vna paite doue Chnilo,. egU Angeli la riceuono . In vna Capella in S.Trinità fe-
h!ì>'
T] ^''"e^co moko'bella ; E nella Chiefa di S. Apoilolo nella rauola

or i^aggiote a tempera, fece lo Spirito Santo, quando è mandato iopra_j
gn Apoftoli in luigue di fuoco. In
S. Lucia de'Bardi fece fimilmente vna tauolec-
ta?
& in S. Croce vn' kra maeciore, nella Capelk di S. Giouanni Battifta, che fù
dipinta da
Giotto.

Dopo quelle cofe, eilendo da i feiTanta Cittadini, che gouernauano Arezzo,
Pf *·'^ "ome , che haueaa acquiftato, kuorando in Fire
pii^ufjitco dipignere dal Commune nella Chiefa dei Duom

nze, là richiamato:

. ____....._____Duomo vecchiofuor del·

Citta la ftoria de'Magi, e nelk Capella di San Sigifmondo, vn San Donato,
Quefn" ^^"edizione fà crepare vn Serpente. Parimente in moki pikihi di
di Simo diuerle figure , & in vna facciata la Maddalena, che in caia.^

Memorig iel

Duomo •vet-
chio di qmUft
Città,

Forma di deS·
teTmpio,

Vii!-

^gc i piedi a'Chrifto, con altre Pitture ^ delle quali non accade far
menzione, etlencb^ho®·-^! quel Tempio, che era pieno di fepokure, d ofla di San-
ti, e d'akte cofe
nieroorabili, del tutto rouinato. Dirò bene ,accioche d'elio al-
meno reftì quefta ellendo egli ftato edificato da gl'Aretini più
di mille, e trecento anni fono allora, che di prima vennero alla Fede di Giesù
ChriftoconueLtiti da San Donato, il quale fù poi Vefcouodi queikCirrà·, E

gli fò dedicato a fuo Nome , & ornato di fu ri. ε di dentro riccamente di fpo-
giie amichiiTjme . Era la pianta di quefto edifizio ? del quale fi è iungamente_p

' Κ ^ akro-

de a frefis di -
pinto da Spi'
nello in due
«»»<■, cbe tìf-
con/emM>

LitHifi fmi
tanto benef
che paiono fuS
ti fatti in vii
giorno.

Rttratio di Bx
rofid entelli
fatto eon bum
iudicio»
Aftione rapi
prefentata eoa
prontÉj^a , e
maniera mi-
rabile,

'Rtpiegt dì
Spinello nd

rappreftntare
va htfioria im
ftt»an^uflot

Fu chiamai»
a lamrare mi
Duomo 4 Λ<
ι
reseco,
 ^

-ocr page 222-

iz,a prima parte

alcroue ragionato, dalla parte di fuori in fedici faccie diuifa, e dentro in otto»
tutre erano piene delle fpoglie di que'tempi/, che priina > erano itati dedicati a^
gl'Idoli ; & in fomma egli era quanto può eiler bello vn così fatto tempio anti-
chiffimo „ quando fu rouinato . Dopo le moke Pitture fatte in Duomo > dipinfe
'Ritrajfe Inno* Spinello in S-Francefco, nella Capella de'Mariupini Papa Honoiio, quando con
centio lv..Anl ^ ^ approuala regola d'eiìo Santo, ritraendoui Innocentio Quarto di na-
m um t, turaley douunque egli fe l'haueffe. Dipinfe ancora nella raedefima Chieia, nel-
la, Capella di S.MichelagnoIo molte ilorie di lui, li doue fi fuonano le Campane;
Opere a frefea E poco di fotto alla Capella di M.Giuliano Baccio vna Nunziata con altre figure,
lamrate con che fono molto lodate, le quali tutte opere fatte in queila Chiefa furono iauo-
molta. prattu rate a frefco con vna prattica molto rifoluta dal 1534. Infino al 13 3 8. Nella Pie-
m Ha; Sptnel· ng poidella medefima Città dipinfe la Capella diS.Pietro> e S.PaoIoj di fotto

efla, quella di S.Michelagnolo·, e per la Fraternità di S.Maria della Mifericordia,
pur da quella banda, in frefco
la Capella di S. Iacopo , e Filippo» e iopra la porta
principale della Fraternità
.ch'é in piazza,cioè nell'arco,dipinfe vnaPietàjCon vn
S.G'ouanni a richiefta de' Rettori di efla Fraternità, la quale hebbe principio in
OrJ^me·
delU queflomodo. Cominciando vn certo numero di buoni, e honorati Cittadini a
lEraternità dt andare accattando limofinCj per 1 poueri vergognofi, e a fouuenirgli in tutti i lo-
&.M/irmdeU» bifogni; Γλπηο della Pefte del 1348.per lo gran nome acquiftato da que'buo-:·
MtlsrtcomA. j^j huomini alla Fraternirà, aiutando a i pouen, gÌ'infermi,fepeliendò morti, e fa-
cendo altre fòraiglianti opere
di carità, fm ono tanto i lafci, le donazioni»e i'here-
dità,ehe lefurono lafciati,che ella hereditò, il terzo delle ricchezze d' Arezzo. Ec
Splndh tm itfimile auuenne Tanno 13 8 3.che fù fimilmente vna gran pefte. Spinello adun-
mlla itti» que, e{Iendo della Compagnia,e toccandogli fpeilo a vifitare inférmi, fotterrare
Cempagnia, e morri ^e fare altri corali pijffimi eiTercizij rche hanno fatto ièmpre i miglior Cit-·
àipinfi ^er rad'ini, e fanno·anch'hoggi di quella Città , per far di ciò qualche memoria i>elle
5»i//«i
fue Pitture ».dipinfe perquella Compagnia nella facciata della Chiefa di S-Lau-
tentinole Pergentino vna Madonna>che hauendo:aperto dinanzi il mantello, hà
fotto eilo il popolo d'Arezzo, nel quale fono ritratti molti huomini de'primi del-
la: Fraternità di
naturale, con le tafche al collose con vn martello di legno in ma-
no,iìmile a quelli, che
adoperano a picchiar gli vfci quando vanno a cercar limo-
Jltre; operm fine · Parimente nella Compagnia della Nunziata dipinCe ilTabernacolo gran-
4et mtkfmo,, de, che è fuori della Chiefa, e parte d'vn portico, che l'è dirimpetto, e la tauola di
efla Compagnia
,.doue è ùmilmente vna Nunziata a tempera, la tauola ancora,-
che hoggi
è nella Chiefa delle Monache di S. Giudo, doue vn picciolo Chriilo,.

Thinrt dp che è in collo alla Madre, Spofa di S.Catterina, con fei ftoriet-te di figure picciole-
Giorgio· νφ de'fattidi lei,c fimilmente opera di Spinello',e molto lodata-Eflendo egli poi con-
tìnelU Badia' dotto alla famofà Badia di Camaldoh in Cafentino,ì'ani3o 1361 .fece a i Romiti di
di €ψηύηο>^ quelluogo la tauola dell'Aitar maggiore , che fù leoaraTànno 153 9. quando ef-
SpmelÌw dt. fendo fin ita dì rifare quella Chiefa tuctadi nuouo,Giorgio Vafari fece vnanuolla^
Λΐίίηΐ hilZ dipinfe tutta a frefco la Capella maggiore di quella Badia il tramezo del-

nt- (ot»' gran: l^i Chiefa a frefcoie due tauole. Di i chiamato Spinello a Firenze da D.Iacopo di
gratta' impa· Arezzo, Abbate di S.Miniato in monte,dell'Ordine di Monte Oliuetoj-dipinfe^j;
*AtA per iongo nella volta, e nelle quattrofacciate dellaSagreftia di quel Monaflerio oltre lata-
"ufOte UuorM^ uolà dell'Altare·a tem pera,molte fforie della vita di S.Benedetto a frefco co mol-
^
tmflitdiot i ta prattica, e con vna gran viuacità di colori; imparata dà liii, mediante vn lungo'
t rfez^* ^ eferzitioj& vn cominaolauorare con ftudio,
e diligenza, come in vero bif^
SS" ehi.
vuoleac^aiilarvrfaKreperfeitamence·. Haueiidodopo queftècofeildetto·

Ab-

-ocr page 223-

VITA DI SPINELLO ARETINO. 15J

Abbate^artencio da Firenze =hauufo in gouerno il Mei «fiero di S.Berrsrdo dei

niedefuTiO Ordine nella fua patria ^ spunte quando fi era GUafì de] rutto finitoin

fui (ito, ccnceJuto dou'era apunto il coloileo > de gli Aretini a.que''Monaci ;fece ^/m Uum

dipignere a.Spinello due Capelle a frefcoiche irno allato alla maggiore, e due al- ^fiinri a fn*

tre che mettono in mezo la porta^che va in coro,rei tramezo della Chiefa.In vna fco dal t»edi>

delle qualbche è allato alla maggiore, c vnaNt;DZÌata afref ofattacon grandif-/'«'.

ffima diligenza , & in vna faccia allato a quella è Madonna fale i grad,

del Tempicaccompngnata da Giouacliino,& Anna;Nell altra Capellae vn Cro-

cifiiTo con la Madcana, e S.Gio. che lo piangonoi & in gmocchioni vn i^Bernar-

<io,.:he 1'adoi a.Fece ancora nella faccia di deStro di quella Chieia, doue e 1 Altare

delia N.Don,e{ìa V^ergine col fialiuolo in col!o,che fix tenuta figurabeiliiitn:ia,m-

iieme co^ molte altroché egli fece per quella Ch.efarfopra il coro della quale dJ-

pinfe la Ν Don.S.Maria Mad kleaa,e S.Beniardo molto viuamente. NellaPieue

fimrlmére d' Arezzo, nella Capelia di S. Bartolomeo fece molte ftorie della vita di

qtiel Sanio ; Et a dirimpecco a quella nell'altra nauata nella Capella d^ S. Matteo, _ ^

che è focto ^Organo, e che aipinca da Iacopo di Cafentino iuo Maeliro, fece

oltre a molte ftone di quel Santo,che fono ragioneuoli nella volta in certi tondi,! J'

quattro Euangeiifti in capncciofa manierar percioche fopra i bufti, e le iiìennbra

huraane>,fece a S.Gio. la tefta d'Aquila, a Marco il capo d· Lione, a Luca di bue, -s

& a Matteo folo la faccia ri'haomo,cioè d'Angelo. Fuor d'Arezzo ancora, dipinle

nella Ch.efa di S.Scefkno, fabricaca da gli Aretini fopra molte colonne di graniti,

e di marmijper honorare^ e cóferuare la memoria di molti Martiri,che furono da

Giuliano apo'iata fatti morire iu quel luogo; moke figure,e ftorie con infinita di- Laumo aIch*

{iSenza,^ contale maniera di colon, che fi erano frefchiffime conieruate infino a ^JJJ^, «

fcogg;, qu-indo non molti anni fono furono rouinate. Ma quello,che in quel luo- ^^^^

go eramirabile.oIri-e le (iorie di S.Stefeno.fattein figure maggiori,cne il viuono

è» era m vna llona de'M igi vedere Giufeppo allegro fuor di modo, per la venuta

di.quelle ,d'a lui confiderari con njamcra belliiTuBa, mentre apriuano i Vaiìde i £fpre0om dt

lorcjtefori, egriofferiiiana. In quella Chieiamed'eiìraa vna N. Don. che porge allegrelXfii^
a Chriilo fanduìlino vna
Rafa,era tenura,& è come figura belli{rima,e deuoca,in s.Giufepp^.
tanta venerazione appreilo di Aretini, che ί enza guardare a nmna difficuka, ο

fpefa,quando ruget\ira'perÌer.aaaChiefadiS.Sterano,taglb^^

ii.rnuro,& alìacciatol^ ingegnOfamente..la porrarono nella Citta,collocandola in ^^//yy.
^na Chiefetra,per
honorarlajCDme fènno,con la med'efima deuozione,che prima ^gaota.
faceuano.Ne ciò paia gran fatto, percioche eiTendo ftato propnoye cofa naturale spintilo ham.

Spinello dare alle fue figure, vna cerra^aziafemplice rchehàdel modeilose per natu.
del Sanroipare che le figure,che egji fece de'Satiti, e maffimamente della Vergi- ruh di dar»
ne, fpirino vn non so·,che di Sanco^ di Diuino.che tira gl'huomrni ^dliauerle^in f
iomnva reuetenza.come fi può vedete, oltre alla detca.ndìa N.I)on.che e in fu
ca^de gu Aibergetti, & ut quella, ch in vna facciata della Pieue dalla pai e di fi^phce.e D.^

fuornnfet

\ àlfT''''/' Spinello accora, in vna facciata dello Spedale dello SpiWoS. ^
Vna ItOTia quando gU Apofl oli lo riceuono, che e molto beHa, e cosi le due itene
tìa baiiojdous S.Cofnr,^,, e S Damiano taghano a ν η Moro morto vna gamba fa-
iia,per appiccarla a vnlnfermo, a chi eglino ne haueuano tagliato vna fracida Μ
parimete il A®" ^««^ere belÌiffimo,che è nel mezo di quelle due opere-Nellà
compagnia de'Puracduoli, fopr^ la pj^^^à di S- Agoftino,fece in vna Catella vna
Nunziata molto ben colorita ,: e nei ciiioftrodi quei GGftuento lauei é afrefco

vna-

-ocr page 224-

ΐμ ρ r i ma ρ a r τ e

vnaNoftra Donna> & vn S.Iacopo, e S.Antonio; e ginocchioni vi ritraile vn SoÌ-
daco armato con quefte parole:
Hùc opus fecit fieri Clemens Tucci de Monto Cd-
tinotcuiuscorpusiacethk ^nnoDomini i^ój. Die
15. MenfisMatj. Simil-
mente la Capella, che
è in quella Chiefa, di S. Antonio » con altri Santi) fi cono-
fce alla manieraj che ione di mano di Spinello; il quale poco poi nello Spedale di
S. Marco, die hoggi è Monafterio del e Monache di S. Croce, per efler il loro
Monafterio> che era di fuori, ftato gettato per terra» dipinfe tutto vn porticojcon
Wiftritm del raoite iìgute; e vi ritraile per vn S.Gregorio Papa, che è a canto a vna Mifericoc-
,mtiimle di dia, Papa Gregorio Nono di naturale.

Papa uregorio La Capella di SJacopo, e Filippo, che è in S.Doraenico della medefima Città,
'^^· entrando in Chiefaj fu da Spinello lauorata in freico con beila , rifolura prattica,

di S.Lorenzo fece da vna banda alcune ftorie della Madonna > e fuor della Chieia
la dipinfe a federe ? lauorando a freico molto gratioiamenre. In
vnoSpedalettOs
I>mvfim dirimpetto alle Monache di Santo Spirito vicino alla porta, che a Roma, di-
gmndi mge' pinfe vn portico tutto di fua manojmoftrando in vn Chnilo morto in grembo al-
guty e kditto le Marie, tanto ingegno, e giudicio nella Pitrurasche fi conofce hauere paragona-
per la qualità co Giotto nel difegno, & auanzatolo di gran lunga nei coiorico. Figurò ancora-j
del difegm, e nel medefimo luogo Chrifto a (edere con figniScato Teologico molto ingegno-
colorjio. faróence hauendo in guifa fituato la Trinità dentro a vn Soie, che fi vede'da cìz"

figure vfcii-e ì raedefirai ragg;, & il medefimo iplendore. Ma di
/mtLrtaTri Queft'opera Con gran
danno veramenre de gli amatori di queft arte, è auuenut»
màf il medefimo, che di molte altre, eilcncio ft.ira buttara in terra per fortificare

Città. Alla Compagnia della Trinità fi vede vn Tabernacolo fuor della Chieia»
da Spinello beniiTimo lauorato a frefco dentroui la Trinirà , S. Pietro , e S. Cofi-
mo, e S.Damiano vefiiti con quella forte cHiabiti, che vfauano di portare i Me-
dici in que'tempi. Mentre
, c le quell'opere fi faceuano fu fatto D. Iacopo d'A-
rezzo Generale della Congregazione de MontOliueto dicianoue anni poi, che
haueiia fitto lauorare, come s'è detto di fopra moke cofe a Firenze,'Sc in Arezzo
da elio Spinello, perche ftandofì , fecondo la confuetudine loro a Monte Oliueto
Maggior di Chiufuri in quel di Siena,come nel puì honorato luogo di quelìaRe-

Lammatemi ligione,gii venne defiderio di far fare vna-belliffima tauola in quel luog;o,ondc_9

fera numerofo mandato per Spinello, dal qualealtra volta fi trouaua eiTere ftato beniiTimo fer-
dt figure, Of' yito, gli fece fare la tauola della Capella mag^'ore a tempera; neiìa quale fece__>
namtnthdora' SpfneijQ jn campo d'oro vn numero infinito'di figure, fra picciole, e grandi coiL·^
tura ώ quella giudicio;. fattole poi fare intorno vn'ornamenco di mezo rilieuo > intagliato

morZ^At ^th ^^^ Simone Cini Fiorentino, in alcuni luoghi,con geflo a colla vn poco fedo,ο ve-
ArfeHct. ro gelato, le fece vn'altroornamento, che riufcì molto beilo,che poi da Gabnel-
Sip»nl· d ' a io Saracini fò meilo d'oro ogni cofa . il quale Gabriello a pie di detta tauola fcriilè .

quelli tre nomi.Simone Cini Fiorétino fece PintagliorGabnello Saracini la mefie

con la, fatni^ d'oro,e Spinello di Luca d'Arezzo la dipinfe l'anno 13 85.Finita quefl'opera Spi-

ad hM' i^gjio comò a Arezzo,hauendo da quei Generale, e da gli altri Monaciioirre
^^ P'^&"^'"'^ento;riceuuco molte carezze:Ma non vi (lette moltoiperchejefsendo A-
uerfi Umri' i-'^zzo trauagliata dalle parti Guelfe, e Ghibelline , e (lata in que'giorni faccheg-
giara, fi conduce con lafamigiia,e.Parci iìio figliuola, il quale attendeua alla Pjt-

tura.

-ocr page 225-

VITA DI SPINELLO ARETINO, 131

tura a Firenze, doue baueua amici, e parenti affai. La doue dipinie quafì per paf-
fatempo fuor della porta a S. Pietro Gattolinì in iuUa ftrada Romana,ione fi vol-
ta, per andare a pazzolatico, in vri Tabernacolo, che
hoggi è roezo guafto, vna«.s
Nunziata > 6c in vn'akro Tabernacolo, doue è l'hofteria del Galluzzo altre pit- ,
ture . E(iendo poi chiamato a Fifa, a finire in Campo Santo iotco k itone di San
Tu chmmm

Ranierulrefto,chemancauad'altrellorieinvn vano.che emrimaionondipn>

to, per congiugnerle infieme con quelle , che haueua fatto Giotto, S;mon Sane-
ie Antonio
Viniziano, fece in quel luogo a freico fei (lorie di S. Pento, e S.
Epiro. Nella prima è
quando egli giouanstto e pretennaco dalla madre a Dioch-
ziano Imperatore,
e quando è latto Generale degli eiì.ercitijclie doueuano andare
contro a i Chriiliani. E così quando caualcando gli apparae Ckiilo, che rao-
ftrandogli vna Croce bianca, gli comraanda, che rioa b pcefeguiti. In ·νη'altra ^^
ftoria fi vede l'Angelo del Signore dare a quel Santo , mentre caualca, la bandie- ^JL
ra della
fede con la Croce bianca in campo roilovche è poi ftata Tempre I'arme_i pi/iw/.
de' Pifani, per hauere
S. Epiro· pregato Dios che gli deiie vn fegno da portare in-
contro a gli nimici. Si vede apprelìo quella ivn'altra ftoria, doue appiccata fra spinello o^erò
il Santo i Pagani vna fiera battaglia rooÌti Angeli armati combattono per ,,^οίΐο

vitroria di lui ; nella quale Spinello Fece molte cofe da confiderare in quei tempi, per efprimets
che l'arte, nonhaueuaancoranè forza, nè alcun buon modo d'erprimere coni vimmente i
colori viuamente.i concetti dellaniino. E ciò furono flà le moke a]tre cofe, che cmcettt MV"
vifono due foldaci, i quali eRendoiì con vna delle mani preiì nelle crvbe, tenta- *ntm·
no con gli flocchi nudi, che haano nell'altra, torfi Γνηο all'altro la vita, moftran-
do nel voko , & in tutti i mmiimenti delle membra il defiderio, che hà ciafcuno
di riraànere
viCLoriofo , e con fierezza d'animo eflere lenza paura, e quanto più fi
può penfave coraggiofi · e cosi ancora fra quegli, che combattono a cauallo,
molto ben facto vn CaaxMiete,che con la lancia conficca interra la teita del nimi- ^
coa traboccato rouekiodel cauallo , tutto fpauentato. Moftra vn' altra iloria il
niedeilmo Santo, quando è prefentaro a Diocliziano Tmperatore,che lo eilamina
della fede,
e poi lo fà dare a itormenri, e metterlo in vna fornace,dalla quale egli
rimane libero, òc in fua vece abbrucciati i minifi:rt,.che quiui iono molto pròti da
tutte le bande ·, & in fomma tutte l'altre attieni di quel Santo infino alla decolla-
tione, dopo k q uale è portata inanima in Cielo. Et ni vltjmo quando fono portate
d'Aìefiadria a Kfa
l'òna,e le reliquie di S.Petiroj'la quale tutta opera,per colorilo,
e per inuemione ε la piùbena,la più finita,e là meglio códotta,ch€ facelle Spine^ ^^

jojla qual cofada quefto fi può conoicere,che elTcndofiben;irimoconieruata^,tà
«oggi la fua frefchezza marauigìiare chiuque la vede- Finita quell'opera in Capo f„g„to,confer.
Santo, dipmfe in vna Capella in S. Francefco,che c ìafeconda allato alla maggio- „„
i'e,molte ftorie di S. Bartolomeo,di S. Andrea,di S. Iacopo,e di S. Giouanni Ape- /fè^ij^^.-

forfè farebbe fiato più lungaméte a ìauorare in Pifa, perche-in quei a Citta Ritorno in Fi.
ÌfXl' conofcmte,e guiderdonate; ma vederìdo la Citta tutta ioììeua- re.^e.evi fe^

^"'Pper edere fiato da i Lanfranchi,Cittadini Pifani, morto M. Pietro « Imo

rtftra m
eh in
vetchio

doue in vn
«elli dedicata

defiderofo di tornaifeiiean Arezzo fua 'ZU
mandò finita Fanno ilo'o"^'^^^ " Pf patria ,lauoiO in Arezzo, e di ià ia^ '^crJe nàtm
più jfùdai pai€nn dunque la d etad anni iettantafette ,ò Ufda

i Γ -^iiceuutoamoreuolnicntc 5 e poi ienipre carezzato, tafiom^

s Irono-

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ρ r. 1 μ a ρ a r. τ e

eihònorato iniìno alla fine di fiia vita, che fò l'anno di Tua età. E fe bène era nioi-
to vecchio} quando tornò in Arezzo, hauendo buone facultà faaurèbbe potuto fa-
re fenza lauorare, ma non fapendo egli come quello, che a Jauorare fenipre era,-.»
auezzo ftarfi in ripofo ; preie a fare alla compagnia di S. Agnolo in
quella Citvà
alcune ftorle di S. Michele, le quali in sù lo intonacato del muro, difegnace di roi-
faccio, così alla grolla, come gli Artefici vecchi vCauano di fare il più delle volte j
in vn cartcone per moftra, ne lauorò, e colorì interamente vna ftoria fola,che piac-
que aliai. Conuenutofi poi del prezzo con chi ne haueua la cur?,, fini rutta la fac-
ciata dell'Aitar maggiore, nella quale figurò Lucifero porre la fedia in Aquilone»
e vi fece la rouina degli Angeli, i quali in Diauoli fi tramutano, piouendo in ter-
ra ; douefi vede in aria vn S. Michele, che combatte con l'antico ierpente di fet-
te tefte i e di dieci corna. E da bailo nel centro vn Lucifero già murato in beftia
bruttiifima. E fi compiacque tanto Spinello di farlo horribile s e contraffatto»
che fi dice (tanto può alcuna fiata l'imaguiatione} che la decta figura da lui dipin-
ta gli apparue in fogno domandandolo, doue egli l'hauelie veduta sì brutta,
perche iattole tale (corno con i fuoi pennelli : e ch'egli fuegliatofi dal fonno, pec
la paura, non potendo gridare, con tremito grandiffimo fifcoiied i maniera, che
la moglie deftacafi lo foccorfe. Ma niente di manco fu per ciò a nfchio ftringen-
doli il core, di morirfi per cotale accidente, fubitamente . Ben che ad ogni modo
{piritaticcio, e con occhi tondi, poco tempo viuen Jo poi, fi condulTe alla morte
lafciando di fe gran defiderio a gli amici, & al mondo due figliuoli l'vno fià For-
zore Orefice , che in Firenze mirabilmente lauorò di Niello, e l'altro Farri, che
imirandoil padre, di continuo artefe alla Pittura, e neldifegno di gran lunga lo
trapafsò. Dolfe molto a gli Aretini così finiftro cafo con tutto, che Spinello fuiTe
vecchio, rimanendo priuatid'vna v!rtìi,e d'vna bontà,quale era la iua. Morì d'età
d'anni nouantadua, & in S. Agoilino d'Arezzo gli fu darò fepoltura, doue ancora
hoggi fi vede vna lapida con vn'arme fatta a fuo'^capriccio, dentroui vno fpinofo.

E feppe molto meglio difegnare Spinello, che mettere in opera,come fi può
vedere nel noftro libro de i difegni di diuerfi Pittori antichi, in due^
Vangelifti dichiaro fcuro, & vn S. Lodouico difegnati di fua ma-
no s molto belli. E il ritratto del mede fimo , che di fopra fi
vede fù ricauato da me, da vno, che n'era nel Duomo
vecchio, prima, che fuile rouinato. Furono
Pitture di cofiui dal mille trecento ot-
tanta , infino al mille quat-
trocento .

Efirlme ν»
lucifero, e lo
itmtgimgrttn*
demente eoo·
trafatto.
Appareff^a di
fogno, perltu
qmle ne di·
uiene f^irit/t.
to.

Lafcio due fi'
glt, ^ appena
vtilemnmeno
con la virtù,
che eoa U bòm
th.

Morte t e fm
fepoltHra,
eiunlitÀ mi-
gliore dei fuo
éi/egnOi thu
4etl6pere%
Suorìtmtf,

Fine della 'vita di Spinello Pittore Aretino·

VITA

-ocr page 227-

VITA DI GHERARDO STARNINA. 137

^ ^ τ A DI GHERARDO STARNINA
PITTORE.

Erainente ςΐ)! camma lontano clalla (uà patria nell'altrui prat-
ticando , fa bene ipefso nell'animo vn cenìperamenco di
buono ipinto : perche nel veder fuori duìerfi honorati co-
^umi, quando anco fuiìe di perueria natura, impara a eiìere
'^'/Htabile >amoreuole, e parente > con più ageuoiezzaarsai,
chFcÌ^^''^ nonhaurebbe neiia patria dimorando. Et in vero
^fi-o fuoco, ne miglior^iS"'''· del mondo, a'-

rozzi di natura,

iio^Ch^rflj /t c &i gentili maggiormente eratiofi diuengo-

«o- Gherardo dJacopoStatnzni, pioretìfmo, ancora! che Me di iL

S gue.

Prmica di

diuerfi paef$
produce nelV*-
nimohabtto di
huom qualità
Gberafdot che
in pKiria em
roKi.0 aequìdi
corte w,
fitti ijpugnfi, '

-ocr page 228-

iz,a prima parte

gite, pili che di buona natura » Eiìendo nondimeno nel pratricare molto duro > e
rozzo, ciò pili a ie> che gh-amici portaua dannose maggiormente portato gl'haii-
rebbe, ie in lipagna» doue imparò a ellere gentjlejc cortefe non fufse lungo tem-
po diraorato f pofciache egh in quelle parti diuei^ne in
guiia contrario a quella
fua.priina natura, che ritornando a Firenze , infiniti d) quegli > che manzi la fua-.»
partita a morte l'odiauano, con grandifìfìina amoreuoiczza nel Tuo ritorno lo ri-
ceuettero» e poi fempre ionimamente l'amarono,si fattamente era egli fattoil ge-
lile, e'cortefe.. Nacque Gherardo in Firenze l'anno 13 54. e creiccndo, conica
quel^D, che haueua dalla natura l'ingegno.» applicato al dlfegno,iii meiso con An-
tonio da Yinezia aimparare a difegnare, e dipignere, perche hauendo nello fpa-
zio
di molti ann'rnonfolamente imparato il difegno, e la practica de^colori,
dato faggio di ie,.per alcune cofe con bella maniera lauorate ,fi'partì da Antonio
Viniziano, e cominciando a lauorare fopra di fe, fece in
S. Croce nella Capella
de' Caftellàni, la quale-gli fu fatta dipignere da Michele di Vanni, honorato Cit-
tadino di quella famiglia, moke ftorie di S. Antonio Abbate inirefco, & alcune
ancora di,S. Nicolò Vefcouo, con tanta diligenza> e con sì bella maniera, ch'elle-
no furono cagione di farlo conofcere a certi^SpagnuoIi, che allora in Firenze per
loro bifogni dimorauano per eccellenteJPittore, e che è più, che lo conduceilero
in irpagna ài Rè loro, che lo vide, e riceuette molto volontieri, eilendo alioia_^
maiTìmamente careflia di buoni Pittori in quella prouincia, ne a difporlo, che fi
partiile della patria fu gran fatica, percioche hauendoin Firenze dopo il cafo de"
Ciompi» e che Michele di Landò fu fatto Gonfaloniere, hauuto fconcie parolc__j?·
con alcuni, ftaua più tofto con pericolo della vita, che altramente. Andato dun-
que in Ifpagna, e per quel Rè lauorando molte cofe, il fece,per i gran premi, che
delle fue fatiche riportaua, ricco, & honorato par fuo ; perche deiiderofo di farfl'
vedere» e conofèere a gli amici, e parenti in quello mighorifato 5 fornaro alla pa-
tria, fù in ella molto carezzato, e da tutti i Qctadini amot euolmente riceuuto.Ne^
andò·molto,che gli fù dato a dipignere la Capella di S.GiroIamo nel Carraine,do-·
ue ficeado molte ftorie di quel Santo, figurò nella ftoria di Paola, & Euftachio, e-
di Girolamo , alcuni hàbiti, che vfauaho in quel tempogh Spagnuoli,con inuen-
tione molto propria, e con abbondanza
di modi, e di peniìeri neirattitudini delle
figure Fi à l'altre
cofe, facendo in vna ilorfa quando S. Girolamo impara le pri-
me lettere,
fece vn Maeftro, che fatto leuare a causilo vn fanciullo addoilo a vn'-·
altrorlo percuote con la sferza, di maniera, che il pouero putto per lo gran duo--
lomenando le gambe, pare , che gridando tenti mordere vn'orecchio a colui r
che lo tiene, il che tutto con gratia , e molto leggiadramente efpreiie Gherar"
do-, come colui,,che andaua ghiribizzando intorno alle cole della natura-.»»·
Similmente nel teftamento di S
.Girolamo, vicino alla morte, contrafece_^·
alcuni Frati», con bella», e molto pronta maniera, percioche alcuni fcriuendo»
&altrififlamente afcolrando , e rimirandolo ofseruano tutti le parole del loro
maeilro con grande affetto. Queft'bpera hauendo acquiftato allo Starnma
apprefsogli Artefici grado, e fama : &:icoftumi,. con la dolcezza della pratti-"
cagrandilTima repiitarione» era il nome di Gherardo famofo per tutta To-
fcana». anzi per tutta Italia, quando chiamato a Fifa a dipignere in quella Cir-
tà il Capitolodi Santo Nicola,, vi mandò in fuo {cambio Antonio Vite da Pi'
ftoia» per non fi partire di Firenze. Il quale Antonio hauendo fotto la difci"'
phnadel'oStarnina imparata, la maniera di lui» fece in quel Capitolo la^p^i^"'
-fione di Giesù Chnfto , e la diede finita-in quel modo » che ella hoggi fi vedcJ" »

i'anno

"^acqut tn Ti-

renze,efh api

p'icatoaii int'
par^r l'arte
con Antonie
VmisJanot.

Ridotto a Ιλ'
uorare da sè ,■.
fece opere eoa
bl la maniera
ediligen^Jt,

Conofciuto per
eccellente Pit^
ore fucondit'
to a ftruiretl
Uè di Spagna.

Tugrmdemi'
tepremiato ,ft
fece ricco, e tor-
nò in ρΛί ria^.
éuecare:^ato,

LMom co iw
uen^ìone p'O'
pria, con aibs'.
dan\it di/no*
Mtepenfieri,

Sfprimeua eS·
grattai leggio-
aria , e pronta·
maniera, per-
che andana
difcorrendo le
^oprietà del^
la natura

Virtù·, e coflu-
wi> acqui/iof
m aW artéfice
grado, e.repMf
tationei

Antonio di
t^ìte- allieuo
Stiernina t
tiÀ Ài fm or*
dine «d'^ignc
mirfPtpf.

-ocr page 229-

VITA DI GHERARDO STAUNINA. 9

l'anno 1405.con moka fodisfazione de' Pifani. Haiiendo poi, come s'è detro, Optra pme·
finirà la Capelia de' Paghefi j & eiiendo molto piaciate a 1 Fiòrenrini l'opeie^che ' j '

VI fece di S.GiiOlamo, per hauere egli efpreilo viuameate molti aiierri,& acticu-^ %

dini,non (late meise in opera fino allora da i Pittori ibci inanzi a Ιιιί) li Commu- J %

ne di Firenzeranno, che Gabriel MamSignoi- di Piia, vendè quella Città a i
Fiorenrini, per prezzo di dugento niilia fcadi, dopo l'hauere ioftenuto Oiouanni
Gambacortai'aisedio tredici mefi.à: in vitimo accordatoii anch'cgli alla vendita, j.,/^ ^ F^ì-
iece dipignere dallo Stamina, per memoria di ciò nella facqiata del Palazzo della fcuSi

parte Guelfi, vn S.Dionigi Vefcoiio, con due Angeli ; e fotte a quello ritratto di zoo.mill»,
naturale la Città di Pifa, r:el che fare, egli vsò tanta diligenza in ogni cola, e par-
ticolarmente nel colorirla a freico, che non ollante Tana, e le pioggie, e i'efsere
volta a tramnnrann pll'i" rpi-i-inra Γί.ν.------ ì----- J;----tiene ^

'tme m
chi

Kitrmo di
lui, e dife^gas^

volta a tramontana ell'è Tempre (lata tenuta Pittura degna di molta lode,e Γι -
al prefenre, per elseriì mantenuta freica, e bella, come s'ellafufle fatta pur hora. ^^^^^ dìiigen'
Venuto dunque per quella, e per l'ahre opere i'ue , Gherardo in reputazione > e ^^
maffim
fama grandiflima nella patria, e fuori; la morte inuidiofa, e nemica Tempre delle csUnrU,
vircuofe azzioni, in lui più beilo dell operare, troncò la infinita
fperanza di mol- fi ^
te maggior cofe , che il mondo fi haue^ia promefso di lui ; perche in età d anni ρψ^φηιο,
XLIX. maipettatamentc giunto al fuo fine, con eisequie honoratiihme ki iepel-
lito nella Chieià di SJacop ofopraArno. „

Furono difcepoli di Gherardo Mafolino da Panicale, chefù prima eccellente Morte Λ Ghe^
Orefice , e poi Pittore, & alcuni altri, che per non efljer fiati molto valentihuo-
Bìini non accade ragionarne.

Iii-itrat;o di Gherardo è nella ftoria fopradètta di S. Girolamo in vna delle
figure, che iono intorno al Santo, quando muore, in proffilo, coii_^
vn Capuccio intorno alla tefta > & indofso vn Mantello àf-
fibbiato. Ν el noftro Libro fono alcimi Difegni

di Gherardo fatti di penna in carta.^
pecora, che non fono fc_P
non ragioneuo-
li, &c. ·

S A

il Fine della Vita di Gherardo Stamina.

VITA

-ocr page 230-

ρ r i μ α ρ arte

Y 1 Τ A DI L I Ρ Ρ C) PITTORE
F
I Q R E Ν Τ I Ν Ο.

» E Μ Ρ il E ìli tenuta, e farà là iniienzione Madre veriffima^
deli' AreBitettura,,della Pituira, e della Poeiia ; anzi pure cii
tinte le migliori Arri > e di tutte le cofe maraaigliofe , che da
gl'huomin! fi fanno·: perciGche ella gradifce gli Artefici mol-
to e di loro moitra i ghiribizzi, & i capacci de'fantaftichi
cerueliij che
trouano la vaneià delie cofe. Le nouità dell^^
qualiefairano feropre con marauiglioilr lode rutti quelli,
che
inco^èhonorateadòperandofi, con ftraordinariabellezza danno forma, iotto
coperta
r e velata ombra s alle cofe > che fanno, tallora lodando altrui con de-
prezza; etaluolra biaiiimando ienza eflere apertamente intefi. Lippo diinquc^^
^ " Pittore

laamione
^adre idle^'
0rtt migliori e'

4i tHUì le C<h·
fetRéém'-ifgiìo'-
fi rendi grati
gli Artefici^
Jur la varie'
t», β nmità-
ét'mpì'iccì.

-ocr page 231-

VITA DI L Ϊ Ρ Ρ Ο. Ϊ4Ϊ

Pittore Fiorentino, che tanto fò vano,e raro nell'iniienzionei quanto furono ve- Ijp^o β
ramente infehd l'opere fue, e la vita, che gli durò poco: nacque
m Firenze intoc- *

noag'iannidinoftrafalate 1354. eie bene fimifeaU'arte della Pittiiraaflaibe^ 'J,
ne, tardi, e già grande, nondimeno fò in modo aiutato dalla natura. Che a cio 1 xn-' ^
clinaua, e dall'ingegno che haueua belUirimo; che prefto fece in elia tnarauighoh
frutti: percioche cominciando in Firenze i fuoi lauori, fece in S.Benedetro gran- ^^^^^^

e bel Monailerio fuor della po«a a Pinti,dellOrdine di Camaldoli,>hoggi vo" mtura,e ΑάΙΙ '
uinaro, molte figure» che forono tenute belliffime; e particolarmente tutta voaL^ ingegno.
Capelli di fiia tnano » che moftraua quanto vn follecito ftudio faccia toftamente tta; wjmU ·
fare cofe grandi, a chi per defiderio di Gloria honoratamente s'affatica Da Fi-
uovo fu cono-
renze eiTendo condotto in Arezzo nella Chiefa di S.Antonio alla Capella de'Ma-
gi, fece in frefco vna ftoria grande , doae eglino adorano Chrifto, & in Ve.eoua-
do la Capella
di S.Iacopo, e S.Chriftofano, per lahmiglia de gli Vbertinr i^L^
quali tutte cofe, hauendo egli inuenzione nel comporre le ftorie,e nel colorire^ φ^Λ per
furono belliiTiinei e maiTimamente, eiìendo egli ftato il primo, che cominciaiie Sonore»
a icherzare, pei dir cosi con le ficore, e fuegliare gli animi di coloro, che furono
Opemcon iel-
iJopo lui, la qual cofa manzi non era Rata, non che mefsa m vfo, pure accennata. f^' Jlf '
Hauei.do poi moke cofe lauorato in Bologna ; & in Piftoia vna tauola , che fa ra- P»
gioneuole, fe ne tornò a Firenze, doue m Sanra Maria Maggiore dipinie neJla.^ rt'J e per ^or
Capella de'Beccundi l'anno 13 8 5. le ftorie di S.Giouanni Euangehita·. Allato al- -f
la quale Capelia, che è a canto alia maggiore a man furiilra , feguitano nella fac- ^^^ ^ψι j,.
ciata delia Chiefa di mano del raedeiimo, lei ftorie del medefimo Santo, molto
fchtr\are del'
ben compofte , & inf^egnoiamente ordinate ; doue fra l'altre coie, e molto viua- le figure,
mei Ite efprelìo va S.feiouanai, che fà mettere da S.Dionigi Areopagita , la vefte Hiftcrh bm
di fe flefso. fopra alcuni morti > che nel nome di Giesù Chrifto rihanno la vira con tmpo^^^, ϋ".
XTioka marauiglia dalcuni, che preienti al fatto a pena il credono, a gli occhi loro

iredefimi. Così anche nelle figuiede'morti fi vede grandiffirao artifizio malcu-

gU Ang^i, & il San Giovanni di riiieuo di mano d'Andrea, ne 1 quah 1 uoro
tempera moko diligentemente Hlone di San Giouanm Batt.fta. ^
etto anco di lauorare di Mufaico.neldmo S-Giouanm fopra la poiche va al- MH^m,
la Mifericordia, fra le fineftre , fece vixprineipio ,che fu tenuto beiliitoo, e l&^
migliore opera di
Mufaicov che in qud luogo fino allora fulie (tata fatta ; e rac
conciò ancora alcune cofe , puve'di Mufaico . che in quel Tempio erano guaUe.·
Bipinfe ancora flìor di Firenze in S.Giouanni fra i'arccra foor della porta a

che fo .ouinato per l'affedio di detta Città,allato a ^^na Paffi^e ώ Chn ο tat-
taBuffahnacco molte fi^-are a iieico.che furono renuce belhiiime da ctoche
le
vide . Lauorò inanimente a fiefco in cepi Spedaietn della porta a Faenza, & ^^^

beiliiTime maniere^ 6c attitudini,e rientro nelChiofiro iece con bella, e niioua^

inuenzione vna vifìojie, nella quale figurò, quando S. Antonio vede 1 lacci dei

tnondo,&; appreilo a qx^eiU la volontà,e gli appetiti de gh huominische fono daìl
vna,e da gii akri tiratj^alle cofe diuerfe di quello mondo, i! che rutto fece có mol-- duio.
ta confiderazione, e
giudicio , lauorò ancora Lippo cofe di Mufaico in moki lue-· Mm Imrn
ghi dlialia:e nella pane Guelfa in Firenze fece vna
figura cò la tefta inuetriata5& 4yun}»m,

in

-ocr page 232-

142' ρ R I jvi A ρ A R τ E

iii Fifa aiicora fono moke cofe fue. Ma nondimeno fi può cia-e> che egli
veramente jnfeiicejpoiche non folo la maggior parte delie fatiche iue fono hog-
gi per terra » e nelle romne dell'aisedio di Firenze andare in perditione : ma an-
cora per hauere egli molto infelicemente terminato il corio de gli
anni fuoi»
concjoilache eisendo Lippo periona litigiofa » e che più amaua la diTcordia » che
la pace ; per haaere vna mattina detto bruttilTime parole a vn fuo auuerfano > al
Tribunale della Mercanzia^ egli fafse vna fera * che fé ne tornaua acafa da colui
appoftato, e con vn coltello di maniera ferito nel petco > che pochi giorni dopo
lUiferamente fi morii Furono le fue Pitrute circa il M. CCCCX-

Termini Ja

mt^ infelice'
fttente , e per
ejfet 'litigtofo
fìiammAiza"

ne.

Lippa ΏλΙ-
marfi Pittor
Βοίΰ^ηφ ifite
£j>erè, e qmli·
fa di difegno.

Fù ne i raedefimi tempi di Lippo in Bologna > vn'altro Pittore chiamato fimil-
mente Lippo Dalmarfi, il quale fit valente hiioaio» e fra 1 altre coie, dipinfe, co-
me fi può vedere in S. Pecronio di Bologna , l'anno 1407. vna Noth'a Donna_j»
che è tenuta in molta venerazione: & in frei co l'arco l'opra la porca di S.Procolot
fi nella Chiefadi S. Franceico nella Tribuna deli' Aitar maggiore fece vii>j
Chrifto grande in mezo a S.Pietro, & S.Paulo, con buona grazia,
maniera. E fotto quefi:a opera fi vede fcritto il nome fuo con let-
tere grandi^ Difegnò coflui ragioneuolmente, come fi può
vedere nel noftro Libro^ Et infegnò l'arte a M.Galan-
te da Bologna, che difegnò poi molto meglio,
.come fi può vedere nel detto Libro in vn_^
ritratto dal vino con habito corto,
fi le maniche

gozzi.

Il Fine delia Vita di Lippo Pittore Fiorentino.

VITA

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145

VITA DI DONI LORENZ^O.
β

^ϊΤΑ DI DON LORENZO MONACO DE GLI
ANGELI DI FIRENZE, PITTORE.

Vna perfona buona , e religiofa , credo io, che fia di gran con-
tento
li rrcuadi alle mani qualche efercitio Bonorato, ò di
Lettere, Ò di Mufica, ò di Pittura, ò di altre liberali, e ra e-
chaniche
arri, che non fiano biafimeuoli ; ma piùtofto di vti-

a gli altruiuomini, e di giouamenro : percìoche dopo i Di- "Λ^^
«mi Vffici, fi palla honoraramente il tempo, col diletto, che
farùene il te-
af^»iucne che η nelle dolci fatiche de i piaceuoli efercitij ^ A che fi po e viuere

Snon fi -no Tm ^ ftimato, e tenuto in pregio da gli altri, folo, che ìnm-feni» moU.

^ mentre rcheviue:'ma che ancora è dopo la roortcji^'®·
da.rutti gli huomimhonoratoi per l'opere.· e buon, nome, che di lui tcfì a co-
loro ,

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144 ρ r i μ a ρ a r τ e

loro, che rimangono. E nel vero chi difpenfa il tempo in quella maniera » ville
in
quieta contemplatione, e fenza moleftia alcuna di qtie' ftimoìi ambitioiì, che
ne gli fcioperati, & otioiì j che per lo più fono ignoranti » con loro vergogna » e
danno quafi iempre
veggiono. E fe pur auuiene, che vncosi fatto virtuofo ci
i maìigni-fia tallora percoflo , può tanto il valore della virtù , che il tempo ricao-
pre, e ibtterra la malignità de' cattiuij & il virtuofo ne' fecoli, che iuccedono> ri-
2>. Lorenzo mane femprc chiaro i & illutlre. Don Lorenzo dunque Pittore Fiorentino, ef-
.attefe conflH' fendo Monaco della religione di Caraaldoli, e nel Monaiierio degli Angeli: II
MoaHifdgm, qual Monafterio hebbe il Tuo principio Tanno 1194. da FraGuittone d'Arezzo
deirordine> e mihtia della Vergine madre di Giesù Chrirtoj oueroj come volgar-
mente erano i religiofidi quell'ordine chiamati de'Frati Gaudentjrattefe ne'fuoi
primi anni con tato ftudio ai diTegnoi & alla pittiirajche agii fù poi menramente
Sutilamri, in quello efercitio, irà i migliori del]'età fua annouerato. Le prime opere di que-
fto Monaco pittore, il quaie tenne la maniera di i addeo Gaddi, e de gl'altrj iuoi»
furono nelfuomonaflerio degli Angeli; doue, oltre molte altre cofe dipinfela
tauola dell'Aitar magg ore s che ancor'hogg? nella loro Chiefa ii vede. La quale
fù porta sù> iìnitadel tutto,come per lettere |ì;ritte da bailo nei fornimento fi può
vederé l'anno 1413.. Dipinie iìmilmente D.Lorenzo in vna tauola j che era nei
monafterio di S. Benedetto del medefimo ordine di Camaidoii> fuor della porta a
Pinci , il quale fùrouinatoi per l'aliedio di Firenze l'anno 15x9. vnacoronatione
di Noilra Donna , fi come haueua anco fatto nella tauola delia iua Chiefa degli
Angeli; la quale tauola di
S. Benedetto è hoggi nel primo chioR-ro del detto Mc-
iierio de^li Angeh nella C3peIladegI^Albcι■ti a man otta Jn quel medefimo tem·
Dlpinfeìn vìm pQ^ g fojfij prima , in S. Ttinjtà di pjrenze, dipinfe a frefco la Capell/i, e la tauola
ΐΛΗοΙα Dan ^ggji /i^j-dinghelli, che in quel tempo fù molto loda' n , doue fece di naturale il ri-
tratto di Dante, e del Petrarca. In S. Pietro maggit re dipiniè la Capella de' Fie-
rauanti: & in vna Capella di S.Pietro Scheraggio dipinfe !a tauola. E nella detta
Chiefa
di S. Trini à la Capel.'a de'BarroIini ."in S. Iacopo fopra Arno fi vede an-
co vna tauola di fua mano molto ben ìauorata , e condotta con infinita diligenza»
fecondolamanieiadique'tempi. Similmente nella Certoia fuora di Firenze»
dipinfe alcune cofe con buona pratt ca ;
Se in S. Michele di Piia, monafterio del-
l'ordine fuo, alcune tauole,che fono ragioneuoli. Et in Firenze nella Chieia de'
Romiti, pur di Camaldoli, che hoggi, eiiendo roii nata infieme col monallerio,
ha di
lafciaro folamente il nome a quella parte di là d'Arno, che dal nome di quel
ianto luogo, fi chiama Camaldoli, oltre a molte altre cole, fece vn Crociiìilo
tauola 5 & vn S. Giouanni,chefurono tenuti bellifhmi. ^Finalmente mfermatoiì
à vna poilema crudele,, che lo tenne opprefso moki meij s iì mori d'anni 5 5. e fò
da fuoi Monaci,
come le fue virtù meritauano hoùoratamente nel capitolo del
loro monafterio Ìotterrato.

E perche fpefso, come la fperienza ne dimoftra, da vn folo germe, col tempo,
mediante lo fludio , & ingegno degli huomin!, ne iorgono molti ; nel detto ino-
/c Λ
f,gtiirU nafterio degli Angeli, doue fempre', per adietro artci'ciO i Monaci alla pittura,
Biitura,
gj <jjfegno, non fo!o il detto D. Lorenzo fiì eccellente in frà di loro ; m i vi fiori-
Jafopo ancora per lungo fpatjo d: moki anni, e prima, e poi huomini eccellenti nei-
ffrhierT" di 'ecofedeldifegno.^OndenonmiparedapaìIare inniun modo conhlentiovn
iUns'grofft - ^"icopo Fiorentino, che fù molto inanzi al detto D. Lorenzo, percioche,,come
* fù Qttimo, e coftumatiifimo religipfo , coni fù il mjglior fctictore
di lettele grolle»

^ che fafse prima, ò fia flato poi, non folo m Tofcana > ma in tutta Europa, come

chiara-

te, eV iettar
i λ,

Sua infimità
e morte,

tfieritn'^si
éntro ducè iv-

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vita di d. lorenzo. 145

chiaramente ne dimoflrano, non (olo i venti pezzi granciiffimi di Libri da Coro,
che egli lafciò nel fuo Monafteno,che fono i più belli, quanto allo fcntto,e ma g-
giori, che fiano ferie in Italia : ma infiniti altri ancora , che in Roma, & in Vine--
zia, & in molti altri luoghi fi ricrouano >e maflìmamente in S. Michele » & in S.
Mattia di Murano , Monafterio della fua Religione Camaldoienie. Per le quali
opere meritò quello buon padre» moki, e moki anni poi, che fu pailatoa miglior
vita, non pure, che D.Pau
ο Oilandini,Monaco dottiiTimo nei medefimo Mona-
fterio, lo celebrade con moki verfi latini; ma che ancora fuffe, come è la fua man
dillra, con che fcriile i detti Libri, in vn Tabernacolo fecbata
cor ntoka venera- Ft/sempsiis
zione^ infieme con quella d'vu'akro Monaco, chiàmaco D. Sililiftco, il quaje non
per la, virar
meno cccel{«ntemente,per quanto porco la con-JizOne di que'cempijmimò i det- delfudem.
ti Libri, che gli hauede fcritco D. Iacopo. Et io, che moke volte gU ho vedati» ,
refto marauigliato, che fuilero condotti con tanto difegno, e con tanta diiigenza, '".'^Γι^ε
in que'cempi,che cucce l'arti del difegno erano poco meno, che perdute: perciò- ,

che furono l'opere di queftì Monaci intorno a gli anni di noftra falute χ j 50. e po^ di/egm,
co, e prima, e poi, come in ciafcuno di detti Lòri fi vede. Dicefi, & ancora alca-

ni^vecchi fe ne ricordano, che quando Papa Leone X. venne a Firenze, egli \^oÌle
vedere , e molto ben coniìderare i detti Libri, ricordandoiì hauergli vdito moko

lodar

z.Q Mjig.Lorenzo de' Medici fuo padre : e che poi, che gli hebbe con atren- diCecm x.
rò TiJ^'^r Γ ammiL-ati, mencie ilauano tutti aperti fopra le proipere del co- jhpra certi Li.
yù\Lt·
ie fufiero facondo la Chieia Romana, e noa, come fono, fecondo Tordi- l^ri fermi da,

JxcmOt

Ìjii^Angeii moki ricami antichi, lauorati con moko bella maniera,e con molto di-
gno,
da 1 pa Jri antichi di quel luogo, mentre ftauano in perpetua cìaufura, col Ricami ίαπβ·
ome, non di Monaci, ma di Romirì, fenza vi'cir mai del Monafterio, nella guifa, rm da <*lm
cne tanno le Suore, e Monache de'tempi noflri. La quale claufura durò iniìno Monaci, wen.
anno 1470.
Ma per tornare a Diorenzo, iniegnò coilui a Francefco Fioren- tre ft^^nam m
1 qual ^ ^^^^ -j x^^ernacok), che è in fui canto di S.Maria

capo alla ^

icepolo, che fir^-
^^pciladiRuti

" «va^ ' di chiaro fcuro , con'buon difegno , e bella , e

che fono per auuentura migiioi'! ,-che idi-
^ voglia altro MacRro di quc'rempi. Fii ragioneuo-
^Jpinioie ne' tempi
di D. Lorenzo Antonio Vite da Pi-
il qualdipinfe , oltre moke akre cofe come s'è

Ideilo Stamina ; nel palazzo del Ceppo di
i rato, la vita di Francefco di Marco?
Pondatore di quel luo-
go P io «

"^ΙΊΑ

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14^ R I Μ Λ PARTE

VITA DI TADDEO Β A R χ q L 1

PITTORE.,

iE RITA Ν Ο quegli Artefici >ciie perguacfagnariTnomc^·
' fi mettono a moire làtiche ; nella Pirtura » che Topere loro Ha'
no polle % non in Inogo oicuro > edifonorato ?
onde fiano da-.»
chi non incende più là » che tanto biafimare. Ala in parrc^J"»
che per la nobiltà del luogo peri lumi, e per l'aria poiìano
eflere rettalTìente da ogni vno vediite, e confidèrate ;-comc^

èftata , & èancoral'operapublicadeltaCapella,.che Taddeo

BàrtoIrPìrGoiiSanefe vfccetaèl palazzoni Siena alIaS:gnoria.Taddeodunqiìe_^
nacque di Barcòlio^di Maeliro Fredij: Il quale fù Dipintore neiretà fuaraedicr
cce j^e cfipiafeiniSàrx?Gjiraigpano nella] Pieuei. entiando a. man, finiftra tutta--^

la

tueni maefin
/kmno tfftr
pofle tn iuog»>
nobile ptrilu-.
m, é^arta,.

THàdte> mS'-
f!»edi:Bitrtol»
l'rtdi. eitt^f
medmrt».

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VITA DI TADDEO BARTOLL 147

tak facciata d'iuftone del Teilamento Vecchio. Nella quale opera, che in vero
non fu molto buona, fi legge ancor nel mezo quefto, Epitaffio. Ann. D. 13 5
Bartolus Magiflri Fredi di Senis me pinkit. Nel qua! tempo b.logna, che Barto-
lo fufle giouane, peixhe fi vede in vna tauola fatta pur da lui l'anno 1588. iii-Λ
S.Agoftino della medefima Terra, entrando in Chiefa, per la porta pruxmale , a
man manca » doue
è la Circoncifione di ΝοΛιό Signore con cera Santi ; che egli
hebbe molto miglior maniera così nel diiegno ,corae nel colorito, percioche vi
fono alcune teite aisai belle : fe bene i piedi di quelle figure , fono della maniera
antica
. Et in fomma Π veggiono molte altre opere di mano di Bartolo per qu^' ^

paefi. Ma per tornare a Taddeo efsendogh data a face nella ί ua patria, come fi è f^^'llT^f
detto,la Capella dei Palazzo della Signoria,come al migliorMadtro di que tem-
pij ella iù da lui con tanta diligenza lauocata, e rifpetto al luogo, tanto honorata, ^^^^^^^ ^^^ ^
e per sì fatta maniera dalla Signoria guiderdonata, che Taddeo n'accrebbe di ^^^^^

molto la gloria, e la fama fua ·, onde non folamente fece poi, con fuo molto ho- fftoUo vtHete
nere j & vcile grandiiTimo, moke tauole nella fua patria » ma fù chiamato coii-^ re^tatìm*
gran bnore,e ά mandato alla Signoria di Siena da Franccfco da Carram Signor di
Padoa; perche andaiie> come fece, a fare alcune cofe in quella
nobil.ffima Citta:
t^oue nella Rena particolarmente, e nel Santo lauotò alcune tàuole, & altre cole
con molta diligenza, e con fuo molto honore, e fodisfazione
di quel S!gnore,e di
tutta la Città Tornato poi in Toicana , iauorò in S. Giraignano vna tauola
terepera, che tiene della maniera d'Vgolino Sanefe, la qual tauola è hoggi dietro
all'Aitar mapsiore della Pieue, e guarda il choro de'Preti.
Dopo andato a Siena;
non vi drniorò molto, che da vno deTanfranchi, operaio del Duomo fu chiama-
lo a Pifa ;
doue trasfetitofi, fece nella Capella della Nunziata ritratti

Madonna fagUe i gradi del Tempio, .douein capo il Sacerdote l'afpetta in Ponti- ^^^^^

& apprello a quello fe fteflo. Finito quefto lauoro il medefimo operaio gl. iece
^'Pgnere ui Campo Santo fopra la Capella, vnaNoftra
Donna incoronata da^
Giesù Chnfto, con molti Angeli in attitudine belliiTime, e molto ben coloriti.
Fece Umilmente Taddeo, pei la Capella delia Sagreftia di ^ncefco di Piia, m
vna tauola, dipinta a tempera, vna
Noftra Donna, & '

fuo, e l4nno ch'ella fò dipinta,che fu anno 1394. ^^
defimi tempi, la«o.:ò m Volterra certe tauole a tempera, & π Monte Olmeto
V'u tauola ·, E nel muro vn'mferno a frefco, nel quale fegur 1 muenzione di Dan-
ti, quanto attiene alladiuifione de'peccati,e forma delle pene. Ma nel litoo non
ieppe, ò non potette, ò non volle imitarlo. Mandò ancora in Arezzo vna tauola, ^
che^è in S. Agoftino, doue ritraile Papa Gregorio XI. cioè quel ο, ^^ Χ /.

re (lata la Corte tante decine d'anni ui Francia, la ncorao in Λ^tinto dd

opete, rkornatofene a Siena, non vi fece molto kinga f-

a/auorare aPerupip nella Chkfa di S.DonVenico, doue nella Capella di ò. Catte-
nna,d.pu.fe a ftef ^ 'ji eli. Santa,& m S.Franceico a canto aHa porta

deHaSagrea>a,alcun.e iìgut:le quali,ancor che hoggi poco fi difcernino, ionico-
nofciute p.r dj ^ano dfrll^.o.Ì.nendo esì. tenuto fempre vna maniera mede- f^Z^J^"^
""" ~ ammazzato . ^

lente attefe in ^rte

nel fjre ma fi ^ P®^' aircuu, υ ucguj^cuza, cne metteiie mefstodiίφ-

nel iaie, ma h bene per mddpofinone d'va male opilatiuo, che Pafiaffinò di ma- ^

Τ

nieraj

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iz,a prima parte

niera j che non potette confeguire pienamente i! fuo defiderio, Morì TaddfOj
haaendo infegnato l'arte a vn fuo Ni'pcre, chiamato Domenico, d'anni E le
Pitture fue iurono interno a gli anni di noftra fahite 1410. Laiciò dunque» come
Π è detto, Domenico Bartoli fuo Nipote, e difcepolo, che attendendo all'
della Pittura, dipinfe con maggiore, e migliore prarrica : E nelle fiorie, che fece
moiirò molto più copiofità, variandole in diuerie cofe » che non baueua fatrc il
Zio. Sono nel pellegrinario dello Spedale grande di Siena, due flOrie grandi la-
uorare in frefco da Domenico, doue, e proipettiue, & altri ornamenti il veggio-
no aliai ingegnofamente comporti. Dicefi eiTere (lato Domenico modefto 5
gentile, e d'vna fìngolàre amoreuolezza, e liberahiTìma corteiìa. E che ciò non.^
fece manco honove al nome fuo, che l'arte ftefsa della Pit ura. Furono l'opere di
coftui intorno a gli anni del Signore 143 6,e l'vltime furono in S.Trinità di Firen-
ze vnatauola jdentroui la Nunziata: E nella Chiefa del Carmine la tauoia dell'
Aitar maggiore.

Sh0 mertt.

Inftgnò Λ De'
genico Bari Φ
U fuQ Nipete.e
quefio dtpinfe
ton miglior
pratticaìfàfe

cendo,vxrioép

indegnofo ne'
ttm^nimtntit
$ml( ornare.
TU gentile,
fnodtfle,eli'
hr/fle.

Alu^w» ài
fortugallo
fitiore,
Taddsò àife·
gnl prmicth'
evenfe*

Fù neVnedefimi tempi, e ^uafi delia medefìma maniera , ma fece più chiaro
il colorito, e le figure più baffe, Aluano di Pietro di Portogallo, che in
Volterra fece più taiiole, & in S. Antonio di Pifa n'è vna, Se in al«
tri luoghi a tre, che per non efsete di molta eccellenza, non
occorre farne altra memoria» Nel noftro Libro è vn»_ji
carta diiègnata da Taddeo molto pratticaraente,
nella quale è vn Chrifto, e
Angeli, &c.

VITA

fini della n^ka di Tadde&^amli^ φζ^

-ocr page 239-

VITA Di LORENZO BICCL ϊ49

VA Ν D Ο gli huomini, che fono eccellenti in vno qtial fi vo-
^lia honorato efercizio, aceopagnano la virtùdeli'operare, con ^^ άφφ^'^^
a gentilezza de' coftumi ρ e delie buone crreanze, e parcicolai- ^^ '

mente con lacortefia, feiuendo chiiinchehà bifogno dell'epe- β^^ g w/fwije-
ra loiOprefl:O3& volontien:Eglinaienza:alei5nfalloGonfegno-
ri.

certo modo 1 "" con molta loae lorojc cuu vutoiunu ^jucnujLae u- può in vn Lcren^o me
rentino
il au Mondo defiderare. Come fece Lorenzo di Bicci Pjttor Fio- »» finsie

minciJ^ ^ »ato in Firenze l'anno 1400. quando apunto l'Italia co- /«

termme fò ooffi guerre, che poco appreflo la cenduiìono a mal ^^^ ;f

dÌSna ' iAuoniffimo creditctpercioche hauendo fotte là '

ra hebS FI?' ' conumi,edaSpinel]o Pàtere apparato l'arte della Pntu- fZ)
ra,hebbe fempre nomc.ncn folo di ccÌilPittorcma di cortcfiffimca. Boncratc tZ

KelhftrMfie-

' 0 i'u

valen'

-ocr page 240-

Ijo ρ R Ι Μ A ρ A R τ E

Glommtto valente hiiomo. Hauendo dunque Lorenzo cosi giouinetto fatto alcune opere
^fcitù lumri a ftefco in Firenze, e fuora per adeitrarii, Giouanni di Bicci de'Medici, veduta la
fiT li ville a bjQna maniera ina, gli fece dipigner nella iala della cafa vecchia de'Medici, che
'ftrlirÌ/ f P*^' ^ Lorenzo Fratel Carnale di Cofimo vecchio, murato » che fu il palazzo
citlrèu f's gi-'^'ide , tutti quegli huomini faraoil ) che ancor hoggi aliai ben conferuati vifi
Hudio per far veggiono, La quale opera finita 5 perche Lorenzo di Bicci difideraua, come an-
éuom fratti' ^^^ fanno i Medici, che fi eiperimenrano nell'arce loro, fopra la pelle de' poueri
huomini di Contadoi efercirarfi ne'fuoi ftudi della Pittura> doue I.; cofe non fono
£osì minutamente confiderace> per qualche tempo accettò tutte l'opere » che gli
vennono perle mani, onde fuor della porta a S. Friano dipinfe al ponte a Scan-
diccii vn Tabernacolo nella maniera, che ancor hogg fi ve ie. Ec a Cerbaia iot-
to vn portico, dipinfe in vna facciata, in compagnia dVna Noilra Donna , moki
Santi aflai acconciamente. EiTendogiipoi dalla hmiglia de'Martini,fatua alloga-
zione d'vna Capeila in S.Marco di Firenze, fece nelle facciate a frefco moiré fto-
rie della Madonna, e nella taiiola ella Vergine in mezo α nioln Santi; E nella me-
defiraa Chiefa, fopra la Capeila di S..Grouanni Euangeliiìa delia famigiia de'Lan-
dii dipinfe a flreico vn'Agnolo RaSaello, e Tobia. E poi l'anno 1418. per Ric-
ciardo di M.Nicolò Spinelli, fcce nella Eicciara del Conuento di S. Croce in su la
piazza in vna (Iona grande a frefco, ν η S. Tomafo , che cerca la piaga a Giesù
Chrifto, òc appredojiSdintorno a lui tutti gli altri Apoftoli,che nuerencì, 6c itige-
nocchioni danno a veder cotal cafo. Et appreso alla detta ftoria, fece fimilmente
Figurit^rmde a frefcojvn S.Chriflofino alto braccia dodici,e mezo, che è cofa rai-a;perche infi-
4i vn Chrim no allora,eccetto il S.Chriiiofano d; Buffalmacco, nò era ftata veduta la maggior
fiofho, Imo- figura, ne per cofa grande, fe bene non é di buona maniera, la più ragioneuofe, e
ratét coììi/rat- p,^^ proporzionata imagine di quella in tutte le fue parti; fenza,che l'vna,e l'altra
Ma, e confer-- ^^ quefte Pitture furono lauorate con tanta pratc:cii,che ancora,che fiano ilati all'

' ^ P^'··'^^'^^ P'oggi^ ' ^ tempefta, per eiTef volte a tra-
sse
detterà- montana, non hanno mai perduta la viuezza de'colori, ne fono rimaie in alcuna
pL· delia ir»" parte oiieie. Fece ancora dentro la porta, che è in mezo di quefte figure,chiaraa-
montana, ta la porta del Martello, il medefimoLorenzo a richieda dei detto Ricciardo , e
del Guardiano del Conuento, vn Crocififìo con molte figure: e nelle ficciate in-
torno la confermazione della regola di S.Francefco fatta da Papa Honorio,& ap-
preiso il Martirio d^ìlcuni Fr,ati di quell'Ordine , che andarono a predicare la Fe-
Ritratù dì. i^e frà i Saracifii- Ne gli archi,e nelle volte fece alcuni Rè di Francia Frati,ed uo-
uerfidelmttt' ti di S.Francefcoje gli ritraile dj naturale: e così molti huomini dotti di queli'Or-
r»lt, ■ * dineje fegnalati per dignità,cioè Vefcoui, Cardinali, e Papi. Infi-à i quali fono ri-
tratti di naturale in due tondi delle volte, Papa Nicola IV. Òc Aleflandro V. Alle
Varietà de- quali tutte figure,ancorche facefse Lorenzo gli habiti big ,gli variò nondimeno,
snit, cattfat» per la buona prattica, che egli haueiia nel lauorare,di maniera, che tutti ionofrà
dabuonitprat. Jorodifferenti,alcuni pedono in roiTìgno,altri in azuriccio,altri fono icuri,& altri
TrL· ^rn^m' chiari: &c in fomma fono tutti
varTj, e degni di confiderazione : e quello che è
rar t mie- pj^^Q ..^i^g^^i^e f^^g q^gi-^'^pef^ tj^nra facilità, e preftezza, che facendolo vna

operaua ce» chiamare il Guardiano , che gli faceua le fpefe, a deiinare , quando apunto
faciiitàtepre* haiieua fatto l'intonaco pervna figura,e cotninciatalajegli rifpofe fue le fcoJelle,
fl^l^a, ch'jo faccio q leda figura,& vengo. Onde a gran ragione fi dice,che Lorézo heb-
betaut^ v.-locicà nelle mani, tanta prattica ne'coIori,e fii tanto rifoluto, che più
non fu nmn'altro giamai. E di mano di codui il Tabernacolo in frefco , ch'è in fui
Alcttne 0ptre canto delle Monache di Foligno,e la Madonna, & alcuni Santi, che fono fopra la
fiis. porca della Chiefa di quel Monaderio frà i quali è vn S.Francefco, che fp ofa

po.

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VITA DI LORENZO BiCCL ι Si

pouertà. Dipinfe anco nelÌ^ Chieia di Camak'o, : di Firi ζ ^per !a Compagnia de'
Marcici alcune 'ione dei Martirio d'alcuni Santi. e
mìb Ch.eia due Capelle^ che
mettono m mezo la Capella magaiore.Et perche quefte Pitcurt piacqueio ailai a
tutta la Cutà vniueriah-nente, c i
Ri dopo, che l'hebbe finite,data a djpgnere nel·
Carmine,dalla famiglia de'Salnearjni.b quale è hoggi quafifpenra.non eflcndo-
ne,ch^iO (app a,al n,che vn Frate .^e gli Angeli di Fuéze,chiamato Fra Nemefi^o,
buono,e coftainatoReli'^io^b.vna facciata delia Chiefa del Carmmejdotre egli fe-
ce . Mairin, quando,edendo condennari alla mene,fono fpogliati nudi,e ben ca-
mbiate icàlzi fopra triboli, ferainati da i
miniffri de'Tiranni, mentre andauanoa.
eller porti in Croce : si come più in alto fi vegg-ono eiTer po^i m vane
> e ftraua- DìnerStk àt
ganti attitudini. In quefta opera,la quale,fu lVraaggiore,che fulk ftata fatta infi- φαΐ cfpnffi
no allora,a vede fatto,fecondo il fapere di que'cempi, ogni cofa con molta pratn- fS mdtnpn.u
ca,e difegnoiedendo tutta piena di qucfti artetti; che fa diueriavnente far la naiu-^
ra a coloto,che có violenza fono fatti morire.Onde io non mi marauiglio/e molti ^^ ^^^^^.
valenti huoraini, fi fono fapiuo feruir d'alcune cofe , che in quefta Pittura fi veg» ^^^^^.
giono. Fece dopo qaeiìe nella raedefìma Chie'a, molte altre figure,^e particolar-
mente nel tramezo due Capelle . Et ne'medefimi tempi il Tabernacolo del canto-
^Ua Cuculia,e quello, che è nella via de'Martelli nella faccia dellecafe r e fopra la
'orta del martello di Santo Sp:riro,in frefco vn 5. Agoftino,che porge a'fuoi Frati 4t

a regob. In S. Trinità dipinfe a frefco la vira di S. Giouanni Gualberto nella Ca- Nicoio tiaVl'
pella di Neri compagni. E nella Capeila maggiore di S.Lucia, nella via de'Bardi,
alcune ftorie in frefco della vita di quella Santa, per Nicolò da Vzzano, che vi fu Loren^e^-'erff
d?· lui ritratto da naturale, iniìeme con alcuni altri Cutadmi. Il quale Nicclòcol ^/JJ^f^
patere, e modello di
Lorenzo,murò vicino a detta Ch^fa il fuo pala«zo:& ύ ma-
gmficoprincipio per vna fapienza,ò vero ftudio,ftà il Conuento de Serut^ quel-
lo di S.Marco,cioè doue fono hoggi i lioni. La quale opera, veramente lodeu^
mclì dar^'
liffima, e più tofto da magnanimo Principe, che da prillato Cittadino, non hebbe degno di
« filo fine:perch'> i danan^he in grandiiTima fommaNicolo lafcio in lui montedr ff>e}»<irta. _
Rrenzcper la fabnca , e per l'entrata di quello ftudio forono in alcune guerre,-o Ch^^
aicri bifogni della Città confumati da i Fiorentini. E fe bene non potrà mai la for- J %

tuna ofcÌrare la memoria,e la grandezza dell'animo d. Nicolo da ZltT^I

però,che l'vniuerfale da non fi eiTere finita quefta opera, non riceua danno gran- ^^
^iTimo. La onde.ch. difideragiouare in fimili modi al
mondo,elalciare di le ho- ^

lìOvata memoria faccia da fe mentre hà vita>e nonfifidi della tede de poUen,e de fi fi^i ^^
gli heredii. perche rade volte fi vede hauere hauuto effetto intetamente,-coIa, che pofieri.

fi fialafciata, perchefi faccia da ifueceirori,MarornandóaLorenzc,eghdip)nie, sp^daU d, S.·

N.D.Ì ce tTsanr rllSono ra-ioneuoluNe moltodopo, effendo Ser Michele Fjre^ da

di FruoiSo sXto Nuoua di Firéze.ilqile Spedalehebbe pin-

ciFo da Ζ ^

te le f^colràdello Spedile,.che cosifmTe accrelciuta la ara^Chie{a:ded.cata a S.E-
gidicj cheaUoraev-a fuor di Firenze,e picGiolaaSatto-Onde, prefone configlioda
Lorenzo di Bicci fuo aimicifTimO cominciò^a dì f.di Settem. 1 anno r4r8.ianuoua confecram d^
Chiefarlaqiialefùinvn'inno finita nei modo ch'ella ftàho0..E poi con fe grata Ktamm v.
iòlennemente da Papa ìvìartino V.a richi'efe di detto Ser Michele,chefù Ottano c^e β i»
Spedalingo; e de gli huomini dèllafamiglia de'Porrinan . La·quale fagrazionedi- φ» ο

pinfe poiLorenzojCome vuole Ser Michele, fiella:facciata di quella Chiefa,rirra^
endòu dì naturale quel Papa, & alcuni Card. la quale opera , come cofa
nnomve
bella, iii allora meiiolodata.· Onde meritò d'eisere il primo,che dipignefse nel-
la ^rio-'

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ijx ρ R i Μ A ρ A κ τ E

la principale Chiefa delia fua Cictà; cioè in S.Maria dai Fiore, doue fotto fe ffne-
ftrediciafcLinaCapenadipinfeqtiel Santo, al qualeeiic inticolata, cneipiia·.
iiri poi 5 e per la Citiefa dodici Apoiloii con le Croci della coafegrazione » eisen··
do quei Tempio (lato folenniirimamente quello fteiso anno coniegrato da Pap-
Eugenio IV. Viniz^ Nella medeiìma Cliiefa » gli fecero dipignere gii opera » psc
ordine dei publico nel muro a frefco, vn depoiiro Eneo di marmo, per memora
dei Cardinale de'Corlìnijche iui è Copra la cafsa ritratto di narurak. E fòpra quel-
le vn'altro iìtTiile,per memoria di M. Luigi Marfilii famolìffirao Teologo» il qua-
le andò Ambaiciacore con M.Luigi Guicciardini, e M. Cuccio di Gino, lionora-
tifFimiCaualierijalDucad'Angiò. FùpoiLouenzocondotto in Arezzo daD·
L mi-crino Abbate di S.Bernardo Monailero dell'Ordine di Monte Oliuerodoue
tiipinfe , per jV(. Carlo Mariupini a fre(co l'iiiiloria della vita di
S. Bern. nella Ca-
pelia maggiore.Ma volendo poi dipignere nel cluoièro dei Conuento la vita di S.
Benedetto} poi dico, che egli hauciie per Francefco vecchio de'Bacci dip ata la-J
maggiore CapeUa della Chiefa di S.Fraceico>doue
fecc iolola voltai e mezo l'at'
^o; s'amalo di mal di petto: perche» facendoil portare a Firenze iafciò, che Marco
da Monce Pukiano ίαο difcepolojCol difcgno^ che haucua egli fatto,e iafciato D·
Laui-entino,facefie nel detto chioftro le florie della vica di S.Benedetto, il che fe-
ce Marco,come ieppe il meglio, e diede nnita inaino 1448, a dì 24.d'Aprile tutta
l'opera di chiaro fcaro.come iì vede efierui icricto
di ina mano,converfi,e parole»
che non fono men goffi,che iìano le Pitture, remato Lorenzo alia patriajriiana-
to,che fu nella medeiìma facciata del Conuento di S. Croce, doue haueua fatto il
S.Ghriftofano, dipinfe i^AiIunzionedi N.Don. in Ciclo, circondata da vn
coro di
Angeli, & a bafso vn S.Tomafo, die riceue la Cintola: nel far la quale opera> per
eiier Lorenzo malaticcio,fi fece aiutare a Donatella,allhora giouanettojonde con
si fìtti) aiuto fu finita di forte Tanno 145o.che io credo, cii'eila fia la miglior ope-
ra,e per difegno, e percoiorito, che mai bccise Lorenzo, il quale non molto do-
po,efsendo vecctiio, affaticato fi mori d'età di
60. anni in circa ; iaiciando due
iìgliuoii, ciie attefero alla Pittura, i'vno de'quaÌi, che hebbe nome Bicci gli diede
afuto in fare molti lauorit e Taltro,
che {-lì chuiiDato Neri ritraile fuo Padre,e
ftefsojnella Capella de'Lenzj in Ogni Santi,
in dne tondi con lettere intorno,che
dicono ii nome deli'vno,e dell'altro. ÌMeila quale Capella de'Lenzi ficendo il me-
d^firao aicufl·?. ilone della N.D. fi ingegnò di contrafu-c moki habitidi quei '•em-
pi,cos^ì di mafchi, come di fcm!rie:e nella C;ipella kce la tauola a temper;i. Pari-
mente nella Badia di S,Felice in piazza, di Tire ηζ -, dell'ordine di Canialdolhfece
alcune tauole : & vna all' Altare maggiore di S. Michele d'Arezzo del rnedefimo
ordme. E fuor d'Arezzo a S.Maria delle Grazicsneila Chieia di S.ìkrniirdino, vna
Madonna^che hà fotto il manto il popolo d^Arezzo, e da vn lato quel S.Bernardi-
■np iiiginocciiioni con vna Croce di legno in mino, si come coilumaua di portare»
quando andaua per Arezzo predicandoje dalCaitro lato,e d'intorno S.Nicolò, e S.
Micheiagnolo. E nellapredeila fono dipinte ftoriede'fatti di detto S, Bernardino»
e de'miraceliichefece,e patticolarmence in quel luogo. Il medciìmo Neri fece ii^
S.Romoi© di Firenze ia tauola dell
'Aitar maggiore in S. Trini:à nella CapelU.
de gli Spini la vita di S. Giouanni Gualberto a frefco, e la tauola a tempera , che è
fopra l'Altare. Dalie quali opere fi conofce, che fe Nen fuile viuuro, e non moc
tofi 'età di 3 ii.anni,ehe egli haiierebb? fitto moke più opere,e m'^!!ori,che nos'
fece Lorenzo ino padre, lì quale, eiiendo flato l\kimo de'M ieiln della maniera
■vecchia ώ Giotto,faràancola fua v!ta,rvltima di quMla prima parte;la quale cori
f^to di Dio benedetto, hauemo condotta a fine.

Il finedelU vita di Lorenzo di Bicci, & ddl i Tri nx Vme dell' Opera^

Lm.-iio β il
prima, che dt»
pigtiìfft in $4
7-J trio· (tei
Fiore.

'éiiiejh Tem-
pio β conff
(Tatù da Eh·

IV,

y

fLor^s ixm»
■ία in Are'^z.o
iti-mal
dt pet
to^ evil^fciò
a dipingete
Marco di M,
Viilcimo [
ho
difcepolo,
Gipinfein Fi-
renT^e λπϊλΙ»-
tiacio cot aiti'
/0 di DonateU
lo,

Sun mone., e
iafciò Biect ,,β
Neri fuct ^iglt
■impiegati fiel'
Je 2 mura.

^vt^tto diWem

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DELLE

VITE DE' SCVLTORL

pittori, et architettori,

che fono fiati da Cimahm in qua,
scritte da m. giorgio vasari
f^ittore, et architetto aretino. .

Seconda Parte.

proemio.

V^'ì^po io prefì primieramente a defcrluere quefle Fitei
Ts[onβ mia inten'^oney fare vna nota delli Artefici, & vno in-
dentario, dirò così, dell' opere loro ; TSlegiudicai mai degno βηε
di qnefie mie non sò come belle , certe lunghe ; e faflidiofe fati-
che, rìtromre il numero, & i nomi, e le patrie loro ; & infegna-
re in che Città, & in che luo^o appunto di εβε fi trouajjìno al
^^ ^ . prefente le loro Titture, ο Sculture, ο Fahriche ; che ^ueflo io lo

«« 'd potuto fare, con vna femplice tauoU,fen%a interporre in parte alcuna il giù-
fe"r '^u^ ' '"adendo, che gli Scrittori delle Iflorie ,quegli che per commune con-
i Jo hanno nome di hanere jcritio càn miglior gindicio,non falò non fi fono conten-
^ i ai narrare femplicemente icafi feguithma con ogni diligenx^,e con maggior cu-
■^r^·^^^ ^^^^^ potuto, fono 'ti inucjiigando i modi, & imeTi, e le vie, che hanno

mmeggureVimprefe : e fonofì ingegnati di toccare gli
ne\ro] ' '^.^ΡΡ^βο i bei colpi, e ripari, e partiti prudentemente qualche volta prefì
,· e tutto quello in fomma, che jagacemente > ο flracurata -
queih ' ® conpietà, ο con magnanimità hanno in e(]e operato, Come

non per[pacchio della vitahumana·,
P^r muen-^^'y ^^^^^tamente i cafì occorfìa vn Vrincipe , ο d'vna Hepablica, ma
delle fsUc i configli, i partiti, & i maneggi degli hnomihi, cagione poi

inferii "Φ^ϊι^ί --t^^ioni. il che è proprio l'anima dell'ifloria. Et quello che in
del vedere
lel'T''^' ^βξίί hiiùminipruéen i: e che apfreQo al piacere, che fi trae
nendo io pnf„ '^Jr ^^iì^^^i^l come prefenti è il vero fine di quella. Ter la qual co fa ha-
pMifcono lede'nohiliffimi Artefici, per giouar all'arti quanto
imita'^one di cos/y^i ' ^ '^pp^efio per honorarle, hò tenuto quanto io polena, ad
di dire quel che hannTf^ huominì, il mede fimo rì:odo; e mi fono ingegnato non folo
rio; e l'ottimo dal migUo^^^
' ^^ difcegliere ancora difcorrendo il, meglio dal buo-

Autore non
hà vohiof»r0
vn' tnuentHri9
ò tauola degl*
Artefici, e /c-
fo cpere, ■

A voluto imi-
tare la dilige-
te offtruaticne
Ai gì Hiftori-
et, interponen-
do ti fuo gifi-
ditto, e deiitdo
aHHtrttmcnti,

Autore hàpn
fv a fcnuere,
per ^ipuare al'
te arti ho·
mrarle,

Non (olo rag^
guAgltail fatt
to, ma fà feti'
ta dille operai·'
tioni,f4 tono'
fcere la manii
ra, l'angherie
to,e decreWeU'
lo delle artù

-ocr page 244-

154 proemio della il parte.

le arii^, accaduto in dincrfi tempi ; & in'diuerfe pérfone : E perche nel principio di

nei tr.-Ìuan ^uefle Fìte] io parlai de la nobiltà, & antichità di εβε ^rtiiquanto a, queflo propo'

deWantichità, fìto β richiedeua ; lafcimdo da parte moke cofe di che io rni farei potuto feriàrs ^^

e mlftUà àd- TpUnio j e d'altri tutori ;fe io non hauejjl voluto ·, cantra la crsden%a forfè dimoi'
le arti hà U
· lafciar libero a ciafcheduno il vedere le altrui fantafiC) neyroprif fonti. : Mipare>
fimto
Λλ par·. ^^^ coHuengafare al prefente, quello che fuggendo il tedio,e la lunghe'^» mo'f

'L· Vahri'''^ ^^^ nemica della atten'xione, non mi fu, lecito fare all' ora, cioè aprire più diligente'
Vuoi '^moflrare l'animo^ & iuten'zione mie : e mofirarea che fine io h abbia diuifo quefto CoT'

$l fine d^Ua po delle Ì^ite,in tre parti.Bene è vero che quantunque lagr^nde%^ delle ^rtinafc^

diutfione dell' in alcuno da la diligenza:in vn'altro da lo fludio; in queflo da la imta':(ioneyin quel·
operi in
tre lo da la cogni^one delle fcienT^yche tutte porgono aiuto a qucfle;& in chi da le prc

parti, onero e. dette cofe tutte infìeme > ο da la parte maggiore di quelle : Io nienfedimMco-per ha'

'^· uere nelle Ftte de'particolari ragionato a ^flanTiayde'mo.iiyìe l'arte,de le maniere^

mare etàM la rinafcita di quefle Ìé't'hfino al fecolo,che noi viuiamo:per quella mA'
nifefliffir/ìa differen'^i che in ciafcunadiloroft conofce. Conciofìache neUaprima, e
Ν dì Λ feconda pià antica β fia veduto queflè tre ..-tai effere fiate molto lontane da labro perfe%:
tecofe lom, mi- Ttone: e come che elle hahbiano auuto qual cofa di buono, ejfere fiato accompagna'
gliarata neW to da tanta imperfeT^one^hc e'non menta per certo troppa gran lode, incorar eh^
muinttone jt- p^r hauer dato principia » e via, e modo al meglio, che feguit&poi , fe non fu^e altro
pgKOrmmte · β puòfe non dirne bene;e darle vn po più glori a,cheye fi haueffe agiudkare con
va, e dilt^ln. i^p^rfen^ regola dell'arte, non b.rmo meritate l'opere fiejfe. T^lla feconda poi
veggono manifefio efier le cofe migliorate αβαί> e nelVinuenT^onh e ìiel condwde coff
più difegno ,e con miglior maniere , e con maggior diligenT^; e così toltovia quell'^
Cetìditioni ruggine della vecchiaia, e quella goffe·^;^ > eJpropoy^one ; che lagroffe^^ di qu^^
ielle Mrtinel- tempole haueua recata αάοβο . Ma chi ardirà di dire, in quel tempo efferfì trouato
l» ter^a età ynoUnognicofaperfetto? E che habbia ridotto le cofe al termine di hoggi, e d'in'
son perfetta di difegno,e di colorito ? E che habbia ofìeruato lo sfuggire dolcementf

'ZnTmmya. ^^^^^ ^gure>con la fcurità del colore, che i lumi βαηο rimafli folamente in sù i rilieui'
' ' e fmilmète habbia ofieruato gli firafori,e ccrti fini firaordinarij nelle fiatttc di mav\

Autore ter/te, ^^q jV^ quelle β vede ì- ^efia lode certo è tocca alla ter7:a età ; nella quale
the l'arti del' par potere dir ficuramentet che l'arte habbia fatto quello , che ad yna^ imitatrici
U della natura, e lecito poter fare^ e che ella fia falita tacito alto, che piùprefioβ hab;;

timaXtJie- ^^^ ^^^^^^ ^^^ calare a baffo ; che fperare hoggiamai più augumento. ^efle cof^
«iifcor. confìderando io mede fimo attentamente , giudico che fia vnapropi'ietà i&v^^

fan
vere

ΛΖ/λ pra^ particolare natura di quefle ^rti, le quali da ^^no humileprincipio, vaddino appcO
pritthdi quel appoco minorando : e fìnalm ente pemenghino al colmo della perfe-^one. Eque'
le. fio me lo fa credere ? il vedere effere mteruenuto quafi queflo mede fimo in altre fì'

Jt: dette arti (.^h^. cfjg pgr effere, fra tutte le ^rti liberali vn certo , che di parentado, e nonpif"
{uctedmo in ^ argumsnto, che e'fia vero. Ma ndk Titturai e Scultura in altri tempi debb^
^m κ φζγβ accaduto que^o tanto fimile;che fé, e'fì jcambiaffino infìeme
i nomi, farebho*
^enii^'*^ ^^ ^PP^^o i medeβmi caft. Imperoche e'fì vede {fe e'fi hà a dar fede a coloro, chf^
'Qualità dì furono vicini a que'tempi > e potettono yedrre, e giudicare da le fatiche degli ant^^^
alcune opere chicle flatue di Canaco efjer molto dure, e fenr^a vimQità, o moto alcuno, e però4^
di Scultura, Ci fai lontane dal vero, e di quelle di Calamidefi dice il medefmo r ben , chefuffero η
quanto pm dolci» che le predette-. Venne poi Mirone, che non imitò
affatto affatto
■verità della natura > ma dette alle, fm opere tantafropar'^one, egra^^a, che ell^s

potè-

-ocr page 245-

j PROEMIO DELLA il PARTE. ifi . ..

^ottmno ranoneuolmente chiamar belle. Succefie nel ter^p grado Volkletoy c gli -

dtYi tanto ulehrati ; i quali come β dice, e credere fi debhe » interamente k fecero "

perfette. Quefio mede fimo progrejfo douette accadere nelle "Pitture ancora^ perche

e fi dicCi e y 'mftimlmente fi hà a penfare, chefuffi così, nell'opere di quelli, che con

"infoio colore dipinfero, e però furono chiamati Monocromati, non effere fiata vna

gran perfez:^ione. Di poi nelle opere di Zen fh e di ToUgmotoye di rimante, ο de gli

altri, che folo ne ίηεβίηο in opera quattro. Si landa in tutto i lineamenti, <& i dm- £cceUmia A

torni,eie forme : cfen-^dubhio vifidoucuapuredefiderarcqualcofa. Mapoiin

Erione, Klkomaco, Vrotogene, & ^Apelle, è o%ni cofa perfetta, e beUijJma. E non

fi può itnagmar meglio^ auendo efi dipinto, non folo ie forme, egli atti de Corpi ec~

etti 4e i corpi,

ceUentiffimamente; mamcora. ^li apti!, e lepafiicni dtWjlnmo> Malajcmdo ire ^^ gl'afetti
ψφ, che bifogna referirfene ad attrice molle -volte
non cormnganoigiudicij,^ che dell'emme,

A· M^i-t----- · - -

J.nWj ancora, che io in ciòfemiti i midiori Mon ; Vegmamo a ti,mpi

Z^ll rJ che non è l'orecchio.

Occhio ne tem

tày ^ orn»'
mentu

ScuÌfurat

"Ì^Onfiv d 1' Ì''~ ' ".(V"'' '' ci-cfyti/. yjiifjio ite fero

davn h > ' quanto miglioramento, &^acqm/io fece, per cominciar fi pi moderni ì

toè i^^^C· ^-^^chitettura^daBufchetto Greco,ad .ArnolfoTedefco ,& aGiot- rnii^'orguid»,
tuitfì^^^ ^^f^^^^chedique'tempi, ipilaflri, le colonne, lebafe, icapitegli
, e «
neì?^ ^^^^ ^ ' come n'è in Firenze m S. Maria del Fiore, ì f

dLTJ ^ S.Mimato al monte, nel Fefcouado di Pie fole,al ·.

mo Zr ] ^ S.vitale di Rauenna, a S.Mma Maggiore di Roma, & al Duo- r/Lfo ne il»·

ti antilr f^^i-e^Sioidoue eccettuato quelpoco di%uono,rimaflo de'fi amen- mn d'Arcki-

'diorn- ^^^J}· ^ ^^^^ ^^^^^^^ ordine,o fatte7^c(a buona. Ma quelli certo ία mi- tettma,
te ùr ^ acquiflo fatto di loro;perche e'ia ndufiero a miglio-

rai ^ ^^ lorfahrjche non folamente ftabili, e gagliarde ; ma anco- MiglierxmHh

fui" parte ornate; certo è mentedimeno,che gli ornamenti loro furono con- fo ÀtU ' arte

colo ^ ^ Wiperfetti : e per dirla così, non con grande ornamento. Terche nelle Ρ^ψι-
ίϋηβ^^^^^^'''^arono quella mifura, epropoYTipne, che richiedeua l'arte; Kle di- ' fi^^^
lata ^^^ί'Φ più Doricoi che Corinto, ο Ionico, ο Tofcanoìma alla mefco-

tovnT regola fm%a regola; facendolegroβegraffe, ο jottiliyfottili, come

fio dtu^ ^'eglio. E le inuen'^iQni furono tutte, parte di [or (^ruello, parte del re-
parte a ' ^faceuanole piane parte canate da il buono,

'Nient f^·^'^^^^^ ^^'^i^ntafìc, che riT^te con le muraglie aueuano vn'altra forma,

Jono dtmiitem^i i jj ' ''' qualche parte a tempi nofimcome '.^eco.

'fio medefm Ύ ? f lauorati diflucchi a S.Gio.Laterano di Roma. Qiie- Uncmrono a

^^ '^««/ew quella prima età della Jua rinafcita far y$n»feere
ieneua ancor perche fuggita la maniera gofa Greca, ch'era tanto ro·^, che t •ArchiuttH-

^'^tue intere im^· r ^^^^ ' ^^^^ Artefici, effendo quelle loro ra,

*»arfi fiat Ite. ^ pieghe Q4ttitudine, ο mouen%a alcuna ; e proprio dachia-

ancora le figure Te' P^^ migliorato il difegm per Ciotto, molti migiior^'om ^ftrnph i4L·

gliuolo; egli «Ziri ^ delle pietre: Come fece .Andrea Tifano, e T^ino fuo fi-

iorfiatue; e ^^^^ meglio, che iprimi,eflorjono più le

marne.

e que'Tedefcbi, de feZmTa facciata d'Oruieto, Vedefi adunque m que- ,, 41

figure, con più hello andar di pieghe di pìnni, e qualche tefta con migliore aria,certe
attitudini nm tanto mtere;& in fine cominciato a tentare il hmn^ Ma
hauere tut-
iauolta
marnato di infmitipartiper non effer in quel tempo in gran perfe^i^onc ti

-ocr page 246-

proemio della il parte.

ne'primi "pederfì troppe cojè di buono dapotere imitare. Laonde que'maeflriy che

teìnpt di molte β^οηο in qucflo tempOi e da me fon/iati ηΐ€βί ne Ila prima parte, meritar anno qu^l-
partf, per non là lode ; e a'cfjer tenuti in quel conto : che meritano le cofe fatte da loro, pur che fi
cffere tnpnfef, confideri come anche quelle delli Architetti» e de'Tittori di que'tempiiche non heh^
fione il di/e' Jyono ιηαηχί amto;& hebhono a trouare la via da per loro\& il principio ancoraiche
■ picciolo, è degno fempre di lode non picciola. Ts^oncorfe troppo miglior fortuna la
^mum di quelìi tempi,fe non che efsendo allora pm in vfò per la diuo'T^one de'popo'

primt^tempi ' ^^^^^^^ P^^ Artefici; e per quefiofece più euidente progreffo, che quelle due. Cosi
\uah hehbe fi vede,che la maniera Greca,prima co'lprincipio di Cmabm,poi con l'aiuto di Ciot'·'
più
Artefici to, fi fpenjè in tutto; & ne nacque vna nuoua la quale io volontieri chiamo maniera
per la diuoao. di Gictto; perche fu trottata da lui, e da juoi difcepoli ; e poi vniuerfalmente da tutti
ne Λε' Popoli, venerata, & imitataEt fi vede in quefta leuato via il proffilo > che ricignieua per
ìdemera di fìgure,& quegli occhi fpiritati,e piedi ritti in punta, e le mani agtr^, & il

Gtotto fu no- ombre, & altre moftruofità di que'Greci ; e dato vna buona graTija nelle

"fftt- du ' ^ morbuìc^neL colorito. Et Giotto inparticolare fece migliori attitudini al»
mmL· Gre- le fue figure; moflrò qualche principio di dare vna viue^^a alle tefle , e piegò i pan-
cu , introau^ nuche traeuanopiil alk natura, che nou quegli tnan^: efcoperfe in parte qual cofa
eendo molte de lo sfuggire, e fcoTtare le figure. Oltre a que fio egli diede principio a gli affetti, che
iuone qmÌi.' β conofcejk in parte il timore,^la fperan·^, l'ira, e lo amore. Etridufie avnamor-^
tà. bidcT^ la fua maniera ,che prima era ,e ruuida , e fcahrofa ; e fe non fece gli occhi

non. hauer vi- nelle fue iflorie ; Ì'ofsermn?^ dell' ariae l^obedien'^ di vn naturale molto ficikr
jh Pittori mi- perche pur fi vede, che le figure obediuano,a quel che elle haueuano a fare. Et per^'
ihoridilm. ciò β mofira,che egli hebbe vn gmdicio molto buono, fe non perfcttOiC quefio meàc^
'Bontà del giù- β^ q β poi ne gU altri, come in Taddeo C-addi nel colorito , il quale è più dolcct
ditte del mede ^^ più,for-za; e dette megliore incarna'ziani, e colore ne'panni ; e piàgagiiarde%::
HtYoi (>r% /«i'fe^i'f · Simon Sanefe
Γι vede il decoro nel comporre le fiorici

Manzi*dei'a. ^^ Stefano Scimmia, & in Tomafo fuo figliuolo , che arrecarono grande ytile , e per-'
fhté' ohtden- feX^one al difegnoj & muen^onc alla profpettiua, e lo sfumare , & vrnre dc'cGÌO"
lis del natu-^ ri; riferuando femore la maniera di Giotto, il fimìle feciono nella prattica',e defire'Z'
rete. ra Spinello Aretino. Tarrifuo figliuolo, licopo di Cafentino > Antonio VeniXianor

fogg%e* certo fe non veniua meglio,poco giouaua quefio miglioramento, e non era da tene^''
Simon Sane/e ne troppo conto.. TSlevogUo che alcuno creda yche io fa sìgrofso; ne di sì pocogii^j'i
hehhe decoro dicioì che io nou conofcarche le
cofe di Giotto, e di Andrea Tifano, e J^inOj^e
di omfeere al ψγΐ tutti,cheper la fimilitkdine delle maniere, ho meffi infieme nella prima parf ^'
ne.perfettO»^ fe elle β compareranno a quelle di coloro, che dopo loro hanno operato; non meriti'
mnlÌ^^"^ η firaordinaria, ne anche mediocre .- T^è , che io non habbia ciÒvedii^^^.

pofmtiua ^ ψΛηάο io gli hò laudati. Ma, chi confidererà la qualità di que'tempi, la carefii^ r
heihero to sFu<. gii Artefictyla difficultà de buoniaiuti; le terra non belle, come ho detto io, md
mere fé. racolofe:& haura piacere infinitodivederei primi principij^^^^ fcintille di bf^^"

de ed orti '' ' nO',

LstrefHdsfteArtì nella, prima et» fono fiale ahho^^ate-, pr la qualità di queltim^o, per la careiiift ^

Arttfi 'à, e diffiCHl.'Ad'aiHTo; ΙΜαφΐ d'alWora mernano lode

-ocr page 247-

^ ca d'OYnamen'

vniei'^nefìci; l'hauer rdite quejìe lor Vite 5 e confiàerato le lor maniere, e lor mo' to ,aifegno^iU
ài: e ne r.traranno forjenon pocoytìle ;llche mi βα cariffimo, e lo riputerò a fondato y e n/^"
buon premio delle mie fatiche i nelle quali non hò cerco altro, che far loro inquanto lurah mmt.*
io hò potuto -ptile, € diletto.

ura

, -- .........^ mgiiorfueccn

li difegno più fondato, e più naturale ycrfo il vino : & in oltre vna fine aiigenia , (
nell'opre, condotte con manco prattica, ma peniatamente con diligen%a;la mamera pdio ai rj-
più leggiadra ri colori più va^hi ; in modo, che poco ci reflerà a ridurre ogni
cofa ai hppo Srmel·
perfmo,e che elle imitino appunto la verità della natura. Tercbe prima con lofiu- '»/«»·
^io, e con la diligen-^a del gran Filippo Brunellefchi VArchitettura ritrouòle mtf u-
rCi e le proporzioni degli .amichi; così nelle colonne tonde,come ne'pilajìri quadri,
e-nelle cantonate rufliche, e pulite, & allora ft diflmfe ordine per ordìne,e feceft ve-
e la diffcren'y^Zyche era tra loro. Ordino^i, che le cofe andino per regola; fegm-
Raffino con più ordine, efuffino fpartite con ntifura . Crebbe fi la for%a, & il fonda- Tahrìchemllt
Trento al difemo-, e'dettefi alle cofe vna buonagra^a, e feceft conofcere l'eccellen- quah ft vedi
-K?· di quell'ine. Ritronoffr la belk'Zja, e varietà de'capitelli, e delle cornici, m tal
nwdoychefi vide te piante de'tempre degli altri (mi edifici effer beniffimo tntefe;
e lefàbriche ornate, rymnmche ■> e propjr^nArifime. Come β vede nella flupen-

I in^ie'tem*

mma machma della Cupola dt S.Mana del Fiore f^PerfeM,
^^ della fua Iberna, nk ornata varia , e gra^oja Chtefa dt S. ^/j JrZ
ymnco
bkto di quella, di S.Loren%o-,nSa - f

pio in otto facci de φ Jv^kU.e nella ^^^ofìffim'f^''γ,ΖΤ
moie, e nel e trand^mo principia del
palazzo de

ài Frìino, U fortifftmo , e ricco Caftello di Jiapoh ;. S/itp

Milanoifenxa molte altre fabriche notabili dì quel tewpo,& ^«f Plfermnm

β la finezza, e vna certag^Lia efquifita , & appunto '^S^Xfpei- Ti

le, e leggiadrie nello inticar iJfÌglie.e far certi flremi ^^«ifm^

curatamem, cìZmM le chiama già perfemr perche veduto

poi meglio,n η^φ^η ^^^^ rMioneuclmente affermarerchele mancam

^^or^nonfièfattarneZ^^^^^

y^rhigrazia la lamernt della CupoL· Opere di Fa

CupoU ^douenon foloFiiippohebbe animo diparagon^ .umdegne^r

fabnche, ma vincerli nella altezza delle •muraglie ; W βpu^la vniίierfalwente m ^^
genere;
e non fi debbe da le terfe^-zioneye bontà d'vmcofa fola yargmentare l ec'
cdkn%adel tutto, Il che àeiu
-putura ancora dico tedelaSculiura^nelle ^αιιμ

yedotiQ

I S7

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ijS PROEMIO DELLA IL PARTE.

M-z^ioramtn- cedono mcora hoggi cofe rari^ime de' maeflri di. quefla feconda eia ; come quelle à
to della, SchU Μφοάο nel Carmine^ che fece vno ignudo, che trema del freddo » & in altre Ψϋ'
tum nella fe· ture viuc^ ìCfpiriti : main genere e'non aggimfono dia perfe'^one de'ter'^^
"sr la manie ^)e'quali parleremo al fm tempo; Eifognandoci qui ragionare de fecondi: Iquali per
'rapii gratili ^^^^ prima degli Scultori molti β allontanarono dalla maniera de'primi : e tanto la
fa , naturale migliorarono,che lafciorno poco ai ter?^. E hebbono vnalor maniera tanto più gra-
ordimtsi, fon- "^ofafpiù naturale,più ordinata, dipìàdifegnot e propor%ione;che le loroftatue co-
diimmt.0 nel minciarono a parerepre{]o, che perfone viue; e non più flaiue, come le prime. Come
4ifign$^efr.o<' ne fanno fede quelle Opere, che in quellarìnoua'^one della maniera β laucrarom;
fortime, come β redrà in quefia Seconda Τ arte,doi4e le figwe di Iacopo dalla Qiiercia Sane-
fct hanno più motO) e più e più difegno, e diUgen-i^a ; quelle di Filippo più bel

§iualìth di di mufcoli j e miglior proporzione > e più giudi do j e cosi quelle de'' Loro di·'

t^efln della fi^P^li · Ma più vi aggiunfe Lorenzo Ghiberti nell'opera delle porte di S, Gwuanni
fecmda età, doue moflrò inuenrqone, ordine, maniera, e difegno 5 che pare , chele fue figure fi
cioè tmtCf^ra' muouino > & habbiano l'anima. Ma'non mi rifoluo in tuti 0: ancora, chefujjine'lor
tm.difegno.di' tempi Donato,fe io me lo roglla metter fra i terzi^ refiando l'opre fue a paragone de
Hgmifs., prò- gU antichi buoni, dirò bene, che in quefia parte fi può chiamar lui regola degli al·
porii0m^nctr ^yf ^ p^y hauer in fe foto le parti tutte j che a vna a -vna erano fparte in molti : poiché
^mmhnt ma- ^^ fue figure dando loro vna certa viuacità, e pronte·^ ; che pof-

Ktcra *t^on· jonflarCi e con le cofe moderncye come io difβ,con le antiche medefmamente. Etil
u\Kaà mti' medefmo au^umentofece in queflo tempo la Tittura > de la quale l'Eccellentijfimo
indine, Majaccio leuo in Putto la maniera di Giotto, nelle tefte, ne'panni, t e'cafamenti, ne-
gli ignudi, nel colorito, negli fcorti, che egtirinouò 3 e mejfe in luce qnella maniera,
moderna, che fu in que'tempi, e infino a hoggi, è da tutti t
nofiri Artefici feguitat a:
jiM-utnenfo ^^^ t^'mpo in tempo con miglior gra-^a, inuen^ione, ornamenti » arricchita, & ab"
della iittura bellitaicomeparticolarniente fi vedrà nelle Vite di ciafcma,e fi conofcerà vna nuo-
ton l'AMHici^ maniera di colorito, dif£or':q, d'attitudini naturali; e molto più efprtffi moti dell*
mrft
al vero, animo, & igefii del corpo} con cercare di apprefjarfi più al vero delle cofe naturali
nel difignoyé· nel difegno; e le arie del vifo,che fomigUajfino interamente gli hiwminifm chefufjì'
imitalo tota U „0 conofctuti per chi eglino erano fatti, così cercarono fare quello, che vedeuono nel
meme ilnatm fiaPitrale, e non più, e così yennono adefierpiù confìderate, e meglio intefe le cofe
** loro, e qu^fio diede loro ardimento di metter regola alle profpettiue ; e farle Jcortar

appunto, comefaceuano dirilieuo, naturali, & in propria forma, e così andarono
. φjjtruando l'ombre, & i lumi ,gli sbattimenti, e le altre cofe dificili, e le compofì-
ofertia/ime delle fiorie con piùpropria fìmilìtudine·, e
tentarono fare:paefì più fimili al ve-
iiS/1? p ] ros egli albori, l'erbe, i fiori, l'arie, nmoli, & altre cofe della 'ilatura, tanto, che fi
iur^ ^ ^ ^ fotra dire arditamente t che quefie ^rti fieno non joh alleuate, ma ancora ridotte
' mei fiore della lor giouentà, e da fperare quel frutto, che mteruenne di poti e
che in
hreue elle haue£ino a venire a la loro perfetta età.

.Daremo adunque con lo aiuto di Dio principio alla vita dì Iacopo della Quercia
Sanefe^epoiagù altri^chiteitii e Scultori, fino a che peruerremo a Mafaccio ; il
^uale per effere fiato pri^no a migliorare il difegno nella T ttura ; moflrerà quanto
ObUmfegli deue per lafm nuoua rinafcita. E poi, che ho eletto Iacopo fopradettO
per honoraio principio di quefla Seconda Τ arte 3 feguitando l'ordine delle mamere>
•»errò aprendo femore eolle Fite medefime « k difficultà di si belle » diffìcili, & ho-
mratiffime oirti.

IL F I 'li, E^

y

VI.

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vita di iacopo dalla qvercia.

vita d i i ^ c ο ρ ο dalla qjv e ii c i a
S c v l τ ο a e san e s e.^

y[ adunque Iacopo di Maeftro Piero di.FiJ]ppo , dalla Quer- racopo ridutt
. eia, luogo dèi Concado Siena, Scultore, il primo dòpo An« rimìtatìone ^
""ea Pifano , l'Orgagna , e gli altri di ibpra nomiiiati ; Scultul

operando nella Sculcura con maggior ftudiové diligenzasCo- ^^^^ natutA^.
: '^'"ciaiTe a moffrare il poreua appreÌTare.alla namra r.&
- vn ' ^ fperanza a gli alrri di poterla >.in fti^,

in conto, furono da Ini f '"odo, pareggiare. Le prime opere iue 5>da meriere
Hauendo iSanefi
ΐΈίΙεΓς··^ '-emendod'amii XIX. con quella occaiioiie,·

te di Saccone da Pietra^a'^ centra i Ficrei ηηί,ίοίίο Gian Tedéico,Nipo-

Gioii anni d'Azze Ybaldini, Capitani, s.n:n:2lòiB

far

lACOl ο DALLA Q^VERCIAj

scvltore sanese. i

-ocr page 250-

t6Q PARTE SECONDA

fai- quel lauoro di tanta importanza. Ma eilendo andata la biiogna, altramente»
egli fe n'andò a Bologna, doue colfauore di Gioiianni Bentiuogli gli fii dato a fa-
re di marmo da gli operai di S.Pecronio, la porta principale*di quella Chiefa} la_j
quale egli ieguitò di lauorare d'ordine Tedefco, per non alterare il modo,che già
era (iato cominciatoj riempiendo doue mancaua l'ordine de'pi!afl:ri,che reggono
k cornice, e l'arco idi ilorie, lauorare con infinito amore nello fpazio di dodici
anni, che egli raife in quell' opera 5 doue fece di iua mano tutti i fogliami, e l'or-
namento di detta porta con quella maggiore diligenza, e iludio , che glifù poiTi-
bile. Ne i pilaftri, che reggono l'archicraue, la cornice, e l'arco, fono cinque ilo-
rie per pilaftro, e cinque nell' archicraue, che in rutto fon quindici · ^Nelle quali
tutte intagliò di ballo rilieuo , hiftorie del Teilamento Vecchio , cioè da che Dio
creò l'huomo, infina al Diluuio,e l'Arca di Noè,facendo gcandiffimo giouamen-
to al a Sculturajperche da gli antichi infmo allora non era ilaco chi haiKÌle lauo-
rato di bailo rilieuo alcuna cofa: onde era quel modo di fare più tolto perduto,
che rmarrito. Nell'arco di queila porca fece tre figure di marmo, grandi quanto
il viuo, e tutte tonde, cioè vna Noftra Donna col putto in collo molto bella , San
Petronio, & vn'altro Santo, molto ben difpoftij e con belle attitudini, onde i Bo-
]ogneiì,che non penfauano, che iì poteile fare opera di marmo, non che miglio-
re, eguale a quella, che AgoiHno, & Agnolo Sanefi haueuano fatto di maniera_-i
vecchia in S.Francefco all'Aitar maggiore, nella loro Città , recarono ingannati,
vedendo quefta di gran lunga pui bella. Dopo la quale eiTendo ricerco Iacopo di
ritornare a Luca, vi andò ben volentieri. E vi fece in S.Friano , per Federigo di
Maeitro Trenta del veglia, in vna raualadi marma, vna Vergine col figliuolo in
braccio,,§an Bailiano, Sanca Lucia,S tn Gieronimo, e San Gi(mondo,con buona
maniera, grazia ,e difegno : E da bailo nella predella di mezo rilieuo , (orco cia-
{cun Santo alcuna floria della vita di quello, il che fù cofa molto vaga,e piaceuo-
le ; hauendo Iacopo con bell'arte facce sfuggire le figure in sii i piani, e nel dimi ·
nuirepiùbaiTe. Similmenre diede molto animo a gli altri d'acquiftare alle loro
opere grazia, e bellezza con nuoui mod , hauendo in due lapide grandi, fatc^__;>
di bailo rilieuo, per due fepolrure, ritratto di naturale Federigo padrone dell'ope-
ra, e la moglie. Nelle quali lapide fono queite parole : i/oc
opus fecìt lacohiis
Ma^iflri Tetri de Senis
1422. Venendo poi lacapo a Firenze , gli operai di San-
ta ìviaria del Fiore, per la buona relazione hauuta di lui,gli diedero a fare di mar-
mo il frontefpizio, che è fopra la porca di quella Chieia, la quale và alla Nunzia-
ta : doue egli fece ni vna Mandorla la Madonna, la quale da vn coro d'Angeli è
)ortaca, fonando eglino, e cantando, in Cielo, con le più belle mouenze, e con-^
e pili belle attirudin;, vedendoft, che hanno moco, e fierezza nel volare , che_^
fuiTèro infino allora fiare facce mai. Simifitiente la Madonna è veiìica con tanta
grafia, & honeftà , che non fi può imaginare^megJio : filèndo il girare delle pie-
ghe molto bello, e morbido, & vedendofi ne'iembi de'panni, che vanno accom-
pagnando l'ignudo di quella figura,che fcuoprecoprendo ogni fuoltare di mem-
jra. Sotto la quale Madonna è vn San Tomafo, c le riceue la Cintola. In foiw
ma quefta opera fù condotta in quattro anni da Iacopo con tutta quella maggior
perfezione , che a lui fii poffibile, percioche olcre al defiderio, che haueua natu-
ralmente di far bene j la concorrenza di Donato, di Filippo, e di Lorenzo di Bar-
tolo , dc'quali già fi vedeuano alcune opere molto lodate , lo sforzarono anco da
vantaggio a fare quello, che fece : Il che fù canto, che anco hoggi è da i
moderni
Arrefici guardata queita opera, come cofa rariffima . Dairaltr^banda della Ma'

donna

ma£gh·
^edi San Pe·
tl'omo ili Bolo·
gna lauorato
da Iacopo , di
ordine Tede=·
fcQ,

Rinuoua fvfo
de' bajfl ritte'
ut perdute ptr
grm tetn^Ot

TmoU di
marmo in
Lh'
cu dt gran
maniera, e di'
fegno,

Ftgur* arti^-

cisft(ftme.

Ritratti naiu*
rati di baffo
riliem invna
ftpùltura,

Froatefpil^io
di marmo dt
S. Maria del
Fiore co molte
figurt di rar»
bdle^^a , ^
attttH'dtss,

-ocr page 251-

iacopo dalla qvbrcia.

donna airimpevto a San Tomafo, ùcc Iacopo vn' Orio, che monta in iurun pc- ^^pricciefr
ro, foprailqualecapncc o, come fi difle allora molte coCe. cosi iei^^e potrebbe ^^

anco da noi dite alcune altre , le tacerò per lafdarea ogn vno fopra cotale ^
inuenzionea-edere , e peniate
a fuo modo. Defidetando dopo ciò Iacopo drn-
«edere la patria, fe ne tornò
a Siena, doue arriuato , che fu, fe gli potfe , (econdo
il deiÌdeno fuo, occafione di laic.ate m quella di fe qualche bonorata memoria.
Petciòchela
Signona di Siena ,rifoliua di fare yn ornamento rich.fiin odi niar-

mi all'acqua, che in fu!!a Piazza haueuano condotta Agnolo, & Agc hno Saneii
l'anno allogaronc quell'opera a Iacopo pe^-prezzo diduemilla dugtnto

feudi d'oro : onde egli, iatta vn modello, e fatti ven.re i marmi, vi miiTe mano,
e La finì di fare i con moka iodisfa^tione de'faoi Citcadmi, che non pm Iacopo
dalla Quercia, mà Iacopo dalla Ftute fù poi it nipre chiamato. Ii>ràgliò dunque ^ua, cvnmm
r.elmezo di qucfl'opera la'glciicfaVergine Maria, Ai,uocai, particolare di é^lia stgm.
quella Città > vn pcco n aggiore dcil' altre figure , e con maniera graz.oia, e
iìn- ri» sù UPf^t
go'ave. Intorno poi fece le fette virtù Teologiche le certe delle quali, che fono
delicate, e piaceuoli, fece con beli' aria,e con certi modiche mcftrano,cbe egli
cominciò a trouare il buono , le difLculta delle arte, ò; a dare graz'a al η armo, ^^^^

leuando via quella vecchiaia, che haueuano ii:iino allora vfatogli Scultori, la- ^^^^
cendo le loro figure incere , e lenza vr.a grazia al Mondo. La dcue Iscopo le fe- cmineian
ce morbide, e carnofe, e finì i! marmo con panenza, e delicatezza. Feceui, ol- ^uel lanoro w
t^e ciò, alcune llone delTeftamento vecchio, cioè la creazione de' primi paren-
dar gratta ^
ti ' & il manpjai- del pomo vietato , doue nella figura della gemina fi vede vn' aria
Vifo Si bella, & vna grazia , & attimduie della perfona tanto nuerente, verfo
Adamo nei foi- cigli il pomo, che non pare , che polla ncuiarlo : lenza il rima- SfuUm^ iti.

^ente deir opera, ?he | tutta piena di belliffime coniiderazioni, & ador"aradi ^^^

belhffimi far.ciulletti, & altri ornamenti di Leoni, e di I upe ,iniegne della f^t'jftoditl arte*

> condotti tutti da Iacopo con amore, prattica , e giuditio jn fpaziodidodia figure àth9.

2nni. Sono di !ua mano fimilnienre trèiloriebelliffimedi bronzo, della vita di io interno aI

San Gio. Battirta, d^ mezo ni leuo le quali fono intorno al Eattefim ο di San Gio- Β^ηφ^^, Μ

uanni, fotto Π Duomo , & alcune fgure ancora ronde, e pur di bronzo , alte vn "" ««

braccio, che fono frà l'vna, c l'altra delle dette Hiilone, le qiiali fono verairente
belle.e j. 1 - ·

Canali

eie: E

p^'in^a ne poi fù quell' opere meglio gouernata, hauendo egli iti ^ operarió
anni f^» > poiché hebbe cota! caruo hauu^o , (e non ne uel Duomo,

ScukciV^^S- ε fe bene Iacopo fùiolamente SopmMue tri

Carte
norf
d

^ da lui d^iff^ nondimeno ragioneuolmenre , come ne dimoflranoalcune^,.? Aam .
" -i'vn Minr noilro hbro j le qnali paiono pai tofto di ma- Morte.eftpcl"

1 iopra iivede^'f'-!"^''^ dj'vno Scultore . Β ii Rinarro fuo, fatto come quello,che di /-«w-
«filale mi hà aiTai Maciìi ο Dea enìco Beccafumi Pittore Sanefe , il P" ·

le ilracco dalle f-i'Ì^ ^'aconrato della virtù, bontà, e gent'lezza di lacopoìilqua

■-^atich,» „ I , , , ^· r I ... ί .tcpo^tnJoUtati

t vtrtmfi (^φ
fere flato vnì'

^*"· virtn f γι --------------------r iterfalmente

aduiiene, che i v.rtuofi hu P'·"'^ nccnolciura : poiché rade volte amaio mìlm

Fairich t»
Sitm vn' er»
mmento iti
ptamo all'Μ'
qua, fi,ndott»

à ifìf '•^^Sfie di loc'e. Per queiìe opere adunque, come eccellente, e per la ben- ' «««
coftumato , meritò Iacopo efere della Signoria di Siena fatto

Caualure
ύαΙΙα, SignU"
ria dt Siena f

ìpoefe

poco dopo operano del Duomo. Il quale vfhz ο eflercitò dì ma-

norati, fiano nella patna vniuerfalmente amati, & ho- f^tri»,

X

-ocr page 252-

.i70 seconda parte

Fù difcepolo di Iacopo, Matteo Scultore Lucheie, che nella fua Città fccC-ί
i'anno 1^44. per Domenico Caligano Lucchefe, nella Chiefa di San Marcino il
rempietto a orto faccie» di marmO) doue e Γ imagine di Santa Croce> Sculcura-»'
fiata miracolofameme, fecondo>che fi dice>laiiorata da Njcodemo vno de'
fettan-
tadue difcepoli del Saluatore, il qual Tempio non c veramente ie non molto bel-
lo» e pioporzionato · Fece il medefimo di Scultura vna figura d'vn S. Bailiano di^
marmos tut ο tondo dt braccia riè, molto belio per ellerc (tato facto con buon dif-.
iegnoj con beila attitudine» e lauorato politamente. E di ina mano ancora vna
tauola» doue in tré nicchie ibno tre figure belle aiFacto > nella Chieia)doue fi diccj
eilère il corpo di S.Regolo : E la tauola fimiìmente;^ che in S. Michele> dotie fono
crè figure di marmo ,e la ftatua parimente, che è in sù'l canto della medefima.^
Chieia dalla banda dj fuori", cioè vna N. Donna , chemortra, che Matteo andò
sforzandofi di paragonare Iacopo fuo λΙαείίΓο.

Nicolò Bologneiè ancora fìi difcepolo di L·copo^e conduiTea fine > eilendo im-
perfetta , diuinamente fra l'altre cole , l'Arca di marmo piena di (Ione , e figure »
che già fece Nicola Pifano a Bologna, doue è il Corpo di SanDon^enico.

E ne riponò, oltre l'vtile, queilo nome d'honore, che flì poi fem-
pre chiamato Maeftro Nicolò dell'Arca. Fini coflui quell*
opera l'anno 14ÌÌ0. E fece poi nella facciata del Pa-
lazzo, doue ilà hoggi, il Legato di Bologna»
vna N. Donna di Bronzo, alta quat-
tro braccia > e la pofe sù Tan-
no 1478· In fomma
fùcoilui

valente Maeftro, e degno difcepolo
di Iacopo daUa Quercia
Sanefc.

Matteo LU'
rhefe, àifcepo·
lo ili sacopo.
Croce in Sa»
Martino di'
Luca lauo-
tAta da Ntco'
dtmo, di/cspo

10 di Chr,(io ,
Tauole,e Sta^
tua ài S Mi'
chele , dotte ft
sforna d imi-
tare il Mat'
firo

Κ mole Solo
gmft àifcepoh
dtlatepo ttt'
tntnò il mar»*
uigliofo lauo·
ro deil ArcH
dtS. D imeni*
fo in Bologna,
0 m acqnifiì

11 nome dt Ni·
eoli dell'Arm
e» .

f Λ vn imagi·
ne dt bron^
di if Donns
neU* fatciat»
del Palaci»
publiro, e rit»
fee degno di·
fcepolodelfu»
fran frecti»
me
·

fine della Vita di Iacopo, Scultore Sanep.

NI-

-ocr page 253-

vita di nicolo^ aretino, 1^3

VITA DI NICOLO' ARETINO

SCVLTORE.

edefimi tempi) e neiiamedefìma faculrà,dellaSciiU

« ----Ω ,^,Λ,^ίίίϊιι-ν-Λ Krmf-à πρΙί'αΓΓί» ^ KTirolA rii

iii poche fa*
coit». Perle
»hl>ando-
n» Ι
λ tittria.
D'/cefolv 4i
Moccio
SchI'
tire.

tUl'a Ì e Ijuail UClltl liH_uv.nni«i· V'^^-J··" , » Ili

ρ erro, CttraGino Arennoi al quale quanco fa la natiira_j
ìibcrale delle doci ine; cioè d'ingegno, e di viiiacità d'ani-
, tanto fu aaara la foituna de'iuoi beni . Colhii dun-
pei: elìet-epouero compagno , e pei hauere alcuna in-
Der venirfpn^ ο ^'iceuLUa da i iuoi più proffimi nella patria, fi partì

C^cccL So eSr/efr-.^'^'f-' 't ''''ψ'

rnf^ in Ar^,-.^ , :1 CjUak, Cornell e detto a!croue,kuorò aicun(L_^

cole il. Arezzo, haueua con moko flutto atteio alla Scultura i come che no^

X i fude

celimi rempij e neua racaciuiia iai-unu>(.icua jlui- Kicdh AretU
quafi della medefima bontà nell'arte , Nicolò di no ài ,gra»4t
Ai-ennn; ììI ot7aie QUanco fii la nariifii .. tnpgni) \ ma

-ocr page 254-

1Η S E C Ο Ν D A Ρ A R TE .

filile detto Maeilro Moccio molto eccellente : E così an niaco N;coIò a Firenze
puma lauoiò per molti mefi qualunque cofa gli venne alle mans > si perche la
poLìettà & il biibgnoraikirinauano j e si per la concorrenza d'alcuni giouani»
che con molro !i udii), e fatica, gareggiando virtuofamenie, nella vSculrura s'efer-
citauano. Finalmente, eiìendo, dopo moke fatiche riufcito Nicolò aiiai buono
Si ultore, gli hìrono fatte fare da gl'operai di Santa Maria del Fiorej per lo Cam-
p uaiìe due Ìtatue, le quali eflendo in quello pofte verfo la Canonica? mettono in '
mezo quelle, che
tel e poi Donato · e furono tenute , per non Γι eiTcre veduto di
tondo nlieuo meglio, rag-oneuoli. Partito poi di Firenze , per la pe'le c'eli'anno
1383. fe n'andò alla patria: doue trouando,che perla detta pelle gli huoaiini del-
la Fi aterii: tà di Santa Maria della Mifericordia,della quale iì è di (opra ragionato -
haueuano moin beni acquiftatj, per moki iafci ftatifatti da diuerie perione della
Citià, per la dmozione, che haueuano aquel luogo Pio,&: a gli huomini di quel-
lo, che fenza tema di nmno pencolo in tutte le pendenze gouernano gl'infermi:
e fotrerrano i morti ; E che perciò voieuano fare la facciata di quel luogo di pie-
tra Bigia, per non Iiauere commodità di marmi, tolfe a fare quel luogo (lato co-
minciato manzi d'ordiiie Tedefco ; E lo condaile, aiutato da molti icarpellini da
Sett/gnano, a fine perfettamente: facendo di fua mano nel mezo tondo della fac-
ciata vna Madonna col figliuolo in braccio, e certi Angeli,che le tengono aperto
il Manto ; (otto ilquale pare, che fi ripofi d popolo di quella Città, perle quale
intercedono da baiib in ginocchioni S.Lauren. ino, e Pergentino. In due Nicchie
poi» che fono dalle bande, fece due ftatuedi tre braccia Γ vna ; cioè San Gregorio
Papa; eS. Donato Vefcoiio, e Protettore di quelia Cicrà con buona grazia, e ra-
gioneuole maniera. E per'quanto fi vede haueua, quando fece queite opere, g'à
fatto in fuagiouanezza (oprala porta del Vefcouado, tre figure grandi di terra_j
cotta , che hoggi fono 1« gran parte ftate confumate dai ghiaccio : sì come èan-
cora vn San: Luca di macigno (lato fatto dal medeilmo , mentre era gioua netto, e
pofto nella facciata del detto Veicouado. Fecefimilmente inPieue ,allaCapella
di San Biagio, là figura didetto Santo di terra cotta, belliifima: E nella Chièfa di
S. Antonio, lo (leilo Santo pur di nlieuo, e
di terfa cotta : Et vn'akro Santo a fe-
dere fopra la porta dello Spedale di detto luogo. Mentre faceua quefte,
Se alcu-
ne akre opere fimili ) rouinando per vn
Terremoto le mura del Borgo a San Se-
polcro^ fu mandato per Nicolò , acciò che faceiie, si come fece, con buon giudi-
ci© il difegnodi quella muraglia,-che riufcì molto meglio, e più forte, che la pri-
ma. E cosi, continuando di latiorare quando in Arezzo, quando neluoghi con-
uicini,fi ilatia Nicolò affai quietamente, & agiato nella patria. Qiwndola guer-
ra, capital nimica di quefte Atti,fìx cagione, che ie ni partì: perche efsendo cac-
ciati da Pìetramalai figliuoli di Piero Saccone, & il Cartello rouinato infino ai
fondamenti, era la Città d'Arezzo, & il Contado tutto (otto fopra, perciò dun-
que pattitofi di quel paefe Nicolò, fe ne venne aFirenzcjdoue altre voltehaue-
ua lauorato:e fece per gl'Operari di S.Maria del Fiore vna ftatua di braccia quat-
tro di marmo, che poi
pofta alla porta principale di quelTempio a man man-
Nella quale Statua, che è
vn Vangeliila a federe, moftrò Nicolò d'eiTere Ve-

1Ά Fhentet
per la /«<« pO'
uenà: s'appi
gUa> a4 ogni
iauero.
FabncA ine
flatus ndCéi,
pttniledt Sm
/Λ Maria ΛιΙ
tiorcy filmate
ί^ηφί fftme
nel· lamta Ai
tendo riheuo.
Torna ad. A·
rtllo,

tà la faccia*
ta ii S^ Marta
della Mtfri,
eoriia , fm
molte fiatut
ètri ordinate^
Statue dt pie-
tra coffa fatte
m fuagieuen·
tit nell<t fac'
fiata del Ve··
ftOHatOi
Statue nella
Wieus in Sant'
Ahtonio.e otl'
US pedale,

Rtfiora con
tȓgltor dife'
gno le mura'
glie di Bórgo
S.Se/mlcrorw
uinate dal
Terremotai
ferii motidi
guerra torna
da Areico Λ
tirenT^ei
Statua di ton-
do riltem nel-
la facciata di
S. Ilaria del'
Tiort^

In Rota* ri'
firma Caflel

ca

ramente: vaiente Scultore. E ne fù molto lodato non fi efsendo veduto infino al-
lora, come fi vide poi, alcuna cofa migliore tutta tonda di rilicuo. Efsendo poi
condotto aRoma di ordine di Papa Bonifazio IX. fortificò, e diede miglior forma
a Caftel S. Angelo , come migliore di tutti gli Architetti del fuo tempo. E ritof"
nato a Firenze, iece in fui canto d'Or S.Michele,che è verio l'Arre della lana,per

iMac-

-ocr page 255-

vim di hicolo^ areti ν ο. lif

ì Maedri di Xeccha, ctue ftgurette U «armo nel pilailro, f opra la nicchia ; doue
è hoggi il S.Mitteo,
che fò fatcopoi j le q.aali farono tanto ben fatte > 6c in mo-
do accommoJatefopi%i
la cima di quel Tabernacolo, che furo^^ eiono: Terno a
ftarefeÌTipre poi incito lodate. E parue > che in quelle auanzaOe Nicolò fe ftef- ren:(e , e β
fo, non hauendo inai fatto cofa migliore. in i"omma elleno fono tali » che porto--
no (lare appetto ad ogni altra opera iìmile : Onde n'àcquiftò tanto creato rchc
meritò efsere ne! numero di coloro, che Eirono in confiderazione per fare 1ς_ί, '
porri ί
i ronzo di S. Gim?anni, fe bene , farro il faggio rimale adietro, e furono
al oga e, come fi dirà a! fuo iurgo ad altri. Dopo quefte cofe, andatoiene Nico- et
lò a Milano Rifatto capo neir «pera de Duomo di quella Città, e vi fece alcune
^ton%o dt s.

cofe di marmo, che piacquero put'àfsai. Finàlmente » eisendo da gli Aretini ri- cicuttmi,

chiamato alla mf,·;-, r · , - ^

fhiimarnoll. „ — r — fui divij. riuaiuiciuc , cj.scnaoaa gu AretiniΠ- CiCH^mu
η W ο vnTaba-nacolope1Sagramento.neItor^/«
Mih«o ì

fer nlmV§ 'd μ γ ' ^ ^^^^ 'Conuento dcTrati Minonla «e!-

ie{O ÌU,adiPapa AIef3anJroQ,nnro, che in quella C.ttà haueua finitoilcorfo i^hhn^^el
ae gli anni iuoi. E come, che egli molto ricuiafse quel 'opera ,· non potette però f ' '
con condefcendere a i prieghi di M. Leonardo Bvmn Aretino, che era fiato mol-

tcn

-------- J-- Vii iVJ,. JU.H_IlJaH.lVJ iJI 141JÌ iJllV.lllJ·-' 5 VHV V»» IICK-V' lliUi- /β<ί<·

to tauorito Segretario di quel Pontefice . Fece dunque Nicolò si detro Sepolcro,
1 7 ^ap^ naturale. Ben è vero, che per la incommodicà de' mar - (hi»m»te λ
Ι-

altre pietre fìi fatto il Sepolcro, e gli ornamenti di ftacchi, e di p-etre cot- UPama, nel
f'.f ■"'"•Imenteiailataa del Papa fopraiacafsa, la quale è pofta dietro al Coro p^ffitr ftrBe-

α Chiefa. La quale opera finita fi amalò Nicolò graueraente, e poco ap-
Ρΐ·: ilo il morì d'anni 6'7. e fù nella medefimaChiefa iotterrato l'anno 1417. Et Sepoltura dt
li iuo ritratto fù fatto da Galailo Ferrare ie fuo amiciffimo, il quale dipigneua a^ fjfprdcen*
que lemp; Bologna a concorrenza di Iacopo, e Simone Pittori Bolognefi,
r,,!'^ V
 , non so ie Ferrareie, ο come altri dicono, da Modena. I quali Λ^^βίβ àt

è
diim

_ .------ "^VIVÌJ. 1 u UUCC

menico di Ferrara vna Cape!
"aomo> e molte altre co
P itture di Galailo fuo

_______ _______ . --------------- -1----jeppiteta «

^infero ui vn i ChieiV, detVala Cala di mezo, fuor della porta di S. Mam- uChU^,

^ololok. cofe a Lfco!chri(lofano fece ' cC ^If

H^fino alla morte di Moisè: £ Simone,& Iacopo trema ftorie.da, che «ai^Ch""

fto mfino alla Cena, che fece con 1 difcepoli. E Galafso poi fece la paffione, co- ^'^rano.

jne (1 vede al nome d ciafcuno, che vi è fo.ro da ba io. ^ SJ-^f ^^^^^^^

fcrtel'anno 1404. Dopo le quali, fò dipinto ih-efto della Chieiada d^^^

f ftorie, di D^ultte aframente f E nel vero qucftecosi ΐΤΐΆ

Tono tenute fe non a ragione, in molte ftima da i Bolognefi, si e.«>me vcc- ΙΦ^^
chie (ono ragioneuoli: e sì perche il lauoro^ efsendofi mantenuto trelco, & viua-
ce ί mcritamolta lode. Dicono alcuni, che il detto
Galafso làuoro anco a olio, ^^^^^^^^
e&endo vecchiiTtmo. ma io, ne in Ferrara,ne m altro luogo ho ttouato alrri l^o-

Maeftro. Fu I^icolò Βλιοτι difegna-

tote, come fi può veder e nelnoftro Libro di

iua mano vno Euangelifta, etre Tefte di ta·:
uallovdiiegnatebene-

afìatto.

DEI^

della-Pita,di Incoio J.ntmo

-ocr page 256-

.i70 seconda parte

A DI DELLO PITTOR FIOR.
E bene Dello
FiorencmO) hebbe > mentre viile j & hà haiiu^o
Tempre poi nome dj Pittore (olamenre,egli atteienoncf ^meno
anco alla Scultura , anzi le prime opere iiie iuronoHi Scultu-
ra; eiiencio, che fece molto manzi, che coniuicialTe a d;pignc-
re>tii terra cotta nell'arco,che è fopra la porrà delia Chiefa-^»
tif S.Mana Nuoua, vna Incoronatione di Nòlli a Donna,
dentro in Ghiefa i dodici Apoiloli ; E nella Chieia -ie'ScTui
vnChrifto morto in grembo alla
Vergine, & altre opere alla per tutta la Cit'
tà. Ma vedendo ( oltre , che era capncciofo ) che poco,^uadagnaua in far di ter"
ra
, e che la Tua pouertà haueua di maggiot aiuco bifogno, iì rifoluette , hauen"
do buon difegno d'attendere alla Pittura > e gii rmicì agcuolmente ; percif
che imparò prefto a colorire, con buona prattica, come ne dimoilrano molr^^
' Pitture

ferì^fuApO'
wttà fpera
miglio*' muto
idi* tittw
rn.

-ocr page 257-

ν 1 τ A D 1 η F L L ο. I ύη

jpefche viandoii jn que' tempi, per le camere de' CntadinijCafloni grandi di le-
gname,a vib di fepoltui-e, e con
a tre varie foggie ne' coperchi i ninno era , che i
detti caiioni non faceile dipingere i Ec olcre alle ftorie , che fi faceuano nel corpo
dinanzi, e nelle reile ; in sù i cantoni, e tallora altroue, fi faceuano fare l'Arme, ò
vero iniegne delle cai^ate. E le ftonejche nel corpo dinanzi fi faceuano, erano pei
lo più di fàuole tolte da Ouidio, e da altri Poeti,ò ve' ο ftorie raccontate da gì' Hi-
fìonci Greci, ο Latini ; e fimilmente caccie, gicO:re,nouelle d'amoic,& alcre cc fe

CAjJbni τ,Η-.'ί
fieUe cefi de
Cittadini
(ir
Tiren·:^^! fi η
vane titturt

------u^miuieveitedidL-appoj&akrecorepreziofe. E che è pii^bfidipi-

nano in cocai maniera, nó iokmenre i cafloni, ma i lettucci,!e fpaìl!ere,!c cor- torma.
, che ricigneuano intorno, & altri così fatti ornamenrida
camera,che iO qoe
tempi magnificaraéte fi vfauano,come infiniti per rutta la Città,ie ne poiiono ve-
dere . E per moki anni fir di forte quefta cofa in vfc,
che eziandio i pm ecce lenti
Pittori in così fatti lauori
fi efercirauanojfen^a vergognarfi, come hoggi moiri ta-
rebbono di dip-gnere, e mettere d'oro fimili cofe. E che cio tia vero, li e veduto ^^^^^ ^^^^
infino a' giorni noRn, citte molti altri, alcuni caiToni, fpalliere, e cornici neheca-
mere de! Mag.Lorenzo vecchio de' Medici, ne 1 quali era dipinto di mano di
1 it- ^^Unu tu.
tori, non mica plebe-,ms eccellenti maeftri, tutte le gioftire, torneamenti, caccie, mt,
feae,& altri fpettr.colifau!
ne' tempi (noi,con giudicio,con muenzOue, econar-

ie ^^ vegg οηο,ηοη folo nel Palazzone nelle ca-

quie V'^ Γ ' ^l-dici,mà in tiure le pai aob li cafe di Firenze ancora alcune leli-
tament'·'"^""^"^''^''^' atrenendofi a quelle vfanze vecchie, magnifiche ve-

5 .'^^"^^■^'^O'iinmejnonhano fi fatte cofe Iellate per ^ ,, .

ioS"^ moderne.Deliadunqtie, eilendo molto prattico, Jbuoli Pie-
molti ^ ^"^^"^^""^^'iOme fi è detto in fe Pitture picciole con molta grazia,per ^

Picfnpi- η . ν lue,oc ilUlK^tCtlU li^^»! l'-i.v.n.ji.iit eiiciUMimtjt Ui-

di.^r.,-! fpalliere, leLr-tcci,& altri ornamenri della maniera, che fi è detto

ticchi con PU'

olio .
Dipinge mgf
ofomenre il

tiuto Ufi n? ^"^^P^rade. Egli dipinfc particolarmente a Giouanni de'Medici, Cameift-
«genere bellìflì^"'^® camera , che fì\ tenuto cofa veramente rara, & in quel « G'o de' Mt-
Donaieiloefleljj'^^^^^^lcu^e reliquie, che ancora ce ne forio,dimortrano. E .

ftuccO,2e!7o cnll." Hicono, che gli aiutò , facendoui di fua mano con Ocnafetloì^

> 'Jj'-unaje ΠΛ-,^^ - . . 1 nr 1· . tutsccaeam·'

poi meffi d' ;ro α tT^J^X

oueft'opera, ed alrr/^'^^"^'^^"" con belliffimo vedere le fforie dipinte : Edi (τ/^φά-ο·
1 nella fua opera^elig ' ^^ ragionamento Drea '

ile cofe vecchie, è ben fatt ^ ^ baitanz„;E perche di que- gpere rei

Duca Cofimo, n' ho ùt^ qualche memcna , ne! Palazzo del Serenifs. tani^o àel

^'^^"feruarealcuneieduTànopropriadiDello, doue Dhì^c^^-^-

fono,

-ocr page 258-

I (j 8 S E C Ο Ν D A PARTE

fono, e faranno iempre degne d'efsere confìdcrati, almeno per gli habiti varij di
A. r teinp'» così da huominhcome da donne, che in eilefi veggiono. Lauorò an-
Ì7"comJntl ^^^^^ Chioftro di S.Maiia Nouella in vn cantone, di terra vet-

Λ s. Μ "ria de» la ftoriad'iiaacjquando dà !a benedizione a Efau. E poco dopo quefta opera»

Nouslia . efsendo condotto inlipagna al feruigio del Rè, venne m tanto crediro> che mol-
OeÌlo va m topiù deiìderare da alcuno Artefice non fi farebbe potuto. E fe bene non fi'sà
'Spagna alfer" particolarmente , che opere faceise in quelle parti, efsendone lornato ricchiffi-
uìgio del Rè, β mo., & honorato molto, il può giudicaré» eh' elle fuisero afsai > e belle » e buone ·
ìtt itcquifl» Dopo qualche anno,efsendo ftato delle fue fatiche realmente
rimunerato,venne
«rìcthiì^, ^ capriccio a Dello di tornare a Firenze , per far vedere a gli amici, come da eilre-
SìlicÌtìx dal 3 gran ricchezze falito. Onde andato per la Ucenzi a quei Rè »

Ki XVcre^- non folo l'ottenne graziola mente ,( come,ehe vo'lonrierir lia^urebbe rateouroj fe
to 'Umifere, f^fs^ i" piacere di Dello ) mà per maggiore fogno di gratitudine fu fatto da
Fi' quel liberaliiTìmo Rè Caualiere : perche tornando a Firenze , per haiie^ e ie ban*
■renitj e gli e d;c.e, e la confermazione de' pnuilegij, gli furono denegate per cagione di Filip-
la ccM· po Spano de gli Ccolari » che in quel tempo , come gran Sinifcalco del Rè d'Vn-
firmattom dt gheria tornò vttcoriofo de Turchi. Mà hauendo Delio fcntto fubitamente in If-
^'/^'J'f L P^S"^ ^^ doleniofi di quella ingiuria : Il Rè fcrifse alla Signoria in fliuore di
imJ' tmpè·' ^^ ^ caldamente, che gli fù fenza contrailo conceduta la defiderata.e douuta ho-
ira full» Si' Diceiì, che tornando Dello a cafa a cauaìio, con le bandiere, vellito di

£Mtta, broccato, & honorato dalla Signoria , fu prouerbiato nel pafs ire per Vaccherec-
Buri^teda i cia, doiie allora erano molte tiotteghe d'Orefici, da certi domeftici amici, che in
Faefani^ tor^ giouentù F haueuano conofciuto, ο per ifcherno, ò per piaceuolezza, che lofa-
narnSpagna. cefsero; e che egli riuolto doue haueua vdito la voce , fece con ambe le mani le
fiche: e Tenza dire alcuna cofapafsò via, fi che quaiì nefsano fe n'accorfe, fe

Fil( poco haiìm
loàlAifftgm,
m» dg'primiy
che lauoraffe'
rt ΐδ giudici»
mufcoli delle
figHtt mdg ·

nah-

fine Mk yitn di Dello Tittor Fiorentino.

! già s' hauelse tatto la malignità, quando era pouer'i
narfene in Ifpagna.
E così icritto-,&: hauuio rifpofla dal Rè, fe ne tornò in quel-
le partbdoùe fù riceuuto con fauore grande, e veduto poi iempje volentieri ; e
doue attefe a lauorare, viuere come Signore, dipignendo fempre da indi inanzi
Sa» morte e grembiale di broccato , così dunq ue diede luogo al l'inuidia, & apprefso di

fepdiHra,

quel Rè honoratamente vifse, e mori d^ anni quarantanoue , e fù dal medefunO
fatto iepellire honoreuolmence con queilo Epitaffio.

Delius eques Florentinus, Vi£iurie arte per Celebris : Kegifq;
Hifpitniarum liberdkatey & ornamentis ampliffimus ,
H. S. E. S. T, T. L.
Non fu Dello molto buon difsegnatore ,
fù bene frà i primi, che conlin-
ciafsero a fcoprir con qualche giudicio i mufcoli ne'corpi ignudi ,
oorne fi vede in^a cnni difegni di chiaro fcuro fatti da lui,
nel nofiro Libro. Fù ritratto in S. Maria No-
uella da Paolo Vccelli, di chiaro fcu-
xo, nella fior a, doue Noè è
inebriato da Cam
fuo figliuo-
lo.

-ocr page 259-

vita di nanni d'antonio.

^ ìta DINANNID'ANTONIO DI banco
s c v l
τ ο r e.

I A Ν ΝI d'Antonio di Banco, ii quale, come fò affai ricco di
^ patrimonio, così non fu baiTo a! tutto di fangue, dilettandofi
Scultura , non folamenre non Γι vergognò d'imparar-
^^'e di eiercirai-ja ; ma ie Io fenne ag cria nonpiccioia,
_ ^"-fece dentro tal frutto > che la Tua fama daterà iempce :

queftanobiirarte'^'^^'^^P'^^^a'^^celel iaa, quanto ii fapià, che egli attefea_^
quale
vno de' J Ρ®'·" bifogno, ma per vero amore di eiia vu'tù. Coilui ^ii

perche morhtioIto^V'^^"^^ " ' '

N4mi Sme-
fs ricco, e dì
mfcita hem·
reuole.
Dtfi.ep»h di

...... __ _ Domto

Donato ; fe bene e da me porto manzi al maeftro, Suoi cofinmì,

• " · Statua di
marmo in Fi «
^ renine.

opv-

-ocr page 260-

.i70 seconda parte

opera/il Ja prima allogata a Donato dall'arte de' Calzolari : E poi per no» efsefe
flati con efso lui d'accordo del prezzo, riallogata , quafi per
fai difperto a Dona-
tOj a Nanni 5 II quale promife 3 che fi pigliarebbe quei pagamento, e non
che effi gli darebbono. Ma la bifogna non andò così, perche finita jaibiuaiC-J*
condotta al ilio luogo > domandò dell'opera fua molto maggior prezzo ) che non
haueua fatto da principio Donato : perche rimersa. la ftima di quella dall' vna_j»
parte, e Talrra in Donato; credeaano al fermo i Confoli di queli'arte,che eglijpe^'
inuidia non l'hauendo fatra, la ftimaiìé molto meno, che s^'elìa fuile ftia opera-/'*
ma rimafero dalla loro credenza ingannati : percioche Donato giudicò, che a^
Nanni fufse molto più pagata la iTaruajcbe eg!i non haueua chieilo; Al qual gia-
dicio non volendo in modo niunoflariene 1 Confoli, gridando diceuano a
Dona-
to; perche tu, che fàceui qtiefla opera Tper minor prezzo, la ilimi più eiìendo di
man d'v n'altro, e ci ftngn! a dargliene più , che eglifteilo non chiede Pepiirco-
nofci ; sì come noi altri ^ facciamo , ch'ella farebbe dalle tue mani vfcita molto
mighore. Riipoie
Dopato ridendo : quello buon huomo non è neirarte quello»
che fono 10: e dura nel ìauorareanolto più fatica di mCj però fete forzai volendo
fodisfailo, come haomini gmftì, che mi parete, pagarlo del tempo,che vi hà fpe-
fo : E così hebbe effetto il lodo di Donato , nei quale n'haueuanofatto comoro-
mefso d'accordo ambe le parti. C^^ieihi opera poia afsai bene , e hà buona gra-
zia, e viuezza nella tefta-1 panni non fono crudi, e non fono fe non bene in dof-
io alla figura accómmodati. Sorto queila Nicchia^ fono in
vn'akra,.quattro Far>>'
ti di marmo, i quali furono fatti fare al medefimo Nanni dall'Arte deTabbri, Le-
gnaiuoli , e Muratori iì dice, che bauendoli finiti turti tondi, e fp:ccariΓνηο
dall' altro, e murata la Nicchia, che a mala fatica non
ve ne entrauano dentro fe
non tre, hauencfo egli nell'artitudin! loro ad alcuni aperte
le braccia : e che diipe'
rato, e malcontento, piegò Donato >che volefse col configljo fuo riparare alla_4
cìifgrazia, e poca auiiertenza fua; e che Donato ridendoiì cfel cafo difle: fe tu pro-
metei di pagare vna cena
a me, & a tutti i miei giouani di bottega, mi dà il cuore
di fare entrare i Santi nella Nicchia lenza fafti'dionetiuno: Il che hauéndo Nanni
promefso difare
ben volentieri. Donato lo mandò a pigliare certe mifiire a Pra-
tosi a fare alcuni ajtri nsgoz j di pochi giorni. E così efsendo Nanni partico^Do-
nato, con tutti i
iuoidiicep'oii, e garzoni, andatoiene al laiioro, (canronò a quelle
fìatue, a chi ie fpalle,
& a chi le braccia talmente , che facendo luogo i'vna all'al-
tra, te
accoftò infiemej facendo apparse vna mano fopra le (palle di vna di loro. E
così il giudiciodi Donato hauendole vnitamente coiiimelle, ricoperfe di maniera
l'errore, di Nann., che murate, ancora in quel luogo mofìrano indizij manifeftif-
fimi di concordia,e di fratellanza. E chi non sà la cofa non fi accorge di quello er-
rore . Nanni trouato nel fuo ritorno, che Donato haueua corretto il tutto, e ri-
mediato a ogni difordine, gli rendette grazie infinite, & a lui, e fuoi creati, pagò
la cena di buoniiTima voglia.· Sotto i piedi di quefti quattro Santi, nell'ornamen-
to del Tabernacolo, e nel marmo di mezo rilieuo vna (loria, doue vno Scultore
fi vn fanciullo, molto pronto^ & vn Maeilro
,:Che mura, con due,che l'aiutano.- E
quefte tutte figurine fi veggiono molto ben difpofte, & attente a quello,che fan-
no. Nella faccia di S.Maria del Fiore è di mano del medefimo,dalla banda fimfira»
entrrndo in Cbiefa per la porta del
mezo, vno Euangelifta,che fecondo que'cépi»
è ragioninole
figura.Stiraafi ancora, che Santo Lo, che è intorno al detto Ora"
torio dOrS. Michele ilaco fatto fare dall'Arte de'Manifcalchi ,fia di
mano del
medeiìino Nanni je cosi il Tabernacolo di niarmoi nel bafamento del quale è da

bai-

Frello àstili
fiatua giudi-
e aio d» Oo·'
n&to con belL·
mgum»

■^m di marms
dello Ìle0>
Artefice non
saptfcom net'
la Nicchia a
eto 4εβίηαίο,
Al che Dom-
É9 ingegmfa·
menu
dt.

Tì^uinnt di
rìlieuo

ien atte,agia-
te , e ίϋβ οβε.
'SeU* fignrof
d'v» Euange·
ÌifiainS.Mft·'

t 'iaiki' Έιονβ ,

-ocr page 261-

vita di nanni d'antonio: if ϊ

baffo in vna ftoria S.Lò Manifcalco,che ferra vn Cauallp indemoniato, tanto ben
latto,che ne meritò Nanni molta lode : Mà in altre opere i'haurebbe molto mag-
giore meritata, e confeguita, fe non fi fufle morco,come fece giouane. Fù nondi-
ineno, per quarte poche opere tenuto Nanni ragioneuole Scultore : E per-
che era Cittadino , ottenne molti vffici nella fua patria Fiorenza » e
perche in quelli, & in tutti gli altri affari fi portò come giu·^
ilo huomo , e ragioneuole, fù molto amato,
Morì di mal di fianco Γ anno
1430. di fua età.
XLVII.

Statua ίβΤΛ-
bermcoh di
m firmo fittn»^
ti fue opere d
rnoit^ lede ·
Muore ét^éi

γ a

Il Fine dèa Vimdi Ήαηηί <

tVCA

-ocr page 262-

.i70 seconda parte

SCVLTORE.

twtt éslis
ΆΰΙιΙ>ίΛ impO'
ra l'arre Mi'
Orepcr.
Scolpifcefigu·.
f-e dicera-t é^
indi pigi, ami
fnf » formar'

drmartao^
dì gii riefct
βΰπ facilità, e

s'appiglia et·
li Scultura
*

LVCA della robbia.
scvltore.

ACQ.VE Luca dalla Robbia Sciilcoie Fiorentino Panno
13 88. nelle cafe de' Tuoi antichi, che fono fotte Ια Cbiefa di
San Barnaba in Firenze-, e fii in qud!e alleir^to conumata'
mente infinoa che non pure leggere>e fcriirerejmà far di con-
to,hebbe> fecondo il coÌlume de' più de' Fiorenrini,pei· quan-
to gli faceua bifogno? apparato. E dopo fii dai Padre meiio a
imparare l' arte dell'ore<ice, con Leonardo di SerGiouan-
nij tenuto allora in Firenze il miglior Maeilro, che fuiTe di que]rarte_j>·
Sotto coftui adunque hauendo imparato Luca a diilegnarej & a ìauorare
di cera j crefciutogli ì^aninìo fi diede a fare alcune cofe di tnarmo, e dibron-
■ - zo.

-ocr page 263-

vita di lvca dalla robbia. 173

20. Le quali, eflendogli riufcite aliai bene,furerò cagione,che abbandonato del
tutto il meftier deU'Orefice , egli fi diede di maniera alla Scultura, che n^ai faceua
altro, che tutto il giorno fcarpellare , e la notte difleenare. E ciò fece con tanto
ftudio, che molte volte fentédofi di notte aghiadare rpiedijper nó partiifi dal dii- !

iegno, ft miie per rifcardargli, a tenerli in vna ceda di Bruicioli, cioè di j

piallatiire , che i lignaiuoli leuano dall'ade quando con la pialla le laiiorano. Ne
io di ciò mi niatauìgiio punto, eflendo, che niuno mai diuenne in 'qual fi veglia
Zevtrtk non
eflercizio eccellente, il quale, e caldo, e gielo, e fame, e fete 4& altri diiagi non tttquifiam
cominciafle, ancor fanciullo a fopportare > laonde fono coloro del rutto inganna-
ti, i quali fi auuifano di potere negli agi, e con tuttii commodi del Mondo ad
honorati gradi peruenire. Non dormendo, rnà veghiando,e fludiando continua-
mente s acquifta. Haueua a inala a pena quindici anni Luca, quando infietrcj»
con altri giouani Scultori, fii condotto in Arimini, per fare alcune figure, & altri LucMinRìm^
ornamenti di marmo a Sigiimondo di Pandolfo Malatefti Signore di quella Cit- l^mmb^
ta, il quale allora nella Chiefa di San Francefco faceua fare vna Capei a i e per la ^ ' f'
Mo^he [m, già morta,vna Sepoltura . Nella quale opera diede honorato faggio Ζ

del ^aper iuo Luca, in alcuni baffi rilieui,che ancora vi fi veggiono ; prima,peritia.
lotse da gi; Operan di Santa Maria del Fiore, richiamato a^Firenze, douc fece, Ftrt^efa*
pet lo Campanile di queììa ChiefajCinque ftorietce di marmo,che fono da quella
hrica mi Cà-
parte,che è verfo la Chieia ; le quali mancauano,iecondo il difsegno di Giotto, a pam/e Ui San'
canto a quella, doue iono le Scienze,& Arti,:;he già fece, come fi è detto Andrea
Marta del
i iliino. Nella primaLuca fece Donato, che infegna la Grammatica. Neila fe- ^'orefiorittn
«^on.^a Platone, & AriRotile per la Filofofia. Nella terza vno, che fuona vn leu- vjArmo chi
JP'Pei-laMufica. Nella quarta vn Tolomeo per l'Aihologia. E nella quinra_^ "iZZdZ'Z
liuclide per la Geometria. Le quali ftorie , per pulitezza, grazia,e difsegno, au- αφνηο, e U*
«axizarono d'afsai le due fìute da Giotto, come fi difsc, doue in vna per la Pittura tui fatti
^peiie dipigne ; e nell' altra Fidia, per la Scultura jiauora con lo Scarpello. Per da Giotto,
v'' V ^ ^P^i'aixche oltre a i meriti di Luca, furono a ciò fare perfuafi da Mr Lauora dì
V eri de' Medici allora gran Cittadino popolare, il quale molto amaua Luca , gli mMmel'orna
diedero a fare l'anno 1405.. Po. namento di marmo dell' organo. che grand,iTimo ^for^
faceua al ora far Pop :ra,per metterlo (opra la porta della SagreRia di detto Tem- ^'J'f^f
Pto. Della quale opera fece Luca nelbafamento in alcune fiorie,i cori della Mu- "ì^lf^ZL·
ica, che in vaiij modi cantano. E vi mife tsnto fludio,e cosi bene gli riufci quei ^
laucro, eh ■ ancora, che fìa alto da terra fedici braccia, fi fcorge il gonfiare dell^
gOia dicchi cata, ilbattere delie mani da chi regge la Mufica in sù le fpalle de' mi-
noii ; v-i in fomma diucrfe maniere di fuoni,canti,ba!l!,& altre azziom piaceuoli, jye„aitìie fk
cfte porge il diletto della Mufica. Sopra il cornicione poi di quello ornamenro, i^crmmitsio
tece Luca due figure di metallo dorate,cioé due Angeli nudi, códotti molto pulì- dtii'ahn Or.
fS?^ è rutta l'opera,che fù tenuta cofa rara: fe bene Donatello,che poi

P-Ù dell'altro organo,che è dirimpetto a quello,fece il fuo co molto gw mi^tio,

uere"e<Hi nnil'^^^'^^'Che nó haueua fatto Luca,come fi diràal luogo (nOf^ti ha . rtgmepc^j
Che ani)'nfÌ ouafi tutù in bozze,e nó finita pulitamlt^ : acciò- ^

quSrdTDMa^ ^^ lontananza la perde,.e non h fcorge bene cotne fifà ^ufi^;,

2ere auuertcnza Arti'"''"'" abbozzata. Alla quale cola dcono molto ha.
fp rhp Viinnr. P"cÌGche a fperienza fa conofcereiche tutte le co-

le,che vanno lontane,ο fiano Pittm e, 0 fiano Sculture, ò quaìfiuoglia altrafomi.

gliante

-ocr page 264-

174 SECONDA Ρ A R T E

ejqm/ita dih> che fanno. E chi sàjche l'arte del difsegno,per non dir la Pittura foiaméce, fo-
gsr^a (ie la- .^n^ poeiìa iiuìilijsà anccrajche come le poefie dettate dal furore poetico,fono
Tapcefia an. ^^ ^^ buone,e migliore,che le flenrate,così l'opere de gli haomini eccelleti

ih'effJtiiluoi' ^^^^ diflcgno 5 ione migliori, quando fono fatte a vn tratto dalla forza di
fa L· % primi furore,che quando Γι vanno ghiribizzando a poco a poco con iflenro, e eoa
Juron riceue fatica- E chi hà da principio,come fi dee, haacre nella idea quello, che vuol fare»
fih perfettio· c;ni)ina fempre riioluto alla pei fezzione con molta ageuolezza. Tuttaaia»perche
ne i chs dalla gi'mgegni non f ono tutti d'vna ttampa ; fono alcuni ancora>mà rari,c!5e non fan-
fiittca troppo no bene fe non actagio,e per tacere de' Pittori, frà i Poeti fi dice, che il lieueren-
φ4ία. dìffirao,e dotcìilìmo Bembo penò tallora a far vn fonetto moki mefi, e forfi anni,
mbZl' mn ^^^ ^ ^«io^'o^i può credere,che l'affermano; il che non é gran fatto>che auuenga.^
^ ieir iglò. alcuna volta ad alcuni huom delle noftre arti. Mà per lo più è la regola in con-
Lucfi fìU rrano,come il e detto di fopra, come^che il volgo migfore giudichi vna certa de-
Forta di B>S- licarezza eiteriore,& appai ente,che poi manca nelle'^cofe eilenziali, ricoperte,^
di quélU dalla diligenza ; che il buono fatto con ragione,e g!udicio,mà non così di fuori ri-
fagriflm tcon pulito, e liiciato. Mà per tornare a Luca,finita la detta opera, che piacque moke»
trMte figure gli fu allogata la porta di Bronzo della detta Sagreiba, nella quale fcompartì in
gmtioje ^jgj,· cicè jn cinque per parte, con fare in ogni quadratura delle cantona-

te, lìeli'ornamt·nto vna tefta d'huotxio : & in ciafcuna tefta variò, facendoui gic-
uani,vecchi di meza età,e chi có la barbale chi rafo, & in fomiTU in diuerfe modi
rutti belli in quel genere,onde il telaio di quell'opera ne reftò ornatiffimo.Nelle
ftorie poi de' quadri fece, per cominciarmi di {opra, la Madonnaitol Figliuolo in
braccio, con beliifiima grazia : e nell' akro Giesu Chrifl:o,che efce del Sepolcro.
Lafcta il mar ^^ ^^^^^ ^ queftì in ciaicuno de i primi quattro quadri è vna figura,cioè ν n'Euan-
tm, è
lèronio gelifta:e fotte quelli, i quattro Pottori delk Chiefa, che in varie attitudini fcri-
da CUI traeL· uono - E tatto quefto lauoro è tanto pulito,e netto,che è vna marauigliaje fà co-
pco guada» nofcere, che molto giouò a Luca eilere fiato Orefice. Mà perchcsfatto egli con-
isi),
eUucra ro,dopoquefte opere di quanto gii fufie venuto nelle inani, e del tempo, che in
J^iitue di ter- farle baueua ipcio>pnobbe,che pochiffimo baueua auuanzaro,e che la fatica era
'^· fiata grandiifima ·> fi nfoluette di lafciare il marmo,& il bronzo, e vedere fe mag-

Jtfi'madTco· poiefi^e akronde cauate.Perche confiderando, che la terra fi lauoraua

prtr/e, perche agcuolmente,e con poca fatica,e che manc&ua folo trouare vn modo,medianre il
ftans 'dureuo- quale l'opere,che di quella fi fiicepno, fi poteilòno lungo tempo conferuare,an-
ii, £gh riefie dò tanto ghiribizzando, che trouò modo da diffenderle dall' ingiurie del tempo;
ccn gran prò- perche dopo hauere moke cofe eiperimentato, trouò, che il dar loro vna coper-
fitte dell'arte, ta d'inuecriato adofio, fatto con Stagno, Terraghetta, Antimonio, & altri mine-
mefà la pTo- niiibire,cotte al fiioco d'voaiornace a polla, faceua beniffimo quefto efìet-
fiVt^^ Sm- ' ^ opere di terra quafi eterne. Del quale modo di fare come quel-

tT^UrLTeì chenefìi inuentore, riportò lode grandiffima, e glie ne haacranno obligo
Fiore i^'ìam ^®^'·" ^ , che verranno. Eflendogli dimque'riufcito ciò tutto quello»

tr.'tratfii-OH' che defidetaua, volle, che le prime opere fuilero quelle, che fono nell'arco,
jMiotif con che è fopra la porta di bronzo , che eg i fotto l'organo di Santa Maria del Fiore
fomm^ Me, haueuafattapetlaSagrefiia, nella c|iule fece vna reisurrezionediChriilotan-
to

-ocr page 265-

VITA DI LVCA DtLLA ROBBIA. 17 j

to bilia in quel tempo, che pofta sù, fù, ct me cofa veramente rara j ammirata. Tr6uit'»mf*»
•iSa che moffi ì detti Operai,vollono, che l'arco cieìJa porta dell'altra Sagreft.a-..·} «ifimem dt
.doue baueua fatto Donatello l'ornamento di
quell'altro organo > fufle nella me-
defima maniera da Luca ripieno di fimiU figui e>& opere di terra cotta: onde Lit-
ca vi fece vn Giesù Chrifto,che afcende in Cielo - molto belio. Kora non ba-
fìando a Luca quefta bella inuenzione tanto vagha>e tanto vtilcie rnaffimamen- gegm/amente
te, per i luoghi doue fono acque,e dcue per Thumido , ò altre cagioni non han- νοΙίΛ,ά
no iiogo le Pitture , andò penfando più oltre j e r'oue faceua le dette opere di
-vnpmimtnu
terra femplicemente bianche, vi aggiunfe il modo di dare loro il co;ore;con ma« nel ΐαΐΛ^α
rauig'-ia , e piacete incredibile d'ogni vno. Onde ;1 Magnifico Pietro di Cofin-o dt Phtro Me»
de'Medicijfraiptmiijcheiaceisei-olauoraraLucacofediterracolonra, gUfe^e
fare tutta la vo'ra in mezo tondo, d'vno Scrittoio) nel palazzo, edilìcato, come fi yj^j^
dirà da Coiìmo Tuo p.di e, con varie fantaiìe, & il pauimenro fimilmcnte, che ih ottauiàao,é
cofa ringoiare, e molto vrile per la ^ate.
Vx è ceno vna marauiglia, che elsendo ^gfffino /uoi
la coi-3 allcra molto difficile, e bifognando haue-. e molti auuertimenti nel cuo- fratellis'efer^

..... IT . . - - \ 1 . -

e la terra, che Luca condiiceise quelli 'auori a tanta perfezzione , che così la "thanoiejuelV
oita come il pauiiriCnto paiono, non (^i molti, ma d'vn pezzo folo. La fama del-
arte, éf
e quali opere fpa· gendoii non pure per Iraha,ma per tutta l'Europa, erano tanti handmmi.

voleuano, che \ Mercatanti Fiorennnijfaccndocontinuamente la- ft^ello.

......... .....^ lamn fi

uorare a Luca con fuo molto vtilc; ne mandauano per tutto η mondo, b peicne ^^

epii irti-. — · ^ ................?/e

Jpafgono

de' >Jedici, nella Chiefi di S.Mmiaro a Monte, la volta della Capeìia di marmo, ^^ F
che pofa (opra qtiam; cot. e' nel mezo della Chiefa/acendotn vn partimene
d'ortangogl. beiUffimo S 1 più notabile lauoro, che in q^^ijo genere vfaffe
delle man, loro, fù nella rrelefima Chiefa la volta de! a Capella di S-Iacopcdot e Jnheuo β-

in q^artro tondi ne^c.ntoni, i qua tro EuangeUilu E nel 'f 'jj' c ^.

tondo lo Spinto Santo: riempiendo ilrefto de' vani a fcaghe, che giiano lecondo
la volta; p.-i·"»-·—;/·-- . - ·

« volta; e diminuifcono a t>oco a poco infino al centro,di f opere

m quei genere vcdei-medio , ne cofa murata, ecommefsacon piu diligenza ai
queda. Nella Chiefa pofdi S.Pietro Buon Configlio fono Mercato Vecchic^, le- ,,
ce in vn'Archetto fopÌa la porta la Noftra Donna con alcuni Angeh ^^^^ J ^ ΤZt
to viuaci. E fopra via porla d'vna Chiefina, vicma a S.Pier Magg^ vn^^e ^n Sp.
20 tondo, vn'afea Madonna, & alcuni Angeli, che fono tenuti bf ' ^ grn.&mo

S.Croce,fattodallafamigluade Pa^;^.^ ^ ; ,,

ti ornamenti d'muecriati, aku-ito da A^^oftino fuo barello.. il m>

Dopolequalicore,cei-c6Tucadit?ouareilmodbdidipìgnere lefig^^^e·^ dodtfarfign-

le ftone m fui piano di terra cotta per dar vita alle Pitture, e ne fece fpenmen- dt mm
to in vn tondo, che è fopra il Tabernacolo dè' quattro Santi intorno a Or San_j cetta su fta-
Michele: nei piano dei quale fece in cinque luoghi grmftmmenti, & inle- w.

-ocr page 266-

.i70 seconda parte

gne dell'arti de'Fabricanti, con ornamenri belliilìmi. E due altri tondi fece nel
raedeiìmo luogo,di nlieuo> in vno per l'arce de gli Speziali vna Noftra DonnaiC
ndraltro, per la Mercatantia » vn Giglio fopra vna balla, che hà incorno vn U"
ftone di frutd> e foglie di varie forti, canto ben fatte, che paiono naturali > e non
di terra cotta dipinca. Fece ancora, per M.Benozzo Federighi, Vefcouo di Fiefo-
le nella Chiefa di S.Brancazio vna fepolcura di marmo; e fopra quella eilo Fede-^
rico a giacere ritracto di naturale, e tre altre meze figure. E nelrornamento d^
pilaflri di quell' opera dipinfe nel piano certi feiioni a mazzi di frutti > e foglie ft
viue, e naturali, che col pennello in tauola non iì farebbe altrimenti a olio, & 'Π
veroquefta opera è marauigliofa, e rarifTima hauendo in ella Luca fatto i lumijC
l'ombre tanto bene, che non pare quaiì, che a fuoco ciò ila poiììbile. E ie queflo
Artefice fufse viuuto piùlungamenre, che non fece, fi farebbono anco vedute»
maggior cofe vicite delle iue mani; perche, poco prima, che morìfsejhaueua co-
minciato a fare ftorie, e figure dipinte in piraio , delie quali vidi già io a cuni pez-
zi in cafa fua, che mi fanno credere, che ciò gli farebbe ageuolmen' e riufcito, fe
la morte, che quali fempre rapifce i migliori, quando fono per fare qualche gio-
uaraento al mondo, non l'hauefse leuato prima, che biiogno non era, di vita.

Rimafe dopo Luca, Octauiano, & Agoftino fuoi fratelli, e d'Agoilino nacque
vn'altro Luca, che fu ne'fuoi tempi iitteratiifimo . Agoftino dunque
ieguitando
dopo Luca l'arte, fece in Perugia l'anno fa facciata di S. Bernardino, e den-
troui tre itorie di bailo rilieuo, e quattro figure tonde, molto ben condotte,e eoa
delicata maniera. Et in quefta opera pofe il fuo nome con quelle parole AV-
GVSTINI FLORENTINI LAPICIDìì:.

Della medefima famiglia, Andrea Nipote di Luca lauorò cfi marmo beniffimo»
come fi vede nella Capella di S.Maria delle Grazie fuor d'Arezzo >doue per ìa^
Communità fece in vn grande ornamento di marmo molte tìgurette , e tonde, e
di mezo rilieuo ; in vn'ornamento dico a vna Vergine di mano di Farri di Spinel-
lo Aretino. Il medefìmo fece di terra cotta, in quella Citrà la tauola delia Capel-
la di Puccio di Magio, in S.Franceico,*; quella della Circoncifione per la famiglia
de'Bacci. Similmente in S.Maria in Grado è di fua mano vna tauola beìli{Tìmi_.j,
con molte figure; e nella Compagnia dela Trinità all'Aitar maggiore è di fua
mano, in vna tauola ,vn Dio Padre, che foftiene con le braccia Chriflo Crocifìf-
fo, circondato da vna moltitudine d'Angeli : e da baffo
S. Do; ato, e S. Bernardo
ginocchioni. Similmente nella Chiefa ,& in altri luoghi del Sa ilo della Vernia»
fece molte tauole, che fi fono mantenute in quel luogo deferto, doue niuna Pie-
tura, ne anche pochiiTjmi anni, fi farebbe conferuata. Lo ileiìo A.ndrea lauorò in
Firenze tutte le figure, che fono nella loggia delio Spedale di S. Paulo, di terra
inu€triata,che fono affai buone, e fimilmente i putti, che faiciati, e nudi fono fra
vn'arco, e l'altro,ne' tondi della loggia dello Spedale de gl'Innocenti, i quali tutti
fono veramente mirabili, e moilrano la gran virtù, & arte d'Andrea;fenza molte
altre, anzi infiniti opere, che fece quello fpazio della fua vita, che gli durò anni
ottantaquattro. Morì Andrea Tanno 1528. & io, effendo ancor fanciullo, paf
landò con eflo lui gli vdì dire, anzi gloriarÌ!,d'eiierfi trouato a poetar Dona tó alia
fep olcura: e mi ricordo,che quel buon vecchio>di ciò ragionando n'haueua vana-
gloria.Mapertqrnarea LHCa,eglifiìcon gli altri fuoi fepellito in
S.Piet maggio-
re,nella ièpokura di cafa lorote dopo lui nella medefima,fa ripon;oAndrea,iÌ qual
laiciò due figliuoli Frati in S. Marco ilati vertici dal Reuer. Fra Girolamo Sauo-
narola > del quale furono lempre quei della
Robbia molto diuoti > ^e Io ritrailet<^

ni

Sf ff μ prem
intm Tahr-
» acolo f ^in
^uealert idn*
didiriliem.

Fahma vnu
fepoltura di
marme
λΙ Vef
duo di Fiefo'
le con figurey
fefieni,e frut*
ii bellijfimi.
Torma figure
dipinte in fia-
m.

Sua morte·

Eimmgem i
Fratelli profe·
gHenda l'arte»
Agofii»o lane·
rain Perugia
la facciata di
S BirnardinOi
con maniera
delicata,
Andrea Ni-
potè di Luta
lauora benif
fimo di mar·
mOft di pie'
tra cotta, in
Are^z.0,

TattolatnA'
, e nel
8φ dell»
V ernia.
Figure di ter-
ra imetriat»
ntlU Spedale
di i, Paoli in
TireaXt,

Morte d'^An·'
drea.

Sepoltura di
Luca,

-ocr page 267-

VITA DI LVCA DELLA ROBBIA. 177

η quella maniera» che ancora hoggi fi vede nelle medaglie. Il medeiìmo, olcre i
detti due frati» hebbe tré altri figliuoli ; Giouanni, che atteie air arte, e che heblie ,
tré figliuoli ; Marco, Lucantonio,e Simone,che morirne di pefte l'anno 15 2,7. e(- ^^-Ìm'sTJ'
fendo m buona efpettazione ·, e Lvica,e Girolamoache atteiono alla Scultura. De' ,
quali due, Luca fu molto diligente negi' nuttnati;e fece di iua roano,oltre a molte
altre opere, i pauimeti delle logge Papali, che f-jcc fare in RonnajCÓ ordine di Raf-
faello da Vrbmo, Papa Leone Decimo : e quelli ancora
di molte camere, doue fe-
ce l'imprefe di quel Pontefice . Girolamo , che era il mmore di tutti, attefe a la-
iiorare di marmo, e di terra, e di bronzo,, e già era per la concorrenza dj Licopo
Saniou'.no, Bacc.o Bindinelli, & altri maeftii de' fuoi tempi, fattofi valent' huo-

(ΰΠ .

Leraopere in
Roma ,

In TrAseia,

mo, quando da alcuni mercatanti Fiorentini,fù condotto in Francia, doue
moke opere per lo Rè Francefco, a Madri, luogo non n^.olto lontano da Parigi ; e
particolarmente vnPalizzo, con molte figure, & altri ornamenti, d'vna pietra,
che è,
come fra noi il gello di Volterra, mà di miglior natura ; perche è tenera.^
qu anilo fi lauora,e poi col tempo diuenra dura. Lauorò ancora di terra molte co-
iein Oi:liens,e per tutto quel Regno fece opere, acquiftaodofi fama,e boniiiìme
facultà. Dopo quefte cofe, intendendo, che in Firenze nonera rimafo fé non Lu-
ca fuo frate lo, trouandofi ricco, e fole al ieruigio del Rè Francefco, conduile an-
cor lui in quelle parti,per lafciatlo in credito, e buono auiamento, mà il fatto non
andò COSI, perche Luca in poco tempo vi fi morì j e Girolamo di nuouo fi trouò
iolce fenza neiluno de' fuoi : perche rifokitofi di tornare a godetfi nella patria le
y'cchtzze,che fi haueua con faticale fudore guadagnate ; & anco lafciare in quel-
la qualche memoria j fi acconciaua-a viuere in Firenze Γ anno 155?. quando fù

La famiglia

loro β fpegne,e

fi perdei' arte

. , ^ ^ . " rfi Iduorar gl
vno efercitato in quella forte dt Scultura, no e peto niu- ,

no giamai, a gran pezza arrii^ato all' eccellenza di Luca vecchio, d'Andrea , e de
ψ ain-i di quella hmiglia. Onde fe io mi fono diftefo in quefta materia forfè più,
tMe non pareua, che bifognaiT'e, icufimi 92η' vno, poiché l'hauere trouato Luca
quelle nuoue Sculture, le quali non hebbero, che fi fappia gli antichi Romani,
iichicdeua, che come hòfatto, fe ne ragionale a lungo. E fe dopo la vita di Lu-
ca vecchio,hò fuccintamente detto alcune cofe de'
fuoi defc endenti,che fono fta-
t! inuno α giorni noftri i ho così fatto , per non hauere altra volta a rientrare iii-^
q^rta materia. Luca dunque, paikndo da vn lauoro ad vn' altro , e dal marmo

ai bronzo, e dal bronzo alla terra , ciò fece non per infingardagine, ne per eilpe ,
Come ---- r - -

PAV-

Il fine della vit^ ^^ ^^^^ ^^^^ ^^^^Scultore,

Ζ

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.i70 seconda parte

VITA DI PAVLO VCCELLO PITTCR Ì^IORENTINO.

Aulo Vccello Urebbe ftato il più leggiadro, & capricciofo in-
gegno > che
haueile hauuto ». da Giotto in qua l'arte della-^i
Pittura; fc egli Γι fufle affaticato canto neiie figure, &: ani-
mali» quanto egli fi affaticò, e peife tempoVielle cofec?'
proipettiua. Le quali ancorché fieno ingegnofe, e belle, eh'
Jefegue troppo fuor di mUura, getta j] tempo dietroalrern'
po : affatica la natura, & Γ ingegno, empie
di difficultà , e be;
ne fpeiTo di fertile, e facile, lo fà tornar fterile, edifficik, e fe ne caua ( da chi pii^
attende a lei, che alle figure ) la maniera fecca, e piena di proffili ; il che gene
ra li voler troppo minutamente tritar le cole : oltre, che bene fpeilo
Ci diuenta-^»
iolitario, ftrano, malinconieo, c pouero : come Paulo Vccello, il quale,docaf'^
dalla natura d'vno ingegno iofiftico, e fottile, non hebbe altro diletto, eh®

d'inue-

ìì tempo de'
lauori di prò
(pettine ..

^ chi r^gHt-
guefl incltn»·'
Xione
, gita*
fi» In· huon*
ntamurn dt

firmwltfigu»

rt,.

ft

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VITA DI PAVLO VCCELLO. 179

d'inueftigare alcune cofe di profpettiua, difKcili, & irapoiTibili ; le quali ancor
che capnccioie fuiTeto, e belle ; l'impedirono nondimeno tanto nelle figure j che
Stttdh mffi
poi inuecchiando, Tempre le fece peggio. E non c dubbio, che chi con gU (ludij »fplic*te «/,
troppo terribili violenta la naturi; ,ie ben da vn canto egli afsotrigha hngegnoj fot^ìglia Un»
tutto quello, che fà, non par mai fatto con quella f:\cilità > e grazia j che naturai' ·
mente fanno coloro, che temperatamente, con vna confidcrata intelligenza pie- , J''
na di giudicio, mettono i colpi a luoghi loro , fuggendo certe fottilità s che più
ptcfto recano adofso all' opere vn non sò che
di ilento, di fecco j di diffìcile, e di 't^*·

cattiua maniera,che muoue a compaffione^a chi le guarda , più tofto > che a ma-
rauigliai atteib ,ch« l'ingegno vuol eiìererJatticato quando l'intelic tto hà ve-
glia di operare; e, chel furore, è acccfo ; pecche allora ii vede vfcirne parti eccel- '
ienti, e diuini j e concetti marauigliofi. Paolo dunque andò lenza intermettere y^rit inuen^
raai tempo alcuno, dierro fempre alle cofe dell'arte, più diflicili> tante che ridui-
/ioni ingegno*
fe a perfezzione ii modo di tirare le prolpett'iue, daUe piante de' caiamenti, e da' A fti Βαοΐο,ίη
profili de gli edinzij, condotti infino alle cune delle cornxi ,e de' tetti > per via_^ f^ritar pr»^
dell'interfecare le linee; facendo, die le fcoiraffino, e diminuiiTino al centro, per

nauere prima fermato, ο alto, Q bailo doue voleua, la veduta deli occhio. e tanto
in iomma fi adoperò in quefte difficul à, che introdufie via, modo, e regola m

mettere le figure in su plani doue elle poianoipie^, e di mano in mano d^^^^^^

ie fcotr.ffinoi e diminuendo a proporc .one sfuggii no; il che prima fi andaj h-

«ndo a caio. Trouò fimilmence lì modo di girare le ci-oaere,e gh archi deil^ uo rm^nep,·

voltf , !o frortare decalchi, con gb sfondati delle traui ·, le colonne tonde per tar «ir..

' lenza bfciavfi^dere. Et aui:enga, che quefte fofii no cole .1 e^

ie. fe gli hauelle fp fo quel tempo nello lludio delle hgure, ancoahe le faceflc
con a!ìa, buon
di(&no,\aurebbc condotte debutto perlettifl.me . MaCouiu-

pal!ea7.Jacce,apunÌed.di.mLri,acinogniiaccia,biiKio^^^^^^^ ^p/J^

nal.oni, & aitre bizzarie in che fpf

ndeua, e coniumaua u tempo. . - w ^^^^^^

iUtua prolpernua ti fa lafc ^r. il certo per hncerto: quefte fono

fcruo'ìo fe non a auefti rS · <--nno 'e tarfie; percioche empiono i hegi di biucio

Lelmo, cioè vn Santo Antonio Abbate, e S.Cofuno, e 5 tSX Φ^*^'

la mezo. In Annalena (Monaftcro di Donne) fece due ^^ " ^

pra a la porta fimftri dentro all i Ch eia m f eico·, ftone d S.Fiancclc.o, cioè ti u-

ccaere delle St' /^ f Ti ΓΚ^Α con le fp:ille,e lo abboC- /„ vnzCMptl-

roalla porta S^co S^^^^è ia?Ìuok,e predella di Mafac -

ne, e cofa nuoua, e d.fiicle m qtiei tempi per eflere ftata la prima, che h moftiaf- ^
fe con bella maniera a gU Artefici, e con
"rana,e proportione moftrando il modo ^

di fare sfuggue le hnce, e f^e ,che in vn piano lo fpatio, che c poco , e picciolo,
acquiftì tanto, che paia affai lontano, e iar^o, e coloro, che con giudicio fanno a

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18ο s e c ο ν d a PARTE

; l'ombre àfuoi luoghi, & i lumi concolori» fanno
inganna,che pare, che 1;
E non gli baftando quefto volle anco moltrare maggiore diiSciiltà in alcune co-

Ionne,che fcortano per via di profpettiUaile quali ripiegandoli rompono il canto
viuo della volta doue fono i quattro Euai^eUfti, la qual cofa
tenuta bella,
difficile: & in'vero Paolo in quella profeffione fu ingegnofo, e valente. Lauorò
anco in S.Miniato fuor di Firenze, in vn chioftro, di ν erde terra, & in parte colo-
ri· o, la vita de'Santi Padri: nelle quali non oileruò molto i'vnionc di fare d'vn fo-

10 colore» come fi deono le ftorie, perche fece i camp) azzurri, le Città di color
rollo, e gli edifici variati fecondo, che gli parue & :n quefto mancò,perche le co-
fe che fi fingonodi pietra non poiiTono,e non deono eflere tinte d'altro coiore_j?·
Diceiì, che mentre Paolo lauoraua queila opera, vn'Abbate j che era allora
quel luogo gli faceua mangiar quali non altro, che formaggio. Perche eiiendo-
gli venuto a noia debberò Paolo, come rimido, che gli era,di non vi andare più a
lauorare , onde facendolo cercar l'Abbate, quando fentiua domandarii da Frati?
non voleua mai efser'in cafa : e Te per auueniura alcune coppie di quell' Ordine
fcontraua per Firenze,fi daua a correre quanto più poteuu,da effi
fuggendo. Per

11 che due di 1οη> più cunofi, e di hu più g^ouanij'lo Mggainiero vn giorno, e gli
domandarono, per qual cagione egli non cornafie a finir l'opera cominciata :
perche, veggendo
Frati fi fiigg^Ìse; riipofe Paolo, voi mi hauete rouinato iij mo-
do, che non folo fuggo da voi, ma non polso anco pratticare,ne pafsarejdoue fia-
no legnaiuoli, e di tutto è'ftato caufa la poca difcrezioìie
dell' Abbate voftro ; il
quale fra torte,e mineilre
,fatte lempre con cacio, mi hà mefso in corpo tanto
iormaggio» che io hò paura, eisendo già tutto cacio
, di non efsermelso in opera
3er inaihice . E ie più oltre conti nuaiiì, non farei più
fòrie Paolo , ma cacio. I
^rati partiti da lui con rifa grandiffime, difsero ogni
cola all'Abbate, il quale fat-
tolo tornare
al latioro, gli ordinò altra vita, che di formaggio . Dopo dipinfe nel
Carmine nella Capella diS. Girolamo de'Pugliefi ,ίΐ doisale di
S. Cofimo, e Da-
miano . In cafa
de' Medici dipinfe m tela a tempera alcune ftorie di animali, de'
quali fempi e fi ddetiò;
e per fargli bene , vi miie grandiffimo (ludio ; e che è più,
tenne iempre per caia d pinti, vccelli
, gatti, e can·, e d'ogni forte dvani lìali Pira-
ni, che poterie hauer in difegno, non
potendo tenere de' viui, per efser pouero.
E perche fi dilettò, più de gii
Vcccllu che d'altro, fù cognominato PA VLO Vc-
celli. Et in detta cafa , fra l'altre ftorie d'ammali, fece aicuni Leoni, che corabat'-
teuano fra loro, conmouenze, e fierezze tanto terribili, che pareuono viui. Ma
cofa rara era fraraitre ,,vna ftoiia, doue vn Serpente combattendo con vn Leo-
ne>,iroil:raua con mouimento gagliardo,la ίua fierezza5& il veleno,che gli fchiZ'^
zaua per boccasc per gli occhi,mentre vna Contadinella,ch'é prefente guarda vn
Bue,fatto in ifcorco belliffìmo. Del quale n'è il difegno proprio di mano di Pao-
lo nel noftro Librode'Difegnire fimilmente delia Villanella tutta piena di paura,
&inatto di correre, fuggendo
dinanzia quegli animali. Sonouifimilmente certi
Paftori molto naturah,& vn paefe
,ehe iù tenuto cofa molto bella nel iiio tempo.
E nell'alcre cele fece alcune moitre d'huomini d'arme a Cauallodi que'tempijcon
aliai ritratti di naturale . Gli fù fatto poi allogagione nei chioftro di S.MariaNo-
uelIa,d'àlcune ftorie:le prime delle quali fono quando s'entra di Chicfa,nei chio-
ίl:rσ^la.creazione de gli anitxialtr con vario, Òc infinito numero d'acquatici, terre-
ftri, & volatili., E perche eracapricciofiiTìmo, e come fi è detto,fi
dilectaua gran-
demente di far bene gii aniraaii^raollrò in certi Leoni, che fi vogliono mordere t

quan-

?[uerto con gratia aggiugnere l'c
ènza dubbio,che i'occhio s'inganna,che pare, che la Pittura iìa viua, e di rilieuo.

Vite,di SS.
Pddri dipinte
m vn chioflro
eon vaghe\~
^a, ma, con
ì-
viitatione
manc&euole»
Rimprpufro ar
guto alV Ab
iate del /«o.

go* .

Dipìnge nella
Capella di
S,
Gmlamtl· d^
IB figlie fi.
Storie tf ani-
mali a tempe-
rata c»/a de'
Medici,
Cognome di
Vccello attrt'
iuitogUyper di
pignere Vfcel^
li.

Xitpinge hel'
Itjpmi com·
iattmentt di
mr^ animali.

faefey flimato
laucro
beUo A
queltempo.
Caualcato , e·
ritrmtal ηΛ^

turale^
Varie fetìe

nel chiofi/o di'
S.Μ aria NO'
mila.

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vita di pavlo vccello. i8i

«stianto fia di fuperbo in quel]i:& in alcuni Cerui,. DainUa velocuà,& il turerei f
okre. che Γοηο|[ι Vcceà & i Pefci con le penne, e (qua tre viu
creazione deU'huomo,e della femina,& il peccar loie,
con beila maniera, atìatt
cara, e ben condotta. Et m qaefta opeia fi diiettò far gh alberi d. colore , i quali
allora non era coftume di far molto bene:così nc;pael<,eg i fu il prmio.che h
dagnarte nomefra i vecchidi ìauome , e queìhben conduue apm
Chenonhaueiiano fatto eli altri Pittori manzi a lui, fe bene dt poi e venuto
cL^rS p^ con tanta fatica , non potè ma. dar oro que la

morbidezza, q^iella vn£ne, che è Hata dato loro a tempi -ftr.nd co ondi a
olio. Mà
tii ben aflabche Paolo con bordine delia pi-ofpectma, gh andò dimmuen- ς ^ ^
do,e ritraendo, come iranno quiui appunto, facendoul tutto quello, che vedeua, p^^j^kne,
cioè campi, arati, foilati, & altre minuzie della natura', che in quella Tua maniera
fecca,e raglientcilà doue fe egli hauefle icelto il buono delle cofe,e meflo in ope-
ra quelle pam aps utcsche tornano beni in Puturajfarebbono llati del tutto per-
fettiiTùtu. Finito, c'hebbe quello, lauorò nel n.edefimo chioftro, (otto due itone _
di mano d'altn,e più ball il diluuio con K^rca di Noè, & in eila con tanta la-
tica, e con tanta arte, e diligenza laiioiòi moti ,latempeila,ilfLU-orede venti,i
lampi delle iaette, il troncar de gli alberi, e la paura de gii huomini, che più non
fi può du-c. Et in iicono fece in proipetrma, vn morto,al quale vn corbo gh caua
gh occhi, & vn putto annegato,che per h.iuer il corpo pieno d'acqua,ta di quel-
le vn'arco grandiiTimo Diraoitrouui ancora varij effetti humani jcome il poco
timore aeiracaua,in due,che a Cauallo combaitono:e reftrema paura del morire
in vna fei-mna,& in vn mafchOjche iono a Cauallo in sii vna Bufola, la quale p«
ie parti di dietro, empiédoii d'acqua,fà diiperare :n tuttocoioro di poter ialuadr.

tutta di unta bontà, ed eccellenza, che gli acquiito grandiiTima faina. Di-
'^mux le figure ancora per via di hnee in proipettma, e fece mazzocchi, & altie St fm hdU

ne di Noè, coldiipregio di Cam iuo figliuolo, nel quale ritraile Del ο Pittore, e
Scultore Fiorentino ίαο amico·, - Sem, e lafec altri fuoi figliuoli, che loncuopro-
no, moftrando eiib le fue vet sosne. Fece quiui parimente in profpettma , vna.^
botte, che gira per ogni lato, ?o-ia tenuta nìoko bella, e così vna pergola piena dr

vua,i CUI legnami di piane fquadrate vanno diminuendo al puntomia ingW^^^

perche il diminuire del piano di fotto.doue pofanoipiedt efigure va conleh-

nee della pergola, e la botte non vicon le medefime hnee, che sfuggano .Onde
«11 Iono
marauigUato aliai, che vn tanto accurato, e diligente facelle vn errore
COSI
notabile; Fèceui anco il Saer5fizio,con l'arca aperta,tirata in pro{pettwa,con
gli ordini delle ftanghe nell
'altezza , partita perordine rdoue gli Vccelh ftauana
accomniodati,i quah fi veeeono vfciv fuora volando in i^corto^i pur ragioni^
neli aria fi vede DioPadre'^che
appare fopraal Sagnfizio,t:he fa ^oe co i fighu^^^^^
vohTf ' quante figure fece Paulo in quetta opera, è la
« fcono verio il muro,& h

que la hgura lo buchue lo sfond.Er oltre ciò,hà quiui Noè attorno moltidiuetiì.

e^inhniti animai, beUiiTuiìi In fomma diede tutta queif a opera morbidezza, e

grazia tanta,ch'eU'è fenz" ^n "^^e fuperiore, e miglioÌ^editutte l'altre ^ J

Onde ίύ,ηοη piKe allora,l^dara.^ece in S.nr.

Fiore
morto

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S E C Ο Ν D A PARTE

di verde terra,in vn quadro alto braccia dieciinel mezo d'vna facciata della Chic-
fa: doue tirò Paolo in profpetriuaj vna gran calla da morti, fingendo > che'l corpu
vi iuiiè dentro: e fopra vi pofe riinagins di lui armato da Capitano a Caiiallo. La
quale opera fu cenata » & è ancora cofa belhiTìma perPittura di quella forte; e fe
Paolo non haueiTe fatco, che quel Cauallo muoue e gambe da vna banda fola ? "
Erme nel che naturalmente i Caualli non fanno; perche cafchercbbono (il che forfè gli aU-
Pioto del €λ' uenne, perche non era auezzo a caualcarcj ne pratticò con Cauaili, come con gli
, , altri animali ) farebbe quella opera perfettiffima ; perche la proportione di quel
·' Ο ualIo,che έ grandifrimojè molto bella; e nel baiamento vi ione quelle lettere.

'dittichìefL 'P-^f^LI VCCELLI OTFS. Fece nel medeiimo cempo,e nella medeiìma Chiefa»
loggia de gU di colorito,la sfera deli'hore ibpra alla porta piincip.ile dentro IaCh;efajCon quat-
Angeli tro tefte ne'canti, colorite in frefcn. Lauorò anco di colore di verde terra, la log-
ta di terra già, che è volta a porenre, (opra l'horco dei Monaftero de gli Angeli, cioè fottp
■verde còtrat. ciafcunoarco vna fìoriade'facridi S. Benedetto Abbate , e delle pai notabili cofe
ti ingtgnofi dt vita,infine alla morte. Doue fra moiri tratti,che vi fono beliiiTiraii ve ne

i>ro/fittiM, ^^ vno,doue vn Monaiferio,per opera del Demoniojroiiina; e focto iiailì,e legni
I imane ν η Frate morto. Ne
è manco notabile la paura d'vn'altro Monaco, c bc^
fuggendo, hà i panni, che gifandc intorno all'.gnudo, fuolazzano con bellifllraa
grazia.Nel che defto in modo l'animo a gli artefici,che eglino hano poi feguitato
iempre quefta manìera.E belliffima ancora la figui a di S.Benedetro,doue egli con
grauità, e diuozione nel conipetto de'iuoi Monaci rifufcita il Frate morto. Final-
mente in tutte quelle ftorie fono trattida edere coniìderati,e maffimamente
certi luoghi doue fono tirati in ,prorpertiua,iniìno agli embricije tegole del te :to.
E nelÌ?. riiorte dj S.Benedettr,mentre i fuoi Monaci gli fanno l'eiTequie,e lo pian-
gono; fono alcuni infertni, e'decrepitia vederlo, molto belli. E da confiderare an-
corasche fra nìoltiamoréuoli, e diuoti di quel Santo; vie vn Monaco vecchio con
dua grucce ietto le bracciasnel qual li vede vn'afletto mirabile,e forfè fperanza di
riliauer la fanità. In quefta opera non fono paeil di colore, ne moki cafan)enri, ò
)iOÌpettiue difìicili: ma sì bene gran difegno, e del buono aliai. In moke caie di
-irenze iono aiTai quadri in prc(petriu;i,per v;-;ni
di lettucc ,ΐεη;, & altre cofe pic-
ca
ila t a mano del medciìmo; òc in Gualtonda parnroiarmente nell'horto, che eia
ner^ìT' d.e'Baitoìini, in ^'n terrazzo di fua mano quattroilorie ai legname, pieneWi guer-
Gmliàno Bw Cauaili,& huonrni armati,con portature di que'cetiipibcIl;irime;E fra gli
giardini nel hiiomiiii, è ritratto Paolo Ojlino, Ottobuono da Parma,Luca da Canale, e Carlo
rtjarctrgli gli MalaielL Sig.di RuTsini,rutti Capitani genernh ώ que\empi. Et i detti quadri,fu-
guaj^a. rono a nofln
ieri; ρ, perche erano guaftì, & haueuono patito, fatti racconciare da
Gigantidipin- Giuliano Bug:ard]ni,che più tofto hà loro nociuto,che giouato.Fù condotto Pao-
ti dtterra vtr ^^ Donato a Padoua, quando vi lauorò , ik vi dipinfe nell'entrata della caia de'
ζΓ Vitali di verde terra, alcuni Giganti, che fecondo hò tronato in vna ietrera latina»
fpt7L '^ccn ^^^^ Girolamo Campagnola a M.Leonico Tomeo Filofofr, fono tanto bel-
^natno £/e. k, che Andrea Mantegna, ne faceua grandiffimo conto. Lauorò Paolo in firefco la
tnmtiafreftt Volta de'Petuzzi a triangoli, in proipettiua , iu sù cantoni dipinfe nelle qua*
nella volta dracure i quattro Elementi, &a ciaicuno fece vn' animale a propofito : alla ter-
de'?erit\tÀ, ra vn- Talpa , all' acqua vn Pefce, al fuoco la Salamandra , all' aria il Cama-
leonte , che ne viue , e piglia ogni colore.
E perche non ne haueua mai veJu*"
ti, fece vn Camelo, che apre la bocca , & inghiottifce aria , cmpiendofene il ven-
ire : iunplicità certo grandiffima j aliudendoper lo nome del Cameio a vn'ani'
liiàie·? che è iìmile a vn ramarro fecco, e picciolo : col fare viia beftiaccia difa'

datta,

Quadri, in
Tirenjt,

di-

pinio cm ani-
mali ^ huo
mini armati.
RurAlti dt

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VITA DI PAVLO VCCELLO. ig^

Grandi furono veramente le fatiche di Paolo nella Pittura , ha-
uendo difegnato tanto, che lafciò a fuoi parenti, fecondo, che da loro medefimi
no rurattojle caile piene di difegni. Ma fe bene il difegnar é ailai meglio, è non-
aimeno mettere in opera , poiché hanno maggior vicaì'opere, che le carte dife-
gnate. E fe bene nel nofèro libro de' difegni fono affai coiè di figure,
di profpet-
tiue, d'vccellije d'animali, belìi a marauiglia,di rutti è migliore vn mazzocchio ti-
rato con linee iole tanto beIIo,ehc altro,che la patienza di Paolo non ii^haurebbc
condotto. Amò Paolo, fe bene era perfona ftratta, la virtù degli Artefici fuoi, e
perche ne rimaneiTe a' pofteri memoria,ritrafse di fua mano in vna tauoia lunga.
Cinque huomini fegnalaci, e la teneua in cafa per memoria loro, l'vno era.Giotto
^ principio dell'Arte; Filippo di fer Brunelleichi, il
feGondo,
peu Architettura;DonateIlo per la Sculturale fe fteiso per la profpeteina,& ani-
mai. , e per la Mactemattica Giouanni Manerti Tuo amico,col quale conferiua af-
Tnfr ψοΎ^^^ ^^ Eu^i^de. Dice/ì, che efsendogìi dato a fare fopra la

sr f 1 ^ mercato vecchio,Ioflefso Sanro,che a Chriilo cerca la pia-
mòft ^ ^^ η quell'opera
tutto lo ftudio, che feppe, dicendo, che voieua_j
acci 'l'I^ìia quanto
valeua,e iapeua. E cosi fece fare vna ferrata di tauole»
ico!? ^· porefse vedere l'opera fua, fe non quando fufse fin ta. Perché

che " Γ giorno Donato tutto folo,gli cfifse j E che opera fia quefta tua_^,
io νοΓ^ ^^ · "^efpoi^dtrndo Paolo d.fse,ru vedra-.e baila· Non

do fuf f^onaro, a dir p;ù oltre^enfincfojcome era fo!rto,vedere quan-

Per f ni;v:.colo. Trouandofì poi vna mattina Donato per con>

fut mercato vecchio, vide Paolo,che fcopriua l'opera fua, perche, fa-

iia ^o^efemenre, iù dimandato da efso Pao'o,che cunofamenie defidera-
dato p^id ciò
fuo,quello, che gli parefse di quella Pitturai Donato guar-
pnrete m i'ope.a ben bcne,diise ; eh Paolo,hora,che farebbe tempo di co-
queiia iua vl^^^"^V Allora contriftandofi Paolo grantfemente, iì fend hauere
di
non haue'rdo"^\i· niolto più biafìmo, che non afpettaua di hauere lode. E
do alia proioetÌ
 auui'ito,d'vicir più fuora,i] rinchiufe in cafa,attenden-

E enei iin ^"^^^he lempre lo tenne pouero,&intenebrato infino alla morte^
fi veccniffimo ; e poca contentezza hauendo nella fua vecchiaia,

^ figìÌuola,che fnpeua difegnare, e la moglie ,Ia qual foleua

re, che tutta la notte Paolo ftaua nello fcrittoio, per trouar i termi-
«1 della prof pettiua, e che quando ella lo chiamana a dormire,,
egli le diceua, ο che dolce cofa è qnefraprofpettiua. \
Et

in vero s'ella fù dolce a lui, ella non fùanco,.
fe non Gara,& vtile, per opera fua a co-
loro,che in quella fi fono, do-
po lui, eierci-
ratì»

Ejutueeo ti.j
dipinger i η
CamAleente.
C»lfe
lafiiate
pient didift'
gpi.

Lanero mir^-^
bile di linee.
Artefici fa'
mofidalui ri-
tratti in vi$»

Sua vltim»
fniit» fatttf·
con grand ftp»
phcatiene^mk
con nen felice
riufcm »

Sm morte 9

Su» figliuola
perita nel dl·'
fegnare ♦
Suo grò* Bu*
dio di pfofpei"
tiua, riferito
dalla megUe
Φβη Μ dette.

flf ne della Γάα di Paolo Fceello Pittore .

LO'

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.i70 seconda parte

VITA DI LORENZO GHIBE RTI PIT TORE.

,, On è dubbio, che in cucce le Ciccà, coloro, che con qualche^
virrùi
vengono ui qualche fama fià gii huomini : noniìnuo li
più delle voice vn iaiKiis. kiiTie d'e.s^Tpio a nioiti, ch^ dopo lof
narcono,& m quella medeiima ecà Viuono,oltra leìodi iniini'
te» e lo iìraordinano premio, eh' eiTi "(r.uédo ne riportano.
ti è cola, che pai deiìi gli animi dede genti, ε faccia parere lor^^

■ , ________ i-nea faticoia ìa diiciphna de gli fhìdi, che l'honore, e ΓνΠ'

lira , che fi caua poi dal .iadore delle viitii j perciòche die rendono facile a cia^''
L'honore^in» cheduno ogni ur-prvfa diffìcile : e con maggiore impe;;o fanno accrefcere
titaaiemo λ
Ι virtù loro- quando con le lode del Mondo s'alzano. Perche infinif , cheC'^'
Uvmà. fentono, & veggono , fi metrono alle fatiche , per venire in gì ado di mentaC^
quelio, che veggono hauer meritato vn fuo compatriota. E per quello antichi'

mente

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VITA DI LORENZO GHIBERTI. 'igj -

mento Π premiauano con ricchezze i virtuofi, ò fi honorauano con 'crionfi, & . · <

^ftrerna eccellenza iu- -

^ --------------------—■ gl' impeci di quella come ben

leppe,e pec meritbe per forte Lorenzo di Clone Ghiberti, altrimenti di Bartoluc-
CIÒ ; il quale meritò da Donato Scultore, e Filippo Bvunelefchi Architetto,ε Scul-
tore, ecce lenti artefici, edere pofto nel
luogo loro ; conofcendo effi in verità, an- f "''^lo
Cora che il fenfo gli ftringeile forfè a fare il contrario, che Lorenzo era migliore ^Zld^l
raaeitro di loro nel getto. Fù veramente ciò gloria
di quelli, e confufione di mei- '

tu quali prefumendo di ie, fi mettono in opera ; & occupano il luogo dell' altrui
^Ltu, e non facendo effi frutto alcuno : mà penando mille anni a fare vna cofa,
iturbano , & opprimono la icienza de gli altri, con roaligmtà, e con inuidia. Fù , ^ ,, .
dunque Lorenzo figliuolo di Bartoluccio Ghiberti, e da i fuoi primi anni imparò
ÌTo^TJ
Urte de l'orefice col Padre ; il quale era eccellente maeftro,e gl'iniegnò quei me-
Pati" ' Sf ■ ^^ Lorenzo fù prefo talmente., eh' egli Io faceua afiai ajeglio che!
e-an-f ' dilettandofi molto più dell'arte della Sculcura,e del difegno, maneg- e Β

fi^dua qualche volta colori, & alcun' altra gettaua figurette picciole di bronzo, e
ancid ' anco di contrafare i conij delle medaglieri . '

^artolu " ^ ηΐΐ iuo tempo ritraile moki fuoi arnici. E mentre egli con Femit rttraS'

renze 1 ''^"ofando cercaua acquiitare in quella profefTione : venne in Fi- in meda·
iua mitÌ^^j 1400. fecondo , che racconta egli medefimo in vn libro di

Bartoli ^""f bielle còfe dell' arte , il quale è appreflò al R. M. Cofimo

Fiorentino. Alla quale pefte iiggiuntefi alcune dif
ci"vnMrr^ n ' '^^"^'^^gli della Città jgli fù forza partirli, & andarfe in Compaq

''ΠοΚΓΟΡίΓΓπι-ρ.,^-η _ . Γ r___τ r·.· Ti-

vna cim Romagna.Doue in Anmini dipinfero a! Sig.Pàdolfo Malate-

dìsfazione lauori,che da lui furono con diligenza fitiiti, e con fo^

difegno ^"^^^^gnore, che ancora giouanetto, fi dilettaua ailai delle coie del
%no, necUnS^^^^^ perciò in queln^iertreLorenzo di ftuto^ PerU^^di

il

Scalcti-^^H-'^'^^ V*^ mercatanti deliberarono ('hauendo in quei tempo ceJfAdt

douefìp. i" eccellenza, così foreftien , come Fiorentini ) che fi '

E. chìamM»
in vna moftra 'n^'renXeper

Λ Lorenzo^^^.P'^iwa porta. Fù fctitto quefta deliberazione da Bartoluccio , ί
ί ; γκ" lauoraua, confortandolo a tornare a Firenze, a dai '

"a, che corno -·ΓΓ ^ 1 maeltri, che erano tenut

<i'vna fiorii Fiorenza, per fare eiperimenro di loro, lu „ ,

^la tatto Sr' Ornile avnad.ouelle , che già Andrea Pifano haue- ff j^po^'^^^

Λ Lorena' ^APi^ima jporf.-,. rrfirro nueftra delibe'·""''^"'^ ^^ ' »

ftSS-difcfci,'

orma vn mo-
aelio in cott·

bngegnofuo. era vna occaficne da fai fi cpnofcere, e damoftrarc_/> coruhmd'ul»

r altro harebbono nÌ"^· ^ trarrebbe sì fatto vtile, che ne Γνηο, m.
renzo le parole diBal-fT^'^'^gno lauorare pere. Modero l'animo di Lo-
dolfo,& il Pittore, etutr ^^ tiianiera, eie quantunque il Signor Pan-
ie Lorenzo da quel Sicnore ' faceflmo carezze grandifllme, pre-
dilpiacerelorolo laiciaron e dal Pittore: i quali pur^con fatica,

i^^rtire; giocando ne promell'ei ne accrefce-

-ocr page 276-

.i70 seconda parte

se prouiilone : parendo a Loi'enzo ogn' hora'miile anni cìi tornare a Firenze: pai?^
titoiì dunque feliceraenta ala fuapatna fi ridulTe. Erano già comparfi moki io·
reftiet! >efattòfi corìofcereaGonfolideli'arte;. da^mli furono eletti di tutto il
numero, fette maeftri > tre Fiorentini > e gli altri Tofcani ; e fu. ordinato loro vna
promfione di danari} e che fra vn'anno ciafàino doiiefle? hauec finito vna-^
lloria di bronzo dellatoedefima grand'ezza, eh' eranoquellé delh prima porta_>
per faggio» Eteledero, che detto fi faceiie la ftoria quando Abraamfacrifì--
ficaIfaacfuo figliuolo. Nella quale peniàrono douere hauere i detti Maeftri
che moilrare » quanto a le difficoltà deirarte > per eflere ilona > che ci va dentro
paefi, ignudi, vediti, & animali. E fi poteuono far le prime figure di lilieuo 5 e le*
feconc^e di mezo, e le terze di bailo. Furono i concorrenti di queilaopera.Fi-
l'ippo di fer Btunellefco, Donato, e Lorenzo di Bartoluccio Fiorentini, òi Iacopo
dalla Quercia Senefe, e Nicola d'Arezzo fuo creato, Francefco di Valdambrinaj
e
Simone da Colle dettò de'Bronzi, i quali rutti dinanzi a Confoli promefionó
dare condotta la ftoria nel detto tempo > c ciafcuno alla fua dato principio, coST.^
ogni ftudio » e diligenza metteuano ogni lor forza, e iapere per pailare d'eccel-
lenza IVnl'altro» tenendonaicofoquel> che fàceuanofecretiiìimamente, per
Bon raffrontare nellecofemedefime. Solo Lorenzo, che haueua Bartoluccio
che lo guidaua, e li faceiia far fiitichc , molti modelli, innanzi, che fi rifolueffino
di mettere in opera nefiuno, di continuo menaua i Cittadini a vedere, e tal bora i
foreftieri, che paiTàuano , fe intendeuano del meftiero, per fentire l'animo loro y
i quali pareri furon cagione, ch^egli condufle vn modèllo molto ben lauorato rS
fenza nefsun diffetto .
E così fatte le forme, e gittatolo di bronzo, venne be-
fiiiTimo, ondeegli con Bartoluccio iuo padre Io rinettò 5 con amore, e patien-
za tale > che non fi poteua condurre ne finire meglio. E venuto il tempo, cht_j>
Ci haueua a vedere a paragone, fù la fua, e le altre di que' maeftri finire del tur·-
tOj e date a giudicio dell'arte de' mercatanti, perche veduti tutti da i Confòli, e d»
molti altri Cittadini, furono diuerfi i pareti, che fi feceto fopra di ciò. Erano con-
Cora in Firenze molti foreftieri » parte Pittori, e parte Scultori , & alcuni orefici
iqiuìi furono chiamati dai
Confoli a douer dar giudicio di quefte opere infiemei
con glialtri di quel meftiero, che habirauano inFirei-rze. Ilqual numero fu di
5:4. perfonej e eiafaino nella fua arte peritillìmo.. E quantunque fuffino infra dì
loro difterenci di parere r piacendo a chi la maniera di vno, a chi quella di vn' al-
tro,fi accordauanonondiraeno rche Filippo di fer Brunellefco, e Lorenzo diBa^'
coluccio haueffino» e meglio, e più copiofa di figure migliori, compofta , e finita^
la
ftoria loroM che non hauèUa fatto Donato la fuaancora che anco in quella-*»
filile gran difegno - Ih quellidi Iacopo dalIa Querciaerano le figure buone,
non haiieuano finezza > fe bene erano fatte con difegno, e diligenza. L'opera-j'
di Francefco di Valdambnn& haueua buone tefte, & era ben rinetta, mà era nel
componimento conEifa - Quelk di Simon dà Colle era vn bel getto, perchc.J''
ciò fare era^fua.arte ,.niànon haueua molto difegno .11 faggio di Nicolò d'Arei-"

ao V che epa fatto con buona prattica haueua le figure tozze , & era mai rinetio ·■

SOlo:<}uellà;ftoriache per faggio fece Lorenzo, la quale ancora fi vede dentri
all^ vdien^a deli'àrte de' mercatanti r era in tutte le parti perfettiffimà HàueUf
tuttairòperaidifegno s era beniffitiio compofta.. Le figure di quella maniei^
erano fuelte,,e fatte con grazia ,-,&attirudini belliffime era finita con tàtitai-·^
diìigenza» che pareua fatta non di getto» e rinetro con ferri s mà Gol fiato. Dona'"
tO j; e Filippo vifto la diligenza j che Lorenzo hauena.vfata nell' opra fuà ? β

con'

SI ptMièev»
Λλ {feriti i m<f>
tkUi*.

Ccnfidtmhi
mfppr
»ilif/ig·
si ìegli nHt.·

Sifreferifte

L'ìftÌilf·,,

-ocr page 277-

vita di lorenzo ghiberto. i

fon da vh canto: E parlando fra loie > riiokerono, che l'opera doueile darfi a Lo^»
renzoj parendo loro» che il publico, & il pduato farebbe meglio feruico>e Loren-
zo, efiendo giouanetto j che non paflana zo. anni
baurebbc nello efeicitariì a fa?
re in quella profcffione que* frutti maggiori, che pron-etteua la bella ftoria, clic
egli a giudicioloro haueua più de gli akri eccellenrcmenre condotta. Dicendo»

che farebbe ftato piìi tofto opera inuidiofa > a leuargUela : che non era virtuofa a
ferghelahauere-

Cominciando dunque Lorenzo l'opera di quella porta » per quella» che dirim-
petto all'opera di
S.Gio. fece per vna parte di quella vn telaio grande di legno
quanto haueua a efler appunto fcorniciato,e con gli ornamenti delle tede in sù le
quadrature, intorno allo fpartimento de'vani del e {iotie, e con oue'fregbche an-
dauano intorno. Dopo fatta, e lecca la forma con ogni diligenza, in vna fl:anza_^»
che haueua cmnoero dirinio<»trh a Μ-^ι-ι^ τντ..-.^" J— ^ i----- ^-^-^dale de* ,

I ricordo laum ivn»

, ^ _______»1. uv-ti.-..—w ------------ - -- - - ^^ eofstfi,^·

ne bene, perche conofciuto il difordine, ienza perdetfi djnimo, ο "gf^enrarn, ^^^^^ ^^^^^
iatra l'altra forma con preftezza, ienza , che munolo fapeiTe ,Jo rigetto .evenne

beniffimo. Onde così andò feguitando tutta l'opera . gettando ciaicuna i^

per (e, e rimettendole nette, ch'erano al luogo fuo. E lo ipartimento ^«l^hiftone
i^iCumka quello, ch'hauea già facto Andrea Pifano nella prima porta, che gli dt^
f^gnò GiotVacendoui venn ftorie del Teftamentonuouo , & m otto vam iimi.
l·' ^ quelh, feguitando le dette ftorie . Da pié fece i quattro gg

Poi-ta, e così i quattro Dottor, della Chiefa.nel medefimo «odo,. qua . fono d f-
fe [enti fra loro di attitudini, e di panni. Chi ferme, chi legge:

' vn dall'akro fi moil, ano nella lor prontezza molto ben cot^^do tr. Okre che
telaio deir ornamento riquadrato a quadri mtornoalle floue ; ν e vna tregi^
tm-a
di foglie <kìmcTe Se ragioni, tramezate poi da cornice & <n suogm

cantonatÌvnate^

ie, che fono molto belle,e nella loro varietà moftrano la bontà deli ingegno di

Lorenzo. So?ra i Do ωί g-

g'nta dalla banda d, ■■ erfo S. Maria d^l Fiorr. i ρ^^φιο
dio
è l'Annunziatione di N. Donna , doue egb finf^ nell
^e, vnofpauento, & vn iubito timore ; ftorcendofi con
Ai
^gelo. fec a lato a quella fece ,1 naicer di Chnrto, doue e la R

gh Angeli, che

cantano. Nell'altraa lato aqueita, c · j porta, a vn medefimo pari feguita la ftona della venuta de'Mag··, ^^ .
Chnfto,dandoHunbu?r,dou% la corte,che

cinfto iel GÙrÌZ'Zr'' fi cZ? β ne gUattaorcla riuerenza^

quella il conofcere,cVegiri^èglS0 di Dio. A lato a que^a nell'altra banda c
quando egH caccmddTl^lj;^^^^^^^ loro iattoidp^. ghargen-

il, k vittime, 1« colombe, e ualtre mercanzie; nella quale fono k figure, che ca-

A a 2 Icancto

-ocr page 278-

.i70 seconda parte

fcando Γνηο fopra l'altra : hanno vna grazia nella fuga del cadere, molto bella? e
eonfiderata. Seguitò Lo allato a quella, il naufragio de gli Apoiloli» doue
S.Pie-
trq vfcenJo delia naue» cht affonda nell'acqua» Chriilo lo follieua. E quefta fto-
iia copioia di vanj gefti nelli Apoilolii che aiutano lanaue> e la fede di S.Pietro
Ci
conoice nel tao venire a Chriilo. Rieovnincla Copia la ftoria del Battefimo nell'
altra parte» la fua trasfigurazione nel monte Tabor , doueLorenzo erprelie nelle
attitudini de'tre Apofloli lo abbagliare> che fanno le cole celefti Je ν ift e de i mot-
tali; sì come fi conofce ancora Chrifto nella fua diuinità? col tenere la te'la alra, e
le braccia aperte» in mezo d'Eha»e df Mose. Et allato a quella è la Rerurrezzio-
ne del morto Lazaro> il quale vfcito dal Sepolcro legato i piedi j e le mani, ftà nt-»
to, con marauiglia de' circolanti. Euui Marta, e Maria Maddalena, che bacia i
piedi del Signore con humiicà, e riuerenza grandifìSma. Seguita aliato a queftaj
ne l'altra parte della porta, quando egli và in sii l'Afino in Gieruialem; e che i fi-
gliuoli de gli Ebreicon varie atcitudim gettano le veili per terra, e gli vliui, e le
palmey oltre a gli Apoitoli, che feguicano ii Saluatore ; allato a quefta , ε la ce-
na de gU Apoftoli ,.belliilìiua, e:bene fparcica j eiiendo finti a vna rauola lunga,-
mezi dentri, e mezi fuori. Sopra laitoria della trasFigurazione comincia la ado-
l'azione nell'horto; doue ii conofce il Tonno in tre vane atcitiidini de gli Apofloli.-
Ee allato a quefta feguita quando egli ε prefo, & che Giuda lo bacia ; doue fono
molte cofe eia conilderarej per eilerui, e gli Apoftoii, che fuggono, & i Giudei,,
ehe nel pigliar Chrifto fanno atti, e forze gagliardiiTìme. Neil' altra parte allato
aquefta > è quando egli è legato alla colonna: doue è la figura- di Giesù ChriftOj
ehe nel duolo delle battiture, fi ilorce alquanto, con vna attitudine compaiTìone-
I30le>,i0ltrache:ii-vede in qae'Giudei, che lo flageliaso , vna rabbia5.& vendetta-
molto«rribi!ei,per i gefti, che fanno. Seguita allato a queila 5<qiiando lo mena-
no a PilatOj, e-che e'fiilaua le manine lo fencenziaa la Croce; fopra l'adorazione^^·
déll'orto dail'altra bandiinell'vltima fila delie ftoric, è Chriilo > che porta la Cro-
và a la.morte, menato da i'na furia di Soldati ,-i quali con ftrane atritudini»,
par che io tirino per forza ; okra il dolore j e pianto , chefanno co'geili quelle.,^
Marie, che non le vide meglio chi fù prefente. Allato a quello fece Chnilo Cro-
eifiiTo ; & in terra a federe con atti dolenti, epien di fdegno la Noftra Donna , e
S.Giouanni Euangelifta.Seguita, allato a quella nell'alcL-a parte la fua Refurrez-
Moaejoue addormentate le guardie da! tuono, ftanno come morti; mentre Chri-
fto'và in-alto con vna attitudine: che ben pare glorificato , nella perfezzione del-
ie belle-membra 9 fàcto-dalla uigegnoiì'Tìma induftria di Lorenzo. Neil' vltimO'
vano é là venata dello Spirito Santo, doue fo io attenzioni, attitudini doIciiH-
me in coloro» che lo riceuono.. E fù condotto quefto lauoro a quella fine , e per-
fezzione? fenza rifpariOio -alcuno di fatiche, e di tempo» che poiìa datfi a opera di
nietalì03Coniiderando,che.le membra de gli ignudi hanno-tutte le parti beli ifÌì''
me,/Si i panni, ancora,che teneilìno vn poco dello andare vecchio di verfo Giot'
tOs vi è dentro nondimeno vn tutto, che ν:ι in veifo la maniera de'modemi, e fi
reca in quella grandezza di figure, vna certa grazia molto-leggiadra- E nel vero
icoin^onimentidiciafcheduna floriafonotanto-ordinati >e bene fpartiti; chc-j^
nneritQ confeguire quella lode, e maggiore , che da principio gli haueaa data-j»
Ρηχα^^ Filippo, E così fù nonoratiffimameniefra i fuoi Cittadini riconofciuto ; e da lo-
iamre dilla ro5,eda gli Artefici terrazzani, e fbreilieri fornmaraente lodato. Coftò qii-'
Ìfmij/ftP fta opera fra gli ornamenti di fuori , che fon pardi metallo, 6c intagliatoiii f^'
^f^ tas ai frutti 5 ^atìimaUventiduainiila fiorini? e pesò la porta di metallo tre π-

ια

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VITA DI LORENZO GHÌBERTL 189

taquattro migliaia di libre. Finita quefta operajparue a Conioli dell'arte de'Mei- Staine di
catanti eiìer remiti molto bencsc per le lode dateli da ogni vno deliberarenojche Gif. ^
faceiie Lorenzo in vn pilaftro fuori d'Or San Michele ,'ίη vna di quelle nicchie,
ch'è quellas-che volta fra i cimatori» vna ftatua di bronzo di quat ero braccia>
mezo in memoria di S.Gio.BaiUifta,la quale egli prmcipiò, vìe la. ft&ccò mai, che
egli la ic eie finita : die fìv, è opera molto lodata, Se in quella » nel Maiìto fece
vn fregio di lettere, fcriuendoui il fuo nome . In quefta opera, la quale fu pofìa In ejfk-^i a»
sù l'anno 1414. fi vide comìnciara la buona maniera moderna , nel a tella, in vn
braccio, che pardi carne; e nelle mani, & in tutte httitudme della figura. Onde
fòli primo,che cominciane a imitare le cofe de gli antichi Remami delle quali ^^
fò molto ftudiofo, come eii'er dee chiunque djfidera di bene operare. E nel fron- ^^ih

tefpizio di quel Tabernacolo, fi prono a Far di mu(aìco,facendoui dentro vn me- sculture ami"
zo Profera. Era già^ erefciiita la fama di Lorenzo per tutta Italia, e fuori, dell'ar- tèi
di Kma,
tifiziofiOìmo magiftero, net getto, di maniera , che hauendo Iacopo della Fonte, tht deono φ
& il Vecchietto Saneie , e Donato fatto per la Signoria di Siena, nel loro S. Gio- f ^

«anni alcune ftorie, e figure di bronzo,che doueuano ornare il Batreiur.o di quel
Temp;o i ε hauendo vifto iSanefi l'opere di Lorenzo in Firenze ,-fi conuennono y '
con feco.e lì feciono Ere dae ftorie della vita di S.Gio.Battifta. lu vna fece quan- Umro
ao egli Battezzò Chrifto,accompagnandola con molte figure,& ignude, & vdti- ^^φΐ,ο,
molto riccamente.E nell'altra,quando S.Gio
prefoiC menato a Herode.Nel- storie a» Sa^
quali ftorie fuperò,& vinie eH altri,che haueuano
fatto l'altre:onde ne iu lom-».
vnanacte iodato da'San-tse da "ϋ altri,che le veggono.Haueuano in Firenze a far
m Steno.

ftatua imaeÌlri'deUa Zecca , m vnadiquellemcciMe, che fono intorno a Or fuprmo opre^
San Michele -dirimpetto ararte della lana, & haueua a eiser vn
S. Matteo, d al- . ■ -

tezzadiS.Gioi: " - · - "

perfona di S.Scefàno loro av uocato. Et egli la conduft a hne, e diede vn^ y ^^^ ^^^^^^^
nice al bronzo moke bella.La quale ftatua p^ed ca o^^^^^

to l'altre opere aia lauorate da ui. Efsendo Generalede Fiati 1 led catou in que ^
tempo, MÌ:onSo S pi·lafsare di ie inemoria in S-Mam Nouel a do^ J
egljhaueua fatto Profeffione,& alla patn^viecefabncare a Lo enzo vna epat^^^ ,,ιι,
ia di bronzo,
e foora - . trarrò d, nnetf..

che

eoa vn·

ηΛ"-

piacque ^U'-i^a i'e giacere morto rritrsrrodi naturale, e da quefta, ^IZJZl

^oaepliAij · ^ ^^ ne nacque vna, che fu fatta fare in S.Groce ,da Lodout- turale Sipol,

renzo de'MeH · Dòpo quefte cofe·', volendo Cofimo, e Lo- tmain s.efi,·

JTieiio, fattfol- Reliquie de'tre Marc in,Proto,Iacinto, e Ne- ce.

becero far ^^ Cafentino,d- ue erano ft'ati in p^oca venerazOne molti an-· Λ^ί·» di tm'·

baiTo ril;e^Q ^ vna calla di metallo, doue nel mezo fono due Angeli di p'tr ci!--

dettiMartirj ' vna ghirlanda d'v]iuo; denri*9 la quale fono memi de' Capi

nmt. E dalia banda? condenàas, cdondafc-, cura-

arme di palle, iono nS " ' ^^^^^^ Chiefetta verfo lafìrada ,fotto vn^
^ "Ci niarmo intagliate quefte altre parole,

lìw

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Ι^ο SECONDA Ρ AÌR Τ È

s. Mari* HicconditafuntcoYporaSanUormnChriflimaYtyrumVmhi, & Hyacinthh

λΗ Fiore β ^ T^mefìi anno D,i4z8.E da queftaiche riuici molco honoreuole,venne volon-

■mis caff» , β tà a gli operai di S, Macia dei Fiore di far fare la cafla > e fepoltura di nnecalio per

fepoltiira di itietterui il corpo di S. Zanobi VefcotiQ di Firenze, la quale fù di grandezza di

Carfio ώ' * J^raccia tre 5 e mezo, Se alca due. Nella quale fece olerà il garbo della cafsa, con

Zmoì/ * con vanjrìrnameQri, nel corpo diefsacafsa dinanzi vna ftoria, quando ef-

bdl' intaglio. ^^ S.Zanobi rifufcica il fanciullo,lalciatogli in cuftodia della madrejmorendo egli»

Susi lauori mentre j che ella era in peregrjnaggio. In vn'altra v'è quando vn'altro è morto

diuirfifamoft dai carro,e quando e'nfufcica Γ vno, de due famigli, mandatogli da S. Ambrogio,

in m0talÌo,in che rimafe morto vno in su le Alpi, l'altro è, che Ce ne duole alla prefenza di Saa

KTgioto^ <Ì3> tn Zanobijche venutogH compaiTìone, diile,và che e'dorme, rù lo trouérai viuo. E

, nelk parte di dietro fono iei Angioletti, che tengono vna ghirlanda di foglie di

"^m^nTcC^ro quale fon lettere intagliate, li memoria, e lode di quel Santo. Q.ue-

mtorm ad ν ^^ ^peia conduiTe egli, e fini, con ogni ingegnofa fatica, Se arce, sì che ella fu lo-

«j lorniusL· fiata ilraordinariamente, corae cofa bella. Mentre , che l'opere di Lorenzo ogni

intagliata di giomo accrefceuono fama al nome fuo, lauorando, e feruendo infinite perfonei

Gio, Medici, così in lauori di metaliojGome d'argento, e d'oro. Capitò neLe mani a Giouanni

«03 menbelio, figliuolo di Coiimo de' Medici vna corniuola afsai grande dentroui lauorato d'in-

dd lamrodd' caglio in cauo, quando Apollo fa fcorticare Marfia , la quale fecondo, che fi dice»

la corninola. fei;uiija gj^ a Nerone Lriperatore, per fuggello « Et eisendo per il pezzo della_rf

pfr^piuiafe P^^'·'·''^ ' P'J'^ grande, e per la marauiglia dello intaglio in cauo, cofa rara_^ ;

%ΡαμΜΛτ· Giouanni la diede a Lorenzo, che gli faceiÌe intorno d'oro vn'ornamento it;ta-

tino, pieno di & eilo penatoui molti mefi, lo fini del tutto, facendo vn'opera non men_j

v»ghtjftme β' bella d'intaglio a torno a quella» che fi fuiTì la bontà , t perfèzzione del cauo in_j

gure 'di nUe- quella pietra.La quale opera fii cagione,ch'egh d'oro,e d'argento iauorafle molte

»0- alu-e coics che hoggi non fi ritruouono. Fece d'oro medefimamente a Papa Mar-

?apa Eugenio ^^ Pontefice. Venne in Firenze l'anno 143 9. Papa Eugenio, p<fr vnire la
^It β fare m Chiefi Gl'eca colla Romana, doue fi fece il Conalio, & vifto l'opere di Lorenzo,
¥iren-{e vn» e piaccuitogli noti manco h preienza ί ua, che fi ficeflsno quelle, gli fece fare vna
Mitra d oro, Mitra d'oro di pefo di libre quindici e le perle di libre cinque, e mezo, le quali
/'che gli guada.·' erano (iimate con le gioie in eiia ligate» trentamilìa ducali d'oro. Dicono > che in
detta opera erano lèi perle, come nucciuole auellane, e non fi può imaginare, fe-
^^^^ ^^^^^""'^'condo che s'è vifio poi, in vn difegno di quella , le più belle bizzariedi legaiiii
pagamento, giOie,e nella varietà di molti putti, & altre figure, che ièruiuano a moki va-

E deputato i"ij,e graziati ornamenti. Della qualericeuette infinite grazie, e per fe, e per gli
dia fal/rtta amici, 'a quel Ponteficejiokra il primo pagamento. Haueua Fi renze riceuute_i
ddU tef^a tante lode, per l'opere eccellenti di quefto ingegnofiffimo Artefice, che e'fù deli-
porta dt brò\e berato da'Conroh dell'arte de'Mercatanti, di farli allogazione della terza porta di
ddht Cktefa S.Giouanni di metallo medefimamente. E quantunque quella,che prima haueua
I
s. Gie, iztUi l'haueile d'ordine loro feguitàta> e condotta con l'ornamento , che Γegue in-
torno alle figure, che fafcia il telaio di tutte le porre , fimile a quella d'Andrea Pi-
fiino. Villo quanto Lorenzo l'haueua auanzato, riibluerono i Conioli a mutare
μ porca di mezo, doue era quella d'Andrea, emetterla a l'altra porta, ch'è di-
r™petcoallaM;iericordia. E che Lorenzo face ile quella di nuouo, perporiì

nel

-ocr page 281-

VITA DI LCR ENZO GHIBERTI. 151

nehnezo gìudicardo, eh' egli haueflea fare tutto quello sforzo , che egli potè·
ua maggiore in qiiell^ane .
E Ce glirimeilono nelle bracciadjcencJo > ehegit
dauan licenza» che e'iaceiìe in quel modo,che voieua, ò ihe penfalie ,che ellaj
tornai]e dììi ornaray pia ricca,più perfetta» e più bella, che poteile, ò f^pefse ίηΐ35
ginariì. 'Ne enardafse a tetripo, ne a fpefe, accioche, così com'egli haueua fu-
peraro gli altri ftatuanj per infine allora, fuperafse, & vincefse tutte l'altre ope.

Cominciò Lorenzo detta opera, raettendoui tutto qael fàpere maggiore ch'e· ·
gli poceuH : E così
fcompartì derta porta in dieci quadri, cinque per parte, chi^^'
rimaieno i
Vani delle ftorie vn braccio, & vn terzo, & a torno per ornamento dei
telaio, che
ricigne le ftorie fono nicchie in quella parte ritte, é piene £Ìifigur€;_>
quaiì ronde, il numero delle qtìali è venti, e tutte belliffime ,come vno Sanfone
^nudb·, che abbracciato vna colcrina, con vna niafcelìa in mano, moftraquelli
perfezzione, che maggior può n"oRrare> roia fetta nel tempo de gli antichi, ne'
Ìoro Ercoli, ò di bronzi ròdi marmi ; e come fà teftimonió vn loiuè il quale ίΠ^
atto di locuzione par> che parli allo efercito ; oltra moki Profeti, e Sibil t y adorni
l'^vno, e l'altro in varie maniere di panni per il dofso, e di acconciature di capo ,di
i^apelii>& altri ornamenti, okra dodici figure, che fono a giacere nelle nicchie9 -
che rieingono ["ornamento delle ftorie per il trauerfo, facendo in fulle crociere
delle cantonate in Cerri tondi, tefte di femine, e di giouani, e di vecchi in ηυηιε··
ro di trentaquartroi Fra le quali nei mezo di detta porta vicino al nome (uo inta- parùmentìdi
gliato in efsfl, è ritrattOr/BarroìucciO ίuo padre^h'è quel più vecchio,& 1) più gio- gcrieiefeslia»
Bane è efso Lorenzo fuo figliuolo, maeftro di tutta 'opera ί oltre a infiniti foglia-
mi heiUffimi
^iijc cornici, & altri ornamenti fatti con grandiiiìma maelh'ia. Le ftorie, οί·ς_ν» Iftutrod^
fono in detta porta,· fono del teftainento vecchio, e nella prima è la creazione di iafom»

y e di Eua Tua donna, quali fono perfettifsiroamente condotti. Vedeii'"
aofi, che Lorenzo hà fatto, che fieno di membra più belli, che egli ha poflutoj
^Olendo moilrarCiChe come quelli di mano Ji Dio furono le più belle figui'CJ»
che mai fufsero fatte, così quefr] di fuo hauefsino a pafsare tutte Maitre eh' era-
, «ià lui ne l'altre opere iue, auertenza certo grandifsima. E così fa-

ce neJa nnedefma, quando e'mangiano il pomo , & iniieme quando e'ion cac-
latr di Paradifosle qual figure in quegli atti rifpondono a l'effetto,prima del pec-
^ato conofcendo la loro vergogna, coprendola con le ir.ani, e poi nellapeniten-
9'^ando fono dall'Angelo fatti vfcir fuori di Paradiio. Nel fecondo quadro è
^^ \oAdkmo, & Eua,che hanno Cain,&: Abel picciolifanciulliereatidaloro,e
VI ion quando de le primizie Abel fa facrifizio,e Cain de le men buone,doue
li icorge ne gli atti di Cam Tinuidia contra il profsimG,& in Abel l'amore in
ver- ìì

f© Iddio . E quello , che è di fingolar bellezza è ii veder Cam àrrare la terra con
vn par di biioi, i quali nella fetica dei tirare al giogo TarraàO , paiono veri, f ra-
turali, così come è il medefimo Abel, che guardando il beftiame ,CaÌn lidà la.^
ffiortre, doue fi vede quello con attitudine impietofifsima , ε crudele vCÓn vnba.·
itone aramapare il frateilcin sì farro modo,che il bronzo medefimo rooftra la^ '
languidezza delle membra morte nella bellifsima perfona d'Abel ,.e così dibafsó ^
rilieuo da lontano è Iddio, che domanda a Cain quel, che lìà fatto d'AbeÌ'Conte·
nendofi in cgni quadro gli efìetti di quaaro ilorie. Figurò Lorenzo nel terzo
quadro come Noe efce deli àrea, ja mcglie co' fuoi figliuoli, e figliuole, enuore;,
& mfieme tutti
gli animali, così volatili ,.ccme terrefiri i quali,''GÌafcuno nel fuf
genere,, fono intàgliad con qiiéilà msggioi· perfczaiene che può i'{aite imirai

[la

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.i70 seconda parte

la natura. Vedendofi l'Arca aperta, e le ftagge in profpettiua di baffiÌTìmo rilieùoj
che non fi può erpnmercla grazia loro. Olcre che le figure di Noè, e de gli alci:_
iuoi> non poilono efler più viue> ne più pronte» mentre facendo egli iagdlizio> fi
v«de l'arco baleno > fegno di pace fià Iddio t e mà molto più eccellenti di
tutte l'altre fono, doue egli pianta la vigna, & inebriato del vino moflra le ver-
gogne ί e Cam fuo figliuolo Io fchernifce > e nel vero vno, che dorma > non può
imitariì meglio» vedendofi Io abbandonamento de^le membra ebbre j e la coniì-
derazionej 6c amore de gli altri due figliuoli, che lo ricuoprono con belliiTìm^_^
attitudini. Oltre che v'é, e la botte, &: i pampani, e gli altri ordigni delia ven-
demmia,fatticonauuertenza, & accomraodati in certi luoghi, che non impedif-
conolaftoria, male fanno vii'ortiameato beiliffimo. Piacque a Lorenzo fare
nella quarta ftoria > l'apparire de' tré Angeli nella valle Marabre, e ficencio que-
gh fimilil'vno all'altro, il vede quel iantiffimo vecchio adorarli, con vna attitu-
dine di mani, e di volto molto propria, & viuace : oltre, che egli con ailfct;to mol-
;C0 bello intagliò i fiioi feruijche a pie del monte có vno aiìno afpettano Abraam »
ch'era andato a fàcrifìcare il figliuolo, il quale ftando ignudo in sii l'Akare il Pa^
,dre con il braccio in aito, cerca far l'obbedienza, mà è impedito dall'Angelo , che
con vna mano Io riticne,e con l'altra accenna doue è il Montone da far facrificio,
€ libera liaac dalle morte. Quefta ftoria è veramente belliirima , perche fra
Val·
tre cofe, fi vede differenza grandiiTima frà le delicate membra d'I{"aac,e quelle de'
ierui, e più robufti » in tanto, che non pare, che vi fia colpo, che non fia con arte
grandiffima tirato. Moftrò anco auanzar fe medefmo, Lorenzo in qiiefl' opera ;
nelle difficultà de' cafamenti, e quando nafce Ifaac, Lacob, & Efau, ò quando E-
Ìau caccia,per far la volontà del Padre,
6c lacob ammaeftrato da Rebecca » porge
il Capretto cotto » hauendo la pelle intorno al collo, mentre è cercato da Ifaac, il
qual gli dà la benedizzione. Nella quale floria fono cani belliiTimi, e naturali, ol-
irà le figure, che fanno quello effetto iileilbjche ìacob ? & Ifaac, e Rebecca nelU
lor fatti quando eran viui, faceuano . Inanimito Lorenzo, per lo (ludio dell' arte,
chie di continuo la rendeua più facile, tenrò l'ingegno fuo in coie più artifizinfe, e
difficiluonde fece inquefto fefto quadro. Gioief meilo da' iuoi frateUi nella cifter-
na, e quando lo vendono a que' mercanti ; e da loro è donato a Faraone , al quale
interpreta il fogno delia fime ; e la prouifione per limedio: e gli honorifacti a
Gioief da Faraone. Sirailmente vi
è quando ìacob mania i fuoi figliuoli, per il
grano in Egitto, e che riconofciuti da iai gli fci ritornare per il Padre. Nella qua-
le floria Lorenzo fece vn Tempio tondo girato in profpectiua, con vna difficoltà
grande, nel quale è dentro figure in diuerii midi, che caricano grano, e farine >
&a(ìni ftraordinarij. Parimente vi
è il conuito, che fà loro, de il nafcondere la
coppa d'oro nel faccoa Beniamin, e l'eilergli trouaca, e com; egli abbraccia, e ri-
conofee i fratelli. La quale iftoria per tanti aiFetti, e varietà di cofe è tenuta frà
iutte l'opere la più degna, e la più difficile, e la più bella .

E veramente Lorenzo non poteua, hauendo sì bello ingegno , e sì buona gra-
zia in queila maniera di (latue, fare, che, quando gli veni nano in mente i coni'
ponimenti delle ftorie belle, e'non faceilì bellifli;ne le figure ; come appare_-^
inqueflo fettimo qu.i.-iro; do'ie egli figura il monte Sinai, e nella fomniità
Moisè, che daldiioriceue le leggi; riuerente , & inginocchiom. Amezoi^
monte èlofuè, che l'afpetta ; e tutto il popolo a piedi impaurito,per i tuoni,faei^"·
te, e terremoti, in attitudini diuerfe, fatte con vna prontezza graniiflima->!'·
Moilcò appriOTo diligenza, e grande amore nello ottauo quadro
doue eg"

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vita di lorenzo ghiberti. 195

fece quando lofuè andò a lerico j de volfe il Giordano ? e poie i dodici padiglioni
pieni delle dodici tribù : figure molto pronre , ma più belle fono alcune di bailo
rilieuo, quando girando con Tarca incorno alle mura della Citta predetta, coix^
iuono di trombe, rouinano le mura, e gli Ebrei pigliano ler co : nella quale è di-
minuito il paefe» & abballato i^nipre con ofseruanza da le prime figure a i mon-
ti, e da 1 monti a la Città, e da la Città, al lontano dal paefe, di baiTilTimo nlieno:
condotta tutta con vna gran perfezzione. E perche Lorenzo di giorno in gior-
no fi fece più prattico io queir arte , fi vide poi nel nono quadro , la occifione di
Golia gigante al quale Dauid raglia la refta, con fanciullefca , e fiera attitudine, e
rompe lo efercito de i Filiftei quello di
Dìo : doue Lorenzo fece caualli, carri, 5c
altre cofe da guerra. Dopo fece Dauid, che, tornando con la teila di Golia in ma'
no, il popolo Io incontra, fonando, e cantando. I quali affetti iono tutti proprj:,
iic viuac·. Re^lò a far tutto que , che poteua Lorenzo nella decima, & vìnma ftc-
ria, doue la Regina Sabba vifita Salomone, con grand;{Tìmacorte,nella qiìal par-
te fece vn cafaroenro tirato in profpetnua molto bello, e tutte l'altre figure fimili
alle predette itone, oltra gh" ornamenti da gli architrau',che vanno intorno a det-
te porte,doue fon frutri, e felloni, futi con la folita bi ncà. Nella quale opera da
per fe,e tutta infieme,fi jonofce quanto il valore,e lo sforzo d'vno artefice ilatua»
lio pofià nelle figure,quafi tonde,di quelle meze, nelle baile, e nelle baiTìliìmc ì Mata

oprare,con inuenzione,ne' componimenti delle figure, e ftrauaganza dell' attitu- sòmAmece da.
, nelle femine, e ne' mafchi,e nella vanecà di cafamenn , nelle proipectiuc, e Michtlagnolo

mtntet

eh.,Maiolino^daPanicale,Nicolò Lan berti,orefici ; Pam Spinelh, Antonio Fila-
reto,! ao ο Vccdlo, Antonio del Pollaiuolo, che allora era giouanetto, e da molci ^^^^
a.tn . 1 quali praticando infieme intorno a quel lauoro, e conferendo, come li ta, ^^^
irando in compagnia,pianarono non meno a fe fteffi, che a Lorenzo. Al quale,
oltre ai pagamento, che hebbe da' Conioli, donò
la fignona vn buon podere vi-
cino alla Badia di Settimo . Ne
pai-ò moIfO,che fù farro de'Signori, Óc honorato ne ti magtflr»
del fupremo magiarato della Città. Nel che ranto meritano di eikre lodati i Fio- to della CU'
rentin! di gratitudine , quanto Hiafimati di eiTere ftati verfo altri huomini eccel tk,
lenti del:a loro patria poco grati F-ce Lorenzo dopo quella Ihipendiflima cpera, Ornammo dt
l'ornamento di bronzo alla pu,.ra del meceùmo Tempio, che è dinmpeito al)a_^
Mi( cricor-ha, con quei marauighofi fogliami, i quali non potette finire, fopra- ■

giugnendoh inaipettatamente la morte"", quando daua ordine, e già haueua quafi ^^^ ' marmi^
fatto ;1 modello, cii rifare la derra porta, che già haueua fatta Andrea Pifano, gHofi} muore.
quale modello è hoggi andato male, e lo viddi già , eiiendo giouanetto in borgo inaipeitata-
aUegri,prima,che da i deicendenti di Lorenzo fufiε lafciato andar male.

Bb Heb·

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1^4 PARTE SECONDA

Hcbbe Lorenzo vn figliuolo, chiamato Bonacoifo, il quale finì Λ Tua mano
ilfregiO,e quell'ornamenco^rimafo imperfetto, con grandiffimadiligenza; quel-
l'ornamento, dico, il quale è la più rara» e niarauigliofa cofa, che fi poiTa veder di
bronzo . Non fece poi Bonacorfo, perche morì giouine,mok'opere, come haii-
rebbe fatto eilendo a lui rimafo il fecreto di gettar le cofe in modo, che veniiTo-
no
rottili,e eoa eilo,la fpenenza, & il modo di Itraforare il metallo in quel modcr
che filvcggono eilere le cofe lafciate da Lorézojil qualejolrre le cofe di iua mano»
lafciò a
gli hereJi moke anticaglie di marmo, e di bronzo, come il Ietto di Poli-
cleto,ch'era cofa rariiTima, vna gamba di bronzo grande quanto è il viuo, & al-
cune tede di femine, e df-m^ichircon certi vafi,flati da lui fatti condurre di Grecia
con non picsiuk ipefa. Laftiò parimente alcuni torfi di figure5& altre cofe raol-
te,ie quali tutte i^uro^io infieme con le faculrà di Lorenzo mandate male, e parte
vendute a iM.Giouaàni Caddi, allora Chieiico di camerale
frà elle fù il detto lec-
rr, di Pohclcto, e l'altre cofe migliori. Di Bonacoifo rimafe vn figliuolo chiamato
Vettorioj si quale aicefe alla Scultura, n-à có poco profitto, come ne
moftrano le
tede,che a Napoli fece nel Palazzo del Duca di Giauina , che non fono molt^_j
buone, perche non attefe mai all'arte con amore, ne con diligenza; ma fi bene a
mandar in malhora le facuità,&; altre
cofe,che gli fuiono lafciate dal padre,e dal-
l'auolo . Finalmente, andandoiottoPapaPaoloiIL in Afcoli per Architetto,
vn fuo feruitore , per rubarlo, vna notte lo fcannò . E
così fpenfe la fua fami-
glia, mè non già la fama d i Lorenzo, che viuerà in eterno. Mà tornando al der-
to Lorenzo, egli attefe,.mentre vjile, a più cofe , e diietcoiri delia Pittura,e di la-
uorare di vetro ; & in Santa Maria del Fiore fece quegli
occhi, che Cono intorno
alla cupola, eccetto vno, che è di mano di Donato,che e quello doue Chrifto in-
corona la Noftra Donna. Fece ilmilmente Lorenzo li tre? che fono fopra la porr^
principale di ella S. Maria del Fiore,e tutti quelli delle Capelle, e delle Tribune ;
cosi l'occhio della facciata dinanzi di Santa Croce .
In Arezzo fece vna fineftra,
per la Capella maggior delia piene,dentrouila incoronazione di Neilra Donna,
e due altre figure, per Lazaro di Feo di Baccio, mercante ricchilTìmo : n:à perche
tutte furono di vetri Venezianucarichi di colore, fanno i luoghi
doue farono pe-
lle,
anzi ofcuri, che nò . Fù Lorenzo dato per compgno al Brunellefcojquando
gli fù allogata la cupola di Santa Maria
del Fiore, ma ne fù poi ieuaio,come fi di-
rà nella vita di Filippo.

Scriffe li medefimo Lorenzo vn'opera volgare, nella quale trattò di molte va-
rie cofe,mà fi fattamente, che poco coilvutto fe ne caua. Solo vi è per mio
g!U-
dicio, di buono, che dopo hauere ragionato di moki Pittori, antichi,e particolar-
mente di quelli citati da Plinio, fà menzione breueraentedi Cimabue, di Giotto»
e di molti di que' tempi.E ciò fi^^ce con molto più breuità,che nó doueua,non per
altra cagione,che per cadere có molto in ragionamentodi fe iìeiTb, e raccontarci
come fece, mintitamente a vnajper vna tutte l'opere fue. Ne tacerò, ch'egli mo-
ftra il libro eilere ftato fatto d'altn,€ poi nel procedo dello icriuere, come quelli,
che iapea meglio difegnare,fcarpeliare,e gettare di brózojche teli ere iiorie, par-
iàdodi fe fteilo,dice m prima perfona; io teci,iodiiTì,iofaceua,e diceua.Finalme-
te peruenuto all'anno feilantaquattrefimo della fua vita, aflàlito da vna graue » e
Gontinua febre fi mori ; lafciando di fe fama immortale nell'opere,che egli fece,e
nelle penne delU fcrittori : e fù honoreuolmente fotterato in fanta Croce.. il fu®
ritiatto è nella porta principale di bronzo del Tempio di San Giouanni, nel fre-
gio del mezo? quando è chiufa, in vn'huomo calao i Calato a lui è Bartoluc-

cio

Smtcorfi fm
figliuolo fini-
fìe il Ìamro
delÌ'ormmeH'
toUfeiatoim'
perfttto
àaI

Vettirio nìpO'
tedi Loretta,
Sue Sculture
in Nabolt di
pteo bregto.
Diftp» le fa-
coltà paterne,
t dell' Am,

"É fcaimto^
da vn firnvto'
te in Afcoli,
ér il* lui t'e·
fiinguì la fa '
miglia.
Loren1(o dite*»
tefi di Ptt
tura, e di la
nari di vetro
ia Firen^e,^
in

Libro volgare
da lutfompt'
βο.

^ufepoUo in
StCrof*,

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VITA DI LOPvENZO GHIBERTL 19 5

do fuo padre; & appreilò a loro iì leggono quefle parole . L^rREJ^II Cioms
de Ghibenis mira, arte fahrkatum
. Furono i difegni di Lorenzo eccellentiffimi,
e fatti con gran riiieuo, come fi vede nei noftro Libro de'difegni, vno Euangeli-
fta di iua mano? & in alcuni altri di chiaro (caro belliiTimi.

Sue rifr«tii
ntll» portm
prmeipxle ds
S Giounmii.
Stmi

iellijfmù
I-adre'di Li»
ten\omen ps*
rito nel Uife,
gnMt, the ίί
figlinoli^

Verfi in kU
dì lotsn^t.

Difegnò anco rasioneuolmente Barroluccjo fuo Padre, come moftra vn'altro
Euangelifta di fua mano in fui detto Libro,aliai mcn buono,che quello di Loren-
zo, ί quali diiegni con alcuni di Giotto, e d'altri hebbi, eilendo giouanetco
Vetcono Ghibeni l'anno i s e gli ho Cempre tenucj, e tengo in venerazione,
e perche fono belli, e per memoria di canti huomini, b le quando :o haue-
ua ftretta amicizia, e prattica con VettoriojhaueiTi quello conofciuco,
che hora conoico, mi farebbe ageuoia>enie venuto fatto d'ha-
uere hauuto molte altre cofe ,che furono di Lorenzo veta-
mente belliiTìme . Fra molti veriì» che latini, & vol-
gari fono ilari fatti in diuerfi tempi, in lode di Lo-
renzo, per meno edere noiofi a chi legge,
ci bafterà porre qui di fottogPin-
fiafaiccù

Bum cernit Vdum aurato ex <£re nitentes
In Tempio Michael àngelus obflupuìt,
^^ttQnituj'que din, fit alta filentiampit
0 Diuinum opus : 0 lanua digna Telo*

Firn della Vita di Lorenz^ Ghiherti Scultore,

MA«

Bb i

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.i70 seconda parte

VITA DI Μ A S Ο L I Ν Ο Ρ I Τ Τ Ο R Ε.

RANDISSIMO vei'amenre credo ν che iìa il contento^
dicoIoro, chefi auuicinanoal fommo gradodeilafc!enza-ji
ni che iì affsMcano : E coloro parimence s che oltre al diletro»
e piacere» che fenrono virtuofàmente operando, godono
qualche frutto delle lor fatichej viuono,, vira^ fenza duiy
bio quieta, e feliciffiiiia E ie per cafo auuiene ν che vno nel
corfo felice della fua vita, caminandò alla perfezzione d'vn®
qualche icienza, òarte,.fia dalla morte fbprauenuto,.non rimane del tutto
ipenra la memoria di lui, fé fi farà > perconfeguire il vero fine dell' arre fua >
deuolmenre affaticato. La onde dee ciafcuno quanto può fatigare per confe'
iuire la perfezzione, perche fe bene è nel mezo del corfo impedito >,ίί loda
ui^rie non l'ogere ,^chenonhà potuto finire > ahTieno l'oitima
intenzione »

Grmcmtenu
Ai chìì vtctaò
milaperfctm!·
ne Λ Vfi'arte-
^eliatà. di
shi. gode, il
frutto, delle
futvirtùi
fam» àuref
«c/i dt chi
affatica per·
riufcir perfet*
to. tn qualche
fjrefel^pnn

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vita di masolinov. 197

iolleciro fludio vcheinquelpoco, che rimane è ccnofciiuo. Mafolino da Pa- Α/^ε/ί»» O·
iiicale di Taìdelia j il qual fù difcepolo di Lorenzo di Eaitolnccio Ghibeiti, e nei- '■«Λ",
erwef -
la iua fanciullezza buoniiiìino Orefice, e nel laucro c'elk porte il miglior jrjnet-
latore, che Lorenzo haueiie . Fù nel fare i panni delL- figure molto deftro,& va- f'^^J
lente, e nd: rinettare hebbe molto buona maniera, & intelligenza. Onde nel ce-

fellare fece con più deftrezza alcune ammaccature morbidamente , così nelle._s Pittura

membra humane, come ne'panni. Diedefi coftui alla Pittura d'età d^anni xix. & tUpingè ia
in
quella fi efercitò poi fempre , imparando il colorire da Gherardo ctello Starni- Rema la Sala
na. Et andatofene a Rema , per ftudiare, mentre, che vi dimorò , fece la fala di ^eg^* Orfmi»
caia Oriina Vecchia in monte Giordano: poi, per vn male, che l'aria gli faceua_is
alla tefia, rornarcll a Firenze fece nel Car mine allato alla'CapelIa del Crocifiiio ..

la figura del S.PiCtro,che vi fi vede ancora. La quale eilendo da gli Arteiici loda·
ta, fu cagione, che gìrallogarono in detta Chiefa la Capelk de' Brancacci con le carZim ^di
ftorie di S.Pietro: della quale con gran ftud o, conduile a fine vna parte. Coit)e -^irenU.
nella volta doue fono i quattro Euangelifti, e doue ChriiÌo toglie dalie refi An-
Capell» de'
drea, e Pietre. E dopo il fuo piangere il peccato fatto, quando lo neg05& appref- Bmncacci i».
fo la furf predicazione, per eonuertire i popoli. Feceui iltempertofo naufiragio de detta chtefa
gli Apoftoli, e quando S.Pietro libera dal male Petronilla fua figliuola. Ènel!a_^ Lafdata im*
inedefima ftorrafece , quando egli, e Giouanni vanno al Tempio ,doueinan2ial Ρ^Φ***
portico è quel pouero infermo, che gii chiede la limoiìna, al quale noi^ potendo pfj^g^nfdgi,

tutta

niorbidezza.

ra fìi [limata molto , per la nouirà Tua , e per l'oiTeruanza di molte parti y ch'erodo dmfljtcito
totalmente fuori della m-aniera di Giotto; le quali fiorie fopragiunto èalk morte, ■^ggi»^ ««λ^-
laiciò imperfette . Fù periona Ma felino di buoniffimo ingegno, e molto vnito, e ^^ alle figure^

facile nelle fue Pitture, !e quali con di igenza, econ grand'amore afinefi veggo- .
»10 condotte . Qiietlo ftudio, e
quefta volontà d'atiaticarft, ch'era in lui del conti-
tìOMo , gli generò vna cattiuaconìpleiTionedi corpo, la quale inanzi al tempo gli ^
terminò la vita: e troppo acerbo lo tolfe al mondo. Morì Mafolino giouane d'era ^
altre belle-
d'anni 37. troncando l'efpetazione, che i popoli haueuano concetta di lui. Furo- parti né' m^
no le Pitture fue circa l'anno 1440. E Paolo Schiauo, che in Firenze in fui canto p'u
tie'Gori ,fece la Noftra Donna, con le figure ,che fcortano i piedi in su la cornice ί"»

ingegnò molto di feguir la maniera di Mafolino ,l'opere del quale, hauendo io intenier^
molte volte confìderato , trono la maniera (uà moltò variatada quella di coloro,
che f, tono inanzi a lui, hauendo egli aggiunto maeiìà alle figure, e fatto il pan- '

^eggiare morbido, e con belle falde di pieghe. Sono anco leteilie delie fue figure più ddce a i

f S Pietro il '' glt'h^bìù

quale la g^mba, che manda m d^f 'J; , veramente buchi quel muco.·
nel
difegnce l'ombre nel colonto,che . . ^^ feminel'arie più do ci, & a 1 ^

Cominciò hmilmenteMafolino a " .^ofatti«U Arteficivecclii:&anco

giouam gli. habiti più leggiadri,che non hauev a s . ^ ^^^ tutte l'ai-

tu-ò di profpetcìua ragioneuolmente. Ma f^^^r j^nio bene,che lePittuce Cue
tre core,iù nel colorire m frefco,perche ^gl» ^ · ι,^ηηο quella maggiore^
^ono sfumate vmie con tanta grazia, che le carm ^

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I9S S E G Ο Ν D A PARTE

Etccttehttnel morbidezza, che fi può imaginare. Onde fe haaeiie haimto l'intera perfezzione
colonr^ λ }re. ^jg] difegno, come haurebbe forfè hauuto, fe foiTe ilato di più lunga vita-».
Suo difegHo in farebbe coftui potuto annouerare fra i migliori , perche fono l'ope-

-ξϋτίβ mmàt* fue condotte con buona grazia > hanno grandezza nella ma»

[ttdlh ' wieia » morbidezza, & vnione nel colorito, & affai

rilieuo, e forza nel difegnos fe bene non
è in tutte le parti per-
fetto.

Il Fine della Vita di Mafolim»

PAR-

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vita di farri spinelli. 199

VITA DI FARRI spinelli.

A R E τ I Ν ο.

ARRI di Spinello Spinelli dipintore Aretino, hauendò im-
parato i pnmi piincipij deir arte dallo fteilo fuo padre r per
mezo di M. Lionardo Bruni Aretino , condotto in Fi- _ . . ,
"^enze, iuriceuuro da Lorenzo Ghiberti nella rcuola dout_j ^ TmttZTh
'^^Itìgioiianiforto la fua difciplina imparauano: e perche
di Sm
f " nnettauano le porte di San Giouanni, fu meflo a <la- ,

comp e, A A.^^r. Ai a qtielle figure, in compagnia.di molti altri

^ιΓρ ,τί αΐί F^^ consolino daPani-

fi cL^e fir. " ^ di difÌgnare,l' andò in molte cofe imitando .

comefeceancorain parte lamanicra diDonLorenzo degli Angeli.· Fecc^.

Farri

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^oo SE C Ο Ν D A PARTE

. - jt Patri !e Tue figure molto più ruelre>e iunghe>che niun Pittorejche fuiTe ftato inati-
£u I fetali, ί ^^^ ^^ P'"' ^^^^^ teiiejegli le fece dVndici ,e taluol-

iitghtpià deU ^^ dodici, ne perciò haueuano difgrazia > come,che fofiero fottili > e faceflero
Fvfaio, mà c5 iempre arco, ò in fui laro deftro > ò in fui manco, percioche , fi come pareua a lui
jrtitia, haueuanoje lo diceua egli fteifo » più brauura. Il paniieggiare de' panni fù focci-
fmeggiameti liitìnioe copiofo ne' lembi » i quali alle ine figure cafcauano di fopra le braccia
fotttlt. iniìno attorno a i piedi. Colorì beniiTìmo a tempera ■» &c in frefco psrfeccamen'
JEccellentehel _ £ fj^ ggjj ^ ρ^-^^ο, che nel lauorare in frefco lafciaiie il fare di verdaccio foc-
co ortr a tem· ^^ pg ^ pgj roilerti di color di carne, e chiari fcun , a vfo d'acquerelli

a^rej· ygj^j-jg^ β come haueuafatto Giotto , e gli altri vecchi Pittori. Anzi vsò Pam i
Migliato Γν· colori fodi nel far le mediche,e le tinte,mettendogli con molta difcrettione doue
fo di colorirà gii parea>che meglio (teilonojCioé i chiari nei più aito luogo, i mezani nelle ban-
frefco. · de : e nella fine de' contorni gli fcuri. Col qual modo di iare raoftrò nell' capere
SHOgmdicto più facilità > e diede più lunga vira alle Pitture in frefco > perche meilì i coioti a i
Attila compofi' luoghi lorojcon vn pennello g£OÌìetto> e mollicio, le vniua infieme, e faceua l'o-
^rT^treK^Tk P^"·® pulitezza, che non fi può defiderar meglio : & i coloriti jfuoi non

'^dureMoh/ù- paragone. Eiiendo dunque ftato Pam fuor della Patria molti anni, poi »

noria frefco, morto il padre fù da i fuoi richiamato in Arezzo, la doue , oltre molte CO-

* fe , le quali troppo farebbe lungo racontare , ne fece alcune degne di non eiiere
in niunaguifa tacciare. Nel Duomo Vecchio fece in freico tre Noftre Οοπης_^
]?Uture inge- canate : E dentro alla pnncipal porta di quel'a Chiefa, entrando a man manca,
gnoflL· Duo dipinfe in frefco vna ftoria del B.Toramafuolo Romio dal facce, huomo in quel
mo vecchie d' tempo di Ginca vita. E perche coilu. vfaua di portare in mano vno fpecchio,den-
tro al quale vedeua, fecondo , eh' egli aHermaua, la Paffione di Giesù Chrifto ;
Farri loritrafse m quella (loria inginocchioni, e con quello fpecchio, nella de-
ftra mano, la quale egli teneua leuata al Cielo . E di iopra facendo in vn trono
di niìole Giesù Chrifto, intorno a lui tiicti i mifterij della Paffione , fece coii.^
iel mòdo di belliiTìma arte,che tutti riuerberauano in quello fpecchio sì farcamente, che non
eò/rAfaremol folo il Beato Tommafolo, mà gli vedeua ciaicuno,che quella Pittura miraua. La
te cofe pervia quale inuenzione certo fù capriccio fa, difficile , e tanto beila» che hà infegaato a
dijpecchi. ^ vet^uro poi a concrafare moke cofe per via di (pecchi. Ne tacerò poi, che
Iflorta delB. ^^^^^^ quefto propofito veuuto;qnel]o,che operò qaefto ianto huomo vna vol-
muo rain Arezzo, «Scèquefto. Non reftando egli diafìaticarfi continuamente per

l'idurre gli Aretini in concordia^ hora predicando, e talhota predicendo molte di-
fauuenture, conobbe finalmente, che perdeua il tempo. Onde entrato vn gior-
no nel PalazzOi doue i fefsanta fi ragunauano, il detto Beato, che ogni di gii ve-
deua far confegho, e non mai deliberar cofa, che fuise fe non in danno della Cit-
tà ; quando vide la fala efser piena, s'empiè vn gran lembo della velie di
carboni
aceefi,e con eilì entrato doue erano i feisant^a,? tutti glialtri Magiftrati della Cit-
tà gli gettò loro fià i piedi arditamente, dicendo, Signori il fuoco è frà voi, hab-
biate cura alla rouina voftra , e ciò detto fi f a ì. Tauro potette la fimplicità, ^
come vol:e Dio, il buon ricordo di quel fant'htiomoiche quello, che non hatie*
uauo mai potutole predicazioni, e le minaccie , adoperò compitamente la detta,
azzione, conciò fufse che vnitijindi a non molto infieme, goucrnarono per moid
anni poi quel! : Città con molta pacese quiete d'ogni vno. Mà tornando a
Ρί"'j '
Cmìfijfo a ii^PP·^^^ opera,dipinfe nella Chieia^e Spedale di S.Chriftofino, a canto alw
frefco m San Compagnia della Nunziata,per mona Mattea de' Teft;,mog!ie di Carcaicion Plp'
Chriflofèro. tinaldi > che lafciò a quella Chiefetta boniiTima entrata, in vna Capella^fr^ico

Oiri-

Λη^ζ.01

Infegm vn

-ocr page 291-

VITA DI PARRl SPINELLI. loi

Chrifto Cvocififlo, & incorno, e da capo molti Ai^eli, che in vna certa ariaoicu- ^
favolando piangono amaramente. A pie della Croce fono, da vna banda facete, ^ίψΆ
Maddalena, e i' altre Marie , che tengono in braccio la N. Donna tramortita , e %port» ΛύΐΛ
dall' altra S. Iacopo, e S. Chriftofano. Nelle facde dipinfe S. Catterina, S. Nico- c^^y^.
lò, la Nunziata, Giesù Chrifto alla colonna , e fopra la porta dì detta Chiefa ui
vn'arco, vna Pietà, S. Giouanni, e la N. Donna. Ma quelle di dentro fono (dalla
Capella in fuori jftateguafte. E l'arco, per mettere vna porca di macigno mo-
derna fù rouinato, e per fere ancora, con i'entpte di quella compagnia vn Mona-
fterio per cento Monache. Del quale Monaileno haueaa fatto vn modello Giot-
gio Vafari molto conlìderato, mà è ftaco poi alterato , anzi ridotto in tnaliirima^
forma da chi hà di tanta fabrica hauuto indegnamente il gouerno. Elìendo che
fc>ene fpello fi petcuote in certi huommi, come Γι dice faccenti ( che per lo più lo
no ignoranti31 quali > per parere d'intendere, fi mettono arrogantemente molte
volte a voler far 'Architetto, e iopraintendere, e guaftanoil piùdelle volte gU
ordini, & i modelli fatti da coloro, che confumati ne gli ftudi, e nella prattica del
fare, architettano giudiciofamente ; e ciò con danno de' pofteri, che perciò ven-
gono priui dell' vrile, commodo, bellezza, ornamento, e grandezza, che nelI<L-.»
fabriche , e maiTimamente, che hanno a feruire al publico, fono richiefti. Lauo- c»]itlìé
rò ancora Pam nella Chiefa di S. Bernardo Monafterio de' Monaci di Monte_^
in s, 9*τηψζ
C>liueto, dentro alla porta principale, due Capelle, che kfmettono in mezo, in λα ,
^iJella, che è a man ritra intitolato alia Trinità, fece vn Dio Padre , che fdhene
le braccia Chrifto Crocifiilo, e fopra è la Colomba dello Spirito Santo Ì
ii-λ
vn coro d'Angeli. Et in vna faccia della medefima, dipinfe a frefco alcuni Santi
perfectemente, neìl' altra dedicata alia N. Donna, è la Natiuicàdi Chrifto, &
al-
c^ine femine, che in vna tinelietta di legno Io iauàao con vna grazia donneica^
'^^'oppobeneefprella. Vi fono anco alcuni Paftori nel lontano, che guardano le
pecorelle cor. habiti riifticalidi que' tempi, molto pronti, & attenrifiimr alle pa-
dell'Angelo, che dice loto, che vadano m Nazarette . Neil' altra faccia èj'a-
Qotatione de' Magi, con cariagg,, Cameli, Giraire, e con tutta la corte di que' tre

ì quali offerendo riuerentementei loro tefori, adorano Chrifto in grembo . ,

Sila Madre. Fece , oltre ciò nella volta, & in alcuni fronteipizij di fuori alcune steneafrejtt
ί^οπε a frefco belliffime. Dicevi,che predicando mentre Pam faceua queft'ope-

Fra Bernardino da Siena, Frate di S.Francefco,ik huomo di fanta vita in Arez- .. ^ ^^ -
te'i ridotto molti del iuoi Frati al vero viuere religiofo , e conuerti- t^.^elhadU

tperfone, che nel far loro la Chiefa di Sargiano, fece fare il modello {. hiH^a ut Sar
a atti. E^j^g ^^ hauendo intefo, che lontano JalLi Città vn nv.gho fi
Leena- gM»v a ^rains
no molte cofe brutte in vn bofco, vicino a vna fontana,fe n'andò là, fegmtato d., uj s. Bermr.
tuito u popolo d'Arezzo vna mattina con vna gran Croce di legno in mano, ii ·

e tagliai Ibo^o ^ ^r , ^ Capelletta, che vi Π fxbrico a f

^ ] ] I ^^'gneile di fua mano, come fece la Vergine Gloriofa , ch^ .
apiendole Diaccia, cuopi-e col iuo manto tutto il popolo d'Arezzo. La quale Lacommtt^
oantiliima vergine ha poifatto, e fa dicontinuo in quéi luogo molti miracoli.
d-Are7 7o vi

in quefto luogo ha fatto poi la Communità d'Arezzo fare vna belliffima Chiefa , frèric^ vn»
^ in mezo di quella accommodata la N. Donna fatta da Pam,alla quale fono fta- Chiefr r. mol
t'tatti molti ornamenti di marmo, e di fieure attorno, e fopra l'Aitare, come fi è "
ornmmt,
«etto nella vita di Lucìi della Robbia, e di Andrea iuo Nipote, e con

Ce

come iì dirà di
mano

-ocr page 292-

.i70 seconda parte

di mano nelle vite di coloro, Γ opere di quali adornano quel iànro luogo ·

S. B^r^rdim » molto dopo, per la deuozione » che haueua in quel ί anto huonìo ri-
ntl Duomo ^^^^^^ il detto S. Bernardino a freico in vn pilaftro grande del Duomo Vecchio»
wcehto, nel qual dipinfe ancor in vna Capella dedicata al medeiìmo, quel Santo glo-
C»p4l»deii' ri ficato in Qelo> e circondato da vna legione d'Angeli > con tre meze figure, due
e»t» Λ dttt0 dalle bande, che erano la Pacienza>e la Pouertà>v'^ vna fopra'iCh'era la Caflità) le
SMHt$, quali tré virtù hebbe in fua compagnia quel Santo infino alla morte. Sotto i pie-
di haueua alcune mitrie da Vefcoui, e capelli da Cardinali>per dimoftrare. che fa-
céndofi beffe dei Mondo, haueua corali dignità difpregiate. E fotro a queilc_j>
Pitture era ri tratta la Città d'Arezzo nel modo, eh' ella in que' tempi fi trouaua.

CAhlUttn Fece fimilmente Parri fuor del Duomo » per la Compagnia della Nunziata in vna
fu0ri ad Da» Capelletta > ο vero Maeftà in frefco la N. Donna, che annunziata dall 'Angelo,
CB» · per lo fpauento tutta fi torce. E nel Cielo della volta, che è a crocciere, fece in-j»

ogni angolo due Angeli, che volando in aria, e facendo mufica con varijftromen-
tij pare,che s'accordino, e che quafi fi Tenta dolciiiìma armonia ; E nelle fàccic_j
fono quattro Santi,cioè due per lato. Mà quello in che moftrò di hauere, variando
efprelso il fuo concerto, fi vede ne' due piiaftri, che reggono l'arco dinanzi » doue
c l'entrata percioche in vno e vna Carità belliilìma, che afietruofamcnte allatta^.»
Viitirt dt ejf» vn figliuolo, a vn' altro fa feda, & il terzo tien per la mano : Neil' altro è vna Fe-
hllifme frà de con vn nuouo modo dipinta, hauen Jo in vna mano il Calice, e la Croce, e nel-
tutte V alm l'altra vna tazza d'acqua, la quale verfa fopra il capo d'vn putto, facendolo Chri-
^ quefi^am- Aliano. Le quali tutte figure fono le migliori, ienzadubbio, che mai face/Te Pat-
. f. f. ri in tutta la fua Vita, e fono eziandio apprefio i moderni marauigliore : Dipinfe
cb»0 ^^ iie^fro la Città, nella Chiefa di S. Agoftino dentro al Choro de'Fra-

diS^Agtflino ^^ molte figure in frefco, che fi conofcono alla maniera de' panni, & all'
β Mila ckufa lunghe,fueke,e torte, come fi è detto di fopra. Nella Chiei.i di San Guidino di-
4t S,Gmftino. pinfe in frefco nel tramezo vn S. Martino a cauallo > che fi taglia vn lembo della
verte per darlo a vn pouero,e due altri Santi. Nel Veicouado ancora , cioè nella
XHneìatattel facciata d'vn muro, dipinfe vna Nunziata, che ho«gi è mezo guaita, per efser?_;>
νψοΗΛίο. (lata molti anni fcoperta. Nella Pieue della medefima Città dipinfe la Capella,
Qapeiu nella che è hoggi vicina alla ftanza deli' opera, la quale dall' humidità è fiata quafi del
fituehormsi tutto rouinata. E^ ftata grande veramente la djfgrazia di quello pouero Pittore
guefi». (jjg opere, poiché quafi la maggior parte di quelle, ò dall' humido, ò dalle

Mg '"^'u confumate. Jn vna colonna tonda di detta Pieue dipinfe a fref-

fmttptrtifia,* Vincenzo ; & in S. Franceico fece per la famiglia de' Viuianì, intorno a

t$stnf»mate, vna Madonna di mezo rilieuo, alcuni Santi : e fopra nell'arco gli Apoftoli,che
riceuono lo Spirito Santo, nella volta alcuni altri Santi, e da vn lato Chrifiio con
la Croce in fpalla,che verfa dal coftato fangue nel Calice ; & intorno a efso Chri-
ilo alcuni AngeU molto ben fatti. Dirimpettoaquefl:a fece per la compagnia^
de gli Scarpellini, Muratori, e Legnaiuoli nella loro Capella de' quattro Santi in-
coronati , vnaN. Donna, i detti Santi con gli fiirumentidi quelle aid in mano : e
di fotto, pure in frefco due ftorie de' fatti loro, e quando fono decapitati, e get-
tati in Mare. Nella quale opera fono attitudini, e forze belliffime in coloro, che
Trff que*Corpi infaccati foprale fpalle, per portargli al Mare, vedendofi m

mefor-l'^ loro prontezza, &viuacità. Dipinfe ancora in San Domenico, vicino ail'Altar
«uitttkini, fnaggiore nella facciata deftra, vna N. Donna, S. Antonio, e S. Nicolò a fresco »
per la famiglia de gli Alberti da Catenaia, del qual luogo erano S'gnori, prima »
che rouinato quello , venifsero ad habitarc Arezzo, β Firenze. E che
fiano vna

me-

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vita di farri spinelli.

medefimacofa,!odimoftra l'arme de gli vni,e de gli altri,che c la medefin a. Ben ^'-l^ertt lgtk
c vero,che hoggiquelli d'Arezzo, non degli Alberti,nudaCarei7aJa fonochis-
mati, e quelli di Firenze non da Carenala, ma de gli Alberti., E mi ricorda hauer ^^^Λ^ΞΙ
veduto, & anco letto, che la Badia del iaflo, la quale era «eirAlpe di Catenaìa, e ^^
che hoggi è rouinara, e ridotta più a baffo verio Arno, fù da gli fteiTi Alberti edi- . f
ficata alla Congregadone di Camaldoli, & hoggi la poffiede il Monafleno .ie gli ^
Angeli di Firenze, e ;a riconoice dalla detta famiglia, che in Firenze e nobihffi-
ma. Dipinfe Patri neli'vdienza vecchia della Fraternità di S. Maria della Mifen-
cordiavnaNoftra Donna, che hà ("otto il manto il popolo d'Arezzo, nel quale FÌ£urtdiPair'
ritraile di naturale quelli, che allora gouernauano quel luogo Pio, con habit) in- " «»
ritratti
doilb fecondo l'vfanze di qne'tempi. E irà effi vno chiamato Braccio, che hoggi, «
quando fi parla di lui è chiamato Lazaro ricco,il quale morì l'anno 141 z.e lalciò

tutte le fue ricchezze, e facultà a quel luogo,che le difpenfa in feruig ο de'poue-

ri di Dio, eilercitando le Sante opere della Mifericordia con molta carità. Da vn
lato mette in niezo queila Madonna S.Gregorio Papa, e dall'altro S.Donato Ve-
icouo, e Protettore del popolo Aretino. E perche furono in queila opera benif-

fimo feruiti da Parri coloro, che allora reggeuano quella Fraternità, glifecioiio T»ueU àtìh
fare in vna rauola a tempera vnaNoftra Donna col figliuolo in bratcio, alcuni fitjfoatmis*
Angeli, che gli aprono il manto,iotco il quale è il detto popolo,e da bailo S.Lau-
r«,
tentino, e Pergentino Martiri. La qual rauola fi mette ogni anno fuori a ri i. di
Giugno, e V i il pofa fopra,poiché è ftara portata da gli huomini detta Compa-
gnia foiennemente a ProceiTione infino alla ChieCi di detti Santi, vna cafla d'ar-
gento lauorata da Forzore Orefice fratello di Parri j dentro la quale fono i Corpi
di detti Santi Laurentino, e Peigentino. Si mette fuori dico, e fi fa
il detto Alta-
re fotto vna coperta di tende in fu! canto alla Croce, doue
è la detta Chiefa, per- fredtlia 4$
che eflendo ella picciola non potrebbe capire il popolo,che a queUa fefta concor- vn" Alt/tre e9
re . La predella fopra la quale pofa la detta tauola, contiene di figure picciole il βgure pUatU
Martirio di que'due Santi, tanto ben fatto, che è certo per coia picciola, νης ma- belUffime,
rauiglia. E di mano di Parri-nel Porgo a piano fotto lo fportod'vna caia, vnTa^
hernacolo, dentro al quale è vna Nunziata in frefco, che è molto lodata : nella-- y^^·^
Compagnia de' Putaccioli a S. Agortino >fè in frefco vna S.Catterina Vergine, e
Martire belliffima ; fimilmente nella Chiefa di Muriello alla Fraternità de'Chie- «
liei, dipinfe vna S.Maria Maddalena di tre braccia ; & in S.Domenico, doue
all' S4n

entrare della porrà fono le corde delle Campane, dipini e la Capella di S. Nicolò j^Uol* molti
in frefco, dentroui vn Crocihilo grande con quattro figure, lauorato tanto bene, ben Umtett,
che par fatto hora. Nell'arco fece due ilorie di S.Nicolò: cioè quando getta
palle d'oro alle pulzelle, e quando libera due dalla morte; doue fi vede il Carnefi-
ce apparecchiato a tagliare loro la tefta, molto ben fatto. Mentre, che Pam fa-
dìfmgtn
ceua queft'opcra, fù alTaltato da certi fuoi parenti armari, con i quali piatiua non ì φίΰβ ti*
so che dote : η a perche vi fopragiunfono fubito alcuni, fù foccorio ds maniera, fuoi parmi
che non gli feciono alcun ma e. Ma fù nondimeno, fecondo, che fi dice, la pau· firmatit ma è
ra, che egli hebbe, cagione, che oltre al fare le figure pendenti iniurun lato,le fe- W^·
ce quali iempre da iridi in
poi fpauentaticce. E perche fi trouò moire fiate lacero
dalle male lingue,
e da i morfi dell'inuidie, fece in queila Capella vna ftoria di lin- fetlofptiHtn*
pe, che abbrcccjauano, e alcuni Diauoli, che intorno a quelle faceuanofìioco. to cmtmii»
hiariaeravnChriftojchelei-nalediceuasedavnlatoquéfteparole. A 1ΙΝ-/λγ It figttre
G V A DOLOSA. Fù Patri molto ftudiofo delle cofe dell'arte , e difegnò be- ftndentt , β
niiTufio, come
ne dimoftrano molti difegni, che hò veduti di fua mano, e par- taunfu

Ce 2 tico-

-ocr page 294-

λθ4 SECONDA PARTE

Cmefa Pìt* ticoIariTjente vn fregio d- venti ftorie della vita di S.Donato> fatto per vna firn Co*
tura fer reila » che cicaiiiaua eccellentemente. E fi (lima lo facefle > perche s'haueile a fa-
/immemo ornamenti all' Aitar maggiore di Vefcouado» E nei noftroLibro fono al-

conm Λ Ve jj^ jyi difegnate di penna> molto bene. Fà ritratto Patri da

ptiih ItngHt,
thè lolaetrA»
uano.

Tk fludiofo, e
perito
nel di»
fegno

JDifegm fam
pervn ruamo
di fua Sorel·
ia.

Suoi difegni»
penta.

Suo rittKtt·,
La foUtuctinti
β t ito gli
ltl>brem»Tonf
la vit«m

Ma:co da Monte Falciano » difcepolo di Spinello > nel chioftro di
S..3exnaido d'Arezzo. Vide anni LVI. E fi abbreuiò la vi-
ta> per eiTeiC di natura malinconico, folitario,e troppo
airiduo ne gli ftadi dell' arte, & al lauorare. Fu
fottecrato in S. Agoilino nel medefimo Se-
polcro » doue era ftato pofto Spinello
fuo Padre > e recò difpiacere la
fua morte a tutti i virtuofi >
che di lui hebbon®

cognizione
ecc.

Il firn d&Ua Ftm di Pam Sfincili Pittore l

MA-

-ocr page 295-

ν I ΤΑ D 1 MASACCIO.

yjTA DI MASACCIO DA S. GIOVANNI -
DI VALDARNO» PITTORE.

' C Ο S Τ VΜ E della natura, quando eUafò vna perÌGna-j Bmmm ίηβ^
irolto eccellente in alcuna
profeffione molte volte non la far gntJ^vnapoM
fola: ma in quel tempo mede/imo, & vicino aquella^farnc^j ίΦ»<'ηο ίιο»
vn'altra a iua concorrenza, a cagione, ch'eile poflìno gio
uarel'vnaalKaltrapella Virtù, e nella emulazone . Laqual
cofa,oltra il ÌÌKgolargiouamento di quelli fteffi, che indo prétternh
concorrono j accende ancora oltra modo , gli animi di chi „eiia im
viene dopo quella età , a sforzarli con ogni ftudio, e con ogni induftria, di per- centom»^^»,
wenire a que Io honore > & a quella glorio fa reputatione, che ne' paÌTàti,tutto il
giorno altamente feme lodare. Echequeftofiaiì vero? lo hauer Firenze pro-
dotto

lOj-

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.i70 seconda parte

vtf U miti- dotto in vna medefima età, Filippo, Donato, Lorenzo,Paolo Vccello « e MsfaC-
fUtttà Atlno CIO eccelIenciiTtmi ciaicuno nel genere Tuo, non folamente leuò via le rozze>C_^
»t Artifici vi- gQfjg maniere , mantenutofi fino a quel tempo, ma per le belle opere di coiloro»
to "•i"" 'd"' ^ 3ccefe tanto gU animi di chi venne poi, che l'operare in quelli meftieii
h & in quella perfezzione, che fi vede ne'tempi

mir» 4i di' "oftri · Di che habbiamo noi nel vero obligo grande a que'primi, che med ante
fignin, fatiche, ci moftrarono la vera via, da caminare al grado fupremo. E quan-

to alla maniera buona delle Pitture, a Malaccio malTimamente, per hauere egìi»
come defideroio d'acquiftar fama, confiderato, non ellendo la Pittura altro, che
vn contrafar tutte le cofe della natura viue, co! difegno,e co'colori femplicemen-
M»f*ctto tri' come ci fono prodotte da lei, che colui, che ciò più perfettamente coniegue,
Λ imitar ^ P"^® eccellente. La qual cofa, dico conofciuta da Malàccio, fa cagione_J?^
continuo u

ntHe Bit-· mi, che per la ma
iwt, arte, e c ^ ^ ^ .

a vn certo rilieuo veramente proprio, e naturale. Il che infino a lui non haue
ua mai fatto niun Pittore. E perche fù di ottimo giudicio, confiderò, che tutte le
figure , che non pohiuano , ne fcortauanoco i piedi in fui piano, ma ftauano in_j
Militerà gli punta di piedi, mancauano d'ogni bontà, e maniera nelle cofe edenziali. E colo-
fiont facili- 1Ό, che le fanno, moftrano di non intender lo fcorto. E fe bene Paolo Vccello vi
mi d» tafU fi era meiloj & haueua fatto qualche cofa, ageuolando in parte quefta difficoltà,
Vccello. Mafaccio nondimeno,variando in molti modi, fece molto meglio gli fcorti, e per
MeT^ide\^a, Ogni forte di veduta, che vn'altra , che infino allora fuiie fiato. E dipinfe le cofe
{fvnionentU fueconbuonavnione, e morbidezza accompagnando con le incarnazion del'e
U Bttture, tefte, e de gli nudi, i colori de'panni : I quali fi dilettò di Fare con poche pieghe, e
ΐΛίπΛ di facili, come fà il viuo, e naturale. Il che è ilato di grande vtile a gli Artefici, e ne
Μφ(αο. merita eflere comendato, come fe re fuiIe rtato inuentore^perche in vero le cofe
co^umtt inanzi a lui fi pofiono chiamar dipinte, e le fue viue, veraci, e naturali, alla-
mZT* ^ ^^^^^ ^^ L'origine di crilui fù da Cafiello S.Gio.di Val-

darno ; edicono, che quiui fi veggono ancora alcune figure fatte da lui nella fua
prima fanciullezza. Fùperfona afiratifìiìma,e molto a caio, come quello, che ha-
uendo fiilo tutto l'animo, e la volontà alle cofe dell'arte fola, fi curaua poco di fc»
e mancò di altrui. E perche e'non volle pénfar già mai in man-era alcuna alle cu-
re, ò cole del mondo, e non che altro ,al vefiire ilefTo, non coftumandorifcuote-
re i danari da'fuoi debitori, fe non quando era in bifogno cftremo, per Tomaio,
che era il fuo nome, fù da tutti detto Mafaccio. Non già perche e' fuiTe viziofo,
eflendo egli la bontà naturale, ma per la tanta Ifraccuratagginé, con la qualc_^
niente di manco era egli tanto amoreuole nel fare altrui ieruitio , e piacere, che
S'ingtina di più oltre non può bramarfi. Cominciò l'arte nel terripo,che Mafolino da Pani-
imttAr FtUp. cale lauoraua nel Carmine di Firenze la Capelli de'Brancacci, ieguitando fetnprc
*
•Donate, quanto e'potcua le veftigie di Filippo, e di Donato, ancora, che l'atte fuile diuer-
^ cercando continuamente nell'operate, di fare le figure viuiffimeje con bel-
manitr» me- P^'ontezza a b fii-njlitiid,ne del vero. E tanto modernamente traile fuori de gii
* fuoilineamenti, tk il fuo dipignere, che L'opere fue ficuramenre pofiono
Artificio mll* ^^ paragone, con ogni dilegno, e colorito modetno. Fù ftudiofiirimo nello
dìfficeltà. dtl" operare, e nelle di facoltà della profpettiua, artihzioro,e mirabile,come fi vede in
4Mfrtfpi,tiH», vna fua iftonadi fig^ure picdole, che hoggi è in cafa di Ridolfo del GhirUndaio,
nella quale oltra ilChrifto,chc libera lo indemoniato,fono cafamenti bellifijmi

prò-

/λ nHturAf{· che mediance vn continuo ftudio imparò tanto > che Πράο annouerare fra i pri-
■ he per la maggior patte leuaÌTino le durezze>miperfezzioni, e difficultà dell'
arte, e ch'egli delie principio, alle belle attitudinij mouenze, fierezze, e viuacità»

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vita di masaccio. 107

prorp«ttiua, tirati in vna maniera » che e' dimoilrano in vd tempo mcdefimo il di
«lenirò, &; il di inori : per hauere egli prefa la loro veduta, non in faccia, mà in sù
le cantonate per magggior difficoltà. Cercò più de gli altn^maeftri, di fare gl'i-
gnofidi^refptt
gnudi, e gli {corti nelle figuie, poco vfatiauami di lui. Fttfacihffimo nelfarfuo tiun,
^
h come fi è detto, molto i^iTiplice nel panneggiare. E di fua mano vna tauola suoi ignudi,
fatta a tempera » nella quale è vb^ Noilra Donna, in grembo a Sant'Anna, col fi, « frorti wo
gli nolo in collo, la quale tauola è Roggi in S. Ambrogio di Firenze nella Capelk, yf^tiprtm^fli
che è aliato alla porta, che và al parlatorio delle Monache. Nella Chieia ancora ·
di S. Nicolò di là d'Amo, è nel tramèzo vna tauola di mano di Mafaccio, dipinta a
tempera, nella quale, oltre la Noftra Donna, che vi è dall'Angelo atinunziata, vi
TauoL·»/^
è vn cafamento pieno di colonne, tirato in profpettiua, molto bello : perche oltre '

al diiegno delle linee, che è peifetto, lo fece di tnaniera coni colori sfuggire» che ^

poco a poco abagliatamenie fi perde di vifta . Nel che moftrò aflai d'intender la
prolpetcìua . Nella Badia di Firenze dipinfe a frefco in vn pilaftro, dirimpetto a
vno di quelli,che reggono l'arco dell'Aitar maggiore, Santo luo di Brettagna > fi-
gnopffm» in
gurandolo dento a vna nicchia, perche i piedi icortafllno alla veduta di fotto. La ^tt nuthto,
qual cola, non eilenda, sì bene ftata viata da altri, gli acquiilò non picciola lode :
t iotco li detto Santo iopm vn'ai. la cornice, gli fece intorno Vedoue, Pupilli > e
Poucri, che da quel Santo fono nelle loro bìfogne aiutati. In S. Maria Nouella
f itturt hi-
ancora dipinfe a freico fotro il traraezo della Chieia vna Trinità, che è pofta fo- Uffime λ fref-
Pra l'Aitar di S.Ignatio,e la Noftra Donna, e S.Giouanni Euangelifta,che lamet- re inS.Mm»
■ '^onoin mezo,contemp]an-ioChnrtoOOCifiiIo. Dalle bande fono ginocchioni NouelU.
figure,che per quanto fi può giudicare, fono ritratti di coloro, che la feciono
dipignere, mà iì fcorgouo poco, efiendo ricoperti da vn'ornamento meilo d'oro.

quello, che vi è belUifimo oltre alle figure è vna volta a meza botte tirata in
|ptolpe[tiua,e fpartita in
quadri pieni di rofsor!, che diminuifcono, e fcortano così , Pitture di
, che pare, che fia bucato quel muco. Dipinfe ancora in Santa Maria Mag- molta vtue\-
§iore, a canto alla porta del fianco, la quale và a S. Giouanni, nella tauola d'vna «« '«
<^apella, vna N. Donna, Santa Catterina, e S. Giuliano ; e nella predella fece al- ^^ ^^
cune figure picciole, della vita di Santa Catterina, e S. Giuliano,che ammazza il «
padre, e la madre. E nel mezo fece la natiuità di Giesiì Chrifto con quella fem-
Plicità. & viuezza, ch'era fua propria nel lauorare. Nella Ch:cfa del Carmine di ^ί,Ξί
di

in vna tauola,che è dentro a vna Capella del tramezo è vna N. Donna col \
figliuolo, & a piedi fono alcuni Angioletti, che fuonano, vno de' quali fonando
yn lento, porge con attenzione l'o'recchio all' armonia di quel iuono. Mettono
in mezo la Noftra Donna, S. Pietro,
S. Giouanni Bartifta, S. Giuliano, e S. Nico-
colò, figure tutte molto pronte, & vmaci. Sottonella predella fono di figór€_^
picciole ftcrie della vita di que'Santi , e nel mezo i tré Magi, che offerifconoa
Chnfb; & in quefta parte fono alcuni Causili ritratti dal viuo,tanto beìh,che ησ
fi può meglio defiderare·, egh hucmmi
della corte di que'tré Re fono veliitid»
^ vanj habiti, che il vfauano in q ue^tempi. E iopra per finimento di detta tauola
fono in più quadri molti Santi intorno a vn Crocififso. Credefi, che la figura d'vn
Santo in habico di Veicouoche è in quella Chiefa in frefco alato alla porta » che
và nelCóuentOjfia di mano di Mafaccioyinà io tengo per fermo,ch'ella fia di ma-
no di Fra Filippo fuo difcepolo.
Tornato da Pifa, ìauorò in Firenze vna tauoliL.·' » Figure ^ » »«-
dentroui vn mafcbio, Se vna femina ignudi, quanto il viuo, la quale fi troua-^ di jw* tAu-
^oggi in càfa Palla Rucellai. Apprefso non fenrendofì in Firenze a fuo modo » U tnFirenic
c limolato dalla afFezzionCy & amore dell'arte, deliberò per jmparare, c

fupe-

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%ο$ SECONDA F A R Τ E

ftiperar gli altri, aadarieae a Roma, e così fece. E quiui acquiftata fama gran-
diirum,ÌauoiòaiCardinaIediS.CIementenelIaCh!efa di S. Clemente, vna_i
Capeila» doue a fcefco» fece la Paffione dì Chrifto, co' ladroni in Croce » e le ilo-
rie
di Santa Catteriiia marcire. Fece ancora a tempera molte tauole, che ne' tra-
uagli di Roma fi fon tutte j ò perie » ò fmarrite. Vna nella Chiefa di S. MariaL-.»

Secondo Imperatore.
, egli la lodò niolco > e i

βηλ Pittura, ^ di Mafaccjo· Al quale mentre in !

iodata lauorauano le facciate della Chiefa di Saco Ianni,per Papa Martino, Pjfanello,

{hJagmh e Gentile da Fabriano, n' haueuano allogato vna parte, quando egli hauuto nuo-
Tcrn» Λ Fi' ue,che Coiìmo de' Medici, dal qiial'era raoko aiutato,e fàuoruo, era Ilato richia-
renz.e. mato dairefilio, fé ne tornò a Firenze. Doue gli fii allogato, eilendo morto Ma-
£ deputate at folino da Panicale, che l'haueaa cominciata, la Capella de' Brancacci nei Carmi-
lam'o dau j^g q^j^fg pama, che metteile mano , fece, come per faggio il S. Paolo, che è
Capata a» ^ijg ^gjig campane, per moilrare il miglioramenco, eh' egli haueua

fatto nel!'arte . Edimoftrò veramente infinita bontà inqueftaPittura: cono-
imìtMime nel fcendofi nella teila di quel Santo,il quale è Bartolo di Angiolino Angiolini ritrat-
U Agurad' w to di naturale, vna terribilità tanto grande, che e' pare, che la fola parola manchi
s. Paole, a queila figura. E chi non conobbe S. Paolo sguardando quello, vedrà quel da
FacUttà ma bene dellaciuilità Romana > infierae con la inuitta fortezza di quel!'animo dmi-
rauiglicfame^ niffimo tutto intento alle cure della fede. Moilrò ancora in queila Pittura nie-
te le vedute (jgf^ma l'intelligenza di fcortare le vedute di lotto in sù , che fìi veramente niara-
àtitttotntu. yjgj.pf^ j come apparifce ancor hoggi ne' piedi ileilì di detto Apoftolo, per vna
diiiicoltà facilitata in tutto da lui, nfpetro a quella goffa maniera vecchia, che fa-
ceua ( come io di.fl] poco di fopra ) tutte le figure in punta di piedi. La qual ma-
niera durò fino alai fenzn, che altri la correggere , δζ egli fole, e prima di ogni
Ceremonìa ridulle al buono dei dì d'hoggi. Accade mentre,che e' lauoraua in queil'

non del configrata la detta Chiefa del Carmine,e ivlafaccio in memoria di

cIrmL· Λ dipinie di chiaro, e fcuro, fopra k porta , che và in Conuento,

chtAr» fcuro dentro nel chioilro, tutta la fagra, come ella fu. Et vi ritraile infinito numero di
tm ritratti al Cittadini in mantello,& in capuccio,che vanno dietro alla proceiTìone, fra i quali
na-male,edi feceFilippodiferBrunelIercoinzoccolisDon.itelloiMirolfnod ^Panjcal iTatofuo
fpcfit!0»i mal. maefriO, Antonio Biacacc!,che gli fece far la CapeìLi,Nicolò da Vzzano, Giouan-
io mgitgnefe cij Bicci de' Medici, Bartolomeo Valor;, i quali fono anco di mano del medefi-
dtilofigHre, ^ jjj 5ii-noji Corfi gentilhuomo Fiorentino. Ritrafieui fimilmente Lo-
renzo Ridolfi, che in que' tempi era Ambafdadore per la Rep. Fiorentina η Ve-
nezia. E nó folo'VI ritrafsc i gentilhuomini fopracietti di narurale,raà anco la por-
rà del Conuento,& il Portinaio c6 le chiaui ui mano .Oiiefl'opera veramente hà
in (e molta pei:iezzione,hauendo Mafaccio faputo mettere tanto bene in fui pia-
no di quella piazza,a cinque, e
(ci per fiia, l'ordinanza di quelle genti, che vanno
diminuendo con proporzione , e gnidicio , fecondo la veduta dell'occhio, che e
>roprio vna marauiglia : e niaiTimamenrejche vi fi conofce, come fe fufsero viui,
a difcrezione , ch'egli hebbe in iar quelli huomini, non tuttid' vna mifura, nià
con vna certa ofseruanza, che diilingue quelli, che fono piccioli, e grolìi j^da i
grandi» e fertili. E tutti poianoi piedi in furun piano, fcortando in
fila tanto

benej

fsr^iniàzarfi
mM' ^rte
.

Diptnfe vna
CftpelU in S,

C lemme λ Maggiore, in vna Capelletta vicina alla fagreftia» nella quale fono quattro Santi

f'^ ' ' ' ■ ' " " . - - · . .. -T

di quella Chiefa>
'cai 4t Roma queila opera vn giorno Michelangelo, & io j

*''—!unfe> coloro eiTere ftati viui ne'temi "

e poi
Ro-

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ν I Τ^Α D I Μ A S A C G I α ^o^

bene, che non fanno altrimenti naturali. Dopo qMeftòvnfornato al kuoro delia Stguìtn i L·
Capelia c/e'Brancacci, feguitando le ftorie di S. Pietro ,cominciate da Mafolino, comin.
iìefìnì vna parte,cioè l'jitoria della Cattedra, il liberare gl'infermi, fufcitare i ^'f"
»norti, & il fanare gli attratti con l'ombra, nell'andare al Tempio con S.Giouan-
[JJ. Ma tra l'altre, notabilifruTiaapparifcé quella, doue S. Pietro per pagare il tri-
DUto, calia per commitTione di Ghnftoidanaridel ventre del pefce, perche oltra
" vedeifiquiuiin vn'Apoflolo, che è nell'vltimo , nel quale è il ritratto fteiTo di
Mafaccio, fatto da lui medeiìmo a Io fpecchio, tanto bene che'par viuo ; vi fi co-
il ritratto
nofce i ardire di S.Pietio nella dimanda » e la attenzione de gli Apoftoh , nellc^^ ΑΦ in
Varie arritufÌTni intorno a Chrifto, afpetrandola refoluzione Con gefti sì pronti,
ci e veramente apparifcono vitii. Et il S.Pietro maiTimamente, lì quale nell'af-
faticariì a cauare i denari del ventre del pefce, hà la teda focofa per lo ftare chi-
nato; e incito più quando e'paga il tributo, doue fi vede l'affetto del contare,
la fete di colui, che riicuote, che fi guarda i danari in mano con grandtifimo pia·
cere. Dipmfeui ancora la ReAirrezzione de! figliuolo del P.é, fatta da S. Piecro^
e
S.Paolo, ancoraché per la morte d'elio Mafaccio, reftaile imperfetta l'opera—»» SoprMutmi»
che fùpoi finita da Filippino . Nell'ifloria doue S.Pietro Battezza, fi ftima gran- ''"//λ morte
aemeiire vn'ignudo, che trema rra gli altri Battezzati, alfiderando di freddo,con- ^Φ*
^tto con beliiiTimo rilieuo, e dolce maniera, il quale da gli Artefici, 8c vecchi,e ψ'Ψ^^^· * «
rood^erni è (lato feiiipre tenuto in riuerenz3,& ammirazione; per il che da infini- f^^i^T
η "^^gnatori, e maeftri, continuamente fino al dì d'hoggi è fiata frequentata que
Pu HP^'^®·^^^''^ quale fono ancora alcune tefte viui{rirae,e tato beile,che ben fi
fiimate
coft · * nelluno maeftro di quella età fi accoftafse tanto a moderni quanto helhjfm»^
ha ' ^^ ^^ fatiche mentano iniìnitiffime lodi, e maffimamente, per
^^uei-e egli ciato ordine nel
ίαο magiftcrio, alla bella maniera de'tempi noftri. E
in Q ^^ vero . tutti 1 più celebrati Scultori, e Pittori, che fono (lati da lui
chi ^f^rcitando, e ftud andò in quefta Capella, fono diuenuti eccellenti,
Conemono a
η I '.'^ioè Fra Giouanni da Fiefole ; Fra Filippo, Filippino, che la finì, Aleiso quella. capeU
I Andrea dal Caftagno, Andrea dal Verrocchio, Domenico del Ghril- * f ^ ietti·

Sandro diBotticello, Lionardo da Vinci, Pietro Perugino , Fra Bartolo-
ron R ' Mariotto Albertinelli, & il diuiniiTimo Michelagnolo Buona-

fua ' ] ρ ancora da Vrbino, di quiui trafseil principio della be la maniera_.9
il R r ^^"^'^cio, Lorenzo di Credi, Ridolfo del Ghrillandaio, Andrea del Sarto, '

Francia Bigio, Baccio Ban iinelli, Alonfo Spagnuolo, Iacopo da Pun-
han ° Vaga, e Toto del Nunziata. Et in fomma tutti coloro,

cercato imparar quel!' arte ,ίοηο andati a imparar fempre a quella Capel-
fe'io i precetti, e le regolerei far bene, da le figure di Malaccio. E

dett "r"^ nominati mo'ti foreflieri, e molti Fiorentini, che fono iti a fiiudiare a
le merF^^^^* ' corrono i capi dell'
arte, quiuiancora concorrono

riputazione ^^^ ^^ ^^^^ Mafaccio , fiano ftate fempre in cotanta

egli ham-L,!^!" è nondimeno opinione, anzi purcredenza ferma di molti, che tw» dt Ma.
anni ce Io r ' ancora molto maggior frutto nell'arte, fe la morte,che di
16, faccio.
fufse t)nv i! ' hauefse tolto cosi per tempo. Ma, ο fafse l'inuidia, ο Sof^etto dt

belwi fi E non durano molto, e'fi raorìnel

DiSr? IP ' r ^ accidente. nelL· àe^o^

hì^rr^aL· ^iise, noihab- raUiu/p.r

amo tatto ui Mafaccio vna grandiffima perdita, e gli dolfe infinitamente,efsen- Λ/λ.

Dd dofi

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ZIO ρ A R τ E S E co Ν DA

tìofi aifaticato gran pezzo in moftrargli moki termini di profpettiua > e d*Archi-
tetcura. Fìi fotcecrato nella medeilma Chieià
del Carmine l'anno
1445.Eie bene ai lora non gli fu pofto iopra il Sepolcro
memoria alcuna» per eisere flato poco ftima^
to viuo. Non gli è però mancato do-
po la morte chi lo habbia
honorato di j^ue-
fti eprcaffi.

D'^JIX^IB^L C^RO^
TinfììelamiaTitturaalverfùpari;
Vatteggiaii l'auuiuah le diede il moto»
Le diedi affetto; Infegni il Buonaroto
tutti gli altri» e dame folo impari*

DI F^BIO SEG^I,
Jnuide cur Lachefìs primo [uh flore iuuenta

Tollice difcindis ftamina funereo i
Hoc vno ocdfo innumeros occidi: ^Apelles,

Sua fipsha*

, ^ φ»

Ti&une omnis obit bocobeunte lepos
Hoc Sole extin^lo extinguuntur fydera cunUa.
Heu dscHS omne perit» hocperemte ftmnU

Fh

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VITA DI FILIPPO. iji

ViTA DI FILIPPO BRVNELLESCHI SCVLTORE.
ET ARCHITETTO.

OLTI fono creati dalla natura piccioli di perfona» e di fat"
tezze> che hanno l'animo pieno di rantagranc?ezza, & il Huminidi-
cuore di sì imiiurata terribi ità, che ie non cominciano co- fpnrmi ytptcm
ì fe difficili» e quafi impofsìbil!» e quelle non rendono fini- ctoHr»cchiM'
= fe con
maranig'ia di chi le vede; mai non danno requie al- domfpeffevoh
l la vita loro. Erantecofe, quante Poccaiìone mette ηεΙ1ς_,>
" mani di quefti, per vili, e baile, che elle fi fiano, le fanno ef- «vimograd*,
qqJ^'ic in pregio > & altezza
. La onde mai non fi dourebbe torcere li mufo,
zia ° s'incontra in perfone, che in aipetto non hanno ouella pi magra-
ο venuftà, che dourcbbe dare la Datura nd venire al Mondo,
a chi opera

Dd * in

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2. i ì s e c ο ν d a parte

in qualche virtù, perche non è dubbio, che fotro le Zolle delia terra fiafcondono
le vene dell'oro. E molte volte naice in quelli, che fono di rparunflìme forme t
tanta generofità d'animo, e tanta fincerità di cuore, che fendo mefcolata la nobil-
tà con efse, non può fperariì da loro fe non grandiffime marauiglie ; percioche e'
fi sforzano di abbellire la bruttezza del corpo, con la virtù dell' ingegno » comc
apertamente fi vidde in Filippo di ier Brunellefco, fparuto de la perfona non me-
no, che M. Forefe da Rabbatta, e Giotto > mà
d'ingegno ramo eleuato, che ben
fi può dire, che e'ci fù donato al Cielo per dar nuoua forma all' Architettura-^ ,
già per centinaia d'anni fmarrita, nella quale gli huomini di quel tempo, m mala
parte molti tefon haueuano fpcfi ; facendo fabriche fenza ordine, con mal modo,
con trifto diiegno, con ftraniffime inuenzioni ,con difgraziatiiTìmagrazia, e con
peggiorornamento. Et voile il Cieloeileadoftaca la terra tanti anni fenza vno
animo egregio, & vno ipiritu diuino, che Filippo lafciaffi al Mondo di fe la mag-
giore » la più alta fabrica, e la più beila di tutte l'altre fatte nel tempo de'moder-
ni, & ancora in quello de gli antichi, moilrando, che il valore ne gh artefici Tof-

ua il valore de gli altrui menti, deponeua l'vtil fuo» e l'intereiìe de gii amici. Co*
nobbe fe fi:eiìo, &-1I grado della iua virtù, comunicò a moki, & il prolTìmo nelle
neceiTitàiempre fouuenne. DichiaroiTi nimico capitale de' vizij, & amatore di
coloro che fi efercitauono ne'le virtù. Non fpeie mai il tempo m vano,che,ò per
fe, ò per l'opere d'altri, nelle altrui neceiTvtà non s'afiaticaiie, e caminando gli
amici vifitaile, e fempre fouuenille.

Dicefi, che in Firenze fiivn'huomo di buoniiTìma fama, e di molti loileuoli
Coftwmi,e fattiiio nelle facende fue ^ il cui nome era fer Brunellefco di Lippo Le-
pi, il quale haueua hauuto l'auolo fuo chiamato Cambio,che fi^i litterata perfona»
e il quale nacque di vn tìfico in que'tempi molto famoio, nom.nato Maeftro
Ventura Bacherini. Togliendo dunque fer Brunellefco per donna vnagiouane
Con:umatiirima,della nobilfamiglia de gii Spini,per parte della dote, hebbe in pa-
gameto vnacafa.doueegh,
&c 1 fuoi figliuoli habitarono fin alla morte. La qua e è
porta dirimpetto a S. Michele Berteldi, per fianco, in vn biicanto pafTato la piaz-
ze de gh Agii. Hoi a mentre, che egli li efercitaua cosi, viueuafi licramente, gli
nacque l'anno 15 98. vnf gi uolo, al quale pofe nome Filippo, perii padre fuo già
morto, della qua.c naicita f^ce qudla allegrezza , che maggior poteua. La onde
cò ogni accuratezza guuicgnò nella fua puerizia i primi principi) delle lettere,nel
le quali fi mo ^ raua tanto ingegnofa ,e di fpirito eleuato,che teneua fpefio fofpefo
li ceruell ο quafi, he in que le non curaile venir molto peifetto. Anzi pareua,che
egli andai] . col penfiero a cole di maggior vtilita , per il che fer Brunellefco, che
defideraua, che egli facelle il meftier ίuo del Notano , ò quel del Tritauoìo, ne
prefedifpiictr grandiffimo.Pureveggendolocontinuamente, efierdietroaco*
ie ingegnoie
d'arte, e di mano, gli fece imparare Tabacco, e (criuere, e di poi lo
pofe all'arte dell'orefice, accioche imparalleadifegnare, con vno amico (no.
E fùqucfto con moka fonsfaz.one di Filippo, il quale cominciato a imparare, e
mettere m opera le cofe di.quell'arte , non pafsò moki anni, che egli legatia
le pietre fine , meglio, che artefice vecchio di quel meiliero. Efercitòilnielio»
il lauoi'aregrofterie , come alcune figure d'argento, che (òn
daa meziPro-
feti pofti nella tefta dello Altare di S, Iacopo di Piitoia, tenute beliiiTime » fat^c^

da

ΨίΙίρρο At
cor -o deformct
e 4
* ingegno
e iettato,
Rtfltr^l'artt
dell'archttet»
tura.

Siioì ledeuoli

(CjluffM m

Sua Aifcen"
tituba.

Hoflragran

ffmio ntU»
jRniinllf^^e^

Impure l'arte
dell' ortfict,
ftr e£tratar

SHeiprogrelp,

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VITA D I F I L I Ρ Ρ Ο. ii?

da Ιαί all' Opera di quella Cicca, Se opere cfi baiTì rilieui > Woiie moftiò intenderiì
tanro ία quel meiliero,che era forza, che'l Γαο ingegno paiiaffè i termini di queli'
arre. La onde hauendo prefo praxcica con certe pcrioné itudiofe, cominciò a en-
trar colla fanrafia nelle coie de' cempi.e de' moti, de' paefi, e delle ruore, come fi
pofion far girare, e da che fi muouono, e cosilauorò di Tua mano akum horiuoli
boniffimi, e bellifTimi. Non contento a quefto nell'animo Te li defto vna vogha
della Scultura, grandiffiraa, e rutto
venne poi, che eflendo Donatello gjouane,
tenuto va'ente m quella, & in afpettazjone grande,comincio Filippo a pratcicare
feco del continuo, & infieme per le virtù l'vn deli' altro fi pofono canto amore,
che i'vno non pareua, che fapeiTe viuere fenza l'altro. La onde Filippo,
era capacii'simo di più cofe, daua opera a moke profefsioni, ne molto fi efercitò
in quelle, che egli fù tenuto frà le perfone intendenti, boniisimo architetto, co-
me moftuò in molte cofe, che feruirono per aconcimi di cafe, come al canto de'
Ciai verio Mercato /ecchio, la caia di Apollonio Lapi fuo parerne ,che in quella
( mentre egli la faceua murare ) fi adoperò grandemente, Se il fimile fece fuor di
Firenze nella torre, e nella cafa della Petraia a Caftello. Ne Palazzo doue habi-
taua la Signoria, ordinò,e fpartì doue era l'vfficio de gli vfììciali di monte, tutte
quelle ftanze. Se vi fece,e porre>e fineftre nella maniera cauaca da lo antico : allo-
ra non vfatalì molto,per eller l'architettura rozifsima in Tofcana. Hauendofi poi
in Firenze a fare per i Frati di S. Spinto , vna flacua di S. Mana Maddalena in pe-
nitenza di legname di ciglio, per portar in ν na Capella, Filippo, the haueua fatto
moke cofecte picciole dì Scoltura, defiderofo moftrare, che ancora nelle cofe__^
grandi era per nufcire, picie a far detta figura> la qual finita, e meda in opera, fù
letiuta cofa molto bella ; ma nell* incendio poi di quel tempio l'anno J471. ab-
brucctò, infieme con molte akre cofe notabili. Arcefe molto alla profpettiua^
pilota moko in male vfo, per molte falficà, che vi fi faceuano. Nel a quale perle
molto tempo, per fino, che egli trouò da fe, vn modo, ch'ella poteise venir giu-
ila, e perfettaj che fu il leuarla con la pianta, e proffilo, e per via della mterfega-
z;one, co/a veramente ingegnoiit'sima, vtile all' arte del difpgno. Di quefla-i»
preie tanta vaghezza, che di fua manoritrafse la Piazza di SanGio ianni, con
tutti quelli fpartimenti della incroftratura murati di marmi neri, e bianchi, che
diminuiuano con vna grazia fingolare : e fimiìmente fece la cafa della Mifericor-
^ia, con k botteghe de Cialdonai, e la volta de* Pecori, e dell' altra banda la Co-
lonna di S.Zanobi. La qual opera cisendoh lodata da gli Artefici, e da chi haue*
L'infegn» «
"a g'udicio in quell' arte, gli diede tanto animo, che non fte molto ,che egh mi- Μα(»κ(9 »
fe Ulano a vn'altra, e ntralse il palazzo, la piazza, e la loggia de' Signori,
inCie-
col tetto de' Piiani, e tutto quel, che intorno fi vede murato. Le quali ope-
«^e furon cagione di deftare l'animo a gli akri Artefici, che vi attefeno di poi con
glande ftudio. Egli particolarmente la iniegnò a Mafaccio Pitior allor gioua-
i^^oltoiuoatnico,
il quale eh fece honore in quello, che glimoitro, come

fppare ne gl, cdifizii dell' opere ί ue. Ne reftò ancora di moitrare a quelh, che
jauorauano le tarfie, che è vn'arte di commettere legni di colorue tanto ghftimo-
10,che iù cae one di buono vfo,e molte cofe vtili,che fi fece di quel raagifterio,&

tnfegala //·«
doratori dì
tarfie cofe vti*
li all'arre»

poi molte cole eccellenti, che hanno recato,e fama,&; vtile a Firenze per
trou"^' ^J"'· Tornando poi da ftudio M.Paolo dal Pozzo Tufcanelli, & viia fera.*
lo ra"'^''^'' vn' orto a cena con certi fuoi amici, inuitò Filippo, il quale vdito-
Paròf dell' arti Mathematiche, preie tal familiarità con feco, che egli itn-
« ueoinetria da lui. £ fc bene Filippo non haueua lettere > igh rendeu

fira·

Opere d'orge,
to, 0 di baffi
rUnut prelu··
ώ di maggior
nu/ctte,
jpmirtea hm'

S applicM al.
la ^cultura
ctìi la atresm
thné Ai DO'
nuteilo,
Attnud%neAi
PtUppo a VB*
rifeftrcilij,
OpiTt, the gli
atqut^ans et·
tMt di valm»
te architetto ·
Statu» di le*
gna di molm
Jhma .

Coa/umatM
da vn' tnttn*
Àio.

Attende aU
la
pro/petti·
ua, «la mi'
gliora eoa in»
gegmfe inuea*
tieat, .
Opere euriof^
«tprojpettiM,

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2.14 S E C Ο Ν D A Ρ A R Τ E

fi ragione di ructe k cofe > con il naturale della prattica » e iperienza > che moke
voice io confondeua. E cosi feguicaado, dalia opera alle cofe della fcrirtura Chri-
ftiana > non reftando di imeraenire alle difpute >,& alle prediche delie periba?:^
dotte j delle quali faceua tanto capitale per la niirabil memoria Tua > che M.Paolo
predetto,celebrandolo » vfana dire > che nel fentir arguir Filippo gli pareua vti_»
nuouo Santo Paolo. Diede ancora molta opera in quello tempo alle cofe di Dan-
te > le quali furon da lui bene intefe circa i iiti, e le mifure, e fpeiio nelle compa-
razioni allegandolo » feneferuiua ne'fuoi ragionamenti. Ne mai colpenfiero·
faceua altro » che machinare > & imagiuariì cofe ingegnoie, e difficili. Ne potè
trouar mai ingegno , che più lo fatisfacelie j che Donato > con il quale domeiti-
camente confabulando, pigUauano piacere Γνηο dell'altro, e le difficoltà del
meftiero, confermano iniieme. Hora hauendo Donato in
que'giorni finito vn
Crocifillo di legno, il quale fù pollo in Santa Croce di Firenze, fotro la ftoria del
fanciullo, che nfufcita S. Francefco, dipinto da Taddeo Gaddi j volle Donato pi-
gliarne parere con Fili ppo j mà
(e ne pentì, perche Filippo gli rsfpofe, eh' egli ha-
ueua raeflo vn Cótadmo in crocejonde ne nacque il detto dì,togli del legno>e fan-
ne vno lùicome largaméte fi ragiona nella vita di Donaco.Per il che Filippo,il qua-
le ancorché fufse piouocato a ua, mai fi aduaua » per cofa, chg h folle detta> ftetce
cheto molti mefi, tanto, che conduile di legno vn Crocifiilo, della medefima_^
grandezza, di tal bontà, e sì con arte,e difegno,e diligenza lauorato, che nei man-
dar Donato a caia manzi a lui, quaiì ad inganno ( perche non fapeua, che Filippo
haueiie fatto tale opera ) vn grembiale, eh' egli haueua pieno di huoua sedi cofe
per definar infieme, gli cafcò mentre lo guardaua vfcito di fe, per la marauiglia,
e per l'ingegnofa , & artifiziofa maniera, che haueua vfato Fihppo nelle gambe »
del torio, e nelle braccia di detta figura, difpòlla
, <Sc vnita talmente infieme , che
Donato,oltrail chiamarii vinto,lo predicaua per miracolo. La qual'opera è hog-
gì polla m Santa Maria Nouella, fra la Capeila de gii Strozzi, c de' Bardi da VeV
na, lodata ancora da i moderni i infinitamente. La onde viilofi la vircii di quefli
maeftri, veramente eccellenti, fù lor fatto allocazione dell'arte de Beccai» e dell*
arte de'Linaiuoli, di due figure di marmo, da farli nelle lor nicchie, che fono in-
torno a Orfan Michele , le quah Filippo lafciò fare a Donato da ie folo, hauendo
prefo altre cure, e Donatole conduise a perfezzione. Dopo quelle cofe l'anno
1
402.dehberat0, vedendo la Scultura efsere fahta in canta altezza di rifare le due
porte di bronzo del tempio, e Battillero di^S.C^uanni : perche da la morte d'An-
drea Piiano in poi, non haueuono hauuti uueilri, che Γ haueffino iapute condur-
Onde fatto incendere a quelli Scultori, che erano allora in Toicana Panimo

Impar» Ιλ
Gtntnetria da
PMohdtlPo:^

Studia la Sa»
era Scrittura,
β fi diUtta Λ
difpute,e pre ·
diche.

Intel'tgen^a,
tpratticanel·
l'opere di Dò-
te,

Non s'appaga
atti ingegm
4' alcuno fé
non di Ώοηα
to .

Suoparertar·
gHto /opra vn
Cmififfo di
DmMa ·

Κ e fà vite in
gencorren^a,
t
fà fiupir Dt·
9af»,

Sene eletti al
ìauoro ài due
ftatue eh* Do
nato compi/ce
da [e.

Sonochtama
ii per r$mo-
«ar le port.' di
hroa^fjtdi Sart
Gfouanni >

yarietà rulla
freu» dt' la

re

loro, fì^i mandato per eiìì, e dato loro prouiiione, & vn'anno di tempo, a fare vna
iloria perciafcuno, frà i quali furono richieili Filippo, e Donato, di dotiere ciaf-
cuno di eiTì da per fe fare ν na iloria, a concorrenza di Lorenzo Ghibet ti, & laco-

Ed della Fonte,e Siinone da Colle,Francefco di Valdambrina,e Nicolò d'Arezzo»
e quali (loric finite l'anno medefimo, & venute a moftra in paragone, furon tut-
te belliiÌime, & intra fe differenti : chi era ben difegnata,e mal lauorara,coracL^
quella di Donato,e chi haueua boniHìmadifcgno,e lauoraua diligentemenre,mà
nonipatcito bene la iloria,col diminuire le figure,corae haueua fatto Iacopo dalla
Qicrcia,Ò£: fatto inuenzione pouera,e figure,nel modo,€he haueua la fua
condot-
to· Francefco di Valdambrina, e le peggio di tutte erano quelle di Nicolò d'Arez-
zo, edrSimonedaCollev E la migliore, tquella di Lorenzo di Cionc
Ghiber-
tx.. La quale haueua^ ia sè difegno, diligenza f inuenzione, arte > e le figure mol-

to

-ocr page 305-

vita d i f i l i ρ ρ g. χι;

εο ben lauorate. Nè gì: era però moltoinferiore la ftoria di Filippo, nella quale
haueua figurato vn'Abraaro, che facrifica Ifaac. Et in quella vn feruo, che tnen-
ere afperta Abraam, che l'Aiino pafce, fi caua vna fpina j di vn piede, che merita
lode aflai. Venute dunque le ftorie a moilra non Γι fatisiacendo Filippo, e Dona-
to fe non di quella di Lorenzo 5 lo giudicarono più al propoiìtodi quell'opera,
che non erano effi, e gli altri, che haueuano fatto le altre itorie. E così a'Confo
li con buone ragioni perfuaiero , che a Lorenzo l'opera allogafsero , moftrando,
che li publico, & il priuato ne farebbe feruico meglio, e fu vecamentè quefto,
vna bontà vera d'amici, òc vna virtù fenza inuidia, & vno giudicio iano nel cc
nofcere ie fteiit. Onde più lode merKarono, che le l'opera haueiTino condotta a
perfezzicme. Felici fpiriti, che mentre giouauano l'vno all'altro, godeuano nei
lodare le fatiche altrui. Quanto infelici fono hora i noftri, che mentre, che nuo-
cono, non sfogati j crepano d'inuidia nel mordere altrui ì Fù da'ConfoIi pregato
Filippo, che doue(se fare4'opera infieme con Lorenzo, ma egli non volle : ha-
uendo animo di volere efsere piùtoilo primo in vna fola arte> che pari ,o iecon-
do in quell'opera. Per il che la ftoria, che haueua lauorata di bronzo,donò a Co-
fimo de'Medici, la qiial egli col tempo fece mettere in Sagreftia vecchia in S.Lo-
tenzoj nel doilale dell' Altare, e quiui fi troua al prefente , e quella di Donato,fù
fiieiTa nell'arte del cambio. Fatta allogazione a Lorenzo Ghiberti, furono infie-
me Filippo, e Donato : e rifoluerono infieme partirfi di Firenze > & a Roma ftar
qualche anno, per attender Filippo all' Architettura, e Donato alla Scultura . Il
che fece Filippo, per voler eller fuperiore,& a Lorcnzo,& a Donato,tanto quan-
to fanno rArchirectura più neceiiaria all'vtilità de gli huomini, che la Scultura» e
Ja Pittura. Et venduto vn poderetto, ch'egli haueua a Settignani,di Firenze par-
titi ,a Roma fi condufsero : nella quale vedendo la grandezza de gl) edifizij, e la
perfezzione de'corpi de'Tempi j, ftaua aftracto, che pareua fuor di fe. E così dato
ordine a mifarar le cornici, e euar le piante di quelliedifizij, egli e Donato con-
tinuamente feguirando , non perdonarono ne a
tempo , ne a fpefa . Ne laiciaro-
no luog o, che eglino, de in Roma, e fuori in campagna, non vedeiTìno, e non mi·^
furaiTino, tutto quello, che poteuano hauere» che fuile buono. E peiche era Fi-
lippo fciolto da le cure familiari, datofi in preda a gli ftud j, non fi curaua di fuo
mangiare, ο dormire, folo l'intento iuo era l'Aichc- tura, che gà era ipeaca , di-
co gli ordini antichi buoni, e non la Todefca, e Barbara, la quale molto fi vfaua
|iel fuo tempo . Et haueua in ie duoi concetti grand ffìmi l'vno era il tornare
luce la buona Architettura , credendo egli ntrouandola , non lafciare manco me-
i^^oria di fe , che fatto fi haueua Cimabue, e
Giotto ; l'altro di trouar modo fe e'ii
porcile, a voltare la cupola di
S.Maria del Fiore di Firenze. Le difHcokà della_.j ■
^uale haueuano fatto sì, che dopo la mot te di Arnolfo Lapi. non ci era (tato mai
«^iluno, a cui fuiìe baftatol'animo, (enza grandiiTìma ipeft d'arniadure di legna-
> poterla volgere. Non conferì però mai queiU fua inuenzione a Donato, ne
Sa anm-ia viua; ne reftò, che in
Roma tutte le difficoltà , che fono nella Ritonda,
gì' non confìderaise, sì come fi poceua voltale .Tutte le volte nell'anticohaue-
ii no^to^e difegnato,e fopra ciò del continuo ftudiaua.E
(e per auuentura eglino
^au&ihno trouato fotterrati pezzi di capitelli,colonne,cornici,bafamenu di edifi-
fi er ( metteuano opere,e gli faceuano cauare,per toccare il fondo. Per il che
Uano per Roma,quando eglino paiisuano per k ftradc,che anda-

pgj.r ^^ 3 cafo, gh chiamano, quelli del teforo, credendo i popoli, che fuffino
Ρ ne, che attendeffino alla Geomanzia per ritrouare tcfon. E di ciò fù cagio-
ne»

Leren^e Gèi»
f>erti ί prtfc'
rito Λ gh d»
in,

Giudicio fin-
cero de' cen"
torrenti,
tilifpo fregS'
to a far l'epe *
rUi co» Loren-
zo, lo ricufn.
Dona
a Cofi>·
me Medici Iti
florta fatt»
ptrle porte,«
(juefia è rifO"
Βλ nella S»*
grefita vee-
ihin it S. Lo*
ren\o,

Và Λ Roms
icn Oonaio,

Studiane nel
dtfegao de gli
edifici ptà fa*
mùjt 4t Roma,

Ptnfieri grani
dt at lilipp»,
at rtnouarel»
buon» Archim

lettura, e di
metter tp vatm
tu la CapelL»
ai S, Marttt
del Fiore t»
Firenze,
Diligenza in
cercar fotttr»
ra pietre la»

Morate , per

auuerttrn$ i
difegni»

-ocr page 306-

llS S E co U D A PARTE

ne> l'hauere eglino trouato va giorno » vna brocca aurica di terra» piena cit meda··
glie. Vennero manco a Filippo i Henar , e fi andana riparando con il L-gare gioie»
a Orefici iuoi amici, ch'erano di prezzoj così fi nmafe folo in Roma> perche Do-
nato a Firenze fe ne tornò, & egli con maggiore iludio, e fatica » che prima die-
tro alle roLime di quelle fabnche, di continuo fi efercitaua. Ne redo » che no.i_j
fuiTe difegnata da lui ogni forte di fabrica j Tempi) tondi, e quadri, a otto facce,
Bafiliehe, Acquedotti, Bagni, Archi, Colifei, Anfiteatri, & ogni Tempio di mat-
toni, da quali cauòiecignarure,& incatenature, e cosiil girarJi nelle volte, tolfe
tutte le collegazioni, e di pietre, e di impernature, e di morfe, & inueii gando a
tutte le pietre grolle vna buca nel mezo perciafcunain fotto fquadra;trouò efier
quel ferro, che è da noi chiamato la vliuella, con che fi tira in sCi le pietre, & egli
lo rinouò, e meilelo in vfo di poi. Fù adunque da lui meilo da parte, ordine, per
ordine, Dorica, Ionico, e Corintio: e fù tale quefto fl:udio,che rimafe il fuo inge-
gno capaciflìmo, di potere veder nella imaginazione, Roma, come e'!a flaua,
quando non era rouinata. Fece l'aria di quella Città vn poco di nouità l'anno
1407. a Filippo: onde egli configliato da fuoi amici a mutar aria, fe ne tornò a Fi-
renze. Nella quale per l'aiTenza fua, fi era patito in moke muraglie, per le quali
diede egli a la iua venuta molti difegni, e moiri configli. Fù fatto il medefimo an-
no vna ragunata d'Architettori, e dlngegnieridel paefe, fopra il modo del voltar
la cupola, da gli operai di S. Maria del Fiore, e da'Confoli dell'arte della lana: in-
tra quali interuenne Filippo, e dette configlio, ch'era neceiiario cauare l'edifizio
fuori del tetto: e noti fare fecondo il difegno d'Arnolfo : ma fare vn fì-egio di brac-
cia χ v. d'altezza: & in me^o a ogni faccia fare vn'occhio grande. Percheoltra,
che leuerebbe il pefo fuor delle fpalle delle tribune, verrebbe la cupola a vokarfi
pili facilmente; così fe ne fecero modeUi » e fi melle in efecuzione. Filippo dopo
alquanti mefi rihauuto, efsendo vna mattina
in sii la piazza di S. Maria del Fiore»
con Donato, & altri Artefici, fi ragionaua delle antic lità, nelle cofe della Scnltn-
ra, e raccontando Donato, che quando e'tornaua da Roma haueua fatto la flrada
da Oruieto per veder quella facciata del Duomo di marmo,tanto celebrata,lauo-
rata di mano di diuerft
maeitii,tenuta cofa notabile in que'tempi,e che nel pafsar
poi da Cortona, entrò in Piene. Se vide vn pilo antico belhiTimo , doue era vna_j
floria di marmo, cofa allora rara; non efsendofi difotterrata quella abbondanza,
che fi è fatta, ne'cempi noflri. E così feguendo Donato il modo, che haueua vfa-
to quei maeftro a condurre quelPopera, e la fine , che vi era dentro , infieme con
la perfezzione, e bontà del magifterio, accefefi Filippo di vna ardente volontà di
vederlo, che così come egli era, in mantello, & in cappucci, & in zoccoli, fenza
dir doue andafse, fi partì da loro,a piedi,e fi lafciò portare a Cortona dalla volon-
tà, & amore, che portaua all'arte. Et veduto, e piacciutogli il pilo, lo ritrafle con
la penna in difegno, e con quello tornò a Firenze, fenza che Donato » ò akra_i*
perfona, fi accorgesse, che fufse partito, penfando, che e'douefse difegnare, ò
fantaflicare qualcofa. Così tornato
in Firenze li inoilrò il difegno del Pilo ,da-J
lui con patienza ritratto, per il che Donato fi marauigliò afsai ; vedendo quanto
amore Filippo portaua all'arte. Stette poi molti mefi in Firenze, doue egli face-
ua fegretamente modelli, & ingegni, tutti per l'opeta della cupola ; ilando mt-
rauia con gli Artefici in sù le baie,che all' hora fece egli quella burla del Grafso»
e di Matteo, & andando bene fpefso per fuo diporto ad aiutare a Lorenzo Ghi'
berti a rinettar qualche cofa in sii le porte
. Ma toccoli vna mattina lafantafia»
fentendo, che fi ragionaua delfarprouifioned'ingegnieri, che voltaflìno la-»

So»» creduti
Λλ Romani
frofeffon di
Ceimantia^
per mmrte'
fori.

Filippo β fo-
menta eoi If
ξΛΥ gemme,
JOtnMo viene
a Firen:(e.
Fatiche di
Filippo nello
fiudio d ' Ar-
thitettur».
X>ifiingue
gli
•rdini di effa.
Tonta a Fi-
renze , «è* -«f»
torre eoi fuo
pare'c aqual
ehe edificio.
Col fuo dife-
gno fi fà l»
nioltn della
€Mpola di S»
IMaria del
Fiore»

Vk in l(ptteh
Λ Cortona per
•meder v» la-
«ore di mar*
fm,e»eriper»
ίβ il iifegrto.

tAfegaì per
involta dell»
titpola.

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ν I τ A D ϊ FILIPPO. 2.17

cupola, fi ritornò a Roma penfando con più riputazione hauere a eiTei· ricaco di ^^^^^ ^ ^^^

fuora, che non harebbe fatto ftando in Fiienze. La onde trouandoii m Koma ^ ^^^ ^^^

Se venuto in confidecazione i' opera, e Γ ingegno fuo acutiiiìnio > p^ec nauer me- defiaer»^

ftro ne ragionamenti fuoi quella ficurtà, e quello animo, che non haiieua croua- Ιφ» βμ

Eonegiiaitrimaeftri:iqualiilauanofmarntiinfieme coi muratori, lerdut^

le forze, e non penfando poter mai trouar modo da voltarla : ne legni da tare
vna trauaca, chefufle sì forfe>che regeile-l' aimadura, & il peio di si grande edi- p.rUd.ffcU
fizio : deliberati
vldincù fine, fcriilono a Ρ.ίφρο a Roma con pregarlo, che ve- ^^ i^uor»
nifle a Firenze Et edi, che non haueua altra voglia, molto cortefemente torno, vm^reg^to^
E ragunatofi a ina venuta l'vfficio deìli operai di
S. Maria dei Fiore, & i Confo i
deli' arte della Lana, diilono a Filippo tutte le dijScokà da la magg.ore a la mino- 'i- *
re, che faceuanc i maeftri, i quali erano in fua prefenza nella vdienza infieme._^
con loro ; per il che Filippo, diffe quefte parole. Signori operai e' non e aubbio :
che le cofe grandi hanno fempre nel condurli difficoltà , e le niuna η hebbe mai ^^^^^ '
queftavoftra l'ha maggiore, che voi^per auuentura non auiiate; percioche io ^^
non so, che ne anco gU antichi voltafsero mai vna volta si terribile, come iara
quefta, & 10,che hò molte volte penfato ali'armadure di dentro, e di furori, e co-
irle il ha per poterui lauorare ficuramente, non mi iono mai faputo rifoluere : e
mi sbigottì ice non meno la larghezza, che Γ altezza delP edifiz.o, percioche fe
ella fi porellb girar tonda, fi potrebbe tenere il modo, che tennero i Romani nel
voltare il Panteon di Roma, cioè la Ruonda, ma qui bifogna feguirare l'otto fac-
ce, & entrare in catene , & in morfe di pietre , che farà cofa molto difficile. Mà
scordandomi,che quello è tempio facrato a Dio, & al!a Vergine,mi confido,che
iacendoii in memoria fua, non mancherà d'infondere il fapere doue non fia , &
^^ggiugnere le forze, e la (apienza, e l'ingegno, a ehi farà autore di tal cola. Mà
che pollo io in quefto cafo giouarm, twn eisendo mia l'opera. Bene vi dico, che
le ella toccaise a me, rifolutiiTtmamente mi bafterebbe l'animo di trouai e il mo-
do , eh' dia fi volterebbe fenza tante difficoltà. Mà io non ci hò penfato su an-
cor niente, & volere, che io dica il modo ? Mà quando pure le S.V. delibereran- .
Ώ0, che ella fi volti, farete forzati, non'folo a fare efperimento di me , che no^
Penfo ballare a configUare sì gran cofa, mà a (pendere, & ordmare,chc tra vu ali-
no di tempora va di determinato venghmo in Firenze Architetiorijncn olo i ol-
,. f-ni, & Italiani, mà Todefchi,e Francefi, e d'ogni nazione, e p, opcric loro que- Perfm^e h
fto lauoiO,accloche diipurato,e nfoluto fià tanti roaeiln, fi cominci, e
li dia a co Au

càe più drittàmente darà nel fegno , ò hauerk miglior modo , e g ud^cio, per (φα oUr^m»·
^le taropera · Ne vi faprei dare io altro coniglio, ne migliore oidine di qut ftc. ·
giacque a i Confoli, & a gli operai l'ordine , & si coniìglio di Filippo
; mà h.-1 eb^-
oono voiuco, che in quefto mentre egli hautise fatto vn modello, e che ο hauei-
^^ penfato sù.
Màeglimoilrairadinoncararfene, anzi preio hcenz. da loro , «
fser follecirato^con lettere,
a tonfare a Roma. Auuedutoii dunque . Con-
-
'^he i prieghi loro, e de gli opera, non erano baftanti a fermarlo , lo fec:ono ^^^

Prep· , c uc yu opera] non ctauu uaiiaiiij ti , iw

p· iTioltiamici fuoi,e\i5 ii piegando, vna mattina, chefù adì 2,6. di Mag-

gt·/·^''7· gli fecero gh operai vno fianziamenro di vna mancia di danari, i quali
egliTu ° ^ ^ Filippo, ne libri dell'opera, e tutto era per ageuolarlo. Ma
lopra r Π propofito, partitcfi pure di Firenze, le ne tornò a Roma, doue
opera/n ^^^^^^^^oo^^inuoftudw; ordinando, eptepa siuMa Η

tale ope ^^^ certan-ente , che altro, che egli non poteise condurre fmoro dilh

r ^'a. tt il configlio dato 5 del condurre nuouiarchitetion, nonl^hai.'Ua volta.

E e

-ocr page 308-

.i70 seconda parte

Filipp.,1 meiTo manzi, per altro » ie non perche eglino ftiiTino teitimoni del gran-
ulili nei ingig:io Γαο, più che perche e' peniallc » che eglino haueffino ad haiier
ordine di vokar quella tribuna, e di pigliare tal carico, che era troppo difficile ·
E cosi fi confumò molto tempo inanzi > che fuffino venuti quelh Architetti de lor
paefì,che eglino haueuano di lontano jfàtci chiamare, con ordine dato a Mercanti
Fiorentini, che diinoraaano in Francia, nella Magna, in inghilrerra,& in li pagns,
i quali haueuano commiiTìonedifpendere ogni fomma dì danari, per mandare»
& ottenere da que' Principi, i più efperimentatijtSc valenti ingegni, che fudero in
quelle Regioni. Venuto Tanno 1420. furono finalmenteiragunati in Firenz?._J
tutti quefti maeftri oltramontani, e così quelli della Tofcana, e ciuti gì' ingcgnofl
artefici didifegnoFiorentini, e così Filippo tornòdaRoma. Ragunaronfidun-
que tutti nell* opera di Santa Maria del Fiore, preienti i Confolf, e gli Operai, in-
ncme con vna fcelta di Cittadini, i più ingegnoiì, accioche vdito (opra quefto ca-
io l'animo di ciafcuno, fi rifoluefle il modo di voltare quella tribuna ; chiamati
dunque nella vdienza, vdjrno a vno a vno, Tanimo di tutti, e Γ ordine, che
c\af-
cuno Ar hitetro fopra diciòhaueua peniato. Efùcofa bella il fentir le ftrane»
ediuerieopinioni in tale materia. Percioche chidiceua di far pilaftri murati
dal ρ ano della terra, per volgerai sù gli archi, e tenere le trauate, per regge-
re i pefo : altri, che egli era bene voltarla
di (pugne, accioche fuile più leggie-
ri il pefo : e moki fi accordauano, a fare vn pilartro in mezo, e condurla a padi-
glione come quella di
S. Giouanni di Firenze. E non mancò chi dicefle, che fa-
rebbe flato bene empirla di terra , e mefcolare quattrini fii eiia,accio che volta,
dciiìno licenzia, che chi voleua di quel terreno jpoteiTi per elio, e cosi ir»
vnfubito, il popolo lo portaffe via fenza fpefa. Solo Filippo diiTe» che fi potè*
uavoltarla fenza tanti legni, e fenzapilafiri» ò terra, conaifaiminorefpefa.
di tanti archi, e facilirsimamente fenza armadura . Parue a' Confoli, che iiaua-
no adafpettare qualche bel modo, & a gli Operai, & a tutti que' Cittadini,che
Filippo haueiTe detto vna cofada fciocchi; e fè ne ftciono beffe,ridendofi.di lui,e
fi volfono, e li difìoro ,
che' ragionaiTe d^altro, che quello era vn modo da pazzi >
come era egli. Perche parendo a Filippo di efsere ofrefo , diile , Signori confide-
rate , che non è pofsibile volgerla in akra maniera, che in quella ^ & ancoraché-
voi vi ridiate di me, conofcerete (fe no volere efsere oiìrinati) non douerfi> ne po-
terfi far in altro modo. Et è necefsario, vedendola condurre nel modo, ch' io hà
penfato » eh' ella fi giri col iefto di quarto acuto , e facciafi doppia, l'vna volta
di
dentro, e l'altra di fuori, in modo, chefràTvna, e Γ altra fi camini. Etinsùle
cantonate de gli angoli delle otto facce con le morfe di pietra s'incateni lafiib·^
brica per la grofsezza, efimilmentecon catene di legnami di quercia, fi giri per
le facce di quella. Et
è necefsario pen/are a lumi, alle fcale, òc a icondotti, dc»-
ue l'acque nelpiouere pofsino vfcite. E nefsuno di voi hà penfato, che'biio-
gna auuertire, chefi pofsafare iponti di dentro, perfareimuiàici, & vnainfi-
nità di cole difiScili : mà io, che la veggo volta, conoico, che' non ci èaltro mo-
do» ne altra via da potere volgerla, che quefta, ch'io ragiono · E rifcaldatonel di"'
re,quanto e'cercaua fàcilitare il concetto fuo, accioche eglino , Io
intendeiTìno, e
credeiTìno, tanto veniua proponendo più dubbij, che gli faceuameno credere »-
e tenerlo vna beilia » & vna cicala. La onde licenziatolo parecchi volte, Se alla^
fine non volendo partire, fù portato di pefo da ί donzelli loro, fuori dell'vdienza ?
tenendolo del tutto pazzo. Il quale fcorno fii cagione,che Filippo,hehbe
poi,
che non ardiua paiTare per luogo alcuno della Città, temendo non iulscdet-

sì ragumno
in Fire^e Art
chititti altra·
montani.

Loro Vàry fa*
mi.

V*rè* di TU
lippa ^

Pien dtrijo t
riputato modo
iaftittco^

solt» , uruie
■νίίΆ /icenfiA-

fi^qutfidne
Ktdtfce di Cd"

SMirinfubli^

gfi.

-ocr page 309-

ν it A d i filippa

to, vedi colà quel pazzo. Refiati i Confoli nelP vdienza confoli, e da i medi ic
primi Maeftri difficili, e da i'vicimo di Filippo , a loro iciocco > parendo loro » che
e'confondefle quell'opera con due cofe: Tvna era il farla doppia j che farebbe fta'
to per grandiiTimo, e fccncio pelo , e l'altra U furia fenza armadnra. Da l'altra^
parte, Filippo , che tanti anni haueua (pefo nelh iludij, per hauere quefta opera,
non fapeua , che fi fare , e fù tentato parcirfi di Firenze p;ù voice. Pure volendo
Vincere, gli bifognaua armarfi di patienza, hauendo egli tanto di vedere, che'co-
nofceua i
ceruelli di quella Città, non ftare molto fermi rn vn pfopotìto, Haue- Bìjfenfionene*
rebbe po ttco moftrare Filippo vn modello picciolo, che haueua fono > ma noiì_t» fauflondegli
volle moifrcirio, hauendo conofcuuo k poca intelligenza de' Confoli, rinuidia de operarij ρτψ'
gli Artefici, e la poca ftabthta de'Cittadin], che fauoriuano, chi vno, e chi l'altro, β'*
feo;ndo, che ρ lì p'aceua a ciafcuno.'iSc io non me ne marauiglio, facendo in quel-
laC 'ttà profefs one ogni voo d) fapeie in quello, quanto i maeftri efercitati fan-
no, co -epochifim - quelli, che veramente intendono te dò iìa detto con pace
di coloro, che fanno. Quello dunque , che Fìhppo'non liaueua potuto fare nei
Prattìche
Magiih-aro, cominciò a trartar in difparte, fauellando hora a quello Confolo, ho'

di que'foreftieri. Per la qua! cofa inanimiti i Conloib e gli operai, e que ^^ μ
^-^dini, ù raganarono tutti infieme, e gli Architetti difputarono di queita mate-
radnnaaca, e
iia, mà furono con ragioni ailai tutti abbati απ,& vinti da Filippo: doue iì dicc_j, f, àtfputa, del*
che nacque la difputa deli'voiio in quella forma. Eglino haurebbono voIuco,che
Ufaèriea.
F lippo haueile detto l'animo fuo minutamente, e moilrono il ino modello, co-
me haueuano moilro eiTi il loro: il che non volle fare, ma propofe quello a'Mae-
Comtnee »
ftri, e foreilieri, e terrazzani, che chi fecaiaile mfur vn marmo piano, vn'vouo concorri cm
ritto, quello facciTe la cupola, che quiui fi vedrebbe l'ingegno loro . Volto dun-
que να'νοαο, tuttique'maelln fi prouarono, per farlo ftar ritto, ma nefluno tro- ^n^

lìòilmodo, OiideetlendodettoaFihppojche'lofermade, egh con grazialo ^^^^^^
prete, e datoli vn colpo dei culo in fui piano del nurmo lo iece ftar ritto. Komo-
i-eggiandogh Artefici ,che fimilmente haurebbono faputo fare efli, nlpole loro
Filippo ridendo, che gli haurebbono ancora iaputo voltare la cupola, vCuendo
il modello, ò il ddegno. E così fu nioluro , ch'egli hauefse carico di condurr?^
qaefta opera ^ e dettoli, che ne informalle meglio i Confolh e gli operai. An^.a-
tofene dunque a caia, in furun foglio, icrUie l'animo fuo pai apertamente,chf^S
Poteua,per darlo al Magiflrato in quella forma. Coniìderato e difficultà di que- Ttmredeljke
ita fabrica Magnifici Sig.Operai, tróuo, che non ii può per neiiun modo volger- "f f *
ìa tonda perfer^ta: attefo , che farebbe tanto grande U ρ ai^ di fop.. doue v. a Ρ-^^β^
lanterna, che mettendouJ pefo, rouinerebbepreilo.
Pero mi pire , cne quelli
Architetti, che non hanno l'occhio all'eternità della fibrica,
non habbiano amo-
re alle memorie, ne iaPpiano, per quel, che elle fi fanno. E pero mi rifoluo, gi-
rar di dentro qucÌb volta a
fpicchì, Come ftanno le facce, e darle aidura, & il le- .
ilo del quarto acuto : percioche
qucìIo è vn fedo, che girato (empre pigne allo
in sù : e caricate lo con la lanterna, l'vn con l'altro la farà durabile. Et vuol^
efser gi-ofsa nella mofsada pie braccia tré, e tre quarti, & andare piramida'men. e
^^^ipiendofi di fuora, per fino doue ella fi ferra, e doue hà a efsere la lair erna_-.i.

Volta vuole efsere congiunta alla grofsezza di braccia vno,& vn quarto,
poi iaraiTi dal lato di fuora vu'altra volta, che da pie fia grofsa braccia due,
mezo, per conferuare qiielladi dentro da l'acqua. La quale anco piramidal-

E e X mente

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.i70 seconda parte

mentrediminuifca a proporzioae , in modo, che Γι congiunga al principio della^
lancema> come l'altra, ranco, che fia in cima la fuagrofsezza duci terzi. Sia per
ogni angolo, vno fprone, che faranno orto in tutto,& m ogni faccia, due cioè nei
mezo di quella: che vengono a edere Cedici: e dalla parte di dentro, e di lucri nel
mezo di detti angoli, in ciaiche Juna faccia, fiano due fproni; ciaicano groflo da_ji
piè braccia quattro. E lunghe vadino inileme ledette due volte, piramidalmen-
te murate, ;nÌìno alla fommità deirocchio chiufo dalla lanterna, per eguale pro-
porzione . Faccianfì poi ventiquattro fproni con le dette volte muiari intorno, e
iei archi di macigni, forti, e lunghi, bene Sprangati di ferri, i quali fieno ftagaatij
e fopradetti macigni, cateile di ferro, che cinghàio la detta volra , con loro fpro-
ni. Hailì a murare di fodo lenza vano , nel principio, l'altezza
di braccia cinque»
& vn quarto, e di poi feguirar gli fproni, e fi diuidino le volte. Il piimo, e iecon-
docerchio da piè, fia rintorzato per tutto , con macigni lunghi, per il trauerfo., sì
che l'vna volta, e l'altra nella cupola, fi pofi in sù i detti macigni. E nella altezza
d'ogni braccia ix. delle dette volte, fiano volncduole tra l'vno fpione, d'altro
con catenedi legno di quercia groiie, che leghino i detti fproni,che reggono
volta di dentro: e fieno coperte poi dette catene di quercia, con piaihedj ferro,
per l'amor delle falite . Gli fproni murati tutti, di macigni, e di pietra fòrte ,
fimilmente le facce della cupola tutte di pietra forre, legate con gli fpconi fine
all'alteziza di braccia ventiquattro, e da indi in sii, fi muri di mattoni, ò vero di
{pugna, fecondo » che fi delibererà per chi l'hauerà a fare, più leggieri, che eo-Ii
porrà. Ricciafi di fuori vn'andito fopra gli occhi, che fia di fotro ballatoio con_j.
parapertiftraforatid'akezzadibracciadueali'auenantedi quelli delle tribonet-
te di folto, ò veramente due anditi l'vno Copra l'altro , in (ar vna cornice ben(;_,?
ornata : e l'andito di fopra fia fcoperto. L'acque della capola terminino in sù vna
ratta di marmo larga vn terzo, e getti l'acqua, doue di pietra forre farà murato
fotro la ratta ; faccianfi otto cofte di marmo a gli angoli nelle fuperficie della cu-
pola di fuori, grofìGi come fi richiede, & alci vn braccio Copra la cupola, fcornicia-
to, a tetto, largo braccia due , che νi fia del coimo, e deliagronda da ogni parte;
muouanfi piramidali dallaroofia loro,per fino allafine. Murinfi le cupo e nei
inodo di fopra , fenza armadure, per fino a braccia trenta, e da indi in su, m quel
modo ,che farà configiiato , per que'maellri, che Thaueranno a murare: perche
la prattica infegna quello, che fi hà a feguire. Finito che hebbe Filippo di fcri-
uere quanto di Copra, andò la mattina ai magiftrato, e dato loro quello foglio
fij confiderato da foro il tutto : ancoraché eglino non ne fulTìno capaci, vedendo
Ja prontezza dell'animo di Filippo, e che neiTuno de gli altri Architetti non an-
dana con miglior gambe , per moftrare egli vnaficurtà manifeila nel fuo dire_jj>-
col replicare Tempre il medefimo in si fatto modo, che pareua celta ment^.^^?
che egli ne haueflì volte dieci. Tiratifi da parte i Confoli, conlultarono di dar-
gliene , ma che haurebbono voluto vedere, vn poco di fperienza, come fi potè*
ua volger quella volta lenza armadura , perche tutte l'altre cofeapprouauono»·
Al quale defiderio iù fauoreuole la fortuna, perche hauendo già vo'.uto Barto·»
lomeoBarbadonfarfare vnaCapellain Santa Filicita, e parlatone con Filippo?
egli v'haueua mefib mano, e fatto voltar fenza armadura, quella CapellajcheL-^
è nello entrare in Chieia a man ritta , doue è la pila dell' acqua Santa, pur di iua
mano » e fimilmente in quei dì ne fece voltare vn'altra, in San Iacopo fopra Ar·»
no, per Sriatta Ridolfi allato alla Capella dell' Aitar maggiore. Le
quali furono
cagionss che gli fÙL dato più c.:ediro che alle parole. E cosi alTicuratii Confo-
li,

Ap'fYmitt$ il
penfiero , gli
>vien ^Λΐΐο ijj-
a voi,
^er ΙΛ νο (Λ
fitti» ama

diremmo Ai

efewpio due
mitre così da

hii f^hmatg.

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ν i τα d i f i l I ρ ρ ο. ^ii

lì» e gli operai per lo fcn'tto, e per l'opera, che haueuano veduta, gli allogarono ìa
cupola, facendo capo raaeftro principale per partito di faue. Ma non glie nc„js
obligarono fe non braccia dodici d'altezza, dicendoli, che voleuano vedere, co-
nie rmfciua l'opera, e che riufcendo, come egli diceua loro ,ηοη roancherebbono
largii allogazione del refto. Parue cofa ftrana a Filippo il vedere tanta durezza,
e diffidenza ne'Confoli, & operai, e Te noti fuiìe flato, che fapeua, che egli era-j
folo per condurla, non ci haurebbe meiio mano r pur come deiiderofo di confe-
guire quella gloria, la prefe, e di condurla a fine perfettamente, fi obligò. Fù fat-
to copiare il fuo foglio , in sù yn libro, done il Proueditore teneua i debitori,
&c i
creditori de legnami, e de marmi, con l'obligo fudetto; facendoli la plOUifione__J
tnedefima, per partito di quelle, paghe, che haueiiano fino allora date a gli altri
capi maeftri. Sapiitaiì la allogazione fatta a Filippo per gli Artefici, e per i Citta-
dini,
a chi pareua bene, & a chi male, coìt e fempre fa il parere del popolo, e de
gli fpenfierati, e de gli inuidioiì. Mentre, chè fi faceua le prouifioni, per comin-
ciare a murare, fi deftò sù vny fetta fra Ai rigiani, e Cittadini, e fatto tetta a'Con-
^li, & a gii operai, diiTono, dhe fi era corfa la cofa, e che vn lauoro fimile a que-
^o, non doueua elìet fatto per configlio di vn folo : e che fe eglino fuffino priui
oniiomini eccellenti, pome eglino ne haueuono abbondanza, fariada perdona-
re loro; ma che non pafiaua con honore della Città, perche venendo, qualche^
difgrazia ,come nelle fabriche fuole alcuna volta auuenire , poteuano edere bia··
limati, come perfone , che troppo gran carico haueiiìno dato a vn folo, fenza_i#
conad'erare il danno, la vergogna, che a! pnblico ne potrebbe rifultare, e che pe-
l'o per afirenare il furore di Filippo era bene aggiugneigli vn compagno. EraLo-
ret}2O Ghiberti ν enuto in molto credito, per hauer. già fatto efperienza del fuo
ingegno nelle porte di Sa» Giouanni, c che e'fuiTe amato da certi, che molto pò»
teuano nel goucrno , fi dimoilfò ailai chiaramente ; perche nel vedete tanrocre-
icere la gloria qi Filippo, fotto fpezie di anjore,e di aifezzione verfo quella fabri-
cà soperarono di maniera apreiso de' Confoli s e de gli operai, che fù vnito com-
pa^io di Filippo in quella opera . In quanta difperazione, Óc amaritudine fi tro-
ΙΐαΐΓι Filippo, fentendo quel che haeuano fatto gli operai, fi conoice da queftoj
che fù per foggirfi da Firenze : e fe non fuilì ftato Donato > e Luca della Robbia,
che lo conforrauano, era per vicire fuor di sè. Veramente empia, e crudeirab-
è quella di coloro, che accecati dall'muidia, pongono a pericolo gli honori je
bel e opere , per la gara dell'ambizione. Da loro certo non reftò, che Filippo
iton iipezzaile i modelli, abbrucciafse i difegni, & in men di meza hora precjpi-
tafse tutta quella fatica, che hauena condotta in tanti anni. Gli operai fcufatifi
Pfinia con Filippo , lo confortarono a andare inanzi, che lo inuentore , 8c aurore
di !:al£abnca, era egli, e non altn, ma tutta volra fecero a Lorenzo il medefimc
i^'ario, che a Filippo. Fu feguirato l'opera con poca voglia di lui, conofcendo ha-
*3ere a durare le fadche, che ci faceua, ε poi hauere a diuidere i'honore, e la fama
a rnezo con Lorenzo, Pure ajefsofi in animo, che rrouerebbe modo, che ncn_j>
"f^be troppo in quefta opera, andana Seguitando infieme con Lorenzo, nel
inedehmo modo, che ftaua lo fcritto dato a gli operai. Deiloffi m quello men-
non Γ Filippo vn penfiero, di volere fare vn modello, che ancora^

, fattonei7uno; ε così mefso mano, lo fece lauorarea νηΒ.ίποΙο-

ρ °, ,che (lana dallo ftudio. Et in quello, come il proprio mifurato

Neit gU affé
gmno Ulano
to intìsro^
é'
egli firn jde
gna^

Altri «ppn·
unno f altri
btufim^ne V
ll,ìlogft\i(int
data Λ Filip.
pe,

Fat/knecom
moffa, ptrchi
fe gli άΪΛ vn
com^Agns,

VÌen άφίπΛίο
Lorenzo Gkì'
berti.

Sdegno di Èi"
lipp per que'
βο atto d'in'

màiaallftfuat
glori»*

Έ àm Rà mi

hidm e^uàl
ptlario e Fi '
ìipfi fi reilet
tei nel iaucro,

%η nucus
rriodeliCiS
««

àimojtmf·
h
Λ Lmti:^:',:·

cK "" grandezza, fece tutte ie cofe difficili,come fcala a luminar€_^,
® * e tacts le forti de' lami ? porte ? e catene ? e (peroni j & vi fece vn pez-

zo

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%%t $ e c onda ρ a r τ e

zo d'ordine del Baliatoio. Il che j hauendo intefo Lorenzo, cercò di vederlo»
percke Filippo gli ne negò; venutone in collera diede orditiedi fare vn modello
lfref^ζ0 fdg. egli ancora» accioche e'parellejche il falario, che tiraua» non fufle vàno , e che ci
ga/tta Me fufse per qiial coia. De'quali modelli, quel di Filippo fù pagato lire cinquanta»
vìialtrst ^^ e foidi quindici > come fi troua in vno tlanziamentp al Libro di migliore di To-
maio a dì 5. d'Ottobre nel I4t9.& a vfcita di Lorenzo Ghiberrì lue joo. per fa-
tica, e fpeia fatta nel fuo modello. Caufaro ciò dalla amicizia , e fauore, che egli
haaeua>piii,che da vtilità, ο bifogno, che ne h^uefse la fabrica.

Durò queiìo tormento in sù gli occhi di Filippo , ^er fino al I4Z(Ì. chiaman-·
do coloro Lorenzo parimente , die Filippo, inuentori: lo qual difturbo era tanto
WiUpfù sana potente nello animo di Filippo, che egli viueua con grandiiTima pafTione . Fat-
il modo d'ab' io adunque varie , e nuoue imaginazioni, deliberò al rutto de JeLiarfclo da tor-
fentar Loren- no: conolcendo quanto e'valefse poco in quell'opera. Haueua Filippo fatto vol-
p
ΛλΙΙλ /«· gj^ intorno la cupola frà l'vna volta, e l'altra dodici braccia, e q uiui haueua-
no a metterfi sù le catene di pietra, e di legno: il che per edere cofa difficile,
voile parlare eoo Lorenzo, per tentare fe egli haueile confi Aerato queila difficol-
tà . E trouollo-tanto digiuno circa lo hauere penfato a tal cofa, che e'nfpofc_j?,
che lanmetteuainluicomeinuencore. Piacque a Filippo la nipofta diLoren-
èsUa mcufto' ZO} parendoli, che quella fufle la via di f irlo allontanare dall' opera , e da fcopri-
re »che non era di quella intelligenza , che lo teneuano gli amici fuoi, & il fauc-
re ,che lolaàueua meilo in quel luogo. Dopo efsendo già fermi tuttii murato-
ri dell'opera, afpettauano di douere cominciare fopra le dodici braccia, e far 1«^
volte, & incatenarle. Eiìendofi cominciato a tlngnere la cupola da (ommo : per
lo che fare erano forzati fi'e i ponti, acciò che i manouali » e muratori poreiTino
lauorare lenza per colo : attefo, che l'altezza era tale , che folamente guardando
allmneiùficeua paura , e sbiffottimento a ogni iìcuro animo. Stauafi dur

w . ^ dunquc_j>

da i muratori» e da gli altri maeilri 3 ad aiperrare il modo , della carena , e de'pon-
ti: ne nfoluendofi niente, per Lorenzo , ne per Filippo, nacque vna mormora-
zione frà i muratori, e gli altri raaeftri, non vedendo ioli citate, come prima,
perche eiTl, che poirere peripne erano viueuano fopra le lor braccia , e dubitaua-
Àffutid per no ,che ne ali' vho ne all'altro baftaiie l'animo di andare più sù con quella ope-
fttre app/tttr ra,il megl o,che fapeuano,eporeuano,andau3notrattenendofi, perlafibrica__j»
l'mperttm 4i xjltopando, e ripolendo tutto quello, che era murato fino allora. Vna mattina-^
Lorenzi. infra le altre Fihppo non capa ò allauoro » e faiciatoiì il capo entrò nel letto :

coiitinuamente gridando fi fece fcaldare taglieri, e pannicon vna follecìtudinc
grande: fingend^ohaueremal di fianco. Iniefo quefto i maellri, cheftauano
afpetcandoi'ordinediquello, che haueuano a lauorare, di mandarono Loren-
zo, quello che haueuano a ieguue : nTpofe, che l'ordine era
di Ριίφρο , e

biiognaua afpettare a lui. Fù chi gli diile, oh non fai lù l'animo fuo ? Si diùx_fi

Lorenzo, ma nonfai ei niente fenza elio. E quello lo difse in efcuiazion iua-i »
che non hauendo viflo il modello di Filippo, e non gli hauendo mai diman-
dato , che ordine e'volefse tenere , per non parer ignorante ; f f aua fopra di
nel parlare di quefta co(a , e rifpondeua tutte parole dubbie, maiTimanien-
te ίapendo efsere in quefra opera conrra là volontà d Filippo. Al quale du-
rato già ρ ù
di dua giorni il male, & andato a vederlo il Proueditore deii'ope-
ra, &arsaicnpomaeftri muratori,
di continuo li domandauano, che diccfsit_^
quello 5 che haueuono a fare. E egli » voj hauete Lorenzo, faccia vn poco egli·
Ne altro Ci poteua cauare. La CM:vde fentendoii queilo, nacque parlamenti.

giu-

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VITA DI FILIPPO. 113

fìuciicìdi bìalìmo grandi fopraquefta opera : chi dsccua» the Filippo fiera mei-

10 nel letto per il dolore, che non gli baliaua l'animo di voltarla » e che fi pennua
^'efser entrato in balio, &.i Tuoi amici lo diffendeuano, dicendo efser fe pure era
difpiacere , la vilìama dell' hauergli dato Lorenzo pet cotrpa^no. Mà che ilfuo
era mal di fianco, csiifato dal molto faticarfi per l'opera. Cosi dunque rorr oreg-
giandofi, era fermo il lauoro, e quafi tutte le opere de Muraton, e Scarpellni fi
ftauano : e mormorando contro a Lorenzo, diceuano, bafta che gii e bnono a ti-
rare d ialario , mà a dare ordine cfie ή
!auori, no. Ο fe Fi .ppo non α fufse. ο ft
egli hauefse mal lungo, come farebbe egli ? Che co pa e la f ua , ic egli ftà male :
gli operai viftofi m v'ergogna, per queiia prattica deliberarono d a rro^r
Filippo, & aanuati, conforcato ο prima dei male, gh dxono in quanto diiotd.ne ft
trouaua la fabbrica:
& in quanto trauaglio gli hauefse ineiso il mai (ilo , lei

11 che Filippo con parole appaffionatt·, e dalla finzione del male,e dal! amoie del-
l'opera, oh non ci è egli, diise Lorenzo ? Che non fà egli ? Io mi marauiglio put
di voi. AlIora,gU rifpoiono gli operai è non vuol far nienre (enza te 5 nipoie ο-
ίο Filippo» io farei ben ienza lui. La qual rifpofta argutifsima, e doppia baito lo»

rot e partiti, conobbono,che eglihaueuamale di voler far folo. Mandarono

adunque annoi fuoi a cauarlo del letto con intenzione di kuar Lorenzo daU ope- "

ta t e così venuto Filippo in sù la fabbrica,vedendo lo sforzo del fauore m Loren- J
20, e che egli harebbe il falano fenza far fatica alcuna . pensò a vn' altro modo
per fcornarlo, e per publ:car!o interamente per poco intendente m quel meltie-

ro: e fece quefto ragionamento a gli operai prefente Lorenzo : Signori Operai
liteaipoy checièpreiìatodiviuere, fe eghftefse a pofta noftra, coraeilpter
niorire > lìon è dubbio alcuno, che molte cofe , che fi cominciano, reflerebbono
finite, doue elleno rimangono imperfette : il mio accidente del male,che ho gal-
lato poteua terrai la vitae fermare qiieft' opera, però accioche fe luatfitl 10
ammalarsi, òLorenzo,
cheDioneìogvtftfdi> pofsal'vno, òl'akro fegtiitate
la lua parte, hò penfato, che così come le Signorie voftre ci hanno dmifo il iala-
rio, CI duìidino ancora l'opera, accioche fpronati, del nioftrare ogni vno quel che
sa, pofsaiìcuramente acquiftare honore , vtile appreiso a queRa Republica.
Sono adunque due cofe le difficili, che al prefente fi hanno a mettere in opera ί p^

iVna è i ponti, perche i Muratori pofsino murare » che hanno a feruire dentro, e φ ì^i^ww .
di fuori della fabbrica, doue è neceisario tener sù huomini, pietre, e calcina>.e che
vi fi pofsa tener
la Burbera da tirar pefi, e fimili altri itrumenti : e l'altra è
catena,che fi ha a mettere iopra le dodici braccia, che venga legando le otto fac-
ce della cupola, & incatenando la fabbrica, che tutto il pefo, che dì fopra fi pone,
"nnga,e ferri di maniera, che non sforzi, òallarghi il peio, anzi egualmente tut~
to lo edifizio reftì fopra di fe. Pigli Lorenzoadunque vna di quefte parte^, quale
egii più facilméte creda efequirefche io l'altra, fenza d.fficaltà^mi prouero di cc»
duu-e, accioche non fi perda più tempo. Ciò vdiro fui sforzato Lorenzo non riCU-
iare per l'honore Tuo vno di queili lauori, & ancoraché mal volentieri lo facefses
li rdoluè a Pigliar catena,come cofa più facile,fidandofi ne' cófigli de' MuratotiV
& in ricordarfi, che nella volta di S.Giouanni di Firenze era vna catena di pietre,
dalla quale poteua trarre parte, fe non tutto l'ordine. E così l'vno mefso mano a"
ponti, l'altro alla catena, ì Vno, e l'altro finì. Erano i ponti di Filippo fatti c6 tan^
to ingegno, & induftria, che fì:x tenuto veramente in quello il contrario
di quel- ordigni di Fi
lo,che per lo adieti-σ molti fierano imaginati , perche così ficuramente
vi lauora» lippa nelf*ra
«Uno i maeftfi, e tirauono pefi, & vi ftauano ficari » come fe nella piana tena-j i f onti*

fui-

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xjfc SECONDA PARTE

iulTino, e ne rimafei modelli di detti ponti nell'opera. Fece Lorenzo in vna-«'
Etroridtli' (Jgii'otto facce la Catene con grandiiTìaia difficoltà, e fìnit,> da gli operai fat-

catana or ta vedere a Filippo, il quale non diflc loro niente. Mà con certi amici fuoi ne
fenmiiT^i Fi' , dicendo, che bifognaua altra legatura » che quella, e metterla per altro

ίφρο, verfo , che non haaeuano fatto, e che al pefo, che vi andaua fopra non era fuiTì-

ziente, perche non ftrigneua tanto, che fuile a baftanza. E che la prouifione »
che iì daua a Lorenzo, era infieiTie con la catena ? che egli haueua fatta murare »
gittata via. FùintefolVmorediFi!ippojelifùcommeiio, ehee' mofl:rairicorae
li harebbe afare, che tal catena adoperalle. Onde hauendo egli già fatto difegni,
e modelli, Cubito gli moilrò,e veduti da gli operai, e da gli altri aiaedri ,fii cono-
^^^ . fciuto in che errore erano cafcati per fauorire Lorenzo: & volendo mortificare

errore , e moftrare, che conofceuano il buono, feciono FilippQ gouerna-
hp^foUèfl't tore, e capo a vita di tuttala fabnca, e che non fi faceiTe di cofa alcuna in quell'
io capo delia opera Ce non il voler fuo : e per moftrare di riconofcerlo li donarono cento fio-
ainca, rini, ftanziaci per iConfoli, & operai fotto di i 3. d'Agoilo 1415. per mano di
Lorenzo Paoli notaio deli' opera, a vicita di Gherardo di M. Filippo Corfini, e li
feciono prouifione per partito di fiorini cento l'anno per fua pronifione a vita_ij.
Cosi dato ordine
a far caminare la fabrica, la feguitauacon tanta obedienza, e
con canta acuratezza, che non fi farebbe murata ν na pietra, che non i'hau .(le^^
Li era
f . voluta vedere. Dall' altra parte Lorenzo crouandoiì vinto, e quafi fuergognato,
r/J^ «»/»' ^j^gj amici, fauorito, hi aiutato talmente, che tirò il falario moftrando, che
non poteuaelTeL-ecaiso,per infino a tré anni di poi. Faceua Filippo di continuo^
per ogni niinima cofa, difegni, e modelli di caiìrelli da murare, & edihzij da tirar
pei'ì
. Mà non per quefìo reftauano alcune perione malotiche, amici di Lorenzo,
di farlo difperare, con tutto il di far li modelli contro, per concorrenza, in tanto>
che ne fecè vn raaeiiro Antonio da Verzelli,&: akn maeiln fauoriti, e meiìi inan-
zi hora da quefto Cittadinoi 5c bora da qneii' alrro, moilrando la volubilità loro
il poco fapere, & il manco intendere ; hauendo in man le cole perfette , e met-
.tendoinanzil'imperfette,ediiutili. Erano g>à le catenejì:iiteintorno, intor-
Murntort ri- no airotto facce , 5c i muratori inanimati, lauorauano gagliardamente : mà iol'e-
frifidaFUt[>' estati da Filippo pmche'i folito, per alcuni rabbuffi hauuri nel murare, e per le
cole, che accadeuano giornalmente, fe lo erano recaro a noia. Onde moiTi

^ inuidia, fi ilrinfono infieme 1 capi facendo Tetra, e dilsono, ch'era fa-
iìlmm, ticofo lauoro, e di pericolo, e che non voleuon volgerla lenza gran pagamento
(ancoraché più del fblito loro fuilè flato creiciucoj) peniando per cotal via di vin-
djcarll con Filippo, e fare a fe vtile. Di/piacque a gh operai quella cofa, & a Fi-
Έξ^ί fe neri- iippofiinilmenre, e penfatou; sù> prefe partito vn (abbaco fera di licentiarli tu:ti;
fentsgrano fa'· coloic viftoiì licenziare, e non iapendo , che fine haueile ad hauere qaefla cofa,
minte, ftauano di mala voglia, quando il lunedi feguente , mefsein opera Filippo dieci
Lombardi, e con lo ftar quiui prefente,dicendo fà qui, cosi, e fà quà, gl'inllruiin
vn
giorno tanto, che ci iauorarono moke fettimane : dall' al ra parte 1 Muratori
veggendofi licenziarle tolto il lauoro,e fattoli quello
fcorno, non hauendo lauori
tanto vnlbquàto quellojmefsono mezano a Filippo,che ntornarebbono volétieri
■raccomàdandoiì quaro
e' poteuano.Cosi ii tenne moiri di in sà la corda del nó gli
Yoler ρ g}i3re,poi gii rime'fse con minor i^ilariojche eglino nó haueuano in prima»
€ cosi doue penfarono auanzare, perfono, e con i! vendicata contro a Filippo, fe"
etano danno, 8c villania a fe ikiiì. Erano già fer.ni i romori, & venuto tucta"
«ia confiJerando nel veder volger tanto agcuoiinente quella fabrica Tinge-

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VITA DI F ί L I Ρ PO. 12.1

gno di Filippo, e fi teneaa già, pei· quelli » che non haucuano paifion? , lui hauer
moftuato quell'animo, che forfè ncPuno A' chiretro antico, ò moderno neli'oj)e->
te loro haueua moftiO , e queilo nacque, perche egli caiiò fuori il fuo modeilos
liei quale furono vedute per ogni vno le grandiffi me
confiderazioni > eh' egli ha-
ueua imaginatofi iielle fcale, ne i lumi dentro, e fuori, che non fi poteile percuo- Soi-iiii ccnjl·^
tere ne i bui per le paure, e quanti diuerfi appogiatori di ferri> che per falire doue fier^iism dd^
era la certezza, erano podi con coofiderazione ordinati, okra s che egli haueua^ ίβΖί^ΐ^^^-'
per fin penfato a i ferri, per far i ponti di dentro , fe mai Γι ha ueiie a lauorarui, ò ^
Mufaico,ò
Pitture, e fimilmenre per haueremeilone'luoghi n:en pericolofi k "

diftinzioni de gli fmaltiroi deli' acque, doue elleno andauano coperte > e
Scoperte, e feguitando con ordine buche j e diuerfi apertoi, acciòche i venti lì
Γοη·ιρείΓΐηο,& i vapori infieme con i tremoti non poteiilno far nocumento ? mo-
fti^ò quanto io ftudio nelfuo tiare a Roma tanti anni glihauefie giouato . Ap-
prelìo coniiderando quello, che eg!i haueua fatto, nelle auginature j incafliacti-
te,commetiture, e legazioni di pietre, faceua tremare, e temere, a penfare, chè
vnfolo ingegno fuile capace di tanto, quanto era dmenrato quel di Filippo. li
quale d: continouo crebbe talmente , che neiluna coia fu, quantunque difficile $
^ aipra, la quale egli non rendeiTe facile, e piana , e lo moilrò nel tirare i pefi s
per via di contrapeli, e ruote, che vn fol bue riraua s quanto harebbono appena
tirato fei paia · Era già crefciuta la fabbrica tanto alto , che vno fconcio grandif-
Imio (alitorche vno vi erasUìanzill venifse in terra : e molto tempo peideuanoi
niaeilri nello andare a deiìnarej e bere : e gran difagio per il caldo del giorno pa-
tinano. Fi; adunque trouato da Filippo ordine, che fi apriliero oftene nella_^
cupola con le cucine, sScvifivendeiseil vino, e così nefsuno fi.partiuadella- ..
uoro fe non la iera ^ il che fù a loro commodità, & all'opera vtilità gn-andiffima. Z^r
hra SI cuefciuto l'animo a Filippo , vedendo l'opera cammare, e riufcire con feli- ^iL·^ { ^
cita, che di continuo fi afiaticaua, &c egli frefso andaua alle fornaci, doue fi fpia-
nano i niatconi, voleua vedere la terra, & impaftark, e cotti, che erano, gli
voleua Icerre di {u^ mano con iomma diligenza. E nelle pietre a gli fcarpellmi s -p^ciUtò
guardaua le vi erano peli dentro, fe ?ran dure , e daua loro i modelli delle vgnia- ^ ρ^φίύοηΐ
ture, e commectuure ^j, legname, e Ji cera, così fatn di rape, e fimilmente faccua fommamente
de krramenti ai Fabbri. E trono il modo de'gangheti col capo, e de gli ai-" rv/odeirAr-
pioni» ef^i^i^^i^omoltopAtchittetura: la quale certamente per lui fi ridufsea_^· e/jtreitHm*
quella perfezzione, che forfè ella non fii mai apprefso i Tofcani. Era l'anno
1413· Firenze in quella felicità, &aìlegrezza, che poteua eisere, quando Filip-
E eleitv de
po iu tratto per il quartiere di San òioiìann}, per Maggio , e Giugno, de' S gno- Signor, ΜΙλ
Hi eisendo tratto per il quartiere di Santa Croce, e'Confalomere digiurtir)a_j
■Lapo Nicolini. Η fe fi trouaregiftrato nel Priorifta , Filippo
di Sec Bruncllefco
Lippis niuno fe ne dee marauigUare , perche fù cosi chiaaiaro
Lippo fuo Alio.

e non de Lapij come fi doueua, la qual coia fi vede nel detto Prionda, che fù
'"{aia in infiniti akn, come ben sà chi k veduto, ò sà l'vfo di que' tempi, Eier.i^ „
;o Filippo q,,ell' νίΐζιο, e cosi altri magiftrati, c'hebbe nella fua Città, ne'qua- iffCSS
con vn gmdicio eradiffiroo fempre fi gouerno. Reilaua a Fihppo, vedendo già f, ' ,,
cotouiciare a chiudere le due volte verfo l'occhio , doue haueua a cominciare la '

( ie bene egli haueualatto a Roma, & in Firenze pm modelli di terra smi àifegnì
ο r''' e dell'altro, che non s'erano veduti) a nfoìuerfi fiMlmentc^ perhnrnam^

ne fere /mettere in opers. Per il che,deliberatoli a terminare jl ballatoio, $ε delU fd-,
aiuetu difegni, cbe nelL' opera rimafono dopo la n^rle fua j i quali dalk Mea,

Ff

tra-

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xjfc SECONDA PARTE

trafcui-agÌne di que'mitiiftri j f nohoggi fmarriti. Et a tempi nollri ? perche ft
finiiie 5 li fece vn pezzo deli' vna dell'otto facce : mà perche diiunma da qiieii' οι'
dine per configlio di Michelangelo BonarotiiudifiTiedo, e non feg
li irato. Fece
anco di fua mano Filippo vn modello della lanterna j a otto
hcce > mifurato alla_j»
proporzione: della cupola? che nel vero per inuenzione, & varietà, & ornato, riu-
Icì molto b?llo : vi fece la fcala da falire alla Palla, che era cofa diuina, mà perche
haiieua turato Filippo con vn poco di legno commello di fotto, doiie s'entra, nef-
funo fe non egli fapeua la falita . Et ancora, che e'fulTe lodato, hauefle già
abbattuto l'inuidia, e l'arroganza di molti ; non potè però tenere, nella veduta di
quello modello, che tutti i maeftri, che erano in Firenze nó
metteilero a farne
in diuerfi modi : e fino a vna donna di caia Caddi 3 ardì cócorrere in giudicio, con
quello, che haueua fatto Filippo. Egli nientedimeno tuttauia fi rideua dell'altrui
profunzione. E fugli detto da molti amici fuoi, che e'non doueiie moilrareil
modello fuo a neiluno Artefice, accioche eglino da quello non imparaiTero. Ec
elio rifpondeua loro i che non era Ce non vn folo il vero modello, e gli altri era-
no vani. Alcuni altrimaeftrihaueuano nel loro modello pollo delle parti di
queld^ Filippo; ai quali nel vederlo, Filippo diceua, quefto altro modello, che
coftin £irà,farà il mio proprio. Era da tutti infinitamente lodato : mà iblo, non ci
vedendo la ialita per ire alla palla, apponeuano,che fufse dilTettofo . Concliifero
nondimeno gli operai di fargli allogazione di detta opera con patto però,
raoftraile loro la (alita : per il che Filippo leuato nel modello, quel poco,di le-
gno ) che era da bafso, moftrò in vn pilaftro la falita, che al prefente fi vede, in
forma di vna cerbocana vera : e da vna banda vn canale con ftaiie di bronzo, do-
ue l'vn piede , e poi l'altro ponendo, s'afcende in alto. E perche non
di vita , perla vecchiezza, di potere tal lanterna veder finita, lafciò per lePcamen-
to, che tal corr\,e ftaua il modello, murata fufse , e come haueua pollo in ifcritto :
altrimenti proteilaua, che la fabbrica ruinerebbe, eisendo volta in quarto acu-
to, che haueua bifogno, che il pefo la caricafse, per farla più forre . Il qua!' edi-
fizio non potè egli innanzi la morte fua vedere finito, mà fi bene tiratone sù pa-
recchi braccia. Fece ben lauorare, e condurre quafi tuteli marmi, che vian-
dauano: de'quali nel vederli condotti, i popoli flupiuano, che fufse poiTibile »
ch'egli volefse, tanto pefo andafse fopra quella volta. Et era opiriione di molti
ingegnoiì, ch'ella non fofse per reggere : e pareua loro vna gran ventura, ch'egli
Ρ hauefse condotta in fin quiui, e che egli era vn tentare Dio a caricarla si forte.
Filippa fempre fe ne rife, e preparate tutte le machine , e tutti gli ordigni, che
haueuano a feruire a murarla, non perfe mai tempo con la mente, di antiuedere,
preparare , e prouedere, a tutte le minutarle , in fino, che non fi fcantonaffino i
marmi lauorati nel tirarli sù, tanto, che e' fi murarono tutti gli archi de' taberna-
coli , co' cartelli di legname : e del rello, come fi difse, v'erano fcritture,e model-
li . La quale opera quanto fia bella, ellamedefima ne fà fede, per efsere d'altez-
za dal piano di terra, a quello della lanterna braccia 254. e tutto il tempio della
lanterna braccia 3
6. la palla di rame braccia 4. la Croce braccia otto , in tutto
braccia ioi. e fi può dir certo, che gli antichi non andarono mai tanto alto? con
lelor fabbriche» ne fi mefsonoavn rifico tanto grande, che eglino voleilìno
combattere col Cielo ; come par veramente eh'ella combatta : veggendofi ella
eftoilere in tant 'altezza « che i monti intorno a Firenze paiono fimili a lei. E nel
vero pare, che il Celo ne habbia inuidia, poiché di continuo le faette tutto il
giorno k percuotono, Fece Filippo mentre > che quell'opera fi lauoraua-j

Modello deh
la Imtern/i,

Motti ,frà
quali'vnaDÒ'
nafamo a cS-
£orren\a lo

fteffo modello»

V't allocato

ìngegmfamem

ts la lolita,

flìmatA
irtiufcibile
Ιλ
fMnc» pe'l
f$fo ti e'mar*
mit

idifare dell*

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vita di f i l i ρ po. '

molte altre fabbriche, le quaii per ordine qui difetto narreremo.

Fece di Tua mano-ii modello del capitolo, in Santa Croce di Firenze , per la fa-
miglia de'Pazzi, cofa varia, e molto bella, e'I modello della cafa de'Buiìni per ha-
bitazione di due famiglie: e fimilmente il modello, delia cafa, e della loggia de gi'
Innocenti·, la volta delia quale ienza armadura fùcondotta ; modo, che ancora.^
noggi fi olTerua per ogni vno. Dicefi, che Filippo fù condotto a Milano, per fare
al Duca Filippomaria^il modello dVna fortezza, e che a Francefco della Lima-^
amiciflTu-no Tuo, lafciò la cura di quefta fabbrica de gl'Innocenti. Il quale Fran-
cefco fece il ricignimento d'vno fa-chitraue, che corre a baiso , di fopra , il quale
fecondo l'Architettura è falfo; onde tornato Filippo, e fgridatolo, perche tal coia
hauelT'e fatto, rifpofe haue^o cauato dal Tempio di5an Giouanni, che è antico.
P'fie Filippo vn'error iolo è in quello edifizio ? e tu l'hai meÌlo in opera. Stette
ii modello di quefto edifizio di mano di Filippo molti anni, nell'arte di por Santa
M'.ria, tenutone molto conto per vn reftante della fabbrica,che fi haueua a finire:
"Oggi è fmarritoiì. Fece il modello della Badia de' Canonici Regolari di Fiefole,
^Colìmo de'Medici; la quale è molto ornata Architettura, commoda, & allegra,
^ in iomma veramente magnifica. La Chiefa, le cui volte, fono a botte, è sfo-
gata , e la Sagreftia hà i fuoi commodi, sì come ha tutto il reftodel Monaiìerio.
t quello 5 che ira porta, è da con fide rare? chedouendo egli nella iceia di quel
monte, mettere quello edifizio in piano, fi feruì con molto guidicio, fàcendoui
Cantine, lauatoi, forni, ftalle, cucine, ftanze per legne,&: altre tante commodità,
che non è poffibile veder meglio, e così mife in piano la pianta dell'edifizio. On-
de potette a vn pari fare poi le loggie, il reffettono, l'infermeria , il nouiziato, il
«ormentorio, la libreria , e l'altre ftanze principali d'vn Monafterio. Il che rutto
teceafuerpefeilMa gnifico Cofimo de' Medici per la pietà, che Tempre ui tutte
^ (^ie hebbe verio la Religione Chriftiana, e sì per l'aiiezzione,che portaua

. 1 imoteo da Verona ,eccellenniTimo Predicatore di quell'O; dine : k cui con-
uerl ;Z!one per megho poter godere, fece anco molte ftanze, per fe proprio in_^
quel Monaiterio, & vi habitaua a fuo commodo . Spefe Cofimo in quefto edifi-
zio, come li vede in vna mfcrizz one, cento milla feudi. Difegnò fimilmente i 1
modello della fortezza di Vico Pifano : & a Fifa diiegnò la Cittadella vecchia. E
per lui fu fortificato il ponte a mare, & egli fimilmente diede il djfegno alla Ci-
jadella nuoua, del chiudere il ponte con le due torri. Fece fimilmente il model-
Io della fortezza del porto di Pefaro. E rirornato a Milano, difegnò moke cofe
per il Duca, ,per il Duomo di detta Città a'maeftri di quello . Era in quefto tem-
po principiata la.Chiefa di S.Lorenzo di Firenze , per ordine de'popolani: i qua-
haueuano il Priore fatto capo maeilro di quella fabbrica, periona , che iaceua
ProfeiTiona d'intenderfi , e fi andaua diiettando deil' Architettura per pafiatem-
po. E già haueuano cominciata la fàbbrica di pilaffn di mattoni,quando Giouan -
niBicci de'Medcijil quale haueua promeiloa' popolani, & ai Priore , di far fase
^ iue fpefe Sagfeftia , & vna CapeHa : diede dadefinare vna mattina a Filippo,

uopo molti tifionamcnci li dimandò del principio di S.Lorenze, e Quel che "li
?areua. ^ìd " . . ο

iil vero

. \ , '"1UHJU IIJ lliUllC · ---------·'" f ν mjl.-d , uaUCUll lUllt

dò Ρί"^'·'^' che fpenenza di fabriche, di quella forte . La onde Giouanni diman-
Ppo, fe fi
porg^jg mighore ,e di più bellezza, a cui Filippo diilt_>

MÙAHI'Ì à'&U
irefal/rkhst

E chia^maio Ά
Mi!Ano per
dtfegnar vmt

Errore di
Francefco del
tu Luna.
FtUbpo lo tU
prende argu·
tame»te.
Modello del-

Ftefole^

Mei/e in ρΪΛ'
no redifcio
nella fcefa di
vn monte,

Cofimo cCi
Medici fA Λ
fue fpefe l»
fabrica.
Vi β porre
flan\^sper prò»
pria (!ΛΐίίΛ'*
tione,

Forte\la di
Vtco Pifano,
e
della Cttiam
della vecchi»
dt fifa.
Forttficatioae
del ponte
λ
mare,

Hifegng ddla

CittetdelU
■nmm.

l)ella, fortex.*
di Pefaro,
Dtfegni ia
Milano.
Notagli erro»
ri dellafabri»
ίΛ dt S Loreiì"
^o inFirtn\f*

Fù coftretto Filippo da'prieghi di Giouanni, a dire il parer fuo,e per dir-
biafimò in molte cole : come ordinato da perfona, che haueua forfè

fenza dubbio. É mi marauiglio di voi, che eiiendo caponon diate bando a^-
ecciii migliaia di fcutii, e facciate vn corposi Chiefa? con le parti conuenien-

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zzs s e c ο ν d a' ρ a r τ e

ci J.&: il luogo, & a tanti nobili fepoltuari^che vedendoui cominciarejfeguita·
ranno le loi· Capelle , con tutto quel, che potranno, e maffiraamente j che altro
ricordo
d/ noi non reità, faluo le muraglie, che rendono teitimonio di chi n'è ila-
co autore > centinaia > e migliata d'anni. Inanimito Giouanni dalle parole di Fi-
lippo, deliberò fare la Sagreftias e la Capella maggiore , infieme con tutto il cor-
po della Chiefa, fé bene non volfono concorrere altri, che fette cafati appunto >
perche gli altri non haueuano il modoj e furono qaefti, Rondinelli > Ginori dalia
Stufa, Neroni> Ciai, Mangnolli, Martelli, e Marco di Luca, e qaefte Capelle ii
hàueuonoafare nella Croce. LaSagreftia fii la prima cofaatirariì inanzi » eia
Chiefa poi di mano in mano·. E perla lixnghezza della Chiefa fi venne a conce-
dere poi di mano in mano le altre Capelle a' Cittadini pur popolani. Non fu fi-
nita di coprire la SagreiHa, che Giouanni de' Medici pafsò a l'altra vita > e rimafe
Cofimo fuo figliuolo, il quale hauendo maggior animo, che il padre, dilettandoft
delie memorie, fece feguirar, queftaj la quale fu la prima codi ,ch' egli faceiic__j
murare» e gli recò in tanta delettazione, che egli da quiiii inanzi, iempre fino al-
la morte fece murare. Sollecitaua Cofimp qiieila opera con più caldezza,e men-
tre s'imbaftiua vna cofa, ficeua finire l'alrra. Et hauendo prefo per ifpaiTo que-
fìa opera* ci fiaua quali del continuo ; e causò la iua follecitudine, che Filippo for-
nì la S.igreftia^ e Donatofece gli fiacchi, e così a quelle potticciuole Γ ornamento
di pietra » a le porte di bronzo . E fece fòr la fepoltara di Giouanni fuo padr^^jj >
fotto vna gran tauo'.a di marmo retta da quattro baiauitri in mezo della Sagre-
ftia, doue fi parano i preti : e per quelli di cafa fua nel medefimo luogo fece fe-
parata la fepoltura ddle fe nine, da quella
de' mafchi. Et in vna delle due ftan-
zetce, che mettono in raezo ^Altare della detta S.igreftia fece in vn canto viu.»
pozzo, & il luogo per vn lauamini . Et in fotiima in quÉÌla- fabbrica fi vede ogni
cofa fatta con moito""giadicio » Haueuano Giouanni, e quelli altri ordinato fare
il coro nel mezo, fotco la tribuna j Cofimo lo riinutò coi voler di Filippo ,
fece tanto maggiore k Capella grande , che prima era ordinata vna nicchia più
picciola, che e' vi fi potette fare il coro, come iH al prefente : e finita» rimaie a fa-
re la tribuna del mezo , & il reito della Chiefa» Laqual tribuna, & il reflx», non
fi voltò fe non doppo la morte di Filippa. Qaefta Chiefa è di looghtz ia braccia
144. e vi fi veghonoinciti errori, ma fra gli altri quello delle colonne melle nel
piano,, fenz-a metterui fotto vn dadojche fuiiè tanto alto,quanto era il piano delle
bafe de' pilafti, pofati in sù le fcale, cofa , che al vedere il pilaftro piìi corto, che
la colonna, fà parere zoppa tutta quell' opera. E di tutto furono cagione i confi-
gli di chi nmaie
doppo lui,che haueuonoinuidia al fuo nome,e che in vita gli ha-
ueuano fatto i madelli contro, de' quali nientedimeno erano ilari con fonetti fatti
da Filippo, fuergognati ; e dopo la morte, con quello fe ne vendicarono, non fo-
le in quell'opera, inà in tutte quelle, che rimafono da lauorarfi per loro. Laiciò
il modelloje parte della calonaca de' preci di elio S. Lorenzo finita,nella quale te
ce il chioffro lungo braccia 144. Mentre,che quella fabbrica fi lauoraua, Cofinio
de' Medici voleua far fare il fuo Palazzo, e così ne d^iile l'animo fuo a Filippo,che
podi ogni altra cura da canto, gli fece vn belliffimoje gran modello per detto Pa-
lazzo, il quale fituar voleua dirimpetto a S. Lorenzo sii la piazza intorno, intor-
no ifo!aco»Doue l'arrificio di Fil ppo s'era talmente operato,che parendo a Cofi-
mo troppo funtuafa » e gran fabbrica, piùper fLiggire Tinuidia ,chea fpefa ; la-
fciòfii tnetteria in opera . E mentre, che il modello lauoraua, foleua dire Filippo»
ebermmziaua la fólte ditale occafione^baueniio afare vna cafa,diche haueua

hauuto

si fah rie a col
parer di Filip-
po la Sagre-
fiia., et rima -
nentt ^delìa
Qhtefo:,

QioumniMe'
dici muore , e
Cafimi fuoA ·
gliuoiof^ prò ■
(eguìr ΙΛ fa-
ènea >

ΐίΐίρμ empi»
fce la Sagri·
βια, e- Oùtmto
mi fklauori,
tepoUm» di

G,mmii<,

Tà mutar
luogo ai iore.

Errert di chi
9*ifa Viano
mila fibrita
dep- la fua
mncf

Έα ìì d'ifignv
àtl, Vidimo
àiCopMO Aie·
àtei,

Cofimix Iftfiiff
i'm^rfff.

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ν I τ A D r F I l I ρ ρ Ο. ai^

haudto defiderio moki anni, Se eiTeifi abbattuto a vjno, che la voleua, epot€ua fa- .,

re. Mà intendendo poi la refohizione di Cofimo, che noirvoleua talcofameciere
in opera, con fdegno in-mille pezzi ruppe il diiegno. Mà ben fi pentì Gofimo di S/T

nonhaιlerefégιlimiidiίeg^^odi Filφpo5 poi£he egli hebbe&^ ii

qual Cofimo folena dire ϊ che non haueua maifaueilato ad huomo di magg-or in-
telligenza, & animo di Filippo. Fece ancora il modello del bizzatriffimo Tempio ^Atddh
Aelic
aegh Angeli, per la tibbile famiglia de gli Scolari, il quale hmafe imperfetto, c/è/ey^ ài φ
e nella maniera, che hosgi
Ci vede, per hauere i Fiorentini fpefi i danari, che per ji^feL·
do erano ihTtii monte,iÌi alcuni bifogni della Città, ò coipe alcuni.dicoiao, nella
guerra, che già hebberoCo' Liicheiì, nella·quale tpeftro àncora i danari i che iì-
^nilmenteci-ànoftatilafciati perfarlarapienza, da Nicolò da Vzza no, cotiie in .
slcroluogofi èa lungpraccOBtaro. E ù'el vero ie quelloTerapiódegli-Angeliit V , '
finiua fecondo il modello dei BruneUefco., egli era delle più -rare cofe d'Italia i
perciocbequello, che iene vede, tìon fi può lodar a baftanza. Le carte de;la_i» ' ,
pianta, e del finimento del quale Tempio aotto facce, di mano di Filippo, è nel
l^óilfo libro 5 con aki-rdiifegnktebil5edefixno'. Ordinò anco Filippo a M- Luca^ ^
A itti Ìhor d-e:ia porta a S. Nicolò di Firenze in vn luogo, detto Ruciano, vn rie- ^

e magnifico Pa lazzo, mà non già a' gran pezza fiiiiile a quello, chi per lo me^ '

dehmo cominciò in Firenze, e condiiiìe al fecondo finefìraco > conianta grandez-
Za, e magniFicenza y che d'opera Toicana >' non fi è aaco veduto il più raxo r ne il
magnifico : ί
ono le porte d iqueito doppie; la luce bracciaΓεάά,e la larghéz»
otto, le prime, e le feconde finetlre fimili in tuttoalleporre^-nederime »'Le.j»
o-te fonodoppie, e tutto Tedifizio in tanto artifiziofo che non fi può imagiinap
^ P:u bella, ne più magnifica archittetura. Fù efecutore di quefìo PalazzaLu-
Le i^'p Architetto Fiorentinoche fece per Filippo moke fabbriche', e pes
co'g Alberti, la Capella maggiore della Nonziara di Firenzes e Lodoui-

tolfeT^^^^'' ^^ conduffe a Mantoua, dou'egli vi fece alki opere » e quiui

donna 3 e vi νιίίε, e morìlaiciando gli heredi > che ancoradai iuanòsie fi
Chiamano i Luchi. c^aefto Palazzo comperò , non foiiomóki atini, r illuftrìfs, ^
^ig^eonora di Toledo,.Ducheila di Firenze, per configliodell' Illufl:. Sig. Duca ff
^oismo foo coniorte > vi fi allargò tanto intorno „ cìie .vi hà fatto vn giardino ·

n" parte in piano^ e parte in-monteve parteincolla, eti' hà ripieno con compra Β sì.^

m Κ «ardine di tutte le forti arbori doftiefticiVe faluatich'i,é fattaiii ameniffi-' u-^Xù^soì
11 boichetii d^infinite forti verzure, che mdeg-giano d'ogni tempo- » per tacere
mfot éelith;,
_ ^cque, (e fonri, i coniJotti, j viuai,le frafcooate,e le fpalliere,& altre infinite cofe
jpamenre da magnanimo Prìncipe le qtiaJitacerò, petche non.e poffibile che
tni non le vede, le poiTa imaginar m ai di guefta grandezza, e bellezza, che fono»
di vevo il Duca Cofimo non poteua venire alle maniakUna coikpiù,degna dei-*^
ia potenza, e grandezza dell'animo fuc f di qiiefto Palazzo, il qtjale pare,che ve»
faiìe edificato da-M. Luca Piti ^ per iua Ecc. Illaft.coidiiegno del Bril-
lo t làfciò M. Luca imperfeito per i tramglis ch'egh hebb« per còro del? .
nin fi^eredi^erchenó haueuano modo afinirl.o,accioche noandaile in ro-

-more ipendendo,mà non però m

modo,che poteik fperare di cosi todo finitlo.
vn'ànn ella viueua, era d'animo, fecondo,cbe già.intefi,.dj fpenderui ia

E percr ! mila ducati,per vedeflo,fe nó finiroi,aboniffimo terminei

Bartoj " wodello di Filippo non il e tr.ouato^n'hà.£,.ttofcre.S^ceel. vB'alisa.a.
oiomeo Ansaaati Scuka-eSiA^dwmo fecceì.e fécond© «jueà? feàlaw^:

sara»

i-ltiu

h Archttem

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2.30 e c ο ν β a "ρ a r τ e

raiido, e gtà è fkco vna gran parte del cortile d'opera, iìmile al difuoEÌ. E
nel vero,chixondeiìdera la grandezza di queil'opera> Ihipifcejcorae po:efse capi-
re neii' ingegno di Filippo così grande ed'fìzio » niagnifico veramente , non iolo
nella facciata, di fuorj, mi ancora nello fparrtmento di tutte le tlanze. Lafcio ila-
re la veduta, ch'è belliffima,& il quali teatrO)ehe fanno l'ameniirime colline) che
, fono intorno al palazzo verfo le mura: perche > com'hò detto farebbe troppo
^ . lungo voler dirne a pieno, ne potrebbe mai niuno, che noi vedeile, imaginarft

. , , quanto fia a quallSuoglia altro regio edificio fuperiore.

Dicefi ancora » dhe gl' ingegni del Paradifo di S. Filice in piazza » della detta-j
Città ) furono trouati da Filippo, per fare lajapprefentazione > ο vero fella deiU
Machim in· ' modo j che anticamente a Firenze in quei .luogo li coihimaua

gegnofe pfr v- · La qual cofa in vero era marauigliofa, e dimoftr.ma Γ ingegno, e i' indu-

ci» rapprefen" ftfia di chi ne fùinuentore : perdoche fi vedeua in alto vn Cielo pieno di figure
Utioee, ' vaue mouerfi > vna infinità di lumi » quafi in vn baleno icopririi, e ricoprirli #
Mà non voglio', che mi paia fatica raccontare come gl' ingegni di quella machina
ftauano per appunto : attefo, che ogni cofa è andata male, e fono gli huomini
ipentij che ne iàpeuano ragionare per efperienza : lenza fperanza, che s'habbia-
no a rifàre : habitando hoggi quel uogo non più Monaci di Camaldoli, come fa-
ceu'ano, ma le Monache di S.Pier Martire : e.-raaffimament e ancos a, eilendo fta-
to.gua(le quello del Carmine , perche tiraua giù i caualli, che reggono il tetto >
Haueuadunque Filippo per quello effetto fra due legai di que'che reggeuano il
cetto della Chiefa, accommodata vna meza palla tonda a vibdi fcodella vota, ο
V^Odrbacino da barbiere, rimboccata all' ingiù , k quale meza palla era di ta-
noie fottili, e leggieri, confitte a vna 'ftella di ferro, che giraua il fello di detta_e
tne-za palla, eftrigneuano verfo il centro > che era bil
'Ca.o in mezo, doue era vn
grande anello di ferro , intorno al quale giraua la meza palla di tauole. E tuita
tquefla machina-era retta da vn legno d'abeco gagliardo, e bene armato di ferri >
ί quiiie era attrauerfo i caiuUi del tetto. Et in quello legno era confitto l'anel-
, Id, che téneua fofpèÌQj e bilicata U meza palla, la quale da terra pareua veraraen-·
te vnCieloi.·. E perch' ellahaueuada pie neìl'otlo ώ dentro certe bafe di kgno j
" tanto giandi,e non più, che vno vi poteua teneie.i piedi :
Se airaitezza dVn bvac·^
do pur di dentro vn'alrro-fecro ,fi metteua in sù ciafcuna delle dette bai; vn fan-
«iiullò di circa dodici anni, col ferro alto vn braccio, e mezo fi cigneua in gaifa >
che non harebbe potuto, quando anco haueile voluto, cafcare
. QikìIi putti j
che in tutto erano dodici, eilendo accomodati, co'ne fi è detto, fopia le baie, e
veftin da Angeli con ali dorate, e capelli di mattalTe d'oro, fi pigliauaoo, quando
era tèmpo, per niano iVn l'altro, e dimenando le braccia, pareua,che ballaiEnp >
e mafFimanientegn-ando Tempre, e raouendofi la meza palla : dentro la quale»
fopra il capò de gli Angeli èrano tre giri, ο ver ghirlande di Itimi, accoininodati
con certe piccioìe lucernine,chenon poteuatio verfare.I quah lumi da terra pare-
«ano ileile: e le iTOnfole,eisédo coperte di bambagia,pareuario nuuole. Dal fopra
detto anello vfciuavn ferro grdÌTimmo,il quale haueua a cko vn'alfroar,eli'
,αο-
ve flaua appiccato vn canapetto fotti!e,che come fi dirà Veniua in terra. E perche
il detto ferro grollo haueua Otto rami,che girauano in arco, quanto bailaua a né-
pire
il vano deìla meza palla vota,e il fine di ciaicun ramo vn piano grande quaii-
t<5 vn tagliere, pofaua fopra ogni piano vn putto di noue anni m circa ben lega"
te con vn ferro , Caldo nell' altezzadel ramo ; ynà però in modo lento jche pot^^"
Ua voltariì per ogni verfo ^
Qieflix3i:co Angelir.ecfi dal detto ferro ? mediante»^

vn'ar-

-ocr page 321-

VITA DI FILIPPO.

vn'argattetto, che fi allentaua a poco a poco, calauanc dal vano della meza palla
fino forte
ai piano de' legni piani, che reggono il tetto, otto braccia di maniera ,
ch'erano effi veduti, e ο on toglieuano la veduta de gh Angeli, eh erano intorno
al di dentro
della meza palla. Dentro a quefto mazzo de gh otto Angeli ( ch^^
così era propriamente chiamato) era vna Mandorla di rame vota dentro : nella
quale erano in
molti buchi certe Ìucernine, mefle in furun ferrea guila drcan-
non:, le quali, quando vna molla, che fi abbafifaua era tocca .tutti fi nafcondeua-
no nel
voto della Mandorla di rame : e come non fi aggrauaua la detta molla tUC·
ti i lumi» per alcuni buchi
di quella, fi vedeuano acceU.

Qiiefta Mandorla, k quale era appiccata a quel canapetto, come il i^^^zzo era
arriuatoalìuo-ofuo, allentato, piccol canapo, aa vn'altro arganetto HTioue-
«apianpiano^ e veniuafulpalcodouefirecitauala
fefta: fopra ilqual^alCQ,
<Joue la Mandorla haueua da pofarfi
apunto , era vn luogo alto a vfo di refidenza
con quattro cradi ; nel mezo del quale era vna buca, doue il ferro apuntato di
quella Mandorla veniua a diritto. Et eilendo (otto la detta refidenza vn huo·
itioarnuatala Mandorla al luogofuo, metteua in quella fenza^.eiier veduto,
vnachiauarda, & ella redaua in piedi, e ferma. Dentro la Mandorla era, a
■vfo y A ngeb vn giouinetto di quindici anni in circa , cinto nel mezo da vn ter^

> e fifeUa Mandorla da pie chiaiiardato in modo, che non poreua calcare,
perche
poceile inginocchiaifÌ era il detto ferro di tré pezzi ; onde inginocchian-
<lofienrraual'vnneU'akiO ageuohnenre. E così quando era il mapo vetiuto
Kiù, e la Mandorla polìara m fuila refidenza, eh; metteua la chiauardaalla Man-
«ioila, fchiauaua anco il feiro, che reggeua l'Angelo ; onde egli vfcito camina-
«a per !o palco, e siunto doue era la Vergine la ialuraua, & annunziaua. lo»
cornato nella Mandorla, e racefiilumi, che al fuo vfcirne s'erano ipenti, era
di
nuouD chiauardato il ferro, che lo reggeua da colui, che (otto non era vedil-
to, e
poi allentato quello , che la teneua eliera nrirata sù ; mentre cantando gli
Angeli del mazzo, e quelli del Cielo, chegirauano, faceuano, che quello pa-
reua
propriamente vn paradifo : e maffimamente, che oltre al detto coro dAti*
geli, al mazzo , era a Ìanto al gufcio della palla vn Dio Padre circondato d An-
geli, fimili a quelli detti di fopra, e con ferri accomodati. man^ra,che li Ue-
lo, il mazzo, il Dio Padre, la Mandorla con infiniti lumi, e dolciiTime maliche j
rappreientauano
il Paradifo veramente. A che fi aggiugneua, che per
quel Cielo
aprire, e {errare, haueua fatto fare Fil ppo due gran porre, di braccia
cinque l'vna per ogni verfo , le quali per piano haueuano m certi canah curti dJ
feao 5 ο vero
di rame, & i canali erano vnti talmente , che quando fi tiraua con
Vn'
arganetto vn fottile canepo, ch'era da ogni banda s'apriua, ò riferraua i?con-
sche altri voleua5nftr!»nendoiì le due patri delle porte infieme,òallargai^o-
fi per piano, mediante i Canali. E quelle così fatte porre faceuano ettet-
^^ ^
l'vno, che quando erano tirate, per eiTer graui faceuano remore a guiia di
t^ono , altrn^ η" . .Ι,.ηΓ. rnm^ Dalco Per accnnn.r. ali

mano, cìi'eeli erano flati trouati molto prima. Comunche fia » è Àa- Suo nme et^

ni air'·· rr"""^'"·'^

tol^g '^"e'rmanojch'egliciai]uiittui.iuuituii]uii,<jpuijia. v.uinuncneiia»eira- suonme et·
poiché in tutto fen'èdimeilorvfo. tornando a eflo Fi- f^hn ptr h
per lui d^ crefciuta la fama , &L il nom.e fuo , che di lontano era mandato ♦

^ano dfc "^"eua bifogno di far fabbiiche, per hauere difegni, e modelli di
^"tohuomoj e β adoperauano perciò amicizie ? e mezi grand ffimii

Onde

-ocr page 322-

sec ό ν m a ρ a r te

Onde iBfra gli altri defidersndoiiMarchefe di Mancoa ci'iiauedo, ne fcriileai-
iX(r,nep ja^ignoriadi Firenze con grande inftanza, e così da quella gli fu mandato là, do-
μΊκιΙΪΙ diede difegfii di fare argini in fuIPòl'anno 1445. & alcune altre cofc) fecon-
fi^jt argini volontà di quel Principe > che lo accarezzò infinitamente, vfando dire, che
i^/ Fè. ''Firenze era tanto degna d'hauere Filippo per fiio Cittadino, quanto egli d'ha-
£ iifc^ri:(:(e-'iiersìnobìle> e bella Città per patria. Similmente inPiia il Conte Francefco
^ΰ fimmamè' Sforza » e Nicolò da Piia, reftando vinti da lui in certe fortificazioni, in fua pre-
· 'fertzàloeomcndarono, dicendo, che
(e ogni flato haueiFe vn' huomo iìrnile a Fi-

£ ccmtaeìida· jjpp^ ^ ^^^g (] potrebbe tener ficuro fenza arme. In Firenze diede fimilmence Fi-
ί-Γίΐ'ώί 0
^Tpt' il difégno della cafa di Barbadori allato alla torre de' Roffi in borgo S. la-
a^lle
cafe^do' * ^ meda in opera, e così anco fece il difegno della cafa de' Giun-

Barbmon e tim infulia piazza(opra Arno. Dopo, difegnando 1 Capitani di par-
ide'
Gmntim te Guelfa di Firenze,di fare vno edifizio,& in quello vna iala, & vna vdienza pec
in Fireaie. quello.Magiftrato, ne diedero cura a Franceico della Luna, il quale cominciato
Edificio del -i^opèra, i' haiaeuàgiialzatà da terra dieci braccia, e factoui moki errori, quando
Mitgifirato fùdàto cura a Filipposil quale ridufse il detto Palazzo a quella forma,e magni"
Filippo ficenza, che G vede. Nel che fare hebbe a competere con il detto Francefco »
^Tr^^dt Frln ei-a.da moki fauoriro, fi come fempre fece,mentre, che vifse hor con queflo*
^clfa LllaL· ^ Ì^Gi^on » che facendogli guerra Io trauagliarono fempre : e beae ipefso
cercauano
ì i farli honore con i ^ifegni di lui. 11 οdale in fiine fi ridiifse a non mo-
Tìifempreif' mirare alcuna cofa , & a non fidarfi di nersano. La fala di quello Palazzo hoggi
pofio ali em» nóferue più a i detti Capitani di parte, perche haucdo il Diluilio dell'anno 1557·
laticne,!^ iri' ·ίαίΓο gran danno alle fcricture del Monte, il S. Duca Cofimo, per maggior ficu-
gmm altrui. rezzarielle dette fcritture, che iono di grandiiTima importanza, hà ridotta quel-
la, & il Magirtrato infieme, nella detta (ala. Et accioche la (cala vecchia di que-
ftoPalazzo iieruaaIdetto'Mng!Ìlrato de'Capitani, il quale ieparatofi dalia detta
fala, che ferue al Monte, fi
è in vr/aitra parte di quel Palazzo ritirato : fù fiuta da
Giorgio Vafari, di commeffione di ina Ecc. la commodiffima rcala,che hoggi và
in sù la detta fala del Monte. Si
è facto iìmilmente col difegno del medeiìmo vn
palcoa.quadn , e fattolo pofare, fecondo Perdine di Filippo (opra alcuni ρ laftn
scanalati di macigno. Era vna quarefima in
S. Spirito di Firenze flato predicato
^a Maeftro Francefco Zoppo, allora molto grato a quel popolo : e raccomai-da-
to molto il Conuentos Io ftudio de giouani « e particolarmente la Chiefa aria ίιι^
<]U€'di ; onde i capi di quel quartiere Lorenzo Ridolfi , Bartolomeo Coibinelh »
di Gino Capponi, e Coro di Stagio Dat altri infiniti Cittadini
ottennero
«{ala Signoria di ordinare,che fi nficeise la Chiefa di S- Spinto,e ne fecciono pro-
ueditore Scoldo Frefcobaldi. Il quale per lo intereiIo,che egli haueua nella Cuic'
ia vecchiaiche la Capella, e l'Altare maggiore eradi cafii loro ; vi durò grandifs·
fatica. Anzi da principio manzi, che fi faliino rifcoffi i danari, iecondo,che erano
liìfegaa la tafsati i iepultuaiij,e chi ci haueua capclle; eglidi Tuo ("pefe moke migliaia di (cii'
fabbrica di 5. jj^ de'qualì fiì Πmboriato. Fatto dunoue có/iglio fbpradi ciò,fù mandato per Fi^
spirm^chs nà j,ppo,ji gu^le faceile vn modellocon
tutte quelle,vtili, & honoreuoli parri,che"
t^fojeiìMit», potefse,e cóuenifsero a vn tempio Chrifliano; laonde egli fi sforzò,che la piiita di
' quello edifizio, fi riuokafse capo piedi : Perche defideraua fommamante, che la
piazzaarriuafse lungo Arno: accioche tutti quelli,che di Gen-'Hia^e de la riuiera^e
di lunigiana» del Piianoje del Luchefe pafsafsero di qu!ui,vede{Tìno la magnitìcc'
jia
di quella,fabbrica. Mà perche certi,per nó rouinare le cafe loro,non νοΙίοηο,ι*
tlefiderio
di Filippo non hebbe effetto. Egli dunque fece il modello della Chieia?

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t. ί/ίαοπ!"ΗΓηοη feguìtaco lOrd.ne dei ώ dentro com^ pare>che

il mode io voleiTe, chele porte, & il ricignimencodelle ""eit^-'^pce le. oonuui

Errori Λ luì

alcuni errori, che gli tacerò attribuiti a ini, i quali fi crede,che egli fe ì hauefie Te-
guitato di fabbricare , non gli harebbe comportati : poiché ogni lua coia co tanto
giudicio, difcrezione, ingegno, òc arte, haueua ridotta a peifettione . Que.t ope- egh nm
ta lo rendè medefimamente, per vno ingegno veramente dm no. Fu Filippo .a- /»»» loftrtt ,
ceriffimo nel fuo ragionamento, e molto arguto nelle nfpofle : come fò, quando i«# .
€gli voile mordere Lorenzo Ghiberci, che haueua compero vn podere a Monte
Morello .chiamato Leprianoi nel quale fpendeua due volte piu, che non ne ca-
ua a entrata, che venutoli a faftidio lo vendè. Domandato Filippo qual fuile la
n^igiior cofa, che iaceileLorenzo ; penfando forie per la mmicitia, ch'egli douel-
ie tailai-lo, rifpofe, vendere Lepriano. Finalmente diuenuto già molto vecchio, su» mirtei
cioèdunni69. l'anno 1440. adi 16. d'Aprile fe n'andò a miglior vita, dopo ei-
ferfi affaticato

molto I in far quelle opere, che gli fecero meritare in terra nome
Inonorato, e coofegu re in Cielo luogo di quiete. Dolfe infinitamente alla patria OogUmt.»
fua, che lo conobbe, e loftimò molto più morto, che non fece viuo : e fù
ièpel- delUfHk Pa·
ìito con honoratiirune efequie, & honore in S. Maria del Fiore ; ancoraché la le- triit nM» mor
pokura ina fuiTe in S. Marco, fotto iÌ Pergamo verfo la porrà ; doue è vn'arme có tsdt Imm/tg»
due foglie di fico, e certe onde verdi m Campo d'oro : per eilere difcefi i fuoi dei S""·"·
Ferrarefe, cioè da Ficaruolo Caftcllo m fui Pò, come d moftrano le foglie,che de-
notano illuogo, e l'onde, che iìgnificano il fiume. Pianfero coftui infiniti fuoi
amici artefici,e raaffimaméte 1 più pouen, qualidi
continuo benefico ; cosi dun- ,

que Chriflianamcnte viuendo, lafciò ai Mondo odore della bontà fua, e dell?_j
egregie iue virai. Parmi, che fe gli pofsa attribuire, che dagli antichi Greci
, e
da Romani in quà, non fia flato il più raro, ne il più eccellente di lui : e tanto più
«ler ta ?ode , quanto ne'tempi fuoi era ila maniera Todefca in veneratione per
tutta Italia, e da gli Artefici vecchi ei ercitata, come in infiniti edifici fi vede. Egli
ritrouò le,cornici antiche : e l'ordine Tofcano, Corintio, Dorico, & Ionico a le ^^^ ,„utnt»tt,
primiere iforme reftituì. Hebbe vn difcepolo dal Borgo a Buggiano, detto li Bug- ^
^^^ίη* d'ar
giano: il quale fece l'acquaio della Sagreflia diS. Reparata con certi fancmlU, „·,

cl·e gettano acqua , e fece di marmo la tefta del fuo maefiro ritratta di naturale, ^otmì
che tu pofta dopo la fua morte in S. Maria del Fiore alla porta a man de tra en- Sho ritratt*
trando m Chieia ; doue ancora è 1 fottcfci:ittQ.epitaffio, mefsoui dal publico per »» tn^rmo,
honorarlo dopo k morte così come egli viuo haueua honorato la parna fua.

D. S.

^antumThilippus ^rchiteBus arte mddeavoluerit y cum huìm celebenmi
Templi mira tefludo, tum plures diai dimno ingen o abeo αά inuenta machina do- Eftm§«,
cumcnto effe pofiunty qua p'ropter oh eximiasfui animidotes fmgularefque rirtu-
tes eius. B, M. corpus Calend. Maius anno HCCCCXLFL· Hac hmo fuppofi-
tu grata patria [epellire iufpt,

Gg Al;:

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134 SECONDA PARTE

jtltri Epì Alcii niente di manco per honorarlo ancora maggiorraence, gli hannoj aggiunto
'«Fy- quefti altri due.

Thilìppo Brmellefco antique ^rchitetura Inflanrami, S* P· J^F. dui fuo bene
inerenti.

Gio Battifta Strozzi fece queft* altro.

Tdfopra [αβο., [αβο

Di %iro in giro eternamente io ftruffi:

Che così ραβο pajjò

^to girando al del mi riconduffi.

Furono ancora fuoi Diicepoli Domenico del Iago |di Lugano » Gieremia da
Cremona » chelauorò di bronzo beniiTirao iniiemc con vno Schianone, cht_j?
fece aflai cofe in Venezia : Simone, che doppo hauer fatto in Orfan Michele
per l'arte de gli Speciali , quella Madonna, morì a Vicoaaro > facendo vn gran
. lauoro al Conte diTagliacozzo. Antonio , è Nicolò Fioientini, che feciono
in Ferrara di metallo vn Caiiallo di bronzo, per il Duca Borio l'anno -34ÌÌ1. 8c
altri molti» de'quali troppo lungo farebbe fare particolar mencione. Fù Filip-
po male auuenturato in alcune cofe : perche oltre > che hebbe fempre con chi
combattere ; alcune delle fue fabbriche non hebbono al tempo fuo, e non han-
Suentur d' E fra l'altre fù gran danno, che i Monaci degliAn-

tii$m, ^ * > poteilero t come fi è detto, finire quel tempio com nciaro da Im : poi-
■ ^ ' che dopo hauere eghno ipefo in quello, che fi vede, più di tré mila feudi, ha-
Γ uuti parte dell'arte de'Mercantanti, e parte dal Monte, in iul quale era-

Surì iifctpo*

Ih

00 i danari} fù diifiparo il capitale, e la fabbrica rimafe, e fi (là im-
perfetta. Laonde, come fi dille nella vita di Nicolò da Vz-
zano , chi per cotal via defidera lafciare di ciò memone,
faccia da se, mentre, che viue, e non fi fidi di nef-
iuno, E quello, che fi dice di quefto, fi.'po"
irebbe dire di molti altri edifici],
ordinati da Filippo Bru-
nelle fchi.

DO-

Il Fine della Vita di fili^fo 'BrmdkfcU .

-ocr page 325-

vita di donato. 2.3;

VITA DI DONATO SCVLTORE FIORENTINO.

Ο Ν AT Ο, il quale fù chiamato da i fuoi Donacelio, e così ίϊ
fottofcriile in alcune delle Tue opere, na ^qne in F renze l'an-
no 1503. Edandoopcra aii'arte
del d Ceg-o, fù non pure
Scultore rariilìmo, e ftaruario marauiglioro prattico ne
gli fiacchi, vaiente nella piOÌpetriua, e nell'architeiruraL·^
molto ftimato. Fchebbono Tot ere ine tanta gratia, dife-
gno , e bontà , eh' oltre furono tenute più ίϊπ ιΐι all' eccellen-
^pere de gli antichi Greci, e Romani, che cucile di qualunque altro fulle gia-
Onde a gran ragione fé gli dà grado del primo, che rnetteiTe in buono vfo
'"Menzione delle ftorie de'baffi nlieui ; i quali da lu^ furo η ■ ta!nienreoper£.
' Che allaconilderazione,-che egli hehbe inquelh , allafacilira, Sialmagi-
"loiiconofce, che n'hebbe la ν era intelligenza, e gli fece con bellezza più,

G g 2. che

Bojj/iffl ch'a'
nato primji
Donatello

Sue ferfmio*
ni.

Frim» ad
vfar btnt i
bi'fft riltem.

donato scvlto're
fiorentino

-ocr page 326-

s e c ο ν d a ρ a r τ e

che ordinavia : percioche> non che alcuno Aitefice in quefta parte lo vincede»
ma nell'età noitra ancora 5 non è chi l'habbia paragonato. Fù
alleuato Dona-
tello da fànciulezza in cafa di Ruberto Martelli > e per le buone qualità, e per lo
iludio della virtù fua > non Γ0Ι0 meritò d'eilere amato da lui, ma ancora da tutta
quella nobile famiglia. Lauorò nella giouentù Aia molte cofe, delle quali > per-
che furono molte , non fi tenne gran conto. Mà quello , che gli diede nome
> c
lo fece per quello, ch'egli era > conofcere, fù vna Nonciata di pietra di macigno»
che in Santa Croce in Firenze > fù porta all'Altare > e Capella de' Caualcanti, alla
quale fece vn'ornato di componimento alla grottefca, con bafaraento vario >&:
attorto, e finimento a quarto tondo ; aggiugnendoui fei putti, che reggono alcu-
ni felloni : i quali parejche per paura dell'altezza >tenendofi abbracciati Γνη l'al-
tro > fi aiTicuiino. Mà fopra-rutto grande ingegno, & arte moftrò nella figura-^
della Vergine : la quale impaurita dall'improuiio apparire delMngelo muoue
timidamente con dolcezza, a perfona a vna honeitiffima reuerenza, con belliiTì-
ma grana rmolgendofi a chi la (aiuta. Di maniera, che fe le fcorge nel vifo quel-
la humiltà , e gratitudine, che del non aipetcato dono, fi deue a chi Io fà, e tanto
più , quanto il dono è maggiore. Dimoftrò oitra queilo Donato ne'panni di eila
Madonna, e dell'Angelo, io efsere bene rigirati, e maeftreuoLiiente piegati, e col
cercare Γ
Ignudo delle figure; come e'tentauadifcoprire la bellezza deglianri'
chi,^itata nafcoia
già cotanti anni. E moftrò tanta facilità, 6c artificio iii-j
quell'opera, che in iomma più non fi può dal difegno, e dvil giudicio, dallo
fcarpeilo, e dalla pratticadeficerare. NellaCh eiamedefima fortoil crgmezo ,a
lato alla ftoria di Taddeo Caddi, fece con ilraordiilaria fu ica vn Crocifiiio di le"
gno, il quale,quando hebbe finita, parendogli hauer fatto vna cofa rarifTìma, Io
nioilrò a Filippo di ferBrunellefco fuo amici(rirao,per hauei ne il pavere fuo,rl qua
le Filippo, che per le parole di Donato, afpettaua di vedere molto miglior cofa »
come lo vide, forrife alquanto. Il che vedendo Donato,lo pi egò, per quanta ami-
citia era
frà loro, che gliene diceile il parer fuo ; perche Filippo, che liberaliffimo
era, nfpofe, che gli pareua, che egli haueile meilo in croce vn Contadino, e non
vn corpo fimile a Giesù Chriilo, il quale fù delicatiffimo, & in tutte le parti il più
perfetto huomo, che nafceiTegiamai. Vdendofi mordere Donato, e più a dentro»
che non penfaua, doue/peraua edere lodato ; riipofe, fé cosi facile fufle fare, co-
me giudicare,il mio Chriilo, ti parrebbe CÌniflo,e non vn Contadino ; però piglia
del legno, e proua a farne vno ancor tù . Filippo , fenza più farne parola, tornato
a cafa, fenza, che alcuno lo fapeile , mife mano a fare vn Crocifiiib : e cercando
d'auanzare, per non condannar il proprio giudicio, Donato, lo códuiIe,dopo mol"
ri mefi
a fomma perfectione. E ciò facto inuirò vna mattina Donato a definar fe-
co, e Donato accettò l'inuito, e cosi andando a cafa di Filippo di compagnia ì ar-
riuati in mercato vecchio, Filippo comperò alcune cofe, e datole a Donato, dille »
auiaci có quelle cofe a cafa,c li afpettam·, che 10 ne vengo hor hora. Entrato dun-
que Donato in cafa giunto,che fù in terrenojvide il Crocififio di Filippo a vn buon
lume,e fermatofi a confiderarlo,lo trouò così perfettamente finito,che vinto,e tut"
to pieno di llupore, come fuor di sè,aperfe le mani,che teneuano il grembiale-^ !
Onde cafcatogh l'vuoua,il formaggiose l'altre robbe tutte,fi versò, e fracalsò ogn>
Cofajinà non rellando però di far le marauiglie,e Ifar come infenfato; iopragiUi^-O
Filippo, ridendo dille, che difegno è il tuo Donato ? che definaremo noi, hauen-
do tù veriato ogni cofa ? Io per rae,rifpofe Donato,hò per illamani hauuta la pa^

te mù» fe tù vuoi la tua,pigliatela. non più, a te è conceduto fare i Cbnfi:i> oC

" a rne

Mè fuperate,
ne aggunglium

to ιΙλ λΙοηάο
a i te.npi del-
l'Antere .

5«« timn-
tione,

Konciata di
pietra in S.
Ctoce di Fi
tenyi (ondot
eoa gra<t
m^ejlna , e
perfeitione.

Imitmom
^elV ignudo
mlh\^gHrcco*
ferie da lui
rinuotiAta,

Crictfiffo di
ìe^no tacciato
mrgutamente
4a Ftì'ppoBru
mlleffhi.

Chentfà vm
m iìctrrtn\a,

XionAi» ni
fif^iffe*

-ocr page 327-

VITA DI DONATO. 137

a me i Contadini. Fece Donato nel Tempio di S.Gioiianni deiia medeimìa^
Città !a Sepoltura di Papa Giouanni Cofcia, ftato deporto dei Pontificato dai Có-
cilioCoftanticie; la quale ì>!i fii farra fare da Coiìmo de'Medjci amidiTìmo del
derto Coicia, & m ella fece^Honaro di Tua mano lì morro di bronzo, dorato , e di
marmo la Speranza, e Carità , che vi fono : e Michelozzo creato ino vi fece Ja^
Fede. VedefinehiiedeiimoTempio, e dirimpetto a queROpera di roano d,
Donato vna S.Maria Maddalena
di legno jn penitenza, oiolto bella, e molto ben
fatta, eiTendo cOnfiimata da i digiuni, e dall'ailinenza in tanto , che pare in tutte
le parti vna perfettione di notomia beniffimo intefa per tutto. In mercato vec-
chio iopra
vna colonna di granito , è di mano dj Donato vna Doirna di macigno
forte , tutta ifolata tanto ben fatta, che da gli Artefici, e da tutti gli huomini m-
tendenti è iodata fommamenre. La qual colonna, (opra cui e quella itatua col-
locata , era già in S. Giouanni ,doi]e fono l'aki e di granito, che foitengono l'or-
dine di dentro, e ne fù leuara, & in fao cambio poftaui vn'alcracolonna accanala-
ta, fopra la quale itaua già nel mezo di quel Tempio la ftaiua di Marte, che ne tu
ieuara, quando i Fiorentini furono alla Fede di Giesù Chrifto conuertiti. Fece il
medefimo, eilendo ancor g ouanetto, nella fìcciata di Santa Maria del Fiore vn
I^aniedo Profeta di marmo, e dopo vn S.Giouanni Euangeliila, che fiede, d: brac-
cia quattro, e con femplice habito veftito, il quale èmolro lodato. Nel medefi-
mo Ìuogo fi vede in fui cantone, per la faccia, che riuolta» per andate nella via del lefl» d'vrt
Cocoinero, vn vecchio fra due colonne, più fimile alla maniera antica, che altra
vecchio ingem
cola, che di Donato fi pofìa vedere, conofcendofi nella refta di quello i penfieri, gnofifmit.
che arrecano gli anni a coloro,che fono confumati dal tempo, e dalla fatica. Fece Ormm$ni»
ancok-a dentro la detta Chiefa, l'ornamento dell'organo, che è fopia la porta del-
la Sagreiba vecchia, con ouelle figure abozzate, come fi è detto , che a guardade
pare veramente, che fiano viue, e fi muouono. Onde di coftui fi può dire, che
tanto lauoraise col giudicio, quanto con le mani : atrefo, che molte cole fi lauo»
rano> e paiono belle nelle ftanze, doue fon fatte, che poi cauare di qaiui, e roefse
in vn'altro luogo, & a vn^akro lume, ò più alto, fanno varia veduta, e rieicono il
contrario di
quello, che pareuano. La doue Donato faceua Je (ne figure di ma-
niera, che nella ftanza, doue lauoraua non appariuano la metà di quello, che elle
nufciuano mielion ne' luoghi, doue eli'erano porte. Nella Sagreftia mioua,,put
quella Chiefa, fece il difesno di que' fanciulli,che reggono i feftonhche girano
intorno al fregio : e
cosili di fegno delle figure, che fi feciono del vetro dell'ce·
chio, che è iocto la cupola, cioè quello, doue, la incoronatione di Noftra Donna »
il quale difegno è tanto migliore di quelli, che fono ne gli alrri
occhi,quanto ma-
"Tiifertamente fi vede. A S. Michele in orto di detta Città , lauorò di marmo P^r gf^tugm f,
l'arte de'Beccai, la ftatua del S.Pietro ,che fi vede, figura fuauiflìma'e mirabile :
e per l'arte de' Linaiuoli il S.Marco Eiiangelifta, il quale
hauendo egl tolto a ta-
re infieme con Filiopo Brunelleichi, finì poi da fe , efsendofi cosi Filippo conten- nih

tato, Quefta figura fu da Donatello con tanto giudicio lauorata, cheelsendoin hvmenpp^'

terra, non conofciuta la bontà fua, da chi non haueua giudicio, fu per non efsere tenie Mh
dai Confoli di quell'arte lafciataporfe in opera: per il che difse Donato, che gli statm,
ìafciafsero metterla sù ,'che voleua moftrare : lauorandoui attorno, che vn' altra
figura,e non più quella ritornerebbe, E cosi fatto la turò per quindici giorni,e poi
altriimenti hauerla tocca lo icoperfe, riempiendo di marauigLa ogni ν no »
'All' arte de Corrazzai fece vna figiu'a di S, Giorgio armato viuiffiraa» nella
Stum» di S.
^efta della quale fi conofce la bellezza nella giouenm j l'animo »& il valore_j, αίοφ ,

nei-

Sepoltura di
fapa Ciò Co-
fcm m S, Gig.
con marnn, e
hron^^ì ,

figura dì S-
^arta Mad-
etiiiena in Ig^

Sua fiatH»
in nomale
VecthiO,}epr»
vna colonna·
Statua ami ·
ta 4t Marte,
leuAta iium'
do t Jiorenti··'
ni riceuerms
la Fede di
Chrifio.

dell Orgmoa

Figuremìft^
(io
/tffme.

-ocr page 328-

s e c ο ν d a ρ a r τ e

neliearrai, vna viuacid fieramente terribile > & vn marauigliofo geilodlmUO-
ueifi dentro a quel faiTo. E certo nelle figure moderne non s'è veduta ancora-j'
tanta viuacita > ne tanto fpirito in marmo > quanto la natura> e l'arte operò con
la
mano di Donato in quefta. E nel bafamento, che regge il tabernacolo di quella»
lauorò di marmo in baiTo niieuo > quando egli amazza il Serpente, oue è vn Ca··
uallo molto ftimato, e molto lodato. Nel frontifpicio fece di baffo rilieuo
mczo
vn Dio Padre. E dirimpetto alla Chiefa di detto Oratorio knorò di marmo, e
con l'ordine antico> detto Corintio > fuori d'ogni maniera Todefca » il tabernaco-
lo per la Mercatantia : per collocare m eilo due ftatue,le quali non volle ike>per-
che non fu d'accordo del prezzo. Queile figure dopo la morte fua fece
d, bron-
zo> come fi dirà, Andrea del Verrochio. Lauorò di marmo nella facciata dinanzi
del Càpanile di S. Maria
del Fiore quattro figure di braccia cinquejdelie quali due
ritracce dal naturale, fono nei mezo, ì'vna è Francefco Soderini giouane, e l'uicra
Giouanni di Barduccio Cherichini, hoggi nominato il Zuccone. La quale per eC·
fere tenuta cofa ranflìma, e bella quanto neduna, che faceiTe mai, foleua Dona-
to,quando voleua giurare,fi che fi gli credeile,dire alla fè, ch'io por .o al mio Zuc-
cone, e mentre,che lo lauoraua guardandolo tutta uia, gii diceua , fiue la fauelia,
che ti venga il cacafangue. E da la parte di verfo la canonica, fopra la porta del
Campanile fece vno Abraam , che vuole facnficare Ifaac, & vn'altro Profeta ,ie
qua i figure furono pofte in mezo a due altre (latue. Fece per la Signoria di quel-
la Città vn getto di metallo, che fu locato in piazza in vno arco della loggia loro :
& è Giudit, che ad Oloferne raglia la teib ; opera di grande ecctllenzj,c magifte-
rio, la quale, a chi confiderà la ferapiicità del di fuori neil' habito, e nello afpetto
di Giudic, manifeftamence fcuopre nel di dentro, l'anmio grande di que l, Don-
na, e lo aiuto di Dio : fi come nell'aria di eiìo Oloferne , il vino, & il fonno, e la
morte nelle fue membra , che per hauere perduti gì (pirin fi dimofirano fredde ·
e cafcanti : Quella fu da Donato talioence condotta, che il getto venne fottile, e
bellilTìmo, &apreiTo fù rinetta tanto bene, che marauigliagrandiiTi ma è a ve-
derla . Similmente il bafamento 5 ch'é vn balauftro di granito con femplice or-
dine , fi dimoftra ripieno di grazia , & a gli
ocdv grato in afpetto ; e si di quella.^
opera fi fodisfece, che volle, il che non haueua latro nell'altre, porui il nome fiio,
come fi vede in quelle
parole Donatelli opus ì Trouafi di bronzo nel cortile del
Palazzo di detti Signori vn Dauid ignudo quanto il viuo, eh' a Golia hà troncato
la teffca, & alzando vn piede fopra eiTo, lo pofa, e hà nella delira vna fpada. La
quale figura è tanto naturale nella viuacità , e nella morbidezza ,che impofliìbile
pare a gli Artefici, che ella non fia formata fopra il viuo. Staua già quella ftatua
nel coitile di caili Medici, e per lo eiTilio di Cofimo in detto luogo fù portata*
Hoggi i! Duca Cofimo, hauendo fatto doue era quella ibtua, vna fonte, la fece
leuare, e fi ferba, per vn' altro cortile, che grandiiiimo difegna fare dalia parte di
dietro del Palazzo,
cioè, doue già ftauano i Leoni .^E Dodo ancora nella fala,doue
è l'ormolo di Lorenzo della Volpr ia, da la mano finiftra vn Dauid di marmo bel-
lìiTìmo, che tiene frà le gambe la tefla moi ta di Golia fotro i piedi, e la fromba hà
in mano, con la quale Γ hà percoiso. in caia Medici ne primo cortile fono otto
tondi di marmojdoue fono ritrart; cammei antichi,e roueicj di medaglie, & alcu-
ne ilorie fatte da lui, molto belle ; quali fono murati nel fregiofiàlefineilre,e
l' architraue fopra gli archi delle logge. Similmente la reilaurationc d'vn Marfia
di
marmo bianco antico, pollo all'vfcio del giardino : & vna infiniti di teite anti-
che polle fopra le porte,reilauraio, e da lui acconce con ornamenci d'ali, e di dia-

man-

Stie lipen di
jfo rilisHO,

TderMcolo
di marmo,

Due figure
del lahern*'
colo fatte da
Andre» del
Verocchio β*
gure
ttel C^
panile di Sa'
ta Mari» del
Fiore con r>m
tratti
al na-
turale ·
Statua di
gei"
to nella log·
già della
Stm
χηρ,Ί» ·

Stimata da
ìm tanto, eh*
vi volfe porre
il nome.
Statue
4 i Da
tìid.

V^rij lanari
in cafa de'
Medici.

Statua a
Marfta ri^c
rAta^

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VITA D ϊ D Ο N AT Ο. tsf

tnanti ; iiuprefa di Cofimo, a ftucchi beniiTimo iauorati. Fece di granito vn^ ^^^
bellifTimovafo, che gettaua acqua , & al giardino de Pazzi in Firenze vn'altro *

fiviMle ne lauorò, che medefimamence getta acqua. Sono m detto Palazzo de'
Medici,Madóne di marmo,c di bronzi di baflo ri ieuo,& altre itone di marmi, di ^^^^

figurebelhffime.edifchiacciatorilieuomarauigiiofe. E fu cantei amore, iche
Cofimo porco alla virtù di Donato, che di continuo Io faceua lauorar : iéc allo m- ^ ,
contro hebbe tanto amore verfo Cofimo Donato, che ad ogni
mimmo iuo cen-
no indouinaua tutto quel, che voleiia, e di continuo Io vbbidiua . Diceiij che vn
mercante Genouefe, fece fare a Donato vna tetla di bronzo quanto il viuo bel-
linTima, e per portarla lontano, foctiliffima, e che per mezo di Cofimo tale opra
gli fu allogata. Finitala adunque, volendo il Mercante fodisfarlo, gli parue, che
Conato troppo ne chiedeile, perche fu rimeiio in Cofimo il mercato, i^l qual^
fattala portare in fui conile· di iopra di'jquel Palazzo, la fecepovre fra i merli,
che guard.no fopra la ftrada, perche meg io fi vedefle. Cofimo dunque volendo ^ . .
accomodare la differenza i trouò il Mercante molto lontano da la chieda di Do-
nato : perche voitatofi diiie, ch'era troppo poco. La onde il Mercante,parendog!i ^^ ^^^^^
troppo , diceua, che in
vn mefe, ò poco pailauorata l'haueua Donato, e che gii
toccaua più
d'vn mezo fiorino per giorno. Si volie allora Donato con collera, ^
parendogli
d'eisere offeio troppo, e dille al Mercante,che in vn centefìmo d'hora
bacerebbe iaputo guaita re la fatica, e'I -^ore d'vno anno :
e dato d'vrto alla te-
tta Cubico sù la rtrada la fece minare, delia quale fe ne fer moki pezzi, dicendo-

. gli, che ben moilrauad'eiìerevfo a mercantar fagiuoli,e non ftatue. Perch^_^

€gli pentitoiì gli volfe dare il doppio più, perche la nfacefse, e Donato non volle, ^^^^^

Perfuepcomefle, neper prieghi di Cofimo rifarla giamai. Sono nelle cale de
Martelli di moke ftorie
di marmo, e di bronzo, e infra gli altri vn Dauid di brac-
eia tré, e molte altre coie
da lui in fede deli? feruitù, e dell' amore, ch'a tal tarai-
gliaporcaua donate liberaliiiìmamente, eparncolarmenie
vnS.Giouannitutto
tondo di marmo, finito da lui
di tre braccia d'altezza ,«>fa rariffima hoggi in caia
gh hercdi di Ruberto Marcelli,
dal quale fÌi fatto vn fideicommiHo, che ne impe-
gnare, ne vedercene donare fi potefle,fenza gran
pregiudicio,per teftimonio,c te-
de delle carezze vfate da loro a Donato,e da eiTo ajoro in riconofcimeto de la vir-
tù ί ua, la quale per la protcttione, e per il comodo hauuto da loro, haueua impa-
rata . Fece ancora, e fò mandata a Napoli vna fepokura di marmo per vno Arci- iaa Napoli»
uefcouo, che
è in S. Angelo di Seggio di Nido : nella quale fon tre figure tonde, Btlhffirm
che la calia del morto con la tefta foflengono , e nel corpo della cada è vna ftoria fi* ^f carni-
ài
bailo rilieuo, si bella, che infinite lode fe le connengono. Et in cafa del Conte ^

ài Maialone nella Città medefima è vna tefta di Cauallo di mano di Donato, ran- ,, „

-------- —------..., -«wsii^aiivi HI tiJAiiv^ --------------- enjtrm/ì ' ϊ>

to bella, che molti la credono antica. Lauorònel Caftello di Prato il pergamo

ai marmo doue fi moflra la c nrola : nello fpartimento del quale vn ballo di fan· rati/M Ji

cmlii intagiiò,si belli,e sì mirabili, che fi può dire, che non meno moftraiTe la per-

iettione dell'arre in queftο , che e' fi faccfie nelle altre cofe. Di più fece per r^- i» signoria

gimento di detta opera ,due iacco, fùVortato via. Auuen- f

lui accoche facefle^larremoria di Gattamelata nella Otta di

andò ben volentieri,e fece il Cauallo di bronzo,cbe e

nio : Nel quale fi dimoftra lo sbuiiame'to,& remato del Cauallo,& ^ gta^^ if. Anio^^^o.
itio,e la fierezza viuaciffimamemc efprefla dali'a«e, nella
figura, che lo c^ualca,

Sepotmradi
marmo ptr
τ»' Arciuef-
COM mani»'

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Ì 4Q SEC Ο Ν D A Ρ A R Τ E

E dimoftroifi Dvonato tanto mirabile nella grandezza del getto in propottìonii

in bontà > che veramente fi può eguagliare a ogni antico Artefice inmouen-

óvws- ηίΛΤΛ- diisegno,arre,proporrione,e diligenza. Perche non folo fece ftupire allora-^

^λ/que'che lo videro ^ mà ogni peri ona, che al preiente lo vede. Perla qitalcofa

jo ftltsuo ia- cercarono 1 Padouani con ogni via di farlo lor cittadino, e con ogni forre di ca-

lemoxlU Ce. rezze fermarlo. E per intrattenerlo» gli allogarono a la Chiefa de' Frati Minori »

felU 4t s Ali' nella Predella dello Aitar maggiore, le iftorie di S. Antonio da Padoua : le quaU

' fono di bafso rilieuo , e talmente con gmdicio condotte, che gli huomini eccel-

l'ua^e ^^quell'arte ne reftano marauigliati, e ftupiti confiderando in efse i belli, &

^^^^ ' variati componimenti, con tanta copia di ftrauaganti figure , e profpettiue dimi-

Olfatur» ut' Similmente nel Doisale dello Altare, fece belliiifìme le Marie» chepian-

tificioftirtm* ' ^^ Chrifto morto, Òc in cafa d'vn de Conti capo di liita, lauorò vna oisatura

d vn Caualle Cauallo di legname, che fenza colio ancora hogg! fi vede : nella quale

in οΛβ Conti, commettiture fono con tanto ordine fabbricate » che chi confiderà il modo dUal'

Stnttta di S, opera, giudica il capriccio del fuo ceruello , e la grandezza deli' animo di quello .

SebajtiaMo ri. In vn Monafterio di Monache fece vn S. Sebaftiano di legno a preghi d'vn Ca-

thteflhcògof- pellanoloramico,edomefticofuo, che era Fiorentino. Il quale gliene portò

ctTi ** haueuano vecchio, e gofìo j pregandolo che e'io doueise fare, come

m Ca^e iant, pg^- qy^} sforzando Donato d'imitarlo, per contentare il Capella-

no, e le Monache, non potè farfi,che ancora, che quello, che goffo era imitato

hauefse, non faceise nel fuo la bontà , e l'artificio vfato . In compagnia di queiio

Torna Λ Ftr?m j^^^oite ^Itre figure di terra, e di (lucco iece : e di vn cantone d'vn pezzo di marmo

^'hona vn S ' Monache in vn loro orto haueuano, ricauò vna molto bel-

Gio "sataflà la Noftra Donna. E iìmilirence per tutta quella Città fono opre di lui infinitiflì-

dt legno alla > onde efsendo per miracolo quiui tenuto, e da ogni inte ligente lodato,fi dé-

natiom Fio- -liberò di voler tornare a Firenze, dicendo , che fé più {lato vi folle, tutto quello ,

tentine mVe^ che fapeua dimenticato s'hauiebbe , eiiendoui tanto lodato da ogni vno , e che

veti» ■ volentieri nella fua patria tornaua,per eiler poi colà di continuo biafimato : il qua!

StafÌ4amF$^ biafimo glidaua cagione di ftudio, e eonfc-quencemente di gloria maggiore · Per

fenx.e, -j jj Padoua partitofi, nel fuo ritorno a Veneria , per meìnoria della bontà fua

MonuPuU di dono alla natiope Fiorentina, per la loto Capdla ne' Frati Minori, vn S.

' 'eUua' G o.Battifta di legno, lauorato da luij con diligenza, e (ìndio grandiffimo. Nella

Ftrg' Città di Faenza lauorò di legname ,vn S. Giouanni, & vn S.Ga'olarao, non punto

^e. meno fliimàti, che Taltrecofe fus. Appreflo ntornatoiene in Tofcana, fece nella

Tifiet figure Pieue di Monte Pulciano · vna Sepoltura di marmo, ^on vna belliiTìma ftoria, ^

viuAci. in Firenze nella Sagreilia di S. Lorenzo vn lauamani di marmo , nel quale iauo-

Và a Roma rò parimente Andrea VuTocchio. Et in caia d. Lorenzo delia SiuiFa iecere-

iifJT'iii ί ^^ ' ^ pronte, 6c viuaci. Partitofi poi da Firenze,a Roma fi trasferì»

fl'vnT^bèr- P^"· d'imitare le cofe de gli antichi più che potè , e quelle {Indiando lauorò

mcoio dt pie· pietra in quel tempo vn Tabernacolo dei Sacrameco, che hoggidì fi trcua inS·

tra. Pietro. Ritornando a Firézeje da Siena paiTando, tolfe a f ;re vna, porta di bronzo»

Fà il modello per il Batifteo di S. Giouanni : δζ hiiuendo fatto il modello di legno, e le forme di

d vnaport»di ct^ra , qunfi tutte fin te , & a bupntermine con la cappa condottele, per gittate »

hronip "vi Capitò Bernardetto d» Mona Papera orafo Fiorentino, amico , e domeft co ώο »

· j qii'tle tornando da Romr., feppe taniofare, e due, che ò per (uè bifogne , ò pec

«fS" eia, ^^^^^ cagione , riconduce Donato a Firenze. Onde quell' op- ra ηιηαΓε imperfet-

/cia ΐ' ορ^Λ cominciara. Solo refiò nell' opera del Domo di quella Città di fja-i»

imperfean, mano vn S. Gio. Battirta di meccallo, al quale manca il brafcio deliro dalgo-
' mito

AecArttxnt9

Simo
tnim m

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ν i l a d I .d Ο n at o; 2.41

mito in su : e ciò fi dice hauere fatto Donato , per non efsere ftato iodisfatto del-
i intero pagamento. Tornato dunque a Firenze, lauorò a Cofimo de Medici
in
^.Lorenzo la Sagreftia di ftucco, cioè ne peducci della volta quattro tondi con.^
nv ^ π Proiìpettiua parte dipinti ,;e parte di baffi rilieui di ftoriede gli Euange-
"iti. Et in detto luogo fece due porticelle di bronzo di bafso rilieuo belIilTime j,
con gli
Apoftoli > co' Martiri, e Confeisori, e fopra quelle alcune nicchie piane »
aemrouì nell'vna
vn S. Lorenzo, 6c vn S. Stefar,o, e nel? altra S. Cofimo, e Da-
miano .
Nella crociera della Chiefa lauorò di ftucco quattro Santi di braccia cin-
^ue rvno, i quali pratticamente fono lauoraci. Ordinò ancora ί pergami di
bronzo, dentroui la Paffione di Chrifto, cofa, che hà in fe difegno, forza, inuer-
^'one, e abbondanza di figure,e cafamenti, quali non potendo egli per vecchiez-
za lauorare, finì Bertoldo fuo creat0i& a vltima perféttione h riduise. A S.Maria
Fiore fece due coloffi di mattoni, e di ftucco , i quali fon fucra delia Chiefa
polli in sùi canti delle Cappelle, per ornamento. Soprala porta di S. Croce fi
Vede ancor hoggi finito di fuovn S.Lodouico di bronzo di cinque braccia, dd
Salale efsendo incolpato,
che fofse goffo,e forfè la manco buona cofa,che hauefse
iat^ mai, rifpofe, che a bello ftudio tale l'haueua fatto, efsendo egli ftato vii^
Ι^ίτο a lafciare il Reame per fàrfi Frate. Fece il medeiimo la tefta della moglie
^«i detto Cofimo
de' Medici, di bronzo, la quale fi ferba nella guardarobba del
• Duca Cofimo, doue fono molte altre cofe di bronzo, e di marmo, di mano di
d ftà l'àìtre, vna noftra Donna,col figliuolo in braccio,dentro nel marmo

^ Ichiacciato rilieuo : de la quale non è poflìbile vedere coià più bella : e maffi-
^ajnente hauendo vn fornimento intorno di fiorie fatte di minio da Fra Ber. che
Otto mirabili,come fi dirà al fuo luogo. Di bronzo
il detto S-Duca di mano di
onato, vn belliffimo, anzi miracolofo Crocififso, nel fuo ftudio, doue fono in-
^yicaglie rare , e medaglie beUiffime. Nella medefima guardarobba è in
di fio ? bronzo, di
bailo rilieuo la Paflìone di N. Signore con gran numero
in cÌf^^ ' ^ vn'altro quadro pur di metallo vn'altra croofifs one. Simiimenre
^ gh heredi di Iacopo Capponi,che fu ottimo cittadino,& verogentilhuc-
X J^A*^"^^*·'® N.Donna di mezo rilieuo nel marmo,che è tenuto cofa ranisi-
ipa. M. Antonio de' Nobili ancora,
1! quale fii Depofiraiio di S.Ecc. haueua in ca-
a ^ì quadro di marmo di mano di Donato, nel quale
è di bailo nlicuo vna me^a
JN.Uona ^nto bella, che detto M. Antonio la rtimaua quàto tutto l'hauer fuo. Ne
ineno tu Giulio fuo figlinolo, giouane di fingo)ar bontà, e giudicio, & an aicr de'
grtiioii, e di tutti oii huominì eccellenti. In caia ancora di Gio. Eatnfta d'Agno]
onijgétilhuomo Fiorétinojè vn Mercurio di metallo di mano di Donato,aito vn
traccio,
e mezo tutto tondo, & veftito in vn certo n cdo bizairo, 1 (juaJe è vera-
«ente bellifsimo, e non men raro, che l'altre cofe,che adotnano Ja Tua beliifsima
Ν V ^ ^^rcolomeo Gondi, del quale fi è ragionato nella vita di Giotto, vna
ri-,?, '^ezo "lieuo fatta da Denaro con tanto amore, e ^diliger za^,

«-ne non e poiiibile veder medio, ne magma fi, come Donato fcherzafìe neli'
acconciatura del capo , e nella leggiadra Weli'babito , ch'eli'hà indoflo. Pari-
amof primo Auditore , e Segretario del S. Duca, e non meno

matorditutte efcienze, viitù, e profeis oni hororate, che Eccellentifs mo

Don^? 11 j', di Noftra Donna di marmo, di mano dello fiefso

iareS! ' pjenamen e raccontare la vita, l'opere, che fece

vite Jl^ pai lunga ftoria, c he non è di nofl ra ;nrentione iiello fcriiiere le
^e noftri Artefici : percioche, non che nelle cole grandi deité ^ifalifi é detto

Η h a be->

^ 'SjMecio nm
mitro d' vsi
S Gio, BaUi'
βα (U mttnlh
»ei JOmo di
Stf»a, 0 per-
che ÌHleiato
tale dull'Ar-
ufice,
Lauori 1
fo riltttionéU
la frgrefitft di
S, Ltren:^o in
Firenle
.

Statue nel
mede/imo lue·
SO.

ftrgami di
èrot>:(0 fforia'
ti tògrun difm
fegno t ^ in'
ttehttowe.

StatHa di
l.ed«Htc0 rii
ironia di S,
Croce,
Opere belle di
trenino t e di·
νίΛ·>ηίθ nella
Cuarfiartlil/Λ
del Duca Co^'
fimo ·

Ctccifijfo m»'
r^mgtiofo neU

lofluatediC»
(imo.

ÌluKdre di
hton\o dt b/tf.
fo tilituo nel
detti fludio.

Statuti di
Mercurio bel^
Itfftma ai me»

tallo.

Ν Donna di
mt\o rUttm»

-ocr page 332-

242- SECONDA PARTE

a baftanza» mà ancora a menomiffime cofe dell' arte pofe la mano, facendo arme
di caface ne' camini, nelle facciate delle caie de' Cittadini, come fi può vederne
vna belliflìma nella cafa che è dirimpetto al fornaio della Vac-

ca . Fece anco per la fàraigjia de' Martelli vna caiTa a vfo di Zana fatta di Vimi-
Arme beìUf- ni, perche feruiffe per fepnitura > mà è fotto la Chiefa di S. Lorenzo, perche di
[menellefne fopra non appariicono repolture di neiluna forte, iè non TEpitaffio di qiiclla di
aatedeUec»^ Cofimo de' Medici, che nondimeno hà la Tua ^jpritura di fotto , come l'aitre. Di-
/M
ne camtrn Simone fratello di Doiwto, hauendo lauoi ato il modello della fepokura

di Papa Martino Q_uinto, mandò per Donato > che la vedeiìe inanzi, che la get-
_ ■,, .. rade ; onde andando Donato a Roma, vi fi trouò appunto quando vi era Gifmon-
Donati fi il do Imperatore per riceuere la corona da Papa Eugenio Qiiarto: perche fù forza-
modflto ddU ^^ Compagnia di Simone : adoperarfi in fare l'honoratifHmo apparato di quella
fepoltur» di fe(ta,nclchefiacqui(lòfama» & honore grandi (Timo . Nella guardarobba an-
MartinoV, Cora del S.Guidobaldo Duca di Vibino,è di mano del medefimo vna teda di mar-
Donato va λ ipo bellifsima, e fi llima,che fiifle data a gliantecefsori di detto Duca dal magni-
Uuo fico Giuliano de' Medici quato fi tratteneua in quella corte piena di vu'tuofifsimi
Ir "'f^aF ^ S!^'^^·'· fomma Donato,fu tale, e tanto mirabile in ogni atnoneche e'fi può
hme, " ' prattica, in giudicio, & in fapere , fia (lato de' primi a illuftrare l'arte

TeSadiimr, Scultura,e del buon difegno ne' moderni : e tanto piìi merita commendatio-
mo belltjpmn ne,quanto nel tempo fuo le antichità non erano icoperce fopra la terra, dalle co-
ftreffo i Duchi lonne, t pih, e gli archi trionfali in fuora. Et egli fu potifsima cagione , che a Co-
4 Vrbtno, fimo de' Medici fi deilafse la volontà dell' introdurre a Firenze le anrichità , che
fono, &C erano in caia Medici, le quali tutte di fua mano acconciò. Era liberaJifsi-
l>ù»aio è Ih' mo, amoreuole, e cortefe, e per gli amici migliore, che per fé medefima ; ne mai
me modtrna (limò danari, tenendo queg i in vna fporta con vna fune al palco appiccati , onde
deHa Seultu ogn, fuo lauorante, & amico pigliaua il fuo biiogno, fenza dirgli nulla. Pafsò la
, veccluezzaallegrifsimamente, & venuto indecrepicà, hebbe ad eisere foccorfo
da C jfimO) e da altri amici Tuoi, non potendo più lauoiare. Dicefi, che venendo
ti ^cereare ^ morte lo lafciò raccomandato a Pietro fuo figliuolo, il quale »come di*

Umri *»/»- ligétiiTìmo efecutore della volócà di fuo padre,gli donò vn podere in Cafaggàio"
ehi^ehedttlui lo ditanta rendita, che e' nje ρ ueua viuere commodamente. Di che fece Donato
furono Mte/f fefta grandiίϊίma? parendogli eisere có quello più,che ficurodi non hauere a mo-
«». rir di feme. Ma non lo tenne però vn'anno,che ritornato a Pietro, che lo rinunciò

LtieraluÀ di per contratto pub!ico,affermando,che non voleua perdere la fua quiete, per pen-
I>on*to . {-^ι-ρ cura femigliare,iii alla moleftia del córadino:il quale ogni terz&dì gli era
quando,perche il vento gli haueua fcoperta la Colombaia, quando,per-
^Γαο^Μ erano tolte le beftie dal comune per le grauezze,e quando per la tepefta»

ltMee/^a»d4 chc gli haucua tolto il vino,e le frutte. Delle quali cofe era tanto fatio, & infafti-
tt» Pietro fuo dico, :he e' voleua innanzi morir di fame, che hauere a peniate a tante cofe.
fglto che gli Rife Pietro della femplicità di Donato, per liberarlo diquefìo affanno; ac-
ionì vu ptdf cenato il podere, che così volle al tutto Donato, gli afsegnò in fui banco fuq
^f* vna prouifione della mcdefima rendita » ò più, mà in danari contanti, che ogni

Ìettimana gli erano pagati per la rata, che gli to:cau3. Del che egli fommamen-
te fi contentò, E feruitore, & amico della cafa de' Medici, vifse lieto, e fenza—»
penfietitattoil reilante della (ua vira. Ancoraché conduttofi ad Sj. anni fi
' SoMM iif. uafse tanto paralitico, che e' non potefle più lauorare in maniera alcuna, e »
€fepit»i conducefsea ftarfi nel letto coutinouamente in vnapouera cafetta, che haue-
t^htìti i «a nella via d«l Cocomero vicino alle Monache di San Nicolò ; doue pegpo'

rando

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V 1 Τ A D I D Ο Ν A Τ Ο. 243

Mndo di giorno in giorno, e confumandofi a poco a poco, fi mori il di 3. di De-
cembre 1466. E fù iotterrato pella Chiefa di S.Lorenzo, vianoaik Sepoìtura di
Cofimo, come egli ftefso haueua ordinato a cagiona, che cosi gli iufse vicino il
corpo già morto, come viuo fempre eliera ftaro
prefso con 1 a^mo.
, DoKe infinitamente la morte 4 a' Cittadini, a sii Artefici, ^ f ^
be viuo. La onde per honorarlo più nella
morte, eie e'
ìa viragli fecero efsequie honoraÌiffime nella p^detta Chiefa> accon
lo tutti i Pittori, di Achitetti, gli Scultori, gli Orefici. e quafi tutto ri popolo di
quella Gttà. Lacuale non celiò per lungo tempo

ne maniere di verfi in diuerfe lingue, de quali a noi bafta poi quelti Ioli, che di

Màp?la"°che io venga a gli epitaffi], non iaii Γε non bene eh' io racconti di
lui ancor quello. Efsendò egli amalato, poco inanzirche Π morilse, 1 andarono a
trouare alcuni fuoi parenti, e poi, che Γ hebbono,come s'vfajialutato, e conior-
tato, gli difsero,.che fuo debito era lafciar loro vn podere; ch'egli haueua m quel
Prato, ancorché picciolo fiifse, e di
pochiffi ma rendita, e che di ciò Io pregaiu-
f.o ilrettamente. Ciò vdito Donato, che in tutte le fue cofe haaeua del buono,
difse loro ·, lo non pofso compiacerui parenti miei, perche io voglio,e così mi pa-
Ϊ e tagioneuole, lafciarlo al Contadino, che l'ha Cempre laudato, e vi hà durato
iatica, e non a
voì,che (enza hauerli mai fatto ville nefsuno, ne altEò,che cenfau
hauerlo, vorretlecon quefta voilra vifita, che io ve lo laiciafsi, andate, che lìa-
te benedetti, & in verità cosi fatti parenti, che non hanno amore ,fe non quanto
è l'vtile, ò la iperanza di quello, fi deono in quefta guifa trattare. Fatto dunque
venire il Notaio lafciò il detto podere al lauoratore, che iemprel' haueua lauo-
rato, e che forfè nelle bifogue fue, fi era meglio, che q ue' parenti fetto non haue-
uano, verfo di fe portato. Le cofe dell'arte lafciò a i fuoi Difcepoli, i quali lU-
tono Bertoldo Scultore Fiorentino, che l'imitò aiTai, come fi può veder e in vna_j
battaglia in bronzo, d'huomini a cauallo, molto bella, la quale è hoggi in guar-
darobba del S.
Duca Gofimo. Nanni d'Anton di Banco, -chs mcarì wmzi^hi.
Ϊ1 Roffellino, Defiderio, & Vellano da Padoa. Et in fomma dopo la morte di lui

fi può due, che filo Difcepolofiaftato chiunque hà voluto far bci\e di nheuo.

Nel diiegnar fù rifoluto, e fecei Cuoi diiegni con sì fatta prattiià, e fierezza ,che
non hanno pari, come fi può vedere nel noftro libro ·, doue hò di fua mano dife-
gnate figure veftice, e nude ·. animali, che fanno ftupire chi gli vede, & altre cosi
tatte cole belliffime. Ti ritratto ί uo fò fatto da Paolo Vccelli, come fi e detto nel-
la fua vita. Gli epitaffi}' fon quelli.

^eultura.HM'^A-FÌorentmisfierìroluit DonateUo. Ftpoteh&minhqM^^ . .

àiu optmis artificibm multi[q;f<ecuUs, tum nohilitatisy um nomimsacqutinu ««
/«erai iniuria ve temPor. Terdidem wfi vnus^vna yita,mfinitifq; fjV^^' *

refìit.crit; & paimbmcmerenL huius ref^uta virmWPalma reportanu

^(Ol··

^Xcudit nemo fpirantia mollus isra

^cfa cano : cerues marmora viua loqui.
^^ecorum fleatpeifca admirabilis atas
^^ompedibus flatms οοηίΐηιιίβε Hhodon.

namque magis fuerunt hcec yhicula digna
^Jiius egregias artipcis jìatuas.

Hh i

Sua morte^
Sepoltura»

morte c5-
ptanta, ^ ho·^
nerat/i.

ΐ^'φϋβΛ Ai
JDomte a t^a
fratti efjegU
dimàd^ne vn
podere,

LamiUi
/cfati^At dl·
/cepcli^

Fraiieot e gai

gli ardi nel di*

fegm.

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^44 S E C Ο Ν D A Ρ A R Τ E

Quanto con dottammo diaScuUurx
Già fecer molti : ò (ol Donato hà fatto :
KendHto hà vita d marmit a fetta, & atto:
Che più
i fe non parlar può dar T^atura ^

Delle opere di coftuireilò così ^ieno il Mondo, che bene fi può aiFermare con
verità» neiTano Artefice hauer mai lauorato più di lui. Imperoche » dilettandoli
d'ogriicofaj a tutte le cofe mife le mani, fenza guardare, che elle fodero, ò vili,
ò di pregio. E fù nientedimanco neceiIanjiTimo alla Scultura di tanto ο perare di
Donato ta qualunque fpecie di figure tonde, meze bade, e baiiìiTtme : Perche
Ci
coase ne* tempi buoni de gli antichi Greci, e Romani ,i molti la fecero venir per-
fetta : cosi eglifolo , con la moltitudine delle opere, la fece ritornare perfetta
, e
marauiglioia nel fecol noftro. La onde gli Artefici debbono riconofcere la gran-
dezza deir irte, p-ù da coflui, che da qualunque altro,che fia nato modernamen-
te
, hauendo egli oltra il facilitare le difficolrà dell' arte, con la copia delle opre
fue congionto infieme la inuentione, il difegno, la pratica, il giudicio, & ogni al-
tra parte, che da vno ingegno diuino, fi poiia, ò debbia mai afpettare . Fù Do-
nato refolutiifimo, e prefto, e con fomma facilità condulle tutte le cofe fue : Et
operò fe;npre mai : aliai più di quello che e' ptomife.

Rimale a Bertoldo fuo creato, ogni fuo lauoro, e maffimamente i Pergami dì
bronzo di S.Lorenzo, che da lui furono poi rinetti la
maggior parte > e condotti
a quel termine, che c' fi veggono in detta Chiefa .

Non tacerò , che hauendoildottiffimo, e molto Reuerendo Don Vincenzo
Borgbitii, del quale fi è di fopra ad altro puopofico ragionato ; meiTo infieme in
vn gran libro infiniti difegni d'ecc. Pittori, e Scultori, così antichi, come mo-
derni: egliin due carte, dirimpetto l'vna all'altra doue fono difegni di mano
di
Donato» e di Michelangnolo Buonaroti, hà fatto nell'ornamento, con molto giu-
dicio, ane-l-i da- '·ηοΓ··ί PT<»ri, ^ Donato .

ÌAtfreTifBirdàperi^tis & a Michelagnolo, if Bei'<t//«TeV Loìmì^h,

Sii! opere io
granmmere.

ien^cif , ef>e
rieonofce l'ar i

te4* lui.

Perg*mt Ai
ironie in S.
Zorenle com-
piti 4* Ber-

L»iegr*nÌ6

che in latino fuonano, JiutDonatus Bonarrotum exprimit >
& refert : ^ut Bonarrotm Donatum
. Et nella
noilra lingua > ò lo fpirito
di Donato opC"
la
nel Buonaroti , ò quello
del Buonaroti, anteci·
di operare in
Donato ο

Fini iella Vita di Donato Scultm Fionntm i

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vita di mighelozzo michel 14j

Vita di michelozzo michellozzi scvltoRe

et architetto fiorentino.

; E chiunque in queflo Mon<fo viue > credefse d'battere a viue-·
re, quando non fi
può più operare ; no" ^ conduiTebbono Fut^mma
molti
a mencJicare nella loro vecchiezza quello, che fen- IcdeMÌt in
za rifparmio alcuno confiimarono in grouentù , quando i fw*»»^» f**
copiofi, e larghe guadagni, accertando il verodi^ccrro, gU ^

faceuano f pendere oltre il bi/ogno, e molto più, che non con- *

aeniua. Imperoche artefo quanto mal volentieri è veduto
Snidai molto è venuto a! poco , detie ogni vnomgegnarfi, hmeftan ente
però,
«conlaviaciel mezo, di non h nere in vecchiezza a mendicare. E cAi farà
conit Mithelozzo > il quale in qucfto non imitò Donato fuo Maeftro, irià fi be-
ne

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s e c ο ν d a ρ a r τ

e

enonhauecàbÌ-

trf^iUom^L » viuerà honoratamente tucto il tempo di Tua vita j

dato, loglio ne gli virimi anni d'andari! procacciando miieramente il viuere.

Atceiedaoqae Michelozzo nella faagioaanezza con Donatello alla Sculttt-
studiaV art* ^ ancora al difegno ; e quantunque gli fi dimoìrafle difficile, s'andò iempre
dilla SchUh» noadimeno aiutando con la terra> con la cera, e col marmo , di maniera, chc ael-
ra, l'opere, ch'egli fece poi, moftrò Tempre ingegno, egranvirti^. Ma invila-^

^ eredato il auanzò molti, e Ce fteilb, cioè, che dopo il Brunellefco, ì?li tenuto il più ordinato
ptìi ordinato,e Architettore de' tempi fuoi, e quello, che più agiatamente d ifpenfatle. & acco-
giudictofo Ar- i-nodaile i' habitationi de' Palazzi: Conuenti, e Cafe, e quello, che con più giu-
»/ "BrmeUef- ordinafse meglio, co .ne a iuo luogo diremo : di collui fi valfe Donatello,

molti anni, perche haueua gran prattica nel lauorare di marmo, 'e nelle cofe de'
jiiutò Dwa ■ ge*^" di bronzo > come ne fa fede in S. Giouanni di Firenze nella fepoltura, che fò
fello nel U»o. fatta , come fi dille , da Donatello per Papa Giouanni Cofcia , perche la maggior
ro ivn» fepol' parte fu códocta da lui,&: vi fi vede ancora di Tua mano vna ftatua di braccia due »
ttirat e vi fece q mezo d'vna Fede, che v'è di marmo molto beila, in compagnia d'vna Speranza»
e Carità fatta da Donatello, della medefima grandezza > che non perde da quelle.
Fece ancora Michelozzo fopra alla porta della fagreftia, opera dirimpetto a S.
Giouanni, vnS. Giouannino di tondo rilieuo, lauorato con diligenza ; il qualfu
aufft. lodato afsai. Fù Michelozzo tanto famigliare di Cofimo de'Medici, checono-
Uodàlh d'vti Tciuto l'ingegno fuo, gli fece fare il mode io della Caia, e Palazzo, che è fui canto
Palano per di via Larga di colta a S. Giouannino, parendogli, che quello, che haueua fatto
Cofimo Medi- ( come fi difse) Ρίίφρο di Ser BrunelleiÌo fufse troppo (ontuoio, e magnifico,e da
ci* recargli frà i fuoi Cixi-adini più tofto inuidia,che grandezza,ò ornamento alla Cit-

tà j ò commodo a fé : per il che piaciutoli quello, che Michelozzo haueua fatto >
con fuo ordine lo fece condurre a perfertione in quel modo,che fi vede al prefen-
Conditi» di te, con tante vtili, e belle comodità j e gratiofi ornamenti quanto fi vede, i quali
gran comma* hanno maeftà, e grandezza nella fimplicità loro : e tanto più merita lode Miche-
di , éf or»»' lozzo, quanto quello fù il primo >che in quella Città fufse flato fatto con ordine
ment* t moderno, e che haueise in ie vno fpartimento di ftanze, vtili, e belliiiìme,le can·»
tine fono cauate meze fotte terra cioè 4. braccia,e tré (opra, per amore de lumi,
c accompagnate da canoue, e difpeniè. Nel primo piano terreno fono due corti-
li con logge magnifiche, nelle quali rifpondono iàlotti, camere, anticamere, icrit-
toi, dcilri, ftufFe,cucine,pozzi, fcale fegrete, e publiche agiatiffìme. E (opra ciaf-
cun piano fono habitationi, & appartamenti per vna famiglia, con tutte quelle
commoditàjche pofsono badare non che a vn Cittadino priuato,com' Sìh allhora
Cofttno, mà a qual fi voglia iplédidiflìmo,& honoratiffimo Rè,onde a' tempi no-
fìri vi fono allogiati còmodamente,Rè, Imperatori, Papi,e quanti Illuftrifs. Prin-
cipi fono in Europa,có infinita Iode,così de la magnificenza di Cofimo,comc del-
la eccellente virtù di Michelozzo nell'Architettura. Eisédol'anno i455.Cofimo
jAeempugni mandato in efilio, Michelozzo, che lo amaua infinitamente, e gli era tìdeliiiìmo »
Cojtmo a Ve. fpontaneamente lo accòpagnò a Venezia,e ieco volle iempre mentre vi (lette di-
^MiiT morate, là doue oltre a molti difegni,e modelli, che vi fece di habitationi priuatc»
e publiche ; ornamenti per gli amici di Cofimo » e per molti gentiihuomini ;
fece
lui β motte P^"· oi^fiiof a fpefe di Cofimo,la libreria del Monafterio di S.Giorgio maggiore,
cpre, e la li de' Monaci neri di Santa luftina, che fi^i finita, non folo di muraglia,di bafi-

ifaru di S. chi, di legnam,,&: altri ornamenti, mà ripiena di molti libri. E quertofùil tratte-
Ciorgio mag. nimenro, e lo fpafso di Cofimo in queil' efilio , del quale efsendo l'anno 1454·
i·^^^' chumiCo alla patria, tornò quafi trionfante : e Michelozzo con eiso luì. Srandoii

dun-

νΠΛ βΛΙΗΛ ,

St»tUH ài S,
Gio. ta Firen»
^e molto Ιβ'

άΛΙΛ

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νηΤΑ DI MICHEL02Z0 KÌICHEL. 147

dunque Michelozzo in Firenze il Palazzo publico della Signoria , ccroinciò a
iBinaceiare rouma, perche alcune colonne del corrile patiuanc, ο fufie ciò per- ^^^^ ^
che il troppo pefo
di iopra le caricai?e, ò pure il fondamento «ebole, e bieco, ^^ ^^^
forfeancora, perche erano di pezzi mal commofTì, e mal murati. Ma qualunque . ^^
di ciò fuiTe la cagione, ne fùdato curaa Miehelozzo, il quale volentieri accer. ^

tòFimprefa, perche in Venezia preflo a S.Barnaba haueiia proueduto a vn peri-
colo rimile in quefto modo. Vn gentilhuomo,
il quale l^^^e^^^vna cacche Ita-

«a in pericolo d, rovinare, ne diede la cura a Michelozzo : ondeegh (^ondo^

c^e già mi d.fse Michelagnolo Buonarot,) fatto fare fegretamente vna colonr,a>e «^'j;·

aord ne^onUliaS-.caaòilruttoin v-barca, & in quel a ^ fl^^JZ
alcuni maertri^nvna
notte hebbe puntellata la cafa , e nmefsa a colonna . Mi- ^ ^^^

chelozzo dunque da quèita Tpericnza, fatto anìmofo, riparo al pencoio del l a- .

lazzo, e fece honor a fé, & a chi l'haueua fauorito in farcii dare cotal carico, e ri-
fondò , e rifece le colonne in quel modo, che hoggi danno : hauendo fatto pnma
vna rrauata Tpeisa di puntelli^ e di legni groiTì, per lo ritto, che reggevano Ις^
centine degli jrch:, fatti di pancone di noce, per le volte, che veniuano
del
pari a reggete vmtamente il pefo, che prima fofteneuano le colonne: Scapo-
co a poco eauate quelle , che erano in pezzi malcommeflì , riraefse di niiouo
i akre di pezz-, lauorate con diligenza, in modo, che non patì la fabbrica coia al-
cuna , ne mai hà mofso vn pelo : e perche fi riconofcefTino le fue colonne dall ah
«re» ne fece alcune a otto facce in sù canti con capirelli,che hanno intagliate le fo-
glie alla foggia moderna, & altre tonde, le quali molto bene fi riconofcano dalle
vecchie , che già vi fece Arnolfo. Dopo per coniìglio di Michelozzo da chi go-
Ucrnaua allora la Città, fù ordinato,che fi doucfse ancora fopra gli archi di quelle
Colone fcaricare, & allegfnre il pefo di quelle mura, che vi erano,e rifar
di nuouo
tutto li cernie da gli archi in sù. có ordine di fineftre alb moderna,fimiIi a queUe,
che per Cofimo haueua fatto nel cortile del Palazzo de' Medici : e che fi fgrali.i-
le a bozzi per le mura, per metterai que' gigU d
'oro , che ancora vi fi veggono al
Prefente ,il che tutto fece far Michel,
con pt eftezza, facendo al dritto^elle hne „ ,

«re di detto cortile nel fecondo ordine, alcuni tondi, che variaffino dalle hneItre

ludette, per dar lume alle ilanze di mezo.che fon fopra alle prime,dou'e hoggi la
lala ----- Tt . - - · . - -

. tauauu . oiu. oc .1 rcvc più y^Mchrd

„ ... .. ^w.u pano raLio,alcu^^ pet βαηΖ

ornato apartendo infila,dalla parte di verfo S.Pietro bcaraggio,

iSgnori.cheprimadormiuanotuttiinfiememvnamed^^^^^^ i

mere furono ouo per 1 Signor vna maggiore per ^

pondeuano in vn'andito,che haueua le fineftre (opra il Cimo invm

altroordine di ftanze commode per la famiglia d?l Palazzo.in vna daU Φ ^

ue è hoegi la depofttaria è ritratto ginocchioni dinanzi a vna fimilmente Oraina fimlè

figl uoQel Rè Roberto Duca di Calauria di mano l·» Ufirmnn.

« camere de' donzeU',tauolaccini,trombetti,mulic',p"T ^ Ordinò

araldi, e tutte l'altre ftanze, che a eiraua intorno al conile , δί

''nco in cima del baHatoio vna cornice

ua>

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148 s eco ν d a ρ a r t e;

ua, e l'acque de'pozzi fece, che ficonduceueaoinrmo fopral'vltim©piano>«

che con vna ruota fi accigneiiano più ageaoimente, che non iì fà per ordinario.
A vna cofa fola non potette Γ ingegno di Michelozzo rimediare, cioè, alla Icala
? ' J^t ptiblica, perche da principio fù raaie intefa, poita in mal luogo , e fatca raalage-
uole, erta, e fenza lumi, con gli icaglioni di legno dal primo piano in su ; s'atlaci-
p,a»9 cò nondimeno di maniera, che all' entrata del cortile, fece vna falita di icaglioni

DifflcoUk tondi, & vna porta con pilaftri di pietra forte, e con belliffimi capitelli intagliati
mììafdtU. di fua mano : & vna cornice architrauata doppia, con buon diiegno. Nel fregio
della quale àccommodo tutte l'arme del comune. E che è più fece tutte lé icalc
di pietra forte infino al piano ,„doue ftaua la Signoria, e le fortificò in cima , & a
rnezo con due faracinefche ? per i cafi de' tumulti a fommo della fcala
" vna pcMTta » che fi chiamaua la catena, doue ftaua del contiimo vn tauolaccino,
che apriua, e chiudeua fecondo, che gli era commeilo da chi gouernaua. Riarmò
la torre del campanile, che era crepata, per il pefo di quella parre, che pòfa in fal-
fo, cioè Copra i beccatelli diuerfo la piazza, con cigne grandiffime di fèrro. E fi-
nalmente beneficò, e reftaiirò di maniera qiiefto Palazzo, che ne fù da tutta la
Ttr la τίβο' Città comendato, e fatto, oltre a gh altri premi;, di Collegio, il quale magiftrato
ratiom del e» è in Fjrenze honoreuole molto. E fe a qualcuno patelle, che io mi fuffi in que-
è fatto fto forfè più diftefo, che bifogno non era, ne merito fcufa, perche dopo hauer
ÀiCdlligio moftrato nella vita d'Arnolfo la fua prima edificatione, cheful'anno 1298. farra
Trtm» edtfi. f^Q- jj {quadra, e d'ogni ragioneuole mifura, con colonne difpari del cortile , ar-
emonedslP» giandi,e piccioli, fcale mal commode, e danze bieche, e iproportionarej face-
lalle nud ar- ^^^ bifogno che io dimoftrafle ancora a qual termine lo riducete l'ingegno, e giu-
dmaio ^^ Michelozzo : fe bene anch'egli non i'accommodò in modo,che fi poteffe

agiatamente habitariii? ne altrimenti, che con difagio, e fcommodo grandiiTìmo.
EiTendoiìifìnahnente venuto ad habitarl'anno 1538. ilSig.Duca Cofimo co-
minciò S. Ecc.a ridurlo a miglior forma : mà perche non fù mai uitefo, nè fapu-
10 eilequire il concetto del Duca ;da quelli Architetti, che in quell'opera molti
anni lo féruirono : egli fi deliberò di vedere fe fi poteua fenza guadare il vecchio>
nel quale era pur qualcofa di buono, racconciare : facendo, fecondo, che egli ha-
ueua nello animo, le fcale, e le ftanze fcommode, e diiaggioi è, con miglior or-
dine, e coramodità, e proportione.

Fatto dunque venire da Roma Giorgio Vafari Pittore, & Architetto Aretino
a quale feruiua Papa Giulio Terzo, gli diede cora meiTione, che non folo accom·
modaffe le danze,che haueua fatto cominciare nei!' aparrato di iopra, dirimpetto
_ alla piazza del grano (come, che, rifpetto alla pianta di fotto fu fiero bieche ) mà.
Con Γ opera Λ che ancora andaiie penfando fe quel Palazzo fi pocefie » fenza guadare quel, cbs
eiVf «e Vera fatto,ndurre di détro in modo,che per tutto fi caminafie da vna parte all'altra,
* e dall'vn luogo all' altro, per via di fcale iegrete, e pub]iche,e più piane, che fi po^

ceiTe. Giorao adunque ,mentre, che le dette ftanze cominciate fi adornauano di
palchi meffi d'oro,e di ftorie di Pitture a olio,e le facciate di Pitture a frefco: & in
alcune altre fi lauoraua di ftucchi ; leuò la pianta di rutto quel Palazzo,e nuouo,e
vecchiojche lo gira intornò. E dopo,dato ordine con non picciola fitica, e ftudio a'
quanto voleua fare,cominciò a ridurlo a poco a poco in-buona formh, a riup>''e»
fenza guaftare quafi punto di quello,
che era facto, le ilanze difunite, che pri ma
erano quale alta,e quale bafse ne' piani. Ma perche il S. Duca.voderse il difsegno
del tutto in fpazio di fei mefiliebbe códortg vn modello di legname, ben mifi^
tato j di tutti quella machjuajche più coito hà forma, e grandezza di Cartello, che

di

Ordigni à*

condiérre I
que de

λΗ' vlt'mà

G»mpnntle
tifarcitJ ·

MìiUeratf da

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VITA DI MICHELOZZO MICHEL.
a Palazzo. Il quale modello, eilendo piaciuto al Duca, fi è fecondo quello vn-
to, e fatto molte commode ftanze, e icale agiate publice, e fegrete, che rjfpon-
oono in sù tutti i piani : e per cocal modo rendute libere le hk, cne erano come
vna publica ftrada, non fi potendo prima falire di lopra, fenza paflar per mezo di
le ; & il tutto fi è di varie, e diuerfe Pitture magnificamente adornato, in
vltimo fi è alzato il tetro della fala grande più di quello, eh' egli era io. braccia.
maniera, che fe Arnolfo, Michelozzo, e gli altri, che dalia prima pianta m poi
lauorarono, ritornaffeno in vita, non la riconofcerebbono, anzi creJerebbo-
che fufle non ia loro, mà vna nuoua muraglia., & vn' altro edihcio. Ma tor-
nando hoaai mai a Michelozzo, dico, che elkndo dato a i Frati di S. Domenico
 delU

«il Fielolela Chiefa di S. Giorgio , non vi ftettono fe non da mezo Luglio in circa Do

infino a tutto Gennaio : perche hauendo ottenuto ptr loro Cofimo de Medici, e ^

Loreiìzo fuo fratello da Papa Eugenio la Chiefi., e Conuento di S. Marco, doue ^ '
prima ftauanoMonaci Salueftrini, e/dato loro in quel cambio San Giorgio fudec-
to : ordinarono, come inclinati molto alla religione, & al feruigio, e culto diuino, ,
che fecondo il difegno, e modello di Michellozzo fi facefle il detto Couuento di
S. Marco tutto di nuouo, & ampliiTimo, e magnifico,e con tutte quelle coramo- S.

^«à, che i detti Frati fapeilono migliori difiderare. A che dato principio l'anno ^^^^^ ^
H37'la prima cofa fi fece quella pime, che rifponde fopra il reitectorio vecchio,
dirimpetto alle ftalle del Duca, le quali fece già murare il Duca Lorenzo de' Me-
dici i nel qual luogo furono fatte venti celle , mello il tetto, & al refiectorio fatto
1 rornimenti di legname, e finito nella maniera,che fi ftà ancor hoggi.E per allora
«6 fi feguitò più oltre oer ftare a vedere, che fine dpueile hauere vna lite, che fo-
Pra il detto Conuemo,'haueua modo contra i Frati di S. Marco, vn Maeiìro Ste- ^
lano Generale di detti Salueilrini : La quale in fauore de' detti Ftati di S.Marcojfi
ricominciò a fegaicare la muraglia - Mà perche la Gapella maggiore, (lata edi · siproiegmUe
ficata da Ser Pino Bonacoifi, era dopo veniua in vna Donna de Cspponfacchi, r J & J^ *
e da lei a Mariotto Banchi, sbrigata, che fù fopra ciò non so che lite, Mariot'
todotiò la detta Capellaa Cofimo de'Medici, hauendola difefa, eroica ad ^ ,, :
Agnolo della cafa, ai quale l'haueuano, òdata, ò venduta i detti Salueftrmi:^
E Cofimo ali' incontro diede a Mariotto perciò cinquecento feudi . Dopo ha- . ^
Uendo fimilmente comperato Cofimo dalla Compagnia dello Spinto Santo, il fi- ^^^ ^^^^^^ ^
to doue è hoggi, il Coro, fù fatto la Capella, la Tribuna, & il Coio con ordine di
βιρ del Corp,
Michelozzo, e fornito di tutto punto l'anno 1439. Dopo fu fatta la libreria lun- vifà Ιβ iikt^
ga braccia 80. e larga 18. tutta in volta di fopra, e di fotto, e con banchi di le- ^

gno di cipreilo, pieni di belliilìmi libri. Apprefio fi diede fine al Dormentorio, !

i^ducendolo in formaqiiadra,& in fomma ai chioftro,&: a tutte le commodiiTimc ,

ftanze di quel Conuento : Il quale fi crede, che fia il meglio intefo, e pm bello, e
più commodo, per tanto, che fia in Italia ; mercè della virrù, & mduftna di Mi-
chelozzo , che lo diede finirò del tutto l'anno 145 Dicefi, che Colimo ipele
in ξρφ di Cefi.
^iuefla fabbrica 3 ii.mila ducati,c che métre fi nrarò,diede ogni anno ai Futi 3 ^^ ndl^
dicati per il vitto loro. Odia cdificanone,e fagrarione del qua! I empio ii leggo- bruti.

in vno epitaffio di marmo iopra la porta, che va in Sagreltia, queite paiole.
Cm hoc Templnm Mano EuangelifiadkatummagmpdsfumptibnsCl.F.Cof^^

tandem abfrlMtam efiet. Eugenius Quartus ^omanus Tontifex maxima Memrìa ioU
^rchìepìfcopom, Epifcoporu aliommq; Sacerdomm [recfuemia comitatus. U confecrmtei
celeberrimo Epiphanix diefolemni more femato confccraiiit. Tum etiam qmt- nedeUn cki«i
omnibus quieodem diefsfto animas jìataf^ confecmtìonis cmmonias cajle/■* - ^

li pis(ii

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xjfc SECONDA PARTE

pieq; celebrmenrit vìferint vt temporis luendis peccatis fuis debiti. Septem annoi
totidemqi qmdragefmas ^pofloUca remifit auBoritate Μ. CCCCXLII.

Smiilmeace fece far Codino col difegno di Michdozzo, il Noui'riato di Santa
Croce di Firenze,la Capella del medefimo; e rentraca>ehe và di Chiefa alla Sagre-
dia, al detto Nouitiato, & alle (cale del Dormentorio. La bellezza > comniodità»
& ornamento delle quali cofe t non è inferiore a niuna delle muraglie j per quan-
to ell'è> che faceiie fare il veramente Magnif. Cofimo de'Medici , /ό che metteiTe
in opera Michelozzo : Et oltre all'altre cofe» la porta> che fece di macigno > la-jf
quale và di Chiefa a i detti luoghi, fu in que' tépi molto lodata j per la nouità fua»
e per il frontefpitio molto ben fatco » non eilendo allora fe non pochiffimo in vfo
l'imitare, come quella fà> le cofe antiche di buona maniera. Fece ancora Coiìmo
de' Medici col configlio » e difegno di Michelozzo, il Palazzo di Cafaggiuolo
in
mugello, riducendolo a guifa di fortezza co i foiTi intorno , & ordinò ì p^eri,
ftrade,
i Giardini, e le Fontane con bofchi attorno, ragnaie, & altre cofe da ville»
molto honorate, e lontano due miglia al detto Palazzo , in vn luogo detto il bof-
co a Frati ; fece col parere del medefimo finire la fabbrica d'vn Conuento, peri
Frati de Zoccoli di S.Francefco, che è cofa belliiTiraa. Al trebbio medefima-
mente fece, come fi vede, molti altri acconcimi . E, fimilmente lontano da Firen-
ze dae miglia,il Palazzo della villa di Careggi,che iù cofa magnifica,e rrcca; doue
Michelozzo códuile l'acqua per la fonte, che al prefenre
vi fi vede. E per Giouan-
ni figliuolo di Cofimo de' Medici, fece a Fiefole il medefimo, vn' altro magnifico»
Se honorato Palazzo, fondato dalla parte di fotro nella fcofcefa del Poggio con
grandiffima fpefa, mà non fenza grande vtile , haùendo in quella parte da bai!<?
fatto volte,cantinejftalle,tinaie, èc altre belle, e comniode haoitationi. Di fopra
poi oltre le camere, fale,& altre iianze ordinane,ve ne fece alcune per libri, & al-
cune altre.per lamufica.In iomma moftrò in quella fabbrica Michelozzoquanto
valeile nell'Architettura: perche oltre quellojche fi
è detto fù murata di forte,che
ancorché fia in sù quel monte non hà mai gettato vn pelo. F-'nito quéilo Palazzo,
vi fece fopra a fpeie dei medefimo la Chiefa,e Cóuento de' Frati di S.Girol. qua/ì.
nella cima di quel monte.Fecc il medefimo Michelozzo il dife:gno,e modello,che
màc^ò Cofimo in Hierufalem per Γ hofpitio,che la fece edificare a
i pellegrin-, che
vanno al Sepolcro di Chrifto. Par la ficciata ancora di S.Pietro di Roma
mandò il
difegno,per fei finei1:re,che vi fi feciono po
co l'arme di Cofimo de' M-edici, delie
quali ne furono leuate tré a di noflri,e fatte rifare da Papa Paolo Ili. con l'arme di
caiaFarnefe. Dopo^intendendo Cofimo, che in ΑίϊιΓι a S. Maria de gli Angeli fi
patiua d'acque có gradiflìmo incòmodo de popoli,che vi vano ogni anno il pnmo
di d'Agofto al perdono. Vi mandò Michelozzo, il quale condultè vn'acqua, che
nafceua a mezo la coita del monte alla fonte
5 la quale ricoperfe con vna molto
vaga, e ricca loggia pofta (opra alcune colonne d^ ezzijCon l'arme di Cofimo » c
drento
nel Conuento fece a' Frati pur di commefhone di Cofimo molti acconci'
mi vtili, i qual i poi il magnif- Lorenzo de' Medici rifece con maggior ornamento»
e
più fpefa facendo porre a quella Madonna la fua imagine di cera, che ancor vi
fi vede. Fece anco mattonare Cofimo la flrada, che và dalla detta
Madonna de
gli Angeli alla Città. Ne fi parti Michelozzo dì quelle parti, che fece il difcgr»^
della Cittadella vecchia di Perugia. Tornato finalmenre, a Firenze fece al
canto
de Tormquinci b cafa di Giouanni Tornjhuoni, quafi in tutto fimile al Palazz^
che haueiu
fatto a Cofimo, eccetto, che la facciata non è di bozzi,ne coii cornici

{opra» f»^ ordinaria > Morto Cofiiiao » il qiule haueua amato Michelozzo <juaa-

.......- * · \ to

Jtib*ìtht fiti"
pende di Mi·
ehelo^loa S.
Crsse ordina·
tt da Csfimo.

di

Cafaggi nolo
in bdugello.

Conmnto
di ZiccoUnti
Vtl Bofco .
ίΛία^^ο fon'
tuofi fuori di

Uremie .

Fala^^Jo tri'
gegnoft Λ Fìf
fole per Gto.fi-
gltHolo dice'
/tmo ,

Chisfa^t Coti·
Mento eottti-

D'fegm di m*
hofpttio mari'
Àato it Gierw
falemme.
JOi fet ^mflre
mlt» facciat
t» di S. Pte>
tre di Roma:

Fantana in
Ajftfti e fahri"
ske mi Con*
Meta per tom-
faijftone dt Co
fimo,

fRiflornio d4

Loun^^ Me.
dm.

Cittadella a
^trugi» ,

tn 7irf0i^e,

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vita di michelozzo michel, iji

te fi può vn cai-o amico amate, Pietro iuo figliuolo gli fece fare di marmo in San ^^ ^
Miniato tniul monte la Capella, dou'è il Crocifflo, e nel mezo tondo deli arco
«'ettoalla detta Capella intaeliò Micb. vn Faicone di bafior|iieuo col Dian^-an-
iinpi-efa rf. rr,fimr, f.io no^ro. rhf- fn ra ν£ΓΛΐ-.ΐί.ηΓ£ hdhiiima . Dilegnan-

della Non aiata

vecchio, intor- Capeìla della
no a Ciò gli diceflV^p^i^e^ibo ; iipeiche molto an^ua la virtù di ^dP huomo ^
perche (apeua Quanto fedel amico, e femitor fufie ll£toa«^oiUT.oiuoraare.
Il che hauendo fatto Michelozzo, fu dato cura di :aiicrarla a Pagno di Lapo 1 ar- ,

^igiani Scultore da Fiefole, il quale m ciò fare, come quello, che in poco ipario ^cuUor

^ollemoltecoferacchiudere, hebbe mokeconfideratioai. Re|gonoque(ta_.. d*Fiejeit de-
Capella quattro colonne di marmo alte braccia 9. fn circa , fatte con canali doppi fei^/o
lauoro Corinto, e con le baft, e capiteili variamente intagliar], e doppjj di mem- iffig„g

^ra. Sopra le colonne pofanoarchìtraue, fregio, e cornicione , doppi) finalm^en-
re di membri» e d'intagli, e pieni di varie fantafie, e particolarmente d'unprefe, ^^

« d'arme de' Medici, e di fogliami - Fra quelle, & a tre cornici fatte, per vn'al- *
troord nedilumi, è
vn'epitaffio grande intagliato in marmo, belliiTimo. Difot-
per il Cielo di detta Capeliafrà le quattro colonne è vno fpartimento di mar-
tutto intagliato, e pieno di fmalti lauorati a fuoco , e di mufaico in varie fan-
iafie di color d'oro, e pietre fine. Il piano del pauimento, è pieno di porfidi, fef-

P«ntini, mifchi,e d'altre pietre rariffime conbeirordine commefie, e compartite.

La detta Capella iì chiude con vno ingraticolato intorno di cordoni di bronzo, có
Candelieri di fopra, fermati in vn'ornamento di marmo,che fà beìiifTin ο finimen-
to al bronzo, & a i candellieri : e dalla parte dinanzi l'vfcio, che chiude la Capeìla
c ùmilmente di bronzo, e molto bene accomroodato . Lafciò Pierrojche
ratto vn LainPii min inr/-irnn 1II1 r^in olici rJ^ trenta lampadi d'argento, e cosi fu

atto vn Lampanaio intorno alla Capella di trtmajyiiipauiuaij^cnco, c cobi ili zampami»
ratto, mà perche furono guafte per l'alledio ; il S. Duca già molti anni fono diede crdinato d/t
^i^dme, che fi rlface(i'ero,eeià n'èfàtra la maggior parte» a turcauia fi và ieeuitan- pieno,

UO ; mò πίΝπ ^ ..Γη ______ Γ_____ι ' I Γ-ϋη:_____ j; i_______

ma non perciò ci è reftato mai fecondo , che lafciò Pietro di hauerui tutto

S^el numero di lampade accefe ; fe bene non fono iìate d'argenro , da che furono
diltrutte in poi. A quelli ornamenti aggiunfe Pagno vn grandiiTìmo Giglio di ra-

«^he efce d'vn vafo, il quale poia in full' angolo della cornice di legno, dipin- par„ov*ag.
e njeiTa d'oro, che tiene le lapade ; mà non però regge quella cornice (ola cosi
giunge tratt*
fJr " ' Percioche il cotto vien foftenuto da due rami del Gi glio, che fono di mtnti vaghi '

alla detta Capella, mà ancnra,nbattendo dirimpcrro in due fineiire fìmili^al
^'^za deirorPanetto,che è a cato alia Capella di mnimo. Nella fsccia del qual

ccroé vn'--·— ■ f; l'Aio^nr/^ri^ri^n-, ο ·

Luminai io di
bron H^o,
fila di mar-
mo Vi»

vn'ahrn
Capilla aria*
cmm.

, . ' ai'mano erande , nel quale fi ierbanol'Aigenterie della Nonziata, & in

tutti quei}-' - ------ —J-'j-·-; . ..

vuein oinamènti, e per tutto e l'arme, e l'imprela de' Medici. Puoi deila_j
spella della Nonziata, e dirimpetto a quella fece il medefirnovn Lunnnano
di bronzo alto braccia cinque^ Etall'entrar di Chiefa la pila deiracqua
arco f ^ cii marmo, e nel m.ezo vn San Gicuanni, che è cofa belliiTima . Fece ^/itua,,
di m — ^^ ' ^ vendono le candele ; vr a m eza Noilrr, Donna

^ siiVio, di mezo rilieuo col figliuolo in braccio , e grande quanto il naturale, Bafi rìl'uHi.

Ti

moke

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xjfc SECONDA PARTE

molto Jiu3ta. Ec va'altra fiiniie nell'opera di Santa Maria del Fiore, doue ftatt-
no gli operai.

Laiiorò auco Pagno a San Miniato al Todeica alcune figure in compagnia di
- . Donato Tuo Maeftro, eiTendo giouane ; & in Lucca nella Chieia di S. Martino fé-

^^^^ Sepoltura di marmo , dirimpetto alla Capella del Sagramento, per M. Pie-
treue ' t^coN^cera, che v'è ritratto di naturale. Scriue nel vigeiìmo quinto libro della-^
Tua opera il Filatere > che Francefco Sforza Duca quarto di Milano donò al ma*
gnifico Cofimo de'Medici vn bellilTirao Palazzo in Milano , e ch' egli per mo"
rtrareaqael Duca quanto gli falle grato fi fatto dono, non folo rordinòricca-
tnsate di mar ·ηΙ> e di legnami intagliati > mà io fece maggiore con ordine di Mi-
chelozzo > che non era ) braccie ottantaietce, emezo, dbue prima era braccia
ottantaqaattro folameace. Et oltre· ciò vi fece dipignere molte cole > e partico"
larmente in vna loggia, le ftorie della vita di Traiano Imperatore. Nelle quali
fece fare in alcuni ornamenti il ritratto d'efso Francefco Sforzaj la Signora Bianca
fua confocce , e Duchctla >
Se i figliuoli loro parimente, con molti altri Signori, e
C^e vi féee-il grandi huomini : E fimdmente il ritraccod'otto Imperatori. A' quali ritrattiag-
ηί.'Λ»ΰ di Co giuafe Michelozzo quello di Cofimo fatto difuamano. E per tutte le ftanze

ΐΛίΛΧ,Χ,ί Λο*
n»te d» Coli·
r»o /tgi'andi ·
io AnMithi '

fimo

Vmnix.9 di
vi di*
finftitnlr»*

accommodò indiuerfì modi l'arme di Coiìmo, e la fua imprefa del Falcone, e
Diamante . E le dette Pitture furono tutte di mano di Vincentio di Zoppa , Pit-
tore in quel tempo, δζ in quel paeie di non picciola (lima..

Sitroua , che i danari, che fpefe Cofimo nella reftauratione di quello Palaz-
zo, furono pagati daPigello portinari CittadinFiorentino, il qualallora in_r
Milano giuernaua il banco, e la ragione di Cofimo , òc habitaua indetto
Palazzo. Sono in Genoua di man di Michelozzo alcune opere di
marmo » e di bronzo, & in altri luoghi molte altre ,che fi conof-
cono alla maniera, mà badi hauer detto infin qui di lui, il
quale fi morì d'anni (j8.e fù nella Tua fepoltura iotter-
rato in S. Matteo di Firenze .· Il Tuo ritratto è di
mano di Fra Giouanni nella Sag^reflia di
Santa Trinità , nella figura d'vn Ni-
codemo vecchio, con ν η Car-
puccio in capo, che fcen-
de Chrifto di '
Croce.

Opere di Mi^

cheh\x,9 (fi

Su» mtrie^y
fffoUnm, β

élk Flt(t di MishcloT^^Q Scdieret Φ ^^item ►

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ν I τα D' α ν τ ο Ν i α zj^

VI ΤΑ D ' A Ν Τ Ο ΝIΟ F LL Α R Ε Τ Ε, Ε Τ D Γ SIΜ Ο Ν1

S C V LT O RI FIΟ R E Ν Τ INI

ΐ Papa Eugenio quarto ; quando deliberò far di bronzola_fl
; porta di
S.PietL-o di Roma haiieiie farro diligenza in cerca-
red'haaerbuominieccellenti perquellauoro, fi coire
tempi
fuoi liarebbe ageuolmenre potuto fare, eilendo vi- ^^
ui Filippo di SerBrunellefco,
Donatello , &altri Artefici ra- d^ffà
ri, non farebbe/lata condotta quelP opera in così fchiaara- «oro "

ta maniera > come ella fi vede ne' tempi noftri :mà for fé in- d' Eugenie
^«uennea
lui,.come molte volte fuokauuenire a vna buona parte de'Princi-
pi> che, ò non
s'intendono dell'opere, ò ne prendono pochiiTìmo diletto.
^^ ie cotifidcrairpRO di quanta-Jimportanza fia il fare ^ftima delle perfcne es-

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2.54 SECONDA PARTE

celienti, nelle cofe publiche, per la fama > che ie ne lafcia > non farebbono cert®
cosiilracurati, ne eifi, ne i loro miniftri : percioche chi s'impaccia con arceiìci vi-
li> & inetti, dà poca vita all' opere, & alla fama ; feaza, che ù fà ingiuria.al publi-
co, & al fecolo in che fi è nato i credendoiì rifolucaaiente da chi vien poi, che fe
in quella etàiì foiiero trouati migliori maeftn » quel Principe fi farebbe più toft»
di quelli feruito > che de gl' inetti
, c plebei. Ellendo dunque creato Pontefice
l'anno 143 r . Papa Eugenio quarto ; poiché mtefe > che i Fiorentini faceuano fare
le porte di S. Gioaanni a Lorenzo Ghiberti, venne m pen'ìero di voler fare iimil-
mente di bronzo vna di quelle di S.Pietro, mà perche non s'intendeua di così fat-
te cofe > ne diede cura a i fuoi miniftri : Appredo a i quah hebbono tanto fauorc
Antonio Filarete allora giouane» e Simone fracello di Donatoj arabi Scultori Fio-
rentini > che quell' opera fù allogata loro. La onde meiìoui mano penarono do··
dici anni a finirla : e fe bene Papa Eugenio il fuggì di Roma > e fìi molto traua-
gliato 5 per riipetto de'Concilij ; coloro nondimeno, che haueuanola cura di S.
Pietro fecero di maniera> che nonfii quell'opera tralaiciata. Fece dunque il Fila-
rete in quell'opera vno fpartimento femplice , e di bailo nlieuo ; cioè in ciaicuna
parte due figure ritte. Di fopra i^ Saluatore> e la Madonna, e di fotto S. Pietro, e
S. Paolo. Et a pie San Pietro inginocchioni quel Papa, ritratto di naturale . Pi^-
rimente fottociafcuna figura è vaa ftorietta del Sanrojche è di fopra.Sotto S.Pie-
tro è la fua crocififTsone, e fotto S.PaoIo la decollarione ; e così fotto il Saluatore,
e la Madonna alcune actioni della vita loro. E dalla banda di dentro a pie di detta
porta fece Antonio per ilio capriccio vna ftorietta di bronzo, nella quale ritraiTe
fe, e Simone, & i difcepoli fuoi, che con vn'afino carico di cofe da godere, vanno
a fpaiTo a vna vigna, mà perche nel detto fpatio di dodici anni non lauorarono
fempre in fulla detta porta, fecero ancora in S. Pietro alcune fepokure di marmo
di Papi, e Cardinah , che fono andate nel fare la Chiefa nuoua per terra. Dopo
queft' opere fu condotto Antonio a Milano dal Duca Francefco Sforza, Confalo-
nier allora di S.Chiefa, per hauer egli vedute Topere lue in Roma,per fare, come
fece,coldifegnofuo, l'albergo de'pouefidi Dio, che è vno fpedale, che ferue_^
per huoniiru, e donne infermi, e per i putti innocenti, nati non legittimamente.
L" appartato de gli huomini in quefto luogo, è per ogni verfo., eflendo in croce,
braccia cento feffànta, ^ altre tanto quello delle donne. La larghezza è braccia
fedici. E nelle quattro quadrature, che circondano le croci di ciafcuno di quelli
appartati fono quattro corrili, circondati di portici, logge , e ftanze per vfo dello
fpedalingo, vfficiali ferugnti, e miniftri dello fpedalemolti commodi, & vtili.
E da vna bandf è vn canale, doue corrono continaamcnte acque, per ieruigi del-
lo {pedaleje per macinare con non picciolo vcile, & còmodo di quel luogo,come
fi può ciafcuno imaginare. Frà vno (pedale , e l'altro è vn chioftrolargo per vn
verfo braccia ottantane per l'altro cento feilanta,nel niezo dei qiuk c la'Chiefa in ^
modo accommodaca,che ferue airvno,& a 1-alcroappartaco.E perd;rIo breuemé-
te *è quefto luogo tanto ben fatto, & ordinato, che per fimile, nó credo ne fia vn'
altro in rutta Europa. Fù fecondo, che icriue elio Filarece,meiìa la prima pietra di
quefta fabbrica có folenne proceffione di tutto il Clero di Milano, preiente il Du-
ca Francefco Sforza, la S.Biancamana,e rutti ί loro iìgliuoii i il Marchefe di Man-
Coua, e TAmbafcia ior dei Rè ΑΙίοηΓο d'Arsgonù, con molti altri Signon . E nella

prima pietra, che ià meiìa ne'fondamenti, e cosi nelle medaglie erano quelle__Ρ

parole. Francifcus SfonLe Dux IIIL Qjii ammijpm per pi'£cc(lorum ohituni
■pfhis Imperiim rempermii » hoc munm Chrifli pau^eribus dedit, fundoHitque

1457·

Principi iso*
jiO ρτί'ζ^ζΛΤί
gli Artefici ec»
cdimti.

Antam^e Si*
mone Scultori
dtfut»ti al Ι
λ
nero dell» per*
*a di S, Pie»
irò.

Lauori della
^crta»

%4ntoni0 di·

fegna vn' hof'
pitale tn Mi»
Imo .

^tlh /parti-
mente dell»
fabbrica,

Soltar^fà nel
porui la prt·
f^apìttra ·

-ocr page 345-

vita d'antomo, e simonie. 25j

^f-'^M'^ìe \x. ^priU Fiirovìo poi dipinte ne^ pornco qu^fle florie «Ja tnaeftro y

V:ncentio di Zoppa Lombarcio, per non eflcrfi ircuaro in qiie'faefi miglior
maeftro. Fù opera ancora ilei m€<tefimo Antonio k Chie a magg or<fi Berga- ^^
^o, fatta da \m con non manco diligenza , e giudicio, cbe iJ icpracietto ipedale. zoppa.
E perche fi dilettò anco di fcriuere, mentre, che quefic lue opere ii iaceuano, αί,φ

fcriflevnlibro^iuifo in tré parti; nella prima tratta delle mifure di tutti gh ed,- z'ordiBerg»^
fizij, e
duu te quello a bif^no a voler edificare. Nella feconda del modo del- ^

Tedifiror^ - ii ίλ. . ρ rornmodifiiroa Cura .

laqualeop-eraèdiailainventiquattYOiiDn ,eluua uoiiaui uiu- ptrlopiùrì^i"
gure di iu3 mano. E come, che alcuna cofa buona in-eila fi ritroui, e nondimeno ^
per >0 più ridicola, e tanto fciocca, che per auuenrnra è nulla più. Fù dedicata da
lui l'anno 1464. al magnifico Pietrodi Cofimo de' Medici, & hoggi è fra le cofe
delP liluft. S. Duca Cofimo. E nel vero. Te poi che fi mifc a tanta fatica, haueile
almeno fatto memoria de' maeftri de'tempi fuoi, e dell'opere loro, fi potrebbe
in
qualche parte, commendare : mà nó vi fe ne trouano fe non poche,e quelle fparfe
fenza ordine per tutta Γ opera, e doue meno biiognaua hà durato fatica, come fi
'^ice , per impouerire, e per effèr teniito di poco giudìcio in nvetterfi a far quello >
Ae non iapeua. Mà ìiauendo detto pur'aiTai del FilafeTeèTefnpohoggimai,che
"o torni a Simone fi:ate!lo di Donato, il quale dopo l'opera della porta fece di ^
tiionzo lafepolcara di Papa Martino. Similmente fece alcuni getti, che andfaro-
S}m»e β la
in Francia, e moki, che non fi sà doue fiano. Nella Chiefa de gliErminial r

alla macigne di Firenze,fece vn Crocififio da portare a proceflTione,grande, ζ^* "
guanto il vino, e perche fofse più leggiero lo fece di fugherò. In Santa Felici- y^ crocìfii»
Ja fece vna Santa Maria Madda ena in penitenza di terra , aira braccia rrc, e me- iijughero,

con bella proportione, e con fcoprire i mufcoli di forte, che moftrò d'intender Maddalena
iT.olto bene la notomia. Lauorò ne'Serui ancora per la Compagnia della Nun-
di term ttn
ziata vna lapida di marmo, da fepoltara ,'corometrendoui dentro vna figura di tfm*
marmo bigio, e bianco, a guiia di pittura, fi com'e A fopra fi difse hauer fatto nel 'ίβ*

Duomo di Siena Duccio Sanefe, che fì:i molro lodato. A Prato i! graticolato di
bronzo della Capella della Cmtola. A Podi fece fopra la porta della Calonaou^
di bafsorilieuo vnaNoftraDonna con due Angeli: E per M. Giouannt daRic- ^
la fece in San Francefco la Capella della Trmità di mezo rilieuo. Et a Rimini fe- Jitrefueope-
ce. per Sjgifmondo M.dateiìi nella Chiefa di S. Francefco, la Capella di San S;- yg a Prato, a
gifmondo, nella quale fono intagliati dt marmo moki Elefanti, imprefa di quej
Forlìt e λ Ré-
Signore . A M.BatcoIomeo Scamiki Canonico dellaPieue d'Arezzo, mandò mmi.
vna Noftra Donna col figliuolo in braccio, di terra cotta, e certi Angeli di mezo m^r» om»
nlieuo molto ben condoni, U quale è hoggi in detta piene
appoggiata a vna_^ ^^^^^
colonna. Per Io battefimo fimilmente del Vefcouado d'Arezzo, fauoroinal- - V ,
cune none di bafso rilieuo vn Chrifto batrezatoda
San Giouanm. In F.ren-
2e foce di marmo la fepoltura di M.
Orlando de'Medici nella Chiefa della Nun- ^

^'ata. Finalmente d'anm55. rendè l'anima al Signore, die gliele liaueuada- suamorte»e
molto dopo il Filarete, efsendo tornar^ a Roraa^, fi mori d'anni fefsan-/épo/iM^ »

nirutto.

dime
ue

V c v cuincare. mvj^ ^ imcoio riuicni.iiu» stiot atjcepfit

ne icciono vicino a ponte Molle ìailawa di maimo , per Papa Pio fecon- timore.

dos

Janoue, efùfepolto nella Minerua, doue a Giouannt Focchora, a(sai lodato
1 litore haueua fatto ritrare Papà Eugenio, mentre al fuo feruitio ìnRoma_^
■ ""waua. il ritratto d'Antonio è di fua mano nel principio del fuo libro, do-
mjegna a edificare. Furono fuoi difcepoli Varrone, e Nicolò Fiorentini, suoidifiepolh.

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xjfc SECONDA PARTE

ίο, quando egli condufle in Roma la Tefta di S.Andrea. E per ordine del ttie^
defimo reftanrarono Tigoli quafi da i fondamenti. Ec in S. Pietro fecio-
norornamento di marmo, che
è fopra le colonne della Capella, do-
ue fi ferbaladetra Teda di S.Andrea. Vicino alla qual Capei-
la è la Sepoltura del detto Papa Pio di mano di Pafquino
dà Monte Pulciano, difcepolo del Filareco, e di Ber-·
nardo Ciuffagni » che làuorò a Rimini in San
Francefco vna Sepoltura di marmo , per
Gifmondo Malatefti, e vi fece il fuo
ritratto di naturale. Ec alcune
£ofe ancora fecondo » che
dice? in Lucca > &
in Manto-

ua<

Hne della Vita d'Antonio Filarete !

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vita di givliano da maialo. ^57

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xjfc SECONDA PARTE

mente in Giulia/lo da Maiano, il padre del quale eiTendo lungamente viuuto nel,
Pogfrio di Fiefolcjdoue ii dice Maianoj con lo eiTercicio di fquadracore di pietre^
fi condalTe fiaalnTiente in Firenze, doue fece vna bottega di piecre laaorare ? ce
Nifcit» t eà* nendola fornica di c^ie'lauorij. che fogliono impiOuifanience il più delle volre ve"
incUmtione nire di bifogao à chi faborica qualche cofa. Scandoiì dunque in Firenze gli na"
diGiutt/tm». cqyg Giulianoj il quale, perche parue coi tempo al padre di buono ingegno, di"
fegnò di farlo Nocaior parendogli che lo fcarpellarejco-ne haueua fatto eglijfui-
fe troppo facicofo eiTercino» e di non molto vtileaiià non gli venne ciò fatto-, per-
IncUmteaiÌA eh,, fg b^'ie andò vn pezzo Giuliano alla fcoia, di grammatica,non vi hebbe mai
' ^ il capo, e per confequenza non vi fece frutto neiruno;anzi fuggendofene più vol-
m/ iifigna^ moihò d'hauer tueto l'animo volro alia Scultura j fe bene da principio ii mife
. all'arte del legnaiuolo, e diede opera al difegno » Dicefi, che con Giulio, e Mi-
SunpnmiU'^ nore maeftri di Tarfie, lauorò i bianchi della Sagreftia della Nontiata , e fimil-
mente quelli del coro , che è allato alia Capella ; e moke cofe nella Badia di Fie-
ί fole, &: in S.Marco, e che perciò acquiffatofi noniej Fù chiamato à Pifa, doue^
lauorò in Duomo la fedia» che è à canto all'Alrar maggiore, doue Hanno à fede-
re, li Sacerdote, e D aconoj e Sodiacono, qi^ndo fi canta la Meffa: nella Ipallie-
ra della quale fece di Tariìa con legni tinti,& ombraci i tre Profetiiche vi fi veg-
gioiio.. Nel che fare,femendoiì di Guido del Seruellino,e di Maeftro Domenico
di Mariotto Legnameli Pifani , infegnò loro di maniera Farce , che poi feciono
Ne infegna ad COSI d'intaglio, Come di Tarfie, la maggior parte di quel coro, il quale a'noftn di
altrilttrie^ è ftaro finito, màcoli ailaimiglior maniera s da Battifia del Ceruelliera Piiano
huoaio veramente ingegnofo, e ibfÌìflico. Mà tornando à Giuliano, egli fece gli
arma
-rij della Sagreftia di S. Maria del Fiore , che per co& di Tarfia, e di rimeflì
furono tenuti in quel tempo mirabili : e còsi fe^uitando Giuliano d'attender alla
hicroflature Tarfia, & alla Scultura, & Architettura , mori Filippo di Ser Brunellefco: onde
dì pttaflrl· di mefso da gli Operai in luogo Tuo, incroitò di m^irmo , forto la volta della cupola
murmorn le fregiature di marmi bianchi , e neri, che ibno, uirorno gli occhi. Et in falle_j>
cantonate fece i pilafiri di marmo , fopra i qiuili furono ineifi poi da Baccio d'A'
gnoto l'architraUe, fregio > e cornice, come di lotto fi dirà. Vero è, che coftui,
5er quanto fi vede in alcuni difegni di fua mano , che fono nel noftro libro , vo-
eua fare altro ordine di fregio, cornice, e ballatoiojCon alcuni fronteipicij à ogni
facciadell'otto della cupola, mà non hebbe tempo di metter ciò in opera,perche
Archiuttur» tra portato dal lauoro d'hoggij m domani, fi morì. Mà inanzi, che ciò fufse, an-
itl patullo dato à. Napoli, fece à Poggio reale, per lo Rè Alfonip, l'Architettura di quel ma-
"Rfgio in U»· gnihco palazzo, con le belle fonti, e condotti, che iono nel cortile . E nella Cit-
i»''· tà fim.lmente , e per le cafe de' Gentiihuomini, e per le piazze fece difegni di

molte fontane , con belle ,.e capriccioie inuentioni. Et il detto palazzo di Pog-
gio reale fece tutto dipignere da Pietro del Donzello, e Pi liro fuo fratello. Di
Scultura parimente fece al detto Rè Alfonfo , allora Duca di Calauria, nella fala
grande dei Caltello di Napoli fopra vna porta di dentro, e di fuori, fiorie di baf-
fo rilieuo> e la porta del Caitello di marmojd'ordine cormtio con infinito nume-
ro di figure » E diede à quell'opera forma d'arco trionfale » doue le iiorie »· Se al·
rS/feuf vitrorie di quel Rè fono fcolpitedi marmo. Fece fimilmente Giuliano l'or-
aci
Caflill» nanìento della porta Capouana, & in quella molti trofei variati, e belli; ondc-i»
ìiipoìt^ meritò » che quel Rè gli portafse grand'amore , e rimunerandolb altamente delle
Scitifur* fatiche, aciagiafse i fuoi defcendenti. E perche hauea Giuliana infegnaro à Be-
Bsdcccq fuo nipote ^acu delie Tarfie > rArchitettura » àlauorar qualche^co-

HOrt^

jlltri laueri
inBipt^

Lamri ài
Tarfia».

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VITA DI GIVLIANO DA MAIANO. zs9

fa di marmo: Benedetto fi ftauain Firenze, attendendo a lauorar di Tarfia> perche ^«e «j/^i^i fe
§l'apportaua maggior guadagno, clic l'altre arti non faceuano. Quando Giulia-
i^o^a M.AntoniaRo/ello Abetino, Segretario dì Papa Paololl. fii chran^atoà
ivorna al feruitio di quel Pontefice, doue andato, gl) ordino nel pruno cortile del
palazzo di S. Pietro le Ιο^σε di treuertino, con tre ordini di colonne -, la prima nel
piano da baflo, doue ftà how il piombo, & altri vffioj : la feconda di iopra doue Ciu!i;m» vè
ftà il datario, & altri prelati: e la iei-za, & vlnma, doue fono le ftanze, ebe r,fpon-
dono in fui cortile di S.Pietro , le
quali adornò di palchi dorati, e d'altri ornamen-
ti. Furono fatte fimilmente col Tuo difegno le logge ώ marmo doue i! Papa da la
benedittione, il che fù
lauoro grandiffimo come ancor boggi fi vec?e ^ia quello,
ch'egli fece di
ftupenda marauiglia più, che altra cofa fu il palazzo , che fece per
<3ueÌPapa ,infieme con la Chiefa di S. Marco di Roma ·, doue andò vna infinita di
ireuertini, che furono cauati, fecondo, che fi dice, di certe vigne, vicine all'arco di P^Hl" . «
Coftantino,cheveniuanoàeiTerecontraforride'fondamenti di quella ^partedel
Chtefa dr. s,
coloffeojch'èhogsi rouinata, ferie per haiter allentato quell'edifìtio. Fù dal me-
defimo Papa mandato Giuliano alla Madonna di Loreto, doue rifondò, e fece
molto maggior il corpo di quella Chiefa, che prima era picciola , e fopra piiaftri
allafaluatica·, mà
non andò più alto, il cordone, che vipera: Ne! qual luogo con-
dulie Benedetto fuo nepore, il qu ile, come fi dirà, voltò poi la cupola. Dopo ef-
fendo forzato Giuliano a tornare à Napoli, per finire l'opere incominciate, gli fu
allogata dal Rè Alfonio vna porta vicina al Cartello, doue andauano
più d'ottanta
figure, le quali haueua Benedetto à lauorar in Firenze: mà il tutto ,.per la morte di
^uel Rè, rimafe imperfetto,e ne fono ancora alcune reliquie in Firenze nella M-
fericordia, & alcune altre n'erano al canto alla macine a'tempi noilri ; le quali non ^^^^^ ^^^
sò doue hoggi Ci ritrouino · Mà inanzi, che moriile il Rè, morì in Napo i Giulia- imperfetti,
110 di età di 70. anni, e fù con
ricche eiiequie molto bonorato, hauendo il Ré fat-
to veftire
à bruno 50. huovnini ,che l'accompagnarono alla (epoltura, e poi dato UmtAìGiu-
ordine, che gli fuffe fatto vn fepolcro di marmo. Rimafe polito nell'auulamento Itmo , « /«e
fuo, il quale diede
fine a'cana i per l'acque di Pogs ο reale. E Benedetto atten- /epohur^ ho-
dendo poi alla Scultura pafsò in eccellenza, come fi dirà , Giuliano iuo zro : e fu
concorrenre nella giouanezza fua d'vno Scultore,che faceua di terra, chiamato \

Aiodanino da Modena, il quale lauorò al detto Alfonfo Pietà con infiniti^ ^^ S(Hhur4.
figure tonde, di terra cotta colorite; le quah con grandifiima viuacirà furono
condotte, e dal Rè fatte porre nel'a Chiefa di Monte Ohucto di Napo-
li, Monafterio in quel luogo honoratiffimo. Nella quale opera e
ritrarrò il detto Rè inginocchioni, il quale pare veramente
più ,che viuo-, onde Modanino fi^i da lui con grandiffi-
mi premi) riiTAÌnerato. Mà
morto , che fù, come
fi
e derro il Rè, Polito, e Benedecco ie ne ri-
tornarono à Firenze : Doue
non moko
tempo dopo,fe n'andò Poi ito die-
* tro à Giuliano
per fcmpre-,
furono le Sculture , e
Pitture

di coftoro circa gli anni di noilra
falutei447·

pie-

Fine 4φα Fìu SCiiilmù da Maimo.

Kk i

Chitfr di
rete»

Tnn» ΛΝΛ'
poli.

Laneri d'vna
porta *ιη>αβ

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xjfc SECONDA PARTE

VITA. DI PIETRO DELL A. FRANCESCA PITTORE

DAL BORGO A S. SEPOLCRO.

Ν FELICI fono veramente coioro, che airàtticandoiì ne-
gli (ludi j
per ^iouare altrui, eperlafciaredi fefama
ibnolafciatij odall'infirmità, ò dalla morte alcuna volta-^»
condurre à perfertidhe l'opere » che hanno cominciato»
E bene ΓρείΓο auuiene > che laiciandole, ò poco meno, che
finite
ò à buon termine > fono vfurpate dalla prefontione
di coloro, che cercano di ricoprire la loro pelle d'afino, con le

honorate fpoglìe de ι Leoni. E fe bene il tempo, il quale fi dice padre della veri-
- tà,ò tardi, ò per tempo manifeftail vero·, non è però, che per qualche fpatio
di-cempoi-noniìailcftattdato dsll' honote, che fi deue alle fue fatiche coftui » che

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ϋΠί tìi

vita di pietro della franc ycj

ha operato·,comeauuenneàPieirodella Franeefca dal Borgo à S.Sepolcro. Il Ttofef:'
«ìuale, effendo (lato tenuto raaeftro raro nelle diifieoltà dt' eoipi regolari, e nell' Pietro
Aritmetica, e Geometria non potette, fopragianto nella vecchiezza dalla cecità i^rmcejca.
«corporale, e dalla fine della vita, mandare in luce le virtiiofe fatiche lue, & i mol-
Ubri icritti da lui, i quali nel Borgo fiia patria ancora fi eonferuano. Se ber.t_;>
colui, che doucua con tutte le forze ingegnarfi di accrefcgrgli gloria, e nome, per
nauer apprefo da lui tutto quello, che fapeun, come empio, e maligno cerco d an-
I5ullare il nome dì Pietro fuo precettore, & vfurpar quello honore, che à colui to-
lo Π doueua, per fe fteiTo : publicando
fono fuo nome proprio , cioè di Fra Luca
^alBorgo tutte le fatiche di quel buon Vecchio ; il quale .oltre le faenze dette di
fopra. fò eccellente nella Pi>tara. Nacque coftui nel Borgo a S. Sepolcro, cb^^
^oi^gi è Cktò, mà non già a-ììora, e chiaraofii dal nome della madre, della France-
per eiiere ella reftata grauida di lui, quando il padre, e fuo marito mori: e pes
«i^ere da lei ftato alleuato, & aiutato a peruenice a! grado, che la ina buona forts
§li daua.. Attefe Pietro nella fna giouenezza alle Matematiche , & ancora, che
di jutende ^
anni quindici, fuiie indiritto à edere Pittore, non fi ritraffe però mai daqueil^an- gtoftenm alt^
21 facendo marauisliofo frutto, & in quelle .e nella Pittura , fù adoperato da Gai- M^temmc^-
^obaldo Feltro , Duca vecchio d'Vrbino, al quale fece moki quaA'i di figure pie- ff^P^^'
eiole belliiTirae, che iono andati in gran parte male , ίη pm volte, che quello ftatc, ^

® ftato trauagUato dalle guerre : Vi Γι conieruarono nondimeno alcuni iuoi Scruti

cofe di Geometria, e di profpettiue,nelle quali non fù inferiore a niuno de tem- frittiH
Fi fuoi, ne forfè, che ila Rato in altri tempi giamat, come ne dimoitrano tutte I o- c^gmetria,
pere fue piene di profpetciae e paLticolarmente vn vafo in modo tirato à quadri, prc/pettitta,
e faccie, che fi vede dinanzi, di dierro, e da gli lati-il fondo, e la bocca: Il che ecer-
to cofa ftupenda, hsuendo in quello foitilmenre tirato ogni minutia, e fatto icor- à Fefa^
tare il giuar^ di que'circoii con raoita gratia. La onde, acquiftato, che fi hebbe in re,
quella corte credito , e nome ; volse flufi conofrere in altri luoghi . onde andato a f «^^«f
Pefai-o, & Ancona,in fui più bello del lauorare.iù dal Duca Borfo chiamato a^Fer-
e c^to μ
rara, doue nel palazzo dipinfe molte camere, che poi furono rouinate dal Duca fj^^^^ ' ^

Hercole vecchio ·, per ridurre il palazzo alla, moderna . Di maniera, che m quella ^^^ p^iaz70
Cmì non è nmafo di man di Pietro fe non vna Capella in S. Agaftinolauorata
in fceico: Et anco quella è dalla bumidità-mal condotta. Dopo, elìendo conato ^^μι^ ^
à Roma , pet Papa Nicola Qamto lauorò in palazzo due ftorie nelle camere di io-
in Fm
pra à concorrenza d; Bramante da Milano rie quali furono hmilmentejettare per /«re. ^ ^ ,
terra daP.5pa Grabo Secondo, perche Raffaele! da Vibino vi dipigneiìe la prigro- Lamr^ aj^^
iiiadiS.Pietroy& il Mn
-acolo delCorporaie c?i.Bolfena ,.infieme con akune altre, ^^^'J^f/^·
che haueua dipinte Bramantino Pittore eccellente de'tempi fuoi. E perche ώ co-
ftui non pollo fcriuere la vita . ne l'opere particolari ,.per edere andate male ; non ^ ^^^^
Jni parràfatica, poiché ν ene à=propoiIto,far memoria di
coftui,il quale neiieciet-

te opere, che furono gettate per terra, haueua fatto . fecondo , che ho. {ennto ra- ^^
gioiiare„aicnne tefte di naturale si belie^e sì ben condotte,che la foia parola man^ nel

calia à dar loro la v ita» , r τ, β· „ , ,> , · ^^^

Delle quali tefte ne fono aflai venute in luce , perche Raffaelle da Vrbmo Gtmie.
le fece ritrarre, per hauere l'effige di coloro, che tinti furono gran pedonag·^
gi. Perche fra elTi era Nicolò
Fort ebraccia . Carlo Settimo Rè di Francia, An-
tonio Colonna., Principe di Salerno, Franceico Carmagimola, Gioiianni Vi-
tellelco, Beflarione Cardinale, Francefco Spinola Battifta da Canneto. Ϊ
qua-
ìi tutti ritratti furono data
al Giouio da Giulio Romano diicefolos &;hercde

• «i

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iiv SECONDA PARTE ;

di Raffaelle da Vrbino, e 'ialGioiiio pofti nel fuo Mufeo à Como. In Milanofo-
pra la porca di S.SepolciO ho veduto vn ChnO^o morto di mano del medeiìmo fat-
to in ifcorto; nel quale ancora, che tutta la Pi tura non fia più che vn braccio d'ai-
in lezza, fi dimollra tutta la lunghezza dell'impofnbile} fatta con facilità j e con gin-
dicio. Sono ancora di iua mano in detta Città, in cafa del Marcbefino Oftancfia
catnere > e ìoggie con moke coie lauorate da lui con prattica, e grandiflìma forza
iie gli fcorci delle figure. E fuori di porta Verfellinaj vicino al Cartello > dipinfe à
»β· certe ftalle hoggi rouinare> e guafte alcuni feruidori, che ftrehìauanocauaili. Frà
i quali n'era vno tanto viuo, e tanto ben fatto , che vn'aitro c.ui: ilo tenendolo per
fittro torm ^q^q^ gli tij:ò molte coppie di calci, Mà tornando à Pietro delLi Francefcaj finita_>»
Sh^ì in Roma l'opera fua, ib ne ritornò al Borgo eiiendo morta la madre ; e nella Piene

JinmaT"" ^ frefco dentro alla porca del mezo, due Santi, che fono tenuti cofa belIiiTt-
ina. Nel Conuento de' Frati d: S. Agoftino dipinfe latauola dell'Aitar
magg ere»
che fu cofa molto lodata: & in
frefco'lauoiò vna Noiha Donna della Mirerict^rdia
X>iph^$àlO* in vna Compagnia, ò vero,
come eflì dicono j Confraternità: e nel palazzo de'
w», Coniernadori vna Refurrettione di Chriflo, la qnaie è tenuta dell'opere, che fo-

iatture
ctllemi

CmMo

iKhite*

no in detta Città , e di tufte le fue la migliore. Dipinie à S. Maria di Loreto iii-j
compagnia di Domenico da Venetia,
principio d'vn'opera nella vo ta della Sa-
gteftia 5 mà perche temendo di pefte, la lafciarono imperfetta > ella fu poi finita
ifn 4rezlo, da Luca da Cortona, difcepolo di Pietro, come fi dirà al fuo hiogo - Da Loreto
venuto Pietro in Arezzo, dipinfe per Luigi Bacd, Cittadino Aretino in S. France^
fco la loro Capella dell'Aitar maggiore, la volta della quale era già fiata comin-
ciata da Lorenzo di Dicci » Nella quale opera fono florie della Croce, da
i figh'uoli d'Adamo, fotterandolo gli pongono fotte la lingua il feme dell'Albero»
diche poi nacque il detto legno; infìnoallaefaltatone di ella Croce sfatta da Era-
clio Imperadore, il quale portandola in sii lafpalla à piedi, e fcalzo, entra con ef-
fa in Hierufalem: Doue fono molte beile coniiderazioni, 8c attitudini degne d'ef-
fer lodate. Come, verbigratia, gli habiti delie Donne della Reina Saba, condotti
con maniera dolce, e nuoua; molti ritratti di naturale antichi, e viuiiììmi : vn'ordi-
ne di colonne corintie diuinaroente mifurate, vn villano, che appoggiato con le
mani in siila vanga,
flà con tanta prontezza à vd re parlare S. Lena , mentre le tre
Crocifjdifotterrano ,chencnèpoilìbi!em'gl;orar!o. Il morto ancora,
è benjf-
fimo fetto ,che al toccar della Croce refufcita , e la ktitia fimilmente di Santa Le-

9éìh Λ/tihf'

4im i t pan
ntggiammi

l&sìUffimt tf
fetti vna
htfiigite

L

da alcuni armati » ofcurati dalle tenebre della notte, con la flefla luce fua illumi-
na i' padiglione, gli armati, e tutti i d'intorni con grandifììn-a difcretione : ^cf
che Pietrofàcmoicere in quella ofcui ità , quanto in porti imitare le cofeverf»
e Io andarle togliendo dai proprio. Il che bauendo egli fatto beniÌTìmo bada-
to cagione à i moderni di feguirarlo, ediuenire à quel grado fommo,doue β
veggionone' tempinrflrile cofè. In qucfta medefìma fìona efpreiìc
efficace-
mente in vn;: battaglia lapaura, i'animcfità, la dcfìrezza , la forza , e.tutti gì·
affetri, che in t oloro fi poilono confideraie ,che combattono , e gli accidenti pa-
rimente-con vna-flrage quaiì incredibile di feriti, di cafcati, e'di
morti. Ne'
quali jpet hauerc Pietro contrafatto in fi-efco l'ai mi > che luflrano, merita lode
grandiffima, non menoper nonhauer fatto nell'altra
faccia ,. doue èJa f uga , e

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pietro della franc.

la fommerPone di MafsentK;, vn gruppo ai canalL in ilcoicio, cosi marauigliola- Cttualìi Id.·
n-€nte condotti, che lifpctto à que'iempi, li pofsono chiamare troppo bdli^C-^ »» i-

tfóppo eccellenti . Fece jn quefta medefiraa ftoria vno mezo ignudo . emezo
Vjeitiro alla iaracina fopravn cauaiiofecco mol o ben ntrouato di notomia , po..
Co nota neli'cca iua. Onde meritò per queda opera, da Luigi Baca', il quale in-
Ueme con Carlo, & altri iuoi fratelli, e mole,- Aretini, che fioriuano allora nelle,
attere, quiui intorno alla decokcione d'vn Rè titiaise , efsere largamente pre-
giato» e di efsere, si come fù poi fempre ama.ο , e reuerito in quella Città > la-.»
^Uale haueua con
l'opere fue canto ilki/lrara . Fece anco nel Vefcouado di dettai
Città vna S.Maria Maddalena à frefco alla: ο alla porrà della Sagreftia : e nella^ Epremtafo, e
Compagnia della Nontiata fece il iegno da portare à proceifione. A S. Maria-*
^,εΐΐε Gratie fuor delia terra in terta d'vn chioftro > in vna fcoia tirata in profpet-·
fiuavnS. Donato in Pontificale con certi putti: & in S. Bernardo ài Monaci di ffd/
, Monte Ohueto, vn S. Vincentio in vna nicchia aita nel muro, che è moI'O da gli
Artefici ftimato» A Sargiano luogo de'Frati Zoccolanti di S. Francefco fuor d'A-
rezzo » dipinfe in vna Capella vn Chnfto, che di notte ora nell* orto,bell.ilimo.
CapelU tu
jU.uorò ancora in Perugia moke cofe, che in quella Città fi veggano: come nel^ Sargtmtt,
^ Chiefa delle donne di S- Antonio da Padoa > in vna tauola à tempera vna No*
^ta Donna, coi figiiuolo in grembo, S.Francefco> S. Eliiàbetta, S.Gio.Battiiìa, c
da Padoa: e di fopra vna Nonz ara belliiiima>con vn''Angeio ,che
par
r'-®pi"io,che venga dai Cielo, e che è più, vna profpettiua di colonne, che dimi-
^ uiicoiio, bella affatto. Nella predella in iitorie di figure picciole, e S, Antonios
^ yn putto: S.EI)fabetta, che faina vn fanciullo cafcaco '"n vn pozzo; e

•ftancefcoj ehe riceue le ftigmare. In SXhnaco ò^Anconz all' Altare di S.C/u-
^Ppe dipinfe in voa llona belLifiina lo Spofaljzio di N.Donna<

i'u Pietro, come iì è dettoftadioiliTimodeli' arte , e fi efercitò affai nella pro-
pettiua , & hebbe buonifiìma cognitioned'Euclide : in tantoj che tutti i miglior
δί'ί tirati nt'corpiregolari >. eoli meglio, che altro Geometra intefe : & i maggior .
schedi tal cofa CI fiano.ìono di Tua mano. Perche MacPcro Lucadal Borgo
di
S.Francefco, che fcriiTe de'corpi regolari di Geometria, fiì fucsdifcepolo»
η ^'^"^to Pietro in vecchiezza , & a morte dopo hauer fcrittò molti libri, Mae·
pf ° cietto, viurpandogli per fe ffeiio, gli fece ftampare ,come fuoi, eiiencfo-
n qLtelli alle raanidopo la morte del λίαβίϊΐΌ. Vsò aiTai Pietro dì far

ìOdeHi di terra , & à quelli metter fopra panni molli, con infinità dì piaghe, per Lorentht
mrarlr, e feriuciene. Fu difcepoÌo di Pietro Lorentino d'Angelo Aretino, il quale P»rβ*οdtfte^
ji-nitando la fua maniera, fece in Arezzo molte Pitcure ; e d.ede fine à quelle, che
'etrolaicio, lopraiienendoli ia morce,amperferre. Fece Lorenrino in frefco, vici-
«o^iS.Doiiata>che Pietrolauorò nella Madonna delle Gratie , alcune iì'orie
di
•Uonato, & in raol'ciakri luoghi di quella Città, e fimiimentedel confadoi mol-
j" f^ìe cofe, perche non fi ftaua mai, e per aiutare l a fua famiglia,che i n que'tem-
r,. ? '^«ifo pouera. Dipinieiì raedefimo nella detta Chiei^· delle Grane vna ilo-
jJa,aoiie Papa SiÌÌo Quarto, in mezoalCardinal di Manroa,& al Cardinal Picco-
jommÌ, che a poi Papa Pio Terzo, concedè à quel luogo vn perdono. Nella qua-
'^'f'^affe Lorentino di nattiraie, e ginocchioni Tomafo Marzi, Pietro Tra·^
DonatoRoiTellf, e Giuliano Nardi, tutti Ciitadini Aretini, &operaidi·
queiluogo. Fece ancora nella Tala del palazzo de'Priori ritratto di natura!e_;»>
Anper t^a Pietramala, il Veicouo Gulielmino de gli Vbertini,M.

- O'^^cr^otci Dottor di legger € molte altre opere^ che fono fparfe pec

quella^

imhittìcnè

iuma dell»

fottuti Λ in
vn KMa,

Lamrimftì^

la J[nee}nrl

Intendtme Μ
ZuelUtm

FietHrs di
LmntiW^f

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xjfc SECONDA PARTE

qaeiia Città. Dicefi, che eilendo vicino à Carnouale i figliuoli di Laureiitino Io
Accideats pregaiiano, che amazzaiTe il porco,sì come iìcoiluma in quel paefe, e che noi·^
^ariiusle del hauendo egli il modo da comprarlo, gli diccuano : non hauendo danari j come fa*
Pinoricmvn rete Babbo à Comperare il porco ? àche rifpondeuaLorencino, qualche
Santo ci
UsM^iimp, aiutata. Mà hauendo cjò detto più volte » e non comparendo il porco ; n'haueua-
BO > paflando la ftagione, perduta la fperanza quando finalmente gli capitò alle
mani
vn Contadino dalla Pieue à quarto > due per fodisfare vn voto, voleua£ir di-
:pignere vn San Martino » mà non haueua altro ailegnamento per pagare la
Pittu-
rai che vnporcoa che yaleua cinque lite, rrouando coftui Lorentino gh diflejche
vpleua fare il S. Martino -, mà che non haueua altro aiTegnamento» che il porco.
Conuenutifi dunque.» J-orentino gli fece il Santo, & il Contadino à lui menò il
porco^ EcoslilSafltoproiiideJlpoLCoàipoucrifigliiioli di quciìoPirtore. Fu
. luodifeepoIoancorajPietroda Cafteldella Pieui-jchefecevnarcofopraS. Ago-
S/mffHoì/trh fl-jjjo> & alle Monache di S,Catterina d'Arezzo vn S. Vrbano, hoggi ito per terra»
. per rifare la Chiefa. Simih-nente fùfiio creato Luca Signorili da Cortona, ! qua-
le gh fece più che tutti gli altri honore. Pietro Borghefe, le cui Pirrure furono in-
corno à gh anni 145 8. d'anni feffanta, per vn cactarro accecò, e cosi vifle infino all'
ann(5
86. della iua vita. Laiciò nel Borgo boniilìme facultà, & alcune cafe»
che egli fteilo fi haueua edificate. Le quali per le parti furono àrie ., e
joainate Panno ί
5 3 (5. Fù fepoko nella Chiefa maggiore, che già
fùdell'ordmed] Camaldoìi , &hnggi.è Vefcouado, honoia- ·
tamente da'TuoiOrtadini. I libri di Pietro fono, per la
maggior parte nella libreria del Secondo Federi'
Duca d'Vrbino j e fono tali, che merita'·
mente gli hanno acquiilato nome del

Moftiteftpoh
tum rff iP/<·,

JTH

.che fuile m

IRA

jniglior Geometra

xempiiiioij

^jm della a>ita di Pietro della Francefca,

-ocr page 355-

vita di f. giovamnl

RATE Giouanni Angelico Ja Fiefole» il q^a^^ ifi-i al fecolò
chiamaro Guido efiendo non meno rtaro ecceiiente
Pit-
core 5 e miniatore, che ottimo ReJjgiofo , menta per 1' vna, ^•Qmmmi
e per Γ altra cagione, che
ài lui iìa fatta honoratiiTinia memo- ® emi-
na . Coftui fe beae harebbe potuto commodiiEmamentes '
ilare al fecolo, & oltre quello , che haueua ^ 2uadìanarfì

Ol'f.i . Λ ^____. ^

-ocr page 356-

s e e ο Ν d A ρ A Z r e

Ù puòferuirea Dio ; ad alcuni nondimeno pare di poter meglio faluarfi ne'Mo-
nailenjiche al fecolò. La qua' coia quanto a i buoni fuccede £èiicemente,ranto per
lo contrario nefce, a chi ii fà Religiofo, per altro fine, mifeia veramente, & infe-
lice. SonodimanodiFraGiouanni nel fuo Conuento di S. Marco di Faenze»
alcuni Libri da coro miniati tanto belli > che non β può dir più, & a queiìi fimili
fono alcuni altri, che kfetò in S. Domenico di Fiefole, con incredibile dil'genza
lauorati. Ben è vero > chea far qiieftifù aiutato da vn fuo maggior fratello» che
era fimilmente miniatore > & ailài efercitato nella Pittura. Vnadelle prime ope-
re, che faceife quello buon Padre^ di Pittura fu nella Gertofa di Firenze vna ranc-
ia , che fit porta nella maggior Cappella del Cardinale de gli Acciaiuoli, dentro la
quale è vna N.Donna col Figliuolo in braccio, e con alcuni Angeli a piediich^_?
fuonano,e cantano, molto belli, e da i lati fono S. Lorenzo, S. Maria Maddalena,
S. Zanobi, e S. Benedetto,e nella predella fono di figure picciole, ftoriette di que'
Santi, fatte con infinita diligenza. Nella crociera di detta Cappella fono due al-
tre tauole di mano del medefimo :. in vna è la incoronatione di N. Donna, e nell'
altra Vna Madonna con due Santi, fatti con azzurri oltramarini belliflìmi. Dipin-
fe dopo nel tramezo di S. Maria Nouella, in freico a canto alla porta, dirimpetto
al Coro, S. Domenico, S. Catterina da Siena » e S. Pietro Martire : Se alcune fto-
riette picciole nella Capella deli' incoronatione di N. Donna ne! detto tramezzo.
In tela fece ne i portelli, che chiudeuano Γ Organo vecchio vna Nonziata , che è
hoggiin Conuento, dirimpetto alla porta del dormentorio da baffo , flu Γνη_^
chioftro » e l'altro. Fu quello padre, per i meriti fnoi in modo amaro da Cofiino
de' Medici, che hauendo egli fitto murare la Chiefa, e Coniienro di S. Marco,
gli fece dipignere in vnafaccia del capitolo tutta la PaiTìone di Giesù Chrillo: e
dall'vno de' iati tutti i Santi, che fono flati capi,e fondarori di Religioni, medi, e
piangenti a pie della Croce : e dall'altro vn S. Marco Euangeliih intorno al!a_>»
Ma Jre del tìgliuol di Dio, venutafi meno nel vedere il Saluatore del Mondo Cro-
cifiilo. Intorno alla quale fono le Marie, che tutte dolenti la foftengono, e S»
Cofiino, e Damiano. DiCefi, che nella figura del S.Coiìino, Fra Giouanni ri-
traile di naturale Nanni d'Antonio di Banco, Scultore, & amico fuo. Di fotro a
quell'opera fece in vn freggio , fopra la fpalliera, vn'Albcro, che ha S.
Domenico
a piedi, èC in certi tondi, che circondano i rami, tutti i Pap;, Cardinali, Ve/coiii>
Santi,e Maeftri in Teologia, che haueua hauuro infino allora la Religione fua de'
Frati Predicatori. Nella quale opera, aiutandolo i Frati, con mandare per eiTì in
diuerfi luoghi, fece molti ritratti di naturale, che furono quelli S. Domenico in
mezo, che tiene i rami dell' albero. Papa Innocentio (Quinto Franzefe, il B. Vgo-
ne, primo Cardinale di quell' ordine. Il Beato Paolo Fiorentino Patriarca, S.An-
tonino Arciuefcouo Fioreutino. Il Beato Giordano Tedefco, fecondo Gene-
rale di quell'ordine. Il Beato Nicolò, il Beato Remigio Fiorentino, Bohin·
fegno Fiorentino Martire : e tutti queili fono a man delira ·, a finiilta poi Be"
nedettoll. Triuifano, Gio. Domenico Cardinale Fiorentino,Pietro da Palude.^
Patriarca lerofolimitano : Alberto Magno Todefco, il B.Raimondo da Catalogni
terzo Generale dell'ordine,il B.Chiaro Fiorentino Prouinciale
Romano,S. Vince-
20 di Valenza, Se il B. Bernardo Fiorentino. Le quali tutte
tefte fono veramen'®
graciofe, e molto belle. Fece poi ne! primo chioflro fopra certi mezi tondi molte
figure
a fvefco bellifsime, & vn Crocififso con S. Domenico a piedi molto lodato-
e nel dormentorio , oltre molte altre cofe perle celle, e ne la facciata de'nni'
si»
vna ftoriadehcffamentonuoUo bella, quanto più non fi può dire. Ma par-

Χίί« mtiiUti
à» Choro tu

iFiretztté' in

7ieJole,

"Plttur» velia
Certofa in Fi'
rtn^e »

Tìtture in
frefco Λ Santa
Mm* Nouel
l».

F Gìo, amato
ia Cofimo Me
dici a4 ifiart'
^a Ad filile
dtpi ìgi mole e
tofein S.Mar
so
»

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VITA DI FRA tìlOVAHNI. 167

Éjcolarmetu-e è bella a marauiglia la tauola deli "Aitar maggioce di quella Chiefa,
peixhc oltre, che ìa Madonna nnioiie a diuotione chi la gnarda » per la fempUd
lua, e che i Santi, che le fono intorno fono fimili a lei, la predella nella qua e fono
itone del raarcirio di 5. Cofimo, e Damiano, e de gli altri è tanto ben fatta , che
I30n e poilìbileimaginarfi di poter veder mai coià fatta con più diligefiza > ne
più de icate, ο meglio intefe figurine di quelle. Dipinfe fimihnente a S. Domeni-:^
co di Fiefole la taiiola dell'Aitar maggiore : la quale, percheforie pareua, che fi
guaftaiTe è ftata ritocca da altri Maeftn,e peggiorata. Ma la predella, & il ^^^^^^^ ^

oel Sacramento, fonofi meglio mantenuti, & infinite figurine , che in vna gloria xjomenico
celefte vi fi veggono fono tante belle, che paiono veramente di Paradifo j ne può
fiefole.
chi vi fi accorta fatiarfi di vederle. In vna Cappella della medefima Chieia è di fua
Kiano vna tauola la N. Donna annuntiata dall'Angelo Gabrielfo, con vn profilo
di viib tanto denoto, delicato, e ben fatto, che par veramente non da vn' huomo,
jiitre fue Pki
ma fatto in Paradifo : e nel campo del paefe è Adamo, & Eua, che furono ca- mre in detta '
gione, che della Vergine incarnaiTe il Redentore : Nella predella ancora fono al- chtef*.
^ne ftoriette belliilìme. Ma fopra tutte le cofe, che fece Fra Giouauni, auanzò
fe fteiTo, e moflrò la fomma virtù fua, e l'inrelhgenza deli'arte in vna tauola, che
^nella medeiìma Chiefa allato alia porta, entrando a man manca ; nella qualc„)
^iesù Chtifto incorona la N.Dóna in mezoa vn coro d'Angeli, & in fra vna mei-
i^^udine infinita di Santi, e Ssnte , tanti in numero, tantoben fatte, e con fi varie
^ffitudini, e diuerfe arte di tede , & incredibile piacere , e dolcezza fi fente ΐιι_3
guardarle, anzi pare,che que' fpi: iti beati non pofllmo eiTere in Cielo altrimente»
? uiegiio dire, fe haueiTero corpo, non potrcbbono : percioche tutti i Santi, e
^ "iinte, che vi fono , non folo iono
vini, e con arie delicate , e dolci, ma tutto il
^Glonro di queir opera par che fia dimano di vn Snnto, ò d'vn' Angelo iCome io·
5 onde a gran rag;one fù fempre chiamato queiìo da ben religiofo , Frate Gio-;
^inni Angelico. Nella predella poi le florie , che vi fono della N. Donna, e di,S.
^^onienico, fono in^uel genere
diiiine , & io per me poiTo con veritàaCermare » ' '

e non Veggio mai quefta opera , che non mi pali cofa nuoua , ne me ne parto "

^lailatio . Niella Cappella iimilmente della Nontiata di Firenze , che fece fare Nella Rcn.-
lietrodiCofimode'MediC·, dipinfei fporcelli dell'Armario, doue Hanno l'ar- ctata tài FL

'^gure picciole condotte con mo!ta diligenza . Lauorò tante re»\e.

qucfto Pao^-ej-che iono per le café de' Cittadini di Firenze, che iorefto qualche
volta marauigliato, come tanto,
e tanto bene poteile, etiandio in molti anni,con-
«im-e perfettamente vn'huomo
folo. Il Molto Reu. D.Vincenzo Borghini Spe-
oal. ngo de gì' Innocenti hi di mano di quefto Padre vna N. Donna picciola bel- '. ,

^litma, eBartolomeoGondiamatorediqueiliartialpari di qualfi voglia akro , ,

genril' huomo, hà vn quadro grande, vn picciolo, & vna Croce di mano del me- '

defimo Le P.trure ancora , che fono ndl'arco fopra k poria di Domenico
lo!^ del medefimo, Et in S. Trinità vna tauola della Ssgreflia doue e vn depofio ' _
01 Croce , nel quale m.feranta diligenza, che
Γι può fm le migliori cefe, che mai j
tacciTe, annouerare. In S.Fracefco fuor della porca a S. Miniato, è vna NÓ2Ìata5&
jt^' S.Maricì Nouellp^oltre alle cofe dette,dipmfe di florie picciole il Cereo Pafquai-
l^· > alcuni Rel auieri, che nelle maggiorifolei nità fi pongono
in (ull^Altare.
^ella Badia della medefima Città, fece fopra vna porta del Chjoftro vn S. Bene-
. che accenna (ìlentio. Fece a Linaiuoli vna tnuola , che è nel!' vfficio dell'

s'-te loro : & in CciTona vn'archetto fopra la porta della Chiefa deìF ordinefuo ,
«'inMimente k tauoia dell'Aitar jiìsggiore. In Oruietocoffiin(jiòinvna voi-

il ζ ta

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s e c ο ν d a ρ art e

ta della Cappella della Madonna in Duomo > certi Profeti, che poi furono fiaiti ài
Luca da Cortona. Pet la coinpagnia del Tempio di Firenze fece in vna tauola-^
vn Chrifto morto, e nella Chieià de'Mooaci de gli Angeli vnPàradifo, deva
InfernodifigurepiccioIe»nelquaie conbella oiieruanza fecei Beati belliffimi»
e pieni di giubilo» e dicelefleletitia, &;i dannati apparecchiati alle pene dell'
Inferno, in variegaifemeftifiimi, e portanti nel volto impreffoil^eccato5 e
demeritoUoroLBeati fi veggono entrare celefteraente ballando per la por-*
ta del Paratifo, idannacidai Demoni] all'Inferno nell'eterne pene ftrafci-
nari.

Quella opera è in detra CHiefa) andando verfo l'Aitar maggiore a man ritta do»
ue (là il Sacerdòte,quando fi cantono le Meiie» a federe, Alle Monache di S
.Pie-
tro Martire, che hoggi Iranno nel Monailerio di Sé Felice in piazza ? il quale era
dell'Ordine di Cama doli, fece in vna tauola la Noftta-Douna, S. Gio. Battifta, S.
Domenico, S.Toraaio-, e S. Pietro Marcire ,con figure picciole aliai. Si vede an-
co nel tramezo di S. Maria Nuoua vna tauoladi fna mano. Per quelli tantilauo-
rij-eiTendo chiara per tutta ItaliaJa fama di F.Giouanni, Papa Nicola Qdnto man^
dò per lui, & in Roma gli fece fare la.Cappella del Palazzo, doue il Papa ode
Meila, con vn depoftode Croce, 8c alcune ilorie di S. Lorenzo belliflìme
, e mi-
niar alcuni libri>ciie fono belliiTimi : nella Minerna fece la tauola dell'Aitar mag-
giore, & vna Nontiata , che hora è a canto alla Cappella^fande appoggiata a viv
muro. Fece anco per il detto Papa la Capella del Sagramento in Palazzo, che
fa poi rouinata da Paolo III. per drizzarui le fcale, nella quale opera,che era
ecr
lèntein quella maniera faa, haueua laiiorato in frefco alcune ftorie della vira di
Giesù Chrifto
, e factoui moiri rirratci di naturale di perfone iegnalate dique"
tempii quali per auuentura: farebbono hoggi perduti jfe il Giouio non haueiTe
fattonel'icauar quelli per il fuo Mufeo : Papa Nicola Quinto, Federigo Imperato-
re-, che in quel tempo venne in Italia > Frate Antonio, che fìi poi Afciuefccuo
di
Firenze »il Biondo da Forlì, e Ferranre d'Aragona. E perche ai Papa, parue Fra
Giouanni, fi come era veramente, perfonajdiiantiilìmavita, quieta,emo·
défla, vacando l'Arciuefcouado, in cjueì tempo, di Firenze , l'haueua g'udicato
degno
di quel grado ; quando intendendo ciò il detto Frate,fupplicò a fua Santità,
che prouedefie d'vn' a tro ; percioche non fi featiua atro a gouernar popoli, ma,
che hauédo la fua religione vn Frate amoreuole de' pouer!,dottiiruno,di gouerno,
etimorato di DiOjiarebbe in lui molto meglio quella dignità collocata, che in ie.
Il Papa fentédo ciò,e ricordandofi>che qucRojche diceua era vero,gli fece la gratia
liberamente, ecosì fu fatto Arciuefcouo di Firenze Frate Antonino,dell· Ordine
de° Predicatori, huqmo veramente per fantidse dottrinachiariiTìmo,5i in fomnaa
tale,che mericò,che Adr ano Sedo,locanonizaiìe a'tempinoflri. Fù gran bontà
quella di F.Giouànise nel vero cofa rariiiìma concedere vnadignità5& vno honc
re, e carico così grade,a fe offerto da vn Sómo Pontefice,a colui,che egli có buon'
occhio,e fincerità di cuore ne giudicò molto piiì di (è degno. Apparino da quello^
Tanto haomo i Rcligiofi de' tempi noftri a non tirarfi addoffo quei carichi, che de"
^amenre non poilono fodenere, «Si a cedergli a coloro, che degniffimi ne fono.
E voleflc Dio, per tornare.a Fra Gionanni, fia detto con pace de buoni, che così
fpcndedero tutti i Rcligiofi huomini il tempo, come fece quello Padre vera-
mente Angelico, poiché fpefe tutto il tempo delle fua vita in feruigio di Dio ν e
bencfitio del Mondo, e del proffi mo.. Eche più fi può, ò deue defiderare » che
^quiEarfi viusndo fantamente, il Regno Celeile , β- virtuofamente operande

€ccr-

In Oratelo

cimiticia νίΛ
voli a, che finì
poi Lue» 4/i
Ceri9»a $.

Altre fm Vh·
ture molloβί·
m*te»

Nicola V lo
tiiam^ n R}·
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Etre/ì^eoffer-
i0gli ila t>H(9*

Voti arme Fi
Jlntorrnmi che
fji poi San;a
*

lodÌ4tWr4
GhHmm.^

-ocr page 359-

vita m e Giovanni:

eterna fama nel Mondo ì E nel vero non poreua > e non doueua difccndere vna
foxnraa, e ftraordinaria virtù, come fu quella di Fra Giouanni, fe non
in huo-
mo difantiffima vita; percioche deuono coloro, che incoieeciclefiafticheje
iante,s'adoperano, eflfere eccleibftici, ie fanti huomini : eiìendo che fi ved«L_j ^·
quando cota i cofe fono operate da perfone, che poeo credino, e poco ftimano la
religione,che ipeiTo fanno cadere in mente appetiti diioneftije voghe Jalcme: οη«
de nafce ή biaiimo dell' opere nel dishoneilo,e la lode nelì' artificio, e nella virtù ;
Illa io non
von-ei eia, che alcuno s'ingannafle interpretando il goffo metto,
a belloTe buono, lafciua j comefanno alcuni, i quah vedendd figure, ο
femina, ò
dfgi^uane vn poco più vaghete più beUe, & adorne,<he iMnano

lepiqhanofubiTo, e giudicanoperlafciue: non fi auedendo, chea giantorto

dannano il buon giudido del Pittore, il quale tiene i Santi, e Sante, che lono ce-
leai, tante pivr bdli della natura mortale, quanto auanza il Cielo la terrena beH
lezza, e l'òpere noftrc : e che è peggio, fcuoprono l'animo loro infetto, e corrot-
to, cauando male y e voglie difoneile di quelle cofe ,delìe quali fe e' fuiTino ama-
r-ori dell' honsfto,-come
Γη quel loro zelo fciocco vogliono dimoftrarc , Verrebbe
ioro defiderio del Cielo, e di faifi accetti a! Creatore di tutte le cofe, dal quai<L^
perfettiffimo, e belliifimo nafce ogni perfettjone, e bellezza, che iare&Dono, ο e
da credere ,<;he facciono queiiicotali, fe doue fuiiero, ò fono bellezze vme, ac-
compagnate da lafciui
cortami, da parole dòlciffime , da mouimend Pieni di gra-
> e da occhi, che raoii
cono i non ben ftldi cuori, fi ritrouaffero, ο fi ritrouaua-
110? Poiché la fola imagine, quaiì ombra del bello cotanto gli commoue ? Ma
"on perciò vorrei, che 'aiconi crfedeifero, che da me fofFero approuate quellc_*
"gare, che nelle Chieie fono dipinte poco meno, chennde de tutto , perche m·'
coi-alifivede,
chellPl^"orenon hà hauuto quella confitotione, che douena
al luogo, perche quando pure fi hà da moftrare quanto altri fappia, ■ fi deue tar©
con le debite drconftanze, & hauer nfpetco alle perfone , a tempi, & a i luoglTi

FraGiouannifemplicehuomo,efantiirtmone'fuoicoftumi,equello tacciale- ^

gno delia bontiShe volendo vna mattina Papa Nicola Qiunto dargli definate, ·
il fece cofcienzadi manaiar della carne lenza licenza del fuo Priore, non penfan-
doah autorità del Pontllice.
Schiiiòtutceleattiom delMondo :epuΓa,eiaπra-
mεnte viuendo fò de' poueri tanto
amico,quanto penio, che fia bora 1 anima ina
»el Cielo. Si eierdcò continuamente nellaPitrura » ne mai volle lauorare altre ■
coie, che-di Santi. Potette eiier ricco, e non fe ne curò, anzi vfaua dire, che la-e^
vera ncdiezza non è altro,che contentarft dd
poco. Potentecomaniiareamolti>
e non volle, dicendo effer men fatica, e mancò errore vbidire altrui. Fù in iuo
ar-·
iiitrio Hauere dignità ne Frat i, e fuori, e non le ftimò ; affermando non cercare aK
tra dignità, che cercare di ftiggite l'Inferno, & accoitarfi al
Paradiio>_E di
^'lal disnttà fi duo a quella paragonare, la qua! deuerebbono
^^^ti girhaomini, cercare ? E ch^in folo Dice nel vniere

y^^^/ùhua^aniffimo, e fobrio,e caftameme viuendo, da ^^^^^^

fe» vfandofpeile fiate di dire, che chi faceua qneft' arce, haueuabuogno di q^ie- .

e di viue?eLza penfieri .· e chi fà cofe di Chnfto, con Cimilo deue dar fem-
V'^ - Non iùmai veduto m collera trà i Frati ; il che grandiffima cofa, e quafi^
»nipoflìbile mi pare a credere , & foghignando femphcemente haueiia in coftu»
d'amonire gli amici. · Con amoreuolezza incredibile, a chmnque ricercaùa
opere da lui diceya, · che ne faceiTe
eifer contento i! Priore, ■ e che poi non man»,'
eliderebbe... lu (οη^?. fù qiieila, non inai a· baftasM iodatoPadrg in t mte Γ o^e·»-

-ocr page 360-

^yo sec onda ρ a r τ e

re> e ragionamenti fuoi humi ϋίΤιιηο,ε modeftoj e nelle fue Piicure facile, e deu^
tOj & i Santijchfi cgU dipinfe, hanno più aria, c fomiglianza di Santi, che quelli ®
qualunque alerò. Haucua per coirume non ritoccare, ne racconcciar mai alcuna
iua dipintura , ma lafciai le Tempre in quel modo, che erano venute la prima vol-
ta, per creder ( iecondo, eh' eg i diceua ) che così fuiTe la volontà di Dio. Dicono
alcuniiche Fra Giouanni non harebbe meiio mano a i pendii, fe prima non hauef»
fe fatto orarione. Non fece mai Crocifiilo, che non fi bagnale le gore di lagrime.
Onde fi conofce ne
i volti, e nelì' attitudini delle iue figure la bontà del fincero, e
grande animo fuo nella religione Chriiliana. Mori d'anni feirantotto nel 1455.
Elafciòfuoi D fcepoli Benozzo Fiorentino, che imitò Tempre la fua maniera :
Zanobl Strozzi, che fece quadri , e tauole per tutta Fiorenza, per le cafe de' Cic*
ladini, e particolarmente vna tauola porta hoggi nel tramezo di S. Maria Nouella
allato a quella di Fra Giouanni, & vna
in S. Benedetto Monafterio de' Menaci di
Calmaldoli, fuor della poita a Pimi, hoggi roiiinato, la quale è al prefente nel
Monafterio de gU Angeli, nella Chiefetta di S. Michele , inanzi che fi entri nella
principale, a man ritta, andando verfo l'Altare, appoggiata al muro, e Hmilmente
vna tauola in S. Lucia Cappella de' Nafi ; ik vn' a tra in S. Romeo : & m guarda-
tobbadei Duca è il ritratto di Giouanni diB ed de'Medici
, e quello di Bartolo-
meo Valori in vno fleilo quadro, di mano del medefimo . Fìi anco difcepolo di
Fra Giouanni Gentile da Fabriano, e Domenico di Michelino, il quale in S.Apo-
linare di Firenze fece la tauola all'Altare di S.Zanob', & alrre moke dipinturc__j.
Fù fepoko Fra Giouanni da 1 fuoi Frati nella Minerua di Roma lungo l'entrata
del fianco jappreflb la Sagreilia in vn Sepol ero di marmo tondo, e fopra eiTo
egli
ritratto di naturale. Nel marmo (ì legge intagliato quefto Epiraifio,
mihifìt laudi, quòd erarn vclut alter ^pelics ;

Sed quid lucra tuis omnia Chrifie daham ;

^Altera nam terris opera extant ; altera calo.

Frbs me loannem flos tulit ^etbrurine. .

Sono di mano di Fra Giouanni in S. Maria del Fiore due grandìilìmi Libri mi-
niati diuinamente, i quali fono tenuti con molta veneratione, e riccaiBcnte ador-
nati, ne fi veggiono ie non ne' giorni iblennjffimi.

Nenfoleuari
toccar le fat
PittHre»

Morte di Fra
Ctouanni.
Suoi diftepe*
lì*

Stpohurn,

Zih-i miniati
Ài /ΗΛ m»m.

lAtntuiwe
li' AttAH»nte
Tior enfino cò·
umporaueo di
Tracio,

: Fu ne' medefimi tempi di F.Giouanni celebre,c famofo Miniatore vn'Attauan*
teFiorentino, del quale non sò akro cognome ; il quale fra molte altre cole miniò
vn Silio Iralico.che è hoggi in S. Giouanni e Polo di Venetia,della quale opera n5
tacerò alcuni paiticolarbfi perche fono degni d'eiiere in cognitione de gii artefici»
fi perche nó fi truoua eh' io fappia altra opera di collui : ne anco di quefta haurei
notinarfe l'affettione,che a quelle nobili Arti porta il Molto R.M.Ccfimo Battoli,
gentil'huomo Fiorentino 5 non mi hauefie di ciò dato notiria , accioche non ilia
cótoe fepolta la virtù d'Atrauante. In detto Libro duque la figura dt Silio hà in re->
fta vna celata chriftata d' oro,& vna corona di lauro : indoflb vna corazza azzurra
tocca d'oro all' antica ; nella man defira vn libro,e la finifira tiene fopra vna fpada
corta. ' Sopra la corrazza hà vna clamide roiii affibbiata con vn groj) po dinanzije
gh pende dalle fpalle fregiata d'oro. Il roucrfcio,della quale clanjjde apf arifce ca-
giante,e^ncamato
a rofette d'oro. Hà i calzarerti gialli,e pofa in fui piè ritto in vn:^
nicchia. La figura, che dopo in queflia opera rapprefenra Scipione Africano, hà
jndoifo vna convzza gialla, i cai pendagli, e maniche di colore azzurro, fono tutti
ricamatid'oro.Hàincapo vna celata con due aliette,^'^ vnpefce per creila. L'ei-
figie del giouaneè belliifìma, e bionda, & alzando il deftro braccio
fieramen-

te ,

-ocr page 361-

vita m frangio vanni.

te jHà in mano vna fpada nudi, e tiella fianca nene la guaina , che è roffa > e nca.
itiara d'oro. Le calze fono di color vetde, e femplice > e la clamide, che è azzur-
J^a hà lidi dentro roilo con vn fregio attorno i-oro, & aggruppata auann alla fon-
'^^'i^eiia, lafcia il dinanzi rutto apertoicadendo diètro con bella grana. Quefl-o gio-
cane, che è in vna nicciiia di miichi verdi, é bertmi con calzari azzurri ncamati
<^'oro, guarda con feròcità ineftrmabile Annibale, che gli è ali'
incontro.neir altra
faccia del libro. E là figura di quefto Annibale
ά' età d anni 5 in circa ; fà due
Crefpe fopra il liafo a auifa diadirato, é itizzofo,
guarda ancor' efla iìilo Scipione.
Hà in tefta vna
celata gialla, per cimiero vn Drago verde,e giallo, e per ghirlan-
da vn Serpe. Pofa in iul pie ftanco, balzato il braccio deltro, tiene con eilo vn
afta d'vn pilo antico
,0 vero parngiànetta. Hà la cofrazzà azzurra i pendagli
parte azzurri, e parte gialli, con le maniche cangianti d'azzurro, e rollo, & i cal-
Zaretti gialli. La clamide e cangiante di rollo, e giallo, aggruppata m falla fpalla
delira
, e foderala di verde, evenendo la àìano ftanca in fulla fpada pofa in vna_e
nicchia di mifchi gialli, bianchi ν e cangianti ; Neil' altra faccia è Papa Nicola V. ^
ritratto di naturale, con vn manto cai^gmnrs paonazzo, c rodo, e tutto ricamato Ritratte » «»
foro. E lenza barba in profilo aiFatcu, e guarda verÌo il piiucipio dell' opera, che §1«'»-

èdirincontro, e con la man delira accenna verfo quella, quali marauigliandofi·
ϊ-a Nicchia è verde, bianca, e roiTa. Nel fregio poi fono certe meze figurine in
Vn componimentofatto d'óuati,e tóndi, ^ altre cofe-fiasilifonrvna infinità d'vo
Cellett
],e puttini tanto ben fàtri, che noh fi può ρ ùderìderàÌ-e-."Vi fono_appre{ro
fimile manieraHannone Cartaginefe, Afdrubale,Lelio, MaiTìmifÌa.C Sal-
Hiatore, Nerone, Sempronio, M. Marcello, i\Fabio ,1'altro Scipione, e Vi-
"io . Nella fine del libro iì vede vn Marte fopra vna carretta antica, tirata
da due
cauaili roiTi. Hà in tefta vna celata roiTa, e d'oro, con due aliette nel braccio fini-
ftiO,
vno fcuto antico, che lo fporge inanzi,e nella deftra vna fpada nuda. Pofa io-

ΡΓΊ li piè manco folo, tenendo i'aicro in aria. Hà vna corrazza all'antica tutta rof·
fa,ed'- "

guifad''

camicia lunga, ma ricamata attorno del colore, cbe è la terretta verde. La carna-
gione è paìlìdiirima,nel!a deftra tiene vn tridente pi:cioletto,e con la hniltra s ai-
za la
vefta. Pofa con amendue i piedi fopra la carretta, che e coperta di rollo nca-
tnata d'oro, e fregiato intorno di zibellini. Quefta carretta hà quattro ruote, co-
llie quella di Marte , ma è tirata da quattro Delfini ·, fonui tré Ninfe
Manne, due
putti,& infiniti pefa, fate,catti
d'vn'acquerello fimile alla terretta, 3cm aere
liffnne . Vi fi vede dopo Cartagine difperata , la quale è vna Dohna ritta , e ica-
P'gUata , ed. fopra velhra di verde, e dal fianco
in gm aperta la velie, foderata di
oaóKato d'oro ; per la quale
appnaira fi viene a .edere vn alti^
vefte, ma ottSe cangiante di paonazzo e bianco.Le maniche fono rofie^e d'o^
ξο. con certi fgonfi,e
fuolazzbche Pa la verte di fopra ; ^οψ la tnano ftanca verfo
Roma,che l'è all'incontro, quafi dicendo.che
viioi tu ? Ioti nfponderò ,enella
^eftra vna fpada nuda, come infuriava. I calzari fono azzurrile pofa fopra
fcoglioinmezodelmare, oicondatoda vnana belliffima. Roma e vna gioua-
«e tanto bella qiuuto
può huomo imagitiarfi, fcapighata, con certe ttecc^
fecce con infilata grana è vcftiia.di roiTo puramente, con yn folo ricamo da

-ocr page 362-

seconda ρ a r τ e

piede. Il Rouefcio-iella vefte è giallo» eia verte di fotta, che per Γ aperto fi
vede., è di cangiante paonazzo > e bianco . I calzari fono verdi > nella man de-
ftra hà vno icettro, nella iìniftra vn Mondo j e pofa ancora ella fopra ν noi co^
:glio » in mezo d'vn' Aere ? che non può eflere piìi belio. Ma fi bene io
mi fono ingegnato » come ho
faputjO il meglio .di moftrare con quaa-<
to artificio fuiTeroguefte figure da Attauante lauorate , niuno
.creda però s. che io habbia detto pure vna parte di quello,
che fi può dire della bellezza loro, e (Tendo , per cote
4i que" tempi non fi può di minio veder meglioj
.jie lauorofatto £οη più inuentione » giu-
^icio? e difegno: e fopratuttoico-
Joii non polTono
eflere più belìi »
^epiù delicatamente
a i luo-
jghi loro porti, con_^
gratiofioilìilìma
gratia.

Fine della Vita di F. Gio. da Fiefok '

crv-

-ocr page 363-

vita di leon βατ. alberti, 171

VITA DI LEON BATTISTA ALBERTI ARCHITETTO

fiorentino.

RANCISSIMA Commodità arrecano h fcrrere vnuer- „ ... ,

falaienre a tutti quelli Arcefici, che d, qacile fi Jjiertano, r^ J*
particoiarmeiue a gii Scultori , lyroi. , & Ar-.hirecri,
aprendo la airmuenrioni ώ' rutce l'opere , che ii fanno
fenza , eh non può eilere li giadioo perfetto in vna per-
foiui ( babbii pur nacuraie a fao modo ) la quale ila priaa"
tere-
 fa deli'accidentale , cioè dalla compagnia delle buone ler

chi non sà, che "^^«^"'Y^gljff J^f ^^^^

" acque crude, e noa iaiiitiieie. Chi non conoice, che biiogna cc

Mm

e va-
con ma-
tura"

-ocr page 364-

xjfc SECONDA PARTE

tura coniìderatione iapere, ò fuggire, ò apprendere, per ie foio, cioche fi cerca
mettere in opera·, fenza hauerca raccomaniÌarfi alla mercè dell' altrui teorica j la
quale feparata dalla prattica» il più delle volte gioua aliai poco. Mà quando elle
u abbattono» per auuentura a eiTerinfieme > non è coi'a, che più fi conuenga alla
vita noilra ; si perche l'arte col mezo della fcienza diuenta molto più perfetta ? e
più ricca; sì perche i configlij e gli ferirti de'dotti Artefici hanno in fe maggior ef-
ficacia j e maggior credito, che le parole, ò l'opere
di coloro, che non fanno al-
tro , che vn femplice efercitio» ò bene, ò male, che fe lo facciano. E che tutte
quelle caie llano vere, fi vede manifeftamente in Leon Battifta Alberti, il quale»
per hauere attefo alla lingua latina, e dato opera all'Architettura , alla Proipetti-
ua, & alla Pittura-, laiciò
ι fuoi libri fcritci di maniera, ch j per non edere ftato fià
gli Artefici moderai chi le habbia iaputo diftendere con la fcrittura, ancorché in-
tìnitine fianoftati più eccellenti di lui nella patria, e fi crede communemente
(tanta forza hinno gh feruti iuoi nelle penne, e nelle lingue de' dotti ) che egli
habbia auanzato tutti coloro, che hanno auanzato lui con t'operare. Onde fi ve-
de per efperienza, quanto alla fama
, Se al nome, che frà tutte le cofe glifcritti
fono di maggior forza , e
di maggior vita : attefo, che i libri ageuolmente vanno
per
tutto, e per tutto fi acquiftanofede ^ pure che fiano veritieri, e fenza menzo-

Ìjne. Non è marauiglia dunque, fe più, che per l'opere manuali, è conofciuto per
e fcricture il famofo Leon Battala il quale nato in Faenze della nobihiTima fa-
mìglia de gli Alberti, della quale fi é in altro luogo rag onato, attefe non foìo
a
cercare il mondo, e raifurare le antichità, mà ancora, eilendo a ciò ailai inclinato,
molto più allo icriuere » che all'operare. Fù biìoniffimo Ancmetico, e Geomer
tnco, e fcnfle dell'Architettura dieci libri in hngua atina , pubhcati da lui nel
1481. & hoggi fi leggono tradotti in lingua Fiorentina, dal R. M. Cofiaio Barco-
h, prepoftodi S.Giouanni di Firenze. Senile della Pittura tré libri, hoggi tradot-
ti in lingua Tofcana da M. Lodouico Domenichi : Fece vn trattato de' eirati, Sc
ordini di mifurar aitezze^ i libri della vita ciuile, & alcune cofe amorofe in profa,
Òc in verfi , e fù il primo, che tentaile di ridurre i verfi volgari alla mifura de'iati-
ni, come fi vede in quella iua epiilola.

Queftapureftrema mìferabile piflola mando
^ tei che [pregi miferamente noi^
CapirandoLeonBarti'1:aaRoma,altempodi Nicola V.che haueua col fuo
modo di
fabbricare meilo tutta Roma Cottoiopra, diuenne per mezo del Biondo
da Forlì fuo amicifiìmo, familiare del Papa, ehe prima fi configliaua nelle cole di
Architettura con Bernardo Roilellino Scultore, & Archiretto Fiorentino, come
fi dirà nella vita d'Antonio fuo fratello. Coftur,Jiauendo meifo mano a railettare
il palazzo del Papa, & a fare alcune cofe in S. Maria Maggiore, come volle il Pa-
pa, da indi inaiizì fi configliòfempre con Leon Battifta. Onde
il Pontefice coi
parere dell'vno di quelli duoi, e coireflequiredell'altro, fece molte cole vtili, e
degne di eiTer lodate, come furono il condotto dell'acqua vergine, il quale eiTen-
do guaito, fi racconciò : e fi fece la fonte in fulla piazza de' Trieui con quelli or'
«amenti di marmo, che vi fi veggiono, ne'quali fono l'arme di quel Pontefice ,
e
del popolo Romano. Dopo andato al S.Sigiftnondo Malatedi d'Arimini, gli fece
il modello della Chiefa di S.Francefco, e quello della facciata particolarmente»
chefù fatta di marmi,
e così la rmolta della banda di verfo mezo giorno, con ar-
chi grandiffimi
, e fepolture, per huomini illuftri di quella Città. In fommari-
duflc quella fabbrica in modo, che per coia ioda ell vno de' piùfamofil Tempij

Leon Βαΐίίβα
graft Teorico
nell' Areht*
tetlnra.

Intendente di
Aritmetica, β
Geometria.
Scnjfe (fjir.
ci}i(eitura, e
di Pittura,
J>i mi/urar'
elfe^^l^e, della
'Vita ctuUe.
Profi , e verfi.
•Smtverfi ai-
la mtfuratit'
Zatim,
Ordino molte
fabbriche ia
V.oma al tem·
4i Nicola

r.

fijept

Te^npio à Ri·
mim^eondetie
Λ gran ferfet"

tms»

-ocr page 365-

vita di leon βατ. alberti.

d'Itaiia» Dentrohà feiCapelle belliffime, vna delle quali dedicata à S, Gieroni-
molto ornata,ferbandofi in ella molte reliquie venute di Gieruialeai. Nel-
la medefirnac lafepokura del detto S.Sigifinondo, e
quella delia n>o|iie,fatte di
niarmi raolto riccamente, l'anno 1450. e fopra vna è il ntrarto di elio Signore,
& in altra parte di quel!' opera quello di Leon Batt.fta. L'anno poi 1457· c^e ta
trouato rvta.ffimo\odo
di ftalnpare i Lbri da G:otianni Guuremberg Gem>a^

no. trouò Leon Battifta a quella fimilimdine. per via d'vno ftramento , il modo

di lucidare le profp S naturali, e da.inuire le figure:
potere ndurre le cofe picciok in maggior forma , e iingrandale t ^^
pticciofe, vtili
all'arte, e i>elie affatto. Volendo ne'tempi di Leon Ba.nRa , Qo-
uanni di Paolo R^iceiiai fere a fue fpefe la iicdata pnr.cipale ai
Sanra Maria No-
"eila t utta di marmo, ne parlò con Leon Battila filo amioifmio
; e^da lui Man-
to non folamente coniiglio, mà il difegao , fi nfoluecte di volere ad ogni mooo
^ar queiropeia, per lafciar
di fe quella memoria, e cosi fattoui metter mano tu
finita l'anno 1477. con moka ibdisfattion dellVniuerfale , a cui piacque tutr^
l'opera, mà particolarmente la porta, nella quale fi vede, che durò Leon Batnlla,
^iù che mediocre fatica. A Cofimo Rucellai fece fimilmente il diiegno de! pa-
azzo, ch'egli fece nella ftrada, che fi chiama la vigna, e quello della loggia , che
gl' è dirimpetto , nella
qual'hauendo girati gli archi fopra le colonne ftretre neiìa
iaccia dina .zi, e nelle teile^ perche volle iegu tare i medefimi, e non fare vn'ar-
co foto , gli auanzò da o^ni banda rpatio; onde
forzato fare alcuni nfalri ne
canti di dentro·, quando poi volle girare l'arco della volta di dentro, veduto non
podere dargli il iefto del mezo rondo, che veniua ft'acciato , e goffo
, fi nfoluette
^ givare m sii i canti da vn rifalto all' altro certi archetti piccioli ; mancaniogit
giudido, e diie^wo, che fà aperramenre conofcere,che
oltrealkfcienzaj,
bifogna la pratt ca ; per Jie ii {jiudicio, non fi può mai far perfetto , (e la icienza,
operando, non fi mette in pr Ttica. Diceii, che il medefimo fece il oilegno della
cafa, & or.o de'medefimi Rucellai nella via della fcala: La quale e fatta con mol-
to piudicio, e commodiiTima, hauendo, oltre a gli akr moki
agi, due loggie, vna

volta a mezo giorno, e l'altra a ponente·, amendue belhiTmie, e fatte fenza arcai
Γ-----1. _ 1 . , Γ.. ^ rvli anfir "Iiinw-

Ihuennoni rK·

gegnoÌìJftme dì
freffetttMit„

FACciat* di
S, Maria N»'
ttsila dtf'g-iis.
ta d* Ls0ìt
Bmtfl»*

ìì

DifegnA
PaU l{e
Rucsilai*

Alm diftgm

gìudid^fi*

xT raoao ui

—«.wiivjt», une UUll pumju 1 v-anti HI i»· '^· —-------------,

vuole,che (opra le colonne fi pofino gli archicraui:e che quando fi vuol
chi, fi facciano pila^lr , e non colonne. Per i nedefimi Rucellai m jj^
maniera fece Leon Baciifta in S.Brancacio vna Capeila , che fi regge
(opra
chirraui grandi, pofari fopra dii« colonne , e sù i pilaftri, forando ■ ·

della Ch^fa , che è cofa difficile, mà ficura ·, onde quefta «Γ,··"^l· r f
cHe f^celTe qnefto Ardì tetto. Nel mezo di tó e

i^o moko ben fatto in forma o«a!e, e bislungo fimile, come in effo li leggera 1 fe-

PolcrodrGieùChr.ftomGieruralem.N^

^onzagl Μ xhefe di Mantoa fare nella Nonriata de' Serm di Firenze la Tribu-
na dpella mieo
-iore; col difegno, e modello di Leon B^rtilta;fatto rouinar a
ioiniTK^d, detta Oilefa
vna Captila quadra, che vi era veccn ia., e non molto
grande, dipinta all
'antica, fece la della Tribuna capjiGCioia, e ditTiciie a gm^a d'vi»
Tempio tondo.circond to da
none Cnpeile,che tutte girano m arc^condrse den.
fono a vfo dmicchia ; per lo chMeggendofi gli archi di dette Capede insui
' ^ Μ m X

captila in S,
B'-amaciO^
Sepetm àllit
rnijur^a del S.
Stpoino di
LiMnj»lemt
Cafelia nslU
ΚοηίΐΛία,

tro

-ocr page 366-

xjfc SECONDA PARTE

pilaftri dinanzi, vengono gli ornamenti deirarco di pietra» accoftandofi^l muro»
a tirarii feinpre in dietroj per appoggiarli al detto muro » che fecondo l'andace
della Tribuna gira in contrario : ernie quando i detti archi delie Capeile li guar-
dano da i lati par che cafchino in dietro» e che habbiano^come hanno in vero»dif-
gracia, fa bene !a mifura è retra»& il modo di fare officileEt in vero fe Lscn^
Battifla haucfle fuggirò quello modo, farebbe ftato megliojperche febene è ma·
lageuole a condurii, hà riifgratia nelle cofe picciole, e grandi > e non può rinkic
bene. E che ciò iìa vero nelle cofe grandi, 'arco grandiffimo dinanzi, c,he
l'enrrata alla detta Tribuna, dalla parte di fuoriè belliffimo ,ΐ di dentro, perche
bifognarche giri fecondo la Capella, che è tonda >-pare? che cafchi aiì'indietro, e
che habHi.ì eflrema difgratia
. lì che forfè non haurebbe fatto Leon Battifta > fe
con la fcienza, e teorica» huneiTè hauuto la pMttica, e la fperienza nel!' operarej
perche vn'àltro haurebbe fuggito quella diiìicoltà, e cercato più torto la graria? e
maggior beliezz.i dell'edifìcio. Tutta queila opera in fe, per altro èbelliiiìma_i >
capricciofa > e difficile : e non hebbe Leon Battiftafe non grande
animo a voltare
in que'cempi quella Tribuna nella maniera
,che fece ». Dai medefimo Ludouico
Marchefe condotto poiLeonBarriftaaMantoa> fece per lui il modello della-.»
ChieCa dì S. Andrea > e d'alcune altre cofe e per la via d'andare da Mantoaa Pa*
doa, fi veggiono alcuni rempij farti fecondo la maniera di coftm ^ Fii efecutore
de'difegnis e modelli dì Leon Batcifta,
Salucftro Fancelli Fiorentino Arch tertoj c
Scultore ragioneuole : il quale conduiTe, fecondo il voler di detto Leon Battifta
tutte l'opere, che fece fare in Firenze» con giudicio» e diligenza flraordinaLia. Et
in quelli di M^ntoa vn Luca Fiorenniio» che habitando poi fempre in quella Cit-
tà» e morendoui lafciò il nomej fecondo il Filarecoj alla famiglia de'Luch-, che vi
è ancor hoggi. Onde
non picciola ventura la fua hauer amici, che intendefle-
no, fapeiTinove voleffino feruire ; percioche non potendo gli Architetti ftarfem-
pre in fui lauoro, è loro di grandiilìmo aiuto vn fedele ,& amoreuole eiiecucore»
e fe niuno mai Io feppe» lo sò io beniiiimo per lunga proua.

NellaPi'^tura non fece Leon Batnrta opere grandi, ne molfo belle » conciofia-
che quelle» che
fi veggiono di fua mano, che fono pochiiTime, non hanno molta
perfectione» ne è gran fatcop perche egli atrefe più a gli ftudi» che al difegno ; pur
mortraua aflai benejdìfegnando il fuo concetto, come fi può vedere in alcun?^
carte di fua mano, che fono nel noftro librom.elle quali c difegnato il ponte Saiit'
Agnolo, & il coperto,che col difegno fuo vi fù fatto a vfo di loggia, per difefa del
Sde ne'r empi di flati, e delle piogge, e deVenti l'inuerno, la quaPopera gli fece
fìir Papa Nicola V.che haueua difegnato farne molte altre fimile per tutta Roma»
mà la morte vi fi interpofe, Fù opera d: Leon Battiila quella, che é m Firenze sii
la cofcia del ponte alla Carraia in vna picciola Capellecta di N. Donna , cioè vno
fciibello ^'A tare, dentroui tre (loriette con alcune profpettiue, che da lui^furono
affai meglio defcritte con la penna, che dipinte col pennello, In Firenze medefì-
inamente è in cafa di Palla Rucellai vn ritratto di fe medefimo, fatto alla fpera>
vna tauola di figure affai grandi di ch aroj .e fcuro. Figurò ancora vna Venetia in
profpettTua, e S.Marco, mà le figure, che vi fono furono condotti d'altri maeftti ί·
quefla vna dèlie migliori cofe, che fi veggia di fua Pittura. Fù Leon Barnfta
pe fona di ciuiliffimi, e iodeuoli colTrumi, amico de'virruofì, e liberale, e cortefe
afiatto con ogni vno,& ^iile honoraramente, e da gentilhuomo, com'era, tutto
il tempo di fiu; vjca ·,E finalmente efiendo condottò in età affai ben matura, fe
ne
pafsò? COntentOi« tranquillo a vita migliore,laiciando di fe honoratiifitiio nome»

(klla vita dì Leon Battifta ^Ihertu

Suoi difetti^

ϊΛ' il dìfcgm
éi S.-Aidre»
tn M.aaioua.
SutueHro
Ar*
chitestD per
fef iono ί di
fegni dt Leon
Battifl» in

Lum Fioren·
imo
gU. com'
pifce in Maty
tOua.

Leon ΒΛίίιβΛ
man^htmle
nella· iitist^
rat

^m difegno
Afl Polite 5,
Angeioi,

^it'un· fm
in:Eirensiei>

inVinctia,.

Sitoì («fiumi*
SH^mrte^.

-ocr page 367-

ita di l a ζ a h ο, χηη

"VITA DI LAZARO VASARI PITTOREj.
ARETINO.

RANDE è veramente il piacere di coforo ,cHe Vnìmàt gll·

no qualchnno dt' iuor maggiori , e della propna fai-niv Autyed'ho'
glia eiTer itato in vna qualche prrfi-iTìone Ò J'arme , ò mreuoU'Ha
di lerrere, ò di Pirrura, ò qiial iì voglaaltro nobiliefer- * decatatné*^·
Cirio iìngolare famofo. E onelli huomini ,che nelP hifto to 't ^ iofisrk·
rie rr
'^aano eiler fatta honorata mentione d'alcuno de*
. ^ itioi palTati,
hanno pure fe non 3ΐ!Γο,,νηο ftimolo alla^'

gì"" ' fi-en^ ' rattiene oal non Tare cofa indegna di quelhi fiimi-

com/5^ ^là hauiuo hiicmmi illufìn, e chiariffim,. Màquantofia il
^ «ifl» da principio ?-lo prouo in me fteflo 3 liauendo trouato frà i uùcs

paflàU'

-ocr page 368-

xjfc SECONDA PARTE

palìati Lazaro Vafart eiTere ftato Pictore famofo ne'tempi fuoi ·, non fokmente
nella fua patria, mà in ctuta Toicana ancora. E ciò non certo fenza cagione» co-
me potrei raoftrar chiaramente, ie come hò fatto de gii altri» mi fìiiTe lecito»
parlare liberamente cii hiu Mà perche, edendo io nato dei fangu? Tuo, fi potreb-
be ageuolmente credere, che io in lodandolo paflaill 1 termini ; lafciando da par-
te i meriti fuoi, e della famiglia, dirò femplicemente quello, che io non pofÌQ > &
non debbo in niun modo tacere, non volendo mancare al vero, d'onde turra pen-
de Thiftoria, Fù dunque Lazaro Vafar Pittor Aretinp amie Almo di Pietro della
Francefcft dal Borgo a San Sepolcro, e fempre pratricò con eilb lui, mer.tre egU
lauorò, come fi è detto, in Arezzo: Ne gli m corale amicitia,come fpeiToadiuie-
ne, fe non di giouamento cagione: perc:oche ,doue prima Lazaro attendeua io-
lamente a fcr figure picciole, per alcune cofe, fecondo, che allora fi coftumaua;
Sue y^turt h ^ diede a far cofe maggiori, mediante Pietro della Franceica. E la prima opera
/rp/fo, in frefcojEi in San Domenico d'Arezzo nella feconda Capeìla a man manca , en-

trando in Chiefa, vn San Vincenzo, a piè del quale dipinfe inginocchioni,fe
Giorgio fuo figliuolo giouanetto, in habiti honorati di que'tempi, che fi racco-
mandano a quel Santo, eflendofi il giouane con vn coltello inauerrentemenre_^
percoiTo il vifo. Nella quale opera , fe bene non è alcuna infcrittione,alcuni ri-
cordi nondimeno de' vecfhi di cafa nòitra, e l'arme , che vi è de' Vafari, fannc>
che così fi crede fernmmente. D.ciòfarebbe fenza dubbio ilata.in quel Con-
uento memoria, nià perche molte voite per i Soldan ione andate male le fcritru-
re, & ogni altra coia, nort me ne marauiglio. Fù la maniera di Lazaro tanto fi-
mile a quella di PietroBorghcfe, che pochiiTìma differenza frà l'vna, e l'altra fi
conofceua. E perche nel iuo tempo fi coilumauaailaidipignere nelle barde de'
rfodìTìtturt cauallivarijlauori, e partimentid'impreie,Dcondo jche c.iloroerano,che!?_>
nelle barde pQrtauano , fìii in Ciò Lazaro buoniiTìmo macRro, e maiTimamenre eilendo fuo
de'CAualh ì- ρ,-^ρ,-ΐο fat figurine picciole con moka gratia, le quali in corali arnesi molto bene
diamente'' accomodauano. Lauorò Lazaro per Nicolò Piccinino , e per i ftìoi Soldati, «
d'aLaiaro Capitani molte cofe piene di ftorie ,e d'impreie, che furono tenute in pregio, e
Sue opere dt con tanto fuo vciie, che furono Cagione, mediante il guadagno, che ne traeua_^»
pregio , ( di che egli ritirò in Arezzo vnà gran pavte de'fuoi fratelli; i quali attendendo a'Ie
guadagno mifiure de' vafi di terra, hnbiwuano in Cortona. ΤίΓοίΤι parimente in cafa Lu-
all'Artifite.· ς^ Signorelli da Cortona fuo nipote, nato d'vna fua iorella, il quale, eiTendo di
buono ingegno , acconciò con Pietro Borghefe ,accioche imparafse l'arte della
Pittura, il che beniifimo gli riufcì, come al fuo luogo fi dità, Lazaro dunque zz*
tendendo a fludiare continuamente le cofe dell'arte, fi fece ogm giorno più ec-
Suoìdifegnì» celiente, coi^e ne dimoftrano alcuni difegni di fua mano molto buoni, che fono
nel noftro libro. E perche molto fi compiaccua in certe cofe naturali, e piene
d'affetti, nelle quali efprimeua beniiTìmo il piagnere, il ridere, il gridare, la paU-^
imita curio- tremito, é certe finrJi cofe, per lo più, le iue Pitture fon piene d'inuentioni
facente git COSÌ fatte: come fi può vedere in vna Capellina dipinta a fi efco di fua mano irUi»
nfetii natU' San GÌmig nano d'Arezzo, nella qual è vn Crocifiilo , la Noflra Donna , S.Gio^
raii, uanni, e la Maddalena a piè della Croce , che in varie attirudmi piangono così

viuamente , che gli acqu'flarono credito , e nome fià i fuoi Cittadini. D^pinfe
^i-afipo arti' >n ^u! drappo , per la Compagnia di Sant'Antonio della medefima Città vn Gon-
i» A· falone, che fi porta a proceffione , nel quale fece Giesù Chriilo alla colonnari'
do, e leguo con tanta viuacirà, che parche cremi, e che tutto nfirerto nelie^
ipalle (off erifca con incredibile humilità > ζ pacienzale percciTe, che due Gm-

La:iar0 Fa·
fari f.tmiglta'
η di Pietro
dilla Frm-
cefm.

-ocr page 369-

vita di lazaro vasari. 279

! * De'qitah vno> recatofi in piedi > gira con ambe le mani, voltando
e ipaile verfo G<esii Chrifto in ateo criidehiTuno. L'altro in profilo, & in punta
P-e s aiza, ftrignendo con
le mani la sferza, e digrignando i denti, mena con
^^ifa rabbia, che più non fi può dire. A quefti due dipJnfe Lazaro li veftimenta
«raccjate, per meglio duTioftrare l'ignudo ; bacandogli in vn certo modo ricopri-
re le vergogne loro, e le meno honelte parti.
Qgefta opera, efiendo durata in fui
drappo (il che certo tni marauiglio) tanti anni, & infino a hoggi, per la fua_3
oeikzza, e bontà fatta ritrarre da gli huomini di quella Compagnia
dal Priore
francete, come al fuo Juogo
ragionatemmo. Lauorò anco Lazaro a Perugia nel-
ja Chiefa de' Serui in
vna Capella a canto alla Sagreftia , alcune ftorie della No-
«ra Donna, &vnCrocifi
Ilo. E nella pieue di Monte Puiciano vna predella di fi- pifgufehp '
gurepicciole. In Caftiglione Aretino vna tauola a tempera in S.Francefco-,& ai- rugi».

'^"Olce cofe, che per non eiier lungo, non accade raccontare : e particolarmen- /» μολ»
e di figure picciole moki caiioni, che fono per le caie de'Cittadini. E nella par- pHleiano

"guelfa di Firenze fi vede fra gli armamenti vecchi alcune barde fatte da lui,CaSìglh*
«olto ben lauorate. Fece ancora per la Compagnia di S.Baièiano in vn Confalo-
detto Santo alla colonna, e certi Angeli, che lo coronano, mà hoggi è gua-
ftrè d confumato dal tempo. Lauoraua in Arezzo ne'tempi di Lazaro fine- ^

Fabiano Sailoii Aretino, giouane in quello efercitio di molta intel- ctafa/mePea
Ue ne fanno fede l'opere, che fono di fuo nel Vefcouado, Badia, Pie- eimp/^gni»

glie ^ luoghi d; quella Citrà, mà non haueua molto difegno, e non aggiu- Μ S.StkafiU'
nie ^ pezzo a quelle, che Pam Spinelli faceua: perche deliberando,si co-
no.
eh""- " cuocere i vecn , commettergli, & armargli, così voler fare qual- FaUana Saf-
ni ^ ' ^^^^ ragioneuole
Pittura ·, fi fece fare a Lazaro due carro- foUJamr»^*

^ja lua fantafia, per fare due fineftre alla Madonna delle Gratie. E ciò hauendo
e k fuo, e cortefe Artefice era, fece le detteiìneftre,

^ di maniera belle, e ben fatte,che non hanno da vergognarfi da mol-

te. In vna è vna N. Donna molto bella, e ^J; ■ ^ Sepolcco vn'armato in

gUore ) è vna Refurrettione.di Chnfto, che ha Pittura, è mara-

ìlcorto, che per edere la fineftra picc.ola, e pe^^^fj^r^^^^-e ^osì grandi. Molte
uigha, come m si poco fpatio, poiTono f Pf/f , come fi può vedere

altre cofe potrei dire di Lazaro, il quale difegno ben^

in alcune carte del noftro hbro, mà perche cosi «i par bea ^ ^ ^^^^ ^^^^ rf-

Fu Lazaro petlona piaceuole, & S honefta. Viile anni 7/; [uc /i

faCJ;------

Et egi!, ciie in-

nn del Kc porlena i vecchi Aretini, è mexo ; i
uumo al tempo del Ke i ouei ^'alcez^^
à ^" ^^fi in vn lue-

auftnoia perfona era, ie^e vafi g'^^ndi a^ui cercando e^^ii di ν

imen quattro, 1 qual., hebbe m dono. Onde urono cagione, e prm

permtroduttionldelVefcoaogb^ ^^^^ poi ' ete&

cipio della feruvtù, che con quella teliom ^^^^ ^^ ^^^^^^^^ ^^
GiorgiobeniffimodiiiUeuoiCoraei'F"

-ocr page 370-

2.^0 SECONDA PARTE

fua mano. Hebbe cinque figliuoli maichi, i quali tutto fecero l'efercitio mcdeii-'
mo, e crà loco futono buoni Aitefici Lazaro,> e Bernardo, che giouinetto mori a
Roma. E certo fe la morte non lo rapma così tofto alla cafa fua > per l'ingegno»^
di La- che deftro, e pronto fi vide in lui, eg i hauerebbe accrefciuto honore alia patria"
^ftra , e /»» fua. Morì Lazaro Vecchio nel 1451. e Giorgio fuo figliuolo, eiTendo di 68. anni
tfpltum, nel 1484. e furono fepoki amendue nella Pieue d'Arezzo, appiè della Capella-»
loro di S.Giorgiojdoue iia lode di Lazaro furono eal tempo appiccati quefti ver/ù

jjiretij exultet tellus clariffima: namque efi
rer0 Sa y&a Rebus in anguftisjimenutque labor.

homti» p^ix opemm iflms partes cegnofcere pofjìs»

Mymecides taceat: Cdlicrates fiteau

Finalmente Giorgio Vaiati vltimo fcrittore delia prefente ftoria , come grato
de' benefici] ? che riconofce in gran parte dalla virtìi de' fuoi maggiori j haiiendo»
Com di £4- come fi dille nella vita di Pietro Laurati da i fuoi Cittadini, e gli operai, e Cano-
trafpor. nici riceuutoìn dono la Capella maggiore di detra Pieue, e <5uella ridotta ne! ter-
tuto in wW- mine, che fi è detto, hà fatto nel mezo del coro, che è dietro all'Altare, vna nuo-
.m^ffogo% ua fspoltura, &c in quella, trattole d'onde prima erano , fatto riporre l'oiiii di

- detti Lazai'o,eGiorgiO Vecchi 3 e quelle parimente di tutti gfiakr ,che fo-

no itati di detta famiglia così femine, come mafchi, e così fatto nuouo fe-
polcro a tutti i defcendenti della cafa
de Vafari. Il corpo fimilmente
della madre, che morì in Firenze l'anno 1557. (iato in depofiro al-
cuni anni in S. Croce j hà fatto porre nella detta fepoltura, sì co-
me ella defideraua con Antonio fuo marito,e padre di lui, che
morì infin l'anno ϊ 5 %-j. di peililenza ì E nelià pre 'ella, che
·€ fotto la tauola di detto Altare fono ritratti di natu-
rale dal detto Giorgio Lazaro,e Giorgio Vecchio
fuo Auolo, Antonio iuo padre, e M. Mad-
dalena deTacci fua madre. E quello
fia il fine della vita
di Lazaro Va-
fari Pittore Areti-
no &c.

FiW deL· njita di Lazaro Fafm Pittore Amino.

ι

A Μ-

-ocr page 371-

VITA DI ANITONELLO DA MESSI i 8 ^

VITA r/ANTOHbLLO DA MESSINA ì

ΡίττοΒΕ. ^^^^^

VANDO io confiaero nieco S

de'beneHcìi, & ycd, che hanno ^
moki Maeftru ^ne ^^ ^^^

Τ Lmente "nduflriofi, ec^elenti. Hauendo egli-
marli ve^amen e >πα ^^^^^^ ^ ^

rr; ο fpefa, ο al alci loro in-

^ereffo particolare. Seguiand^fi^adunque di adoperare insù letauok,

che a tev^era-, il qual modo fa cominciato^ d^^n

Cimabuei'S^ U50. nello ilare egli/onque'Greci: deguicto poi daCsoc.

Ct*>ì(tiue β^
t&e
άψ^ηφ X

-ocr page 372-

s e c ο ν d a ρ a r τ e

to, è da gli altri de' quali fi è infino a qui ragionato ; fi andaua continuando il mC"
defimo modo di fare ie ben conofceuano gli artefici, che nelle Pitture a tempera
mancauano l'opere d'vna certa morbidezza > e viuacità, che harebbc'potuto arre-
care 5 crouandola > più grafia ai difegnoj vaghezza ai colorito, e maggior facilità
neir vnire i colori infieme, hauendo eglino fempre vfato di tratteggiare Γ opere
loro, per punta folamente di pennello : Ma fé bene molti haueuano fofifticando»
cercato di tal cofa, non peiòhaueua niuno trouato modo >
che buono fufle; ne
vfando vernice liquida, ο altra forre di colori mefcolati nelle tempere. E frà mol-
ti , che cotaii cofe j ο altre fimili prouarono » ma in vano j furono Aleilo Baldo·
uinetti, PiiTello, e molti altri, a niuno de'quali non riufcirono l'opere di quella
bellezza) e bontà j che fi erano imaginato. E quando anco haueffino quello, che
cercauano, trouato, mancaua loro il modo di fare, che le figure in tauola pofaiiì-
no, come quelle, ehe fi fanno in muro , Se il modo ancora di poterle leuare » lenza
fe n'andalTe d colore, e di' elle reggeffino > nel!' eiTere maneggiate, ad ogni per-
coila ^ Delle quali cofc, ragunandofi buon numero d'artefici, haueuano fcnza_j»
frutto, molte volte difputato. Queilo medefimo defiderio haueuano molti ele-
uati ingegni, che attendeuano alla Pittura fuor d'Italia, cioè i Pittori tutti di Fran<
eia, Spagna, Alemagna, e Prouincie. Auuenne dunque ftando le coi"e in quelli
termini, che lauorando in Fiandra GiouannidaBruggia, Pittore in quelle parti
molto ftimato, per la buona pratica, che fi haueua nel meflieroacquiftato, che fi
mife a prouare diuerfs forti di colori, e come quello, che fi diletraua dell'alchi-
mia , afar di molti olij, per far vernici, de altre cofe fecondo i ceruelli de gli hoo-
raini fofifti^i, come eg iera. Hora hauendo vna volta fià l'altre durato grandiilt-
ma fatica iifBipignere vna tauola, poiché l'hebbe con molta diligenza condotta
a fine, le diede la vernice, e la inife a leccar al Sole, come fi coftuina : Ma ò per-
che il caldo fufie violente, ò forfè mal commeiTo il legname, ò male ftagionato,
la detta tauola fi aperfe in fulle commettiture di mala forte. La onde, veduto
Giouanni il nocumento, che fi haueua fatto il caldo del Sole, deliberò di far sì,
che mai più gli farebbe il Sole così gran danno nelle fue opere. E cosi recatofi
non meno a noia la vernice, che il iauorare a tempera, cominciò a penfare di tro'
uar modo di fare vna forte di vernice, che feccaite all' ombra, fenza mettere al
Sole le fue Pitture. Onde poiché hebbe molte cofe iperimentate, e pure, e mef-
colate infieme, alla fine trouò, che l'olio di feme di fino, e quello delle noci, frà
ta ti, che a'haueua protrati ; erano più feccatiui di rutti gii altri. Queftì dun-
:)e bolliti con altre Tue mifiure, gli fecero la vernice, che egli, anzi tutti i Pittori
el Mondo haueuano lungamente defiderato. Dopofàrw iperienza di molte al-
tre cofe, ν de, che il mefcolare i colori con quefle forti d'oh j, daua loro vna tem-
pera molto forre ; e che fecca non folo non temeua l'acqua altrimenti, ma accen-
deua il colore ranro forte , che gli daua luftro da per ie fenza vernice. E quello >
che più gì' parue mirabile fù, che fi vniua meglio, che Sa tempera infinitamente ·
Per corale muentione raliegrandofi naolto Giouanni, fi come era ben ragioneuo-
le, diede principio a moki lauori, e n' empiè tutte quelle parti con incredibile pia"
cere de' popoli, 8c vi le fiio grandilTtmo, il quale aiutato di giorno in giorno dal-
ia fpetienza, a'-dòficendoiempre cofe maggiori, e migliori.
Sparfa non mol-
to ìopo la fama dell' nuenticie di Giouaani, non fole per la Fiandra, ma per Ij-
calia » c nolce iltre ρ s.rr' del Μ »ndo, mife in defiderio grandiifimo gli artefi<^
fapcrc in che no h eg'i deife all' opere fuc tanta perfettione. I quali
artefici»
perche ¥«dsiiaaoi'ope£e> eaoniapcuaao <iaillo, cheegUfudoperaiTej erano

QÌotti h fe-
gtti^

Varie dì(ft col-
ta di modt
di dipgnsre:

Effetto delU
vernice in e ·
na tamia ài

GiP.daSrfiS'
*

^lìj inu«nixti
son yfo vttle
ff ΙΛ vernice
da Gif,

V inmyithne
fi puhlica ifl»
iodi àeWAi*
f^ct.

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VITA DI ANTCNfELLO DA MESS. iBi

codretti a celebrarlo? e dargli lode immortali 3 & in vniTicdefimo tempo virtuo'·
famente inuidiarlo : e maflìaiamente, che egli per vn tempo non volle da nin-
no eiTer veduto laiiorare, ne iniegnare a neffuno il fegreto . Ma diueniiro vec-
chio, ne fece gratia finalmente a Rnegieii de Bruggla Γαο creato , e Ruggieri ad
AuiTe fuo difcepolo , & a eli altri de' quali
Ci parlò, doue h ragiona del colorire
a olio nelle cofe di Pitturi. Ma con ?utro ciò, ie bene i Mercanti n_e &ceuano
incetta, e ne mandauano per tutto il Mondo a Principi, e pn perfonaggi con
loro molto vtile, la cofa non vfciua di Fia\idra. Er ancoraché cotaU Pitture ha-
ueilìno in fe que!!' oc^ore acuro, che loro dauano 1 colon , e gh oiii mefcolan, in»
fieme, e pai-ticolarmente quando erat^o nuoue, onde pareua, che foiie poilib. le
conofcerali, non però d trouò mai nello ipatio di molti anni. Ma efiendo da a -
cuni Fiorentini, che negotiauano in Fiandra , &
m Napoli, mandata fd Re Al-
fonso primo di Napoli, vna tauola con moire figure lauorara a olio da Giouanni»
ja qua e, per la bellezza delle figure, e per la nuóua inuentione del colorito fu
à quei Rè catiiTuna, concorfero quanti Pittori erano in quel regno per vederla} β
da tutti fii fommamente lodata . Hora hauendo vn' Antonello da Mefllna , per- jmfitlh da
fona, di buono , e dello ingegno,
de accorto molto, e prattico nel fuo meft'ero Meffim Pit-
attefo moki anni al difegno in^Roma, fi era prima ritirato in PalermOiC quiui la- me di gnm
«orato moiri anni,,& in vitimo a Meffina iua patria, doue haueua con l'opercL.;? ptrùi»,
confii-mata, la buona opinione , che haueua il paefe fuo della virtù , che haueua
«^i benilTimo dipignere . Coilui dunaue,andando vna volta per fue bsfogne di
Si-
cil'a a Napoli intefe , che al detto Rè Alfonfo era venuta di Fiandra la fopradett^
iauola di mano di Giouanni da Bruggia , dipinta a olio , per
fi fatta maniera , che
" poteuaUuare, re^^geuaad ogni percoiTa, & haueua in le tutta perfettione. Per-
fJ io

fatta opera di vederla, hebbono tanta forza in lui la viuacita de' colori, e la d>'a inuitai»
bellezza, & vnione di quel dipinto, che meiTo da pai'te ogni altro negot.o,e pea- d^lU hlh^
«ero, fe n'andò in Fiandra. Et in Bruggia peruenuto, preie dimeftichezza gran- K^ J»^
Ì'ffima col detto Giouanni, facendoli preiente di moltidifegr.i alla maniera Ita- ^

iiana, e d'altre cofe. TaltTienteche per quello, perro(Teruanzad'Antondlo,e ,,
per trouarfi eiTo Giouanni già vecchioi fi contentò , che Antonello vedeile 1 ot- ^^

«mede! fuo colorire a olio: onde egli non fi partì di quel luogo, che hdbebe- luiUmunie*
niilìmo apprefo quel modo di colorire,cbe tanto defideraua. Ne dopo η^οΐίο, ei-
ta Λ cchrire

ceri,e tutta venerea fi rifoìuè ha'bkTrfai^pre ^ e qtiiui fin re la ^^^^^ „ . _ ..

ua trouato vn modo di viuere appunto, fecondo il fuo gufto. ^^^^^^^^^^^ , ^ff Φβ'

a h-iuorare, vi fece molti quadri a olio, fecondo , che in la nou^tà "

chefoncfparfiperlecafJde'Gentil'hu^^^^^

di quel lauoio vs furono ftimati aflai. Moiri ancoia ne ic , _

diuerfi luoghi. Alia fine, bauendofi cgl. qu^ui ^^^^^^^^

fatta allogatione d'vna tauola.che andana in S.Caffiano,! arocma di queiia l^it a.la
qVal t uda fù da Anronello có ogn fuo faper, e fenza r.fparmio di tepo iauoi ya: J^^'
E
finita ner la nouità di quel colol ire,e per la bellezza delle figure,haucndole ht-
con bLn dife«no,fù commendata mo'to, e tenuta in pregio guandfs. Et irtefo
per il niìn.io rimiro
che esH haueua in quella C nxà, di Fiandra portare, fu lem- f fm^tp mei

n-aiàor? che ki-a erano m credito inVenetia eia tenuto molto ecceiU

Ν η

vn

-ocr page 374-

xjfc seconda parte

vn Maeilro Do:tienico. Coilui arriuato Antonello ia Venecia 5 gli tutr€_^
quelle cairezie > e corcefie» ch« maggiori iìpoiTonofare a vn canifimo , e doice
amico. Per lo che Antonello > che non volle eiTer vinco di corteiìa da M. Donie-
nico> dopo non moki raefi gl' infegnò il fecreto > e modo di colorire a olio. Della
qual corceiìa » & amoreuolezza ilraordinaria j niun' altra gli farebbe potuta eiTeC
più cara : e certo a ragione » poiché y per quella > fi come imaginato
fi era, fù poi
fempre nella patria molto honorato. E certo coloro fono ingannati di groilo r
che penfano > eiTendo auariifimi > anco di quelle cofe > che loro non coftano , dò-
iiere eiTefe da ogni vno, per 1 loro begli occhi, come fi dice ^feruiti. Le cortefie
di Maeilro Domenico Venetiano cauarono di mano d'Antonello quello, che ha-
ueuacon fiie tante fatiche >c fudori procacciatofi, equello ^ che forfè per groiTa
£omma di danari noa hauerebbe a ni uno altro conceduto. Ma perche di M. Do-
menico fi dirà quando fia tempo quello, che lauoraiTe in Firenze, & a cui fuiTe li"
beraledi quello, che haueua da altri corcefementericeuuto,dicosche Antonello,
dopo la cauoladi S.Gaifiano, fece molti quadrie ritratti a molti gentil' huomini
Ve\ietiani.. Et M. Bernardo Ve4;chietti Fiorentitia ha di Tua mano in vnofteilo
quadro S, Francefco ^e S. Domenico, moltibelli. Quando poi gli erano fiiatc,^
allogate dalla Signoria alcune ftorie in palazzo ; le quali non haueuano voluta
concedere a Francefco di Monfiguore Veronefe , ancoraché molto fuile flato fa-
uonto da i Duca di Mantoa; egli fi ammalò di mal di punta,e fi morì, d'anni 49.
fenza hauere
pur meiTo mano all'opera. Fù da gli artefici nel!'eiTequie moto
honorato iper il dono fatto ali' arte della nuoua maniera di. colorire, come tefti-
fica quello epitaffio.

Inferno, λ
Μφη DQ ·
tmnico Pitie ·
ve etcelleme,

V ΛΗ* di Ci'
Iwir» oli» »

Altrtfnto^f
wiioVtncmt

D. O. M-

^ntonìmTi&or, prtedpuum Μ€ίβη£β£, &fìcilm totius ornamentum rhac
■· humo contegitur. IS^on jolum Juis pi£iuris, in quibus fingulare artìficium , & rc-

nuflas fuit, [ed & quod coloribus oleomifcendis fplendorem, & perpetuitaum
primus Italica Tiiiura contulit fummo femper oì'tificium fiudio celebratus,

Rincrebbe la morte d'Antonello a molti fuoi amici, e particolarmenie ad An-
MùMt^dn··· drea Riccio Scultore, che in Venetia nella corte del palazzo della Signoria lauo-
tonaila com* rò di marm o le due fiiatue, che fi veggiono ignude di Adamo, & Eua ,che fono
patita tenute belle » Tale fù la fine d'Antonello, al quale deono certamente gli artefici
noftrihauerenon meno obligatione dell'hauere portato in Italia il modo di co-
^ΐΛ Ricci» lorire a olio, che aGiouanni da Bruggìa, d'hauerlotrouato in Fiandra : hauendo
^rtMfia» l?vno, e l'altro beneficato rSc arricchito queil' arte . Perche, mediante queftii-.»^
inuentione fono venuti poi fi ecceilenti gli artefici, che hanno potuto far quafi
viue le loro figure » La qual cofa tanto più debbe eiTere in pregio, qua'ito man-
co fi troua fcrittore alcuno , che quella maniera di'colorire aifegnia gli anti-
chi . E fe fi poteiTe fapere, che ella non fuiTe (lata veramente appreilo di loro »
auanzarébbe pure quello fecolo l' eccellenze deli'antico in quefiia pcrfettione:
Ma perche,-.fi come, non fi dice e<»fa ,xhe non fia fl:ataaltra volta detta, così forfe
non fi fa cofa,che non fia (lata fatta, me la paiTerò ienza dir'àltro :;E lodando fom-
inamente coloro, che oltre al difegno, aggiungono (emprc all' arte qualche
coi»»
encnderi^ a fcriucre die gl r alt r i..

imddU vitA dlUntQu&ìL·^ L· Μφηα*

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vita di alesso baldovinetti. ^sj

yiTA DI ALESSO BALDOVINETTI PITTOB.E

FIORENTINO.

A tanta forza Ja nobiltà dell' arte deik Pitura , che moin no2-
bili huomini fi fono partiti dall' arri

«lUiilaait,,
««ainiuna

terrene

............. a ^UH^ ρ.....__________ quali farebbono^

potuti hechiflìmi dmenire r e della inclinatione tirati, con-
trail volere de'padri,; hanno feguito rappetito loro natura-
le > edatifi allaPjtrur3ò alla Scultura, ò altro fomigliami_> miiltmilt^

elercino. E per verodirè, chi {limando le ricchezze quanto

_ fi deue, e non più ; hà per fine delle Tue attieni la virtù, fi ac-

teiori, che Ρ argento, e l'oro non fono,, fénza; che no» temono
di auelle cofcj the in breuehora ne Tpogliano di quefte ricche2i« ··
Ϊ che: più del douer icioccanient«-f©n©

€iò>

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xjfc seconda parte

Ciò conofcendo Aleffo Baldouinetti da propria volontà tirato, abbandonò la-^
mercantia, a che Tempre haueuano attefo i fuoi, e nella quale, eflercitandofi l^O"
noreuolmente > fi haueuano acquiftato ricchezze > e viuuti da nobili Cittadini > e
fi diede alia Pittura, nella quale hebbe quefta proprietà di beni/lìmo contrafare
le cofe della natura, come fi può vedere nelle Pitture di fua mano. Coftui, eifen-
do ancor fancuilletto, quafi contra la volontà del padre, che harebbe voluto, che
egli haueile attefo alla mercatura fi diede a difegnare, & in poco tempo vi fece
tanto profitto, che il padre fi contentò di lafciaclo feguire la inclinatione delIa_J
natura · La prima opera, che lauoralTe a frefco AleiÌo fù in S. Maria Nuoua la
Capella di S. Gilio, cioè la facciata dinanzi, la quale fù in quel tempo molto loda-
ta , perche fra Γ altre cofe vi era vn Santo Egidio, tenuto belliiTìma figura. Fece
fimitmére a tempera la tauola maggiore, e la Capella a frefco di S.Trinità, per M·
Gherardo, e M·Bongianni Gianhgliazzihonoratiifimi, e ricchi gentilhuomini
Fiorentini ,· dipignendo in quella alcune ftorie del tefiamento vecchio j le qua-
li AleiTo abozzò a frefco, e poi finì a fecco, temperando i colori con rodo d'vuo-
uo meicolato con vernice liquida fatta a fuoco. La qual tempera pensò, che do-
ueiTelePitturediffendere dall'acqua; ma ella fù di maniera forte , chedoue el-
la fù data troppo gagliarda fi è in molti luoghi Γ opera fcoftara ; E così, dout__,?
egli fi pensò hauer tronato vn raro, e belhffimo fegreto, nmafe della fua ope-
nione ingannato. Ritraffe coftui afiai di naturale, e doue nella detta Capella
fece la ftoi-ia della Reina Sabba , che va a vdire la fapienz i di Salomone, ritrniTe
il Magnifico Lorenzo de'Medici, che fù padre di Papa Leone decimo, Loren-
zo dalla Volpaia eccellentiifimo maeilro d'Oriuoli, & ottimo Afirologi, il qua-
le fù quello, che fece per il detto Lorenzo de'Medici il belliifimoon 'olo, che
ha hoggi il Sig. Duca Cofimo in palazzo ; nel quale orinolo tutte le ruore de'
pianeti caminano di continuo , il che è cofa rara, e la prima, che fuile mai fatta
di quefia maniera. Nell'altra ftoria , che è dirimpetro a queila ritraiTe AlriTo
Luigi Guicciardini il vecchio,I.uca Pitti, Diotifalui Neroni, Giuliano de' Medici,
padre di Papa Clemente iettiino, & a canto al pilailro di pietra, Gherardo Gian-
hgliazzi vecchio, e M. Biongianni Caualiere, con vna veila azzurra indoiTo, δε
vna collana al collo i e Iacopo , e G;ouanni della medefima famiglia. A canto a
quefU è Filippo Strozzi vecchio, M. Paolo Ailrologo dal Pozzo Tofcanelli.
Nella volta fono quattro Parriarchi : e nella tauola vna Trinità, e S. Giouanni
Gualberto inginocchioni, con vo' altro Sanro . I quali tutti ritratti fi riconofco-
no beniilìmo, pereflere fimili a qucll;, che fi veggiono iii altre opere , e paitico-
larmentenellecafedeidifcendentiloro,òdigeiio, ò Pitture. Mife inqueila
opera Akflo molto tempo, perche era patientiiiitno, e voleua condurre Γ opere
con fuo agio, e commcdo. Difegnò molto bene, come nel noflro libro fi vede
vn mulo ritratto di naturale , dou' e fatto il girare de' peli per tutta la periona,
cfon molta patienza, e con bella gratis. Fù Aleilo diligentiifimo nelle cofe iùe,e
di tutte le minutie , che la madre natura sà fare, fi sforzò d'eflere irnitatore·
Hebbe la maniera alquanto fecca,e crudotra, maÌlìmamenre ne' panni. Dilettoifi
molto di far paefi, riiiaendoli cial viuo,e naturaicome danno appunto. Onde β
veggiono nelle fue Pitture fiumi, pon!;;,ia{Tì,herbt',frutti,vie,campi,città,cafteliai
arena , & altre infinite fimili cofe. Fece nella Nuntiara di Firenie nel cortilc_^
dietro a punto al muro doue è dipinta la fi:eiia Nunziata vna ftoria a frefco, e ri-
tocca a fecco,nel quale è vna Natiuità di Chriilo,fatta con tanta fatica, e dilige'
in Viia 'capanrìa,chc vi è fi potrebbono annouerar le fila,&
i nodi della ρΛ-

glu;

Alejfo Salda-
maetii lafcU
ΙΆ mercaati/it
t fi dà ali»
fittHYH .

Cspell» a

fre(co\in Fi»

Τληοϊλ,βΟ**
fella afrejco.
Mala riufcim
ta U'vn^tver-
niee inntnia··
tadalm,

Sae flerie cu»
rie/e.

Orinili ingt'
gnofi del Bu-
fa Co/im
.

egualità d'A
^Ιφ.

Stia ffìnniem
i'tptgnefi
·
fm mi
ntrctrp^eCt.

fiittira X fegf

co diligmtif^
ima
f

-ocr page 377-

vita d'alesso bald. >.§7

Slia ; vi contrafece ancora in vna rouina d'vna caia le pietre muffate, e dalla piòg-
gia, e dal ghiaccio logore, e confumate, con vna radice d'ellera groiTa > che ncuo-
Pre vna parte di quel muro, nella quale è da confiderare, che con lunga pacicnza
lece d'vn color verde il ritto delle foglie, e crvn'altro il rouefcio, come fa la natu-
ra» ne pili, ne meno ^ & oltra a i paftori vi fece vna ferpe, ο vero bilcia, che ca-
bina sù per vn muro naturaliffima. Dicefi, che Aleffo s'affaticò molto » per tro- ^^
Ilare il vero modo del muiaico, e che non gli enendo mai riufcitocofa,Ghe valel-
fe, gli capitò finalmente alle mani vn Tedeico, che andana a Roma alle perdo- ^^^^^
nanze ; e che allogoiandolo imparò da lui interamente il modo,e la regola di con' j^e
rntttt in
durlo. Di ηιαηϊεηΓ, che eflendofi meiTo poi arditamente a lauorare, in S. Giouan- frmiea.
ni fopra le porte di
bronzo, fece dalla banda di dentro ne gh archi alcum Ange-
li, che tengono la tefta di Chrifto. Per la quale opera, conofciuto il fuo buon mo-
do di fare ? gli fii ordinato da i Confoli dell' arte de' mercatann, ehe rinettafle, e
puliife tutta la volta di quel tempio, (lata lauorata ,coroe ii diffe, da Andrea i ah : ^ ^^^

perche eflendo in moki luoghi guaita, haueua bifogno d'eiier raflettata, e rac- (hitetto tni-
concia. Il che fece Aleifo con amore, e diligenza, feruendoiì in ciò d'vn' edifitio gime difwi
di legname, che gli fece il Cecca, il quale ìù il migliore Architteto di quell' età. tmpi *
Infegnò Aleflo il magifterio de' mufaici a Domenico Ghirlandaio, il quale a can-
to fe poi lo ritraife nella Capella de' Tornabuoni in Santa Maria Nouella, nella-a
Ritratte d'A-
dora doue Giouachino è cacciato del tempio, nella figura d'vn vecchio rafo con leffo in S.Ua-
vn capuccio roifo in tefta. Vifle Aleflo anni ottanta, e quando cominciò ad aui- «f* NomM^
«inarfi alla vecchiezza, come quello, che voleua poter con animo quieto atten>
«ì^agliftudidellaiuaprofeilìonei fi come fanno fpefle molti huomim, fi com-
itiife nello fpedale di S. Paolo. Et a cagione forfè d'eiferui riceuuto più volen-
tieri , e meglio trattato ( potette anco eiTere a cafo ) fece portare nelle fue ftanze ^^^ inutntis.
del detto fpedale vn gran cailbne, fembiante facendo, che dentro vi fuile buona ^^ ^^^ efferh&i
iomma di danari·,
perche così credendo, che fufl'e io fpedalingo, e gli altri mini- trattato^
firi, i quali fa penano, che egli haueua fatto allo fpedale donatione di qualunque ,,
cofa fi trouafle alla morte fua : gli faceuano le maggior carezze del mondo, Ma Moyui'A'
venuto a morte Aieflo, vi fi rrouò dentro iolamente diiegni, ritratti in carta, & ΐφ.
vn libretto , che infegnaua a far le pietre del mufaico, lo ftucco, & il modo di la-
worare. Ne fù gran fatto, fecondo, che fi diiTe, che non fi trouaifero danari, per-
che fu tanto corcefe, che niuna cofa haueua, che così non fuile de gli amici, co-
me fua. ^

fuo difcepolc il Graffione Fiorentino, Che fopm la

ce a fteico li Dio Padre, con quegli Angeli, che vi fono ancoia. ^ , ' " ^

Dicono. che il Magnifico Lorenzo de' Medici ragionando ^ fol Gmft^^"^^^
che era vn ftrauagante ceruello, gli diiTe ; Io voghe far fare di mufaico , e
chi tutti gli fpigoUdellacuPokdi dentro: Eche >1 &affione rifp^^^ ^^^^ ^^

fcauete Maeftn ·, A che replicò Lorenzo : 7 a? nan non fanno mae-

mo i il Graffione fubitamente fuggmnfe. Eh Loren > pei fona. Non s

ftrr,ma i maeftr, fanno i danari. d'altro, che di fuoicarto- ,

mangio maUncafaiua atauola, che ^ fenza lenzuola. Ma ^

m-.enondormnn letto, che m ^ ^^iT»»

«ornando ad Aieflo egli finì l'arte, e la vita nei r

«iini iotterrato hcnorenolmente. ,, . ... rpìttfìYP vioYp„t,t,n
jlfne deHa yita di ^Ιφ Bnldmett' Fwwtmo.

VEL'

hnpAra da
Tode/fo

-ocr page 378-

s e c ο ν d a parte

VITA DI VELLANO DA PADOVA
SCVLTORE.

ANTO grande è la forza del contraffare con amore j e iludio
alcuna cofa, che il più delle voice > eiiendo bene imitatala-^,
maniera d'vna di quelle noltre arti, da
coloro > che nell^o-
jpre
di qualch'vnoiì compiacciono > fi fattamente fomiglia-r'»
a cofa > che imita quella , che è imitata » che non fi difcern^
, fe ηαπ da chi ha piìi che buon'occhio, alcuna differenza. ^

/ " , rade volte auuiene,che vn difcepolo amoreuole nó appréda al-

SoJ'tà maniera del fuo. maefiiO. Vellano da Padoua s'ingegnò con

nella Scuila. Contrafare la maniera, & il fare di Donato nella Scultura, e maifi-

»·« . inamente ne' bronzi, che rimafe in Pado ua fua patria erede della virtù di Dona ·

re i io

-ocr page 379-

vita di vellano da padda.

tello Fiorentino, come ne dimoftrano l'opere fue nel Santo , dalle quali penian-

«io quafi ceni vno, che non hà di ciò cogmtione intera, ch'eiie liana cu bonato,

fe non fono auuertin reilano tutto giorno ingannati. Coihii dunque, inhamma-

to dalle molte lodi, che fentiua dare a Donato Scultore Fiorentino , che ahora la-

«loraua in Padoa, e dal defulerio dell' vtile, che mediante l'eccellenza deli opere

viene in mano de'buoni Artefici ^ fi acconciò con eflo Donato, per imparar la.^

Scultura, e vi atte'e di maniera, che con l'aiuto di tanto Maeilro, contegni hnal-

inente l'intento iuo, onde prima , che Donatello parnile ώ Padoa , finite l'opere ^

fue, haueua tanto acqmflo fatto nell'arte, che già era in buona afpecianone , e di G/i rma^

tanta (peranza apSo al n.aeftro, che meritò,che da lui gh fodero laiaa e tutte « j

le tnafferk e!i diegnl & i modelli delle ftorie, che fi haueuano a fare di bronzo fi^ru

ittCornoalcorÒdeiSantoinquellaCiuà. Laqualcofafu cagione , che par ito
Wo!corefia detto,fòmtta quell'opera pubkamente allogata al Vellano,

ideila patria con fuo molto honore. E^li dunque fece tutte le ftone di bronzo, ^ prf^tth.
che fono nei coro del Santo dalla banda di fuori, doue irà l'altre e la ftoria, quan- m mmam,
^o S.n fone, abbracciata la colonna, rouina il Tempio de'Filiftei ·, doue fi ved^
gUofmmtu-
Con ordine venir giù i pezzi delle rouine, e la morte di tanto popolo : hz in olire
la diuerfità di molte attitudini in coloro, che muoiono chi per la rouina, e chi per-
la paura ;Il che marauigliofamente efpreile Vellano. Nel medefimo luogo ione
alcune cere, & i mode h di quefte coie, e cosi alcurti candelieri di bronzo iauo-
fati dal medefimo con molto giudicio, & inuenrione. E per quanto fi vede, heb-
bequeftoAcreficeeili-emodeVideriod'arriuare al fegnodi Donatello-.-ma ηοιτ.^

^^ arriuò, perche fi pofe colui troppo alto in vn'arte diffidlinTima. E perche Ve -
|?no fi dilettò anco dell' Architettura , e fu più che ragioneuoJe
in quella protei- ^^
jione, andato a Roma al tempo di Papa Paolo Venetiano l'anno il qua-

le Pontefice era Architettore nelle fabbriche di Vaticano Giuliano da Maiano, tu
anch'egli adoperato a molte coie, e frà l'altre opere , die vi fece; fono di fua ma- Lauoriinv^-^
no l'arme, che vi fi veggiono d. quel Pontefice, col nome appreflo. ^Zno^ ""

Cora al palazzo di 5.λ&ο molti^de ghornamenti di quelkfabbnca , pe. Io ^
^efimo Papa , la teib del quale è di mano di Vellano a fommo le fcale . Dileguo

medefim'o, per quel luJgo vn cortile ftupendo, con vna falita ώ leale comm^ jjc·

de, e piaceuoli miVni cob.foprauenendo la morte del Pontefice nmafeimper- ZI

ietta. Nel qual tempo, che ftette in Roma U Vellano, fece per il detto Papa, e '
per altri moke cofe picciole di marmo, e
di bronzo ·, mà non l'ho potuto rinuetii- statua di
Fece il medefimo in Perugia vna ilatua di bronzo, maggier che il viuo , nella p^olo l /. in
quale figurò
di naturale il detfoPapa a federe in Pontificale,e da pie vi miie il no- Peri^gf^.
t^ie fuo , e l'anno ch'ella fii fa^ ta. La qual figura pofa in vna nicchia di
Pietre, iauorate con molta diligenza. EucLdeila porta di S.Lorenzo,che e u i^uo- ^^ ,

fe Vellano a Padoa con boniffimo nome, era in pregio non io,ο nel a propria pa-

fi-:- V -----I T . . CI nprrhp nnn Pi-arrv inilr./ΛΐΙ

fondere i meralh. Dopo, eflendo già vecchio Vellano > deliberando la S gno- ""
Venetia, che fi faceiìe di
bronzo la ftatua di Bartolomeo da Bergan ο a ca-
Uallo, allogò il cauallo ad Andrea del Verrocchio Fiorentino, e la figura a Vdla- fe„der m-
La qual cofa vdendo Andreajche
penfaua,che a lui torcaife tutta l'opers,ven- tM,

-ocr page 380-

i^o s e c ο ν d a ρ a r τ è

ni ia cantà collera, conofcendofi > come era in vero ^ altro maeftro > che Vellano
non era» che fracaiTaco, e rocco turco il modello, che già haueiia finico del caualloj
fe ne venne a Firenze. Mà poi eiTendo richiamato dalla Signorìa, che gli diede a
fare tutta l'opera, di nuouo ritornò a finirla. Della qualcofa prefe Vei ano tanto
difpiacere, c ae partito di Venetia fenza far motto, ò rifentirfi di ciò in niuna ma-
niera , fe ne tornò a Pa Joa : Doue poi viiie il rimanente della fua vita honorara*
mente, contentandoiì dell'opere, che haaeua fatto>e di eirere,come fù fem·
pre nella fua patria amato, & honorato. Mori d'età d'anni ^ z.e fu iop-
terrato nel Santo'con quell'honore, che la fua virtù, hauendo fe>
e la patria honorato, meritaua. Il fuo ritratto mi fìi manda-
to da Pa^oa da alcuni amici miei > che l'hebbono, per
quanto mi auifarono, dal Dottiffimo, e R.Cardi-^
nal Bembo, che fà canto amatore delle no^
ftre arti, quanto in tutte le più rare
virtù, e doti d'animo, e di corpo,
fù fopra tutti eli altri huo-
niini dell'età noftta-rf
eccellentiifimo.

sdtg»» di

Anirt» iti

Verrocehi"
ptr laeoacof
re>tx,»iii Vel'
Imt.

Sa»m9rtt,(i
ft^Unr»»

FRA

l'iiic dcIU Vita di Ycltano da P^doa Scultore '

-ocr page 381-

vita di fra filippo lippi:

VITA DI FRA FILIPPO LIPPI, PITTORE

fiorentino.

que in Firenze , u. ^^^ ^^^^^^^..encode'F^nCar^^

^^ l'nSS d. tZio ino padre reftò pouero fan-

alcuna cuiiodia , eiìeadoii anco-

___mar?unqurcoftui in go;-- ^vna Moni Lapacaa Tua

- forelk d. Tomaio , iuo%ache ; po,che l'bebbe aìleuato con iuo ddagio
S^^td fiL non pite.te pii ioilentarlo, effeiido egh già di S.an-

-ocr page 382-

xjfc seconda parte

era deilro, & ingegniofo nelle atcioni di manoj tato era nella eruditione cfelJe let-
tere» groilo) e male atto ad imparare
,oncìe, non volle applicami Io ingegno mai»
ne hauerle per amiche. QueÌio piuro , il quale fù chiamato col nome deiiecolo
FilippO) feiièndo teuLUo con gh altr in Nomziato
,e Tetto la difciplina del maeibo
della gramatica? pur per vedere» quello, che fapeiTe fare,: in cambio di ftudiare.^
non faceua mai altro, che imbrattare con fantocci i libri fuoi, e de gli altri. Onde
il Priore iì riioluette a dargli ogni commodità,& agio
d'imparare a dipignere.Era
allora nel Carmine la Capella da Maiaccionuouamente ftata dipinta, la qnale
percioche beli flima era, piaceoaraoltoa Fra Filippo·,laonde ogni giorno per fuo
diporto, la frequenta ua ; e quiui efercitandofi del continouo in compagnia
di
molti giouani, che fetore vi difegnauano ; di gran lunga gli altri aiaànzaua di de-
ftrezza, e di fapere. Di maniera, che fi teneua per fermo, che e'doueile fare col
tempo qualche inarauiglioià cofa. Mà ne gli anni acerbi, non che ne'maturi, tan-
te lodeuoli opere fece,""che fù vn miracolo. Perche
di lì a poco tempo lauorò di
verde terra nel chiollro vicino alla fagra di Mafaccio, vn Fapa,che conferma la-*
regola de' Carmelitani, &-in molti luoghi m Chiefa in più pareti in frefco dipin-
fe , e particolarmente vn San Gio. Battifta, & alcune itone della fua vira : e così
ogni giorno facendo megIio,haueua prefola mano da Mafaccio sì, che lecofe
fue in modo jfìmili a quelle faceua, che molti diceuano, lo fpirito
di Mafaccio ef-
fere entrato nel corpo di Fra Filippo. Fece in vn pilailro in Chiefa la figura di San
Martiale preifo all'organo, la quale gli arrecò infinita fama, potendo ilare a para-
gone con le cofe, che Mafaccio
haueua dipinte ^ Per il che ienritofi lodar tanto»
per li grido d'ogni vno , animofamente fi cauò l'habito d'età d'anni 17. E tro-
uandoii nella Marca d'Ancona, diportandoiì vn giorno con certi amici fuoi
in_»
vna barchetta per mare, furono tutti iniìeme dalle fufte de' Mori, che per quei
luoghi fcorreuano, preii è menati in Barberia ; e meÌTo ciafcuno di loro alla care-
na, e tenuro fchiauo, doue flette con molro difagio per 18, mefi. Mà perche vn
giorno, ha uendo egli molro in prattica il padronejgli venne commodità, e capric-
cio di ritrarlo ·, préfo vn carbone fpento del fuoco, con quello, tutto intero ο ri-
traile co'fuoi habiti indoilo alla morefca in vn muro bianco. Onde eiiendo da-j
gli altri fchiaui detto quello al padrone, perche a tutti vn miracolo pareua»noii-^
s'vfando il difegno ne la Pittura in quelle parti-, ciò fùcaufa della fua /iberatione
dalla catena, doue per tanto tempo era flato tenuto. Veramente è gloria
di que-
fta virtù grandiffima, che vno, a cui è conceduto per legge
di poter condennare,
e punire^ taccia tutto il contrario, anzi in cambio di fupphcio, e di morte,s'indu-
ca a far carezze, e dare libertà. Hauendo poi lauorato alcune cofe di colore al
detto iuo padrone, fu condotto iìcuramente a Napoli, doueegh d pinfe al Rè
Alfonfo, allora Duca di Calauria vna rauola a tempera nella Capella del Caftel-
lo, doue hoggi (là la guardia. AppreiTo gli venne volontà di ritornare a Firen-
ze, doue dimorò alcuni mefi·, E auorò alle donne di S.Ambrogio all'AIrarc
maggiore vna belliilìma tauola, la quale molto grato Io fece a Coiìmo de' Me-
dici , che per queila cagione diuenne faoamiciffimo. Fece anco nel Capitolo di
Santa Croce vna tauola, & vn'altra, che fu pofta nella Capella in cafa Medici,
e
dentro vifece la Natiuità di Chriflo ; lauorò ancora per la moglie di Coiìme
detto, vna tauola con la medefima Natuiità di Chrifto,
e San Giouan ni Batti-
ila , per merrere ali' ei-mo di Camaldoli in vna delle celle de' Romiti, che
ella_jK
haueua fatta £re per fua diuotione, intitolata a San Giouanni Battifta » & alcu-
ne ftorisite
j che ft naaodacoao α doaare, da Cofiino, a Papa Eugenio IV. Vcne-

W.Lippa ineim
to alle lette-
re, mà ajjai
àeftro ne' Ca-
nori di mano.

Impar» hdù
pm^ere.

Sue Pitture,

the imitano
In maniera di
M^frccto,

fer ΓαρρΙαα-
fo, che rtceue,
depone Ih»
iite de" θΛΥ·
tneliti.
E fatto fchiam
m j e eotidotio
in Barbtria,

Iliàtrate,

Sue Pitture

ìnNapoU.
Ift Firenze,

Tsuefa per
^^maldoli,
/»« Pitture
^Mtidate 4
fApa Euge'

-ocr page 383-

vita di fra filippo lippi.

tiano. Laonde F.Fihppo molta gratia di queft'opera acquirtò appreiTo il Pap'L-^.
picefij ch'era tanto venereo» che veJendo donne, che g i piaceiTero, fe le poteua
^iiuere, ogni fua facoltà donato k haucebbe > e non potendo, per via di mezi, ri-

iraendolc in Pittura con ragionamenti la-fiamma del fuo amore intiepidiua. Et

«ra tanto perduto dierpo a quefto appetito, che all'opere prefe da lui, quando era
in queao immote, poco nulla attendeua. Onde vna volta, fra l'altre, Coiimo de* >
Medici, facendoli fare vna opera, in cafa Tua lo nnch/ufe, perche fuori a perder
tempo non andaife, mà egli ftatoci g!à due g'orni, fpmto da furore araoro ο, an-
zi beilia'e, vna iera con vn paio di forbici fece alcune lifte de' lenzuoh dei ietto, e
<Ia vna fineitra calatofi,
actefe per moiri giorni a'fuoi piaceri. Onde non lo tro-
Uando,
e facendone Cofimo cercare, al fine pur lo ricornò al lauoro, e d'allora in
poi gh d ede hbertà, che a iuo
piacere andaiTe, pentito aflai d'hauerlo, per lo paf-
iàto nnchiufo; penfando alla pazzia fua, & al pericolo, che poteua incorrere. Per
il che fempre con carezze s'ingegnò di tenerlo per i'auuenire, e così da lui fu fer-

Uito con più preftezza, dicendo egli,che l'eccellenze de gli ingegni rari fono for-
me celeiti, e non afini vertunni. Lauotò vna tauola nella Chiefa di S. Maria Pri-
TamU tn
meranà m sii la piazza di Fieiole, denrroui vna N.Donna Annuntiata dall' Ange- Fte/ile.
Io, nella quale è vna diligenza grandiiTima, e nella figura dell' Angelo tanta bel-
lezza, che e'pare veramente cola celefte. Fece alle Monache delle murate due
«auole, vna della Annuntiata, pofta allo Aitar maggiore, l'altra nella medefirna-^
Chiefa a vn'Alcare, denrroui due ftorie di San Benedetto,e di San Bernardo,e nel

palazzo dellaSignoriadipinre in tauola vn'Annuntiatafopra vna porta, e fimil- Altrefueopt·

roe :e fece in detto palazzo vn San Bernardo (opra vn'alrra porta, e nel a Sagre- ri,
ftia
di San Spinto di Fi enze vna cauoia con vna N.Donna, Se Angeli d'attorno,e
Sana da lato, opera rara, e da queil; noftri maeftri ftata fempre tenuta in grandil-
fima veneratione.

In S. Loreazo alla Capella de gli Operai, lauorò vna tauola con vn'altra An-,
tiuntiata, ^Sc a quella della ftuiFa vna,che non è finita. In S.Apoflolo di detta Citta
in vna Capella dipinfe in vna tauola alcune figure intorno a vna N
.Donna : Et in
Arezzo a M.Carlo Marriipini,la tauola della Capella di S.Bernardo ne'Monaci di JinÌiXpi
Monte Olaieto, con la Ìncoronatione di N.Donna, e moki Santi attornoiraante-
nutafi così frefca, che pare fatta dalle mani di Fra Filippo al prefente . Doue dal
lopradettoM. Carlo gli fù detto, che egli auertifle alle mani, che dipigneuano,
perche molto le fue cofe erano biafimate. Per il -he Fra Filippo nel dipignere da
indi inanzi la maggior parte, ò con panni, ò con altra inuentione ricoperfe per . ^ -
fuggire il predetto biaiìmo. Nella quale opera ritraile di naturale detto M. Car-
In Ttren^e, ^
io. Lauorò in Firenze alle Monache di Analena vna tauola d'vn Prefepjo ; Et m
Padoua fi veggono ancora alcune Pitture.
Mandò di fua mano a Roma due Ilo-
«iette di fi^u??p
>cciole al Cardinal Barbo, le quali erano molto eccellentemente ^
lauorace Λ condotte con diligenza. E certamente egl. con tnaruugUofa grana
lauorò, e finitiffiraamente vni le cofe fue, per le quali fempre da gli Artefici in.^
pregio, e da moderni maetbi è ftaco con fomma lode celebrato , &aricora men-
tre che Teccellenzi
di tante i^je fatiche la voracità del tempo terrà viue, farà da

ogni fecolohauiito in veneratione. Tn Prato ancora vicino a Firenze, douc ha- /» β
ueua alcuni parenti in compagnia di Fra Diamante del Carmine ftato fuo compa- »lfHmim»m

, e Nouiaio infieme, dimorò molti mefi lauorando per tutta la terra iiifai co-
le· Biìuidogli poi dalle Monache di S. Margherita data a fare lo tauola dell'Al-

UrmaggiofomentLevi lauorauagU venne vn giorno veduta, vna figlinola di

Frali-

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294 S E C Ο Ν D A PARTE _

Fraacefco Biitj Ciccaiin Fiorentino, la quale » ò in ferbanza » ò per Monaca e^^
quÌLii in ferbanza. Fra Filippo dato l'occhio alla Lucrezia, che così era il notnc
dalia fanciuilas la quale hauaua belliiiìaia gratias & aria : tanto operò con le Mo-
nache che ottenne di farne vn ritratto > per metterlo in vna figura di N. Donna»
peri'opra loro. Econqueilaoccaiìoneinnamoratofi maggiormente fece, poi
fimàdo^o di i-j^j^to per via di mezi, e di prattiche, che egli fuiò la Lucrezia da le Monache,e la
F.Lt^^et _ menò via il giorno oppunto, ch'ella andaua a vedere moftrar la cintola di Noftra
Donna» honoraca reliquia di quel Cartello. Di che ie Monache molto per tal ca-
io furono fuergognate, e Fi-ancefco fao padre non fu mai più allegro, e fece ogni
opera per riauerla, ma ella, ò per paura, ò per altra cagione j non volle mai ritor-
narej anzi ftarii con Filippo il qua e n'hebbe vn figliuol mafchiojchefù eh amato
Filippo egli ancora : e fu poi come il padre , molto eccellente» e famofo Pittore.
In S.Domenico di detto Prato fono due tauole, & vna N. Donna nella Chiefa di
S.Francefco nel tramezo, il quale leuandofi, di doue prima era, per non guaftar-
las tagliarono il maro 5 doae era diftmto : & allacciatolo con legni attorno lo tra-
portarono in vna parete della Chiefa doue fi vede ancora hoggi . EnelCeppodi
Francefco di Marco» iopra vn pozzo, η vn cortile è vim rauoletta di man de me-
deiimo col ritratto di detto Francefco di Marco, autore, e fondatore di quella ca-^
higegmfo T>\u fa pia, E nellapieue di detto Cafteildjfèce in vna tauolina iopra la porta del fian-
twe mlltt co, ial·-ndo le fcaie , la morte di S. Bernardo, che rende la fanità toccando la bara
IttueAt Fra» ^ j^olti (lorpiati ·, doue fono Fiati, che piangono il loro morto raaedro, ch'è co-
fa
mirabile a vedere le belle arie di tefte nella meftitia de! pianto con arteficio , e
lìacuraleiimiiitudine contrafare. Sonui alcuni panni di cocolle di Fiat·,
• kanno belliiìime pieghije merirano infinite Iodi, per lo buon difegno ,colorito»
coaìponimento, e per la gratia, e proportione, che in detta opera fi vede, con-
GU è dotta dalla delicatilìima mano di Fra Filippo. GlifCi alloearo da gli operai della

ta ca CapeÌÌa dct\:a.Piene perhauere memoria di lui sk Capella dell' Aitar maggiore di detto
maggiore, "luogo, dotì-e mofirò tanto del valor fuo in quella opera clf oltra ia""bonrà, e l'ar-
teficio di effib vi fono
pannis e tefte mirabsluTìme. Fece in quello lauoro le figa?
Sftst lumi mi ^^ "lagg^ori del viuo, doue introduile poi ne gli altri Artefici moderni il modo di
riformar l'vfo dar grandezza alla maniera d'hoggi. Sonni alcune figure con abbigliam enti iil·-·?
antico dilla quel tempo poco viati ,doue cominciò a deftare gli animi delie genti, a vfcire di
litinm, x|ueIlafemplicità<)Chepiùtoiì:Gvecchia,cheancìcafipuònominare. In qiiefto

lauoro fono le iforie di S. Stefano titolo di detta Pieue partite nella faccia
Sdie ìmka' banda delira, cioè la difputarione, lapidatione, e morte dj detro protomarcire^^j
timu j^elk faccia del quale,difpurante contra i Giudei dimoftrò tanto zelo^e tanto feC'-

uore, che egli è cola difficile ad imaginarlo, non che ad efprimerlo s e ne 1 volri, e
nelle varie artitudmi di effi Giudei, l'odio, lo fdegno, e la collera, per vederfi vin-
co da kii. Sì come più apertamente ancora fece apparire la beilia ita, e la
rabb:a
sn coloro, che l'vccidono con k pietre, hauendole afferrate chi grandi, e chi pic-
iiiolejcon vno ilrignere di denti bombile, e con geili tutti crudel:, e rabbiofi. E-
oientedimeno infrà sì terribile ailako S. Sreianoficuriifimo
,e col vifoleuatoiil
Cielo,
fi dimoilra con grandiflìma carità, e feruore iuppìicare l'eterno Padre ,Ρ^·^
quelli ileilìs che lo vccidono. Confideranom certo belUffime , e da far conofi^siS
altrui, quanto vaglia la inuentione, & faper eiptimer gii affetti nelle
Pitture » il
che fi bene oileruò coiluische in coloro, che fetterrano S- Stefano jfece artitudini
•si dolenti, & alcune tede sì afflitte.,e dirotte nel piantojche e'non a pena pofTibile
Riguardarle lenza cómuouerfi.Da l'altra batxdafecc la Natia'tà,la predica,il bac-

tefi mo,

-ocr page 385-

VITA DI FRA FILIPPO LIPPL i9S

teiirao, la cena d'Erode> e la decollatione ώ S. Giouanni Eattifìa: Doue nella fac-
cia di lui predicante, fi conofce il diuino fpinto, e nelle nube, che afcolranc, i ώ-
"erfi mouimenri, e l^Iewezza, e l'aftìirtione così nelle Jonne come negli huo-
iiini, attratti, e fofpefi tutti negli ammaeftramenti ώ S.Giouanni. Nel batreiitro
fi riconofce la bellezza, e la bontà, e nella Cena di Erode, la maefta del conuuo,
la deilrezza di Erodiana, lo ftiipore de'coniiitati, e lo attnftamenro fuon
di ir.a-
niera, nel prefentarfi la tefta tagliata , dentro al bacino. Veggenaofi intorno al
Conuito infinite figure con molto belle attitudini, e ben condotte, e di ppini, e
di

arie di VifijtràiqSali ritraile allo fpecchioi e fteffoveft^to di nero, in bahiroda

Prelato, & il fuo difcepolo Fra Diamante doue fi piange S. Stefano. tt in vero,
quefta opera fu la più eccellente di tiitre le cofe fue, sì perle confiderationi dette
di iopra, e sì per hauer fatte le figure alquanto maggioii, che il viuo. li che
dette
animo a chi veane dopo lui, di ringrandire la maniera . Fù ranto per le fue buo-
ne qualità ftiraato > che moke coie, che di biafimo erano alla vita fua , furono ri-
coperte , mediante il grado di tanta virtìi. Ritraile in quefla opera M. Carlo fi-
gliuolo naturale di Cofimo de'Mediciàl quale era allora Propofto di quella Chi^
h, la qualefù da lui, e dalla fua cafa molto beneficata. Finita che hebbe queda Tauoìa f

«^peraTanno i455.dipinfeatemperavnatauo!a,per!aChiefadiS.lacopodiPi- "f^pfra in

ftoia dentroui vna Nuntiata molto bella, per M.Iàcopo Bellucci, il qua! vi ritraile Ρψο'Λ.

Maturale molto viuanìente . Ια cafa di Pulidoro Bracciolini è in vn quadro vna
^atiuità di N.Donna di fua mano : E nel Magiftrato de gl'Otto di Firenze è in vn ^Ifre/ueope^

^ezo tondo dipintoa tempera vna N. Donna col figliuolo in braccio. In cafa di retnItmV·

^douico Capponim va'altro quadro , vna N. Donna belliffima : & appreflo di
Bernardo Vecchietti gentirhuomo Fiorentino, e tanto virtuoio , e da bene quan-
più non faperei dire, è di mano del medefimo invn quadretto picciolo vnS.
•Agoftlno, che iludia, bslliffimo. Mà
molto meglio è vn S. Gieronimo in peni-
tenza
della medefima Grandezza in Guaidarobba del Duca Cofimo. E fe Fra Fi-
lippo fù rato in tutte le fue Pitture, nelle picciole fupecò fe fteiTo : perche le fece
tanto gratiofe, ^ ^ ^^e non fi può far meglio : come fi può vedere nelle pre-
delle di tutte le tauole, che fece. In fomma fuggii tale, che ne'tempi fuoi
niuno
lo trapafsò, e ne'noftri pochi, e Michelagnolo l'hà non puc celebrato fempce,
wà imitato in molte cofe. Fece ancora per la Chiefa di S. Domenico vecchiodi dato da Mi'
Perugia, che poi è flato pofta all' Aitar maggiore vna tauola, dentroui la Noftra theìagneh,
Donna, S.Pietro, S.Paolo, SXodouico, e S.Antonio Abbate. M. AleiTandro de gli
AleiTandri, allora Caualiere.& amico fuo gli fece fare per la fua Chiefa di Villa,a
Vincigliata
nel Poggio di Fiefole, in vna tauola vn S. Lorenzo, bi altri Santi ; ri- ^^^,φΐ^,
traendoui lui, e due fuoi figliuoli. Fù Fra Filippo molto amico delle perfone al- ^^ imparar

e fempre lietamente vifle. A Fra Diamantefece imparare l'arre delia Pic- pitturiti

*ura, ύ qua'e nel Carmine di Prato lauorò moke Pitture>e delia maniera fua imi-, jr,
tandola aiTai fi fece honore
, perche e'venne a ottima perfetnon^. Eteree con tra
Filippo in fua giouentù Sandro Boticello
, Pifelio. Iacopo del Sellaio Fiorentino,
che in S.FiÌAno fece due tauole & vna nel Carmine kuorata a tempera,& infiniti crnfm'^
altri maeflri,a i quali fempre con amoreuolezza infegnò l'arte . De le fatiche lue F. TtUppo.
Viffe onoratamente,' e ftraordinariamente fpefe nelle eofe d'amore;delle quali del Ccmimto

Continuo, mentre,chevifle fino a la morte fi dilettò. Fù nchieilo per via di Cofi-

β^ο de»Medici dalla comunità di Spoleti, di fare la Capella nella Chieia pi ìrcira-
«e delia N. Donna·, la quale ,lau orando infieme con Fra Djaniar;te, concuilciL^
woniflìtuo termine, màfopraucncto dalla morte non la potette finue. Percio-

cbs

m

-ocr page 386-

seconda part e

yitme een fo' che dicono » che eiTendo egli tanto inclinato a qiiefti fuoi beati amori» alciim
/peuo dt vg/e· centi 'eila donna da lai amata, Io fecero auuelenare . Finì il corfo della vita fUi
w. Fra Filippo di era d'anni 5 7. nel 143 8. & a Fra Diamante lafciò in gouerno pe^

teftamenco Filippo fuo figliuolo, il quale fanciullo di dieci anni ; miparando l'ai-
te da Fra Diamantej feco ie ne tornò a Firenze portando!ene Fra Diamanre 500*
ducaci, che per l'opera fatta fi reflauano ad hauere da le comunità: de'quali com-
Saa
fepaltw perati alcuni beni per fe proprio» poca parte fece al fanciullo. Fu acconcio Filip-
rtf, po con Sandro Botticello > tenuto allora maeftro boniffimo, & il vecchio fù fot-

terrato in vn fepolcro di marmo rollo, e bianco fatto porre da g i Spoletini, nella»
Morte fu» Chiefarche e'dipingeua.DoKe la morte fua a molti amici,& a Cofimo de'Medici
■compitHt* particolarmente, & a Papa Eugen'.o, il quale in vita fua volle difpenfarlojchc po-
teiTè hauere per fua donna legittima la Lucrezia di Francefco Buti -, la qi'ale per
potere far di fe, e dell'appetito fuo come gli pareile, non fi volfe curare d'hauere.
Mentre che Siilo IV. viueua, Lorenzo de' Medici, fatto Ambafciator da'Fioren-
tini, fece la via di Spoleti, per chiedere a quella comunità il corpo di Fra Filippo»
per metterlo in S. Maria del Fiore
in Firenze : mà gli fu rifpoilo da loro , che efli
mueuàno careftia d'ornamento, e maffimamente d'huomini eccellenti : perche
■ per honoraiTi
glie lo domandarono in grafia ·, aggiugnen io, che hauendo in Fi-

renze infiniti huomini famofi, e quafi di fuperchio, che e'voleiTe fare fenza que-
fto: e così non Thebbe altrimenti. Bene è vero che deliberatofi poi di honorarlo
in quel miglior modo ch'e'poteua,mandò Filippino fuo figliuolo a Roma al Car-
dinale di Napoli, per fargli vna
Capella . Il quale paiTando da Spoleti, per coni-
miiTìone di Lorenzo fece fargli vna iepolrura di marmo fotto l'organo, e fopra la
Sagreftia ; doue fptie cento ducati d'oro, i quali pagò Nofri Tornaboni maeftro
del banco de'Medici»
e da M. Agnolo Poliziano g i fece fare il prefente epigram-
ina> intagliato in detta iepoltura di lettere antiche.

S»f ΣβίίΑβο Conditus hic ego fum piBurs fama Thilippus,
' 'ì<iulli ignota mcicefl gratta mira manus»

^rtifices potui digitis animare colores;

Sperataque animos fallerà -voce din.
Jpfameis ftupuit natura exprefia figuris;

Meque fuisfafia efl artibus efje^parem.
Marmoreo Tumulo Medices Lmrentius hic
me;
Condidit: ante humili puluere te£lus eram.

Sua melUtìi I^jf^giiò Fra Filippo benifTìmo, come fi può vedere nel noftro libro di ΠίΓέ"
t(a otl àiU' gli' più famofi Dipintori, e particolarmente in alcune Carte, doue e difegnata
gm» la tauola di S,Spirito,& in altre doue è la Capella di Prato.

Fine del la vita di Fra Filippo Vittore Fidr enfino·

ΐλΟ'

-ocr page 387-

yita di pavlo r. mino, e chimentl

VITA DI PAOLO ROMANO, E DI MAESTRO MINO
SCVLTORI,
E DI CHIMENTI CAMICIA

architetto.

FGVE hota. che noi parliamo di Paolo Romano, e di Mino
' deh-egno Coetanei, e della medefiraa profeflione, ma mol-
to differenti nelle qualità de'coftumi, e dell arte: perchiL^

Paolo fù modeilo , & affili valente , Mino di molto mi-
norvaloce, mà tanto p;ofontuoio> & arrogante, che ol- Paohmode*
irailfarfuopiendj fuperbia con le parole, ancora
ahmz^ βο. Mino/a-
fuordimodolepropr.e fatiche. Neltadi allogatione dal^o perhy smi>i·
Secondo Pontefice, a Paolo Scultore Romano , d'vna figura , egli tanto dH^SinUm,

Pp pei*

-ocr page 388-

xjfc seconda parte

(lidi, non credendo egli, die tal partito accettafle. Ma Paolo accertò l'inuitto, β
Mino trezo pentito » fole per honore f'uo, cento ducati giuoco. Fatta la figura ni
dato a Paolo il vanto, come raro, & eccellente, ch'egli era : e Mino fù fcorto per
quellaperiòna neirar'^e, che più con le parole, che con l'opre valeua. Sono di
mano di Mino a Monce Caffino, luogo de' Monaci Neri nel regno di Napoli, vna
fepoltura, & in Napoli alcune cofe di marmo. In Ronja il S. Pietro, e S. Paolo t
che fóno a pie delle fcale di S. Pietro, & in S. Pietro la Sepoltura di Papa Paolo
Secoiido. E la fiignra, che fece Paolo a concorrenza di Mino, fù il S. Paolo,
eh'
air entrata dei Ponte S. Angelo sù vn bafamento di marmo fi vede j il quale mol-
to tempo (lette inanzi alla Capelladi Sifto Quarto non conofciuto. Auuennc_^
poi, che Clemente Settimo Pontefice vn giorno diede d'occhio a quefta figura, e
per ciTere egli di tali eiTercitij intendente, e giudiciofo, gli piacque molto. Per il
che egli deliberò di far fare vn S. Pietro della grandezza medeiima. Et infieme
alla entrata di Ponte Sant'Angelo, doue erano dedicate a quefti Apoftoli due ca-
pellette di marmo, leuar quelle, che impediuano la vifta al cartel ο, e metterui
quelle due ftatue.

Si legge nell'opera d'Antonio Filaretó , che Paolo fù non pure Scultore, xrà
valent' orefice, e che lauorò in parte i dodici Apoftoli d' argento , che inanz. al
facco di Roma fi teneiiano fopra l'Aitar della Capella Papale, Ne
i quali lauorò
ancora Nicolò della Guardia,e Pietro Paolo da Todi, che furono difcepoli di Pao-
lo , e poi ragioneuoli maeilri nella Scultura, come fi vede nelle fepolrure di Papa
Pio II· e del terzo, nelle quali fono i detti duci Pontefici ritratti di natu ale. E di
mano de
i medefimi fi veggono in medaglia tre Imperadori, & altn perfonaggi
grandi. E
il detto Paolo ftce vna ilatua d'vn' huomo armato a cauallo , che hog-
gi è per terra in San Pietro , vicino alla capella di S. Andrea. Fù creato di Paolo
lancnriiloforo Romano, che fù valente Scultore, e fono alcune opere di fua ma*
no in Santa Maria Traileuere, & alcroue.

Chime. t Camicia, dei quale non fi sà altro, quanto all' or gine fii?, fé non che
fu Fiorentino, dando al feruigio del Rè d'Vngheria gli fece palazzi, giardini,fon-
taneitempij, fortezze,& altre molte muraglie d'importanzajcon
ornamenti,inta-
gli,palchi lauorati. He altre fimili cofe,che furono con molta diligenza condotti da
Baccio Cellini. Dopo le quali opere, Chimenti, come amoreuole della patria»
fe ne tornò a Firenze, & a Baccio, che la fi rimafe, mandò, perche le deiTe al Rè >
alcune Pitture di mano di Berto,linaiuolo,le quali furono in Vngheria tenute bel·*
liilìme, e da quel Rè molto lodate. I qual Berto (non tacerò anco quello di li^y
dopo hauer molti quadri con bella maniera lauorati, che fono nelle cafe di niol"
cittadini, fi morì appunto in iul fiorire, troncando la buona fperanza, che fi
haue-
ua di lui. Ma tornando a Chimenti > egli (lato non molto tempo in Firenze ' ,
ne tornò in Vnghet ia, doue continuando nel fcruitio del Rè, prefe, andando su
per il Danubio a dar difegni di Molina , per la ftracchezza, vn'
iufermicà
pochi giorni lo conduiTe all'altra vita. L'opere di quelli maeilri fijrono
in
circa. Virte ne' medefimi tempi,& habirò Roma al tempo di Papa S'jlo
to,
Saedo Pint«lli Fiorentino, il qua! per la buona pratica,che bebbe nelle cpR^ ^
d'Architettara ? meritò, che il detto Papa in ogiii fua impreia di fàbbncs^^ '

per inuidia Io ftimolò , infeilollo, che Paolo, il quale era buona, & humiliflìnia,
perfona, fu sforzato a r (entiriì. Laonde Mino sbuftando con Paolo voleua gio-
care mille ducati, a fare vna figura con eflb lui ·, e qùefto con giandiffima prcion-
& audacia diceua ; conofcendo egli la natura di Paolo, che non vokua fa-

Contefa, fra
loro vinta da
ΓαοΙο,

tionej

LAuori di Mi
m tn Napoli,
Statua, dt !>.
Paolo a! Fon*
te S. Angelo
fatta d» Pao*
lo.

Rìpottata in
vna capeUet-
tx da Siflo
IV,

PaoIo inten'
dente dilVar-
te d'Orefice.
Scultori fuoi
dijcepeli ,

SHK ^atua,

Chmetì Fio·
rentino Archi
tetto .
Sue opere in

Metti di C&i
meati.

Siftcie Ptìi.
itili Archi.

tiito ,

-ocr page 389-

VITA DI PAOLO R. MINO, E CHIMENTI. i 99

lemiiTe. fatta dunque col difegno di coftiu la Chiefa , e Conuento di S. Mari*
1 opolo, & in quella alcune Capelle con molti ornanjenti, e particolarmente
Sheila di Domenico della RoUere Cardinale di S. Clemente > e njpore di quei Pa-
V ' mcdeiìmo frce fare col difegno
di Baccio > vn palazzo in Borgo vecchio,
fu allora tenuto molto bello, e ben confiderato edificio. Fece ilinedcumo
JptCo le danze di Nicola, la libreria maggiore. Er in palazzo la Capella, detta di
^ifto, la quale è ornata di belle Pirrure. Rifece iìmiimente la fabbrica del nuouo
spedale di S. Spinto m Saffi , la quale era l'anno H/i.arfaqnafitutta da'fonda-
nienti i aggiungendouivnalunghiifima loggia, e tutte quelle vnlicommodità,
Che il poiìono defi^erare. E dentro nella lunghezza dello fpedale fece dipignere suoiUuo^ltn
itone della vita di Papa Sifto dalla nafcita infino alla fine di quella fabbrica, anzi
iniìno al fine della iua vita. Fece anco il ponte, che dal nome dj quel Pontefice è
aetto ponte S 11... : che fn tenuto opera eccellente > per hauerlo fatto Baccio fi ga-
gliardo di fpalle, e così ben carico di pefo, eh' egli è fortiilìmo, e beniffimo fon-
da o. 1 anmente l'anno del giubileo del 1471;. fece molte nuoue Chieiette per
«>oma,che fi conofcono all' arme di Papa Siilo, & in particolare Santo Apoftolo,
l'iietroìn VmculajeS.Sifìo. Et al Cardinal Guglielmo, Vefcotio d'Hoftia«4
h "^σ ^^ ^i-i^· Chiefa, e della facciata, e delle (cale, in quel modo, che

fi veggono. Afiennano molti, che il difegno della Chiefa di S. Pietro in
re Roma fu di mano di Baccio, ma io non poiTo dire con verità d'haue-

* ^3.to,che così fia. La qual Ch efa fù fabbricata a fpefe del Rè di Portogallo,
β d c ^^ "ledeiìmo tempo, che la natione Spagnuola fece far in Roma la Chie-
Qi San Iacopo. Fù la virtù di Baccio tanto da quel Ponteiìce ftimata» che
^on hauerebbe fatta cofa alcuna di muraglia ienza il parere di lui.Onde l'an-
no 1480. intendendo, che minacciauarouina la
Chieia, e Conuento
di S.Francefco d'Afciiì,vi mandò Baccio, il quale iacendo di
verfo
il piano vn puntone gagliardifs.ailTcurò del tutto quella roa-

Wiiiglioia fabbrica. Et in vnofprone fece porre la ila- ""

tua di quel Pontefice,il quale non molti anni inan- '
' zi haueua fatto fare in quel Conuento mede-
 ν

iìmo molti appartamenti di camere , e
fale, che fi riconofcono, oltre all'
efler magnifiche, all'arme» , ,

che vi fi vede del det-
to Papa. E ne),
cortile n' è
vna

moire maggior, che l'altre con alcuni verfi
latini in
Jode ,d'eflo Papa Sito IV. il
qual dimofìrò a' molti fegni ha-
uerquel fanto luogo in
^ mo:ta venera-
tione.

Pp

y^e deUa -pita di Taolo nowanO) e di Maeflro Mino Scultori,
e di Chimenti Camicia Architetto.

AN-

-ocr page 390-

xjfc seconda parte

VITA D'ANDREA DAL CASTAGNO, DI MVGELLO» E DI DO-
MENICO VENETIANO PITTORE.

Vanto fia biafimeuole in vna pecfona eccellente livido delia
inuidia» che in nefsuno dourebbe rkroiiarfi,
e quanto ice-·
lerata» & orribil cofa li cercarefottoipeticd'vnafimiilat*-^
amicitia, fpegnei' in akn non (blamente ia fama, e la gioì
la vira ftefsa ; non credo io cereamente, che ben fia poiTibi'C^
.............. ^ew efprimerfi con parole : vincendo la fceleratezza del

^ »» ». vsi' ;,e ioL-ia di luigua, ancoraché eloquente . Per il che ienza altcimenti «itten-

Sf " in queffo difcorfo , dirò folo,che ne fi fatti alberga ipitito, non dno inuma-
^ ^' no»e fero, ma crudele in tutto, β diabolico. Tanto lontano d'ogni virtù 3 che oo ^
? non foi<o più imomini » ma ne aniraaii ancoraine «fegni di *

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VITA DI ANDREA DAL CASTAGNO. 501

Condofia , che quanto, la emiilatione, e la concorrenza» che vjrruofamente ope-
rando» cerca vincere, e fonerchiare da più
di Ce ,per acquiitarfi gloria, e honorc > ^
è cofa lodeuole, e da eflere tenuta in pregio , come necefiana , ed Aitile al Mon-
tJo j tanto per l'oppoiìto, c molto più, merita biafimo , e vitupeno : la iceiératiilì-
rtia inuidia, che non fopportando honore, ò pregio in altrui, fi difpone a priuar

vita, chi ella non può fpogliarc della gloria j Come fece lo fciaurato Andrea ^^^

^alCaftagno. LaPittura,ediregnodelqu3lcfà per il vero eccellerne, e grande j c«/tai„o »».
λΊα molto maggiore il rancore, e la inuidia, che e' portaua a gli altri Pittori : Di
utdio/e coaj
nianiera che con le tenebre del peccato, fotterrò , e nafcofe lo fplendar della fua tro i concorre^
virtù. Coftui per efler nato in vna picciok villetta detsa il Caftagno , nelMu- ti nell» fn»
gello , contado di Firenze . fe Ja prefe pei fuo cognoir e , quando venne a ftar^ me.
In Firenze, il che fucceffe in quefta maniera · Eflendo egli nella prima fua fan-
ciullezza
rimaio ienza padre, fù raccolto da vn fuo zio , che lo tenne molti anni
a guardare gli armenti, per vederlo pronto , e fuegliato, e tanto terribile, che fa-
peua far riguardare non folamente le fue beftiuole > ma le pafture , & ogni altra
cofa > che attenefse al iuo interefse. Continuando adunque in tale efercitio > au-
wenne che fuggendo vn giorno la pioggia, fi abbattè a caio in vn luogo, doue_i
vno di quefti dipintori di contado, chejauorano a poco pregio, dipingeua vii^
Tabernacolo d'vn contadino, onde Andrea, che mai più non haueua veduta fi-
inil cofa, aifalito da vna fubita marauiglia, cominciò artentifsimamente a guarda-
le > e confiderare la maniera di tale lauoro : E gli venne fubtto vn defideno gran-
iliifimo, & vna voglia fi fpafitBata di quel!' arte, che fenza mettere tempo in me- pap^ifarione
zo, cominciò per le mura , e sù per le pietre co' carboni, ο con. la punta del col- ^ λ/-
ideilo a fgraffiare s & a difegnare ariaiali, e figure fi fattamente, che e'moueua—» isFitma.
^on picciola marauiglia in chi le vcdeua. Cominciò dunque a corter la i&ma
tra i
contadini di quefto nuouo (Ìudio di Andrea , onde peruencndo (come volle la fua
Ventura) quefta cola a eli orecchi d'vn Gentil' huomo Fiorentino chiamato Ber-
navderto de'Medici , che quiui haueua fue poffefsioni, volle conoscere quefto
fanciullo. E vedutolo Hnalmente, & vditolo isgionare
con molta prontezza, lo tmduci^
dimandò, fe egli farebbe volentieri l'arte del dipintore. E rifpondendoh Andrea,
che e'non potrebbe auuenirit cofa più grata, ne che quanto quefta mai glipia-
<^efses a cagione che e' venifse petfetro in quella > ne lo menò con feco a Firenze »
c con vno di que
'maeftri, ch'erano allhora tenuti migliori, loacconciò a lauorare.
Per il che feguendo ilndrea l'arte della Pittura, & a gli ftudij di quella datofi
tut- j„te„4f^tt
io, moilrò grandiiTìma intelligenza nelle difficoltà dell' arte, e maiHmamentc_> 4i/egno.
«el diiegno. Non fece già così poi, nei colorire le fue opere, le quali facendo al- Mancheuole
guanto crudette, & afpre , diminuì gran parte della bontà
, e gratia di quelle, e mlUvaght^-
»^iafsimamente vna certa
vaghezza , che nel fuo colorito non fi ritruoua. Era_5 dtl tohn-
eagliai-difsimo nelle mouenze delle figure, e terribile nelle teite de maichi, e re,
delle femine,
facendo graui gli afpetti loro, e con buon difegno. Le opere di Sutfnmstpt
man iua furono da lui dipinte nel principio della fua giouinezza nelchioftrodi Mm^
San Miniato al monte, quando fi fcende di Chiefa, per andare in comiento, di
colori a frefco, vna ftoria di S. Miniato, e S. Crefci, quan^io dal padre , e dal-
la madre fi partono. Erano in S.Benedetto, bellifsimo Monafterio fuor del-
la porta a Pinti, molte Pit tute di mano d'Andrea in vn chioftro, & in Chiefa_>!,
^elle quali non accade far mentione, efsendo andate in terra per l'aisedio di Fi- i^cnai^e'
l'cnze. Dentro alla Città nel Monafterio de'Monaci de gli Angeli, nel primo
rte degli An-
chioftro j dirimpetto alla porta principale dipinfe ilCrocififso? che vi è ancor ^Wi.
~ hog-

-ocr page 392-

xjfc seconda parte

f hoggi la N. Donna» San Giouanni, e S. Benedetto, e S.Rorauaitio. E nella te-·

fta eie] chioilro, che è fopra l'oito, ne fece vn'airro fimile > variando folameiv e le
tefte, e poche altre coie. In Santa Trinità allato alla Capella di Maeftro Luca >
ln»hvi Imo- Santo Andrea , A Legnaia dipinfe a Pandolfo Pandolfini in vna fala mol-

ghi di deità ti haomini Illuftri. E per la cpinpagnia deli'Euangelifta vn fegno da portare a
Cfttèf procedìone, tenuto belliifirao. Ne' Serui di detta Città lauorò in frefco tré nic-
chie piane in certe Capelle ♦ L'vna è quella di San Giul-ano , doue fono
della vita d'eilo Santo con buon numero di figure » δζ vn cane in ifcorto » eh " fù

molto Iodato. Sopra quefla nella Capelli intitolar ^ a SanGiroìimodipinfc,^
quel Santo Cecco, e rafo con buon difegno, e moltt fatica. E fopra vi fece vna
Trinità, con vn CrocifiiTos che (corta, tanto ben fatto, che Andrea merita per ciò

elTer molto lodato, hauendo condotto gli f orti con molto migliore p ù moderna
maniera j che gli altri manzi a lui fatto non haueuano , Maquefta Pi^uia, flea-
doui flato pofto fopra dalla famiglia de' Monraguti vna tauo a, non (ì può più ve-
dere . Nella terza, che è aliato a quella , che
è focto l'ìorgano, la qua'e fece fare
M. Orlando de'Medici·, dipi nfe Lazaro, Marta, e Maddalena. Alle Monache
di S. Giuliano fece vn Crocififlo a frefro fopra la porta, vna Noftra Donna , vii_j
S.Domenico , vn S. Giuliano, & vn S. Giouanni ; la qnale Pittura, che è delle
migliori, che facefle Andrea, e da rutti gl; artefici ' niuerfafviente lodata. Lauo-
rò in Santa Croce alla Capella de'CaualcantivnS. Ciò. Battila, &· vn S. Fran-
cefco·, che fono tenute buoniilìme figure, mà quello , che fece ftupire gl: artefici >
fu, che nel
chioffcro nuouo del detto Conuento, cioè in tefla dirimpecco aj!a po ta,
dipinfe a frefco vn Chriilo battuto alla colonna belIiiTìmo ; f -cendoni vna loggia
con colonne in prorpettiiia, con ciociere di voltea lifte diminuite,e le pareti com-
raeife a mandorle, con tanta arte, e con tanto ftudio, che moftrò di non men?
inrendere le difficoltà ddla p'-ofpettiua, che fi faceile il difegno nella Pittura.
Nella niedefiraa ftoria fono belle, e sforzatjiiìnne l'acritudini di coloro, che flagel-
lano Chriilo, di •no1:rando così eifì ne i volti l'odio, e la rabbia, fi come patienza >
& humiltà Giesù Chriilo . Nel corpo del quale arrandellato, e ftretto con funi
alla colonna, pare, che Andrea tentaiTe di mofliare il patir della carne : e che la
Diuinità nafcofa in quel corpo ferbaiTe in fe vn certo fpiendore di nobiltà. Dal
quale moiTo Pilato, che fiede tra fuoi configlien, pare , che cerchi di trouar modo
per liberarlo. Et in fomtua è cosi fatta quella Pittura, che s'ella non fnfie (lata
graffiata, e guaila, perla poca cura, che l'è (lata hauuta, da' fanciulli. Se altre per-
ionefemplici, che hanno fgraflSarc le tede tutte, e le braccia, e quafi il reflo delia
perfona de' Giudei, come fe così haueflìno vendicato l'mg uria del noilro Signo-
re contro di loro, ella farebbe certo belliiTìma trà tutte le cofe d'Andrea ; al quale
fe la natura haueife dato gentilezza nel colorire, come ella gli diede inuentione, e
difegno, egli farebbe veramente flato tenuto maranigliofo. Dipinfe in S. Maria
del Fiore l'imagine di S.Nicolò da Tolentino a caualìo, e perche lauorandola vix^
fanciullo, che pailaua , dimenò la fcala, egli venne in tanta colera, come befiiale
buomo, eh' egli era, che fcefo gli corfe dietro infino al canto de' pazzi. Fece arf"
Cora nel c;miterio di S. Maiia Nuoua in fra l'offa vn Santo Andrea, che p-acqi^®
tanto, che gli fù fatto poi dip-gnere nel Refettorio , doue i feruigiali, Se altn ti^^*
niilri mangiano, la cena di Chriilo con gli Apoftoli, per lo che,
acquiilafo g^^"
tia con la cafa ie' Portinari, e con lofpedalingo, fù datogli a dipignete vna par-
te della Capelia maggiore , eflendo fiata allogata l'altra ad AleiTo Baldoui-

netci, e la terza al mólto allora celebrato Pittore » Domenico da , il qua-

le.

-ocr page 393-

VITA DI ANDREA DAL CASTAGNO. 303 ^

era ftacocondorto a Firenze pei· lo nuouo modo, che egli haueua di colorire
a olio. Attendendo dunque
ciafcuno di coftoro ali'opera iua , haueua Ardrca ^

gfandiflimarnuidia a Domenico, perche ie bene fi conofceuapm eccellerne di .Uo fr<*tic^to
«linei difegno, haueuanondmieno per mal
^'Che eilendo foreitiero, egli fufle oa' d» Bmenica
Cittadini carezzato, e trattenuto : e tanta hebbe forza in lui, perciò la colera, e daVenettA.
lo fdegno , che cominciò andar penfando , ο per vna, ο per altra via di kuarielo 'jJ^^d'A»
dinanzi : e perche era Andrea non meno fagace fimulatore, che egreegioPnto- ^
re j allegro quando voleua nel volto, delia lingua fpedito, e
d'animo hero, & in '

ogni ali iòne del corpo, cosi com'era della mente, nfoluto, hebbe cosi fatto animo
con
aitn, come con Pomemco , vrando nell' opere de gli aitefici diiegnare naico-
iamenie col
craflìare, dell' vgna > fe errore vi conofceua. E quando nella iuagio-
uanczxa furalo in qualche cofa biafimate l'opere fue,fece a corali biaiimatori con
pei-coiTe, & altre ingiurie conofcere,
che fapeua > e voleua fempie, in qualunque
inodo, vendicarfi delle ingmrie. τ j ii

Ma per dire alcuna cofa di Doti^enico prima, che venghiamo all'opera della
Cappella, auanti, che vernile a Firenze, egli haueua nella Sagreltia di Santa^
Dmentco di·
Ilaria d; Loreto, m compagnia di Pietro della Francefca dipinto alcune cole con pi„gt tn Urf

giatia , che l'haueuano fatto per fama, oltre quello, che haueua fatto m al- to,
tn luoghi 5 cnme in Perugia vna camera in cafa de Baglioni, che hoggi è rouina-

conofcere in Firenze : Doue eiTendo poi chiamato, prima , che altrofaceilc_j> In Ptrugi»,
«ipinfe in ini canto de' Carneiecchi, ne l'Angolo delle due vie, che vanno Γ vna
a'unuoua» l'altra alla vecchia piazza di
Santa Maria Nouella, invnTaberna-
colo a frefco vna Noftra Donna in mezo d'alcuni Santi. La qual cofa , perche^
P'acque, e moltofù lodata da i Cittadini, e da gli arcefici
di que' tempi, fù cagio-
ne > che s'accendeile ma^rgiore fdegno, & inuidia nel maledetto animo d'Andrea ,
contra il pouero
Domenico : pere le deliberato di far con inganno, e tradimen-
to quello, che lenza fuo man)fefto perico ο non poteua fare alla fcoperta, h hn-
le amiciffimo d'elio Domenico ·, il quale perche buòna perfona era , & amore-
vole . cantaua di mufica, e fi dilettaua di fonare il Leuto , Io nceuette volontien
amicitia, parendogli Andrea periona d'.ngegno, e iolazzeuole. E cosi conti-
nuando quella da vn lato vera, e dall' altro finta amicitia, ogni notte h trouauano
^fietne a far buon tempo, e ferenate a loro innamovate, di che molto fi dilettaua
Domenico ·, Il qual amando Andrea da douero, gl' infegnò il modo di colorite a rn^m ad
olio, che ancora in Tofcana non fi iapeua. Fece dunque Andrea, per procedere Λ

ordinatamente, nella fua facciata della Capella di S. Maria Nuoua, vna Nuncia-

che è tenuta beUiiTu-na, per hauere egh in quell'opera dipinto l'Angelo J^^

aria, il che non fi era infino a lora vfaro . Ma molto pai beli' opera e tenuta-^ ,
^Oue
fece la N. Donna, che fale i gradi del Tempio , fcpm i quali figuro moki
poueri,
e frà gli altri vno, che con vn boccale dà in sà la tetta ad vn altro ; e non
lolo quella fifura , ma tutte l'altre fono belle affatto, hauendole egli lauoratc_^
con molto ftudio, & amore, pei: la concorrenza di Domenico. Vi fi vede anco ti-
ralo in profpetiiua, in mezo d* vna piazza vn tempio a orto faccie ifolatc, e pieno
«ivpilailri, e nicchie, e nella facciata dinanzi beniiTlmo adornato di figure fìnte di
«^armo. E intorno alla piazza è vna variata di belliifimi cafamenti, i quali da
lato ribatte l'ombra del tempio, mediante il lume del Sole con molto bella >
difficile, & artificiofa confideratione. Dall'altra parte fece Maellro Domenico
a olio Gioachino, che vifiia S. Anna fua Conforte, e di fotto il nafcere di Noftra-^
i^onna, fingendoui vna camera molto ornara, & vn putto, che batte
col martello

l'vicio

-ocr page 394-

xjfc seconda parte

iVfcio di detta camera con molto buona gratia. Di iotto fece Io fpofalicio d'efl·
Vergine, con buon numero di ritratti di naturale fra i quali è M. Bernardetto de
Mediciconeftabilede'Fiorentini, con vn berettone roflb;
Bernardo Guadagni»
ch'era Gonfalonierej Folco Portinari, altri di quella famiglia. Vi fece anco vn
Nano, che rompe vna mazza > molto viuace : & alcune feminecon habiti indoflo
vaghi, e gratioii fuor di modo, fecondo, che fi vfauano in que' tempi. Ma qjie-
fta opera rimafe imperfetta, per k cagioni, che di (otto fi diranno. In tanto ha-
ueua Andrea nella fua facciata fatto a olio la morte di Noftra Donna, nella—*
quale per la detta concorrenza di Domenico, e per eiÌere tenuto quello, eh' egli
era veramente, fi vede fatto con incredibile diligenza in ifcorio vn cataletto den-
troui la Vergine morta j il quale » ancoraché non fia più > che vn braccio > e mezo
di lunghezza pare tre. Intorno le fono gli Apoftoli fatti in vna maniera > che fc
foene S conofce ne' vifi loro l'allegrezza di veder eiler portata la loro Madonra_4
in Cielo da Giesù Chrifto, vi fi conofce ancora Γ amaritudine del rimanere in ter-
ra Ìenz' eiTa. Tra elfi Apoftoli fono alcuni Angeli , che tengono lumi acceficon
bell'aria di tefte, e fi ben condotti, che fi conofce, eh' egli'così bene feppe ma-
neggiare i colori a olio » come Domenico fuo concorrente. Ritraile Andrea iti
quelle Pitture di naturale M. Rinaldo de gli Albizzi, Puccio Pucci > il Fa'ganac-
do » che fu cagione della liberatione di Cofimo de' Med ci, infieme con Federl·
goMaleuoltis che teneuale chiauidell'Albergherto. Parimente vi ritraileM.
Bernardo di Domenico della Volta Spedalmgo di
quel luogo inginocchioni » che
par viuo: e in vn tondo nel principio dtll' opere fe ίΐείϊο , con viio di Giuda-^
Scariocro, come egli era nelk prtfenza , e ne' fatti. Haiiendo dunque Andrea
condorra quella opera a buoniili 'τ ο termine. acceccaro daÌl' innidia pev le lod) »
chealla viitùdi Domenico vdiuadare, fi deliberò leuaifeio d'attorno : E dopo
hauer penfato moke vie, vna ne raife in efiecutione in quei>o modo. Vna fera
di ilare, fi come era folito » folto Domenico il leuto vici di S. Maria Nuoua > la-
iciando Andrea nella fua camera a difegnare, non hauendo egli voluto accettai:
l'inuito d'andar feco a (palio, con moilrare d'bauere a fare certi difegni d'impor-
tanza . Andato dunque Domenico da fe folo a fuoi piaceri, Andrea fconofciuto
fi mife ad afpettailo c. opo vn canto, & arriuando a lui Domenico , nel tornarfene
a cafa ,g;i sfondò con certi piombi il f-uto, e lo ilomaco in vn madeiìmo tempo :
Ma non parendogli d'hauerlo anco acconcio a fuo modo, co^i i medefinr lo per-
coflè in su la teflia malamente ·, poi lafciatoio in terra fi tornò ih S. Maria Nuoua
alla fua ftanza, e iocchiulo l'vfcio, fi rima'e a difegnare in quel modo, che da Do-
menico era ftato lafciato. In tanto eflènJoibtoiennto il rumore, erano corfii
feruigiah, intefa la cofa, a chiamare, e dar la mala nuoua allo rteffo Andrea
mici-
diale,e traditore : Il qual cerio doue erano gl altri intorno a Domenico non fi po"
teua cófolare,ne reftar di dir t hoime fratel mio, hcime fretel mio. Fmalméte Do-
menico gli fpirò nelle braccis, ne fi feppc, per diligenza, che fiiiiefatta , chi mot'"
to l'haueife, e fe Andrea, venendo a morte, non Γ haueife nella confeilìone rni*
nifeftato, non fi faprebhe anco. Dipinfe Andrea in S. Miniato fra le Torri di ^ j'
renze vna tatiola, nella quale
è vna ailuntione di N.Donna con due figure · ^ ^ ^
la Naue a L anchetta, fuor della porta alla Corte in vn tabernacolo vna N·
na. Lauoròilmedefimoincafa de'Carducci hoggi de'Pandclfini, alcu''^
mini farrìofi, parte imaginati, e parte ricratti di naturale. Fraqueft"^ , 'PP®
Spano de gli Scolari, Dante, Petrarca, il Boccaccio, & altri. Alla
Scarperia i^
Mugello dipinfefopra la porta del palazzo del Vicaiio vna Carità ignuda,

JtndrtM rifol'
ne d amma^^a
\ar Domem-
eo,9 infiiiof»*
menta Peft-
^utfie·

Martt dì Do*

pteaico ,

Pitture vitm
d^ ΛηάνεΛ tn
Wim&i,

-ocr page 395-

» VITA DI ANDREA DAL CASTAGNO. 305

to bella, che poi è Itaca guafta. L'anno 1478, quando c/alla famigiia de'Pazzi, &
loro adherenti, e congiuraci
morco in S.Maria del Fiore Giuliano de'Me-
j e Lorenzo fuc fraceiio ferito » fù deliberato dalla Signoria, che tutcj quelli
^ella congiura fuilìno, come cradicori dipmri nella facciata del palagio del Pode- Rhrejti (kj
onde eilendo quella opera offerta ad Andrea> egli come feruicore ,
δί obliga- sì' ir.terelfats
[o alla cafa de'Medici, Taccetcò molto ben volencieri, e mcilouifi la fece tanto covgtu.
bella,che fu vn (lupore; ne fi potrebbe dire quanta arte, e gmdicio fi conofceua
tn que' perionaggi litratci per lo pmdi naturale , v'^c impiccati per i piedi in ftrane
^titudini 5 e tutte varie, e belliilìme. La
qual opera perche piacque a rutta ]a_xi
^ittà, e particolarmente a gl'intendenti delle caie di Pittura > fù cagione j che da
Quella in poi, non più
Andrea dal Caftagno, ma Ar-drea de gl'Iinpiccati ήιίΤς^ν
Chiamato
. Vifle Andrea honoratamente, e perche fpendeua aifai, e particolar-
liicnte in veilire> in ilare honoreuohnente in caia? laic.ò poche facuicà» quan- *

do d'anni 71. pafsò ad altra Vita. Ma perche fi rifeppe j poco dopo ia mone fuj,
i impiecà adoperata verio Domenico, che canto l
'amaua, fùcon odiofe ellequie
^ef
o.to in S.Maria Naoua, doue iìmilmente era ilaco fotterrato l'infelice Dome-
nico d'anni cinquantarei. E l'opera fua cominciata in S. Mana Nuoua nmafc_j
imperfetta, e non finita
del tutto 5 come haueua fatta la tauola deli' Akàr
"maggiore di S. Lucia de' Bardi, nella
quale è condotta con molta diljh
genza
vna N. Donna col figliuolo in braccio, S. Giouanni Battir \
ilajS
.NiColòjS.Francei'co, eS. Lucia. La qual tauola ha-
ueua poco innanzi, che faife morto%
all' vkimo fine 4
perferramente condorra 8cc. Furono diicepoli '

d'Andrea Iacopo del Cerio > che fù ragio- Hifit^olì di -

neuolemaeilro,Pifanelio , il Marchi- Aniire0g

no, Pietro dei Pollaiuoloj e
Giouanni da Rouez-

zano&c. >

Qq

f'we della vita à'Mirea dal Caflagno> e di Domenico Venetknol

GEN-

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xjfc seconda parte

VITA DI GENTILE DA^ FABRIANO, E Di VITTORE
PìSAN£LLO VERONESE PITTORI.

RANDISSIK4 0 vàntag<TÌo ha chi iefla in vno auuiameO'

to dopo la morte dVno,che Ci habbia co qualche rara virtù ho-

. nore procacciato,e fama:percioche fenza molta fatica, lolo,che

fegaiti in qualche parte le veftigie del maeftro, perniene,q"a"

fempre, ad honorato fine,doue'fe per folo haueiTe a ptrucnnct

bifognarebbe più liigo tempo, e fatiche maggiore aiTai. H che*

oltre molti altri, fi potette vedere, e toccare, come ίΐ

mano, ίη '^■Γ no, ο vero Pifanello Pittore Veronefe: I Iquale,eiTendo

- anni i α Firenze con Andrea dal Caftagno, & hauendo l'opere dil «i finito, dopo

chi fìi raortojs'acqmftò tauro credito;col nome d'Andrea,che venendo in Fireze
• papa

Jiffiinn Me'
«0 d a

-ocr page 397-

VITA DI VITTORE PISANO. toj

Papa Martino V. ne io menò Ceco a Roma, doucmS.Giouannaat^^^^^ Stie

tare in ftefco alcune itoric , che fono vaghiffime , e beile al poffibile j perch'egli Gw, Lau.
^"«luelIeabbondantiiTìmamente mifevna forte d'azzurrooicramanno,darogìi
«al detto Papa sì bello , e sì colorito, che non hà hauuto aticora pragone. Et a
«concorrenza di coftui, dipinfe Gentile da Fabriano alcune altre itone, lotto ai e boub^ eriche

Radette. Di che fàraentione il Platina nella vita di quei Pontefice, il qua e

narra, che hauendo fatto rifare il pauimento di San Giouanni Laterano, & U pai-
co, & il tetto, Gentile dipinfe molte cofe , & in fià l'aitie figure, di terretta tra le ^^
fineftre in chiaro , e fcuiO , alcuni Proferi, che fono tenute le migbon Pitmie di
tutta quell'opera Fece il medeiìmo Gentile infiniti lauori nella Marca 5 e parti-
colarmente in Acrubbio, doue ancora (e ne veggono alcuni, e hmiimente per tue- amùh β
to Io ftato d^rblno. Lauorò in S.Giouanni di Siena, & m Firenze nella Sagre- molti Uuori
ftia
di Santa Trinità fece tn vna tauola la ftoria de' Magi, nella quale ritraile fe ^jr^^
fteiTo di naturale. Et in San Nicolò alla porta a S. Mimato, per la faraigha de' ^^^^

Quarantefi , fece la tauola dell'Aitar maggiore, che di quante cofe hò veduto di ^^ ^ ^ Pi,
i^ano di coilm> a me lenza dubbio pare la mighore, pereh e oltre alia N. Donna,
e molti Santi, che le iono intorno ben fatti, la predella di detta tauola , piena di
fiorie della vira di San Nicolò, di figure picciok,non può eifere più bella,ne me-
gi o fatta di quello, che eli' è . Dipmfe in Roma in
S. Maria Nuoua fopra la fe- 'Roma*
poltura del Cardinal Adimari Fiorentino, & Arciiiefcouo di Piilula quale è allato
f «ìuella di Papa Gregor ο Nono, in vn'archetto la N. Donna col figi uolo in col- ^ff^
lo, in mezo a San Benedetto, e S.Giufeppe . La qual opera era tenuto in pregio

diuino Michelagnolo , il quale parlando di Gentile vfaua dire ,che nel dipi- '^jipnge in
snere haiieua hauuto la ma!:o iìmile al nome . in Perugia fece il medefimo vna j^^^f^g^^ ^ ^
tauola in S.Domenico moi:o bella: & in S. Agofi ino di Bari vn Crocifiifo d'intor-
ilato nel legno , con tre meze figute belHffime , che fono fopra la porrà del coiO.

Mà tornando a Vittore Pifano le cofe,che di lui fi fono di iopra raccontate fu^
fono fcritte da noi, fenza pm, quando la prima volta fù ftampato quefìo noilro
ìibro,perche io non haueua ancora dell'opere di quefto eccellente Artefice quel-
la cognitione, e quel ra-^uaglo hauuro, .he hò hauuto poi; Per auiii dimque del
^^oito Reuerendo, e dotuffimo Padre Fra Marco de'Medici V?rone(e, dell'ordi-
sse de'Frati Predicatori, sì come ancora racconta il Biondo da Forlì, doue nella_^
 P((/ì·
^"a Italia illaftrata, parla di Verona, fù coftui in eccellenza pari a tutti i Pittori
re eccellente
^ell'ecà fua, come oltre l'opere rac contate di fopra poiìbno di ciò fare ampliflìma ej
, molte altre , che in Verena fua nobiliflìma patria fi veggono, fe ben^

parte quaiì confumate dal tempo. E perche ii dilettò parncolarmeme di fare ^^

fisirnali^nella Chiefa di S.Naftafiadi V rona,nella Capeila della famiglia de'l el- ρ
'«grilli, dipinfe vn Sant'Euftachio, che fa carezze a vn cane pezzato di tane,^
bianco, il quak co'piedi alzati, & appoggiati alla gamba di detto Santo ii nuolta
^ψΙΐΛ ii
col capo indietro, qkfi, che habbia ientiio rumore,e fa quefto atro con tanta vi- vmm»
uezza, che non lo irebbe meglio il naturale. Sotto la qual figura fi vede dipin-
toilnomed'eiTopifancilquakvsòdichiamari), quando Pifano, e quando Pifa-
E fua fac-^

nello, come fi vede,e nelle Pitture, e nell· medaglie di fua mano. Eiopoladetta

figura di S.Euftachioaa quale é delle migl ori, che queilo Artefice lauorafle,e ve-

v^,_____ · ti /ir· , . ■». . σ , ^ , , ^ .,

m

-ocr page 398-

3os seconda ρ a r τ β

ta, che tien la fpada, già con la punta nei fodero, vS: abbaflan ίο la (mìPxt^ j accio-
che la maggioi· diftanza gli faccia ageuolezza a infoderar !a fpada,
che c /unga,fa
ciò con tanta gratia , e con si bella maniera , che non fi può veder meglio > e Mi·"
chele San Michele Veronefe Architetto della Illufìriiiìma Signoria di Venetia>
c perfona intendentiiTima di qucile belle aiti, fìj più volte vinendo, veduto con-
templare qiiefte opere di Vittore con marauiglia, e poi dire , che poco meglio β

ίroteila vedere del Santo Eaftachio, del cane, e del S.Giorgio fopradetro . Sopra
'arco poi di detta Capellaè dipinto, quando S.Giorgio vccifo il Dragone , 1 bera
la figlinola di quel Rè, la quale fi vede vicina al Santo con vna verte lunga j fe-
condo l'vfo di que'tempi,nella qual parte è marauiglioia ancora la figura del me-
defimo S. Giorgio, il quale armato, come di fopra, mentre è per rimontar a ca-
uallo, ftà volto con la perfona, e con la faccia verfo il popolo, e meflb vn piè nel··
la ilafìa, e la man manca alla fella, fi vede quafi in moto di falire fopra il cauallo»
che hà volto la groppa verib il popolo, e fi vede turto, eifendo in ifcorcio in pie·
ciolo fpatio, beniiTìmo. E per dirlo in
vna parola , non fi può fenza infinita ma-
rauiglia , anzi ilupore contemplare quefta opera fatta con diiegno >con gratia,
e
con giudicio ftraordinario. D pinfe li medefimo Pifano in S. Fermo maggiore di
Verona, Chiefa de'Frati di San Francefco Conuenruali nella Capella de'Brenzo-
ni a man manca, quando s'entra per la porrà principale di detta Ghiefa, fopra la
ÌJmelau cm f?poltura della Re urrettione del Signore, fatta di Scultura, e fecondo qne'tem-
^guft tocche pi, molto bella : dipinfe dico, per ornamento di quejl'opera , la Vergine Annun··
doro molto nata dall'Angelo: le quali due figure, che fono forche d'orojfecondo l'vfo di que'
ìngtptBfii,^ _ tempi, fono bellifTrme, fi come fono ancora certi cafnmenti molto ben tirati,
wSS" i· piccioli animali, & vccelli fparfi per l'opera tanto propr j, e viui quanto è

iettot * poiTibile imag:narfi. Il medefimo Vittore fece in medaglioni di getto infiniti ri-
Μ co'mmedatù Principi, de'fuoi tempi, e d'altri, da i quali poi fono ftati'fatri molti qua-

MonfGio· iii^i di ritratti in Pittura. E Monfignor Giouio in vna lettera volgare, che egli feri-
w
v»a/ΗΛ ue al Signor Duca Ccfìmo, la qusle fi legge ftampata Ccn n.olte al ie, dice par·
^tutra, Lindo di Vi? tore Pifano, quefìe parole.

Coftmfè ancora preflantìffimo neWopera de'baffi rìlìeuhfimati difflciUffimi da
gli Artefici i perche fono ilme7:o il piano delle Titture icH tondo delle fiatue
. E
perciò β veggono di lua mano molte lodate Medaglie di gran Trincipi,fatte in for-
ma maiiifcola della mifura propria di quel riuerfo, che il Guidi mi hà mandato del
cauallo armato. Fra le quali io ho quella del gran Rè ^lfonfo in Za'x^ra, con vn
riuerfo d'vna relata Capitanale, quella di "Papa Martinotcon l'arme dicafa Colon·
na per riuerfo, quella di Sultan Maomeite» che prefe Conliantinopoli, con lui me-
defimo a cauallo in habito Turchefcho, con vna sfer'7;a in mano, Sigifmondo Ma'
ìatefta, con yn riuerfo di Madonna Ifotta d'^rirnir o, e Tslicolò Ticcinino eon ipru
herettone birlungo in tefla, col detto riuerfo del Guidi, il quale rimando. Oltra
ψteflo hò ancora yna bellifflma Medaglia di Giouanni Taleolog» Imperatore de'
Conflantinorolif con quel bi-T^^rro capello alla grecanica, che foìeuano portare ξΐ
Imperatori: E fù fatta da effo Tifano in Firen7:e, al tempo del Concilio d'Eugeniot
me fi trono il prefato Imperatore, che hà per riuerfo la Croce di Chrifloìfoftentata
da due mani, -verbigratia dalla latina, e dalla greca.

In fin qui il Giouio, con quello, che feguita. RitraiTe anco in medaglia ^

ί)0 '^e' Medici Arciiiefcouo di Fifa, Braccio da Montone, Giouan Galea^^® V>
conti, Carlo Malatefta Signor d'Arimino, Giouan Caracciolo gran
Sinifcalco di
J^poli> Borfo, e Heccolc'daEile, e
molti altri Signori, e huomini

-ocr page 399-

VITA DI VITTORI PISANO VER. 30^

queftaarte Dal S'mtìit
quello, che

__________ _ atinodaGue-

Ds Oumno
Vtfclioia vn
fotfxfi Ufi·
xe.

Dallo Strili''
vtfdio.

rino Vecchio Γιΐι.> compatriota, e grandiilìn ο Litterato, e Scrirtore di que'cempi,
hcI guai Poema, che dal cognome di coftui fù intitolato , il Pjfano del Guerino,
fò honorata mentione eiJo Biondo, Fù anco celebrato dalb Strozzi vecchio,cioè
ca Tiro Vefpafiano padre deli' altro Strozzi, ambiduoi Poeti rariflìmi nella lin-
gua latina. Il Padre dunqiu honorò con vn belliffimo Epigramma,
il qual è iius
ftampa, con gli altri, Ja memoria di Vittore Pifano, e quefli fono i fnuri, che dal
Viuervirtuofamente fi traggono . Diconoakuni > che quando co/lui imparaua
ì'arte, eilendo
oicuanetto Ì in Firenze dipinie nella vecchia Chiefa del Tempio,
ch'era doue è lioggi la Cittadella vecchia, le florie di quel Pellegrino, a cui an-
dando a San
Iacopo di Galitja, mife ta figliuola d'vn'hofte vna tazza d'argento
iieUa tafca, perche fuiTe come ladro punito ; ma fù da S-Iacopo aiutato > e ricon-
dotto a caia faluo. Nella qual'opera moftrò Pifano douer riufcire,
come fe-
ce eccellente Pittore. Finalmente aiìai ben vecchio pafsò a miglior
vita. E Gentile hauendo Jauorato molte cofe in Città di Cartel-
lo, fi condufTe
a tale , e iTendo fatto parletiro, che non ope-
iraua più cofa buona. In vltjmoconiumato dalla vec-
chiezza, tronandofi -^'ottanta anni fi morì. II ri-
tratto di Pifano, non ho potuto hauer di
luogo neduno, DiiTegnarono ambi-
duoi queili Pittori molto bene,
come fi può vedere nel no-
ftro libro &c.

StiMmmèì
Morte iU

amilt»

'^mhidut es'
(tlltnti nel

difigHOp

Fine della vita di Gentile da Fabriano, e di Vittore Tifano Feronefe*

-ocr page 400-

xjfc seconda parte

F I Ο R Β Ν T I N I.

ARE volte fuole ai.iienirej che i difcepol de'maftri rari, fe oi-
feruano i dociiméci di quelli? non dmenghmo molto eccellen:i·
E che fe pure non fe gli lafciano dopo le ipaile>noi] gli pareggi-
no almeno » e fi aggiir.glino a loro intuao. Perche ;1 iolecico
femore della imitanone > con lailìduità dello ftudio, hà forza
di
pareggiare la virtù di chi gli dimoilra il vero modo, dell' opera-
-- - Laonde vengono i difcepoli a fariì tali j che e'concorront.) poi co' raaelt" j β
gliaaanzano ageuolnaente > per eiler fempre poca fatica > lo aj^giugnere a quel-
lo, che
è (lato da altri troiiaco. E che quefto iia il vero Franceico di Pefello imi-
tò caliTieate ia maniera di Fra Filippo, che fe la morte non ce Io toglieua-.»

cosi

Fri^acefro Ρ e.
felli imiteita·
η di léif^Oy

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vita DI PESE'LLO PESELLI. 311

Cosi acerbo, di gran lunga lo fuperaua . Conofcefi ancoraché Pefello imitò la
«laniera d'Andrea dal Caftag no , e tanto prefe piacer del contrafare animali > e di
tenerne fempre in caia vini d'ogni fpecie, che fece quelli sì pronti, & viuaci, che
quella profeflìone non hebbe alcuno nel /uo tempo , che gli facelìe paragone,
^tette fino ali' età di trenc'anni fotto la difciplinà d'Andrea j imparando da lui : e
«iuenne buoniffìmo Maeftro. Onde hauendo dato buon faggio del faper fuo>gli
tu dalla Signoria di Firenze fatto dip gnere vna taiiok a tempera, quando i Magi
ofFerifcono a Chnfto> che fò collocata a meza fcala del loro palazzo, per la quale
^ , ^^q^l'ftò gran fama> e mailimamente hauendo in eiTà farro alcuni ritratti,
e fra gli altri quello di
Donato Acciaiaoli. Fece ancora alla Capella de'Caualcan-
ti in Santa Croce
fotto la Nuntiara di Donato, vna predella con figurine picciole·,
«Ìentroiii ftorìe
di San Nicolò. E lauorò in cafa de'Medici vna fpalliera d'animali
molto bella alcuni corpi di caiToni con iloriette picciole di gioftre dicaualli.
Et veggionfi in detta cafa fino al dì d'hoggi di mano Tua alcune tele di Leoni > i
quali s'aifaccianoa vna grata, che paiono viuiilìmi, & altri ne fece fuori > e firail-
mente vno, che con vn ferpente combatte,e colorì in vn'altra tela vn bue,& vna
Volpe con altri animali molto pronti, & viuaci. In San Pier maggiore nella Ca-
Pella de gli Aleilandri,fece quattro Itorjette di figure picciole, di S.Pietro, di San
, S. Zaaobi, quando refufcita il figliuolo della Vedoua : e di San Benedettoj
^ Santa Maria Maggiore della medefima Città di Firenze > fece nella Capella
ρ gli Ori andini vna N.Donna, e due altre figure belliiiìmc. A i fanciulli della_j
P^^^pagnia di S.Giorgio vn CrocifiiTo. S. Girolamo , e San Francefco , ί nella-j
-"iefa di S. Giorgio in vn.i taaola vna Nuntiata. In Pifto a nella Chiefa di Saii_j>
*acopo vna Trinirà , San Zeno , e San Iacopo : e per Firenze in cafa de' Cittadini
'ono i-noìti tondi j e quadri di mano del medefimo. Fù perfona Pefello modera-
j®' e gentile, e fempre, che poteua giouare a gli amici, con aincreuolezza, & vo-
^«ntien le faceua. Tolfe moglie giouane, Se hebbene Francefco detto Pefellino
fuo fioliuolo, che attefe alla Pittura, imitando gli andati di Fra Filippo infi-
nitamente . Coftui fe più tempo viueua, per quello, che fi conofce;
baurebbe fatte molto più,che egli non fece , perche era ftudiofo
neirarie > ne mai redatta ne dì, ne notte di difegnare. Ρΰ!'"
che fi vede ancora nella Capella del Nouiziato diSan-
ta Croce fotto la tauola di Fra Filippo vna mara-
uiglioiìiTìtna predella di figure picciole per
Firenze, & in quella acquiilato nome
fe ne
mori d'anni 31. perche Pe-
fello ne rimafe
dolente , ne
molto ilettes che lo fe-
guì d'anni 77.
t ΐ t

Pefello mi-
latore d'Ani
dna dal
flugno,

Suo genio nel
dipigmre ani»
mmlt,

ΤληοΙλ nel
paldWp del'
la signoria di
Firenze f che
gli ec^i^n
gran credito.
Altre fua
Pitture in S,
Croce.

Fitture d'am
mmali
/a Medici-
In S. Pietl"

di Firenze
fue ftoriette·
Altre fue 0*
pere in altf^
Chiefe di Fi·*

ren^e,idiPi·

ffoia,

Coflufffi dì
Pefello,
Francefco fuo
^glimlo mol'
to applicalo
alVme.
s«e
picciole
rautgliofe,
Mtrte i'm'
liiM»

Fine delta yìta di Tefello> e Francefco Tefellì VittoriFiountink

Β E-

-ocr page 402-

s e c ο ν d a parte

VITA DI BEInOZZO PITTORE
FIORENTINO.

HI cainina con le fatiche per la ftrada della virtù » ancorach*
ella fi. (come dicoi r) e fairofa, e pjena ci; fpine, alla fine delU
iàlica fi rirraua pur finalmente in vn-largo piano j con tutte Ιί
bra:i ate felicità. F ntl riguardare a balTo, veggendo i
catt ui
paiTt con periglio fitti da lui, rjngratia Dio, che a ialuamence
ve l'hà condotto. E con grandiffimo contt:nto iuo, benedico

~ _ ..... quelle fatiche, che già tanroghrincreiceuano. E cosU'ifto'

rande i pafiàti affanni, con la Ictitia del ber e prefente, fenza fatica fi aifaticsjpci^
far conofcere a chi
Io guarda , come i caldi, i geli, i fudori, a fame, la fete ,
gl'incommodi, che fi pacifcono, per acqiiiftaie la virtù, liberano alcuni dalla po-

uertà

-ocr page 403-

VITA DI Β'ΈΝΟΖΖΟ; Vt3

OfiEtà : e Io conducono a quel ilcuro , e tranquillo ftato, c/oue con tanto contento
^loafFacticatoBenozzoGozzoli finposò. Coftui fù difcepoìo dell'Angelico ,,
Giouanni, & a ragione amato da lui, e da chi lo conobbe, tenuto prattico, di
f.
S-^andifriraa inuentione,e molto copiofo ne gli animali,nelle piofpectme, ne pae- iei,reper i'm·
fi'e ne gli ornamenti. Fece tanto laiioro nella età (uà, che e raoitro noneiieiii p,r

^olto cSrato d'altri diletti, & ancorché e' non fuffe molto eccellente a compara-

tione di molti,che lo auanzarono di difegno viuperò mentedimeno coltanto fare

Slitti gli altri della età fua : perche in tante moltitudine di opere, gli vennero latte

pure delle buone . Djpinie m Firenze nella fuagiouanezp alla compagnia di i.

inarco la tauola dell'Akare, & inS. Fnano.vn ηη^ '

guado per acco ncjare la facciata della Chieia lungo la ihada. Nel Palazzo de i

Med.c4ceXflolaCapella con la ftonade^Magi, & aRomain Araceh nella ^^^^^^^

<^apella de' Cefarini ie itone di S. Antonio da Padoa, doue ntraQe di natuiale^^
Giuliano
Ceiai-ini Cardinale, & Antonio Colonna. Similmente nella Torre de'
Contijcioè fopravna i erta, fotte cui fi paiTa, fece in frefcovnoN. Donna con_^
molti Santi : Et in S. Maria Maggiore all' entrar di Chiefa, per la porta principa-
le, fece a man ritrai
;vnaCapella afre fco molte figure, che fono ragioneuoh'. , ,

Da Roma tornato Benozzo a Firenze, fe n' andò a Pifa, doue lauorò nel Cimite- Stcne del Ts
no, che è allato al Duomo, detto Campo Santo, vna facciata di muro Iunga_j

quanto tutto l'€dificio,facendouittci:ie del Teftamento vecchio con grandiflima ^rani'·

inuentione. E fi può dire, che quefta fia veramente vn'opera terribiliiiima, tnHsnaoae*
veggendofi in eiia tutte le ftorie della Creatione del Mondo diftinte a giorno, per
giorno. Dopo l'Arca di Noè, l'innondatione del Diluuio efpreila con belhiTimi
SP'^ponimenti, e cotÌ3fità di figure. Appreilolaiuperba edificationedella.^
Torre di Nébrot : hncendio di Soddoma, e d'altre Città vicine ; i'hiftone d'Abra-
> nelle quali (ono da confiderare affetti belliifimi : ;percioche fe bene non ha-
Benozzo molto fingular difegno nelle figure, dimoftro nondimeno l art^

Efficacemente neliacrificiodlfaac, per hauerefituatoin ifcon^^

^^aniera, che fi volta per ogni banda : Il che è tenuto cofabelliffimaSegue ap- | J
Pfeffo il nafcere di Mo
sè, lon que' tanti fegni, e prodigi) mfino a che ttaiTe i pò- ^
polo fuo d'Egitto, e lo cibò tanti anni nel deferto. Aggiunie a quefte tutte
ftorie Hebree infino a Dauid, e Salomone fuo figliuolo, e dimoftro veramente ■
benozzo in quefto lauoro vn' animo più, che grande : perche doue li grande im-
Pi^efaharebbegiuilamentefattopauraavnalegione di Pittori, egli ioio la tece
^utta, e la condufle a perfettione. Di maniera , che hauendone acquiltato fama
giandiffima, meritò, che nel mezo dell'
opera gli fufle pofiio quefta epigi amma. ^ EpigrMmma
QÌiìd [peBas volucres, pifces> & monflra feramm ?

EtvmdesfduasyMhereafqueDomos^ porte,

Ei pneros, luuenes, Matres canofq; Tarentes ?
Queis femper viaum fpirat in ore decus.

; inverno fcetibus afta fuo·.
Ejt opus artificis ; pinxit yiua ora Beno^ui :
Ojtiperiymosfundìtemorafonos·

Sono in tutta quelu opera fpaffi infiniti ritratti di naturale, ma perclie_i Mohirltmtì
tutti non fi ha cognitione, diro
quelli fo'amente, che lovihò conofciutidi „ mturAle
J^^Portanza, e quelli, di
che hò per qualche ricordo cognitione. Nella ftona nelleflonelt*.
dunque 4ouc la Regina Saba và a Salonione è ritratto Marfilio Ficiiio fr: certi àme*^

Rr pre-

-ocr page 404-

l'Argi

s e c ο ν d a f a r te

514

prelati

jropolo docfilììmo gceco, e Battifta Platina,il quale haueua pnffl^
tratto in Roma : & isgli rteifo fopra vn cauallo, nella figura d'vn vecchiotto raio
con vna beietta nera,che hà nelle pieghe vna carta bianca, forfè per fegno> ο pet·
che hebbs voloncà-di fcriuerui dentro il nome fuo. Nella medeiìma Città di Vm
alle Monache di S. Benedetto a tipa d' Arno , dipinfe tutte le ftorie della vita di
quel Santo: E nella compagnia de'Fiorentini, che allhora era doue èhoggiu
Monafterio di S. Vico, firailmente la tauola, e molte altre Pitrure nel Duomo die-
tro alla fedia dell'Arciuefcouo in vna tauoletta a tempera dipinfe vn San Tomaio
d'Acquino, con infinito numero di dotti, che difpurano (opra l'opere fue, e fra gi'
altri vi c ritratto Papa Sifto
ini. con vn numerosi Cardinali, e molti capi, ege"
nerali di dmerfi ordini ·, e quefta e la più finita ^ e meglio opera, che jfaceiTe ma'
Beaozzo. Ih Santa Catterina de' Frati Predicatori ne la medeiìma Città fece dii^
tauole a tempera, che beniilìmo fi conofcono alla maniera » e nella ChiefadiS·
Nicola nefecefimiimentevn'altra, e due in Santa Croce fuor di Pifa.
Lauorò
anco quando era giouanetro nella pieuedi S. Gimignano l'Altare di S. Baftiano
nel mezo della Chiefa rifcontro
alla Capella maggiore : e nella fala del configli''
fono alcune figure, parte di fua mano, e parte da lui eilendo vecchie, reftaurate ·
A1 Monaci di Monte Oliueto nella raedefima terra, fece vn Crocifiilo, & altf^
Pittare : mà la migliora opera , che in quel luogo faceife , fù in S. Agoilino nella
Cipella maggiore a frefco ftorie di S. Agoilino , cioè dalla conuerfione infino ali»
morte. La qual' opera hò tutta
difegnata di fua mano nel noiho libro, iiifiemc_J
con itiolte carce delle ftouie fopradecce di campo fanto di Pifa. In Volterra· anco-
ra fece alcune opere, delle quali non accade far mentione. E perche quando Be-
nozzo lauorò in Roma, vi era vn' alerò dipintore, chiaraato^lelozzo, il qua-
le-fò da Forlì, molti, che non fanno più, che tanto, bauendo tronaco fcritto Me"
lozzo, e rifcontrato i tempi, hanno credutosche quel Melozzo,
voglia dir BenoZ-
zo
,mà fono in errore^perche il detto Piciore fù ne' medefimi tempi,e fù molto ίΐΰ"
diofo delle cofe dell'arte, e particolarmente mife raoltodadio, e diligenza in fare
gli fcortijcome fi
può vedere in S. Apoftolo di Roma nella tribuna dell'Aitar mag-
giorej doue in vn fregio, tirato in profpertfua, per ornamento di
quell' opera fono
alcune figure 9 che colgono vue, & vna botte, che hanno molto del buono. M^
ciò fi vede
più apertamente nell' Afceiifione di Giesù Chrifto in vn coro d'Ange*
li, che lo conducano in Cielo, doue la figura di Chrifto icorta tanto bene, che pa-
re, che buchi quella volta, & il
fimile fanno gli Aggeli, che con diuerfi mouimen"
ti girano per Io campo di quell' aria. Parimente ^h Apofioli, che fono in terra,^
fcortano in diuerfc-attitudini tanto bene, che ne fu allora,ancora è lodato da φ·
artefici, che molto hanno imparato dalle fatiche di coftui sii quale
fiìgrandiiTìmO
profpettiuocome ne dimoftrano i cafamenti dìpinnin quella opera, la quale gl^·
fòfattafare da! Cardinale Riano, nipote di Papà Sifto Quarto,dal quale fù.molro
rimunerato. Ma romando a Benozzo, confumato finalmente da g i anni, e dall^
fatiche d'anni y S. fe n'andò al vero ripofo nella Città di Pila, habicando in vna-^
cafetca ,che in fi lungadimora vi fi haueua comperata in carraia diS.
Francefco »·
La qual cafa lafciò morendo alla fuafigliuola : e con difpjacere di tutta qaelfa Cit^

tàfòhonoratamente-fepellito in campo fanto con; quello epitaffio, cheancora-e

filegge,,

Hic tumidm φ Binotij Fiorentini qui ' proxtm ìm pìnxitMfiorias hmc^hf '

donami hummitasiMtca^

ìiuttAmL·
mS.Cattiri·
na di Erati

2nS,Nicola
Vtinlirsl·.
S. ia,S, Cme
fitir di PìfiUt.

SmÌlaueri
SniSaii Gemi·
^mno t

Nella- f&la
àel Confeglìù,
A i Momcì
Oliuetam.
InVolierr/t»
Bquimce fr»
M^lo^o
, t
SenolQie in

Mmd di£g.

-ocr page 405-

vita di benozzo. . ^ij

^me Benozzo coilumatiiììmamenrejempre > e da vero Chn'iìiano , confu- Smì tifiumi
ttiando turta la vita iua in eferdtio honoraro, per ii che , e per iaibiìo- hmomi.
na maniera, e qualità iue, lungamente fù ben veduto ία
quella Città. Lafciò dopo ie difcepoli fUoiZa-
nobi Machiauelli Fiorentino, & akfi

de quali non accade far fmidiÌm

altra memo-

-ocr page 406-

ΐι^ S E C ο Ν d'a parte

vita di francesco di GIORGIO scvltore, et archi-
tetto j e di lorenzo vecchietto scvltore,
e pittore sanesi.

R ANCESCO di Giorgio Sanefe j il quale fù Scultore, & Ar*
chicetto eccellente, fece i due Angeli di bronzo, che fono in
sù l'AIrar maggiore del Duomo di quella Città, i quali
furono
veramente vn bellifs. getto, e furon poi riaetri da lui medefi-
rao con quanta diligenza iìa poilìbile imaginarfi. Eciòpo^
tette egli fare commodaraente, eilendo periona non vnc
no dotata di buone facuhà, che di raro ingegno, onde non
per auaritii, ma perfuo piacete lauoraua quando bene gliveniuaj e per li"
iciai" dopo fé qualche honorata memoria. Diede anco opera alla Pittura» C-j'
fecealcaaecofe, ma nonfimili alle Sculture. Nell'Architettura hebbe ^^n-

.. ^^ dliil-

'Attutii di
iw»^· nel
Duomo di
sit
ma fcolpUida
JPràtefci Sa
vtefe.

s^ofineatir

*fercitar la
StultHrit.

-ocr page 407-

VITA DI FRANC. E LORENZO VECC 317

^iltimogiiiciicio > e moftrò di molto Ijene inrenrier quella profellìcne : e ne può ^ ..

«r ampia fede il palazzo, che egli feie in Vrbino al Duca Federigo Feltro, i

ipartimenti ione fatti con belle, e commode confiderationi, e la ftiauaganze ^lUgl^tlm
pile (cale, fono bene intefe, e piaceuoli, più che altre, che fuiTino ftatefatte in- ^J/L·,^ Ò
h
^^ al filo tempo. Le fale fono grande , e magnifiche, e gli appartamenti delle ^/e a' vrbi'
atnere vtili, & honorati fuor di modo, e per dirlo in poche parole è così bello,
no , efere di
ben fatto tutto quel palazzo , quanto altro, che infin a hora fia ftatofatto già- Fr/mcejeo.
. Fu Francefco grandiilìmo ingegniere,e maiiìmamente di machine da guer· Jritendente dt
^^ > come moftrò m vn fregio, che djpinfe di fua mano nel detto palazzo d'Vrbi-

il quale rutto pieno di firn ih cofe rare, appartenenti alla guerra. Difegnò /ν,;,

anco alcuni libri rutti pieni di cosi fatti inftrumenti j II miglior de' quali hà il Sig. //^L?»/. *
pucaCoHmo de'Medici fra le fuecofe più care. Fùilmedefimo tanto curiofo cmiefiàegV

cercar d'intender k machine, & inìl;rumenti bellici de gli antichisc tanto andò infltummi
inueftigando ύ modo de gli antichi anfiteatri, e d'altre coic fomigliantj, ch'elleno «ntidi
iurono cagione, che mife manco ftudio nella Scultura, ma non però gli furono,
ile fono {tare di manco honore , che le Sculture gli poteffino eiTer ftate -, per le ^^
quali tutte cole fù di maniera grato al detto Duca Federigo,del qual fece il ritrat- ' . g .
to, c m medaglia, e di Pittura , che quando fe ne tornò a Siena fua patria,fi trouò L

non meno eflereftatohonorato, eh.^^ beneficato. Fece per Papa Pio Secondo ^S/e di
iutti 1 difegni, e mod Ili del palazzo, e vefcouadodi Pienza : patria del detto Pa- pieni» fam
P^' e da lu) fatta Città, e del fuo nome chiamata Pienza, che prima era detta Cor- per Pie il,
'gnano, che furon per quei luogo, magnifici honoiatiquanro poteifinoeiìe- Fmificathm
e, e cosi la forn-a, e f nrifìcatiom di detta Città, & infieme il palazzo, e log2Ìa_j ^κΦ citta,
^^ tnedefimo Pontefice · Onde poi Tempre viiTehcnoraramente, e
del fupremo magiftrato de' Signori honorato. Ma j^eruenuto

fua

fùneli».— ..
finalmente

Su» morte t

^"'etàd'anni47. fi mori. Furono le fue opere intorno al 1480. Lafcioc^

^«o compagno, e canffimo amico Iacopo Cozzerello, il quale attefe alla Scultu-
ra > & al'Architettura, e fece alcune figure di legno m Siena, e d Architettura^ ,

Santa Maria Maddalena fuor della porta a Tufi. quale nmafeimperfrn^^

Η morte. E noi gii hauemo pei quefto obligo, che da nifi hebbe il ritratto
<iiFrancefcoiopradctto,iIqualefecedifuamano, Il quale Franceico menta,
«^he gli fia hauuL grande oh igo, per hruere facilitaro le cofe d'Architettura, e
locatole più giouamento , che alcun altro haueiTe fatto, da Filippo
di lerBruneh
infino ailtempo fuo. 1

Fu Sanefe,€ Scult, firnilméte molco lodato Lorezo di Pietro Vecchietti, il quai ^^^^^^^
«isédo prima ftato orefice molto ftimaco, fi diede finalmente alla Scult.& a ptrai ^

bronzo, nelle qnaii arti miie tato ftudio,che diuenuto eccel. gli fù dato a tare p^·^^ ^^^
brózo ilTabernacolo deirakar maggiore del Duomo di Siena faa Γ Smime, _

It ornamenti di marmo ,che ancor vi fi veggono- Il qual ^«'^^«f

acquiftò nor«e, e riputatione gràdiifima, per la fi" '

tutte le patti. Β chi bene confiderà qaefta opera, vede m eiTa buondifegno,eche d.mo f.m^
l'artefice fuo fò giudiciofo, e prattico valent' huomo . Fece A medefimo in vn bel grmd. ·
getto di metallo, per la Capella de' Pittori
Sanefi,nello fpedaje grande della icala
vn Chrifto nudo,che tiene ìa Croce in
mano,d'àltezza quato il vmo.La qual ope-
come venne beniffimo nel getto,così fii rinetta con amore, e diligenza. Nella
'^ledefima raf?., nel peregrinarlo è vna ftoria dipinta da Lorenzo di colori, e fopra
'a porta di S.Gio. vn'atco con figure lauorate a fre^o· Similmente,perche ilbat-
sue opm O '
^efimo con era finito 5 vi iauoro alcune figurine di bronzo, e vi fini pur di bron- ìotVì-

zo

-ocr page 408-

318 S E C Ο Ν D Ax Ρ A R Τ E

^(ie epere^ot zo vna (loda coraiaciata già da Donatello. I^el qiial luogo hauena ancora

uorato dae ftorie di biOnzo Iacopo della Fontdt. la maniera del quale imitò fern-
ife Lorenzo quanto potette maggiormente. II qual Lorenzo conduiTe il detto
lattefimo ali' vltima .perfetcione , ponendoui ancota alcune figure di bronzo
gettare già da Donato ^ mà da ie finite dei tutto, che fono tenute cofc beiUf·
fime. -Alla loggia de gli vificiali in banchi fece Lorenzo di marmo > aii*
altezza delnaturale j vn S. Pietro, & vn S. Paolo, lauorati con
fomma grat a, e condotti con buona ρ attica. Accommodò
coftui talmente le cofes che fece, che ne merita molte
lode così morto,comeiece vitio. Fù perfona ma^
iìinconica, e folitaria, e che fempre ilette ia
iConf^deratione,iI che forfè gli fu cagio·^
jie di nò più oltre viuete, concio-
iìache di cinquanta otto an-
ni pafsò all' altra vita ^
Furono le fue ope-
le jcirca l'anno
1481.

.loyiù t

SPUtHi
<t»armo.

SHei.coflHe$u

Mtml

Fin^JeUà vita di ^rantefco di Giorgio f e diloren'^ 9^eC(hiettì2

m*

-ocr page 409-

VITA DI Amof^io, Έ BERNARDI

yiTA D'ANTONIO ROSSBILINO SCVLTORE, E DI BERNARDO

STO FRATELLO..

V' vctamétefempie cola lòdèuoleve virtuosa la modèftia,e l'ef^^^

fere ornato di gentilez2a,e di quelle rare virtù,che ageuolmen- Mod^m ^

tefiriconofcono neirhonorate attion. .l'Antonio Ròiìellino

Scultore : il quale fece ia fua arte con tanta gratia, che da ogi^ ^^^

i filo conoicentc fùft matoaiTa! più, che huomo, & adorato
I quafiperfanto, per quelle ottime qualità, eh'erano vnite alla
V Virtù
(uà. Fù chiamato Antoniojil Rbikllmo dal procófo^o:per-

coft®' Γ Ìempre là iba bottega in vn luogo, che cosìii chiama in Firenze stsÌ

fi dolce >:efi delicato ne' f uoi jauon, e di jfìnezza, e pulitezza tante perfetta, tatUs^
' maniera iua giuftaincnte fi può dir vera ». e vtraraente chiamare moderna- tee.

Fece

-ocr page 410-

32.0 SECONDA Ρ A R Τ E

Fece nel Palazzo de' Medici la fontana di marmo, che è nel feconiio cortile» oelià
jTmT'^ml alcuni fancmili, che sbarrano Deirìni, che gettano acqua; & è finita

Ρ UaTTo di* ibmma gratia, e con maniera diiigenciffima Nella Chiefa dì Santa Croce al-
Uidta» la pila dell'acqua fanta, fece la fejpolcura di Francefco Neri, e fopra quella> vna N.
Sepoltura in Donna di bailo rilieuo, & vna altra N.Donna in cafa de' Tornabuoni, e molie^
5.
Croce tan altrè cofe mandate fuori in diuerfe parti j fi come a Lione di Francia vna fepoltu-
baft rilieui. ra di marmo. A S. Miniato a monte, Monafteno de' Monaci bianchi fuori delle
Altre fue ope mura di Firenze, gli fu faito fare la fepoltura del Cardinale di Portogallo: La qua-
^y* r f le fi marauigliofaméte fu condotta da lui, e con diligenza > & artificio cosi gran-
rTa Um"di ^^ * che'non s'imagini artefice alcuno, di poter mai vedere cofa alcuna, che di
Francia.. pulitezza, ò di gratia» paiTare la poila m mapiera alcuna. E certamente a chi la
Stpolturaiel confiderà pare impoiTìbile non che difficile, ch'ella fia condotta cosi- Vedendoii
Cardinale di in alcuni Angeli, che vi fono tanta gratia, e bellezza d'aria, di panni, e d'atti-
iortogallo di ficio , che e' non paiono più di marmo, ma viuiffimi. Di quefti l'vno r iene la_j»
ej^Hifue mi* corona della verginità di quel Cardinale, il quale fi dice, che morì vergine_j »
/ifw. l'altro la palma dalla vittoria, che egli s'acquiftòcontra il Mondo. E fra le mol-
te cofe artifitiofiffime, che vi fono, vi fi vede vn'arco di macigno, che regge vna
cortina di marmo aggruppata , tanto netta ^ che frà il bianco del marmo, & il bi-
gio del nmcigno ella pare molto più fimile al vero panno, che al marmo. Insù
la caiTa del corpo fono alcuni fanciulli veramente bellifTimi, & il morto fteilo >
con vna Noftra Donna in vn tóndo, lauorata
molto bene. Lacaiìa tiene il gar-
bo di quella di Porfido, che
è in Roma sù la piazza della rironda, Quefta fepol-
tura del Cardinale fu porta sù nel 1459. F-tanto piacque la forma fila, e l'Archi-
tettura della Capella al Duca di Malfi Nipote di Papa Pio Secondo, che dalle_^

Sepohura
■lìapiU.

m

T»mUbeL· mani del maeftro medefimo ne fece fare in Napoli vn'altra, per la donna fuaj
li^tma. fimile a qucfta in tutte le cofe, fuori, che nel morto. Di p.ù vi fece vna tauola
di vna Natiuità di Chrifto nel prefepio : con vn ballo d'Angeli in sù la Capanna >
che cantano a bocca aperta, in vna maniera, che ben pare , che dal fiato in fuori »
Antonio deile loro ogn' altra mouenza, & affetto : con tanta grafia > e con tanta
pulitezza, che più operare non poiTono nel marmo il ferro, e l'ingegno. Perii
Stétu» nelU che fono ftate molto ftimate le cofe fue da Michelagnolo, e da tutto il reihnte de
Pieue ii'jEw--gli artefici più,che eccelléti. Nella pieue d'Empoli fece di marmo vn S.Baftiano»
t'iim che è tenuto cofa beli flìma, e di quefto hauemo vn difegno di fua mano nel no-

ftro hbto, con tutta l'Architettura, e figure della Capeila detta di S. M niato in
monte, &infieme il ritratto di lui lleffo. Antonio finalmente fi mori in Firenze
Sernarde /uo d'anni 4^. lafciando vn fuo fratello Architettore, e Scultore chiamato Ber-
fruttlle, nardo,il quale in S.Croce fece di marmo la fepoltura di M.Leonardo Bruni Areti-
no , che fenile la flona Fiorentina, e fù quel gran dotto, che sà tutto il Mondo ·
Sue opere, per Qùefto Bernardo fù nelle cofe d'Architetrura molto filmato da Papa Nicola V.
còmtjftone di il quale l'amò aflai, e di ini fi feruì in moltifllme opere, che fece nel fuo Pontifi-
NicoU V. caro, e più hauereòbe fatto, fe a quell' opere, che haueua in animo di far quel
Pontefice, non fi fuiTe interpolila la morte. Gli fece dunque rifare, fecondo, che
Jn I/ihiano. racconta Gianno zzo Manetti, la piazza di Fabriano Γ anno, -che per la pefte vi
ftette alcuni inefi, e doue era fttetta, e malfatta, la riallargò, e riduife in buona
forma, facendoui i ntorno vn' ordine di botteghe vtili, e molto commode, e bel-
le . Rìftaurò appreilb, e ritondò la Chiefa di S. Francefco della detta
terra , che
©««Wo, andaua in ton ina . A Gualdo rifece fi può dir di nuouo, con l'
aggiunta di belle »
. e buone fabbriche, la Chiei? di S.Benedctto. In Afcifi la Chiefa'di S.Francefco,

che

-ocr page 411-

VITA DI ANTONIó, E BERNARDO. 321

che !

«e m certi luoghi era rouinata, & « certi alm minacciaua rouma, ^"ondo ga-
SHamente ,f ncoperfe . A Ciuià vecchia fece moIn belli, e n^agnifici edifi- ^^^

. A Ciu,tà Caaellana rifece megl'-o, che la terza parte delle nmra con buon ^^

ga'^bo. A Narni rifece, & ampliò di belle» e buone ixuragUe la foltezza . A Or- ^

^leco fece V ria gran fortezza con vn belUffimo Palazzo, ^^^ .

«otr Itinere magtìificenza. A Spoleti iìmilmente accrebbe, e fortifico k foitez- ^ ,

facendoui dentro habnationi tanto belle, e tanto comtTiode, e hene inte ^, ^ ^^
Che non fi poteua veder meglio. R.^ettò i Bagni d. Viterbo con gran fp. ^^^^
con animo resio ; facendoui habitationi, che non iole, per gli cn.^ior-

nalmente andauano a bagnarfi farebbono Rate recipienti ,ma ad ogni gran i l en-

Cipe. Tu'teqne'te opere fece il detto Pontefice col diiegno di Bernardo tuon

"^ella Città. In Roma nftaurò» & in moiri luoghi rmouò le mura della Città>che in Rma.
per !a maggior parte erano rouinate, agg'Ugnendo loro alcune torri, e compren-
dendo in quefle vna nuona fortificatione, che fece a Caflel S. Angelo di fuora,
e moke danze, e ornamenti, che fece dentro. Parimente haaeua il detto Pon-
tefice m anu-noj e la maggior parte couduiTe a buon termine »
di reftaurare, e rie-
dificare , fecondo che più haueuano di bifogno, le quaranta Chiefe delle ftatio-
ni già inftituite da S. Gregorio primo , che in chiamato, per fopranome Grande.
Così reftaurò Santa Maria Trafteuere, S. Praliede, S. Teodoro, S. Pietro in Vm- ^ ^^^^^
cala, e molte altre delie Minori. Ma con maggiore animo, ornamento, e dih- ' ^ ^
genza fece quefto in fei delle fette magg ori, e principali, cioè S. Giouanni La-
tsrano, S. Maria Maggiore, S. Stefano in monte Celio, S. Apollolo, S. Paolo j e
S. Lorenzo
extra muros ·, Non dico di S. Pietro, perche ne fece imprefa a parte. j^i

"ledefimo hebbe animo di ridurre m fortezza, e fire , come vna Otta apparta-' ,

^^ il Vaticano tutto, nella quale difegnaua tré vie, che fi drizzauano a S. Pietro »
c^'edo doae è hora Bor"o vecchio, e nuouo, le quali copnua di loggie di qua, e eli
^^ con botteghe commodiffime, feparando l'arti pm nobili, e più ricche dalle mi-
mettendo infieme cialcuna in vna via da per fe ·, E già " J"''·

fondo,che fi chiama ancora il Torrione di Ν cola. E loF-^q^^"^ botteghe,
veniuanocafe magniSche.e commode,e fatte co beli ilima Architeaiira,
^ ^-tiiiffima ; eiTendo difegnate in modo, che erano dfeie, e coperte da tutti que _
j:enti,
r he fono peftifen in Roma, e leuati via tutti gl'impedimenti,ο d'acque,ο di
^^idi]\che{ochono «'enerar mararia.E tutto hauerebbe finito ogni poco p!u,che ^^n tfe^HÌtu

i'i'iTe fiato concedmo di vira il dettoPontefice, il qual' era d^animo grande, e
Woiuco, & Ultendeua canto, che non meno guidaua,e reggeua gli artefici, eh e-

Laqualcofafà, che le imprele grandi fi conducono facilmente a tt-
quando il padrone intende da per fe, e
coroe capace può ifoluerefub ο

vno kreColutò, v^C incapace nello iìav ftà il si, & il no , fra var;j difeglil, C
°piniom,iarrinrnafiatmoIte volte inutilmente il tempo, fenz'operare. Ma di , ,

queao dVrSS accade dire altro,da che non hebbe effetto.Voleaa, J^/f-
oltre ciò, edificate Π Palazzo Papale con tanta magnificenza, e grandezza, e con ^^ ^
tanta conimodità, e vaghezza, che e'fufie per l'vno, e peri altro conto li pm bel-

e maggior edifitio di Chriftiamtà, volendo, che feruifle , non fclo alla perfo-
y? del Sommo Pontefice,
capo de'Chnftiani, e nonfoloal facro Collegio de'
^a''dinali, che efiendo il fno consìglio»& aauo, gh harebbono a effer fetnpre in-
che ancora
vi fteffino commodamente tutti i negorij, fpedinoni, e giu-
cicij della corte, doue ridotti inlìeme tutti gli vfficij, e le cort, harebbonofatto
vna magnificenza, e grandezza > eie qutila vcce fi potefle viaie in fimili cole.

Ss

vna

-ocr page 412-

sit s e c ο ν d a parte

vna pompa incredibile, e che è più infinitamentej haiicua a riceuere Imperadon,
Rè, Duchi 5 & alti-i Principi Chriiliani, che-ò per facende loro > ò per diuotione
viilcailèro quella fantiifima Apoftolica Sede. E chi crederà > che egli volefle fat-
ui vn teatro per le coronatioiii de' Pontefici ? Et i giardini, loggie, Se acquedotti»
fontancj capelle> librerie, & vn conclaue appartato belliffimo ? In fomnia queito
( non sò fc Palazzo, Caftello , ò Città debbo nominarlo ) farebbe ftata la più
perba cofa, che mai fuiÌe (lata fatta dalla creatione del Mondo, per quello, che fi
sà infino a hoggi. Che grandezza farebbe ftata quella della Santa Chiefa Ro-
mana , veder il Sommo Pontefice, e capo di quella, hauere » come in vn famofii-
fimo Monafterio, raccolti tutti i minirtri di Dio, che habitano la Città di Roma ?
Et in quello, quafi vanuouo Paradifo terreftre, viuere vita Celefte, Angelica > β
fantiifima ? Con dare efempio a tutto il Chrillianefimo, 6c accender gli animi ds
gl'infedeli al vero culto di Dio, e di Giesù Chrifto benedetto. Mà tanta opera->
rimafe imperfetta, anzi quafi non cominciata, per la morte di quel Pontefice, β
quel pocojche n'è fatto, fi conofce all'arme fua,ò che egli vfaua per arme,che era-
no due chiaui iatrauerfate in capo roflo. La quinta delle cinque cofe,che il mede-
fimo haucaadifegnata di fare, era la Chiefa di S.PietiO, la quale haueuadifegnata
di fare tanto grande, tanto
ricca, e tanto ornaca,che meglio è tacere, che mettcC
mano, per non poter mai dirne anco vna minima parte, e maiTimamente effendi
poi andato male il modello, e ftatone fatti altri da altri Architettori. E chi pure
volede in ciò iapere interamente il grand' animo di Papa Nicola V. legga quello,
che Giannozzo Manecti nobile, e "dotto cictadin Fiorentino fcrifle minutiilìma-
meote nella vita di detto Pontefice ; il quale, oltre gli altri in tutti i iopradetti
di-
iegni fi ieruì, come fi è detto, dell'ingegno, e molta induilria di Bernardo RoiTel-
lini» Antonio, fratel del quale, per torna* hoggi mai donde mi parti], con fi bella
occafione» lauorò le fue Sculture circa Γ anno 1490. E perche quanto l'opere fi
veggono piene di diligéza, e di difficultà gli huomini reftano più ammirati, cono-
fcendofi maifimamente quelle due cole ne' fuoi lauori, merita egli, e fama,
honore, come efempio certiilìmo d'onde i moderni Scultori hanno potuto impa-
rare» come iì deono far le llatue, che mediate le diiEcoltà,arrecchino lode, e fama
grandiffima,. Conciofiache dopo Donatello aggimife egli all'arte delia Scul-
tura vna
certa pulitezza , e fitie, cercando bucare, e ritondare in ma-
niera le fue figure, eh' elle appanfcono per tutto, e tonde, e finte.

Νβη compii

Ceft^ anche
intorno
λΙΙλ
Chtef» di St
iittrt,

Anttnh

SÌunfegrmfi'
mmentOie^M'

iittisi» alla
^sulfHrs.

La qual cofa nella Scultura infino allora non fi era veduta
fi perfetta, e perche egli primo l'introduife, dopo
lui neir età feguenti, e nella noitr^
appare marauiglio»

f ine Μία >ha i^Jintonh B^offelUno Scult, e ài Bernardo fttofrateìk l

PE-

-ocr page 413-

vita di desiderio.

VITA DI DESIDERIO DA ò£TTiux\^NO SGVjlTORE.

RANDISSIMO obligo hanno al Cielo, & alla natura colo·
ro, che fenza fatiche parcorifcono le cofe
loro con vn^
cerra grana > che non iì
può dare alle opere > che altri fà,
ne
per idiidio, ne per imicarione : Ma è dono veramente_i
ceielle , che pioue in maniera sùqueJIecofe >Cae elle porta-
iempre feco, tanta leggiadria, e tanta gentilezza , che el-

I^^^.^J^Ì^ m^-^ Λ f· d .

* —·^ i» — oo— ■ " —-'w Vi

le tirano aie non folameme quelli, ch'intendono il meftie-

Jo » ma molti altri ancora, che non fono di quella pioieiTione. E nafce ciò il-
j? fragilità del buono, che non fi rende afpro, e duro a gli occhi, come le cofe
jf estate, e fatte con difficolrà molte vo te "fé rendono. La qiial grafia, e firn-
P"cita , che piace vniiierlalmcnte » da c^ni vno
è conosciuta, hanno tutte
^pere che.fece Defiderio, il quale dicono alt uni, ci e fù c a Se.tignano, lue-

Ss ζ go ^

-ocr page 414-

tore della maniera di Donato » quantunque dalla natura hanefle egligrana_i
grandillìma > e leggiadria nelle tefte. E veggonfi l'arie fuc , di femine» e di fan-
ciulli, con delicata, e dolce» e vezzofa maniera aiutati tanto dalla natura» che in-
clinato a quello lo haueua > quanto era ancora da lui efercitato l'ingegno dall' ar-
te. Fece nella Tua giouanezza il bafamento del Dauid di Donato, cb'è nel p^'^"
zo del Duca di Firenze, nel quale Defiderjo fece di marmo alcune Arpie belliflì'*
me, & alcuni viticci di bronzo molto gratiofi , e bene intefii e nella facciata della
caia de'Gianfigliazzi vn'arme grande con vn Leone belliilìma, & altre cofed»
pietra, le quali fono in detta Città. Fece nel Carmine alla Capeila de' Brancac-
ci vno Agnolo di legno : & in San Lorenzo finì di marmo la Capeila del Sacra-
mento, la q uai' egli con molta diligenza conduiTe a perfettione. Eraui vn fan-
ciullo di marmo tondo, il qual fii leuato, & hoggi fi mette in full'Altar per le fefte
della Natiuità di Chnfto, perche è mirabile: In cambio del quale ne fece vn' altro
Baccio da Monte Lupo, di marmo pure, che (|à continuamente (opra il Taberna-
colo del Sacramento . In Santa Maria Nouella fece di marmo la fepoltura della
Beata Villana, con certi angioletti gratiofi, e lei vi ritraile di naturale, che noii-i
par morta, ma che dorma, e nelle Monache delle Murare fopra vna colonna iii-^
vn tabernacolo vna N. Dona picciola di leggjadra,e gratiata maniera, onde l'vna,
e i'alcra cofa è in grandiflìma ftima , & in buoniffimo pregio. Fece ancora a San
Pietro Maggiore il Tabernacolo del Sacramento di marmo con la iolita diligen-
za . Et ancoraché in quello non fiano figure, e' vi fi vede però vna bella maniera» ^
& vna giatia infinita, come nell' altre cofe iue. Egli fimi mente di marmo ritraf-
fe di naturale la tefta della Marietta de gli Strozzi, la qua 'effendo belliilìma » gli
riufcìmolcoeccellente. Feccia fepoltura diM.CarloMarfupini Aretino inS«
Croce, la quale non iolo in quel tempo fece ftupire gli artefici, e le perfone intel-
ligenti, che la guardarono, ma quelli ancora, che al prefente la veggono, fe ης^
rnarauigliano, doue egli hauendo lauorato in vna cada fogliami, benche vn
poco
fpinofi, e iecchi, per non eiTere allora fcoperte molte antichità, furono tenuti co-
fa belliilìma. Ma fra l'altre parti, che in detta opera fono 1 vi fi veggono alcuni
ali ? che a vna nicchia fanno ornamento a pie della caiTa, che non di marmo, W^
piumofe fi moftrano, cofa diffìcile a potere imitare nel marmo, atrefo ch'ai peli»
& alle piume non può lo fcarpello aggiugnere. Euui di marmo vna nicchia graii-
de,più viua,che fe d'oifo proprio foiTe. Sonui ancora alcuni fanciulli,& alcuni An-
geli condotti con maniera bella,& viuacc : fimi mente é di fomma bontà,c d'arti-
ficio il morto sù la caiTa ritratto di naturale: & in vn tondo vna N. Donna di baffo
rilietio > lauorato fecondo la maniera di Donato, con giudicio» e con grafia raira-
biliffima : fi come fono ancora molti altri baffi rilieui di marmo» ch'egli fecC-j?»
delli qaali alcuni fono nella guardarobba del Signor Duca Cofimo » e particolar-
fnente in vn tondo la tefta del Noftro Signore Giesiì Chrifto » e di San Giouanni
Battilla , quando era fanciulletto. A pie della fepoltura del detto M. Carlo fece
vna lapida grande, per M. Giorgio Dottore famofo,
e fcgretario della'Signoria a*
Firenze >. con vn baffo rilieuo molto belìo » nel quale è
ritratto eflo M. Giorgi®
con habito da Dottore » fecondo f vfanza
di que' tempi. Ma le la morte fi toft^
non togUeua ai Mondo quello fpirito, che tanto egregiamente operò,harebb«^
fi per
Γ auuenire con la efperienza, e con lo ftudio operato » che vinto haur^be
d'atee wmcoloro, che
di gratiahauea«iiiperati : TroncogU la morte il W®

514 S E C ο Ν η. A PARTE

g ο vicino a Firenze due miglia: alcuni altri lo tengono Fiorentinoroi quefto
rilieua nulla, per eiTere fi poca diftanza dall'vn luogo all'altro.

Defiderio imi
tatore idi*
mmitra di
Donate
·
Molto lΰξgÌΛ-
dro nelle tefle.
Sue opere mol
no gratioje i
mi

Ducale di Fi
fen-^e.

Neil» CAfa
àt* Gianfi'

Nel Carni*
ne,
In S. Lore»'

Zo-
la S,Mma

Fu coftui imita-

tnS,Cmt.

rilievi
^imarm.

««« mtrtt
if^aturs,

-ocr page 415-

' υιτα di desiderio. 'gtj

^eHa vita neHa età dj 28. anni, perche incito i e de lie a uuti quelli,che ftiiraua-
no douer vedere la perfettionc
di tanro ingegno nella vecchiezza di lui : E neri-»
"^afero più, che ftordici. per tanta perdita. Fù da' parenti, e da molti

amici ac-

compagnato nella Chieia dc'Serui, continaandoiì per moltotcmpo allafepokii,
'a Jua
di metterfi infiniti epigrammi} e ionetn, Del numei:o de' quali mi è bafta-
io-lolamente quefto.

Come ioide natura

Dar DESIDERIO a i freddi marmi vita»
E poter la Scultura .

J<yguagliarfuabdle^^ alma, e infinita:
Siyermò sbigottita i , . ,

£difie,homaijara mia gloria ojcim*

E piena d'alto [degno

Troncò lavita a così heW ìnge%no *

Ma in yan : che [e cofiui

Die vita eterna ai marmi» e imarmi alai*

pr.

Farono le Sculture di Defiderio fatte nel 1485. Lafciò abbozzata vifia S. Maria stsfuì m
Maddalena in penitenza, la quale poi finka da Benedetto da Maiano: & e hog- ««^iw
gì in
Santa Trinità di Firenze, entrando in Chieia a man deftra, la quale fi^ra c
bella quanto più dir
fi polla. Nel noftro libro fono alcune carte difegnàte di
penna
da Defiderio, be iiiTirae. Et ili uo ritratto fi è hauuto da alcuni Ìuoidt^
Seitignano.

fine della vita di Defiderio da SettignanQ Scultore.

-ocr page 416-

s e c ο ν d a parte

VITA DI MINO SCVLTORE DA FIESOLE.

VANDOgli Arteficiiioftnnon cercano akro neiropere_j ?
che fìumo > che imitare la maniera del loro maeftro, ò d'al·
tro eccellenre ,
del quale piaccia loro il modo dell' operare, à
nell'attitudini delle figure , ò nelf une delle tefte : ò nel pie*
gheggiare de' panni, e (ludiano quelle iòlamente : fe bene_-^
col tempo , e con lo iludio le fanno iìmili, non arridano pc
rò mai con quello ioio , a la pctietncnc dell'arte
,auLienga-
ciie nianifeftiiiìnjamcnte fi vede > che rare volte palla inanzi chi camina-^
Tempre dietro : perche la imitatione della natura
è ferma nella maniera di
qiiellrt Artefice , che hà iìitto la lunga prattica diuentare maniera- Concio-
iìachc Γ ìitjitatione è vna ferma arte di fare a punto quel, che tu fai?
ila ii più
bello delle cofe della natura ; pigliandola fchietta ienza la ma-

.. uie-

-ocr page 417-

VITA DI MINO DA FIESOLE. 517

Jiers del tuo maertro » ò d'altri, i quali ancora eglino rìauffono in maniera le co-
che tolfono da la natura. E fe ben pare, che k cofc de gh artefici eccellentiΓο-
cofe naturali, ò verifimili, non è che mai fi poffa vfar tanta diligenza, che fi
"coi tanto fimile, che elle fieno conV clTa natura : ne ancora fceghendo le mi-
gliori, fi pofla fare coropofition di corpo tanto perfetto,che I arte la trapailu Efe
Siiefto é, ne feeue, che le cofe tolte da lei fa le Pitture, e le Sculture perfette.
S chi ftudia ftrettamente le maniere de gli artefici folamente, e non i corpi, ole
cofe naturali, è neceiTario, chefaccil' opere fue, e menbuone della natura > edj
quelle di colui da chi fi toglie la maniera, laonde s'è vifto
molti de'noltn ytehci
hauere voluto ftudiare akro , che. l'opere
de' loro inaeftri, e lalciato da par-
la natura, de' quali n'è auenuto, che non le hanno apprefe del tutto, e noii-i»
paffato il
maeftro loro : ma hanno fatto ingiuria grandiilìma all'ingegno» che
®g!i hanno hauuto, che s'eglino heueffino ftudiato la maniera, e le cole natura-
li inileme harebbon fatto maggior frutto nell'opere loro, che e^non feciono.
Come fi vede nell' opere di Mino Scultore da Fiefole, il quale hauendo l'inge-
gnoattoafarquelchee'voleua,inuaghirodellamanieiadì Defiderio da Setti-
gnanofuo maeftro, per la bella grafia, che daua alle tette delle femine, e "j^VJ^J,
putti, e d^ogni fua figura j parendoli al fuo giudicio meglio della natura, efera- ,

to, & andò dietro a quella abbandonando, e tenendo ccfa inutile le naturai:
onde fù più gratiaro, che fondato nell'arte. Nel nionre dunque di Fiefole, già ^^^ nafcit/(i
Città antichiffima vicino a Firenze nacque Minodi Giouanni Scultore, il quale
porto a l' arte dello fquadrac le pietre con Defiderio da Settignano, giouane ec-
celiente nella Sculcura , come inclinato a quel medefimo imparò, mentre lauo- jitto reduea-
"^aua le pietre fquadrate, a far di terra delle cofe, che
haueua fatte di marmo tìmtdiDefì^
Ì^efiderio, fi fimili, che egli vedendolo volto a far profitto in qiiell' arre, lo tirò àertP*
^i^anzi, e lo mife a lauorare di marmo fopra le cofe fue, nelle quali con vna oiler-
^anza grandiffima cercaua di mantenere la bozza di fotto, ne molto tempo andò
Seguitando, che esli fi fece aiTai prattjco in quel meftiero, del che fe ne iodisia-
ceua Defiderio infinitamente, ma più
Mino dell'amoreuolezza di liti, vedendo
pntinuamente ci' infegnaua a guardarfi da gli errori, che fi podono fare m quel-
l
'arte , mentre che egli era per venire in quella profeilìòne eccellente : la difgra-
^ja volfe, che Defiderio paflàffe a miglior vita, la qual perdita fù di grandiiTimo is tui

^anno a Mino, il quale come difperato fi partì da Firenze,efe n'andò a Roma, & meru và 0

aiutando a maefìri, che lauorauano ali' hora opere di marmo, e iepolture di Car-

binali, che andarono in San Pietro di Roma, le quali fono hoggi ite per terra,

per la nuoua fabbrica, fù conofciiiro per maeftro molto prattico, e fuiTiciente, e Beue Uuom

gUfù fatto fare dal Cardinale Guglielmo Deftouilla, cheli piaceua la ina manie- ^oije/^^.

> l'Altare di marmo doae è il corpo di San Girolamo nellaCbiefa di Santa^
Maria Maggiore, con hiftorie di baifo, rilieuo della vita fua, le quali egh con-
d«ffeaperfet,one,e viritraiTequelCardinale. Facendo poi Papa Paolo II. Ve- ^^^^

A/linr» tn !·<τΓΡ Γ<»1·ΓΌη->-ι* . aiuria Ατιηΐ ·

.. -,---------ϊ^ΐηό in fare ceri' arm<._^. ψ"''

netianofareUiiioplazzoaSanMarco,vifiad^^^^^^ ^^^^ fepolturak quale

DopomortoqueiPapaaMino ^^^^^^^^^^^^^^ che fu all'hora tenuta la

cgU dopo due anni diede d'ornamenti, e di figure a Pontefice

più ricca fepoltnra, che fuffejtata ta^ ^^^ nellarouina di S. Pietro, e quim ftet- .
no. La quale da Bramante fu meiia ^ ^ né 15^7. fù fatta rimurate d'alcuni s.»

leiotterratafraicalcinacci parecchi ar^n ^ ; sHaCapelb diP^;

Setterrtii^

ro

-ocr page 418-

s e c ο ν d a ρ a r t e

no del Reame ancorché fuiTmo qiiaiì a vn tempo, eiia è fenza dubbio di manosi
Mmo da Ficfolc. Bea'è vero, che il detto Mmo del Reame vi fece alcune fi-
gurette nel bafa nento, che fi conofcono, fe però hebbe nome Mino > e pi^
toilo, come alcuni affermano, Dino. Ma per tornare al noftio, acquift^^o, che
egli fi hebbe nome in Roma per k detta fepoltura » e per la cafsa , che fece ne/la
Minerua, e fopra eiTa di marmo la ftatua di Francefco Tornabuoni di naturale >
che è tenuta affai bella > e per altre opere, non iftè molto, eh' egli con buon nu-
mero di danari auanzati a Fiefole ie ne ritornò, e tolfe donna. Ne molto tempo
andò, eh' egli per feruigio delle donne delle Murate,
fece vn tabernacolo di maC"
mo di mezo rilieuo , per tenerui il Sacramento : il quale fu da lui con tiìtta quella
diligenza, ch'ei fapeua, condotto a perfettione. Il qual non haueuii an ora mii*
rato 5 quando inteio dalle Monache di S. Ambrogio, le quali erano deiìderrie
fare va' ornamento fimik neìl' inuentione, ma più ricco d'ornamento, per re-
nerai dentro la fantifllma reliquia del miracolo del Sacramento, la fufficierza Λ
Mino, gli diedero a fare quell'opera, la quale egli finì có tanta diligenz?,,che fatii-
fatC^ da lui quelle donne, gli d:edono tutto quello, che e' dimandò per prezzo
di
quell'opera: e così poco di poi prefe a farevna rauolettacon figure d'vnaN·
Donnai col figliuolo in braccio , mefia in mezo da S. Lorenzo, e Ha S. Leonardo
di mezo nlieuo, che doueuà feruire per i Preti, ò Capitolo di S. Lorenzo, ad in-
ilanza di M. DiotifaUii Nerom . Maèrimafia nella fagrellia della Badia di Fi'
renzc. Et a que'Monaci fece vn tondo di marmo» dentiOiii vna N. Donna di
nlieno col fuo figliuolo in collo, qual pofono fopra la porta principale, che en-
cntra in Chieia, iJ quale piacendo molto all' vniueriale
, ìli fattogli allogatjone di
vna (epoltura per il Magnifico M. Bernardo Caualiere di Giugni, il quale per ef-
fere ièato perfona honoreuole, e molto filmata , merirò queiFa memoria
da' Γποί
fratelli. Conduiìe Mino in quefta fepoltura, oltre alla caua,& il morto, ritrattoui
di naturale, fopra vna Gmiticia, :a quale imita la maniera di Defiderio molto, Te
non haueffe i panni di quella vn poco tritati dall' intaglio. La quale opera
fi ca-
gione, che l'Abbate, e Monaci della Bad.a dt Firenze, nel qual luogo fù collocifa
la detta iepoitura , gli deiiero a fai quella dei Conte Vgo figliuolo del
Marchv'fe
Vber o di Madeborgo, il quale lafciò a quella Badia
molte faco-tà, e priuilegif, e
così defiderofi d' honorarlo il più, ch'ei poteuano , feciono fare a Mino di marmo
di Carrara
vna fepoìtura,che fù la più bella opera , che Mììo facelTe mai ·, perche
vi fono alcuni putti, che tengono l'arme di quel Conte, che danno molto ardita-
mente» e con vnafanciullefca gratia, e oltre alla figura del Conte morto, con l'ef-
figie di lui, eh' egli fece in sù la cada, è in mezo (opra la bara nella faccia vna fi-
gura d'vna Catità , con certi putti, lauorata molto diligentemente, & accordata
infieme molto bene ·, il fimile fi vede in vna N. Donna in vn mezo tondo col put-
to in collo, la quale fece Mino più fimilealla maniera di Defiderio ,che potette >
c fe egli haueiTe aiutato il far fuo con k cofe vme,& hauefle fiudiàto, non
è dub-
bio, eh' egli harebbe fatto grandiflìmo profitto nel!' arre. Coilò quefta fepoltura
a tutte fuefpeie liti- lóoo. e la fini nel 14S1. della qnale acquiftò mólto honc-
re , e per quello gli fò allogato a fare nei Vefcouado ώ Fieiole a vna Capella vy
Cina alla maggiore a mandritta , falendo vn'altra fepokura per il Vefcono Leo-
nardo Sàluiati Vefcouo di detto luogo : nella quale egli l.> ritrafie in Pontifica·"
le, fimile al viuo quanto fia poiiìbile . Fece perle medefimo Vefcouo vna te-
fta d'vn Chrifto di marmo grande quanto il v;uo, e molto ben lauorata , la qua-
le ita i'altre Cofe deirhercdità rimafc allo fpedale de gl'Innocenti. Ec hoggi

l'hà

Settime» d"
ΛίζΜπϊ mi US'

me Min» ·

Tnhermcolo
di marmo tn
Fte/oie Cam·
può eoa diU'
g^nl».

Altrtfmilt.

TeHof^ntlh

Badi» diFi>
renile.

Altri laMri >

Imlintìent
dell» manie-
ra dt Dtftdt'
rto in vrìafd-
ftltmn^

%tpi>ltHr*ttn·
pgne frà tutte
lefHeoftrt,

Ke ripone
AOHere ·

-ocr page 419-

VITA DI MINO.

il molto R»D. VincentioBorghini, priore di quello ipedalc fra le fne più ca-
II qucil' arti,delie quali Γι diletta quanto più non faprei dire. Fece Mino
nella pjgy^ jj yj^ pergamo tutto di marmo , nel quale fono ftorie di Ncftra
donila condotte con moka diligenza, e tanto ben commeiTè, che quell' opera.^
par tutta dVn pezzo. E quefto pergamo in sù vn canto del choro, quafi nel me-
della Chicfa, fopra certi ornamenti fatti d'ordine dello fteiÌo Mino, il quale
J?ce il ritratto
di Pietro di Lorenzo de' Medici, e quello della moglie, naturali, e
jjnniiaffatto. Quefte due tefte ilettono molti anni fopra due porte in camera di
letro in cafa Medici, fotto vn mezo tondo. Dopo fono ftate ridotte,con mole'
jltnritrattid'huominiiMri di detta cafa, nella Guardarobba del Sig.Duca.^
Cofiaio. Fece anco vna
Noftra Donna di marmo , ch'è hoggi neli' vdienza dell'
arte de' Fabricanri, & a Perug/a mandò vna tauofa di marmo a M.Baglione Ribi,
che fù porta in S.Pietro alla Capella del Sagratnento, la qual opera evn taberaa-
Colo in mezo dVn S.Giouanni, e
d'vn S.Girolamc, che iono due buone figure di
niezo rilieuo. Nel Duomo di Volterra parimente è di fua mano il Tabernacolo
del Sagramento,e due Angelische Io mettono in mezo, tanto ben condotti,
e con diligenza, che
è quefta opera meriramente lodata da tutti gli ar-
tefici. Finalmente volendo vn giorno Mino muouere cert^.^
pietre, fi affacticò, non hauendo quegli aiuti, che gli bifo·»
gnauano di maniera, che prefa vna calda , ie ne morì,
c fù nella calonaca di Fiefoie da gli amici, e pa-
renti fuoi honoreuolmente iepellito Tanno
J4S<?. Il ritratto di Mino è nel noftro
libro de' difegni non sò di cui
Ulano : perche a me fù dato
con a cuni diicgni far»
ti col piombo
dello

ftcìlo Mino, che fono
affai belli.

Teff» di m-ef
m» btnlRm·
ratn .

icrgAmonsU
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Prete.
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dfi i Ituti. 4
Sua morti i

e ffpoi tutu <f»

Fine della vita di Mino Scultore da Fiefoie 0

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xjfc seconda parte

VITA DI LORENZO COSTA FERRARESE PITTORE.

E bene in Tofcana più che in tutte l'altre Prouincie d'Italia»
« forfè d'Europa fi fono fempre efercirati gli huomini nelle
coie del dif^no ■, non è per quello > che nell' altre Prouin-
cie » non fi na d'ogni tempo rifuegliato qualche ingegno»
che nelle medefime profeiiioni fia ftato raro »
& eccellente»
come fi è in fin qui in molte vite dimoftrato, e più fi ino-;
ftrerà per Tauueni re. Ben'èvero» che doue non
ionogli
ftudij e gli huomini per vfanza inclinati ad imparare» non
fi può ne così torto » ne così eccellente diuenire, come in que'looghi fi fà » doue
a concorrenza fi éfercitano, e ftudiano gli Artefici di continuo. Ma tofto
vnojò due cominciano» pare che fempre auuenga» che molti altri (tanta forza
halavinù) s'ingegnino di feguitargU conhonorcdifeÌleiTi? ? delle patrie,^

pfrfwHnn

imt^

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VITA DI LORENZO COSTA. 151

loro. Lorenzo Corta Ferrarefe, eflendo da natura inclinato alle cofe della Pittura,
f f^ntetidc eOer celebre, e molto r,p.utato m Tofcana fra Ρώρρο, Ben^^^^^^^& al-
fc ne venne in Firenze, per vedere 1' opere loro : e qua aiuuato, pe.ci.e mol-
^oghpiacque a, dfifermòV^>
Potett^e il d· it^tcatgli, e partacolarmente ne tpSo

felicemente gli riufcì, che tornato alia patna ( f nel dote

lecca, etasiente) vi fece molte opere lodeuoli, ^ ^ ' . j^-ie ficcno-

^ella Chief? di S. Domenico in Ferrara, che è tutto di fua
fce la diligenza ,che egli vsò nell' arre, e che egl. mife molto ft i^o ^
opete. Snella guardarobba del S>gnor Duca d. Ferrara « Y^ggoi ^ ^i n^ano di
coftm in molti quadri, ritratti di natura e , che fono beniifimo tata, e molto η
i^^ilial \iuo SimiltTicnte per le cafe de' Gentil' huommi iono cpere ώ tua ma
no tenute in moka veneratione. A Raiienna nella Chiefa di S. Domenico, alla
Capelladi San Baftiano dipinfe a olio la tauola, & a
freico alcune ftorie , che fu-
iono molto lodate. Di poi condotto a Bologna ^φΐηίε in S. Petronio nella Ca-
pella dC Marifcotti in vna tauola vn S; Baftiano iaettatc al a colonna. con molte
altre figore , la qual' opera, per cofa lauorata a tempera fò h
allora fuiTeftata fatta in quella Città. Fùanco opera fua la tauola di San Gie
roniino nella Capella de' CaftellÌ : e parimente quella di
San \ incenzo, che e 1
vilmente lauorata a tépera nella Capella de' Griffon:: la predelk della quale iect
^ipigiìere a vn fuo creato, che fi portò molto meglio, che non tece egli neiia ta-
vola, come a fuo luogo fi dirà .
Nella medefima Città, fece Lorenzo, e nell^
Cbiefa medefima alla Capella de' Roffi in vna tauola la Noftra Donna, San laco-
San Giorgio , San Bafliano, e San Giro.'amo, la quale opera e la m'gf «J ' ®
dolce maniera,di qua! fi voglia altra, checoftm facete gjamai. Andato
poi Lorenzo al feruii^io del Sig. Francefco Gonzaga Marchefe di Mantoa, gli di-
nel palazzo di S. Sebaftiano in vna camera lauorata ratte a
guazzo,e parte a
olio, moke ftorie. In vna è laMarchefa Ifabella ritratta di naturale , che ba leco
«^^te Signore, che con varij fuonicantando, fanno
dolce armonia vn aura c
la Dea L^tona, che conuerte , fecondo la fattola, certi villani ranocchi · Nel a

è II Marchefe Franceico, condotto da Hercole, per la '

la cima d'vn monte confecrato all' eternità . In vn* altro quadro fi vede il medeii-
nio Marchefe fopra vn piediftallo trionfante, con vn baftone in mano. t intor-
no gli fono molti Hgnori, e fruitori fuoi con ftendardi in mano·, tutti hetiflimi, e
pieni di giubilo , per la grsndkza di lui : fra i quali tutti è vn'infinito numero di
>^itiatti di naturale.
Dipmfe ancora nella fala grande, doue hoggi fono 1 trionn
^^ ":ano del Mantegna, due quadri, cioè in ciafcuna tefta vno . Nel P""'®' ^ ^

a guazzo fono molti nudi, che fanno fuochi, e facrifiaj a Hercole,

tre VS

dopo il primo, e che ih Suafi dell' vlrime cofe, che dipigneiìe Lorenzo e il Mar-
cheie Federigoiatto hnomc,ccn vn baftcreinmano,ccmeGereialediSama^
CHiefa, forto Leone Decimo , & ii.tcrno gli fono molti lignori ritratti dal
^oftadituturale. In Bologna nel palazzo di M. Giouanni Bentiuogh dipin-
ge il medefimo, a concorrenza di molti altrimaeftri, alcuneftanze,
quali, per eifere andate per terra, conia rouina di quel Palazzo, non li tara
^i^isiU-ntione, Non lafcievò già di dire, che dell'opere , che fece peri Ben-

o Τ t 1 nUQ-

Leren1(f ^^
frmdi tn it-
renxM It ma-
ni ert di buoni
meeftri,
St-.(t manitr»
feicd ma la-
àiuointente
bttimat»*

Sue Fittur»
tu ^t.DQmtni'
ce di Ferrar*,
Ó" ΛΐηβΗ* tn
ditta QittA,

Altane taut'
le in S. Petra»
nio tit Boh»
^ηΛ, '

Pitture tid
PaU^odiS,
Sebafii^m m

Stanne nel
ϊλΙΛ^Χ» de"
Bertttuogli di
hoiogna,
dtmttifo.

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xjfc seconda parte

tiuogli, riaiafe iolo in piedi la Capella, eh' egli fece a M. Giouanni in S. lacop»)
doue in due (torve dipinfe due tnonfi temici beiliiiìrni con molti ncratci. Fece an"
co in S. Giouanni in ^lonte l'anno 1497. ^ Iacopo Chedini in vna Capella > nelle
quale volle dopo morte eiiere fepolco,, vna tauola, dentroui la Ν. Donna»
S.Gìo"
uanni Euangeliita, S. Agoftino, èc altri Santi. In S. Francefco dipinie in vna ta-
uo!a vna Natiuicà, S. Iacopo, e S. Antonio da Padoua » Fece in S. Pietro per Do-
menico Garganelli gentilhuomo Bolognefe il principio d'vna Capella belliffima»
ma qualunque ii fulTe ia cagione, fatto che hebbe nel Cielo di quella alcune fig^K
re rlalafciò imperfetta > & a fatica cominciata. In Mantoa, oltre l'opere,
che vi
fece per il Marcliefe, delle quali fi è fauellato di fopra, dipinfe in S» Salueftro io
tauoia la Noilra Donna >e da vna banda S. SaIuen:ro,che le raccomanda il popf^

10 di quella Città : Dall'altra S.Baftiano, S. Paolo, S.Elifabetta, e S. Gieronimo : β
per quello > che s'intende, fu collocata la detta tauola in quella Chiefa dopo la-'
morte del Cofta > il quale bauendo finita la fua vita in Mantoa, nella quale Citt»
fono poi ftati femprei fuoi difcendenti, volle in quella Chiefa hauer per fe,e p^·;

11 fuoi facceiTod, la fepoltura. Fece il medefimo molte altre Pitture » delle quali
non fi dirà altro » eiiendo a bailanza hauer fatto memoria delle migliori. I fuo
ritratto hò hauuto in Mantoa da FermoGhifoni Pittor eccellente r che mi aiFet'
mò quello eiTer di propria mano del Cofta, il quale difegnò ragioneuoIraentc_^·»
come fi pao vedere nel nodro libro- in vna carta di penna in carta pecora, doue c
ilgiudicio di Salomone, & vn
San Girolamo di chiaro fcuro ^ che fono molto
ben fatti.

Furono diicepoli di Lorenzo Hercale da Ferrara fuo compatriora, del quale^f»
fcciuerà di lotto la vita, e Lodouico Malino fimilmente Ferrarefe, del qua e
fonP
molte opere nella fua patria , & in altri luoghi, ma la migliore, c
faceiTe, fò vna tauola, la quale è nella Chiefa di S.Francefco
di Bologna, in vna Capèlla vicina alla porta prin-
cipale > nella quale
è quando Giesù
Chrifto di dodici anni dif-
puta co'Dottori
nel

Capili* ài'
m>itiucgti in
S, Giacomo,
CApeiU in S.
Gif. il Mofi'
U*

Jn S. Trance-

fco.

Captila

ii(ftmainS»n

filtro h*ggiS

disfatta,

Tauil» ia
Manfoa.
Morte diU-
ten^o fegnit»
hi, Manto*,

Smi difeglù.

$mì*lUimi«
tlmepsrt»

ae VX

Tempio. Imparò anco i primi principi) dal Corta il Doiio
vecchio da Ferrara, de ^ opere del quale fi farà men^·
clone al luogo fuo. E queito è quanto fi è po-
iuto ritrarre della vita,. & opere di Lo-^
renzo Colla Ferra-
refe»

vtcchk
vinetto di 19*
iien^t
·

HER^

Firtr Ma νίίαβ Unni^ Cofia Pemrefe Tittonl

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vita di HERCOLE FERRARESE. 333

Mi imi all' li|i|lll e lode» che da per fe con vtile > ò aedito maggiore,

■miiiiii · Hill II I La quale gratitudine » quanto meno hoggi i^e glihuomini
" ritroua, tanto più merita d'eiTér perciò Hercole lodato j ϋ quale cono-
frendofi obligato a Lorenzo, pofpofe ogni iuo
commodo al volere Jilui, e gli
dicotile fratello, e figliuolo infino all'efliremo della vita. Ccftui dunque ^ ha-
ttendo miglior difegno, cheilCofta, dipinfe iòrto la tauola da lui fatta in San
» «renio iielIaCapella di San Vincenzo* aicnneftorie 'di fìgnrepiccieleaicta-

pera.

BmtlegrAt<y

Λ Lorenzi fm

maeflnmm*
nitre nonpram
tJeMe&oigidì
da gli m tfi*

Htture di
Bemle inS.,
IPctronio é
j^plDgriM...

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354 s e c ο ν d a parte

pera ranto bene, e con fi bella, e buona maniera > che non è quafi poilìbiie vedef
meglio, ne imaginarfi la fatica, e diligenza, che Hei cole vi pofe. La doue è mol-
to miglior opera la predella, che la catiola, le quali amendue furono facce in va
niedefirao tempo, viuente il Coda. Dopo la morte del quale , fu meflb Herco*
le da Domenico Garganelli a finire la Capella in S. Pietro, che come fi diiTe di fo-
pra, haueua Lorenzo cominciato, e fattone picoola parte. Hercole dunque » al
quale daua per ciò il detto Domenico quattro ducati il mefej e le fpefe a lui *
vn garzone, e tutti i colori, che nell' opera haueuano a porfi, meiTbfi a
lauorare >
fini quelì' opera, per fi £itta maniera, che pafsò il maeftro fuo di gran lunga ,ccsì
nel dilègno, e colorito, come nella inuentione. Nella prima parte, ο
vero faccia
è la crocifiiTìcne di Chrifto fatta con molto giudicio, percioche, oltre il Chriflo »
che vi fi vede già morto , vi è benilTìmo eipredo il tumulto de'Giudei veruna
vedere il Melfia in Crocè, e tra eilì vna diuerfità di tefte marauigliofe : nel che β
vede, che Hercole con grandiffimo ftudio cercò di farle tanto differenti iVna dal-
l'altra, che non fi fornigliailìno in cofa alcuna .

Sonoui anche alcune figure, che icoppiando di dolore nel pianto, "aflai chiara-
mente dimoilrano, quanto egli cercaiTe d'imitare il vero. Euui loiuenimento
dalla Madonna, ch'è pietoiìflimo, ma molto più fono le Marie verfo di lei : per-
che fi veggono tutte compaiTìoneuoli, e nell'afpetro tanto pieno di do]ore,quan-
to appena ε impoiTibile imaginarfi, nel vederfi moire inanzi le più care cofe, che.
altri habbia, e ftare in perdita delie feconde .Tra l'altre cofe notabili ancoraché vi
fono» vi è vn Longino a cauallofopra vnabeftia feccain ifcorto , che hàrilieuo
grandiffimo, Se in lui fi conofce la impierà neli' bauere aperto il cofiato di Chri-
fto, e la penitenza, e conuerfione nel trouarfi ralluminato. Similmente in ftrana
attitudine figurò alcuni Soldati, che fi giticcauano la verte di Chrjfio, con modi
sbizzarrì di volti, òc abbigliamenti di vefliti.
Sono anco ben fa η , e con belle in-
uentioni i ladroni, che fono in croce : E perche fi dilettò Hercole afsai di farc_;i
fcorti, i quali, qiiando fono bene intefi, fono bellifsimi, egli fece in quell'opera
vn foldato a caualio, che leuate le gambe nanzi in alto , viene in fuori di manie-
ra, che pare di rilieuo, e perche il vento fà piegare vna bandiera, che egli tiene in
mano, per (oftenerla, fà vna forza bellifsima. Feceui anco vn S. Giouanni ,che
rinuolto in vn lenzuolo fi fugge.

I Soldati parimente, che fono in quefi' opera, fono benifsimo fatti, e coii_j
le pili naturali, e proprie mouenze , che altre figure , che infino allora fufsono
ftate vedute , le quali tutti attirudini, e forze, che quafi non fi pofsono far me"
glie, mofiratio, che Hercole haueua grandifsima intelligenza, e fi aiFaticaua-jJ
nelle cofe deli'arte. Fece il medefimo nella facciata , che è dirimpetto a que-
fìa, il tranfito di Noflra Donna, la quale è da gliApofipli circondata con at-
titudinibelliilìme, e fra efiì fono fei perfone ritratte di naturale, ranto bene»
che quelli, che le conobbero, affermano, che elle fono ν uiiTìme . RitraiTc.^
anco nella medefima opera fe medefimo , e Domenico Garganelli padrone^j?,
della Capella, il quale per l'amore, che portò a Hercole, e per le lodi, che_^
fentì dare a quell'opera, finita, eh'ella fii
,gJi donò mille lire di boiognini. Di-
cono» che Hercole mife nel lauoro di quella opera dodici anni, fette m con-
durlaafrefco , e cinque in ritoccarla a fecco. Ben'èvero,
che in quel mentre
fece alcune altre cofc, e particolarmente, che fi sa, lapreJell
.i dell'Aitar mag-
giore di S. Giouanni in Monte, nella quale fece tre ftorie della PaiTione di Chri-
fto. E perche Hercole fù di natura fantaftico, e maffimameme quando !auo-

raua,

Segue il lauo·
ro dell» ΟΛ'
pel/a tn S,Pie
tri),comincia-
ti da Loreto ,
s h londuce
a, ptrfettione
molto (ιΐί^ΰΐΛ'
re.

Ueferìtmne
άίβίηία di e/·
feditimi»

Trtmit dtl

latterò.

-Pw'Mre mi.
Ci»' in Mm-
u.

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^^ VITA DI HERCOLE FERRARESE. 335

inB* per coiiume, che ne'P-ttoi-j» ne altri lo vedefl nojfù niolto odiato

odio'^^l"^ eia i Pittori Ji quella-Città, i quali per inuidia hanno iempve portato
Co 1 ^ ' ^®··'®'^·^!·!, che vi tono
(la i condotti a lauorare, & il medeim^o fanno an-
lar ί voha frà loro deffi nelle concorrenze. Benche quello è quafi partico-
q^g'" profedori di quelle noftrearti in tuttii luoghi.
S'accordarono dun-
c} volia akuni Pittori Bolognefi con vn legnaiuolo, e per mezo /uo fi rin-
etitr iri Chiefa vicino alla Capelia,che Hercole lauoraua : e la notte feguente»
don ^^^ 'f per forza > non pure non fi contentarono di veder l'opera, il che
osn^^f "^ftar loro , ma gh rubbarono tutti i cartoni gli fchizzi > & i difegni » SC
le· cofa, che vi era di buono. Ρ r k qual cofa fi fdegnò di maniera Herco-

Ci^niwì/i'
Hercole f cht
lo rtftTctdh-
Jo.

Ingiuri»^f4t»
tagli 4λ mIcu»
m Fittori/uoi
emuli in Sa»
lognM }PerU
qmle fi ritira
ΛΐίΤΤΛΤ»»

JDtuf tetiHÌ*

Cti'Jf Stio»
ltgneftjfue»l·
lituo.

» Che finita l'opera fi partì di Bologna, fenza punto dimorarui : E feco ne menò
■Uuca Taghapietra Scultore molto nomiuato, il quale in efetta opera, che Her-
^^ic clipinie, intagliò di marmo que'beHiiTimi fogl · -

^"lanzi a eiTa Capella > & il quale fece poi in Ferrara tutte le fineftte di pietra del
Paazzo del Duca, che iono-belliiTi. e. Hercole dunque infallidito finalmente
jailo ftar fuori di cafa, fe ne (lette poi fempre in Ferrara in compagnia di colui, e
ece in quella Città molte opere. Piaceua a Hercole il vino ftraordinariamente,

perche ipefloinebriandofifà cagione diaccortarfi la vita, la quale hauendocon-
aotta lenza alcun male infino a gli anni quaranta, gli cadde vn giorno la gocciola
maniera, che in poco tempo gii tolfelavita. Lafciò Guido Bolognefe Pittore
tuo creato, il quale l'anno 1491. come fi vede doue poie il nome iuo /otto
il portico di S. Pietro a Bologna, fece a frefco vn CrocifiiTo, con le Ma-
rie, i ladroni, caualli, & altre figure ragioneuoli. E perche egli
defideraua fommamenre
di venire ftimato in quella Cit-
là, come era flato il fiio maeftro, ftudiò tanto, e fi fot-
tomife a tanti difagi > che fi morì
di trentacinqn e
anni
E fe fi fuife raeiìo Guido a imparare ]
l'attedi fanciullezza , come vili mife
d'anni 18. harebbe non puf ^a-
reggiato il
iuo maeftro fen-
za fatica,
ma pailatolo
ancora di grail·^
lunga. E
ne!

noftro libro fono difegni di mano di Hercole,e di
Guido» molto ben fatti, e tirsti con gra-
tia, e buona maniera,

pio;

Fine della vita φ Hemk da ferma Tittore\

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xjfc seconda parte

VITA DI IACOPO, GIOVANNI , E GENTILE BELLINI

PITTORI VENEZIANI.

E cole, che fono fonciace nella virtù , ancorché il principi''
paia molte volte bado, e vile» vanno fempre
Ìnsito dima"
no in mano-, & infino
a ch'elle non fon arrjuate al foronit'
della gloria non fi arredano, ne poianogiamai, fi come-'
chiaramente potette vederfi nel debole * e bailo principi^*
della cafa de'Bellini > e nel grado in che venne poi >
median-
te la Pittura. Adunque Iacopo Bellini Pittore Veneciano »
eilendo ftato difcepolo di Gentile da Fabriano, nella concorrenza, che egu
hebbe con quel Domenico , che infegnò il colorire
a olio ad Andrea delCa-
ftagno·,. ancor
che molto β aftaticaifeper venire ecccllencc nell'arte» no"--'

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vita di giovanni bellini 537

però nome in quella, ie non dopo ia partita ώ Venetia di eiTo ponieu;-^
· Ma poi ntrouandofi in quella Città, fenza hauer concorrente, che lo pa-
^^ggiafle, accreicendo Tempre in credito, e fama , (i fece in modo eccellente , che

era nella fua profeffione il maggiore, e più reputato. Et accioche non pure _
fi conferuaiTe.ma fi faceiTe maegOÌe nella cafa fua, e ne' fuccefion il nome acqui- f^o. efe»^^
ftatofi nel la Pittura, hebbe due figliuoli inclinai iflìm. all' arte, e di bello, e buo -
»50 ingegno, l'vnofò Giouànni, e l'altro Gentile, al quale pofe cosi nome per la
^olce memoria , che teneua di Gentile da Fabriano flato fuo maeflio , e coir ?^

: Daiso molto, che i'vno, e l'altro auatizo u pacire di gran lunga ·, il qua- '
di c"iò ralleorandoii molto : fenipre gi' inanimiua, moiirando oro, che deiide-
iaua,che
c'alino come i Tofcani fra lo^ ο medefimi porcauano il vanto di far forza,
per
vincerh Γνη l'altro, fecondo, che veniuano all' arte di mano in roano, cosi
Gjouanni vinceil^ lui, e poi Gentili i'vno, e l'altro, e così fucceilluamente. Le Ritrstti del
prime cofesche diedero fama a Iacopo, furono il ritratto di Giorgio Cornaro, e di Rè, e Regina
Caterina Reina di Cipri j vna tauola, che egli mandò a Venetia , dentroui la Paf- di €tpre eptre
fione di Chrifto, con molte figure, fra le quali ntraiTe Te fteiio di naturale, c vna J ·
ftona delb croce, ia quale fi dice efiere nella (cuoia di S. Gio. Euangelifta,
quali tiìtte, e moke altre furono dipinte da Iacopo con l'aiuto de'figliuoh,
e quella vltima ftoria fù fatta in tela j fi come fi è quafi fempre in quella Citta co- p^^^ρ^^ίί"
ftnmato di fare, vfandouifi poco dipigncre, come fi fà altroue, in tauole di legna- inVene·
tne d'albero, da molti
chiamato Oppio, e d'alcuni Gatticcie . Il quale legname, λ 5««
che
per lo più lungo i fiumi,ò altre acque, è dolce affatto , e mirabiie, per di- pi. ^ ^
Pignerui fonra · oerche tiene molto il
fenxo, quan -o fi commetre con la maitn- Legm af/ix

ci Sin^nJtatoJfi ^^^Ρ^Γ ''ίΓ/ΐ -

altro legname, che d'abete, di che è quella Città abbondantiffima, per nfpet-
^odclfiurSe Adice , che ne conduce grandiffima qoantita di ter>^ Tedeica, fenza
che anco ne viene pure ailai di Schiauonia. Si coftuma aiTai m Venetia dimgne- y^J·^ ^
re in tela, ò fia, pnxhe non fi fende, e non intarla , ò perche fi poffono fare le Pit-
ture di che grandezza altri vuole, ò pure per la commodita,come li dille altroae,

mandarlecommodamente doue altri vnole, con pochiffima fpefa, e fatica^. ci^

^la fia di ciò ia cagione qualfiuoglia, Iacopo, e Gentile feciono come di fopra fi e cm pigne
, le prime loro opére in tela . E poi Gentile da per fe alla detta vltima fto- τ» «>#Μ«/β
della Croce, n'aggiunfe altri fette, ο vero otto quadn : ne' quali dipinfe ilmJ- ^tU* Cmt*
'taccio della Croce dfChriiìo, che tiene per reliquia la detta fcuola ·, il quale mi-
racolo fòquefto. EiTendo gettata,
per non sò che cafo, la detta Croce del^Pon-

^^ àtìk Paglia in Canale, perla riuerenza, che molti haueuano al legno , che vie
^«Ua Croce di Giesù Chnfto, fi gettarono in acqua per r™ ΐ

volontà a, Dio, niuno^fù degno ài poterla pigiare, eccetto, che II Guaidiano di

qtiellafcuok. Gemile adunV^'

lui Canale grande, ^..olte cafe, il Ponte alla Paglia, la piazza di S. Marco, & vna

iungapioceffioned'huomim, e dotine, elle fono dietro aie iero. òimilmene,^

gettati in acqua, altn in atto di gettarfi , molti mezo lotto, & alni in altre

attitudini belliffime, e fìnalméte vi fece il Guardiano detto,che la ii- RieJ^eàtgrm
Ì^'glia : Ncìa qual' opera in vero fii grandiffin^a la i^nca., e dil genza di Gentile, , *ltr-·
Confiderandoh Γ infinità delle figure, i molti nnaui di naturrle, il diminuire del-
fiffme.
« figure, che fono lontane : & i numi particolarmente é qui^fi tutti gli huo-

V V mini 3

-ocr page 428-

seconda par te

ftorie dipinte ne i fopradetti quadri di tela > arrecarono a Gentile grandiflìmo no-
me. Ritiratofi poi afFatro Iacopo da fe> e così ciaicuno de'figliuoli s attcndeua
eiafcuno di loro a gli ftudi dell' arte. Ma di Iacopo non farò altra mentione> per'
che non ciTendo ftate l'opere fue > rifpetto a quelle de'figliuoli, ftraordinarie j ^
eiTendofi non molto dopo, che da lui fi ritirarono i figliuoli, morto ; gmdico efleC
molto meglio ragionare a lungo di Giouanni, e Gentile iolamente. Non tacerò
già, che fé bene ii ritirarono quelli fratelli a viuere ciafcuno da per ie > tThe non-
dimeno fi hcbbero in tanta riuerenzà l'vn l'altro, & ambidue il padre > che fem'
pre ciaicuno di.loro, celebrando Γ altro , fi faceua inferiore di meriti, e così mo-
deftamente cercauano di foprauanzare l'vn Γ aln o, non meno in bontà, e cort^
. fia, che nell' eccellenza dell' arte. Le prime opere di Giouanni furono alcuni ri-
mtrum Λ j · maturale, che piacquero molto, e particolarmente quello del Doge Lo-
cJà' bene altri dicono eiTere fiato Giouanni Mozzenigo fratello di quel
fHagran iode Pietro, chc fù Doge molto inanzi a elio Loredano. Fece dopo Giouanni vna ta^
it» veteti», uola nella Chiefa di S. Giouanni, all^ Altare di S. Caterina da Siena, nella quale >
TamU in S. che è aliai grande, dipinfe la N. Donna a federe col purto in collo, S. Domenico»
Gtc. S. Girolamo, S. Caterina, S. Orfola , e due altre Vergini, & a piedi della N·

sfeitdatodv. Donna fece tré putti ritti, che cantano a vn libro, belliiììmo. Di iopra fece lo
sfondato d'vna volta, in vn cafamenro, che è molro bello. La qual'opera fù del-
tÌhX1»7. ^^ ' ^^^^ ^'^®··^ Venetia. Nella Chiefa di S. lob*

^jleèh,'" ' il'Pinfe il medefimo all'x'^kar di elio Santo, vna tauola con molto difegno, e
beniiTimo colorita : nella quale fece in mezo a federe vn poco alta -la N. Donna
col putto in collo, eS. lobbe, eS.Baftianonudi: & appreflbS. Domenico, S.
Francefco, S. Giouanni, e S. Agoftino, e da bailo tré putti, che iuonano con mol'
ta gratiasC quefta Pittura fò non folo lodata allora,che fù villa di nuouo, ma è fia-
ta finalmente fempre dopo, come cofabelliirima. Da quefte lodatilfime opere
moiiì alcuni Gennl' huomini, cominciarono a ragionare, che farebbe ben fatto ?
con i'occafione di cosi rari maellri fare vn' ornamento di fi:orie nella fala del gran
Configlio,
nelle quali fi dipigneifero le honorate magnificenze della loro maraui-
gliofa'Città,
le grandezze, le cofe fétte in guerra , ΐ imprefe, & altre cofe forni-
Sifraita ài glianti degne di eiTèrerapprefentatc in Pittura alle memoria di coloro, che ve-
(immetter » niffeto, accioche all' vtile, e piacere, che fi trae dalle fiorie, che fi leggono, fi ag-
Gio.v Gentile giugneife trattenimento airocchio, & all'intelletto parimente, nel vedere da dot-
i^'dT τ * tifilma mano fatte l'imagini di tantiilluftri Signori, e l'opere egregie di tan»
gentil'huominidigaiifimi d'eterna fama,"e memoria.
A Giouanni dunque» β
cnjtg te · (^gjjfjjg ^ ogni giorno àndauano acquiftando maggiormente > fù ordinato d»
chi reggeua, che fi allogafiequefl:' opera, e commeflo, che quanto prima fe Ic-^
_ . dafle principio. Ma è da fapere, che Antonio Venetiano, come fi diiTe nella vi-
iueprtfaH ^^ ^^^^ ^ molto inanzi > haueua dato principio a dipignere la medefima fala-, 5c ^
haueua fatto
vna grande fi:oria, quando dall' inuidia, d'alcuni maligni fii forzato
a partirfi, e non feguitare altramente quella honoratillìma imprefa. Hora Gerr·
tile, ò per hauere miglior modo, e prattica nel dipignere in tela, che a frcfco»
òqualuogue altra fi fufle la cagione, adoperò di maniera, che con facilità o^
tenne di fare quali' opera , non in frefco ma in tela. E così mefloui mani^, ner
la prima fece .1 Papa, che prefenta al Doge vn Cero, perche lo portalle nei"
ÌalolennitàdiproceiTioni) che s'haueiunoa fare. Nella quale opera titraf-

fe

^ mini, che allora eratiinJi quella fcuola, ouero compagnia. Er in vitimo vi è fatto
con moke belle confiderationi » quando fi ripone la detta Ctoce. Le qu^Ii tutte

Nt rtceue

flanfo.

Iacopo fije
pay» d» ^
glimli,

4Ìat» Auttni»
rtmtiem.

^trU Ms

dimena

•^Gméli,

-ocr page 429-

VITA DI GIOVANNI BELLiNL 3 39

<^€ntiie tutto il di fuori di S. Marco , & li detto Papa fece tutto ritto in Ponti-
con molti Preiati dietro. E fimilmente
il Doge dirirto accompagnato da
Senatori, In vn'altra parte fece prima quando
V imperatore Barbaroira_.i
^^ceuè benienan^ente i Lesati Venetiani : E di poi quando tutto [degnato Γι pre-
Para alla guerra ; doue fono belHiTime proipettiue, & infiniti ritratti di naturale ,
condotti con baontiTima gratia, & in ^ran numero di figure . Neil' altra,
f^guita, dipinfe il Papa, che conforta il Doge,
& i Signori Venetiani ad armare,
^ commune fpefa trenta "alee , per andare a combattere con Federigo Barbaro!-
^ · Staffi q uko Papa τη vna Sedia Pontificale in rocchetto , & ha U Doge acai>
e molti Senatori abbaflb . Et anco in quetta parte ritraRe Gentile, nia in al-
ira maniera, la piazzale
la facciata di S. Marco, & il Mare con tanta moltitudine
^uomini, che
è proprio vna marauigìia. Si vede poi in vn'altra parte il medeti-
Papa ritto,e in Pontificale dare la
beneditiione ai Doge,che ai-n-iato,e co molti
Soldati
dietro pare, che vada all' imprefa. Dietro a eifo Doge fi vede in lunga
pro^eiTioni infiniti Gentil' huomini, e nelLi medeiìma prte tirato in profpettiua
i\ Palazzo,
e S. Marco : e quefta è delle biione opere, che fi veggiano di mano di
Gentile, fe bene pare, che in quell' altra , doue fi rapprefenta
vna Battaglia Na-
uale,
fia più inuentione > per eflerui vn numero infinito di galee, che combatto-
no^^ & vna
quantità d'huomini incredibile : & in fomma per vederuiii, che mo-
ftrò di
non intendere meno le guerre maritime, che le cofe delia Pittura. E cer-
to l'haner fatto Gentile in queft' opera, numero di galee nella battagl a intrigate,
Soldatijche combattono, barche
in profpettiua diminuite con ragione, bella or-
dinanza nei combattere, il furore, la forza, la difefa, il ferire de' Solcati, diuerfe
maniere di ifiorire , il fendere dell' acqua , che fìinno le galee, laconfufione
dell'

e tutte le forti d'armamenti maritimi : e certo dico non moifra Γ bauec

fatto tanta diuerfità di co^e, fe non il grande animo di Gentile, l'inuentione, & i
giudicio. Eflendo ciafcuna cofa da per ie beniifimo fatta, e parimente tutto li
comporto mfieme. In vn'akra ftoria fece il Papa, che riceue, accarezzandolo, U
poge, che torna con la defiderata vittoria, donandogli vn'Anello d oro per lipo-
lare
il mare ·, Si come hanno fatto, e fanno ancora ogni Anno i ijucceiiori iuoi, iq
fegnode! vero, e perpetuo Domin!'o,che di eilb hanno meritamente. b in que-
parte Ottone figliuolo di Federigo Barbaroila nt atto di naturale inginoc-
ciiioni
manzi al Papa, e come dietro al Doge fono moki Soldati armati, così die-
dro al
Papa fono molti Cardinali, e Gentil' hnomini. Appaiifcono in quefta fto-
folamente le poppe delle galee : e fopra la capitana
è vna Vittoria finta d'oro
a federe, con vna corona in teita, & vno fcettro in iriano. ,

I^airaltre parti della fala , furono allogate le ftorie , che vi a"dauano a ^jo-
Gianni fratello
di Gentile, ma perche l'ordu.e delle cofe , che vi f « ' jf'^f^^

«o da quelle fatte in gran patte , ma non finite dal Viuanao, e bifogno, che α '

coRui alquanto ii ragioni . La parte dunque della fa/a , che non fece Geatile, fu p^nta Aft Co.
dataafarparteaGiouanni, e parte
al detto Viuarino v.accioche la concotren- ^ comf^sm»
^ fuiTe cagione, rSi meglio operare. Onde il Viuarino meiTo tmno ^^iV'-^rm.
alla parte, che gli toccaua, fece acanto all'viti
ma itoria di Gentile Ottone fo-^
Pi^adetto, che fìofFerìfce al Papa, & a Venetiani d'andare
a procarare la pacc^
f' à foro,
e Federigo fiio padre, e che ottenutola fi parte, icentiato in ftilla fe-.
^®· In quefts prima parte, oltre all'altre cofe, che tutte fono degne di confi"·
deratione, dipinfc il Viuarino, con bella profpettiua, vn
Tempio aperto coii-λ
icale, e perfonaggi. E dinanzi ai rapa, che è [in fedia ? circondato da

V γ 2. molti

-ocr page 430-

3 40 s e c q ν d a ρ a r τ e

molti Seiiacori, € il decta Occone inginocchioni, che giurando » obliga la furfe·
de, A canto a quefta, fece Oecone arnuato dinanzi al padre > che lo liceue lieta-
mente» Se vn j profpetcma di cafamenti bellilTìma, BarbarolTa in fedja» e il figlino-
lo inginocchioni, che gli tocca la manojaccompagnato da moki GennI' hnoniini
Venetianij ritratti di naturale tanto bene» che fi vede> che egli imitaua molto bC"
ne la natura. Hauerebbe il pouero Viuarino > con Tuo molte honore Teguitato ii
rimanente della fua parte.; Ma eiTendoiì come piacque a Dio per la farica > e p«f
ellere di mala coaipleiTione > morto > non andò più oltre. Anzi, perche ne anco
quello, che haueua fatto j haueuala fua perfettione, biiognò, che Gioaan Bel-
lini in alcuni luoghi Io ritoccaile .

Haueua in tanto egli ancora dato principio a quattro ftorie» che ordinatamen-
te feguitano le fopradecte. Nella prima fece il detto Papa in S.Marco, ritraendo
la detta Chiefa, come ftaua apunro>il quale porge a Federigo BarbaroflTa a bafcia-
re il piede. Ma quale fi falle la cagione,quella prima ftona di Giouanni fii ridot-
ta molto più viuace, e fenza comparatione migliore, dall'eccellentiffimo Tiziano.
Ma ieguitando Giouanni le Tue ftorie, fece nel! altra il Papa , che dice meila in S-
Marco,e che poi in mezodel detto Imperatore,e del Doge, cócede plenaria,e per-
petua indulgenza, a chi vifita in certi tempi» la detta Chiefa di San Marco, e par-
ticolarmente, per rAfcenfìone nel Signore. Vi ritraile il di dentro di detta Chie-
fa, & il detto Papa m fulle fcale , che efcono di Choro in Pontificale, e circonda'
to da TOolfi Cardinali, e
Gencirhuomini. I quali c iitci fanno quella vna copiofa »
ricca, e bella ftoria. Neil' altra, che è di fotte a quefta,iì vede il Papa in rocchet-
to, che al Doge dona vn'ombrella, dopo haueme data vn altra all'Imperatore, e
ferbatone due per fe. Neil' virima ,
eie vi dipinie Giouanni, fi vede Papa Alef-
fandro, l'Imperatore, il Doge giugnere a Roma, doue fuor del la porta gh iono
prefentati dal Clero, e dal Popolo Romano otto ftendardi di varij colori, & otto
• trombe d'argento» le quali egli dona al Doge, acciò l'habbia per infegna egli,& i
fucceilori fuoi. Qui rittaffe Giouanni Roma in profpettiua alquanto Iontana_j »
; uran numero di caualli, infiniti pedoni, molte bandiere,&altri legni d'allegrezza
opra Cafkl S. Agnolo. E perche piacquero infinitamente quefte opere di Gio-
uanni, che fono veramente belliffìme, fi
daua apunro ordine di fargli fare tutto il
reftante di quella fala, quando fi morisCiTendo già vecchio. Ma perche infin qui
non
fi è d'altro, che delia iala ragionato, per non interrompere le ftorie di quella ;
hora
tornando alquanto a dietro diciamo , che di mano del raedefimo fi veggono
molte opere, ciò fono vna tauola, che è hoggi in Peiaro in S. Domenico all'Ai-
tar maggiore. Nella Chiefa di S.Zacaria diVenetia alla Capella di San Girola-
mo è in vna tauola vna N, Donna con moiri Santi, condotta con gran diligenza >
& vn cafimento fatto con molto giudicio. E nella medefima Città nella fagreftia
de Frati Minori detta la Cà grade n'è vn' altra di mano del medefimo fatta cò bel
difegno. e buona maniera. Vna fimilmente n'è in San Michele di Murano ,Mo-
nafterio
de' Monaci Camaldolefi : & in San Francefco della Vigna, doue ftanno
Frati del zoccolo, nella ChieÌa vecchia era in vn quadro vn Chrifto morto, tan-
to bello, cheque'Signori ,e{Tendo quello molto celebrato a Lodnuico Vndeci-
moRè di Francia furono quafi sforzati, domandandolo egli con iftanza, fc ben
tnal volontieri, a compiacernelo. In luogo del quale nefùmeilo
vn'altro col
iiome del medefimo Giouanni, ma non cosi bello, ne così ben
condotto come il
primo. ^ ire lono a!ciinì> che queito vltimo, per lo più, fuiTè
lauoraro da Gkcr-
lamoMoiCtiO creato di QioaaoBi. Nella Confratcrnità parimente di S.Giro-

knao

Deferitimi

delUUraPit.

ture*

timidi Gìoé

'JlUre^topt
re.

Sin fef»r»

inTtnem.

-ocr page 431-

vita di giovanni bellini 537

lamoè vn^operacleimedeliuìoBeihno ditiguic p.ccioie moltolccìate . Et jii^
M. G.orgio Cornare è vn quadro fimilmenre besliiiìmo , denaoui Chrilio »
Cieofas, e Luca. Nella iopradertà iala dipmfe ancora ,
ma non già in quei tem-
po «nedsfimo vna ftoria -, quando i Veottiani cauanodel Mcnaiteno della Oruà
noQsò che Papa; il quale fuggitoiì in Venetia , haueua nafcoiamente ieuiito
per cuoaomoko tempo ai Monaci di
quel Monafterio. Nella quale ftona_j
fono molte figure, ritratti di naturale, 6c altre figure beliiiiime. Non molto dopo»
eiTendo in Turchia poetati da vn'Ambafciadore alcuni ntratti al pn Turco; re-
carono tanto ftupore, e marauiglia a quello Imperatore > che fe bene iono fra

per la {egge Maumeccana prohibite le Pitture , l'acettò nondimeno di buonif·
finia voglia, lodando fenza fine
il magifteno, e l'artefice. E che e più chiele, che
g'iiuiTeil maellro di quello mandato. Onde confiderandoilSenato , che per
cffere Giouanni in età, che male poteua ibppotrare difagi, fenza, che non vole-
Uano priuare di tant' huomo la loro Cjtrà, hauendo egli maffinìamente allora le
mani nella già detta fala del gran Configlio; fi nfoluerono dimandarui Gentile
ÌUo fratello,confiderato ,chc farebbe il medefimo, che Giouanni. Fatto dunque cm(lmtm>
mettere all'ordine Gentile, fopra le loro galee lo còduilono a faluamento in Con- ^
ftantinopoli. Doue eiTendo ptefentato dal Balio della Signoria a Maometto, fù
veduto volonrieri, e come coia nuoua molto accarezzato, e maiTimamentc ha-
uendo egli prefentato a quel Prencipe vna vaghiffima Pittura > che fù da lui
am-
ii-jirata, il quale non fi poteua dare a credere,cbe vn' huomo mortale haUéiTe in ie
^antaquafiduiinirà, non poteiTe efprimere fiviuamente le cofe della natura-i.
Non VI dimorò molto Gentile, che ritrafie eflb Imperatoc Maumetto di naturale ^^ n^fraft»
tanto bene, che era tenuto vn miracolo. Il quale Imperatore, dopo hauer ve-
o'ute moke fpenenze di quell' arte, dimandò Gentile , fe gli daii^ il cuor di dipi*
gnere fe medefimo,& bauendo Gentile rifpofto,che si, non pafTarono molti gior-
ni,che fi ritrafife a vna fpera tanto proprio, che pareua viuo : e portatolo al Signo-
re ,
fu tanta la marauie ia, che di ciò fi fece, che non poteua , fe non imaginarfi
che egli haueiTe qualclbe diuino (pirito adoiio. E fe non fuiTe fiato, che come fi c
^ctto, è per legge vietato irà Turchi quell' efercitio ·, non hauerebbe quello Im-
perator mai licentiato Gentile. Mà ò per dubbio, che non fi mormoraiTe, ο per
altro, fattoio vejiir vn giorno a fe, io fece primieramente ringratiar delle cortefie
^fatej&appreffo lo lodò marauigliofamente,per huomo eccellentiffimo; poi det-
togli, che domandaiTe , che giatia voleiTe , che gli farebbe fenza fallo conceduta»
dentile,come modeilo, e da bene, niente altro chiefe, faluo che vna lettera di fa-
ttote, per la quale lo raccomandaiTe al Sereniffimo Senato, & Illuftriffima Signo-
ria di Venetia fua patria. 11 che fù fatto quanto più caldamente fi
poteile^ e poi
có honorati donile dignità di Caualiere fò licétiato. E frà
PaJrre coie,che m quel- .

partita gh diede ouel Signore,oltre a molti priu.leg.^gi^ ^ po^a ai co Icvvna ca-
tcna
lauorata alla turchefct di peio d. feudi dugentocinquanta d oro. k qual an-
cora fi rroua
appreiIo<a eh heredi fuoiinVenetia. Partito Gentile diConilanti-
nopoli, con feUciffimo via^^gio tornò a Venetia, doue fu da Giouanni iuo fratel-

Jo, e quafi da tutta quella Città con letitia ricetmto ; rallegrandofi ^m vnode

gli honori, che alla iua virtù haueua fatto Maometto. Andando poi a fare riue-
renza al Doge , & alla Signoria, fù veduto moko volentieri, ^ commendato,
per hauer egli» fecondo
il defiderio loro, molto fodisfatto a quell'Imperatore.
E perche vedefle quanto conto teneuano delle lettere dique Principe, chc_i

Κ baueua raccomandato ? gii ordinarono vna prouifione di diigento feudi l'anno

che

*tftUt!o*
ieprmht

-ocr page 432-

342. seconda parte

Riceae L· Ve- che gli fu p.igara catto ii tempo di fua vita. Fece Gentile dopo il ino ritorno
nsttani ww che opere: Finalra5i:e>eiIcndo già vicino ali'tcà d'§o. anni>dopohauer fatte mo
fiipendi» ΛΠ" £ mo ce altre opere, pafsò neli' altra vita : da Giouanni fuo fratello gh fù dato
^sli» morte e fepolcro in S. Giouanni, e Paolo Panno 1501. Rimafo Giouanni vedono

ίΦίίΗτα* ' diGentilc > il quale haueua Tempre amato teneriiTìmamente» andò» ancoraché^
falle vecchio > lauorand^) qualche cofa, e pailandofi tempo. E perche fi era dato
a far ritratti di naturale» introduiTe vianza in quella Città, che chi era in qualche
grado» fi faceua, ò da lui, o da alcri ritrarre > onde in tutte le cafe di Vcnetia fono
. . molti ritratti j e in molte de gentil' huomini fi veggono gli aui, e padri loro infi-
HinVenet*ù quarta generatione, & in alcune più nobili? molto più oltre ·, vfanza certo»
fatti Λλ 0<> ^ ^^^^ fempre» lodeuoliffirna j etiamdio appreflo gli antichi. E chi non fente
' infinito piacere j e contento, oltre Γ horreuolezza» & ornamento,che fanno in ve'
dere l'imagini deTuoi maggiori > e maflìmamente fé per i gouerni delle republi-
che> per opere egregi ? fatte in guerra » & in pace j fe per lettere , ò per altra nota-
bile » e fegnalata virtù > fono ftati chiari, & i luftri ? Et a che altro fine » come fi
è
detto in altro luogo 5 poneuano gli antichi leiraagini degli huomini grandi ne*
luoghi publici, con honorate infcrittioni jxhe per accendere gli animi di coloro »
che veniuano alla viri ù» Se alla gloria? Giouanni dunque ritraile a M.Pietro
Bembo prima, che and;ifie a dar con Papa Leone Decimo > vna fua innamorata »
còsi viuamente} che meritò eiTer da lui > fi come fù Simon Sanefe dal primo Pe-
G^e vìe» re· trarca Fiorentine» da quello fecondo Venetiano, celebrato nelle fue Rime, cotne
le^rato in quel fonetto

iu^P9e/e! ^ imagine mìa celefle, e pura.

Doue nel principio del fecondo quadernario dice.

CredO) che'l mio Bellin co?i la figura. & quellojche feguita : e che mag-'
gior premio pofiono gli artefici noftri defiderare delle lor fatiche , che eflere dalle
penne de° Poeti illuilri celebrati ί fi com'è anco ftato reccellentiffimo Tiziano dal
dottiflìmo M. G'-o. della Cafa> in quel fonetto, che comincia.

Ben yeggiO) in forme nuoue ; Et in quell' altro.

Son quefhi Untori le vaghe treccie bionde.

Non fu il medefimo Bellino dal fsmohifinio Aiiofto nel principio del 3 5· canto
E dAÌl^Am* d'Orlando Furiofo frà i migliori Pittoti della fua erà annouerato ? Mà per tornare
· air opere di Giouanni, cioè alle principali, perche troppo farei lungo, s'io voleiTi

far mécione de' quadr^e de' ritratti ,che fono per le cafe de' gentil'huomini di V«-
netia · & in altri luoghi di quello
ftaTo,dico, che fece in Arimino al S.Sigifiiiondo
Malatefii in vn quadro grande vna Pietà con due puctini, che la reggono, la quale
Sae opertin è hoggi in S. Francefco di quella Città. Fece anco frà gli altri il ritratto di Bartolo*
^tmm, meo da Liuiano Capitano de'Venetiani. Htbbe G ouanni molti difcepoli, per-
che a tutti con amoreuolezza infegnaua, frà i quali fò già feiTanta anni fono Iaco-
po da Montagna, che imitò molto la fua maniera, per quanto moftrano Γ opere
Smt dìfcepo' fue , che fi veggono 1 η Padoua, & in Venetia. Mà più di tutti Timitò, e gli fece
Uf e l/tucfi, honore Rondinello da Rauenna, del q uale fi ferui molto Giouanni in tutte le fue
opere. Coilui fece in S. Domenico di Rauenna vna tauok, e nel Duomo vn'al-
tra , che è tenuta molto bella di quella maniera. Ma quella, che pc/sò tutre l'al-
tre opere fue, fù quella, che fece nella Chiefa di S. Giouanni Battifia nella niede-
fima Città, doue flanno Frati Carmelitani, nella quale» oltre a N.Donna, fecc__J
nella figura d'vn S. Alberto, loro frate, vna tefta bellifsima, e tutta la figura lo-
data molto. Stette cai efso lai ancora» fe__ben non fece molto frutto» Bene-
detto

pe-
ce»
ho-

i

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vita di giovanni bellini 537

«etto Coda da Ferrara > che habirò in Arimini» doue fece molte Pitture; kicìatido
oopo fe Bartolomeo fuo figCiuoIo > chefece il n3ed€Ì!K:o. Diceiì, che anco Gior-
gionedaCaftel Francoattefe all'arte con Giouanni nc'fuoi primi principij, e
Cosi molti altri 5 e del Treuiiano» e Lombardi» ne'tonali non accade far m.emo-
tia. Finalmente Giouanni efsendoperuenuto all'età di nouama anni, pafsò di
i^iale di vecchiaia di quefta vita, lafciando, per l'opere fatte in Venetia Aia patria, JStàMGi^
«fuori> eterna memoria del nome
fuo ; E nella medelSmavChiefa, < nello ileflo dc|
pofico fu egli honoratamente iepolto, doue egli haoeua Gentile fuo fratello
col-
locato. Ne mancò in Venetia chi con ionetti, & epigrammi cercafse di
^Onorare lui morto, fi come haueuà egli viuendo, fe
,e la fua patria ho·
notato, Ne medeiìini tempi, che quefti Bellini viiTono, ò poco
inanzi, dipinie moke cofe in Venetia Giacomo
Marzone »
il quale fià 1* altre fece in Santa Èléna la Capella del^
AfTuntione la Vergine con vna palma, San Be-
nedetto» Santa Elena, eS.Giouanni» iiaa
colla maniera vecchia, e con le
figure
in punta di piedi,come vfauanoi
Pittori,che
furono al tempo
di BartoIoiTieò da Ber-
gamo

CÌACùmoM^
Pitme
ftn Yenet 'mtt
/«i o^ttt éim

Fine della yjta di Ìacopot Giouanni, e dentile Beìlini

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xjfc seconda parte

vita di COSIMO ROSSELLI PITTORE FIORENTINO.

OLTE perfone sbeffando, e fchernerdo alrru; . fi pafcono
d'vno ingmito diletto > che il più delle volte roma loro
danno : quafi iirquella ftefla maniera , che fece Cofìmo
Roirelli tornare in capo Io icheinoa chi cercò di auLiil)r^_>

Ccfim» tnt»

dhcre nelPar
teaelU fiu

tura,

Sut Pitture
in Firenze nel

Ιλ chie(»

^mbragie»
&
»» ^i/ti
Qhhft^

* lefuefatiche. Il qua! Coiìmo , fé bene non fùnel fuotem-
po molto raro , eccellente Pittore , furono nondimeno
l'opere fue ragioneaoli. Coflui nella fuagiouanezza fece_^
in Firenze nella Chieia
di Sant'Ambrogio vna tauola > che è a man rjtra_^>
entrando in Chiefa. E iopra l'arco delle Monache
diSanIìCopo dalle Mura-
te tre ^figure. Lauorò anco nella Chiefa de'Serm pur di F renze la tauoIa->»
della Capella di Santa Barbara j e nel
primo cortile , inanzi, che s'entri m Chie-
fa Uuocò infreicolaftoria, quando il Beaw Filippo pglia l'habito del'a no-

ftra

-ocr page 435-

. vita di cosimo ross.

tra Donna. Λ Monaci di CefteOo-fece k rauoja deli* Aitar iDaggiore > & ji- vna
della medefima Chiefa va'akra:E iìinilmcnte quciJasche è in vi a Chie-
erra fopra il Bernardino accanto all'entrara di Ceftcllo. Dipmie il Tegno a i
^^Jii della Compagnia del detto Bernardino : e parimente quello della Compa'
di S.Gioi-gio,nel quale è vn'Annunciata. Alle fopraderte Monache d· S. Am-
εϊ* ^^^^ ^^ Capella del miracolo del Sagramento-, la
qual'opera è aiTài buona,
delle fue, che fono in Firenze e tenuta la migliore, neÌìa quale
fece va. procef-
«one
■ ^^ jr^Hg pj^^za di detta Cbiefa ν doue il Vefcouo porrà ϋ Tabernacolo
detto miracolo, accompagnar© dal Ciero,e da vna infinità di Cittadinije don-
e Con habitj di
quc'rempi. Di naturale, oltre a molti altri, ν è ritratto il Fico Eì/ret/o del
^εΐα Mirandola tanto eccellentemente, che pare non ritratto» ma vino. In Lue-
Pico HeiU
ca fece nella Chiefa di S.Martino, entrando in quella , per la porta minore della Mirandola,
l^^ciara prncipale a man ritta, quando Nicodemo fabbrica la ilarua di S. Croce: »»5·.

^ pOi quando in vna barca è per terra condotta per Mare verfo Lucca. Nella-., Martino di

Tn-llo di Paolo Gunieu il Quale

t poi quando in vna barca è per terra condotta pei vc.^ .
W opera foro mo η rurar Γί, e ipecialmente quello di Paolo Gunig,, il quale
cauò da vno di cena fatto da Iacopo della Fonte, quando fece la iepoirura della^
moglie. In San Marco di F-renze alla Capella deTeflìrori di Drappo
kce m vna i» s. M^^ci
tauoJa, nel mezo S.Croce, e da i lati S. Marco, San Gio. Euangelifta, S. Antoni- di Fìr^le,
no Arc.uelvouo dì Firenze , & altre figure. Chiamato poi con gli altri 1 ittori
ali'
opera > che fece Sifto IV. Pontefic'e nella Capella del palazzo, in compagnia
Ji Sandro Botticello, di Domemco Ghirlanda-o, dell' Abbate di S.Clemente > di
1-uca da Carlona, e di Pietro Perusmo: vi
dipi-^fe di fua mano tre ftone^ neL(LJ> «
Snali fece l i fommerfione d. Faraone nel Mar Roflb: la predica di Chnito a i po- '
Pf^li lungo li Mare ώ Tibenade : e l'vkima Ο na de gl'Apoftoli col Saluator^^, . ^^^^
quale fece vna taunia
a otto facce tirate in profpcctma: e fopra quella in ot-
fecce fimil. il palco,che gira in otto angoli, doue molto bene corcando ,mo-

v" il ^uale fi haueua a ìar'a chi mei'ho in quelle P.tmre haueiTe

g'Udicio d'eflo Pontefice operato. Finite dunque le (Ione, andò fua Santita a ve-
derle , nuando^afcuno de'Pittor- fi era ingegnato di far ii, che meritaffe il detto
ίremio, e l'honore. Haueua Cofimo fentendofi debole d muentione , e di diie-
δ'ίο cercato di occul· are il firn diffetto, con far coperta al Opera di fimffimi az-
^«m oltramarmi, e d'altri viuaci colori: e con molto oro illuminata ia ttoiia ; on· ^^^^^
je ne albero , ne herba, ne panno, ne nuuolo vi era, che lumeggiato non tulie.
'^cendofi a credere, che il Pap:i,come poco di quell'arre intendente, douelle per- cemi^im^ -
dare a lui il premio de'la virtoria. Venuto il giorno, che fi doueuano
tutti icoprire, fu veduta anco la fua, e con molte rifa, e motti da tutti
Artefici fchernita , beffara, vccellandolo tutti in cambio d'hauergli *

J^a Φ fcherniti finalmente furono eiTi: percioche que' colori, ^ f
fimo a vn tratto, cosi abbagliarono
rH occh, del P^pa ' ^

to s'inrendeua d, fimili cofe, ancoraché fe ne dilettafle affai che g udico Coli-
nio, haucrc moltò^llio, che rutti gì· a:rri operato. E cosi fattogh dare il pre-
Olio. comandò a p] " ifri, che tutti copriflero le k rr Pitture de i miglior» azzur-
ri. che fi tronafiero, e le toccaffino d'oro ·, accioche fuiTero fimili a quelle di Cofi-
nel colorito , e nell' ef?erc r'cche. l * on^e i pouen Pittori difperati d'hauere
aibdisfare alla poca
intelligenza del Padre Santo, fi diedero a gualbrequanto

"aneuano fatto di buono. Onde Cofiti o fi nfe d cc ero, che pocoinanzi li
-*?inoxifodeiawofuo. Dopo tOiMtoUus a Firenze con qualchefoldo, at-

Xx tefe

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345 SECONDA PARTE

tele viaendo aiTai agiacaaience al laiiorare al folico ; hauendo in Aia coiilpagti!»
quel Piecro> che fu iempce chiamato Piecro di Coiimo, fuo difcepolojil qualc-ί
gli aiutò lauorare a Roma nella Capella di Sifto, e vi fece, oltre all'altre cofe vn
pa?(e i doue è dipuica la predica di Chcifto > che è tehiico la miglior cofa > che vi
fia. S:ette ancor (eco Andrea di Coiìmo> òc attefe aliai alle grortefche · Eilendo
finalmente Coiirao viuuto anni
6S. coniumaio da vna lunga infirmità Ci mori
Tanno 1484. E dalla Compagnia del Bernardino fù fepellito in S.Croce. Dilcc-
toiiì coitui in modo dell'Alchimia, che vi fpefe vanamente > come fanno rutti co-
loroi che v'attendono, cioche egli haueua. In tanto, che viuo lo confumò, & al-
lo ftremo l'haueua condotto, d'agiato, che egli era, poueriifimo. Difegnò Coil-
mo beniffimo, come fi può vedere nel noftro libro non pure nella carta ,
è diiegnata la ftoria della predicatione fopradetta, che fece nella Capella di Sifto»
ma ancora in molte altre fatte di ftile, e di chiaro fcuro. Et il fuo ritratto haue··
mo nel detto libro ·, di mano d'Agnolo di Donnino Pittore, e fuo amiciifimo. Il
quale Agnolo fù molto diligente nelle cofe fue, come, oltre a i difegni, fi può ve·
dere nella loggia dello fpedale di Bonifaccio doue nel Peduccio d'vna /oha è vna
Trinità, di fua mano a freico, & a canto alla porta dei detto Spedale, doue
hoggi ilanno gh abbandonati fono dipinti dal medefimo certi poueri,
è io fpedaliere che gli raccetca 5 molto ben fatti, e fimilmente al-
cune donne. ViiTe coftui dentando, e perdendo tutto il
rempo dietro a
1 difegni fenza mettere in opera, Se in
γ rimo fi morìeiTendo poucro quanto più non fi
può v'ilere. Di
Cofimo, per tornare a lui

non rimafe altri, che vn figlinolo : il ^

phm di Ci'
fimo » e A»"
drea dt Ctfi'
mo [mi iom*
pugm.

Su*morfei e
fepoltnr».
Fà v»g9 dell'
AliAtmt*,
tanto tht »·
Aìntitmt p9'
uertjftmo»
EcctlUnte

mi disegno,
jigneh ΰ»»-
^in» Ftttmf

quale fù muratore, e architet-
to ragioneuolc-^^

It

F/ne della vita ài €οβηίθ V^offdlim 'Pittar Fìorentitif,

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vita

VITA DEL CECCA INGEGNERE FIORENTINO.

Vtiltid,ehf$
rhreggmo
dall' Anf>ì^
tittura Ihan*
no refe etceU
lente pir U
fiudìo de φ
Λϊίφΐί,

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348 SECONDA PARTE

gii ordini de'tirari nelle machine eia guerra, ne gli edificij da acque : & in tutte
quelle amiercenze j accorgimenti > che fotte nome d'ingegni » e di architettu-
re > difordinando gli auuerfanj, 6c accomodando gli amici» fanno > ? bello » e co-
modo li mondo. E qualunque fopi a gh altri hà fapiito fare quefte cofe > oltra-if
l'eiTere vieiro d'ogni fua noia»fonimamente è flato lodato, e pregiato da tutti
gli
Cece» Archi, altri,'come al tempo de'padri noftri fù il Cecca Fiorentino, al quale ne'difuoi
tette ingegni^ vennero in mano molte cofe, e molto onoratc,& in quelle fi jportò egli tanr ο be-
ne, nel feruigio della patria fua , operando con rifparmio ; e lodisfattione, e gra·
tia de'fuoi Cittadini » che le ingegnofe, & indiiftriofe fatiche fue, l'hanno fatto
famofo, e chiaro frà gli altri effregi de lodati Arefici. D cefi, che il Cecca fii
xiella fua giouanezza legnaiuolo buoniffimo» e perche egli haucua appl cato tut-
to l'intento fuo a cercare di iapere le difficoltà
de gi'ingegni,come fi ρ nno con··
Applic»t9 in ifmie ne'campi de'Soldati machine da muraglie, icale da falire nelle Città, aneti
gtouentà all· ^^ rompere le mura, Jifefe da riparare i Soldat per combattere: &c ogni v.ofa,chc
artt deU'tn- potefle a gl'mimici, e quelle, che a faoi amici poreiTero giouare, eiTen-

perfona di grandiiliraa vtilità alla patria rua,meritò,che Ja Signoria di Fi*
dtatoJalU renze gli delle prouifione continua. Pei il che quando η η fi combatteua, an-
Signorin, di daua per il dominio, riuedendo le Fortezze, e le mura delle C ttà, e Cailelh , eh'
FtrenKt. erano debili, & a quelli daua il modo de'ripari, e d'ogni altra coia, che bifogna-
ua. Dicefi, che le mmole, che anWauano
in Firenze, per la feib di S. G ouanni a
Sue mjtchìne pioceliìone , cofa certo ingegnofiiTì. na, e bella , furono inuencione del Cecca, il
per U fefia 4i quale allora, che la Città vfaua di fare aiTài feile , era molto in fimili cofe adope·
S.Gio»an»i,t £ ^e! vero, come che hoggt h fiano cotali fede, e rapprefentationi quafi del
pir altre prò» difmeiTe, erano fpettacoli molro beli',e ie ne faceiia pure nelle Compagnie»
€φοηύ ^ ygj.^ Fraternite, ma ancora nelle cafe priuate de Gentiiimomini, i quali vfaua-
no di far certe bngace , e compagnie , Se a certi tempi crouaril alkgramente_^
infieme, e frà eifi fe npre erano molti Artefici galant'huo nini, che ieruiuano»
oltre all'edere capricciofi, e piaceuoli, a far gli apparati di coral fede. Ma fra
l'altre, quattro folenniiTime, e pubhche fi faceuano quafi ogni anno, cioè

{)erciafcun quartiere, eccetto S.Giouanni, perla feila del quale fi fàceua vna fo-
enniÌTìma proceiTìone come fi dirà. Santa Maria Nouella quella di Santo Igna-
tio, Santa Croce quella di S.Bartolo neo, detto S.Baccio, S.Spirito quella dello
Spirito Santo, & il Carm'ne quella deli'Afcenfione del Signore, e quella dell*
Aflontione di Noifra Donna. La quale feifa dell' Afcenfione, perche dell' altre
d'importanza fi è ragionato, ò fi ragioneràjera beiliillmaj conciò fuife, che Chri-
ilo
era leuato di fopra vnmoare beniifimo facto di legname, da vna nuuola_j·
piena d'Angeli, e portato in vn Cielo ; lafciando gli Apofioli in fui monte? tan-
to
ben fatto, che era vna marauiglia, e maRìmamente eilendo alquanto mag-
giore il detto Cielo, che quello λ S. Felice in Piazza^ ma quafi co'i m ed efimi
ingegni. E perche la -ietta Chiefa del Carmine, doue quela Rapprefentatio-
ne fi faceua, è più larga aliai, e più aita di quella di S. Felice , oltre quella par-
te , che riceueua il Chiulo , fi accommodaua alcuna volta, fecondo, che pareua
vn'altro Cielo fopra !a tribuna maggiore, nel quale alcune ruote grandi, fatte
a guifa d'arcolai, che dal centro alla fuperficie , moueuano con be liffimo ordi-
ne
dieci gin, peri dieci Cieli, erano tutti pieni, di lumicini, rapprefentanti le
ftelle ·, accommodan in lucernine di rame, con vna ichiodatura, che iempcc_p
che !a ruota giraua » refliauano in piombo, nella maniera, che certe lanterne_p
ianno > che hoggi fi vfano comunemente da ogni viio. Di quefto Cielo, che_^

era

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VITA DEL CECCA. 34^

veramente cofa belliiiìma, vfciuano due canapi groffi tirati dal ponte, ò vero
wamcao, che έ in detta Chiefa, fopra il quale fi faceua la felta, a i quali erano m-
funate per cialcun capo d'vna braca, come fi dice , due picciole taghe, di bronzo,
che reggeuano vn ferro ritto nella baie d'vn piano, foprail quale ftauano du^
^^^geli legati nella cintola, che ritti ventuano contrapefati da vn piombo,chc ha-
iieuanoiocto : piedi, e vn'a tro, che era nella bafe del piano di focto, doue pofa.
, a quale anco gli faceua venire parimente vniti. Et il tutto era coperto da
e ben acconcia bambagia, che faceua nuuola, piena di Cherubini,
& altn Angeli così fatti di diueriì colori, e molto bene accomraodati. quelti
J^entandofi vn canapetro di fopra nel Cielo venmano giù per i
due maggiori in
|ul detto tcamezo, doue fi tecitaua la fefta: e annuntiato a Chriflo il tuo douer ia-

m Cielo, ò fatto altro vificio·, perche il ferro, dou'erano legati in cintola
ferrab nel ρ ano, doue pofauano i piedi,e fi girauan incorno inrornojquando era-
'Ό vfciti, e quando ritocnauano, poteuan far riuerenza, e voltarfi , fecondo che
j^ifognaua, onde nel tornar in sù, fi voltaua verfo il Cielo,e dopo erar^ per fimi-
ie modo ritiraci in alto . Quefti ingegni dunque , e quefte inuentioni fi dice, che
intono del Cecca: perche fe bene molto prima Filippo Brunellefchi, n'haueua_^ - y

fatto ile'così fatti, vi furono nondmeno con molto giudicio, molte cofe aggiun- Uppo Brunel·
te dal Ce ca. Edaquefte poivenneinpenfieroaimedefimo di fare lenuuole, '«M'; , . ,
cheandauano per !a Città a proceffione ogni anno la vigilia di S.Giouanni, e
l'altre coie, che beli iTiine fifaceuano. E ciò era cura di coilui, per edere, come ^^^^ j^ir·*
fi è detto perfona, cbe feruiua il publico. Hora dunque non farà fe non bene (φ^ί,
'^on quefta occafione dire alcune cofe, che in detta fefta , e proceiTìone fi faceua-
acciò ne paiTi a i poderi memoria, eflendofi hoggi, per a maggior parte, dif·

^eiTe. prii-nieramente adunque la piazza di S.Giouanni fi copriua tutta ditele

^^•zurre, piene di Gi<ili grandi fatti di tela gialla, e cucirini fopra. E nelmezo
^i^atio in alcuni toodiljur di tela, e grandi braccia dieci l'arme dei popolo, eCo-
«^une di Fu-enze, quella de'Capitani di parte Guelfa, & altre : & intorno intorno
gli eftremi del detto Cielo, che tutta la piazza, come che gràndiiTima ha, ri-
^"Pt^ua, pendeuano Drappelloni pur di te a dipinti di vane impr^le, d armi di
^'-giftrati, e d'arti, e di molti Leoni, che fono vna deirinfegne della Città. Que-
Cielo, ò vero coperta così fatta era alto da terra circa venti braccia,pofaua fo-
gagliardiffìmi canapi attaccati a molti ferri, che ancor fi veggono intorno il

di S. Giouanni, nella facciata di S. Maria del Fiore, e nelle cafe, che fo- ,
per rutto intorno intorno alla detta piazza, e fra ì'vn canapo , e TaltiO erano
» che fimilmente fofteneuano que Cielo, che per tutto era in modo arma-
ε parricoiarmente in sii gli eilremi di canap', di funi, e
difóppanni, e fortezze
tele doppie , e caneuacci, che non
è poffibile imaginarfi meglio. E cbe e pai,
11Λ modo, e con tanta diligenza accomodata ogni cofa , che ancora che moi-
f^iffero dal vento, che in quel luogo può aiTài, d'ogni tempo, come ogni
yno, gonfiate, e
moiTe le vele , non peròpoteuano eilerefolleuate, nefconce
in modo nefliuno. Erano quefle tende d cinque pezzi, perche meglio fi poit {Ti-
no maneggiare, ma poile sù tutte fi vniuano infieme, e legaiiano , e cufciuano
^ì maniera, che pareua vn pezzo folo. Tré pezzi copriuano la piazza, e lo fpa-
. che è
frà San Giouanni, e Santa Maria del Fiore, e ouello del imezc haue-
^dirittura delle porte principali', fietti tondi con l'anre del
Con-ur. , E gli
due pezzi coprmano dalle bande. Vno di verfo la Mifer cordie, e l'ai-
ai Vetfo la canonica, & opera di San Giouanni. Lcìiuiicle poiché di varie
^ fotti

prAtUatg
prima da Fi·

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4t 4 seconda parte

forti fi facevano dalle compagnie) con diuerfe inuentioni» fi faceuano general-
mente a quefto inocÌo. Si faceua vn telaio quadro di tauole alto braccia due ift^
circa > che in sà le tefle haueua quatcco gag lardi piedi fatti a vfo di trefpoli d^
tauola» Se incatenati a guifa di trauaglio. Sopra quefto telaio erano in croce due
tauole larghe braccia vno» che in mezo haueuano vna buca di raezo bracci0>ne»''
la quale era vno (ble alto» fopra cui fi accomodaua vna Mandorla, dentro la
le, che era tutta coperta di bambagia, di Cherubini, e di lumi > & altri ornamen'
ti; era in vn ferro al trauerfo pofta ò a federe, ò ritta fecondo, che altri voleua-^»
vna perfona> che rapprefentauaquel Santo > il quale principalmente da quella-i'
Compagnia, come proprio auuocato,
e protettore fi honoraua. Ο vero vn Chr'"
ilo, vna Ma lonna, vn S. Giouanni, ò altro : I panni della quale figura
copriuan®
ilfeiTo in modo, che non fi vedeua. A quello medefimo ftile erano accomodati
ferri,che girando più baili, e fotto la Mandorla, faceuano quattrc>ò più ò meno»
rami fimili à quelli vn'albero, che ne gli eflremi con fimili ferri, haueua per di'
fcuno vn picciolo fanciullo veftito da Angelo. E quelli, fecondo, che
voleuano»
girauano in fui ferro, doue pofauano i piedi, che era gangherato. E di così fari'
rami fi faceuano taluolta due ò tre ordini d'Angeli, ò di Santi, fecondo, che quel·
Io era, che fi haueua a rapprefentare. E tutta quella machina, e lo ilile, & i fei'
ri, che callora faceua vn Giglio, tallora vn'albero, e fpeiTo vna nuuoia, ò altra-J
cofa fimile, fi copriua di bambagia, e come fi è detto di Cherubini, Serafini, del·
led'oro, Scaltri corali ornamenci. E dentro erano facchini, ò villani, chela-»»
portauano fopra le fpalle i quali fi raetteuano intorno intorno a quella tauob'
che noi habbiam chiamato telaio, nella quale eranó confitti fotto'^doue ilpef"
pofaua fopra le fpalle , loro guanciah di cuoio pieni, òdi piuma, òdi bamba'
già, ò d'aìtracofa fimile, che acconfentifie , e
fuiie morbida. E tutti gl'ingegnij
e le falice, & altre cole erano coperte come fi è detto di fopra con
bambagia,chi
faceuano bel vedere, e fi chiamauano tutte quelle machine. Ν VVOLE . Die-
tro veniuano loro caualcate d'huominije di Sergenti a piedi in varie forti, fecon-
do la ilorin, che fi rapprcientaua, nella maniera che hoggi vanno dietro a carri ) ò
i^Itro, che fi ftccia in cambio delle dette nuuole : delia maniera delle quali ne hò
nel nodro libro de'difegni alcune di mano del Cecca molto ben fatte, de inge'
gnofi veramente,
e piene di belle confiderat^ni. Con l'inuenriqne del medeii'
mo fi faceuano alcuni Santi, che andauano, ò erano portati a proceiììone ò mot-
ti ,ò in varif modi tormentati. Alcuni pareuano paiiati da vna lancia , ò da νπίΐ
fpadaj Altri haueua vn pugnale nella gola altri, altre cofe fimiliper la perfo"
na. Del qual modo di fare , perche hoggi è notilTimo, che fi fi con fpada,
lan-;
eia, ò pugnale rotto, che con vn cerchietto di ferro fia da ciaicuna parte tenuti
ilretti, e di rifcontro j leuarone a mifura quella parte, che hà da parere fitta nel*
la perfona del ferito ·, non ne dirò altro ΒαΠ;3, che per Io più fi troua, che fii'
ronoiniientione del Cecca.
I Giganti fimilmenre, che in detta feilaandaua'
no attorno, fi faceuano a quello modo. Alcun, molto prattichi, nel ' andar
sù i trampoli, ò come fi aice altroue m sù le zanche, ne faceuano fare di qiie/'
U, che erano airi cinque, e fei braccia da terra,
e faiciategli, & acconcigli ii'
modo , Con mafchere grande, & altri abbigliamenti di panni, ò d'arme finte_^'
che hauenano membra »
e capo di Gigante. Vi montauano fopra, e deilramen'
te cattiinando , pareuano veramente Giganti ; Hauendo nondimeno inani^
vno» che foftencuano vna picca» fopra la qua!· con vna mano fi a^poggiaua «l'
fo Gigante, ma per fi fatta gmfa però che pamu» che quella picca fuÌÌevfli»

fug.

Comi α fa*
hùcuQen le
mMolt,

Β-ΛρρτφηίΛ*
timi del mar·
tirÌQde'Sati·

Ihfuevtaie
dal Ctfea,

Alt)'* giaoM

9tirÌ9Ù*

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VITA DEL CECCA.

Ìuaarme, cioè, ò mazza, ò lancia, ò vn gran Battaglio, come quello, che Mca-
sante viaua fecondo iPoeti Romanzi di portare. E fi come i Giganti, cosi
Ci fa-
«««ano anche delle Gisantelle, che certamente faceuano ν π belio, e marau.-
§5-ofo vedere. I fpiriteUi poi da quefti erano differenti, perche fenza hauere
che la propria forma i andauano in su i detti trampoli ab cinque , e fe, brac-
in moda, ihe pareuano proprio fpititi. E quefti anco haueuano 'nai^v^nc.
^i^e con vna picca gli aiutaua. Si racconta nondimeno, che alcuni ^^^

punto appoggiarfi a cofa veruna, in tanta altezza caminauano ' f^

^hi hà prattÌca de'ceruelli Fiorentini sò che di quefto non fi tara alcuna niar.ui^
glia: perclie, lafciamo ftare quello da Montugh, di Firenze, che ha n'aP-ia^;;^
^^lir, e giocolare fui canapo, quanti infino a bora ne fono itati, chi ha
conoitiu-

lapo, ò

........ .........„..ipoli molto pi

come a ciafciinocaminareperlopiano. ^

Eiiafe gli huomini di que'tempi, che in corali cofe, ò perprezo, ο per altro
fi eferciiauano , faceuano quelle , che
Ci fono dette di topra , ο maggiori
coicj. - re

Non parlerò d'alcuni ceri, che fi dipigneuano in varie fantaiie, ma goftì tan-
to , che hanno dato il nome a i
Dipintori plebei ; onde fi dice alle cattine l%ta-
^e, fantocci da ceri j perche non merce conto, dirò be-ne, che al tempo del Cec-
quefti furono
in gran parte difmeiTi, & in vece loro fatti i carri, caS hmiUa
\
trionfali fono hoggi in vfo. Il primo de' quali fu i! Cero della Mone a, I qua- ^^^^ rj

condotto a quella perfetdone, che hoggi Π vede; quando ogni anno P^r
««ta fefta è mandato fuori da i Maeffii, e Signori di Zecca,con vn San Giouan-
?
cima > e molti altri Santi, & Angeli da bailo, e intorno rappreientanti d^
pilone viue.

Fù deliberato non è molto, che fe ne facefle per eia cun ^aite;-
Ì?'Che offerifce cero vno, e ne furono farti infino in dieci, per honorare^
fefta magnificamente, ma non fi feguitò per gh accide_nti, che poco poi o-
Prauennero. t^iel primo dunque della Zecca, fu per ordine deLCccca, fatto
Domenico, Marco, e
Giuliano del TaiTo, che allora eranode pnmimae-
di legname, che in Firenze lauoraiTeno di quadro, e d'intagl|0 : v^ in eflo Ingeinoji . -
da eiler lodate affai, oltre all'altre cofcle ruote da baiTo , che fi fchioda fl^J^J^
> per potere alle fuoke de'canti girare quello edificio, accommodarlo di
*^anieraj chefcrollimeno, chefia poiTibile, e maffimamente per rifpetto di
Coloro , che di fopra vi ftanno legati. Fece il medeiìmo vn'edificio per netta-
zmodace per
e racconciare il muiaico della tribuna di San Giouanni, chefigiraua, <vm dt Mine

^a» abbaiTaua.&accoftauafecondo, chealrn voleua, e con tanta asiuolez- giiajjedtatm
Ja > che due perfone lo poteaano maneggiare : La qual cofa diede ai Cecca^. »»
Coftui qnandoΊ Fiorentini haueuano 1'l'*
orno a Piancaldoh, con hngegnofuo fece sì, che 1 Soldati v./n rarono den-

pervia di Mine fenza coI?o"di fpada. Dopo feguitan<'o P^u oltr il mede- Z^f^J·.,
hmo elTercito a certe altre CaRdìa, come volle la mala forte, voicndo egl, A

J^nurare alcune altezze in vn luogo difiicile, fù vcaCo: pere oche haucndo ^t^nvnfif».
il capo fuor del muro, per mandar vn filo abbaiTo, vn prete, che era_^
gli auuerfarij i quaU piùtemeiiano l'mgegno del Cecca , che le forzc_^
tutto il campo, fcaricatoli vna baleftra a panca, gh conficco di forte vnve-
*«toni» nella tefta^ chcilpouerelio,diiubito, fe ne morì. Dolfe molto a rut-

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SECONDA PARTE

to i'eiTercicr», &aiiuoi Cittadini il danno, e la perdita del Cecca. Ma nonW^f-
fendo rimedio alcuno, ne lo rimandarono in cafta a Fircnze»doue dalle forellc,./
Sfpiitura, ^ gij honoraca fepoltura in S. Pietro Sehcraggio ; e folto il fuo ritratto di
fi^ p^fto i'infìafcritco Epitaffio.

Fabrum M.igiHer Cicca » natus oppidìs, vel ohfiiendis, -ìfcl tuendis» hic iaceU
Vixit an. XKXKI. MenJ. ly. Dies xilll. obiji prò patria Telo i^ius* T
m Sor oref
monmmum fecerunt M^CCCCLXXXXyiUL·

Fine della fvita del Cecca Ingegnere Fiorentm.

x>on

-ocr page 443-

vita di d. bartolomeo. jj^

VITA DI D. BARTOLOMEO ABBATE DI S. CLEMENTE ^
MINIATORE, E PITTORE.

ADE volf e fuoie amienire , che chi è d'animo bucno, e dì
vira efemplare, non fia dal Cielo proueduro d'amici otcìmi,
e di habitationi honorare , e che per i buoni coftumi fuoi
non fia viuendoin veneradone, e morto in grandiffimo de-
fiderio di chiunque l'hà conoiciuto , come fù D. Bartolomeo

della Gatra, Abbate di SXIementcd Arezzo, il Quale fiì in sm^ di O,

. diuerfe coie eccellente, e coÌhimatilTimo in tutte le ine «t- B^rtolomeoU

Cortili, il quale fu Monaco de gli Agnoli di Firenze, deli'ordine di rendefiimm,
Ìon fù nella fua giouanezza,'forie per le crg;oni, che di foprafidif-

- ™ «ella Viu di Pon Lorenxo, Miniatore/ingolanffimo. e molto prattico

Yy ' nelle

-ocr page 444-

SECONDA PARTE

nciÌe cofe del difegno» come di ciò poiTono far feJe le mmiature lauocate di I^i
per i Monaci di S.Fiore> e Lucilia nella Baita d'Arezzo,& in particolare vn Mei"
Tale» che fù donato a Papa Siilo nel quale era nella prima carta delle terrete vna
Paifione di Chriilo, belliiTìma » e quelle parimente fono di fua mano j che fono
in S. Martino Domo di Lucca . Poco dopo le quali opere, fù quello padre da-^
Marìotto Maldoh Aretino > Generale di Carnaldoli, e della ileiTa famiglia > eh®
fù quel Maldolo, il quale donò a S. Romualdo inftiturore di quell' ordine il lii®"
go,e iito di Camildoli,ch>; h chiamaua allora capo di Maldolo,oue c la detta Ba-
dia di S. Clemente d'Arezzo, ed egli come grato del beneficio lauorò poi molt®
cofe, per lo detto Generale > e per la fua Rel'gione . Venendo poi la pelle del
141J8. perla quale ienza molto pratticare fi ilaua l'Abbate, fi come faceuanoan'
co inolti altri, in cafa fi diede a dipignere figure grandi > & vedendo > che k cola»
fecondo il defideno fuo gli riufciua j cominciò a lauorare alcune cole » e la prii^^
fò vn S. Rocco , che fece in tauola a i Rettori della Fraternità d'Arezzo, che 6
hoggi nell' vdienza , doue fi ragunano. La quale figura raccomanda alla Noftf^
Donna il popolo Aretinoj& in queflo quadro ritraile la piazza della detta Città»
e lacafa pia di quella Fraternità cc>n alcuni bechini, c.he tornano da fotterrarc^
morti. Fece anco vn'altro S.Roccoj fimilroente in tauolaj nella Chiefa di S.
tro, doue ritraile la Città d'Arezzo, nella forma propnasche haueuain quel terW'
po molto diuerfa di quella, che è hoggi. Et vn'altro, il quale fù molto miglior^»
cheliduefopradetti, in vna tauola, che nella Chiefa della Pieue d'Arezzo all^
Ciipella de^Lippi » il quale S, Rocco
è vna bella , e rara figura, e quafi la meglip'
che mai
ùceiTe, la refta, e le mani non poliono eiT re più belle, ne più natura!'·
Nella medefima Città d'Arezzo fece in vna tauola in San Pietro,doue ftanno Fr^'
ti de'Serui, vn'Agnolo Raffaello, e nel medefimo luogo fece il ritratto del Beat''
Iacopo hilippo da Pi;icenza. Dopo > condotto a Roma > lauorò vna ftoria nella-^
Capella di Papa Siilo in compagnia di-Luca da Cortona, e di Pietro Perugino. ^
tornato in Arezzo fece nella Capella de'Gozzariin Vefcouado vn SanGiro^'
mo in penitenza, il quale eiTendo magro > e rafo j e con g'i occhi fermi attentici'
mrmente nel CrocifiiTo, e percotendofi il petto, fa beniilìmo conofcere quaof?
i'ardòr d'amore in quelle confumatiffìme carni poiTa tra :agliare la virginità. ^
per quell' opera > fece vn faiTo grandiffimo, con alcune altre grotte di faiTì, frà
rotture delie quali fece di figure picciole» molto giatiofe , alcune ilorie di qii^*
Santp. Dopo in Sant'Agofiino lauorò, per le Monache, come fi dice, del Tef^f
Ordine, in vna Capella a frefco vna Coronatione di Noilra Donna molto lodati'
e molto ben fatta, e fotto a quella in vn'altra Capella vna AiTunta con alcuni
geli in vni gran tauola, molto bene abbigliati di pannifottiii, e quella tauola, P^
cofa lauorata a tempera è molto lodata: & in veto fù fatta con buon difegno,C.^
condotta con diligenza ilraordinaria. Dipinfe il medefimo a frefco nel m^^^
tondo» che è fopra !a jiorta della Chiefa di San Donato nella Fortezza d'Arei^^'
iaNoflra Donnacol^figlio incollo, San Donato, e San Giouanni Gualberto, ^^^
tutte fono molto belle figure, Nella Badia di S. Fiore in detta Città è di fua
no vna Cape'la all' entrar della Chiefa , per la porta principale » dentro la qual^
vn San Benedetto, & altri Santi; fatti con molta grana, e con biiona prattica,
dolcezza. Dipinfe fimilmente a Gentile Vrbinate
VefcGUO Aretino molto
amicos e coi quale viueua quafi feinpre j nel palazzo del Vefcouado in vna C^
pelli vo Chciilo m ortoi & in vna loggiaritraflle eiTo Veicouo, il fuo Vicario,
Set Matteo Fiaacini fuo Notaio 4i banco, che gli leege vna Bolla, vi ritraile V '
--- --------------------ΰ co riineo::

ifMitìcA in
^ieutntU di
mimature , e
étdt/e^no,
Ne fanno fe-
de insite ÌHi
epere dt ^rc
gii).

ttàtlrAio 'pir
ia fe^t s'ap-
pi tee Λ dipìn-
ger fiiuru

JJ art e gli rtt·
fcefluAefran·
tamente l't'
fercttaia oa·
vis o^zrt.

Dipinge t» Jlei
ma nellil·
c«·
^dÌA it Stilo*
T$rnit in A-
vtXjcOfevUa·
in vna
Capsl/a del

Ma Saiie
di S. Firn-

f'gp pef io

-ocr page 445-

VITA DI D. BARTOLOMEO. 355

iìmente fe fteilo, & alcuni Canonici di quella Città. Diiegnò per lo medeiano
"Veicouo vna loggia » che elee di palazzo, & và in Vefcouado a p ano con
Chieta, e palazzo : &c a mezo di quefta , haueua diregnato quel Vefccuo fare a
g'i'fà di Capella, !a iua fepoltura, & in quella eiTere dopo k morte fottenato, e
la conduile a buon termine, ma ioprauenuto dalia morte , nmaie imperfet-
ta ·, perche ie bene laiciò, che dal iucceilor fuo fulie finita, non fe ne fece altro, .
come il più deil^- volte auuiene dell'opere, che alcn lafcia , che fiano fatte in fimi-
li cole dopo la morte. Per lo detto Veicouo fece l'Abbate nel Duomo vecchio
vmìì^
Vna bella, e gran Capella, ma perche hebbe poca vita, non accade altro ragio- dett» ciftà,
^arne. Lauorò oltre quefto per tutta la Città in diuerfi luc^hi, come nel Carmi·
"e tré figure, e la Capella de le Monache di S. Orfina. Et a CaAiglione Aretino
nella Pieue di San Giuliano vna tauola a tempera alla Capella dell'^Alrar maggio-
re > doue è vna Nollra Donna belliffima, e iian Giuliano , e San Micheìagnolo,
figure molto ben lauorate, e condotte 5 e maffimamente il San Giuliano ·, perche
^a-uendo aifillàti gli occhi al Chnllo , che è in collo alla Noftra Donna, pare che
i^olco s'afSigga d'hauer vccifo il padre , e la madre. Similmente in vna Capelli
poco di fotco , è di fua mano vn portello , che ioleua ftare a vn' organo vecchio»
nel quale è dipinto vn San Michele, tenuroxofamarauigliofa, & in vn braccio
d'vna Donna vn putto fafciato, che par vmo. Fece in Arezzo alle Monachc_^
delle Murate la Capella dell' Aitar maggiore, Pittura certo moito iodata. Et al
Monte San Sauino vn Tabernacolo dirimpetto al palazzo del Cardinale di Mon-
te > che fu tenuto bellifllmo. Et al Borgo San Sepolcro, doue è hoggi il Vefco-
uado, fece vna Capella, che gli arrecò lode , &: vtilegrandiiTimo. Fu D. Cle-
mente perfona, che hebbe l'ingegno atto a tutte le cofe^ & oltre all'eifere graii_^
Cufico, fece organi di piombo di fua mano.
Et in San Domenico ne fece vno di
Cartone, che iìè fempre mantenuto dolce, e buono ·, & in San Clemente n'era-a
Waltro pur di fua mano »
jI quale era in alto , δζ- haueua la rellatura da baiTo al
nan del
choro, e certo con beila confiderarione^perche hauendo fecondo la qua^·
!tà
del luogo, pochi Monaci, voleua, che l'organifta cantalTe , e fonaiTe, e perche
quelìro Abbate amaaa la iua Religione, come vero miniilro ,e α ai diiTìpa

. Chiefa,e quella tutta dipinfe-, Et in

, ..............................j. .nfe in rna vn San Rorco, e nell' al-

'^ta vn San Bartolomeo » le quali infieme con la Cfiiefa fono roninar e. Ma tor- Mai/te tap
i^ando all'Abbate, il quale fù buono, e coftumato ReIigiofo,egli ralciò fuo difce- f'* A"
Poìo nella Pittura Matteo Lapoh Aretinó, che fù valen
e , e prat ico Dipin'ori·,
Come ne dimoftrano l'opere,- che fono di fua mano m San; 'Agoftino nelb Cnptl-
^a di San B iftiano ,doue in vna nicchiaè eiT Santo fa to di
v.lieao dal ινεάΠίΛίο,
intorno gli fono di Pittura San Biagio, San R .^co, Sanf' Anromo da Padoua,
San Bernardino, e nell'arco della Capella è vna
Nunnara , e nella volta, 1 quattro
Euangeliftj lauorati a frefco pulitamente. Di mano di coitui e ui ra al>ra Ca^I-
^^ a frefco a man manca , entrando per k porta dei fianco in detta Chiefa , la Nà^
F^^ità, e la Noft'-a Donna Annuntiata dall' Angelo, nella figura del
qucde Ange-
ritralie
Giul an Bacci allora giouane di beUiffima aria. Eiopra la detta porta di
fece vna Nonciata in mezo a San P^eao, e San Paolo ; ritraendo nel volto
Madonna la madre di M. Pietro Aretino famofiirimo Poeta. In San Fran*
alla Capella di San Bernardino fece in vna tauola elio Santo, che rar viuo,
®taatoèbcUo, che egUè la miglior figura, che coftui face ile mai. lu Veico-

Yj a. uadi»

delle cofe di Dio, bonificò molto quel luogo, di muragl e, e di Pitture, e paitico^
latmentetifece la Capella maggiore delia fua Chiefa,e quella tutta dipmfe-, Et in
^iie nicchie , che ia metteuano in mezo, dipinfe in rna vn San Rorco, e nell' al-

tcr^.

Sdì s/ii-f,

-ocr page 446-

4t 4 seconda parte

uadofeceneliaGapelUde'Pietramakfchi invn quadro a tempera vnS.I^^"
tio beiliiTìmo. Et in Pieue all'entrata della porta di (opra > che rifponde in piaz"
za, vn S.Andcea> & vn S.Baftiano. E nella Compagnia della Trinità con bella-i
inuentione fece per Btioninfegni Biioninfegni Aretino, vn'opra, che iì puòfrà le
migliori, che mai faceiTe anaoiierare,e ciò tu vn Crocififlb fopra vn'Altare in me-
zo di vno San Martino, e S.Rocco, & a pie ginocchioni due figure, vna figurata
per vn pouero, fecco, macilente j e maliiTimo veftito ? dal quale vfciuano certi
raggi, che dirittamente andauano alle piaghe del Saluatore, mentre eiTo Santo
lo guardaaa attentiiTìmamente : E l'altra per vn ricco veilito di porpora, e biflo»
e tatto rubicondo, e lieto nel volto, i cui raggi neli'adorar Chrifto, parea, fe be-
ne gli vfciuano del cuore >come al pouero, che non andaiTeno dirutamente ali®
piaghe del Crocifiilo, ma vagando, 8c allargandofi, per alcuni paefi, e campagne
piene di grani, biade > beftiami, giicdini, &: altre cofe fimili> e che sltri fi diften-
deilìn^ in mare verfo alcune barche cariche di mercantie:&: altri finalmente ver-
fo certi banchi doue fi cambiauano danari. Le quali tutte cofe furono da Matteo
fatte con giudicio, buona prattica» e molta diligenza. Ma furono, per fare vna-i*
Capella non molto dopo, mandate per terra. In Pieue (otto il Pergamo fece il
raedefimo vn Chrifto con la Croce per Meiicr Leonardo Albergotti.

Fu difce{>oIo fimilmente dell'Abbate di S. Clemente vn Frate de' Serui Areti-
no ,che dipinfe di colori U facciata della cafa de'Belichini d'Arezzo, & in S. Pie*
tro due Capelle a fre/co Tvna allato all'altra. Fu anche difcepolo di Don Barto-
lomeo Domenico Pecori Aretino,U quale fece a Sargiano in vna tauola a tempe-
Do^éen'm Pi· ra tré figure: & a olio per la Compagnia di S, Maria Maddaleiia vn Confalone da
€cri Λ,ηΙηβύ portare a Proceiiìone molto bello. E per M. Prefentino B .fdonìini in Pieue alla
4tfeep9lU Capella di S. Andrea > vn quadro d'vna Santa Apollonia fimile al difopra » e finì
molte cofe lafciate imperfette dal fuo Maeftro. Come in San Pietro la tauola di
San Baftiano, e Fabiano con la Madonna per la famiglia de' Benucci,e dipinfe_>
tMctmt» del' nella Chiefa di Sant'Antonio la tauola dell'Aitar maggiore, doue è vna Noftra__.>
li im^rst Donna molto denota con certi Santi, e perche detta Noftra Donna , adora il fi-
gliuolo , che tiene in grembo, hà finto , che vno Angioletto inginocchiato dirie^
to, foftiene Noilro Signore con vn guanciale,non lo potendo reggere la Madoii-
m, che ila in atto d'oratione a man giunte. Nella Chiefa di San Giuftino dipinfe
a M
.Antonio Roteili vna Capeliade'Magj in frefco, &ζ alla Compagnia della_^
Madonna m Pieue vna tauola gcandiifima, doue fece vna ISoftra Donna in aria
eoi popolo Aretino fotto, doue ritraile moki di naturale, nella quale opera gli
aiutò vn Pittore Spagnuolo, the coloriua bene a olio » & aiutaua in quefto a Do-
menico,che nel colorire a olio, non haueua tanta prattica, quanto nella tempe-
ra re con l'aiuto del raedefimo condufTe vna tauola per la Compagnia della Tri»
liità, dentrout la Circoncifione di Noitro Signore tenuta cofa molto buona, ζ^
nell'orto di San Fiore in frefco, vn Noli me Tangere. Vltimamente dipinfie nel
Vefcou'ido per M.Donato Mari:ielh Primicerio, vna tauola, con moke figure,/
con buona inuentioner e buon diiègno, e gran rilieuo, che gh fece allora, e fem-
prehonore grandiili no, nella luale opera eilendo aflai vecchio chiamò in->
aiuto il Capanna PittorSaneferagioneuol maeftro»che
a Siena fece tante fac-
ciate di chiaro fcuro,
e tante tauole , e fe fuife ito per vira fi faceua molto hono-
leneil* arte, fecondo, che Μ quel poco, che hauea fatto fi può giudicare. Ha-'
HeaDvvmetiico fatto alla Fraternità d'Arezzo, vno Baldacchino dipinto a olio»
cofa iiccir e di grande fpefa > il gitale» noa hà moki armi, che pteftato per farc-^
~ ■ " ' ............. ■ ........ "" io

Ϋ» fra fa Set*
Ulta,

-ocr page 447-

VITA Dì D. BARTOLCMEC. 357

vna Rapprefentatione di S.Gio. e Paolo, per adornarne vn Para-
0110 vicino al tetto della Ch efa j eflendofi dalla gran copia de' Junii accefo il fuo-
co arfe inficine con quel che rapprefentaua Dio Padre, che elTcr legato» non pc-
'ecte fuggire, come feciono gli Angioli, e con moki paramenti, e con gran danno
ρ §h fpettatori, i quali fpaiientati daIl'incendio>volendo con furia vfcire di Chie-
Ja>i-njntreognivnovuo eeilereilpnmo, nella calca ie ne icoppiò intorno a
^XXX, che fùcofa molto compafiioneuole, e qneRo Baldacchino, fii poi rifatto
Con maggior ricchezza, e dipinto da Giorgio Vafari. Diedefi poi Domenico a fa-
Je fineftre di vetro, e di iua mano n'erano tre in Vefcouado, che per le gueri
'uron rouinate dall'Artiglieria. Fù anche creato dal medefimo Angelo di ibren-
Pittore , il quale hebbe ailai buono ingegno j lauoi ò l'arco (opra la porta d;
O.Domenico j e fe fuiTe ftato aiutato farebbe fattoiì j buoniflìmo macÌlro · Morì
•^Abbate d'anni Sj.e lafciò imperfetto il Tempio della N. Donna delle lacrime,
quale haueuafatto il modello, &C il quale è poi da diueriì (lato finirò. Merita
«unque coftui di eiTere lodato, per Miniatore, Architetto, Pittore, e Muiìco. Gli
^ data da i luoi Monaci fepoltura in S.CIemente iua Badia, e tanto fono ftat^_p
Jtimate fempie l'opere fuc in detta Città, e fopra il Sepolcro fuo,fi leggono que-

Tignebat do&e Zeufis condehat & ales
Ήΐΰοη} pan capripes:,fiflula prima tua eli.

tamen ex yohis mecum certauem yllus
Qua tresfeciflhy vnicus h<ec facto.
Morì nel 14Ì i.hauendo aggiunto all'arte della Pittura nel miniare quella bcl-
«2;za, che fi vede in tutte le fue cofe , come poflono far fede alcune carte di fu»
•«ano, che fono η elnoilro libro. II cui
modo di fare imitato poi Girolamo
Padoano ne i mini], che fono in alcuni libri di S. Maria Nuoua di Firenze»
Gherardo miniatore Fioreatino,che fu anco chiamato V"ante,del qua-
le fi è in altro luogo ragionato, e dell'opere fue, che fono in
Vc-
netia particolarmente; hauendo puntualmente pofla vna-Λ
nota mandataci da certi gentil'huomini di Vcnctia»* ;
perfodisfattionede'quah poichéhaueuanodu·
rata tanta fatica in ritrousr quel tutto > che
quiui il legge, ci contentamo, cht_>
filile tutto narrato, fecondo che
haueano fcritto : poiché di
vifta , non ne poteuo
dar giudicio prò*
pno»

mia -vìtA di D,mokmeo Mute ài S, Cìemcnte Minktem eTìttm

inteniio fpd'
Mento/o tn A'
rel\o j che
ebh uccie vn
BdUfittkim

rtcco

pepolc.

Angelo Ài Li·
rtntino aijct^
polo dtir Ah·
bete.

Morte dtW
Abhétteit fmi

mmì*

Imitatori
fuoì nelle mh

^tnm

-ocr page 448-

S e co Ν DA Ρ A R Τ E

VITA DI GHERARDO MINIATORE FIORENTINO.

BRAMENTE, che di turte ie cofe perpetue, che fi fan-
no con colon, neiÌunopiùrefta alle percoife de'venti: ς^
dell' acque , che il Mufaico. E ben lo conobbe in Firenze ne'
tempi fuoi Lorenzo Vecchio de' Medici, il quale come per-
fona di ipiriro, e fpeculatore delle memorie antiche, cercò
di rimettere in vfo quello, che moki anni era ftato nafcofo » β
perche grandemente fi dilettaua delle Pitture, e delle Scul-
tore, non potette anco non dilectarfi del Mufaico. Laonde veggendo,
Gherardo allora Miniatore, e ceruello foffiftico cercauale difficoltà di talma-
gifteroj come perfona, che fempre aiutò quelle perfone in chi vedetta qua!'
che feme , e principio , di fpirito , e d'ingegno lo fauorì grandemente. Onde_^
me/iolo in compagnia di Domenico del Ghirlandaio, gli fece fare, da gli operai

di

-ocr page 449-

VITA DI GHERTTLfKDO. SSV

^iS. Maria (iel Fiore allogatione delle Capelle delle Ciociere 3 per la prima di opeftiiche^
^wella del Sagianiento> doue è il corpo di S.Zanobi. P« Io che Gherardo aiict-
raràtcon Όβ·
^^Iiando l'ingegno harebbe fatto con Donicnico mirabjljfl;me co/e , ie]a morte menito Cht'
non vi fufle interpofta , come fi può giudicare , dal principio della detta Capella?

rimafe imperfetta. Fu Gherardo oltre al Muiaico, gennliffimo Miniatore, e Uxnmun

fece aneo figure grandi in muro, e fuor della porta alia Croce è in freico vn Ta- ^

Vernacolo di fila mano . Et vn'aÌtro n'è in Firenze a ion-nio del a via Larga mol-
io lodato : e nella facciata della Chiefa di San Giiio a Si^aria Nuoua dipinf^^;,
i^otto le ftorie di Lorenzo di Bicci,doue è la confegratione di quella Chiefa , imm = ".
«ia Papa Martino Quinto -, quando il medeiìmo Papa da l'habito allo Spedalingc,
® molti priuilegij. Nella quale ftoria erano molto meno figure di que lo,che pa-
tena, ch'ella richiedere, per eflere tramezatc da vn Tabernacolo c'entio al quale
eravnaNoftra
Donna, che vltimamcnte è fiata leuata daD. Ifidoro Montagu-
io moderno Spedalingo di quel luogo, per nfarui vna porta principale della ca-
fa, e ftatoui fatto ndipignere da Francefco Bini Pittore Fiorentino, giouane, il
reftanfe di quella ftoria. Ma per tornare a Gherardo» non farebbe quaiì flato
poffibile, che vn maeftroben pratticohauefìe fatto,
le noticon molta fatica , e
diii<?enza quello, che egli fece in quell'opera ,beniffimb taUoratàfn faifco. Nel MìnUfm
medefimo Spedale minio Gherardo per la Chiefa vna infinità di libri j òc alcuni, ηβΊϊΗ.
per Santa Maria del Fiore di Firenze, & alcuni altri per Maihia Cornino Rè di Λ'^·
Vngheria ; i quali foprauenura la morte del detto Rè iniìeme con altri di mano J^l

di Vante, e d'altri maeilri, che per lo detto Rè lauorarono in Firenze, furono ^/"f/^f^a
pagati, e prefi dal Mag. Lorenzo de' Medici, e podi nel numero di quelli tanto pnfao»
dominati, che preparauano per farla libraria, e poi da Papa Clemente Setr/mo
fabbricata 5 & hora dal Duca Cofimo fi ordine di publicare. Ma di Mae- »0,
^ro di Minio , diuenuto j come fi e detto Pittore, oltre l'opere dette, fece in vn_^ Aìtrifuttìt-
gi'an cartone alcune fi^^ure grande per i Vangelifti, che di mufaico haueua a fare me»
«ella Capeila di S.Zanobi. E prima, che gli fuiTe fatta fare dal Magnifico Loren-
zo de'Medid, l'allogatione di detta Capeila, per moftrare, che intendeua la cofa
i-nuiaico, e che fapeuafare fenza compagno, fece vna tefta grande di San Za-
nobi quanto il viuo^ a quale rimafe in S. Maria del Fiore, e fi mette ne'giorni più
^O'enni, m full'Aitare di detto Santo > ο in altro luogo, come cofa rara. Mentic?
^"e Gherardo, andauaqueftecofelauorando furono recate in Firenze alcunt_^ Trailo dalla
Jfsmpe di maniera Tedefca fatte da Martino, c da Albei to Duro : perche piacen-

molto quella forte d'intaglio, fi miie col bolino a intagliare, e ritraile alcu- cune nampe
^le di quelle carte beniiTimo, come fi può veder in certi pezz. , che ne fono nel
^oftro libro infieme con alcuni difegni d. mano del medefimo- Dipinfe Gherar^ " 'fT

molti quadri, che furono mandati di fuori, de' quali vno n'e in Bologna nella ^ t^uh-
^^lìefa di S. Domenico, alla Capeila di Santa Caterina da Siena dentroui elia.^ .

beniiTimo dipinta. Et in San M^co di Firenze fece fopra la taiiola del per-
αοηο vn mezo tondo pieno di figure molto gratiofe : Ma quanto iodisfaceua cc-
a gli altri,
tanto meno fodisfaceua afe in tutte le cofe, eccetto nel tniiiaico·.
«ella qual
forte di Pittura fù più toilo concorrente, che compagno a Drmeni- Finnlt,

Ghirlandaio, E fe fuile più lungamente viuuto farebbe in quello dibenuto
«ccellentiffimo, perche vi duraua fatica volentieri, èc haueua trouato in grsiu»
parte i fegreti buoni di quell'arre. Vogliono alcuni, che Attauante alrrTmenti
"^^^te miniator Fiorentino, del q^ale fi é ragionato di fopra in piiìdVn Ìuo-
fuffej fi come fu Stefano » iìmUwente miniatore Fiorentino, difcepolo di
" - Ghe·

to di Boic^Kgf
io S.Mjirtcdi

-ocr page 450-

S ECO NDA PARTE

Gherardo» ma io tengo per femio.riipecto ali'eiTcre flato l'vno, c l'altro in Vfi
inedeiìmo tempo, che Actauantefuile più tofto amico, compagno > e Coetanei
di Gherardo > che iifcepoio. Mori Gherardo ciTcndo ailai beii'olcre con
gli anni> laiTaado a Stefano Tuo difcepolo tutte le cofe Γuè dell'ar-
te. Il quale Stefano, non molto dopo, datofi all'Archi»
teitura, lafciò il miniare, e tutte le coie fue appar^*
tenenti a quel meftiero, al Boccardino vec*
chio, il qual mimò la maggior parte
de' libri, che fono nella Badia di
Firenze , Morì Gherardo
d'anni ί5. e furono le
opere fue in-
torno

SHAmml

iielF MMtà
tUm*t*titt\

a gli anni di Noftra Salute
Ϊ470.

Fine della n/m di Ghmrdo Miniarne Fimmnì)

va

I

-ocr page 451-

vita di domenico ghirl.

OMENICOdi Tomafo del Ghiriandaio ; il quale per

virtù 5 e per la grandezza» ε per Ja moltitudine dell'opere_ì»

fi può dire vnode'principali) e piùeccellenn maeitn dell' -........

età Tua. Fù dalla natura fatto per eiTer Pittore, e per cjuefto
non oflante la difpofitione in contrario di chi l'hauea iii^
Tu" η fi'
cuilodiai che molte volte impedifce i grandiiTimi frutti de Lm ilp!!.
; -^'-s-· ' gl'ingegni noftri occupandoh in cofe doue non fono atti, pmicmf, '
«piandolidaquelleinclie fono naturati ) lequendo Pjnftinto naturale fecc_^
g TpandiiTìmo honore, & vtile all' arte, & a fuoi, e fù diletto grande della.^

più X ' ^^^ P^^·^ ' «ÌUàle egli era-^

di a "^^gioneuolc maeftro, e di Ìua mano erano la maggior parte de'voti
, che già fi conferuauano nell'armario della Nimtiata, e

Ζ ζ lam-

ìicé

-ocr page 452-

s e ο ν d a ρ a r τ e

lampade d'argento della Capelk, tutte disfate, nell'ailedio della Citta Tanno
15
19. Fù Tomaio il primo, che trouaiTè, e mctceile in opera queli' omamento
del capo delle fanciulle Fiorentine, che fi cliiamano Ghiiiande, donde ne acqui"
ilo il nome del Ghirlandaio-, non folo per efierne egli il primo inuenf ore'

ma pei

hauetne anco fatto vn numero infìniro τ e di rara bellezza 5 tal che non P^·^^^,
piaceffin > fe non quelle,che delia fua bottega foiTero vfcire. Porto dunqi-ifi^^^
arte dell'oreSce,non piacendoli quella > non reilò di continuo di diÌegnare.^'
che efìendo egli dorato dalla natura d'vnofpirito perfetto, e d'vn gufto mirabi-
le, egiudicrofo nella Pittura} quantunque Ora'fo nella
fua fanciullezza fofl®^
ierapre al difegno attendendo , venne fi pronto, e prefto, e facile » che molti à'
cono > che mentre , che all' orefice dimoraua » ritraendo ogni perfona » che dM
bottega paflaua, lifaceua fubito iomigliare. Come ne fanno fede ancora ne'^
opere fue infinirj ritratci, che fono di fimilitudini viuiiHme . Furono le fue priai®
Picrure in Ognifanti laCapella de' Vefpucci > dou' è vn Chrifto morto, & alcii'
ni Santi, e fopra vno arco vna Mifericordia, nella quale è il ritratto di Amerigo
Vefpucci j che fece le nauigationi deli' Indie : e nel refettorio di detto luogo kC'
vn cenacolo a frefco. Dipinie in S.Croce ali-entrata della Chiefa a man deftra-^
la iloria di San Paolino . Onde acqniftando fama grandiflìma > e in credito vC
nuto, a Francefco Sailetti lauorò in S, Trinità vna Capella con iftorie di S. Fran*
ceico, la quale opera è mirabilmente condotta, e da lui con gratia > con piilitez"
za, e con amor lauorata. In quella contrafece egli, e ritraffe il Ponte a S. Trini"
cà, col palazzo de gli Spini, fingendo nella prima faccia la ftoria di San Francefco
quando apparifce in aria, e refufcira quel fanciullo. Doue fi vede in quelle don"
ne , che lo veggono nfuicitare, il dolore della morte , nel portarlo alla fcpoltura»
ΐ l'allegrezza, e la marauiglia nella fua Refurretcione. Conrrafeceui i Frati, cb^
efcon di Chiefa co'becchini dietro alla Croce , per fotterrarlo » fatti moko natii'
Talmente. E così altre figure, che fi marauigliano di quello effetto,che non dan-
no altrui po-o ρ acere, Doue fono ritratti Mafo de gli Albizzi : M. Agnolo AC'
ciaiuoli, M. Palla Strozzi notabili Curadini, e nelle hiilorie di quelle Città, afl^'
nominati. In vn'altra fece quando S. Francefco prefente il Vicario riEuta la
redirà a Pietro B.ernardone f uo padre : e piglia l'abito di facco, cignendofi con
corda. E nella faccia del mezo, quando egli va a Roma a Papa Onorio, e fa con-
fermar la regola fua, prefentand^) di Genaio le Refe a quel Pontetìce . Nella-^
quale (loria finfe la fa a dei Conciftoro co'Cardiqah', che fedeuano intorno :
certe fcalee, che faliuano in quella ·, accennando certe meze figure ritratte di na'
turale, & accomodandoui ordini d'appoggiatoi per la falita. E fra quelli rirra»^
il Mag.Lorenzo vecchio de' Medici. Dipinfeui medefimamence quando Saii-^
Francefco riceue le flimmate. E nella vltima fece quando egli c morto, che i f^K
tiio piangonoj doue fi vede vn Frate, che gli bacia le mani -, il quale effetto non»!
può efprimer meglio nella Pittura, fenza, che e'v'è vn Vefcouo piarato con a
occhiali al nafo ,che gli canta la vigilia >che il non fentirlo folamentejo dimofi^,^
dipinto. Ritraile in due quadri, che mettono in mezo la tauola, Francefco S^i'
ietti ginorchioni in vno, e nel^altro M. Nera fua donna,
& i fuoi figliuoli,^.
qucli nell' hifloria di fopra doue fi rifufcita il finciuHo, con certe belle
della medeiìma famìglia » che non ho potuto ritrouai'i nomi ; tutte con gli hai?·'
ει Ϊ e portature di quella età, cofa, che non è di poco piacere. Oltra > ch'e'i^^,
nella volta quattro Sibille, e fuori della Capella vn' ornamento fopra l'arco o^^'
k
faccia ditiaazi : eoa vna floria denirour quando là Sibilla Tiburtina feco^

ado'

bircie ehm*
muto Ghir-
ImdtU*

Suo gtnif , e
giudicie mU»

A/^Ucet» Λ
far ri fretti.

Sue epere i»
DMr^ luoghi
di Firea^e,

Stòrie dell*
vita di San
framt/c».

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vita di domenico ghirl.

Chrifto a Ottauiano Imperatore : che per opera in frefco c molto pratc;- opera, afrt[iè
Cadente condotta, e con vna allegrezza di colori molro vaghi. Et iniìemc ac- cendott» esn
Compagno queftolauorocon vnacaaola pur di Tua mano iauorara a temperala: éwna (>ram.
S^ale hà dentro vna Natiuirà di Chrifto, da far tnarauigliare ogni perfora intel- « f^g^tti-
"gente, doue ritraile fe medeiìmo, e fece alcune tefte di Paftori, che fono tenute ^*·
^«'la diuina. Della quale Sibilla, e d'altre cofe di quell'opera fono nel noftro Ij-
, ^rodifegni belliffimi fatti di chiaro (curo, e particolarmente la profpettiua del
onte a S.Trinicà. Dipinfe a'Frati Ingiefuaci vna tauola per l'Aitar maggior^^^
con alcuni Santi inginocchioni, cioè S.Giuflo Vefcouo di Volterra} che èra titolo
quella Chiefa, S. Zanobi Vefcouc di Fifenze, vn'Angelo RaiFaello, & vn San
^ichele armato di belliffime armadure, & altri Santi. E nei vero merita in que- 'n>tur

lode Domenico, perche fù il primo, che coi-nmciaffe a cóntrafar con i colori
sJcnne guernitioni, èc ornamenti d'oro , che iniìno allora non η erano vfate. E eriXT/La·
euò via in gran parte quelle fregiature, che fi faceuano d'oro a mordente, ò a bo- ^^ ilatJ^d'
to
i le quali erano più da drappelloni, che da maeflri buoni. Ma più , che l'altre a merde»'
figure è bella la Noftra Donna, che hà il figl.uolo in collo, e quattro Angioletti
a torno, Queiia taaola , che per cofa a tempera non potrebbe meglio effer lauo-
rata, in polta allora fuor della porta a Pinti nel'a Chiefa di que' Frati ·, ma perche
ciia ili pei, come fi dui altroue, roumaca, ell'è hoggi nella Chiefa di San Giouan-
mno dentro alla porta a San Pier Gattoiini, doue e il Conuento di detti Ingiefua-
1 · tt nella Chiefa di Ceftello, fece vna csuola finita da Dauid, e Benedetto fuoi -ieewiW»-
latellijdenrrouilavifirarionediNoftra D.onna, con alcune teiie di femineva-
to di ielle ^^
g^^uiime, e beniffime. Nella Chiefa de gl'lnnocerti fece a tempera vna tauola_^ /mtmit.
Magi molto lodata. Nella quale fono tefte belliilìme d'aria, e di fifonomia-rf
cosìdigiouani, comedi vecchi, e particolarmente nella teda della No-
^i^aDon-aficonofcequella honeilà, bellezza, e grafia, che nella madre del
^S'iuoldi Dio ,
puòeiTerfatta dall'arte. Et in San Marco al tramezo della_^
^hiefa vn'altra tauola , enellaforefteria vn cenacolo, con diligenza l'vno, e
j^iffo condotto : & in cafa di Giouanni Tornabuoni vn tondo con la ftoriade'
jj^^gi fatto con diligenza. Allo Spedaletto per Lorenzo vecchio de'Medici, la
di Vulcano, doue lauorano molti ignudi fabricando con le martella faette a
j^ioiie. Et in Firenze nella Chiefa d'Ogniianti, a concorrenza di Sandro di
^^o^ic^II
q »dipinie a frefco vn San Giro!an;0, che hoggi è aliato aila porrà > che
^udiofinfinità di infttumenti di libri da perfone

Fr^^f^^^ Pittura , iniìemc con quella di Sandro di Botticelle, eiiendo occorfo a*
ieuare il coro del luogo doue era, è ftata allacciata con ferri, e
rrappornta_i
«iella Chiefa, fenza leiìone, m quefli proprij giorni, che qiiefte Vite la
& vn
Τ ^^ Campano. Dipinfe ancora l'arco fopra la porta di S.Maria Vghi, Pgritìa fm
chp ^^^raacolo all'arte di Linaiuoli, fimilmenre vn San
Giorgio molto bello, Dipingm
: ^^'""'lazza il Serpente nella medefima Chiefa d'Ognifanti. E per il vero egli »» muro,

molto bene i! modo del Dipignere in muro : e fàciliiTìonamente Io lauorò·, ^ chUmm*
niente dimanco nel comporre
le fue cofc molto leccato. E/Ièndo poi. ^«^λ i»/*?
V^.iainatoaRomadaPapaSifloI V.adipignercconaltrimaelìri la fua Canera
^ ^ <^jpinfe quando Chriflo chiama a fe delle reti Pietro , & Andrea ; e la Rt fur-
^ettiorse di elio Giesìì Chriilo, della quale hoggi è guafta la maggior parte, per '
^»ere ella fopra la porta » rifpetto allo hai eruiii hauuto a rimettei^ vno architra-

fellai

> che rouinò. Èra in qucìli tempi medeiìmi in Roma Francefco Tornabuoni

Z, ζ 2, hono^

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s ego ν da parte

honoraco.e ricco aiercance,5f amici)fimo di Domenico,ai quale eflendo morta la
donna (opra parco, come fc detto in Andrea Verrocchio, k. hauendo,
per hono-
rai'lajco ne iì conuenia alla nobiltà laro,fattoIe fare vna fepolcura nella Minerua?
volle ancojche Domenico dipigneiTc tutta la faccia doiie eli' era fepoita. Et oltre
Λ a qtieilo vi faCeiTe vna picciola tauoletta a tempera. La onde in quella parietc te
fin» fepoltu- ce quattro iiorie: due di S.Giouaani Battiila,e due della N.Donna: le quali vera-
i-A óc νηΛ (Λ- rnente gli furono allora molto Iodate. E prouò Francefco tanta dolcezza neìls
^ "" prattica di Domenico: che tornandofene quello a Fiteiize con honore, e con ds-
mm*. ^^j,· ^ raccomandò per lettere a Gio. fuo parente, fcriuendoli quanto e' lo ha"
uefle ièruito bène in quell'opera,e quanto il Papa fuile fatisfatto delle fue Pittu-
re. Le quali cofe vdendo Gio.cominciò a di(egnare di metterlo in qualche lauo'
ro magnifico dà honorare la memoria dt iè medeimio, e d'arrecare a Domenico
fama, e guadagno. Era per auuentura in S. Maria Nouella, Conuento de' Fra«
Predicatori, la Gapella maggiore, dipinta già d'Andrea Orgagna·, la quale per er
fere ftato mai coperto il tetto della volta, era in più parti guaita da l'acqua, Vd
il che già molti Cittadini l'haueuano voluta raiTettare, ò vero dipignierla di nuo-
110: ma i padroni,che erano qiffelli della famiglia de'Riccijnon fe n'erano mai con·
tentati» non-potendo
ciTi far tanta fpefa, ne volendoli rifoluere a concederla acÌ
alcuni j che la faceiTe \ non perdere la iuriditione del padronato > Òc il fegno
dell'arme loro lafciatagli da i loro antichi. Giouanni adunque deiìderoiò, chc_>
Domenico gii faceiTe quefta memoria , fi miiTe intorno a quella prattica, tentan-
do dtuerfe vie. Er in vlciino promilTe a Ricci
far tutta quella fpefa egli, e che_^
gli ricompenferebbe in qual cofa , e farebbe metter l'arme loro nel più euidente»
& honorato luogo, che Alile in quella Capella. E così rimafi d'accordo, e fatto-
ne contrattò , & inftrumento molto fèretro del tenore ragionato di fopra. Logò
Hifiorlin Fi. Giouanni a Domenico quefla opera con le (loriemedefìme, che erano dipinte^
TMi^e U Ca- prima, e feciono, che il prezzo fuile ducati mille dugento d'oro larghi, & in ca-
ptll» maggia fo, che t'opera gli piacelie, fuiitno dugento più. Per Io che Domenico mife man
ri Λ" s. Ai all'opera; ne reftò, che egli in quattro anni l'hebbe finita·, il chefùnei 1485·
ìfiouelU r*· con grandi(Timafatisfattione, e contento di eilo Giouanni. Il qualechiaman-
^ertundont ^ jj^p, feiruito, e confeflando ingenuamente, che Domenico haueua guadagniati i
βϊθβ.Ζ)»ί4ίι, Juggnto ducati del più. dille che harebbe piacere , che e' iì contentaiTe del ρΠ'
mo pregio ; e Domenico, che molto più ftimaua la gloria , e l'onore, che
ricehezze, gii largifubito tutto il reftante; Affermando che haueua molto più
caro lo hauergli fatisfatto, che l'edere contento del pagamento. Appreiìo Gio-
uanni fece fare due armi grandi di pietra l'vna de' Tornaquinci, l'altra de' Torna-
buoni, e metterle ne' pilaitri fuori d'eifa Capelk. E nell'arco altre arme, di det-
ra famiglia > diuifa in più nomi, e più arme, cioè oltre alle due dette Giachinotti»
Popolefchi, Marabotini, e Cardinali. E quando poi Domenico fece la tauol^
dell' Altare, ncll' ornamento dorato, fotto vn'arco, che per fine di quella tauo·;
^ iafece mettere il Tabernacolo del Sacramento belliilìmo, e nel frontiipicio ài

qiielio fece vn Scudicciuolo dVn quarto di braccio ·, dentroui l'arme de' Padroni
detri, cioè de'Ricci. Et il bello fù allo fcoprire della Capella, perche queft'
cercarono con granromore dell'arme loro : e finalmente non vela vedend^j
ic ti' andarono al Magilirato de gli Orto ; portando il contratto. Perii chz^'.
Wieftrarono i Tornabuoni eilerui polla nel più euidente , & honorato luogo
«ueir opera, e benche quelli efclamaiTìno, che ella non fi vedeua : fù lor detto»

cne edino hauei^no il torto : e che hauendola fatta metter in così honcrato luo'

go

FteiUt»

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. _ , νίΤΛ pi ΓΟΪ^ΗΚΙΓΟ CHJRi; 5

t®» ^iaato era» quello, eflendo viana al SantiiTroc Sagranentb fe ne doiieuan»
•^ontenrare. E così fù decifo , che doueiìe ftare, per quel Magiftrato cornea!
Pfeiente fi yede. Ma fe quefto parelle ad alcuno fuor delle coi e della vita, che fi
«a da fcriuere; non gh dia noia;pcrchc rutto era nel fine del tratto della mia pen-
''a · E ferue fe non ad altro, a mofirare quanto la poiiertà è preda delle ricchez-
Jci e che le ricchezze accompagniate dalla Prudenza, conducono a fine, e fenza
®iafiiTo ciò che altri vuole. . .

Ma per tornare alle belle opere di Domenico ; fono in quefta Càpella primit-
ymente nella volta i quattro Euangelifti maggiori del naturale, e nella parietc
J»afineftra,ftorie di San Domenico, eS. Pietro Martire, e S.Giouanmquaré pigj

và al deferto, e la Noftra Donna Annuntiata dall'Angelo, e molti Santi auuc-
^fi di Firenze inginocchioni fopra le fineftre, e dappiè v'è ritratto di naturale^
^iouanni Tornabuoni da man ritta , e la donna fua da man finiftra > che dicono
molto naturali. Nella facciata deftra fette ftorie, fcompartite fei di folto in
Quadri grandi quanto tien la facciata , & vnavltimadi iopra larga quanto fon
««e iftorie ? e
quanro ferra l'arco della volta, e nella finiftra altrettante di S. Gio^
«anni Batrifta. La prima della facciata delira è quando Giouacchmo fù caccia-
to del Tempio; doue fi vede nel volto di lui eipreiTa la patienza, come in quel di
coloro il d!{|:regio, e l'odio, che i Giudei haueuano a quelli, che fenza hauer^^ Rt/fMfi
di
ngiiuoli veniuano al Tempio. E fono in quefta ftoria dalla parte verfe la fine- di

"•a quattro huomini ritratti di naturale, vn de'quah, cioè quello, che è vecchio,
® rato incappuccio roflb , è Aleflo Baldouinetti, maeiirodi Domenico nel- . {"f-

}? 1 ittura , β nel mufaico . L'altro che è in capelli, e che fi tiene vna roano al Τ,βφ'
"snco, & hà vn mantello roflb, e fotto vna vefticciuola azzurra > è Domenico ' * *
^t^flomaeftrodell'opera·, ritrattofi in vno fpecchioda fe medefimo; quello,
hà vna zazzera nera con certe labbra grolle, è Baciano da S.Gimignano fuo
^iKepoio, e cognato, e l'altro, che volta le fpalle, &: hà vn berettino in capo»
^.DauideGhirlandab Pittore iuo fratello, i quali tutti per chi gli hà conofciu-
ί » « dicono efler veramente viui, e naturali. Nella feconda ftoria, è laNatiui-
3 della Noftra Donna fatta con vna diligenza grande, e tra le altre cofe notabi-
g » che egli vi fece, nel cafamento, ò profpettiua, è vna fineftra, che dà'I lume
^ Isella camera, la quale inganna a chi la guarda - Oltra qucfto mentre Sant'Ari
^ e nel letto , e certe donne la vifitano, poie alcune fcmine, che laliano la Ma-
^onna con gran cura, chi mette acqua, chi fà le fafcie, chifa vn feruitio , chi fò
, ^ altro, e mentre ogni vna attende al fuo, vi è vna femina, che hà in collo quel-
le ' ^ ghignando Ja fa ridere , con vna gratia donnefcha, degna veramen·
g Qivn'operafimileaqaefta, oltre a molti altri affetti, che fono indafcun^
gura. Nella terza, che è la prima fopra, έ quando la Noftra Donna Ìàghe i
Sradi del Tempio, doue è vn cafamento, che fi allontana afiai ragioneuolmeme
vrÌl ; oltra che v'è vno ignudo, che gii fù allora Iodato, per non fent_^
cf "lolti, ancorché e' non vi fuffe quella intera perfettione : come a quelli, che
" fatti ne' tempi noftri, per
non eiTere eglino tanto eccellenti. A canto
Mueiia è Io
Spofalitio di Noilia Donna i doue dimoftrò la collera di coloro, che

'1 Sfrvrr___ r, ______________eΜ ». Mnalln /~>· r ·

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seconda parte _

douc fi vede vna baruffa belhiTìma di femine, e di Soldati, e caualli »
cuotono > vrtano > e nel vero di quante ftorie vi fi vedono di fuo > quefta
è la mi^
gliore·, perche ella ècondotta con giudieio>con ingegno, & arte
grande. Cono"
fceiiifi l'empia volontà di coloro, che comandati da Erode fenza
riguardare le
madri? vccidono que'poiieri fanciuilini » fra i quali fi vede vno che ancora appic-
cato alla poppa» muore per le ferite riceuute nella gola : onde fugge , per non die
beue, dal petto non meno fangue che latte : coia veramente di fua natura > e ρε^
elFer fatta nella maniera j ch'ella è, da tornar viua la pietà , doue ella fuile beil·^
morta. Euui ancora vn Soldatoj che hà tolto, per forza vn putto : e mentre cor-
rendo con quello fe Io ftringe in iul petto per ammazzarlo, fé li vede appiccati
■a capelli la madre di quello con grandiilìma rabbia : e facendoli fare arco della-"
fchiena, fa che fi conofcono in loro tré effetti belliilìmi, vno è la morte del puc
tOj che fi vede crepare > l'altro l'impietà del Soldato, che per fentirfi tirare fi ίΐΓ^^"
laamente, moftra l'affetco del vend.carfi in eflo putto. Il terzo è 5 che la madrc^
nel veder la morte dei figliuolo, con furia, e do ore, e fdegno cerca, che quel tra'
ditore non parta fenza pena^coia veramente più daFilofofo mirabile di giudi'
do, che da Pittore. Sonui eipreiTi moki altri affetti, che chi il guarda conofcer^
fenza dubbio quefto maeftro cfTere ftato in quel tempo eccellente. Sopra que'
fta nella fettima, che piglia le due florie, e cigiae l'arco della volta è il
tranfitodt.
Noftra Donna, e la fua Affuntione , con infinito numero d'Angeli, & infinitc^^
figure, e prefi, & altri ornamenri, di che egli ioieua abbondare,in quella fua ma-
niera facile, e prattica. Dal·' altra faccia, doue fono le fiorie di S. Giouanni, nel-
la prima è quando Zaccaria facrificando nel Tempio, l'Angelo gli appare , e pei
non credergli ammurolifce. Nella quale ftoria, moflrando che a'iacnfici) de'
Tempìj concorrono iempre le perione più notabili, per farla più honoratajntrai*
fe vn buon numero di Cittadini Fiorentini i che gouernauano afora quello ftato:
-e particolarmente tutti quelli
di caia Tornabuoni, i giouani & i vecchi. Oltre »
quefto, per moftrare, che quella età fionua in ogni (otte di virtù, e maiTìmamen-
te nelle lettere ; fece in cerchio quattro meze figure, che ragionano infieme ap-
piè della iiloria: i quali erano i più fcientiari huominijche in que'tempi fi trouaf-
Ìero in Firenze : e fono queftì li primo
è M. Marfilio Ficino, che hà vna vefl:e di
Canonico, il fecondo con vn mantello rollo, & vna becca nera, al collo,
è Chri'
fìofano Landino, e Demetrio Greco 5 ch> fe li volta , e in mezo a quelli quello*
che alza alquanto vna mano è M. Angelo Poliziano, i quali fon viuiiTìmi,e pron"
ti. Seguita nella feconda allato a queRa la Vifitatione di Noftra Donna, e S.
Elifabetta: nella quale fono molte donne, che l'accompagnano, con portature di
que'tempi, e frà loro fù ritratta la Gineura de'Benci, a loia belliilima fanciulla->·
Nella terza ftoria fopra alla prima è la nafcita di S. Giouanni·, nella quale è vna-^
auuertenza belliffima : che mentre S. Elifabetta è in letto : e che certe vicine
vengono
a vedere > e la balia dando a federe allatta il bambino, vna femina coO
allegrezza gniene chiede , per moftrare a quelle donne la nouità,che in fua vec- ,
chiezza haueua facto la p^idrona di cafa . E finalmente vi è vna femina, che pp^
all'vfanza Fiorentina, fru'te, e fiafchi dalla vili.;, la quale è molto bella. Neil®
quarta aì'ato
a quefta a Zaccaria, che ancor mutolo ftupifce con intrepido ani'
mo ,che
fia nato di lui quel putto, e me re gli è dimandato del nome , fcriue_^
in sù'l ginocchio afììiÌando gl occhiai figliuolo; quale è tenuto ;n collo da vn»
femina con riuerenza » poftafi inginoct hione inanzi a lui , e fegna con la^.
penoa ia fui foglio,
Giouaimi farà il fuo nome, non fenza aramiraticne di

irclte

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VITA DI DOMENICO GHIRL V<57

■'"olte altre figure, che pare, che ftiano m forfè, fe egli è vero ò nò. Seguita
quinta, quando e'predica alle turbe ; nella quale ftoria fi conofce quel!'attemio-
«e, che danno i popoli nello vdir cofe nuoue :
e mafllmamente ne le tefte de gli
^«ibi, che afcoLno Gio. i quali pare, che con vn
certo modo del viio sbeffino
Sheila legge^anzi i'habbiano in odio; doue fono ritti,& a federe mafcbi, e femine
diuerfe foi?fie. Nella fefta fi vede S. Gicuanni battezzare Chriito ^nellanue-
i^enza del
qulìè moftrò interamente !a fede , che fi debbe hauere a acramento
^ale. E perche quefto non fu fenza grandiffimo frutto , vi figuro molti già ignu-
e fcalzi, che afpettando d'eiier battezzati, moftrano la fede, C la voglia icoi-
Pita nel vifo. Et in fra gli altri vno ,che fi caua vna
fcarpetta, rapprelentata
Pfontitudine ifteiTa. Nella vltima, cioè nell'arco a canto alla volta è la fontuoiil-
fiiTia cena di Erode, & il ballo di Erodiadc, con infinità di ferui, che fanno diuerii
*iuti in quella ftoria. Olerà la grandezza d'vno edificio tirato in profpettiua, che
»noftca apertamente la virtù d! Domenico infieme con le dette Pitture. Con- T^ueja ri-

^ufte a tempera la tauolaifolata tutta, e le altre figure, che iouo ne'fei quadri,

«he oltre alla Noftra Donna, che fiede in aria co'l figliuolo in colio, e gh altri
Santi, che gli fono intorno , olerà il San Lorenzo , & il San Stefano, che fono in-
teramente viue, al San Vincenzo, e San Pietro martire non manca, fe non la pa-
rola. Vero è, che di quella tauola rimafe imperfetta vna parte,mediante la mor-
te fua, perche hauen do egli già tiratola tanto inanz!, che e'non le mancaua altro,

che il finire certe figure dalia banda di dietro , doue è la Refurrettione di Chri-

fto, e tre figure , che fono in que'quadn, finirono poi il tutto Benedetto , e Da-
^"Ce Ghirlandai fuoi fratelli. Oiiefla Capeììa fu tenuta cofa belliiTima, grande,
garbata, & vaga, perla viuacità de'coloii 5 per la prattica, e pulitezza del ma-
^^eggiargli nel muro: e peri! poco edere ftati ritocchi, a fecco , oltra la inuent^
iie> ecollocacione delle cole . E certamente ne merita Domenico lode gcandiffi-
Captila
^^ per ogni conto, e maiTimamente per la viuezza delle tefte, le quali per effe- na Vilh^

ritratte di naturale rapprefentano a chi verrà, le viuiffime effigie di molt?^
petfonefegnalate. E pe'l medefimo GiouanniTornabuoni d)pmfe al Chaflo
^accherelli fua villa, poco lontano dalla Città vna Capella, in fui Fiume di Ter-
^Qile: hoggi meza rouinata per la vicinità del fiume : la quale , ancor che ftatau-.»
JJ^oltj anni fcoperta, e continuamente bagnata dalle pioggie, òc arfa tk foli, fi è
^■«fa in modo, che pare ftata al coperto. Tanto vale il lauorare in frefco, quan-
j ° è lauorato bene , e con giudicio : e non a ritocco a fecco. Fece ancora nel pa-
j^^zc, della Signoria, nella fala doue è il marauiglioio horologio di Lorenzo del-
Y^lpaia, molte figure di Santi Fiorentini, con belliffimi adornamenti. E tan-
fu amico del lauorare, e di fansfare ad ogni vno, che egl) haueua coinmefio a
§^izoni,che e'iìacceaailequalunoui» lauoro, checapitafie ab^tega,fe bene tui-
Jero cerche da paniere di donne, pe\xhe non gii volendo fare effi, gl. d.pigncreb-
Il ^^ > a ciò che nelluno fi paiWe fcontemo dalia fua bottega. Do eua il bc-
haueua cure famighan , e per quello dette a Dauid fuo frate lo ogni
f,'^odifpendere dicendogli:
lafcia lauorare a me, e tu prouedi, che hor^.
Ì'^ejohò cominciato a conofcere.1 modo ώ qu.ii'arre , mi duole , cne noa^

fia allogato a dimgnere a ftorie, il circuito d· tutte le mura della Città di Fi*
·, moftrai^do còsi animo inuitiiffimo , e rifoluto in ogni attiene , Lauoròa

ρΐΐΛ per d»
fuoifrAttili'

Phturetitl
palaZKo ^tiia

Soneria»

lionrifiuitt

filcmo, hen'
the vite»
Suoi lauort in
Luce» , fui
Tteretintì al'
tn inTinnXt,

■Lucca l'r, C-., «ionPiVrr/^^ PooU ^n-TI ·· ·

in San Mafnno vna tauola di San Pietro, e San Paolo. Alla Badia di Setti-
ào^ j ^ Firenze lauorò la facciata della maggior Capella a frefco, e nel trame-
dellaChiefa due tauole a tempera. In Firenze lauorò ancora molti tondi

qua-

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s e c ο μ d a ρ a r τ e

quadri> e Pictiire diuerfe » che aon lì rileggono alcritnenci, per eilerc neilè cii
de'pjrcicolaci. Ια Pifa fece la nicchia del Duomo alI'Aìcar maggiore ι c lanoro «o
moki luoghi di quella Giccà > come alla facciata ddi* opera, quan:io il R-C Carlo*
ritratto di naturale raccomanda Pifa» & in S. Girolamo a 'Frati Giefuati due rauo;
le a tempera quella dell'Aitar ttiaggiore, & vn'altra. Nel qual luogo ancora e
mano del mede fimo in νιτ quadro, San Rocco > e San Baciano, il qaale fà
Molti regsUr to a que'Padd da non sò chi de' Medici, onde eiìl vi hanno perciò aggiunte 1 af
to net difegne me di Papa Leone Decmio. Dicono > che ritraendo anticaglie di Roma » archi»
•4iprofpeutm, terme» colonne > coliiei » ag'iglie > amfiteatrij ic acquidotti, era fi giufto nel du^'
βη^α
Agitar, a^oy che le faceua a occhio, fenza regolo, ò rei1;ej e mifure : e miiurandole da P]"
l'haaeua, erano gintliffime come fe e' le haueiTe mifurace. E ritraendo
Mt/ur^fOiit^ à occhio il Colifeo, vi fece vna figura ritta appiè, che mifuraDdo quella, ttict^
iìrtoiadeiné I*cdificio fi miiuraua ,e fattone efperienza da maeiliri dopo la morte iua, fi riti*''
uògiuf^iiTìmo . Fece a Santa Maria Nuoua nel Cimiterio fopra vna portai"
San Michele in fiefcciarmato belliilimo con riuerberatione d'armature , po^^"
viate manzi a lui:
Se alla Badia di Pailìgnano, luogo de'Monacidi Vali' Ombror^'
lauorò in compagnia di ftauid fuo fratello, e di Baftiano da San Gimignano slctf
ne cofe. Doue trattandoli i Monaci male del viuere inanzi la venuta di Dom^
nicoi fi nchiamaiOno all' Abbate , pregandolo, che meglio feruire li faccile, nrf'i
VLiftrUìmmtt e'iTendo honeilo, che come manouali fuilero trattati. Promife loro i'Abbatei^'
di Dauidt farlo, e fcufoiH, che quello più auueniua per ignoranza de'foreflieri, che per mf
βο frMelte ijtia ; Venne Domenico, e tuctauia fi continuò nel medeiimo modo ; Per >1 cH®
permalitrat' Dauidtrouando vn'altra volta l'Abbate, fi fcusò dicendo,che nonfaceu.5 quel^^
tamentt rtce- pg^ conto fuo, ma per li meriti, e per la virtù del fuo fratello. Ma l'AbbatcJ"
Mw^irnV** ^®·^® ignorante ch'egli era, altra rifpofta non fece. La fera dunque poftifi ace^
* na, venne il foreftario con vna aiTe piena di fcodelle , e tortacce da manigoldi pi^f
nel fólito modo, che l'altre volte fi faceua. Onde Dauid faliro in colera riuol^^
lemineftreadoiToaljf'rare, e prefo il pane, eh'era siila tauola,
&auenrando'
glielo, lo percode di modo, che mal vmo a la cella ne fù portato. L*Abbate^'
che già era a letto, leuarofi , e corfo al rumore, credette, che'l Monafteno roirt'
nafle , e trouando il Frate mal concio, cominciò a contendere' con Dauid · Pei
il che infuriato Dauid ghrifpofe, che fi gli loglieife dinanzi, che valeaapiù^^
virtù di Domenico, che quanti Abbati porci fuoi pari ftiron mai in quel Moni'
fterio. La onde Γ Abbate riconofciutoii,
queir hora inanzi, s'ingegnò ditrat^'
TaueUhFi' targli da valenti huomini, come egli erano. Finita l'opera tornò a Firenze
j ^
T*r>\e. a' Signor di Carpi dipinfe vna tauola, vn'altra ne mandò a Rimini al Sig. Ca'l^
laRimirJt Malatefta, che la fece porre nellafua Capellà in S. Domenico. Quella iauola

a tempera, con tre figure belliilìme , e con iftoriette di fotto , e dietro figure «i
lielU Βα4!λ bronzo finte, con difcgno,e arte grand.ilìma. Due altre tauole fece nella Badia
di Un Giufi» San Giulio fuor di Volterra , dell'Ordine di Camaldoli ; e quali tauo e, che
Ρ'Φ velttn belIeaffattOjglifecefareilMag. Lorenzo de'Medici i percioche allora haue»^
quella Badia in commenda Giouanni Cardinale de'Medici fuo figliuolo,
fu poi Papa Leone, La qual Badia pochi anni fono, ha reilicuita il Molto R· ^^
Gio. Battifta Balia da Volterra , che fimilmente l'haucua in commenda , alla à^K
Lautt» io ta Congregatione di Camaldoli. Condotto poi Domenico a S ena per mezo de j
tf»ic91 Mag. Lorenzo de'Medici, che gli entrò malleuadore a quella opera di ducac^
imptr" ventim.illa, tplfe a fare di mufaico la facciata del Duomo. E
cominciò a

Βηοβ del Qt
Ufeo.

fttttty* ìngé'

Λ fìi'

fio.

^tfaicv ■
refi»
fittf.

re con buono animo, e miglior maniera. Ma preaenuto dalla morte lafciò Γορ«'

ra

-ocr page 459-

vita di domenico ghirl.

fa imperfetta. Come pei la moi te del predetto Magnifico Lorenzo, timaie im-
PeifmainFirenzelaCapeiladiS.Zanobicomirxiacaaiaiiorare di mufaico da
Domenico in compagnia di Gherardo Miniatore. Vedefi duwano di Domeni-
co fopra quella porta del fianco di S. Maria del Fiore > che và a Serai, vna Nun-
di mufaico belliiiìma : della quale fra' maeftri moderni di mufaico non s'è
Ceduto ancor qieglio. Vfaiia dire Domenico, la Pittura effere il difegno, e
^era Pittura, perla eternità, edere il mufaico. Stette feco in compagnia a im·.
pacare Baftiano Mainardi da San Gimignano, il quale in frefco era diuenuto Mai

i^ioko pratico maeftro di quella maniera, per il che andando con Domenico a nwdi fm

Gimignano, dipinieroa compagnia la Capella diS. Fina, laqualeècofa Afi»»·
t>ella . Onde per la feruitù, e gentilezza di Baftiano, iendofi cosi bene portato,
giudicò Domenico, che e'foife degno d'hauere vna fua forei!a per moglie , e
^psi l'amicitia loro fù cambiata in parentado > liberalità di amoreuole maeftro, ^^
Rimuneratore delle virtù del difcepolo) acquiftate con le fariche dell' arre. Fece
•J^ofiienico dipignere il detto Baftiano , facendo nondimeno efio il cartone in S. , . -
^oce nella Catella de' Baroncelli, e Bandini vna N. Donna, che và in Cielo, & '
a baffo S. Pomafo, che, riceue la cintola, il qual è bel lauoro a frefco. E Do fif^ff^.U,
menico, € Baftiano infieme dipinfero in Siena nel Palazzo de gli Spanocchi
φ^Ι 'β^
p '"Gioite itorie di hgure picciole a tempera, k m Piia oltre alla nicchia fttano.

già detta del Duomojtutto l'arco di quella Capella piena d'Angeli, e parimente i J»ipi»ien»
porte Ji,che chiuggono l'erga' o,e cominciarono a metrere d'oro il palco. Quan- amhtiut
in
0 poi in Pifa , & in Sienfi s'haueua a metter mano a grandiilime opere Dome-
^ico ammalò di grauiffima febbre , la peililenza della quale in cinque giorni gli
^'ie la vita. EfÌendo infermo, gli mandarono que' de' Tornabuoni a donare_^
^^to ducati d'oro, moftrando Γ amicitia , e la familiarità fua , e la Teruitù, che ^tmenied ter.
■^omenicoaGiouanni,& a quella cafahaueafempre porrata. ViiTeDomeni-
* /noi

^nni 44. e fù con moire lagrime, e con pieroh fofpiri da Dauid, e da Benedet- *
jJ f^uoi fratelli, e da Ridolfo fuo figliuolo con belle efequie fepellito in S. Maria
J^ouelìa, e fù tal perdita di molto dolore a gli amici fuoi. Perche intefa la mor- /epf^f)"
/ lui, molti eccellenti Pittori foreftieri, fcriiTero a fuoi parenti doletìdofi della '
^ ^ acerbifliaia morte. Recarono fiioi difcepoli Dauid , e Benedetto Ghu'Ian-
ai, Ba'fiano Mainardi da S. Gimignano , e Michel Agnolo Buonaroti Fiorenti- . . .»·
co' η Granacelo, Nicolò Cifeco, Iacopo del tedefco, Iacopo dell' Inda-

' ^'ìldino Baldinelli, & airri maeiTri rutti Fjorentmi. Morì nel 1493.
'^"icchi Domenico, l'arte della Pittura del mufaico più modernamente , .
^auorato, che non fece neiTu'n Tofcano., d'infiniti, che fiprouaro- Paccrefeimend
noscomelomoflranole coiefatceda lui per poche ch'elle to àJl^tutÌ.

fi fiano . Onde per tal richezza, e memoria, ίβα^α A» «J

Rsll' arre, merita grado,& honore, Se fetta ntl m'

eiiere celebrato con lode fmct»

^ ftraordinatie do-

po la mor-
te .

Fme della yita di Domenico Ghirlnndaìo Tiitor Fiorentino^

Aa* AN-

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4t 4 seconda parte

VITA D'ANTONIO, E PIETRO POLLAIVOLI, PITTORI,

E SCVLTOIU FIORENTINI.

OLTi di animo vile, cominciano cofe bade, a' quali aekel^"^
do poi i' animo con la virtù , crcfce ancora ia forza, & li
lore.
Di maniera, che falendo a maggiori i^-npreie , aggi^^·
gono vicino ai Cielo, co' beiliffimi peniieri loro. Et jnai^^''
g daila forcuna )
ii abbatcono benefpeiTo in ν η Principe bi-i'^''
f. no 5 che trouancioiene ben feruico è forzato remunerare ίΐ^

______ modo le lor fatiche, che i pofteri di quelli, ne fentino larg^'

mente, vx vaie, e comodo. La onde queilitali caminano in quella viracoi^^
ianfa glona alla fine ioro,
che di fe lafciano fegni al Mondo di marau;gii''>'·
conie fecero Antonio, e Pietro del Poliamolo, molte ftimau ne'tempi

per

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VITA DI ANTONIO POLLAIVOLO. 372

JiiiUmePtf'
laÌHolo crefi"

^ molto eccellente in tale eiercitio, e Pietro mile al Pittore con Andrea del ^l^trefutf^»
^aftagno, che era il meglio allhora di Firenze . Antonio dunque nraro manzi nitore.

Bartoluccio ·, olrra il legare le gioie » e lauorare a fuoco finalti d'argento > era £tttUenx,a
tenuto il più valente', che maneggiaiTe ferri in quell'arte. Laonde Lorenzo
Ghiberti, che allhora lauoraua
le porte di S. Giouanni, dato d'occhio alla m^ /

tliera d'Antonio , io tirò al lauoro Tuo, in coinpagnia di molti altri giouani. E

ΤΛ„η I . « , Ζ' /1 · 1 111 1

Vi iltJLUUlU > lU (.ϋΐ-» «li ΧΛΙ."^"-'Ι"»-'' 111 ^^Iiij^tlgmrt UlIlJUXll dlllj gj»-'"""" " UÌftfnff

poilolo intorno ad vno di que'feftoni, che allhora haueua tràmano; Antonio ^^
V» fece sù vna Quaglia, che dura ancora, tanto bella, e tanto perfetta,che notM
q,·«./««,
ie manca fe non il volo. Non
confumò dunque Antonio molte fettimanem ^^/«i.
queftaefercitio : che e' fu conofciuto per il meglio, di que' che vi lauorauano, ci fmiUm-
di difegno, e
di pacientia, e per il più ingegnoio, e più diligente, che vi foflO· rt acquiti d
La onde crefcendo la virtiì, e la fama iua , iì partì da Bartoluccio, e da Lorenzo, frimai* mila
& in mercato nuouo in quella Città aper{e da fe vna bottega di orefice, magni- ρτψβί
fica, & honorara ; E moki anni iegnico l'ane, diiegnando continuaiTiente> e fa- ·
cendo di rilieuo cere, de altre fancafie, che in breae tempo Io fecero tener^_j
( come egli era ) il principale di quello efercitio. Era in queiìo tempo mcdefi-
ϊϊ^ο vn' altro orefice chiamato Mafo Finiguerra , il quale hebbe nome ftraordi-
^ario, e meritamente, che per lauorare di bulino, e fare di niello, non iì era-.»
Ceduto mai, chi in piccioli,
ò grandi fpatij, faceiTTe tanto numero di figure.^?»
guanto ne faceua e^^li. Si come lo
dimoilrano ancora certe Paci, lauorare da lui dntim m

San Giouanni di Firenze con lilorie minurjffline della Paifione di Chriito.
Coflui difec^nò beniffimo, & aiTai, nel libro noftro v'è di molte carte di vediti, nifo celebri,
'g^^udi.ediftonedifeguated'acquerello. A concorrenza di corta, fece Anto-
alcune illorie, doÌe Io paragonò nella diligenza , e fuperollo nel difegno,

laqualcofai Confoli dell'arte de'Mercatanti vedendo la eccelletm diAn- miV

·, deliberarono trà loro, che hauendofi a fare di a-'genro alciine iltorie nello dt s.

-'^l'^arcdiS.Giouanni, ficomedavanjmaeftriindiuetfitemp! tempre era flato gw btlU$rne
^^nzadifare: che Antonio, ancora ne kuorafle, ecosì fùfatco. Eùxxkitovio
^Uefte fue cofe tanto eccellenti, che elle fi conofcono fra tutte l*alrre per le mi-
gliori. Η furono la cena d'Ercole, & il ballo d'Herodiana : ma fopra tutto fu
"^lliflìmo il S. Giouanm, che è nel me^odell'Altareructad Cefelio, doperà
ÌÌ^Ifo Iodata. Per il che gii allogarono i detti Confoli, i caiidellieridi ai'g·^"^" *
braccia tré i'vno, e la Croce a proportione. Doue eglilauorò tanta robba
Ahrifmììa·

•^acolofi. Iniegnòqueft'arteaMazzifgoJoremino,& a G.uhano del Facchino

J'^.^ftn ragion?uoì?,& a Giouanni Turim Sanefe,oue auanzo queftì fuoi con pa-
pi affai ilquefto meftiercdel qiwle d'Antonio di Salm in qua (che fece di mo -

------Aaa i «i

per quelle rare vircù, che fi haueoano con la loro induilr;p., e fatica guadi gnace,
^Nacquero coiloro nella Cutà di Firenze, pochi anni Γνηο dopo FakiO> di padre
^ai bafso, e non moire agiato. Il quale conoÌcendo per molti fegni il buono,
^ p'CUto ingegno de' fuoi %Iiuoli, ne haiiendoil modo a indirizzargli a le lette-
fe, pofe Antonio all' atte de l'Orefice con Bartoluccio Ghiberti, maeilraallbo

mlie
San
Ummta

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37^ s e c ο n d a ρ a r τ e .

in iauori) non s'è veduto gran fatto cofe., che fe ne poiTa far conto ftraordmano ►
Ma è di qaefte, e di quelle de Pollaiuoli molte, per i bifogni della Città nel tem-
po della guerra, fono ftate dal fuoco deilrutte j e guade. Laonde conofccndo
egli, che quell'arte non daua molta vita alle fatiche de'fuoi artefici» fi rifouC?
per defidenodi piùlunga memoria, non attendere pm ad ella
. Ecosì hauendo
egli Pietro fuo fratello, che attendeiia alla Pittura : fi accoftò a quello > n^*
parare i modi del maneggiare » & adoperare i colori. Parendoli vn' arte tanto
differente dell'orefice, che fe egli nonhaueifecosi preftamenterefoluto d'ab-
bandonare quella prima in tutto, e'farebbe forfè ftata bora, che e' non harebbe
voluto eiieruifi voltato. Per la qual cofa fpronato dalla vergogna > più che dali
vtile, apprefa in non moki mefi la pratica del colorire, diuentò maeftro eccel-
lente . Et vnitofi in tutto con Pietro lauorarono in compagnia di molte Pitture»
Fra le quali per diiettarfi molto del colorito , «fecero al Cardinale di Portogallo
vna tauola a elio in San Miniato al monte , fuori di Firenze j la quale fù poft^
sù l'Aitar della fua Capella. Et vi dipinfero dentro S. Iacopo Apoftolo, S. EU'
ftachio, e S. Vincenzo, che fono ftati molto lodati. E Pietro particolarmentc_v>
vi fece in fui muro a olio, il che haueua imparato da Andrea dal Caftagno, nelle
quadrature de gli angoli fotto l'architraue, doue girano i mezi tondi de gli ai"
chi, alcuni Profeti : & in vn mezo tondo vna Nunziata con tre figure . Et a' Ca-
pitani di parte dipinfe in vn mezo tondo vna
Noftra Donna col figliuolo in coi*

10 ) & vn fregio di Serafini intorno ,pur lauorato a olio. Dipinfero ancora in S.
Michele in orto in vn pilaftro, in tela a olio , vn'Angelo Raffaello con Tobia »
e fecero nella ^iercatantia di Firenze alcune Virtù, in quello ftefso luogo douc
iìcde prò Tribunali il Magiflrato di quella . Ritrafse di naturale M. Poggio j
fegretario della Signoria di Firenze j che fcnfse l'Hifloiia Fiorentina dopo M-
Leonardo d'Arezzo, e Giannozzo Manetti, petiona dotta , e (limata afsai > nel
roedefimo luogo,doue da altri maeftri afsai prima erano ritratti Zanobi da Strada
Poeta Fiorentino, Donato Ac. iaiuoli, Se a tri. Nel Proconfolo, e nella Capti-
la de' Pucci a S. Sebaftiano de' Serui fece la tauola dell'Altare , che è cofa eccel-
lente, e rara,.doue fono caualli mirabili, ignu Ji, e figure belliiiime in ifcorto, ^

11 S. Sebaftiano (leiTo ritratto dal viuo, cioè da Gino di Lodouico Capponi, e fÌi
queft' operada più lodata, che Antonio faceile giamai. Concioiìache per andare
egli imitando la natura il più
, che e' poteua , fece in vno di qae' faettatori, che
appoggiatafi la baleftra al petto, fi china a terra per caricarla · tutta quella forza '
che può porre vn forte di braccia in caricare queli' infiiumento j imperoche e' β
cpnofce in lui il gonfiare
delle vene, e ifc' mufcoli, & il ritenere del fiato, per fa'
re più forze. E non è quefto folo ad eiìere condotto con auuertenza, ma lUi^'
gli altri ancora con diuerfe attitudini, aliai chiaramente dimoifrano i' ingegno j ^
la confiderà tione, che egli haueua pollo in quell'opera, la qual fùcertamci'i'
te conofciuta da Antonio Pucci, che gli donò per quello 500. feudi, afferma^'
do Ϊ che non gli pagana appena i colori, e fù finita l'anno 1475· Crebbeli dui'
quc da quello l'animo, & a S. Miniato fra le torri fuor delia portadipinfC-J'
vn SanChriflofino di dieci braccia ; cofa molto bella, e modernamentelauc
rata, e di quella grandezza fù la più proportionata figura,.che
fuile (lata

ta fino à quel tempo. Poi fece in tela vn Crooinflo con S. Antonino, iltjuale
6 polo alla iua Capella in San Marco. In Palazzo
dellaSignoriadi Fircnz^
Jauorò jillaporta della catena vti San Gio.Battifta : & incafaMeilicjdipinte»
Loreiizo vecchio tre
Heccoliin tré qiuJ€Ì » ςhς fono di cinque biaccia, l^^no

L'vrùfee λ

Pietro,é" Φ*'

eit» fec» ia
Fittur/t.

OI>ere in

diHtrfilMghi,

fitturt di
Htm,

Ter^é bene
ìmitatx Λ'νη
SmtAtore «

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VITA DI ANTONIO POLLAIVOLO. 373

<iual· fcoppia Anteo > figuia belUììma, nella quale propriamente fi vede la
d'Hercole neiio ilngneie ,chei mui^olidella figura,
δζ i neruidi quella.-»
Jone rutti raccolti, per far crepare Anteo. E nella tefta di cflo Hercole fi cono-
il digrignare de' denti accordato m inaniera con l'altre parti, che fino a le dita
pit-di s'alzauano per la forza. Ne vsò punto minore auuertenza in Anteo,
«he ftretco dalle braccia d'Hercole, fi vede mancare, eperdere ogni vigore, de
^ bocca apcrca rendere lo fpirito. L'altro ammazzando il Leone, gli appunta il
8'nocch;o finiftro al petto > afferrata la bocca del Leone con amendue le fue ma-

fiiirandoi denti, e ftrigendo le braccia lo apre, e sbarra per viuaforza_^i ^

^icorache la fiera per fua difefa, con gli vnghioni, malamente gli graffi le brac-
ala . Il terzo I che amazza l'Idra, è veramente cofa marauigliofa > e mailìma-
^^ente il ferpente, il colorito del quale, così viuo fece, e fi propriamente, ch^^
P'uviaofar non fi può. Quiui fi vede il veleno, il fuoco, la ferocità, Γ ira, con
^anta prontezza, che merita eiTer celebrato, e da buon i artefici in ciò grande-
'^enteimitato. Alla compagnia di S. Angelo in Arezzo fece da vn lato vn Cro-
^^hiio, e dall' alci-o in fui drappo a olio vn San Michele, che combatte colferpe »
tanto bello, quanto cofa, che di fua mano fi poifa vedere j perche v'è la figura^
Gel S. Michele, che con vna brauuraaiFronta il ferpente, ftringendo i denti , & -
inci-eipando le ciglia, Jie veramenteipare difcefo dal Cielo per far la vendetta
di . ^ -
yjo contra la iuperbia di Lucifero, & è cetto cofa marauigliofa. Egli s'intefe ^''f
«e gi' ignudi più modernamente, che fatto non haueuano gli altri maeftri inan- '^"J"·

a Im, e fcorcicò molti huomini, per vedere la notomia lor iotto. E fu primo
^ moftrare il modo di cercare i mufcoli, che haueifero forma, & ordine nelle fi-
gure, e di quelli rutti, cinti d' vna catena intagliò in rame vna battaglia , c dopo
M^ella fece akre llampe, con molto migliore inraglio, che non haueuano fatto
δ" altri maeifri, eh' erano flati inanzi a lui. Per quelle cagioni adunque venuto
lamofo infra gli artefici, morto Papa Siilo IV. fù da Innocenzo fuo fucceiTore^^
^^ lafepoUui
^ondotto a Roma, doue fece di metallo, la fepoltura di detto Innocenzo, nella ^Inmetn-
J^ale lo ricraiTe di naturale a federe nella maniera, che liana quando daua la be- ' f„

JJ^^ittione, che fù porta in S. Pietro. E quella di Papa Sifto detto, la quale fi- ,
^IJa con grand![rjmafpefa,fùcollocata;queila nella Capella, che fi chiama dal
E'idijegnoitl

i^^e di det ο Pontefice, con ricco ornamento, e tutta Ifolata : E fopra eiTa è à ΡμΙλΙ^Χ»
ali eiTo Papa molto ben fatto, e quella d'Innocenzo in S. Pietro, a canto
Btluttitre.
f j^l^apelia dou'è la lancia di Chrifto. Dicefi, che difegnò il medefimola-^
^ otica del Palazzo di Beluedere, per detto Papa Innocenzo, ie bene fù con- ^

j^a da altri, pernon haueregh molta pratica di murare. Finalmente, eiien- Mjrud arO"
"^acti ricchi morirono poco Ι',νηο dopo l'altro, amendue quelli
fratelli nel Mfi«,
e da parenti hebbero fepoltura in S.
Pietro in Vincula. Et in memoria
allato alla porta di mezo a man finiftra entrando in Chiefa, furono ritratti
JPf^'due indile tondi di marmo con queiìoFpiia/fio· . ,
Tf'^nius Tullarius patria Florentinus, pteiorinfims. Qui duorum Tontif. Xifli,
tr; yocentij £rea Monimenta miro opifc. expre£it. Ke UmìUowvojìta ex Teft.
y^cum Tetro Fratre cendi Voluit.Vix- LXXIL Obijt am. fai. Μ,ΙΙΜ), -

niedefimo fece di bailo rjlieuo in metallo vna battaglia di nudi, che an- ^TJl^

^plr ' in Firen7C_/ ddU

che r · ^ aiiegno, e modeilo, st^tuf* dd

5f^^^louico^Sforza egli haueua fatto , per la fiatua a canallo diPrancefco Duca di Mi.

Duca di Milano, il quale diiegno è nel «oftio libro in due modi. IrLj lans,

vno

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374 SECONDA PARTE . „

vno egli ha fotto Veronaj oelI'alriO egli tutto ornatos e fopra vn bafamento pif"
no
di bit taglie, fà falcare il cauallo adoiTo a va'armato. Ma la cagione > P^"·^®
nonraetteile queftidiiegni in opra non hò già potuto fapere. Fece ilmeaeli-
SafmdatlU, i^odicane medaglie belliffirne > e fra Γ altre in vna la congiura de' Pazzi j nella
^ ^ ' quale iono le teile di Lorenzo, e Giuliano de' M?dici, e nei riuerfo il eboro di
Maria, del Fiore , e tutto il cafo come pafsò appuato. Similmente fece le meda-
glie d'alcuni Pontefici» & altre molte cofe> che fono da gli Artefid conofciute ·,
Haueua Antonio quando morì anni 71. e Pietro anni 65. Lafciò molti diicc
poli, e fra gli altri Andrea Sanfouino. Hebbe nel tempo fuo
feliciilìma vita »
toiftiptlidi trouando Pontefici ricchi, e la fua Città in colmo , che fi dilectaua di virtù : pei^"
tUtfo, e tore n^oito fà (limato i doue ie forfè hauefle hauuto contrari i tempi noi'U»

frutti,che c' fece : eiTendo inimici molto i trauagli alle fcieti^
seeLu huomini fanno profefsione » e prendono diletto . Col difegni>

* ' * di cotlui furono fatte per S. Giouanni di Firenze due tunicelle, & vna pianeta» ®
piuiale di broccato riccio fopra riccio, teiÌuti tutti d'vn pezzo, fensa alcuna cU'
citata : e per fregi, & ornamenti di quelle. furono r icamate le ftorie della vita di
San Giouanni » con fottilifsimo magifterio, & arte da Paolo da Verona » diui-
no in quella profeilione , e fopra.ogni altro ingegno rarifììmo . Dal quale
non furono condotte manco bene le figure con Ρ ago, che fe le haueiTe dipinti'
Antonio co'Ipenello. Diche fi debbe hauere obi igo non mediocre
alU virtù dell' vno nel difegno, alla pacienza dell' altro
nel riccamare. Durò a condurfi quella opera
anni e di quefti ricami, fatti col
punto ferratojche oltre al-
l'efÌer più dura-
bili,

appare vna propria Pittura di pennello, e ne quafi fmarito
il buon molo vfandofi hoggi il punteggiare più
largo, che è manco durabile, e meii
vago a vedere.

Fine dellayitai'^nmme 'Pietro "PoUaiHoÌhTittorite Scitltm Fiorentini'

SAN-

-ocr page 465-

VITA Di SANDRO BOTTICFXLO. 37J

SSA^^ SANDRO BOTTICELLO PITTOR FIORENTINO.

E medefimi tempi de! Magnifico Lorenzo Vecchio de'Medi-
■ ci, che fu veramente , per le pecione d'ingegno, vn /ecoÌ
d' ro> fiorì ancora Aleilandrq> chiamatoa 1' vfo nortroSan*
dro, c detto di Botnceilo per Ja cagione, che appreiTo vedre-
mo . Coftui fìì figliuolo cfj Mariano Filipepi
Cmadmo Fiorenv
tino, dal quale d ligenremenre aiieuaco, e farroinftruire^
Q ρ in curce quelle cofe, che vfanza
è d'infegnariì a fanciuHi in

aJn prima che e'fiponghino alle botteghe j ancoraché ageiiolmenfe

pre ° ' ί^ nienredimanco inquieto fem- saninàìfù,

nianie^! J ieggei'e , di funere , ò d'abbaco : di viuZ,,

rato il ^heij padre infaftidito di quello ceniello fì ftrauagante, per difpe- mniet/,
" poie a 1=orefice con vn iuo compare chiainato Bocticdlo, aisai com.

peten-

-ocr page 466-

seco ν d a ρ a r τ e

peccate maefiio ahhora in quell'arte. Era in quella età vna diraeflichezzaJ?
giandiiiìma » e quafi che continua pratica trà gli Orefici, & i Pittori, per la qua·
le Sandro, che era delira perfona > e fi era volto tutto al djfegno·, inuaghicoii
S'inn»ghifc$ della Pittura, fi difpofe voJgerfi a quella. Per lo che aprendo liberamente l'a-
delia Ptttu- f^g ^^ padre, da lui, che conobbe la inchinatione di quel ceruelio, fu con-
^nÌtlVmsTtl ^ Filippo del Carmine eccellentiifimo Pittore allora, δς acconcio ieco
'a^F^FiltpL ^ ii^ip^fiiie » come Sandro IleiTo defideraua. Datofi dunque tutto a qaell' arte >
del Carmine. legi-iitò, &Γ imitò SÌ fattamente il Maeftro fuo, che Fra Fi ippo, gli poie amore «
Βψξη$ ntìU infegnolli di maniera, che e' peruenne toiìo ad vn grado, che neiTuno lo hau-
mercantia di rebbe Ìlimato. Dipinfe eflendo giouanetto nella mercatantia di Firenze. vna_,»
Firea:(«. fortezza fra le tauole delle virtù, che Antonio, e Pietro del Pollaiuolo lauoraro-
no. In S. Spirito di Firenze fece vna tauola alla Capella de' Bardi? la quale è con
In s.Spirito, diligenza lauorata, & a buon fin condotta , doue fono alcune oli uc, e palme la-
uorate con fommo amore. Lauorò nelle Conuertite vna tauola a quelle Mo-
nache , & a quelle di S. Barnaba, fimilmenre vn'altra. In ogni Santi dipinfe a
frefco nel tramezo alla porta, che và in Coro per i Vefpucci vn S. Agoftuio, nel
quale cercando egli allora di paiTare tutti coloro, ch'ai fuo tempo dipi; fero, ma
Tfgurtt futi Λ particolarmente Domenico Ghulandaio, che haueua fatto dall'altra banda vn
conforrett^et S, Girolamo, molto s'aifatticò ·, la qual' opera riufci lodatiffima per hauere egli
del Ghirlm dmioftrato nella teRa di qiicl Santo , quella profonda cognitione , &acut:iiìma
dm», da $Hi fottigliezza, chefuole eilerenelleperfonefeniàre , & ailrctrccontinuamente
f/X»/'"'' nella^nueftigatione di cofe alciilìme , e molto difficili. Quefia Pittura come iì
è detto nella vita del Ghirlandaio, quell'Anne 15 64. è ftata mutata daj luogo
fuo, falua, & intera . Per il che venuto in credito, in riputatione , dall' arte di
Porta S. Maria gli fù fatto fare in S. Marco
vna incoronatione di N. Donna ίπ-Λ
. vna tauola,& vn choro d'Angeli ·, la quale fù molto ben difegnata, c condotta da

i'*"'* lui. In caia'Medici a Lorenzo vecchio lauorò moire cofe ,e maflìmamente vna
*ntUt'^»f»di sù vna imprefii ώ bronconi, che biutauano fuoco, la quale dipinfe ^ran-

pMrtittlàri, quanto il viuo,& ancora vn S. Bailiano. In S.Mana Maggior di Firenze è vna
Pietà con figure pietofe aliato alla CapelU di Panciacichi molto bella. Per la Cit-
tà in diuerfe cafe fece tondi di fua
mano, e feminc ignude aliai, dellequali hoggi
ancora a Cartello, villa del Duca Cofimo fono due quadri figurati, l'vno Venere,
che nafce , e quelle aure, & venti, che la fanno venire in terra con gli amori, e
così vn' altra Venere, che le gratie la fiorifcono , dinotando la Primauera j Ic^
quali da lui con gratta fi veggono efpreiTc. Nella via de Serui in cafa di Ciò.
Vefpucci, hoggi di Pietro Saluiati, fece intorno a vna camera molti quadri chiu-
fi da ornamenti di noce per ricignimentc, e fpailiera, con molte figure viuiiiìme,
c belle. Similmente in caia Pucci fece di figure picciole la noueila del Boccac-
cio , di Nailagio de gli Honefii, in quattro quadri di Pitture molto vaga, e bella,
A^Hnt»
if>£f & in vn tondo l'Epifania. Ne* Monaci di Caftello a vna Capella fece vna tauo-
gmf^mgtefor' Ja d'vna Annunz ata . In San Pietro Maggiore alla porta del fianco fece vna ra-
uola per Matteo Palmieri con infinito nuniero di figure, cioèrAifuntione di N,
^^ * · Donna con le zone de' Cieli, come fon figurate, i Patriarchi, i Piofeci, gli Ape·
iioli, gliEuangelifii, i Martiri, i ConfeiTori, iDottori, le Vergini, e le Gcrar··
chie, e curro col difegno dattogli da Matreo, eh' era litrerato, &
valent'huoirio.
La quale opera egli con maeftria , e finitiilìma diligenza dipinfe · Euui ritratto
a pie Matteo ingitiocchioni, e la fua moglie ancora. Ma con rutto, che quefta
opera fiabcliiffiiTia, e eh'ella doucfle vincere la inuidia j furono però alcuni

Kmt

me-

-ocr page 467-

VITA Dr SANDRO ΒΟΤΤ. 377

♦nialeuoli j e detrattori, che non potendo dannarla ia altro : diOero che, e Mar- in chtph
t€o, e Sandro grauenìcnte vi haueiiano peccato in Erefia ; il che fe è vero, ò cmfumtx "da
non vero, non Te ne afpetta il giudicio a me, bada, che le figure,che Sandro vi fe- makHQii^
ce,veramente fono da lodare, per la fatica che e'durò nel girare i cerchi de'Clelia
e tramezarc trà
figure,e figure d'Angelj, e fcorcij& vedute in diueriì modi diuet^
famente, e tutio condotto con buono difegno. Fù allogato a Sandro in quefto

neir entrare per la porca del niezo a unutra : <χ euui dentro i'adoratione ae ivia- ^doratìent
gi-, doue fi vede tanto affetto nei primo vecchio,chebacdandoil piede al
N.Si- dt' Mttgi -eei
gnore, e ftruggendofi di tenerezza,beniiItmo dimoRra hauere confegaita la fine ritrmto dt tfè
del iunghiffimo fuo viaggio. E la figura di quefto Rè, è il proprio ritratco di Co- ^e

fimo vecchio de'Medvci: di quanti a'di noitri reneritrouanoiìpiùviuo , epiù
naturale.
Il fecondo, che è Giuliano de'Medici padre di Papa Clcaience VII.
Si vede che intentiffìmo con
l'animo > diuotamente rende riuerenza a quel puc·»
IO, e gli aflegna iJ prefente fuo. Il terzo inginocchiato egli ancora, pare chiL_j>
adorandolo, gli renda gratie, e lo confeiTi il vero Meiiì,a é Giouanni figliuolo di
Coiìmo. Ne fi può deicriuere la bellezza, che Sandro moftrò nelle tcite,che vi
fi veggono, le quali con diuecfe attitudini fon girate, quale in faccia, quale
proffilo, quale in mezo occhio, e qual chinata,
Se in più altre maniere, e diucrfi-
tà d'arie φ giouani, di vecchi, con tutte quelle ftrauaganze j che poiTono far co-
nofcere là perfettione dei fuo magifterio, Hauendo^eglidiilintole Corti ditrè
Rè, di maniera, che e' fi comprende, quali fiano i ieruidori deli' vno, e quali del-
l'altro . Opera certo mirabiliffima, e per colorito, per difegno, e per componi-
mento, ridotta
si bella» che ogni Artefice ne reftahoggimaranighato. Etallo- Sififi

ra gli arrecò in Firenze, e fuori canta fama, che Papa Sifto IV. hauendo fatto fab- c^i^ma ia
bricare la Capella in Palazzo di Roma, & volendola dipignere, ordinò ch'egli
nediueniflecapo; onde in quella fece difuamano le inftafcritte ftorie» cioè
quando ChnOio è tentato dal Dianolo : quando Mose amazzò Io Egizzio, e che ''' ^ *

riceue bere da le fighe Iettò Madianire . Similmente quando facrificandoifi- ^^.^utttt'
gliuoh di Aron, venne fuoco dai Cielo : & alcuni Santi Papi nelle nicchie di fo- aif"

pra alle ftorie. La onde acquiftato fra molti concorrenti, che feco lauorarono, e pmdioA ·
Fiorétini, e di altre Città, fama,e nome maggiore, hebbe dal Papa buona iomma
ctmmtnt»
di danari, i quali ad vn tempo deftrutti, e confumaci tutti nella ftanza di Roma» Λ

perviuereacafo, come eraiHoHtofuo, e finita infien-e quella parte, che gli ^

"cra ftata allogata, e fcopertala, fe ne tornò iubitamente a Firenze. Doue per ei- ^
fere pcrfona fofiftica comentò vna parte di Dante : e figurò lo Inferno, e lo mi-
iè in ftampa, dietro al quale confumò di molto tempo, per Io che non /auotan- ^^
partiiix
do, fù cagione d'infiniti difordini alla vita fua. Mife in ftampa ancora mo te nodeluLtà
cofe fue di diiègni eh' egli haueua
fatti, ma in cattiua maniera , perche Γ intaglio ^^^ Smonar$
era mal fatto, onde
il meglio , che fi vegga di fua mano è il trionfo deìla Fede,
di Fra Girolamo
Sauonaroìa d a Ferrara , della fetta del quale in g"'^^ partigia-
no , che ciò
caufa, che egli abbandonando il dipignere,e non hauendo entrate
daviuere
precipitò in difordine grandiffimo. Percioche eifendo oft ^ato a quella
parte, e facendo {come fi chiamauanoallora) il Piag"0"<'^ ^i'i ò dallauora- Ttdiimnu
re ; Ond? in vitimo fi trouò vecchio > e pouero
di forte» che fe Lorenzo de'Me- Medici^ «
dici mentre, che viiTe, per lo quale, oltre a moire
altre cofe, haueua affai lauora '

altri

to allo Spedaletto in quel di Volterra, non l'haueiTis fouuenuto, e poi gli amici,e Jhoì

Β b b molti

-ocr page 468-

37S SECONDA PARTE

moki huo!-nini da bene Ihri affetcioiiati alla fua virtù fi farebbe quafì morto di
fame. E di maiio di Sandro in
S. Francefco fuor della porta a S. Miniaco in vn
tondo vna Madonna, con alcuni Angeli grandi quanto il vmo » il quale fu tenu-
to cofa belliiTìma. Fù Sandro perfona molto piaceuole > e fece molte burle a i
fuoi difcepoli, & amicijonde fi raccontai che hauendo vn fuo creato, che haue·
Ua nome Biagio filtro vn tondo fimile al fopradetto appunto > per venderlo » che
Sandiro lo vendè fei fiorini d'oro a vn Cittadino > e che trouato Biagio gii diiTc :
Io hò par finalmente venduto quefta tua Pittura> però fi vuole ftà fera appiccar-
la in a to > perche hauerà miglior veduta i e dimattina andare a cafa il detto Cit·*
radino, e condurlo qua > accioche la veggia buon' aria al luogo fuo j poi ti anno-
ueri i contanti. Ο quanto hauete ben fatto maeftro mio> diiTe Biagio, e poi an»
dato a bottega mife il tondo in luogo affai ben alto, e partiffi. In tanto Sandro »
e Iacopo, che era vn'altro fuo difcepolo, fecero di carta otto capucci a viodi
Citcadinii e con la cera bianca gli accommodarono fopra le otto tefte de gli Απ»
geli, che in detto tondo erano intorno alia Madonna. Onde venuta la mattina»
eccoti Biagio, che hà feco il Cittadino, che haueua compera la Pittura, e fapeua
la burla, & entrati in bottega alzando Biagio gli occhi vide la fua Madonna non
in mezo a gli Angeli, ma in mezo alla Signoria di Firenze ftarfi a federe fra que'
capacci. Onde volle cominciare a gridare, e fcufarfi con colui, che Γ haueua
mercatata, ma vedendo, che taceua, anzi lodaua la Pittura, fe ne ilette anch'
eC-
fo. Finalmente andato Biagio col Cittadino a cafa hebbe il pagamento de fei
fiorini, fecondo, che dal maeftro era ftata mercatata la Pittura, e poi tornato a
bottega, quando a punto Sandro, e Iacopo haueuano leuate i capacci di carta »
vide i fu®i Aageli, efiere Angeli, e non Cittadini in capuccio. Perche tutto ftu-
pefatto non fapeua, che fi dire, pur finalmente riuoko a Sandro dille, Maeftro
mio, io non sò fe io mi fogno, ò fe gli
è vero, quefti Angeli, quando io venni
quà haueuano i capucci roifì in capo, & hora non gli hanno,che vuol dir quefto?
Tù fei fuor di te Biagio, diife Sandro. Quefti danari t'hanno fatto vfcire del ie-
tninato : fe cotefto ÉiiTe credi tù, che quel Cittadino l'haueile compero ? Gli è
vero, foggiunfe Biagio,che non me n' hà detto nulla, tuttauia a me pareua ftra-
na cofa. Finalmente tutti gli altri garzoni furono intorno a coftui, e tanto diiTo-
no,che gli fecion credere, che fuiìlno ftati Capogiroli. Venne vna volta ad ha-
bitare allato a Sandro vn teilidore di drappi,e rizzò ben otto telaia, i quali quan-
do lauorauano, faceuano non folo col romore delie calcole, e ribattimento delle
caiTe, ailordare il poueto Sandro, ma tremare tutta la cafa, che non era più ga-
gliarda di muraglia, che fi bffognaife, d'onde tra per l'vna cofa, e per l'altra non
poteua iauorare, ò ftare in caia. E pregato più volte il vicino, che rimediafle a
quefto faftidio, poiché egli hebbe detto, che in caia fua voleua, e poteua far
quel che più gli piaceua. Sandro fdegnato , in fui fuo muro, che era più alto di
quel del vicino» e non molto gagliardo, pofe in billico vna groflìiiìma pietra, a
m più che di carrata, che pareua » che ogni poco che'l muro fi moueiTe , fufle per
cadere, e sfondare i tetti, e palchi, e tele, e telai del vicino ; il quale impaurito
di quefto pericolo, e ricorrendo a Sandro, σϋ fù rifpofto con le medefime parcte
ie, che in cafà fua poteua, & voleua far quel che gli piaceua, nè potendo cauar-
ne altraconclufione, fù neceflìtato a venir a gli accordi ragioneuoli : e far a San-
dtO buona vicinanza. Raccontafi ancora, che Sandro accusò per burla νη_^
amico
fiiodihecefù al Vicario, e che colui non parendo, dimandò chi Γ ha-
ueua
accurato» c di che, perche efleadogli detto, che Sandro era ftato, il quale

di-

Hacttntl Λ'λΙ'
ruaiì fue pin'
(iHele^xe,

M^ìUii/ef*

» chi β
Sasdrt,

-ocr page 469-

VITA DI SANDRO BOTT. ^y^

diceaajche egli teneua l'opinione de gli Epicuiei. e che l'anima moriiie col cot-
po volle vedierè t'accufatore di nanzi al Giudice, onde Sandro compaiib, drile,
egli è vero che io hò queila
opinione dell'anima di cortili, che è vna beilia.^.
Oltre CIÒ non pare a voi, che fia herccico j poiché fenza hauere lettere vò a pena
faper leggere, commenta Dante>e mentoua il fuo nome in vano ? Dicefi ancora»
che egli amò fuor di
modo coloro,che egli conobbe ftudiofi dell'arte, e che gua-
dagnò aflai, ràa rutto per haucr poco gouerno, e per traicuragint, mandò n aie .
Sua morte,t
Finalmente condottofi vecchio, e difutile , e caminando con due mazze, perche Ì^Mtam,
non fi reggeua ritto, fi morì eiTcndo infermo , e decrepito, d'anni fettantocto , ^^

in Ognifanti di Firenze fù fepoko l'anno 1515.

Nella guardarobba dei Sig. Duca Cofimo iono di fua mano due teile di femi-
ua in profilo belliflìme, vna delle quali fi dice, che fù l'innamorata di Giuliano
de' Medici Catello di Lorenzo j e l'altra Madonna Lucrena de' Tornabuoni mo-
glie di detto Lorenzo. Nei medeiìmo luogo è fimilmenre di man di Sandro vn Narrathut
Bacco, che alzando con ambe !e mani vn barile, fe lo pone a bocca, il quale
è d'slcme /»«
vna molto gratiofa figura : E nei Duomo di Fifa alla Capella deli' impag iaca_j Φ'''*
cominciò vn'AÌIunta , con vn coro d'Angeli, ma poi non gli piacendo la lafciò
imperfetta. In S. Francefco di Monte Varchi fece la tauola dell'Aitar maggio-
te : E nella Pieue d'Empoli da quella banda , doue è il S. Baftiano del RolTeili-
no, fece due Angeli. E fù egli de'primi, che troui\ile di lauorarc gli fì:endardi,&

alrre drapperie come fi dice, di commeifo, perche i colon non iflinghino, e mo-
ftrino da ogni banda il colore del drappo. E di fua mano cosi fatto, c il Balda- ^J"'"·''' ^'"''"t
chino d'Or S. Michele, pieno di Noilre Donne tutte variate, e belle , il che_i dram"
dimoftra quanto cotal modo di fare meglio conierui il drappo * che non
fànno ì *
mordenti, che Io ricidiano, e dannogli poca vka »fe bene per manco fpefa, è più
in
vfo hoggi il mordente, che altro. Difegnò Sandro bene fuor di modo, e tan-
to, che dopo lui vn pezzo s'ingegnarono gli artefici d' hauere de' fuoi difegni.
E noi nel noftro libro n' habbiamo alcuni, che fon fatti con molta pratica, e ^
giudicio. Fìi copiofo di figure nelle ftorie, come fi può veder ne'ricami del fre- «'Ai»"·
gio delia Croce, portano a proceiiìonei Fi ati di S. Maria Nouella tutto di
fuo difegno. Meritò dunqueSandro gran lode in tutte le Pitture, che fece, nel-
le quali volle mettere diligenza , e farle con amore, come fece la detta tauola de'
Magi d; Santa Maria Nouella, la quale
è marauiglioia. E molto bello ancora.^ Suefiguflnt^
vn picciol tondo di iua mano, che fi vede nella camera del Priore de gli Angeli
di Firenze, di figure picciole, ma gratiofe molto, e fatte con bella
confiderano- ·'
ne. Della medefima grandezza, che è la detta tauola de' Magi, n' ha vna di ma-
no del medefimo, M. FabiaSegni gentilhuomo Fiorentino, nella quaie è d^mfa
la Calunnia d'Apclle, bella quanto pofla eiìère.
Sotto la quale tauoJa , eh egli
fteilo donò ad Antonio Segni fuo amiciffimo, fi leggono hoggi queftì verii di
detto M. Fabio.

IndìcH quemquam nefalfo Udere tentent,
Τ errar um Reget parua Tabella monet.
liuic ftmilem ^gipti Regi donauit ^pelles é ν

j{ex [MÌtìC dignusmunere: munuseo : „

Fine della vita di Sandro Bottìcello Tittor Fiormino.

Bbb 2

Verfidi^»lìe

Sei"'

j-Attol» fti
Sandro.

Β E.

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4t 4 seconda parte

VITA DI BENEDETTO DA MAIANO SCVLTORE,
ET ARCHITETTO.

ENFDETTO da Makno Scultore Fioreiitinoj eiTeniione
fiioi primi anni intagliatore di legnar , fa cenuro in quel-
lo ei'ercirio il p)à valente maeftro, che tenefse ferri in
ma-
no,
e parcicolsri-nente fò ottimo artefice in quel modo di
fgirej che come altroue fi è detto, fò introdotto al tempo di
iengitfM tif* O^S^^^S ^ί'ΐρρο Brunelleichi, e di Paolo Vccello, di commettere in"
*HHiiforMle ^gj^jg l^jgj^ ■ j.jjjjj j · tiiuerf, ς^ο^ϊ, ς f^me profpettiue > feglia-

gno^e βΐϊ» e moke altre diuerfefantafìe. Fù dunque in quefto artificio Benedetto da
Mamnonella fua giouanezza il miglior maeflro, che fi trouaffe, comcaper·
tgm^tite m dimoftrano molte opere iue» che ia Firenze in diueriiluoght fi

' ' " veg-

-ocr page 471-

vita di benedetto: 3si

veggèno » e particolarmente tutti gli armati delk fagreftia di S. Maria del Fiore Sjétì
finiti da lui la maggior parte > dopo la morte di Giuliano fuo zio > che fon pieni ifti^ciefijft·
di figure fatte di rimeflo, e di foghami,e d'altri lauori fatti con magnifica fpefa, &
artificio. Per la nouità dunque di queit' arte venuto in grandiifimo nome, fe«
ce molti lauori, che furono mandati in diuerfi Inoghi, & a diuerfi Principi : e fra
: jli altri n' hcbbe il Rè Alfonfo di Napoli vn fornimento d'vno fcnttoio, fatto
Suoi Umrì
are per ordine dì Giuliano zio di Benedetto, che feruiua il detto Rè nelle cofe n»

d'Architettura, doue eiTo Benedetto fi trasferì, ma non gli piacendola ftanza , fé
ne tornò a Firenze. Doue hauendo non molto dopo lauorato per Matthia Cor-
nino Rè d'Vngheria. che haueua nella fua corte molti Fiorentini, e fi dilettaua
di tutte le cofe rare, vn paio di cafie con difficile, e belliffimo magifterio di legni '»Vnght2
commeffi, fi deliberò, eflendo con molto fauore eh amato da quel Rè, divo»
li re andarui per ogni modo, perche fafciate le fue cafle, e con effe entrato in-j l^gjri'**'
Naue fe n' andò in Vngheria. La doue fatto riuerenza
λ quel Rè, dal quale fù
benignamente riccuuto, fece venire le dette caffè, e quelle fatte sballare alla prc*·
 di

fenzadel Rè, che molto defiderana di vederle, v.de, che humido deli'acqua, traete»^
e'I mucido del mare haueua intenerito in modo la cola, che nell'aprire gl' ince- fufiom ntlh
rati, quafi tutti i pezzi, che erano alle caiTe appiccati, cadero in terra, onde fe fco^mgU»
Benedettorimafeattonito, & ammutolito, per la prefenzadi tanti Signori,
ogni vno fe lo penfi. Tutrauia meiio il laiioro infietne meglio, che potecre__j,
fece, che il Rè rimafe aiTai lodisfatto. Ma egli nondimeno, recatofia noiaquel
meftiero non lo potè più patire, per la vergogna, che n' haueua riceuuto. E così
si di ali*
niefia da canto ogni rim dità , fi diede alla Sculcura, nella quale haueua di già a scuUura,e fà
Loreto, ilando con Giuliano fuo zio, fatto per la fagreflia vn Lauamini con cer- opetemoU» lo,
ti Angeli di marmo. Nella quale arte prima , che partiiTe d'Vngheria fece dxtemVnghe.
conoicere a queLRè , che Ìe era da principio rimafo con vergogna, la colpa era
ftata dell' efercitio ,che era bafio, ; non dell' ingegno fuo , che era alto, e pelle-
grino . Fa co dunque, che egli hebbe in quelle parti alcune cofe di terra, e di *
marmo, che molto piacquero a quel Rè, fe ne tornò a Firenze, doue non fi toilo ·

giunto, che gli fù dato da i Signori a fiire l'ornamento di marmo della porta.-.» . ..
della lor ydienz.i, doue fece alcuni fanciulli, che con le braccia reggono certi fe-
Itoni molto belli. Ma fopra tutto fu belliifima la figura, che è nel mezo d'vn S. f"'^'
Giouanmgiouanettodi due braccia, la quale ο renut;i cola Angolare. Ecaccio-
che tutta quelF opera fuiJe di fua mano, fecei legiu, che ferrano la detta porta
egli fteflo, e vi titraiTe di legni commeilì, ni ciafcuna parte vna figura,cioè in vna
Dante, nell'altra il Petrarca. Le quali due figure, a chi altro non haueiTc in co-
tale efercitio veduto di man di Benedetro ì poiTonofiire conoicere, quanto egli
fofle in quello raro, eccellente. La quale vdienza a tempi nofiri hà fatta di-
pignere il S.Duca Cofimo, da Francefco Sahiiati, come al iuo luogo fi dirà. Do-
po fece Benedetto in S. Maria Nouella di Firenze , doue Filippino dipinie la Ca-
In S ifam
pella > vna fepoltura di marmo nero, in vn tondo vna N. Donna , e certi Angeli Ncntlia,
-con molta diligenza per Filippo Strozzi vecchio, il ritratto delqualejche γι fece
di marmo è hoggi nel fuo palazzo. Al mcdeiìmo Benedetto fece fiire
Lorenzo
vecchio de'Medici in Santa Maria del Fiore il ritratto di GiottoPiitore Horen-
tino, e lo collocò (opra l'epiraifio, del quale fi c di fopra nella vita di eflb Giotto 3
bafianza ragionato , ia quale Scultura di marmo è tenuta ragioneiiole.
Andate
poi Benedetto a Napoli, per eflere morto Giuliano luo zio, del quale egli eia^
hersde,
oltre alcune opercjche fece a quel Rè, fece per li Conte di Terra Nuoua

in

niiram /ìì
Cl'toinSaìi'

0Λ Mena tftì
Tfitrt.

-ocr page 472-

4t 4 seconda parte

in vnatauola di marmo nel Monafterio de' Monaci di Monte OJiuero vna Nan·
ziata<?ln certi Santi, e fanciulliintornobelliinmi, chereggono certi felloni·
E nelk predella di deità opera fece moki baffi rilieui con buona ma iie;a.
Faenza fece vna beliiffima fepoltura di marmo per il corpo di S. Sanino, & in
efTa fece di bado rilieuofeiftoriedellavita di quel Santo, con molta innentio-
nc, e difegno, così ne' cafamenti, come nelle figure di maniera, che per q lefta»
e per l'altre opere fue fù coBofciuto per huomo eccellente nella Scultura. Onde
prima , che partiiTe di Romagna gli fù fatto fare il ritratto di Ga eotto Malate-
fta. Fece anco, non sò fe prima, ò poi, quello d'Henrico fettimo Rè d'Inghil·»
terra, fecondo, che n'haueuahauuto da alcuni mercanti Fiorentini vn ritratto
incarta. La bozza de'quali due ritratti fùtrouata in cafa fuacon molte altre
coie dopo la fua morte, Ritornato finalmente a Firenze, fece a Pietro Mell ni
Cittadin Fiorentino, & allora ricchiffimo mercante, in S. Croce il Pergamo di
marmo, che vi fi vede, il qual' è tenuto cofa rariiTìma, e bella fopra ogni altra >
che in quella maniera fia mai (lata lauorata, per vederfi in quello lauorate le fi-
gure di rnarmò nelle ftorie di San Francefco, con tanta bontà, e diligenza, che
di manne non fi potrebbe più oltre definlerare. Hauendoui Bcnedettocon mol-
to artificio intagliato alberi, faiTì, cafamenti, profpettiue, & alcune cofe ma-
rauigliofamentc fpiccate : Et okre ciò, vn ribatcimento in terra di detto Perga-
mo, che ferue per lapida di ièpoltura, fatto con tanto difegno, che egli è itrpoi"-
fibile lodarlo a baftanza. Dicefi, che egh in fare quell'opera hebbe dilficoità
con gli operai di S.Croce : perche volendo appoggiare detto Pergamo a vna co-
lonna, che regge alcuni de gli archi, che foftengono il tetto, e forare la detra co-
lonna per fami la fcala , e i' enrrata al Pergamo, eiTì non voieuano , dubitando >
che ella non s'indebclifle tanto col vacuo della (alita, che il pefo non la sforzaife
con gran rouina d'vna parte di quel tempio. Ma hauendo dato ficurtà il Melli-
no, che l'opera fi finirebbe fenz^ alcun danno della ChieC i, finalmente furono
contenti. Onde hauendo Benedetto fpranghiato di fuori con fafce di bronzo la
colonna,cioè quella parte, che dal Pergamo in giù è ricoperta di pietra forte, fe-
ce dentro la fcala , per falire al Pergamo , e tanto quanto egli la bucò di dentro
rmgrofsò di fuora con detta pietra forte, in quella manjera,che fi vede. E co ftu-
pore di chiunque la vede coudufie quefta opera a perfettionejmoflrando in cia^
cuna parte, & in tutta inficme quel a maggior bontà, che può in fimi! opera de-
fideratfi. Affermano molti, che Filippo Strozzi il vecchio, volendo fire il fuo
palazzo,ne volle il parere di Benedetto,che glie ne fece vn modello,e che iecódo
quello fù cominciato, fe bene fù feguitato poi > e finito dal Cronaca, morto eiìo
Benedetto, il quale hauendofi acqujftato da viuere, dopo le cofe dette,non volle
fare altro lauoro di marmo. Solamente finì in S.Trinità, la S.Maria Maddalena
fiata cominciata da Defiderio da Settignano. E fece il Crocififfo, che è iopra.-.»
l'Altare di S.
Maria del Fiore, & alcuni altri fimili. Quinto all'Architettura, an-
coraché metteilè mano a poche cofe, in quelle nondimeno non dimoftrò man-
co giudicio,che nella Sculturale mailìmamente in tré palch. di grandulìma ip^f^ »
che d' ordine , e col coniiglio fuo furono fatti nel pabizo della
Signoria di Fi-
renze. Il primo fù il palco della fala, che hoggi fi dice .le' Dugenco, fopra
quale hauendofi a fai e non vna fala U mile , ma due ftanze, cioè vna ί·»!^, & vna -
Aud;en7.a, e per Ci nfeguente hauendofi a fare vn amro , non ^licj leggie-
ri
j dèi · ^rto, e dcntroui vna porta di marmo , ma di c,igioneiiole gro(lczza_^ 7
non biio^'^ò manco ingegno, ò giudicio di |,quelio, che haueiu Benedetto >

a fare

Bimdeiti ν%
Μ Ν epali,e per
quel Rè ,tf>ir
nitri s'impie·
ξΛ ία aldini
/sucri itlhf
fimi ·

Sepoltura pir
vn Corpo San·
te in Faenza-
Torna aFi»
rsnii^e.

Sue tiperedi,

Ηΐφ ingegner
fiftme»

jlrlifcio hen

tondett» nel
forare vnA co-
lonrm
.

Modelle del
Ρλ/λ^^ο del·

li Stronzi.

Ciudttttfo nel
Γ Arf^if^ttu.
r».

trcue nel Pa·
della St
efertt-
ton^fu»

If^e.

-ocr page 473-

VITA DI BENEDETTO. J^J

a fare vn' opera cosi iàcra. Benederro adunque » pei non diminuire la detta aiai
ediuedei-enon<ijmenoiIdifoprain due> fece a qucftomodo. Sopra vn legno
grolÌovn braccio, e lungo quanto la larghezza della iala, ne commefle vn'al-
tro di dne pezzi di maniera, che con lagroilezza fuaaizaua due terzi di brac-
cio . E ne gli eftrerai ambidue beniffimo confitti, & incatenati iniìeme faceua:·
no a canto,al mijro ciaicuna refta alta due braccia.
E le dette due tefte erano in-
laccate a vgna in modo, che vi fi pot effe jmpaftarevn'arco di mattoni doppi,

frodo vnmezobraccia , appoggiatolo ne'fianchi a i muri principali. Quefti
ue legni adunque erano con alcune incaflrature a guifa di denti, in modo con
buone fpranghe di
ferro vniti, 6c incatenaci infieme, che di due legni veniuan®
a ι fiere vn folo. Oltre ciò, hauendo fatto il detto arco, accioche le dette traui
del palco non haueiTeuo a reggere iè non il muro dell' arco in giù, e l'arco tutto
il
rimanence ; oppiccò d'auantaggio al detto arco due grandi ftaffe di ferro, che

joppicco

inchiodate gagliardamente nelle dette traui da bailo, le reggono di maniera ρ
che quando per loro medefime non baftaiTero, farebbe atto Γ arco, inediante
le dette catene ftefle> che abbracciano il tiauo > e fono due, vna di qua, e vna di
dalla porta di marmo, e reggere molto maggior pefo, che non è quello del
detto muro, che è di mattoni, e groffo vn mezo braccio. E nondimeno fect_3
lauorare nel detto muro i mattoni per coltello yC centinato» che veniua a pignec
ne canti doue era
il fodo, e rimanere più ftabile. Et in qnefta maniera j median-
te il buon giLidicio di Benedetto rimafe la detta fala de' Dugento nella fua gran-
dezza » e {opra nel
medefimo fpatio ,con vn tramezo di muro ,νί fi fece la fala »
che fi dice dell* oriuolo , e l'vdienza , doue è dipinto il trionfo di Camillo c/i s»0ttelntil
mano del Saluiati. II foliìcro del qua! palco fù riccamente lauorato, & inra-
gliato da
Marco del Tallo, Domenico, e Giuliano/iioi fratelli, che fece fimil- codtlT«tffo»l
mente quello delia fala, dell'oriuolo, e quello dell' vdienza. E perche la detta

Eorta di marmo fù da Benedetto fatta doppia, fopra l'arco della porta di dentro ,
auendo g à detto del di fuori, fece vna Giuilicia di tnarmo a federe con la palla
del Mondo in vna manoj
e nell'altra, vna fpada con lettere intorno all'arco, che
dicono, Diligite luflitiam qui indiecitis terram. La quale opera tutta fù con-
dotta con marauigliofa diligenza, & artificio. Il medefimo alia Madonna delle
Gratie, che e poco fuor d
'Arezzo, facendo vn portico, & vna falita di fcale di- , ^^γ,ιγμλ
nanzi alla porta. Nel portico mife gli archi fopra le colonne, & a canto al ret- ^^fheL·»
to girò intorno intorno vn' architraue, fregio, e cornìcone, & in quello iecc_-^
imiia di
per gocciolatoio vna ghirlanda di rofoni intagliati di macigno, che fportatoin s.Msna delie
fuori vn braccio, Se vn terzo. Talmente, che fra l'agetto del frontone della Crath ρτφ
gola di fopra , & il dentello , & vouolo , fotto il gocciolatoio , Ù braccia » -^«ξ^®·

e mezo, che aggiuntoui il mezo braccio , che fanno i regoli fà vn tetto di brao
eia tré intorno^bello, ricco, vtile ,
& ingegnofo. Nelk qual'opera, e quel fuo
artificio, degno d'efler molto confideraro da gli artefici, che volendo » cht_3
quefto tetto fportaffè tanto in
fuori, fenza modiglioni, ò menfole ,chc lo reg-
gcffino ·, fece que· ladroni, doue fono i rofoni intagliati tanto grandi, che laL

metà fola fportaiTe in fuori, e l'altra metà reftafie murato di fedo, onde emen-
do così contrapefati, poterono reggere il refto,
e tutto quello, che di fn-

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4t 4 seconda parte

bc'ne a cailetta, vniua l'opera di raaniera> che chi la vede > li gmdica d'vn pezzo
Cutta. Nel mcdefimo luogo fece fat e vn palco piano di rofoni meffi d^oro, che è
uiolco iodato. Hauendo Benedetto compero vn podere fuor di Prato
> a vicire
per la porta Fiorentina, per venire in verfo Firenze, e non più lontano dalla ter-
ra , che vn mezo miglio j fece in iulla ftrada maellra a canto alla porta vna bel·
liifima Capelletta, èc in vna nicchia vna N. Donna con figliuolo in collo di terraj
lauorata canto bene » che cosi fatto ienza altro colore
è beila quanto fe fiifle di
marmo. Così fono due Angeli, che fono a fommo per ornamento, con vn can·»
delliere per vno in mano ·, Nel doiTale dell'Altare è vna Pietà con la N. Donna, β
S. Giouanm di marmo bellifllmo. Lafciò anche alla fua morte in cafa fua molte
cole abbozzate di terra > e di marmo : Difegnò Benedetto molto bene, come fi
può vedere in alcune carte del noftro libro : Finalmente d'
anni 54.fi morì, nel
1498. e fii honoreuoimente fotterrato in S. Lorenzo j e lafciò, che
dopo la vita
d'alcuni Γιιοί parenti, tutte le fue facultà fuflìno della compagnia del Bigallo.

Mentre Benedetto nella fua giouanezza lauorò di legname,e dì commeiio fu-
rono iuoi concorrenti Baccio Cellini piffero della Signoria di Firenze, il quale la·
uorò di commeffo alcune cofe d'auorio molto belle, e fra l'altre vn' ottangolo di
figure d'auorio, profilate di nero, bello affatto, il quale è nella guardarobba del
Duca ·, parimente Girolamo della Ceccha creato di coftui,e piffero anch'egli del-j
la Signoria, lauorò ne' medeiìmi tempi pur di commeffo molte cofe. Fù nel me-
defimo tempo Dauid Pjftoiefe, che in S. Giouanni Euangelirta di Piiloia, fec^_j>
air entrata del choro vn S. Giouanni Eiiangelifta diriqaeiTo: opera più di gran
fatica a condurfi, che di gran difegno. E parimente Gi eri Aretino, che fece il
choro,& li pergamo di S. Agoftino d'Arezzo, de medefimi rimeffi dì legna*
mi, di figure, e profpettiue. FùqueftoGieri molto capricciofo,e fe-
ce di canne di legno vn'organo perfettiisimo, di dolcezza, e foa-
wita » che è ancor hoggi nei Vefcouadò d'Arezzo, fopra la
porta della iagreftia, mantenutofi nella medefima^
ί bontà : che è cofa degna di marauiglia,
e da ini

prima meiTa in opera. Ma nefsuno dico-
fioro, nè akn fù a gran pezzo ec- '
celiente quanto Benedetto,
oq- "
de egli merita fra i migliori
Artefici delle fue
profeifio·
ni

pigufedhir-
rat^utnelm'
te in bslitti.»
Λ I lumi di

fUMrmo .

Abboni di
tirra^edt muf
tao lafciati tio
p»UfH*morm
tt.

lAUornicrì di
legnami con·
torrett dt Bc
indeuOititr»

β»Λ/« (Hfsrìt·

d'efler ftmpre annoueracoi
odato.

AN-

firn della yita di Benedetto da Maiano Scultore, & ^'chiteit9[

-ocr page 475-

VITA DI ANDREA VERRCC^ 387

VITA DI ANDREA VERROCCHIO PìTT. SCVLT. ET ARCH.

^«dftsmtenl
dente di mtlu
^rtu

foto h^bilt
per mima al'
la atultura» f

in efft bAH
manie** dum

studio ^ entti
tur» deano φ
fer cmgimu
alle ferfettiOr
ns tl,'vn*0te.

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^ esonda parte

Ofiered'Ait' parcicolartnentealla geoiiiema. Furono fàcti da lui, mentre atcefe all' Oreficfi
» mmre oltre a molte altre cofe, alcuni bottoni di piatali > che fono in S. Maria del Fiore
*r» Qn^ce,·, ^jj Firenze^ E di groilerie, particolarmente vna tazza > ia forma della quale, pie-
na d'animali » di fogliami, e d'altre bizzarie j và attorno, & è da tutti gii Orefici

conofciuta, & vn'alcra parimente, dotie è vn bàlio di puttini molto bello. Per le
^ quali op^re hauenio dato faggio di fe, gli fu darò a fare dall' arte de' Mercatanti
stme d'sr* due ftorie d'argento nelle tefte dell'Altare di SanGiouanni, delie quali, meflc^i
gtHtontU' Al- furono in opera» acquiÌlò loJe> e nome grandiffimo. Manrauano in quefto
ttrfitS.aie. tempo in Roma alcuni Ji quelli Apoiloli grandi» che ordinariamente foleiiano
gli

(lare in fuIl'AItare delia Capella del Papa,con alcune altre argenterie (late disfat-
iX Pfl^iiif» ^^ ' '' * mandato per Andrea , gli fu con gran fauore da Papa Siilo dato a
I0 a<lni>ra la' fare tutto quello, che in
c ò biibg laua , & egli il tutto conduile con molta dili-
lanori ar ge iza » ^ giudicioa pscfettione. In tanto vedendo Andrea, che delle moke fla-
ggntn per U tue antiche, bc altre cofe, che fi trouausno in Roma fi faceua grandiffima ftima,
αΛ>6ΐίΛ ΡΛ' e che fa fàtto porre quel cauallo di bronzo dal Papa > a S. Gio. Laterano , che de'
paÌe. fragmenti, aon che delle cofe intere, che c^ni di fi trouauano, fi faceuà conto»

f ^^^ beròd'arrendere alla Scultura» E così abbandonato in tuttoIOrefict_^>
diÌÌe Sa -He dt - j^jpg ^ gettare di bronzo alcune figurette, che gli furono molto lodate. La on-
^ITr^deltt Ρΐ^β^"^ maggiore animo, fi mife a lauorare di marmo. Onde eflendo morta
f '^opra parto in qùe'giorni la moglie di Francefco Tornabuont", il matito, che mol-

pr/OT» Uuoti to Hmaca l'haueua, e morta voleua, quanto poteua il più, honoraria , diede a fare
ài bron\n ri*' h Cepoltura ad Andrea Ul quale fopra vna caiia di marmo intagliò in vna Lap>
/cane ΐο» /«Λ Ja la donna, il partorire, & il paiTare ali' altra vita, & appreilo in tré figure fece
lode. tre virtù, che furono tenute molto belle , per la prima opera > che di marmo ha-

Se^'turH h»U ^gηr·g . La quale iepoltura fu pola nella Minerur<. Ritornato poi a Fi-

lift ^ t nelle f danari, fama, & honorc, gli fù fatto fare di bronzo vn Dauid di brac-

Mtnfma, ^^^ ^^^ ^ mezo, il quale finitojfiì pollo in palazzo ai fommo della fcala, doue ila*
^'nudi'meU» ^^^ catena, con fua molta lode- Mentre, che egli conduceua la detta flarua, ie-
■ c® ancora quella Noilra Donna di marmo, che è fopra la fepoltura di M.Leonar*
BMtkm U- do Bruni Aretino in S. Croce, la quale lauorò , eilendo ancora aliai giouane per
mere di Bernardo Roffeliini Architetto, e Scukore, il qualecondufTe di marmo, come
filùHt· fi è detto > tutta quell' opera. Fece il raedeiìrao in vn quadro di marmo vna No-
ilra Donna di mezo rilieuo, dal mezo in su, col figliuolo in collo, la quale già era
in caia Medici ; & hoggi è nella camera della Ducheda di Firenzc,fopra vna por-
ta, come cofa belliiTlma. Fece anco due teiìe di metallo, vna d'Aleilandro Ma-
gno in praffilo, l'altra d'vn Dario a fuo capriccio, pur di mezo rilieuo, e ciafcuna
da per (è·, Variando i'vn dall'altro ne cimieri» nell'armadure, & in ogni cofa. Le
Telle 4$ mt- quali ameidue furono mandate dal M vg. Lorenzo vecchio de'Medici al Rè
f»lh 'aan^a· Marthia Coraino in Vngberia, con moke akre cofe , come fi dirà al luogo fuo.
ίβ ίο
dono al Per le quaÙ Cofe 1 hauendoacquiiiatoiì Andrea nome di eccellijnte raaeflro, e
Hi «P fagbt' i-nafìì TI imente molte cofe di metallo, delle quali egli fi dilettaua molto, fece di
^^tstltuf* j ' bronzo rutta ronda m San Lorenzo la fepokuia di Giouanni, e di Pietro di Cofi-
Uh je'Medic, doue è vna cafÌa di porfido, tetta da quattro cantonate di bronzo,

«•'fei^/ff-i"® con diligenza grandiiTìma. La

fepdlrura è pofta frà la Capella del Sagramento, eia Sagreflia » iÌeHa qual
©pera non fi può ne di bronzo
ì ne di getto fer meglio » mailìmam^nte hauend^
égli in vrs medefimo tempo moiÌrato l'ingegno fuo nell' Architettura 5 per haiier
IftcìetUrepòlturicolbciifà nell'apertura d'rnst fincilra larga braccia cinquc_/'

Se alta

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VITA DI ANDREA VERRCC^ 387

& alta dicci in circa> c pofta (opra vn bafainento, che diuidc la detta"Capeiia deÌ
Sagramento dalla Sagreftia vecchia. E fopca la cafla, per tipkno dell' apertura
iniino alla volta fece vna grata a mandorle di cordoni di biotizo natuialiflìini,
con ornamenti in certi luoghi d'alcuni feftcni, & altre belle fantahe, tutte nota-
bili, e con molta prattica, giudicio> & inuentione condotte. Dopo hauendo Do-
natello per lo Magifirato de'Sei della Mercantia fette il Tabernacolo di ir.armo,
che è hoggi dirimpetto a San Michele, nell' Oratorio di eiÌo d'Or San Michele,
v'ic hauendouiiì a fare vn San Tomaio di bronzo .che ccrcafle la piaga a Chrifto:
ciò per allora non fi fece altrimenti ·, perche da gli huorain ? che haiieuano coral
cura, alcuni voleuano,che la faceilè Donatello, Se aknLorenzo Ghiberti. Ei- S
mm éeHi/.
fendoiì dunque la cofa ftara così, infino a che Donato, e Lorenzo villero ·, furo- 'i*
no finalmente le dettediieftacue allogate ad Andrea, il quale fattone i model;i» l"'
e le forme le gettò , de vennero tanto falde, intere, e ben fatte , che fù vn bellif-
iìmo getto. Onde meiloi] a nnettarle j efiDÌile> le nduireaqueiiapeifettione>
che alprefente fi vede, che non pocrebbe eilermaggiore : perche in San Tonu-
fo fi fcorge la incredulità , e la troppa voglia del chiarirfi del fatto, & in vn me-
defiino tempo l'amore > che gì· fà con belliiiìma maniera metter la mano al co-
ftato di Chrifto ; & in eiTo Chriflo, il quale con liberaliilìma attitudine alza vn ^
braccios & aprendo la veile, chianfce il dubbio deiP incredulo difcepolo » è tuaa
quella gratia, e diuinità , per dir così, che può l'arte dar a vna figura. E l'hauere
Andrea ambedue queftc figure veftite di belliffimi, e bene accommodaci panni
fa conofcere, che egli non meno fapeua quefta arce, che Donato j Lorenzo
gii airri, che ermo iiati inanzi a lui ; o ide ben meritò quefta opera d'eflei' ιη_Λ
vn Tabernacolo fatto da Donato, collocata, e di eilere (lata poi fempre tenuta
in pregio legrandilTimaftima . La onde non potendo
la fama di Andrea andar Ntmt ìPAu'
più olt%, ne più crefcere in quella profeilìone > come perfona a cui non baftaua
in vna fola cofa eiTere eccellente » ma deiìderaua cHer i medefimo in altre anco-
^Ifcmmo ttei*
ra, mediante lo ftudio ·, voltò l'animo alla Pi tura, e cosi fece i cartoni dVna bar- '«i''^""»»»"*.
taglia d'ignudi difegnati di penna molto bene, per fargli di colore m vna face a- '^sivTge alU
ta. Fece fimiimente i cartoni d'alcuni quadri di itone, e dopo gli cominciò a_.>
ftttuh^ e ne
mettere in opera di colon, ma qua! fi fuiie la cagione, rimafero unperfetn. So- μ pnludij in
no alcuni difegni di fua mano nel noftro libro, fotti con moiia pac enza, e gran- certt canoni
d ifìmo giudicio, in frà i quali fono alcune celle di feraina con be.l'arie , & accon- difign'^ti an

ciature di capelli,quali per la fua bellezza Leonardo da Vinci ferop eimuò.-fon· huonmoAt. _

ui ancora due caualli con il modo delle mifure, e centine da fargli di piccioli
grandi, che venghino nropcrtionati, e fenza errori, e di nheuo di certa coaa è
appreflo di me vna teda di caualio ritratta dall'antico,che è coia rara , & alcuni :. . ^^^
a tri pure in carta n'ha il molto Reu. Don V.ncenzo Borghini nel fuo libro, del
quale fi è di fopra ragionato. E frà gli altri, vn difegno dif^ohurad. lui fatto
in Venetia, per vn Doge, e vna ftoria de'Magi, che adorano Chriilo: & vna teftì
d'vna donna finifiima quanto fi polla, dipinta in carta. Fece anco a Lorenzo de' è^utmkUo f»
Medici, per la fonte della Villa a Careggi, vn putto di bronzo, che «rozza vii^
di
pefce : il quale hà fatto porre, come hoggi fi vede, il Sig. Duca Cofimo alla fon-
te, che è ne! cortile del fuo palazzo. Il qual putto è veramente niarauìpiiofo
Dopo, eilendofi finito d· murare la Cupola
di Santa Maria dei Fiore, i-ffolutó
dopo molti ragionamenti, che fi faceife la palla di rame, che haueua a cflVr porta
di ra»
in cima a queli'ediiìtio, fecondo 1 ordine laiciato da Filippo Brunellefchi, v^-che me ptr vnx
datone la cura ad Andrea? e gli la fece alta braccia quattro, epofanuoia/i»fui' (npoia,

^ ί

vn

Qcc

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4t 4 seconda parte

vn bottone »la incatenò di maniera, che poi vifi potè mettere fopra iìcurametite
la Croce. La quale opera finita > fù meiTa su con grandiffi ma fefta > e piacere de*
popoli. Ben è vero> che biiognò vfar nei farla ingegno, e diligenza>perche fi po-
teiTe» come fi fà> entrami dentro per di fotto> & anco neil'armarla con buone for-
tificationij accioche i venti non le poteilero far nocumento. E perche Andrea mai
non fi ftaua» e (empre > ò di Pittura, ò di Scukura lauoraua qualche cofa > e qual-
che volta tramezaual'vn'opera con l'altra, perche meno, come riioki fanno > gli
Σ Mìutm da veniil'e vna itefla cofa a faftidio, fe bene non miie in opera, i fopradetti cartoni»
Leeìiardo d» dipinfe nondimeno alcune cofe,
e fra l'altre vna tauola alle Monache di S.Dome-
Vinci in ma nico di Firenze, nella quale gli parue eiferfi portato molto bene, onde pocoap-
uutÌ», «/»- preflo ne dipinfc in S.Salui vn'altra a'Frati diVall'ombrofa, nella quale è quando
f^ Giouanni battezza Chriflo. Et in quefta opera aiutandogli Leonardo da Vm-

ferif ^^ giouanetto, e fuo difcepoio, vi colorì vn'Angelo di fua n-iauo> il quale era

molto meglio, che l'airre cofe. Il che fù cagione, che Andrea li rifoluette a non_^
volere toccare più pennelli, poiché Leonardo così giouanetto in queli' arte fi era
portato molto meg io di Im.

Hauendo dunque Cofimo de'Medici hauuto di Roma molte anticaglie > haue-
ua dentro alla porta del fuo giardino, ouero cortile, che riefce nella viade'Ginoti
facto porre vn belliffimo Marfia di marmo bianco, impiccato a vn tronco»per do-
ueieeiTerefcorticaco·, perche volendo Lorenzo iuo nipote, al quale era venuto
alle mani vn torfo con la tefta d'vn' altro Marfia antichiffimo, e molto più bello,,
che l'altro, e di pietra roiTaj accorapagnaclo col primo, non poteua ciò fare, efien-
TtrftttU»» doimperfettiiiimo. Onde datolo a finire, &accGnciaread Andrea, egli fece le
itggUirxm?· gambe, le cofce, e le braccia, che mancauano a queftafigura, di pezzi di marmo
te vm nam* ro.To tanto bene, che Lorenzo nerimafe fodisfattiffimo,'e la fece porre dirimpet*
4f marmo, to all'altra, .'all'altra banda della porta. Il qnale torfo antico, fatto per vn Marfia
icorticato, fiì con tanta auuertenza, e giudicio lauorato, che alcune vene bianche,
e fottili, che erano nella pietra rofsa vennero intagliate dall'Artefice, in luogo a_»
punto, che paiono alcuni piccioli veri-nicinijche nelle figure naturali, quando fo-
no fcorticate , fi veggono. II che douetia far parere quell' opera rquando haueua
F«rm» il me* il ino primiero puhmento, cofa viuiiTìma. Volendo in tanto i Venetiani honora-
dtlìo del ta* re la molta virtù di Bartolomeo da Bergamo · mediante il quale haueuano hauuto
ualh di brm' moke vktorie i per dare animo a gli altri, vdita la fama d'Andrea lo conduilero a
χο per Igfla· Venetia, doue gli fù dato ordine, che facefse di bronzo la ftatua a cauallo di quel
ina di Βλπο' Capitano: per porla in iulla. puzza d; S.Giouanni, e Polo. Andrea dunque, fat-
t-meoda Ber* to il modello del cauallo, haueua cominciato ad armarlo per gettarlo di bronzo,
^^^'•lel^lon ' mediante ilfauore d'alcuni Gentirhuomini, fù deliberato,che Veliano

iìtec^oie'iha da Padoua faceiTe la figura Andrea si cauallo. Laqual cofa hauendo in re
Wi·
accidtmt, Andrea, fpezzato, che hebbe al fuo n^odello le gambe, e la tefta, tutto fdegna'-ó
ihe ttrmno eS fe ne tornò fenza far motto a Firenze. Ciò vdehdo la Signoria , gli fece intende-
/»» ripHtatioo re , che non fuiTemai più ardito di tornare in Venetia , perche gli farebbe tagliarà
ui, a *oj,o il teila, alla qua! cofa, fcriuendo rifpofe, e ν 'e ne guarderebbe , perche rpiccati»
che le haueuano, non era in loro facokà rapiccare le tefteaglihuomini, ne vna
mm ίΛ f«*· gj^^g allafua già mai come harebbe faputo lui fue di quella, che egli
hauea fpic-
cataal fuo cauallo, e più bella. Dopo la qual rifpoila ,che non
difpiacqne a que'
Signori
»fù fatto ritornare con doppia prouifiene a Venetia , doue racconcio, che
Ptimo modellorlogettò di bronzo, ma nonlo finì giaxlel tutto , perchcy
elTcu(io rifcsldato> c laffreddàto nel gcttailo^fi mori inpochi
giorni in qi illa Cit-

tày

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VITA DI ANDREA VERRCC^ 387

tàjlafciando iinperfecta non folamente quell'opera ancorché poco raancafieal ri-
nettarla» che fu meffa nel luogo dou'.era deftinata, ma vn'altra ancora, che faceua
in Piftoia, cioè la fepoltura del Cardinale Forteguerra, con le tré virtù Teologi-
che, & vn Dio Padre (opra-Ja quale opera fò finita poi da Lorenzetto Scultor^
Altft f»6 U*
Fiorentino. Haueua Andrea quando morì anni 5 dclfe la fua morte infinita- Ρ*
mente a gii amici, & a iuoi ciifcepoii, che non furono pochi
, e maillmamente a^ fi^Uimpirfe t-
Nanni Grofso Sirultore, e periona molto artratta nell'arte, e nel viuere. Dicefi,, iViirS/'"'''
che coftui non hauerebbe lauoraito fuor di bottega, e particolarmente ne a'Mona-
ci, ne a'Frati, fe non haueHe ftauuto per ponte 1 Vfcio della volta j ò vero cantina 2?*»»,·
per potere andare a bere a fua pofta, e fenza hauere a chiedere licenza. Si
χλο· /ho ^ftt^it,
conta anco di lui j che eilendo vna volta tornato iano, e guarito di non sò che fua
infirmità da S. Maria Nuoua rifpondeua a gli amici quando era vifitato, e diman-
dato da loro come ftaua, io fio male, tu fei pur guarito rifpondeuano effi, & egli
foggiugneua > e però ftò io male, percioche io harei bifogno d'vn poco di febre>
per potermi intrattenere qui nello fpedale agiato, e feruito. A coftui, venendo a
morte, pur nello fpedale, fù porto inanzi vn Crocififso di legno afsai mal fatto » e
goiFo, onde pregò , che gli fufse leuato dinanzi, e portatogliene vno di man di
Donato; affermando, che fe non lo leuauano fi morrebbe difperato, cotante gli
difpiaceuano l'opere mal fotte della fua arte. Fù difcepolo del medefimo Andrea> Λί/η allUff'
Pietro Peruginore Leonardo da Vinci, de' quali lì parlerà al fuo luogo > e France- Λ /e»V
feo di Simone Fiorentino, che lanorò in Bologna nella Chiefa di S.Domenico vna
fepoltura di marmo, con molte figure piccioIe,che alia maniera paiano di mano di
Andrea» la qualefù fatta perM. ÀieiiandroTartagnialmolefe Dottore.- Ervn?ai-
tra in S.Brancatio di Firenze, che rifpon Je in Sagreiìia, & in vna Capella
di Chic-
fa, per M. Pier Minerbetti Caualiere. Fu fuo aìlieuo ancora Agnolo di Polo, che
di terra lauoiò molto pratticamente, & hà pieno laCittà di cofe di
fua mano ,e f«
hauefle voluto attender all'arte da fenno, harebbe farte coie belliflìme. Ma piò
di tutti fù amato da ! ui Lorenzo di Credi, il quale ricondulle l'ofsa di lui da Vene.·
tia, e lo riipofe nella Ch eia di S. Ambrogio nella fepoltura di Ser Michele di Ciò·
ne, doue fopia la lapida fono intagliare quelle paro e.

Ser Michaelis de cionis, juomm. δί apprefso. HÌC οβα iacent Ληάγξ» Vcf^
rochijy qui obijt
rerjetijs mcccl xxxvm.· ..

Si dilettò aflai Andrea di formare di geiio da far prefa, cioè é quello, che fi fa f^rZìJvì
d'vna pietra dolce, la quale fi caua in quel di Volterra, e di Siena, & in altri mol- ^'φ^
ti luoghi d'Italia. La quale pietra cotta al fuoco, e poi pefta, e con l'acqua tiepi-
da impa(lat«i ,diuiene tenera di force, che fe ne fa quello , che altri vuole, c dopo
rafsoda infieme, & indurifce in modo, che vi fi può dentro
gettar figure mtere.
Andrea dunque vsò di formare, con forme così farre, Jc cofe nacurali, per poterle
con più commodità tenere inanzi, & imitarle, cioè mani, piedi, ginocchia, gam - humnm φ
be, braccia, e torfi. Dopo fi cominciò ai tempo fuo a formare le telte di coloro,
f»rm/tr .rm
èhe moriuano con poca fpefa ; onde fi vede in ogni cafadi Firenze (opra 1 camin», jù le

vfci, fineftre, e cornicioni infiniti di detti ritratti, tanto ben fatti, e naturalicht_j f^sàtàt'sior'
paiono viui. E da detto tempo in qxià fi è feguitato, e feguita il detto vfo, che
noi e (lato di gran commodità, per hauere i ritratti di molti, chefi fono poftj η^μ
le ftorie del palazzo del Duca Cofimo. E di qudlo fi deue certo hauer grandiffi-
mo
obligo alla virtù ^·Andrea, che fu de pnmi, che cominciafle a metterlo in vfo.

Da quefto fi venne al fare iraagmi di più perféttionc non pure in Firen-
ze ^ ciaintucti i luoghi doue fonodmorioni,: cdoue concorrono perfone a^

porre

-ocr page 480-

390 s e c ο ν d a parte

porre voti > e come fi dice miracoli ^ per haaerc alcuna gratia riceuuto. Perciò»
che» doue prima fi faceuano ò piccioli d'argento, ò in tauoletre folamente ò vefo
di cera , e goffi aifacto > fi cominciò ai tempo d'Andrea a fargli in molto miglior
maniera » perche haaendo egli iiretta dimeilichezzaxon Oifinp Ceraiuolo, il
quale in Firenze haueua in quell' arte affai buon giudicio j gl'incominciò a mo-
itrare» come potefie in quella farfi eccellente. Onde vi^nuta l'occafione> pei la_a
iBorte di Giuliano de' Medici, e per lo pericolo
di Lorenzo fuo firatello > Rato ie-
rito in S.Maria del Fiore, fù ordinato da gli amicij S parenti di Lorenzo, che fi fa-
ceiTe » rendendo della fua faluezza gratie a Dio , irj'molti luoghi l'imagine di lui.
Onde Orfino, fra l'altre, con l'aiuto, & ordine d'Andrea, ne conduiTe tré di cera
grande quanto il viuo, facendo dentro l'oiTatura di legname , come akroue fi è
detto, de inteiTuta di canne ipaccate, ricoperte poi di paiino incerato con belliflì-
tne pieghe > e tanto acconciamente, che non fi può veder meglio, ne cofa più
fimiie al naturale. Le tefte poi mani, e piedi fece di cera più groÌTa, n>a vote den-
tro, e ritratte dal viuo, e dipin^e^a olio con quelli ornamenti di capelli, Se altrς_JJ
cofe fecondo, che biibgnaui, naturali, e tanto ben fatti, che rapprefentauano,
non più huomini di cera, ma viuiilìmi, come fi può veder'in ciafcuna delle dette
trc»vna delle quah è nella Chiefa delle Monache di Chiarito in via di S.Gallo,di-
ranzi al Crocifiilo che fà miracoli. E quella figura è con quell'habitoapunto,
che haueua Lorenzo, quando fecito ne la golajc fafciaco fi fece alle fineftie di ca-
ia fua> per eiTer veduto dal popolo, che là era corfo, per vedere fe fuile viuo, co-
me deiideraua, ò fe pur morto per farne vendetta. Lì feconda figura del mede-
fimo
è in lacco, habito ciuile, e proprio de' Fiorentini, e quella è nella Chiefa.^
•de'Serui alla Nuntiata, fopra la parte minore, la quale è a canto al defco, doue fi
vendono le candele. La terza fù mandata a S.Maria de gli Angeli d'Afcefi, e po-
lla dinanzi à quella Madonna. Nel qual luogo medefimo , come già fi è detto»
eiTo Lorenzo de' Medici fece mattonare tutta a ilrada, che camma da S. Maria
alla porta d'Afcefi, che và a S.Prancefco, e parimente reilaurare le fonti,
Cofimo fuo Auolo haueua fatto fare in quel luogo. M i tornando alle imagini di
cera, fono di manod'Orfino nella desta Chiefa de'Serut tutte quelle, che nel foii'
do hanno per fegnp vn O. grande con vn R. denrroiii, δ£ vna Croce fopra. E tut-
te fono in modo belle,che pochi fono ftati poi,che l'habbiano paragonato. Queil'
arte ancora, che fi fia mantenuta viua infino a'rempi ηοίΐη, e nondimeno più to -
fio in declinatione, che altrimenti, ò perche fia mancata la diuotione, ò per altra
cagione, che fi fia. Ma per tornare al Verrocchio, e gli lauorò, oltre alle cole_j
dette, Crocifiilìi di legno, & alcune cofe di terra , nel che era eccellente, come fi
vide ne'modelli delle ilorie, che fece per l'Altare di S. Gio. & in alcuni putti bel-
hlTìmi, e in vna teiìadi S.Girolamo, cheè tenuta marauiglioia. Et anco di mano
del medefiino il pu todell'rnuolo di M^-rcatoNuouo ,che ha le braccia fchiodate
iti modo, che alzandole, fuona l'hore con vn martelb, che t;ene in mano. ti che
fu tenuto in que'tempi cola molta bella, e capncc ofa. E q leilo >1 fine fia della»»
vira d'Andrea Verrocchio Scultore eccellente. Fù ne'tempi d'Andrea Benedetto
Buglioni, il quale da vna donna, che vfcì di cafa Andrea della Robbia hebbe Π fS'
greto de gl'inuetriati di terra : onde fece di quella maniera moke opere in Firen-
ze, c fuori, e particolarmente nella Chiefa de' Serui vicino alla CapelU di S, Bar-
bara, yn Chrifto, che refufcita con certi Angeli, che per cofa di terra cotta inue-
triara è affai bell'opera. In S. Brancatio fece in vna Capella vn Chrifto morto .
E
Coprala porta principale della Chiefa di S. Pier maggiore il mezo tondo, che vi fi
Vede, Dopo Benedetto dmafe il fegreto a Santi Buglioni, che folo sà hoggi lauo-
rare di quefta forte Sculture. AN-

VfiiiVtÙÀi
fJlM»

Deeìinom*
Hmpi dtlP
Autore j m»
hor» diuerpt'
•mente , e tm
fià vile ma·
uiera fi pr atti*

figure belle
éi legni ^ e zìi
ttrm

Figura
Pfìeete/a d'Vìt^
trÌHnlo,

Staedetto
Slim eontem.
foraneo d'An'
^rea,

^'"i'oltit'la.
'ii terra

cotta
triata.

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vita di andrea mantEG. 3^3

VITA DI ANDREA MANTEGNA PITTOR Μ ANTO ANO. ^
VANTO poila il premio nel'a virtù,
colai, che opera Wr-
uoiamenre, & è in qualche parte
premiato, lo sà, percio-
che non fente ne difagio ne incommorfo, ne faticaquanclonc
afpctrahonore .eprem o. E cjieè p^ù ne diujene ogni jjior-
nopiùchiara, epìùilÌo/lre
eHa virtù. Bene e vero, ch^^j
non fempre fi trouachi la conofca, da prep, eia r muneri,

—---« comefn quella riconofciurad'Anfirea Manregna , Hq^g -

nacque d'humiìi/Iìm' ftirpe nel Contacio di Manroa : & ancora /che Jafani^
lo pafceiÌe gli arnienti, fii tanto) inalzato da!la forte, e dalla virtù , che rre "è
d'ker Caualier honorato, come ai Tuo luogo fi dirà Queft,·, eile Jo U
grandicello fii condotto nella Otta , doue attefc alla Pittura fotte Iacopo
Squtrcionc Pittore Padoano, il qu»i«, fecondo, che fcnue in vna iua «ρίΠο?*^

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-ocr page 482-

3 5?! SECONDA PARTE

latina M. Girolamo Cainpagnuola a M. Leotiico Timeo Filofofo \ greco, nella_i
quale gli dà notitia d'alcuni Pittori vecchi, che feruirono quei da Carrara Signo-
ri di Padoua > il quale Iacopo fe Io tirò in cafa » e poco appreflo, conofcituolo di
Aiiottsto dtt bello ingegno, Ce lo fece figliuolo adottiuo. E perche fi conofceualoSquar-
Impsrfiglim· cione non eiler il pai valente dipintore dei mondo» accioche Andrea impaiaise
più oltre j che non fapeua egli, lo efercitò afsai in cofe di gefso formate di ftatue
antiche,& in quadri di Pitture>che in tela fi fece venire di diuerfi-Juoghije parcicc-
larmente di Tofcana > e di Roma. Onde con qu^i fi fatti, & altri modi imparò
afsai Andrea nella fua gioaanezza. La concorren2kàncora di Marco Zoppo Bo«
Smì ttnar.. logneic > e di Dario da Treuifi > e di Nicolò Pizzolo Padoano j diicepoli del iuo
fimi ntll'ur· adottiuo padre, e maeftro , gli fìì di non picciolo aiuto, e (limolo all'imparai<_jj.
di dunque che hebbe fatta Andrea,allora» che non haueiiapiù che 17. anni

Iti 0" maggiore di S. Sofia di Padoa, la quale pare fatta da va vecchio

hmm$ co»fit^ San Chnftofanojche è nella Chiefa de'Frati Eremitani di Sant'Agoftino in Pa-

matt nt
froftfitnt.

eonptritlTtU benpratticoj e non da vngiouanetto, fu alloga-ο allo Squarcione la Capella, di
.pfly^. San Chnftofano >che è nella Chiefa de' Frati Eremitani di Sant' Agoftino in Pa-
mat» nella doa, la quale^gli diede a fare al detto Nicolò Pizzolo, & Andrea. Nicolò vi fece

vn Dio Padre, che iìede in maeftà in mezo a i Dottori della Chieia, che furono

fìoi tenute non manco buone Pitture > che quelle, che vi fece Andrea : E nel vero
e
Nicolò , che fece poche cofe , ma tutte buone, fi fufle dilettato delia Pittura»
quanto fece dall'arme, farebbe
ftato eccellente, e foife molto più vnuuo, che non
ίΜ^τΛ in w- fece, con ciò fufle, che ftando iempre in full armi, Se hauendo molli inimici, fà
n» Captlln vn giorno, che tornaua àz lauorare aifiontato, e morto a tradimento. Non la-
' a ΐΛ' {ciò altre opere, che io fappia Nicolò, fe non vn'altro Dio Padre nella Capella di
(opot tmtftra Vrbano Perfetto. Andrea dunque rimafoioìo fece nella detta Capella i quattro
pnmipy di Vangelifti, che furono tenuti molto belli. P^r quefta, δί altre opere, comincian-
grm riHfcm, do Andrea a efsere in grande afpertatione , & a fperarfi, che douefse riufcir^_j
quello, che riuicì, tenne modo Iacopo Bellino Pittore
Venetiano pad' e di Genti-
le, e diGiouanni, e concorrente dello Squarcione
, che efso Andrea tolfe per mo-
glievna fua figliuola, e forella di Gentile. Laqual cofaientendo lo Squarcicn
cmeia ttMM ^ fdegnò di maniera con Andrea,
che furono poi fempre nimici. E quanto lo
ffi. Li , il Squarcione per Tadietro haueua fempre lodate le cofe d'Andiea, altre tanto da
ν}Λφ9χ * in po' le biafimò fempre publicaraente, e fopra tutto biafimò fenza rifpet-

to le Pitture, che Andrea haueua fatte nella detta CapeUa di San Chriftofano, di-
cendo, che non
erano cofa buona, perche haueua nel farle imitato le cofe di mar-
mo antiche, dalle quali non fi può imparare la Pittura perfettamente, percioche i
failì hanno fempre la durezza concile loro, e non mai quella tenera dolcezza,
tLìpfenfionì di c^^e hanno le carni, eie colè naturali, che fi piegano, e fanno diuerfimouimenti:
Ucepo »llecen aggiugnendo, che Andrea harebbe fatto molto meglio que^le figure, e (arebbo-
jftd'Mdrga. no fiate più perfette fe hauefse fattole di color di marmo, e non di que' tanti co-
lori, percioche non haueuano, quelle Pitture fòilimiglianza di viui, ma di fl:acue
antiche di marmo, δ d'altre cofe fimili. Quefte cotah reprenfioni punfero l'ani-
mo d'Andrea ; ma dall' altro canto gli furono di molto giouamento
, perche cono-
ÌcejKlo,cheegIidiceuaingranpd-iC]lveiO, fi diede a ntrane perione viu^ a,

gtma-

mnu.

ς>α cui egli tanto acquiilo, che in vna iloria, che in detta Capella gli reftaua a far;

moftcò, che fapeua non meno cauare il buono delle cofe viue, e na.uraJi, che di
quelle tat^e dall' arte. Ma con tutto ciò hebbe fempre opinione Andrea, chc_j»

k ^ Ma.ι-^Α^·*·A Q» ^ ^/TT^ _ _'Λ. f. — t

le buone fi:acue antiche fuiTìno più perfette, & hauefiiìno più belle parti, chc_;>
non raoft"il naturale. Atteio, che quelli eccclientimaeftri
j feconcio, ch^^

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vita di andrea mantEG. 3^3

e'giudicaua : e gli pareua vedere in quelle ftatue , haueuano , dà moire perione o/Jeru*(i«-i'
viue canato tuc,ra la peifectione cie-ila natiua : la quale di rado in vn corpo folo fiatuc.-
. accozza , de accompagna inficine nuca la bellezza : onde è neceiÌario pigÌiame Λπΐίώί
da vao» vna parte , e da vn altro , vn'altra : &c oltre a queiìogli pareuano le fta-
tue più teriTiinace, e più tocche in sù muicoli, vene>nerui, & altre particelle: le
quali il naturale coprendo con la tenerezza,e morbidezza della carne,certe cru»
dezze.moftra tallita meno, (e^ià non falle, vn qualche corpo d'vn vecchio, ò
di molto eiteouato: i quali cqrpljperòiiono per altri nipetti da gli artefici fuggii
ti. E ài conofce , di quella ^ifiione efferiì molto comp aduto nell' opere fae :
nelle quali (ì vede in vero la maniera vn pochetto tagliènte , ε che tira talualta
3iù alla pietra,che alla carne viua, comunque fia; In quella vltima lloria la qaa^
e
piacque infinitamente, ritrafle Andrea lo Squarcione in vna figuraccia cor- f-®»·? ff^faui
paccmta con vna lancia, & con vna fpada in mano. Vi ritraflfe iimilmente No-
feri di M.Palla Strozzi Fiorentino, M.Girolamo dalla Valle,medico eccellentifs.
M.Bonifacio Fuzimeliga Dottor di leggi,Nicolò orefice di Papa Innocenzo Oc-
tauo, e Baldallarre da Leccio, fuoi amiciilìmi. I quali tutti fece veitici d'arme ---

bianche bruniti, e fplendide come le vere iono, e certo con bella maniera. Vi
ritraiTe anco M.Bonramino Caualiere, & vn certo Veicouo d'Vngheria huomo
{ciocco afLutO) il qilàte andana tutto giorno per Roma vagabondo, e poi la not-
te fi riduceuaa^ormire, come le beftie per le ilalle. Vi ritraiTe anco MarfiHo
che gli acqui'
Pazzo nella periona dei Carnefice, che taglia la tefìra aS.Iacopo,efimilmente fe fiano granm'^
fteiio . In fomma queiV opera gli acquifiò, per la bontà fua nome grand;ÌIìmo. me .
Dipinte anco, mentre faceua quefta Capella vna tauola , che fù pofta in S. lufti-
na air Aitar di S. Luci\ i E dopo lauorò a freico Γ arco , che
è (opra la porta di
S. Antonino , doue fcrìiie il nome fuo . Fece in Verona vna tauola per l'Altare
Suoi hmn
di S.Chriftofano, e di S.Antonio, & canto della piazza della Paglia fece alcu- diutrff^
ne figure . In S. Maria in organo a i Frati di Monte Oliueto fece la tauola dell'
Aitar maggiore, che è belliffima, e iìmilmente quella di S.Zeno, e frà l'altre co-
fe, ftando in Verona, lauorò, e mandò in diuerfi luoghi, e n'hebbe vno Abbate
della Badia in Fiefoli fuo amico, e parente, vn quadro nel quale è vna N.Donna
dal mezo in su col figliuolo in collo, & alcune reiìe d'Angeli, che cantano , fatti
con gratia mira^ Ifqual quadro è hoggi nella libreria di quel luogo,e fu te-
nuta allora, e fmpre poi come cofa rara. E perche haueua , mentre'dimorò
in pitture lodatt
Mantoa f^c/gran feruitiicon Lodouico Gonzaga Marchefe,quel Sig.che fem- nel Qafitllo ài
pre ftim^^ailai, e fauorì la virtù d'Andrea, gli fece dipingere il Caftello di Man- umm
toa,per Ìa Capella vna tauoletra,n2lla quale iono ftorie di figure nó molto gran-
di ,màbelÌiffime . Nel medefimo luogo fono molte figure, che fcortano al di-
rotto in sù, grandemente lodate: perche fe bene hebbe il modo del panneggiare
crudetto, e fottile, e la maniera alquanto fecca, vi fi vede nondimeno οψ^ cofa
fatta con molto artifitio,e diligenza.
Al medeiimo MarchefeApmfe nel Palaz-
zo di S. Sebaftiano in Mintoa in vna fala il tno"^ Celare,che ì:· la miglior co-

ìa ,che lauoraffe mai. In aueft'operai! vede con ordine bitiliiTimo fituato nel _ . . ,

trionfo la bellezza, e ornamento del carro ; colui j che vitupera il trionfante, i ?
parenti, i profumi, gl'incenh,! facrificij, i Sacerdoti, i tor: pel (acrificio coronat!, /ri

e' prigioni, le prede fatte da Soldati, 1 ordinanza delle fqaadre,i Leofanti,le ipo-
glie, le vittorie, e le citta,e le rocche,m vari) C3u-i,contrafatce con vna infinità ώ A^·
trofei in full'afte, & vane armi per tefta, e^per indollo, aceonciarure, ornamenti,
^ vafi infiniti: e ai la moltitudine de gU ipettatori vna donna,che hà per la ma«

D d d no

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5ί)4 SECO Ν D A Ρ A R Τ E

no va putto, al qual eflendoiì fiero vna fpinain vn piè > lo moftra» egli piangen-
do alla madrej con modo gratiofo» e molto naturale. Coilui» come potrei hauer
accennato akroue »hebbe in quella hiftoria vna bella > e buona auertenza ,che .
hauendo iìtuato il piano doue pofauano le figure , più alto j che la veduta dell*
occhio > fermò i piedi dinanzi in fui primo profilo, e linea del piano » facendo
sfuggire gli altri più a dentro di mano in mano, e perder della veduta de' piedi,
e gambe» quanto richiedeua la ragione della ve-^uta» e così déilc fpoglie» vaib&
altri iilrumenti, éc ornamenù: fece veder follia parte di fotto > e perder quella
di fopra» come di ragione
ài profpettiua fi conueliiua di fare, e quefto medefi-
mo oileruò con gran diligenza ancora Andrea de gl'impiccati, nel cenacolo» che
c nel refettorio di S. Maria Nuoua. Onde fi vede » che in quella età quelli va-
lenti huomini andarono fotcilmenre inueiligando> c con grande fludio imitando
la vera proprietà delle cofe naturali. Ec per dirlo in vna parola non porrebbe_i
tuttaqueila opera eiTere ne più bella, ne lauoraca meglio ; onde fe il Marchef·
amaua prima Andrea l'amò poi fetnpre» 8c honorò molto maggiormente. E che
è più egli ne venne in tal fama » che Papa Innocentio Vili, vdita l'eccellenza di
coflui nella Pittura,e l'altre buone qualità di che era marauigbofamente dotato,
Σ.'
fa.m,t»- mandò per lui. Accioche egli eilendo finita di fabricare la muraglia di Belile-
dal ^j^^g^ fi come faceua fare a molti altrijl'adornaiTe delle iue Pitture. Andato dun-
M^»hefe dì q^^g ^ Roma con molto eller fauoritc » e raccomandato dal Marchefe , che per
"i/Lanioa,.. maggiormence honorarlovfofece Caualierc,fù riceuuto amoreuolmente da quel
m^^^fiZ Ponrefice, ε datagli fubira a fare vna picciola Capella^chc è in detto luogo. La
naeetió Vili, qualc COR diligenza, e con amore lauorò così minutamente, che , e la volta, e le
mi fì belltift·. mura paiono più. toilo cofa miniata, che dipmtura : e le maggiori figure , che vi
■miìmsrc. ». fieno iono Copra l'Altare, le quali egli fece in frefco, come l'altre, c fono S.Gio.

che batrezza Chrifta, & intorno fono popoli,che fpogliandofi fanno fegnodt
volerli battezzare. E frà gli altri vi è vno, che volendofi cauare vna calza appic-
cata per li fudore alla gamba, ie la caua a rouericio attrauerfandola all'altro flin-
co,.con tanta forza, e difagio, che l'vna , e l'altra gli appare manifeilamente nel
vilo» la qual cofa capricciofa recò a chi la vide in quei tempi marauiglia. Dicefi,
che il detto Papa, per le moire occupationi,che haueua non daua cosi fpefto da-
nari al Mantegna, come egli harebbe bauucobjfogno,e che perciò nel dipigne-
re in quel lauoro alcune virtù di terretta ,frà l'airre vi fece la Difcretcione. Onde
andato vn giorno il Papa a vedere l'opra , dimandò Andrea , che figura
quella, a che rifpoÌe Andrea , ch'è la Difcrettione , foggiunfe il Pontefice , fe tù
drsA». vuoi che ella fia bene accompagnata,falle a canto la Pacienza. Inrefe il dipintore

quello,che perciò voleua dire il Santo Padre >e mai più fece motto. Finita l'o-
pera, il Papa con honoreuoli premi j, e molto fauore lo rimandò al Duca. Men-
§lmdrttta> trecche Andrea flette a lauorare in Roma , oltre la detta Capella , dipini e in vn
^fiiigimo » quadretto picciolo vna N.Donna col figliuolo in co!lo,che do^me, e nel campo»
che è vna montagna, fece dentro a certe grotte alcuni fcarpellini, che cauano
ρ erre per diuerfi lauori, tanto fottilmente, e con tanta pacienza , che non par
poflìbile,clieconvnafottil punta di pennello fi polla far tanto bene, il qual
quadro è hoggi apprelTo
lo Illuflnfs. Sig.Don Francefco Medici, Prencipe di Fi-
renze ,il quale lo tiene frà le
fue cofe cariiTtme. Nel nollro Libro è in vn me-
lìtftffvf # zo foglio reale vndifegnodi mano d'Andrea finito di chiaro fcuro , nel quale c
f'èi-rtt fcuro vna Iudith,che mette nella tafca d'vna iua Schiaua Mora la teftad'Olofernt.^»
'^^'sHijfm^ facco d vn chwo ίς«ο non più vfato, hauendo egli Ufciato il foglio bianco, che

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vita di andrea mantEG. 3^3

ferue per il lume delia biacca tanto nettamente, che vi fi veggono i capelli sfi-
lati, e l'altre fottigliezze,non meno,che fe fufscro ftati con moka diligenza fatti
dal pennello. Onde iì può in vn cerco modo chiamar quello più toflo opera co-
lorita, che carta difegnata. Si dilettò il medeiimo» Γι come fece i! Poliaiuolo ,
di
far Itampe di rame, e iràTaltre cofe fece i fuoi crionfì,e ne fii allora tenuto con- pece ffampe di
to, perche non iì era veduto meglio. E fràlVltimecoie > che fecefìi vna tauofa r^J^. *
di Pittura a S. M^m dellaAnttoria, Chiefa fabbricata con ordine , e difegno di
Andrea dal Marchefe Francefco^er la vittoria hauuta in (u! fiume del Taro^ef- iìi/,g„o d4L·
fendo egli Generale del Venetiani, contra a Francefì. Nella quale ta- chie/a

uola, che fùlauorata a tempera, e ρ 3fl:a all'Aitar maggiore, cdipinra la N.Don- , ó·

na coi putto a federe iopra vn piededalloiC da baiio fono S.Michelagnolo,S. An-, in

na, e Gioachino, che preientanc efso Marchefe, ritrarrò di naturale tanto bene, 'P'"» ^
che par viuo.ailaAiadonna,che gì-porge la mano. La qiule come piacque, c
piace a chiunque la vide» cosi fodisfece di maniera al March fe ,che eglilbcra'
liifìmamente premiò la virtù, e fatica d'Andrea > il quale potè, mediante l'efsere
flato riConoicuKo da i Principi di tucre le lue opere, cenere infino airvlumo ho-
noratamence ii grado di Cauailiere. Furono concorrenti d'Andrea , Lorenzo da
Lendinaraj.l quale fu tenèto in Padoua Pittore eccellente,e lauorò anco di terra
alcune cofe nella Chiefa di S. Antonio,& alcuni altri di non molto valore. Amò
«gli iempre Dario da Treuiiì je Marco Zoppo Bolognefe, per efierfi alleuato
con eiTo loro, fotte la difciplina dello Squaicione. Il qua! Marco fece in Padoua
ne'Frati Minori vna If'ggia, che ferue loro per capitolo, & in Pefaro vna tauola,
che è hoggi nella Chiefa nuoiia di S. Ciò. Euangeiiiìa ϊ e ritraile in vn quadro
Guido Baldo da Monte Feltro , quando era Capitano de'
Fiorentini. Fii iìmil-
mente am co del Mantegna Stefano Pittor Fenarefe , che fece poche cole , mà
Tagioneuoli. E di fua mano fi vede in Padoua l'ornamei-to dell'Arca di S. Anto-
nio, e la Vergine Maria , che fi chiama del Pilaif ro. Mà per tornare a elio An-
drea, egli murò in Mantoa, e dipmfe per vie fuo vna belliilìma cafa ,la quale iì mòrte*
godette mentre vifle. E finalmente d'anni
66. fi morì nel 1517. E con efequfe ^

honorate fù fèptjlco in S. Andrea , & alia fua fepoltura, fopra !a quale egli è ri-
tratto di bronzo, fìi porto quello epitaffio.

£ji/£ farem hmc noris, fi nonpraponis spelli,
jLt ne a
Μ ani in ea^ qui firn uLacra vides.

Fù Andrea di sì gentili, e lodeuoli coilumi in tutte le fue arcioni, che farà suoi cofluxm
iempre di lui memoria , noi) fole nella iua patria, mà in tutto il Mondo, onde MeaoU.
meritò efier daii'Anofto celebrato non meno per i fuoigentiliilìmi coftumi,che
per l'eccellenza delia Pittura, doue nel principio del
canto , annouerandoló cdelmu
irà i più illuftn Pittori de'tempi fuoi,dice,
 AM Αηοβο,

Leonardoy,Andrea Mantegna^ Gian Bellino.

Moih-Ò coitui con miPlior modo come nella Pirtura fi poteiTe fare gii icorci
delie figure al di fotto m sù, il che fù certo inuennone diHiCiie, e capricaofa,? fi
dilettò ancora, come
β c derro d'intagliare m rame le iìampe delle figure , che e Sua inuenfio··
commodità veramence f i^ciiiariffima , e mediante la qua e ha potuto vedere il ne degli icon^
Mondo non iolamenre la BacranerÌ3,Ia battagÌia de'Moftri maun!, il (icpoiìo di /otf»^"
Croce ,11 i^p^l inenro di Chrifto, la Reiìurrettione con Longino , e con S, An-
drea opere di elio Mantegna , mà le maniere ancora di tutti gli artefici, die fo-

FinedellavitadiJindreaMmiegnaTimreMmoaìio

Ddd ζ ' FI'

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4t 4 seconda parte

Y in queftimedefimi tempi in Firenze Pirrore dibelIiiUmc)
ingegno, e di vaghiffima inuenrione Filippo figliaolo di Fra
Filippo del Carmine > il quale ieguitando nella Pittura Iz^
veftigie del padre morto 5 fu tenuto, & amraaeftratojeiren-
do ancor giouanettOjda San-lro Botticelio, non oilante,che
il padre, venendo a morte lo raccomandalle a Fra
Diamante
^ fuo amiciffimo, e quafi fratello. Fu dunque di tanto ingc-
ΐϊΗ^ρ» gnoFilippo,ii disi copiofainuentione nella Pittura, e tanto bizzarro » e nuo·
>·« inuentions uo ne'iuoi ornamenti, che fù il primo , il quale i moderni moflrafle'' "Uouo
^^gH èiìbm, modo di variare gli habiti,
e che abbelliiTe ornatamente con verte antichi^
grmef. f'^'ccinte le fue figure. Fù primo ancora a dar luce alle
grottefche, che foniì-
che, gUno Taniiche, e k miCe in opera di tercetca » e coiorite m ft^gi, con più difc«

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vita di filippo lippi.

gno> e gratia) che gl'inanzi a lui fatto non haiieuano. Onde fù marauiglioia co-
ia a vedere gli firani capricci, che egli eipreile nella Pittura : E che è più, noii^
lauorò mai opera alcuna» nella qua e delle cofe antiche
di Roma, con gran ftu-
dio non fi feruiife, in vaiìi calzari, trofei, bandiere, cimieri, ornamenti
di Tem-
p/j,abbigliamenti 4i portature da capo, ftrane fogge da doilo, armature, fcimi-
carre, fpade, toghe, manti, de altre tante cofe diuerfe, e belle, che grandiffìmo, ^^^^^
e iempiterno oblilo fegh debile, per hauere egli in quella parte accrefciutiL^
Pitture.'
bellezza, ornamenti all' asre. "Coftui nella iua prima giouencù diede fine alla
Gapelia de' Brancacci, nel Caraiine in Firenze , cominciata ds Mafolino, e non L·
de ·
del tutto finita da Mafaccio per eiTerfi morto. Filippo dunque le diede di Tua caedinViren,
mano l'vltima perfetcione, e νi fece il refto dVna ftoria che mancaua, doite San l?·
Pietro, e Paolo niufcitano il Nipote dell'Imperatore. Nella figura del qiial fan-
ciullo ignudo ritraile Francefco GiranacclPittore allora giouanetto,e fimilmenre
M.Tomafo Sodetint Cauaaere,Pietro Ga cciardini padre di M. FrancefcOjcHe
hà fcritto le ftorie, Pietro del Paglieie, e Luigi Pulci poefa·, parimente Antonio
Pollaiuolo,e ie fteiTo così giouanecome era, il che non fece altrimenti nel reilo
Varìj rìtmti
della fua vita, onde non fi è potuto hauere il ritratto di lui d'età migliore. E di mturàltj
nella ftoria, che fegue ritraile Sandro Botcìcello filo maeilrojC molti altri amici, C/tptlm
c grand'huoraini, Et infra gU altri il Raggio fenfale, pecfona d' ngegno, e fpi-
ritofam "ȓto,quello che in vna conca condude di rilieuotutro l'Iafernodi Dan-
te, con tutti i cerchi,e partimenti delle bolgie,e del pozzo mifurati a punto tut.
. te le figure, e minucie ,cho da quel gran Poetafurono ingegnoiliTimimenre^^
imagiaate, e defcntce, che fù tenuta in qaefli tempi cofa marauiglioia. Dipinfe tumlii
poi a tempera nella Capelladi Francefco del PugUefe alle Campera , iaogode'
dtFirenm
Monaci di B^dia, raor di Firenze, in vna tauola vn S. Bernardo , al quale appari- '
ice la N. Donna con alcuni Angeli, mentre egli in vn bofco fcriue, la qua Pit-
tura m alcune cofe è tenuta mirabile, come in faffi, libri,herbe, e firn li cofe
,chc
dentro vi fece. Olcreche vi ritraile elio Francefco di naturale tanto bene ,che
non pare, che gli manchi fe non la parola . Oiieiìa tauo'a fù leuara di quel luo-
go, per l'alledio, e porta, per conferuarla nella Sagreftia della Badia di Firenze.
y^rU fut
In S.Spiritodella medefima Città lauorò in vna tauola la N. Donna, S.Martino» iirenxe,
S. Nicolò, e S. Caterina per Tanai de' Nerli. Et in S. Brancatio alla Capella de
Rucellaivna tauola,& in S.Raftgello vn Crocifiiio, e due figure /n Campo d'O-
ro. In S. Francefco fuor della porta a S. Miniato dinanzi alla Sagreflia fece vn
Dio Padre con molti fanciulli. Et al Palco luogo de'Frati del
Zoccolo fuor di
Prato, lauorò vna tauola. E nella terra fece nell'Vdienza de' Priori in vna
tauo-
letta molto lodata, la N. Donna, S.-Stefano, e S.Giouanni Batc/fta. In fui canto
al Mercatale pur di Prato, dirimpetto alle Monache di
S. Margherita , vicino a
certe fue cafe fece in vn Tabernacolo a frefco vna beiliilima N. Donna con vn , ^

choro di Serafini in Campo di Splendore. Et in queft'opera , frà l'altre cofe di-
moilrò arte, e bella auuerrenza in vn Serpente, che è fatto a S.Marghenta, tan-
to Urano, & hornbile ,che fa
conofcere doue habbia il veleno, il fiioco, e la_A
morte. Et in refto di tutta
l'opera è colorita con tanta freichezza , viuacità " ^

che menta per più eiTere lodato infinitamente. In Lucca lauorò parimente al- r ruita ^
■ cune cofe, e particolarmente nella Chiefa di S.Ponciano de'Frati di Monte Oli- '

lieto, vna tauola in vna Capella nel mezo della quale in vna nicchia è vn S An-
tonio belliflìmo di nlieuo di mano d'Andrea Sanfouino Scultore eccellentiiTi-
mD,Effendo
Filippo ricerco d'andare in Vngheria al Mattia,non volle andar-

/ '......■ ■ ~ Uiy '

Ojfemì le co/i
tfititki di Ko*
ν*Λper imita'

-ocr page 488-

398 seco ν d a ρ a r t e

Fà due fattole Ili > inà in quel cambio laiiorò m Firenze per quel Rè due tauole molto beile»
pel ni d vn- che gli iurono mandace» in vna delle quali rurafle quel Rè>iecondojche gli mo-
ghiria·^ ftra'.ono le medaglie. Mandò anco certi lauona Genoua > e fece a Bologna in
S.Domenico allato alla Capella dell' A itar maggiore a man finiftra in vna tauo-
Lamri'fuoi la vn S. Baftiano, che fù co(a degna di molta lode. A Tana,i de' Nerli fece vn*
Gen0ut(, eBe« ^Χΐϊλ tauola di S. Salaadore fuor di Firenze. Et a Pietro del Pugliefe amico fuo
icgna. lauoi ò vna ftoria di figure picciole condotte con t^nta artej e dihgenza j che vo-
lendone vn'akro Cittadino vna fimile, glie Ja dinega, dicendo effer impoffibile
farla. Dopo quefte opere iece pregato da Loritti^ vecchio de' Medici, pec
Oliiiieri Caraffa Cardinale Napolitano amico luo vna grandiilìraa opera in Ro-
ma» la doue andando perciò fare^pafsò come volle effb Lorenzo da Spoleto,pec
dar ordine di far fare a Fra Filippo iuo padre vna fepoltura di marmo a fpeie di
Sepohum di Lorenzo·, poiché non haueua potuto da gli Spolenni ottenere il corpo di quello
marmo dife- p^j condurlo a Firenze: E cosidifegnò Filippo la detta fepoltura con bel garbo»
da im £ Lorenzo in sù quei difegno la fece fare> come in altro luogo s'è detto, fontuo-
sn fi eti, ^^^ g jjgjj^ ^ Condottofi poi Filippo a Roma fece al detto Cardinale Car..)fFa nel-
la Chiefa della Minerua vna Capeila , nella quale dipinfe ftoriedella vira di San
Captila <i· Tomafo d'Aquino, & alcune poefie molto belle,che tutte furono da lui, il quale
tientiani inRo hebbe in quefto fempre propitia la natura,ingegnoiamente trouate. Vi fi vede
rn» pe'l Car· dunque, doue la Fede hàfatto prigione l'Infedeltà, rutti gli heretici> infedeli.
àmuleCar^- Similmente, fotto la Speranza è la Dfperatione, così vi fono molte ;Jtre virtù,
ntrna " ^^^^ ^^^^^ ^ contrario hanno foggiogato. In vna diipuca è S. To-

mafo in Catedra, che difende la Chieia da vna fcuola d'hererici, & hà fotto co-
me vinti Sabellio, Arrio, Auerroe, & altri tutti con gratiofi habici indoilo. Del-
la quale ilor.a, ne habbiamo di propria mano di Filippo nel noftro libro de' dife-
gnh il proprio, con alcuni altri del medeiìmo, fatti con tanta prattica , che non β
può migliorare. Euui anco quando, orando S.Tomafo, gii dice il CrociSiIo,£^·
ne fcripji/ìì de me Thoma, Se vn compagno di lui, che vdendo quel Crocifiifo
così parlate, (là ftupefitto, e quafi fuor di le. Nella cauola è la Vergine annun-
tiata da Gabriello > e nella faccia l'All'untione
di queila in Cielo, & i dodici Apo-
ftoli intorno al Sepolcro. La quale opera tutta fù, ed é tenuta molto eccellente9
nìtratte del e per iauoro in frefco, fatta perfettamente. Vi è ritratto di naturale il detto Oli"
Cardimi C/t- uicri Caraffa Cardinale, òi Vefvouo d'Hoilia, il quale fù in quella Capella iot-
raffa, terrato l'anno 1511. e dopo condotto a Napoli nei Pjfcopio .

Ritornavo Filippo in Firenze preie a tare conino commodo, e la comin-
ciò , la Capella di Filippo Strozzi vecchio in Santa Maria Nouella , mà faito il
Cuminci» in Cielo , gli bifognò tornare a Roma > doue fece per il detto Cardinale vnafepol-
y.
Maria No» tura di (lucchi, e di gefso in vno fpartimcnto della detta Chieia vna Capellina.-.»
nella la Crf· gij^to ^ qy^jj^, altre figure, dalle quali Raffàeliino del Garbo fuo difcepo-
^to^f^*^*^' Io ne lauorò alcune. Fù ftimata la fopradetta Capella da MaeftroLanzila-*
poi goPadoano, e da Antoniodetto Antoniafso Romano Pittori amendue de i

Roma pr ^r migliori, che fofseroallora in Roma, due mila ducati d'oro fenza le fpefc de
nueui Imorì gli azzurri, e de'garzoni. La quale fomma,ri{coisa, che hebbe Filippo, fenc--^
βί
fudetto tornò a Firenze, doue finì la detta Capella de gli Strozzi, la quale fù ranco
^arAin^le. bene condotta, e con tanta arte, e difegno, ch'ella fà marauigliare chiunque^.

Λ Jf la vede ,per la nouità varietà delle bizzane , cheviiono, huornini^fiTiaCi,
YaCapefp'^''^ remp!j>vafi .cimieri ,armadure ,trofei,afte,bandiere,
habiri .calzari, accon-
tmi/ciatV"' ciature di capo, veftj Saccidotali > e altre coie con tanto bel
taodo condotte^;»,

che

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vita di filippo lippi. 399

che merita grandiifirna commendatione. Ec in queila opera doiieèla refur Bellifimefis'^
rectione di Dmfiana per S.Glo.EuangeL·rta}fi vede mirabilmente eipreiTa !a ma-»·" Φ»
rauiglia, che fanno i circoftanti, nel vedere
vn'huomo rendere k vita a vna de-
fonta con vn iempbce ί egno di croce » e più che tutti gli altri iì marauigha νη_Λ
Sacerdote, ouero Filoioib , che > che hà vn vafo in mano veftito a!!' antica.
Parimente in quefta medefima (Iona fra molte donne dmeriamente abbigliate
fi vede vn putfo; che impaurito d'vn Cagnolino Spagnuolo,pezzato di roflo,che
l'hà prefo co'i denti per vna ^cia > ricorre intorno alla madre , & occultandoii
irà i panni di quella, paterii-fcsi non "leno tema d'eiler morfo dal cane, che fia la
madre (paueniata, e piena d'vn certo orrore per la refurrettione di Druiìana-j .
Apprello ciò, doue eiTo S. Giouanni bolle nell'olio, fi s'ede la collera del Giudi-
ce, che comanda, che il fuoco fi faccia maggiore, & il riuerberare delle fiamme
nel vifo di chi ioifia » e tutte le figure fono fatte con belle, e diuerfe attitudini.
Nell'altra faccia S.Filippo nei Temp o di Marte, che fà vfcire di fotte i'Altare il
Serpente, che vccide col puzzo il figliuolo del Rè. E doue in certe fcale finge •i'»!^»»® j/' t/a

il Retore la buca per la quale vfcì di fotto l'Altare il Serpente , vi dipinfe la voi-^/^^"""
tura a'vno fcaglione tanto bene,che volendo vna fera vno de'gatzoni di Filippo
riporre non φ che coia,a.cicche non fuiTe veduta da vno, che picchiaua per en- ΐ^^^βί

rv-iPi» ./-ΟΓΓ» ΛΠΤ -----■____________ -____-·____Γ-.·_____J^'S

trare jcorfe alla buca cosi in fretta, per appiataruela dentro, e ne rimafe ingan-^,»^,,
nato. Dimoftrò anco tanca arre Filippo nel Serpente, che il veleno,ilfecore, &
il fuoco pare più tofio naturalcsche dipinto. Et anco molto lodato la muentione
della ftona neii'eilere quel Santo Croofilio, perche egli s'unaginò, per quanto
fi conoice , che egli in terra fuiJe diftcfo in fulla Croce, e poi così tutto infieme
alzato» e tirato in alto per via di canapi, e funi, e di punregii ; le quali fani,c ca-
napi fonoauuolte a ceite anticaglie rotte,e pezzi di pilaflri, ik. imbafamenti, e
tirate da alcuni miniftri. Dall' altro lato regge il pelo della detta Croce, c del
Santo, che vi è fopra nudo, da vna banda vno con vna (cala, con la quale l'hà in-
forcata, e dall'altra vn'altro con vn puntel}o,fon:cnendo!a'iniìnoache due altri,
facto lieua a piè.del ceppo, e pedale d'eiTa Croce , và bilicando ij pefo, per met-
terla nella buca fatta in terra,doue haueua da ilare ritta, che più? Non è poiTibi-
ie, nè per muentione, nè per difegno, nè per quale fi voglia altra indufitia, ò ar-
tificio far meglio ·, Sonoui, oltre ciò, molte grottefche , & altre cole lauorate di
chiaro icuro iìmili al marmo, e fatte ftranamente con inuentionCsC difegno bel-
liflìmo. Fece anco a i Frati Scopenni a S. Donato fuor di Firenze, detto Scope-
τληοΙλλ Sa»
to, al prefente rouinato, in vna tauola i Magi, che ofTerifcono a Chnfto, finita 2>emio fmv
con molta diligenza, e vi ritraffe in figura d'vno Aftrologo, che hà it> mano vn At r$renie e§
quadrante Pier Francefco Vecchio de'Media, figliuolo di Lorenzo di Bicci,t_^ ZinJlZi"*
fimilmente padre del Sig.Gio. de* Medie, vn'altro Pier Francefco di
dìo Sig. "'''^»'·'*" ·
Giouanni fratello, & altri fegnalati perfonaggi, Sono in quell'opera Mori In-
diani, habiti ftranamente acconci , & vna capanna bizzarnillma. Al Poggio a
Calano cominciò per Lorenzo de' Medici vn Sacnhcio a frefco in vna loggia yl" fijctut^
che rimafe
imperfetto . E per le Monache di San Girolamo fopra la cofta a San
Giorgio in Firenze , cominciò-la cauola dell'Aitar maggiore, che dopo la morte - i·- '

iuafa da. Alonio Be rughetta Spagnuolo tirata affai bene innanzi, mà ooi finita
del tutto, eiTendo egli andato in Ifpagna, da al«i Pittori. Fece nel Palazzo della ΤΛΐ^ήίίί
Signoria la tauola della (ala, doue (tauano gli Otto di prattica,& ildifec^no d'vn'
tori,
altra tauola grande con 1 ornamento , per la fala del Configlio, ϋ qy^l difegno, Altre fueepe.
tnorendofi non comincio altramente a mettere in opera, ie bene fù intagliato remFirtnx.fi

' " """ l'oc-

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400 SECONDA PARTE

l'ornamcnco ii quale è hoggi apprefso Maefh'o Baccio Baldini Fiorentinó Fiiìco
eccellentiiilmo , òc aaiarore di tutce le virtù . Fece per la Chiefa della Badia di
Firenze vn S. Guolamo beliiffiiuo. Coannciò a 1 Fraci della Nunziata per Γ Ai-
tar maggiore j vn depoilo di Croce j e finì le figure dal mezo in sù folamence ,
perche'^iopragiunto da febie crudeliifi!-na> e da queUa Icrectezza d) gola »
voJgarmenrc fi chiama (primantia in pochi giorni iì mori di 4f. anni . Onde ef-
fendo Tempre itaco corceie, affabile, e gentile,fii pjanto da tutti.i,'cIoro,che l'ha-
ueuano conofciuto, e particolarmente dalla gioupìritù di quefta fua nobile Città»
che nelle fede publiche,maicherate, &c alai ipetfaeoli fi feruì ferapre con molta
fodisfatnone dell'ingegno, & inuentione di Filippo, che in così fatte coic non_j
hà hauuto pari. Anzi fù tale in tutte le Tue attioni, che ncoperfìe la macchia_a
(qualunque ella fi fia) lafciatagli dal padre, la ricopri dico , non pure con l'eccel-
lenza della fua arre, nella quale non fùne'luoi tempnnferioreanelsuno, mà
con viuere modeiT:o, e ciuile, e fopra tutto con l'efser cortefe , & amoreuole; la
qual virtù quanto habbia forza, e potere,in conciliarfi gli animi vniuerialinente
di tutte le peifone, coloro il fanno folamence, che l'hanno prouato, e prouano.
Hebbe Filippo da i figliuoli fuoi fepoirura

inS. MicheleBifdominia dì 15.d'A-
prile 1505. Ementrefi porcauaafepellire fi ferrarono tutte le botteghe nella
via de'Serui , come nell' efsequie de grandi hiiomini fi fuol fare alcuna volra__rf »
Furono difcepoli di Filippo, mà-non lo pareggiarono a gran pezzo, RafFaellino
del GarbO) che feccjcome fi dirà al luogo fuo , molte cofe » ie bene non confer-
mò l'opinione» e fperanza, che di lai fi hebbe, viuendo Filippo, & efsendo
efso
RafFaellino ancor giouanetto. E però non fempre fono i frutd fimili ai fiori,
che fi veggono nella Primauera. Nonriufcì anco molto valente Nicolò
Zoccolo, ò come altri lo chiamarono » Nicolò Cartoni ,il quale fù fì-'
milmente difcepolo di Filippo, e fece in Arezzo la facciata , che
è fopra l'Altare di S.Gio. Decollato, & in S. Agnefa vna.^
tauolinà afsai ben lauorata,e nella Badia di Santa Fio-
ra fopra vn Lauamini in vna rauola vn Chrifto »
che chiede bere alla Samaritana, e mol-
te altre opere , che per efsere ila.
te ordinarie, non fi
racconta·'
no.

δ(4Λ morte in
età frefta .
Suoi amai/ili
iojnmi»

Stpoltur» di
tilippo.

St40Ìdi/e*pili,
« giudim deh

fme della yita dì Filippo Lippivittor Fiorentino^

lER-

-ocr page 491-

vita del pintvricqhio. ^or

VITA DI BERNARDINO PINTVRTCCHIO PITTOR PERVGINO·
I come fono.n olci aiutan dalla fòrtun ■» fenza eiiere di moI~
Ca virrù dorati, così per io contrario fono infiniti quei vir-
tuofì, che eia contraria, e nimica fortuna fonoperfeguitati^'
Onde fi conofce aperramentejche ell'hà per figliuoli colo»
re, che ienza l'aiuto d'alcuna vii'tù dependono da lei, poi-
ché le piace.che dal iuo fauore fieno a cuniinalzatijche
per
via di meriti non farebbono mai conofciuti, il che fi vide
nel Pinturicchio da Perugia,il quale ancorché faCeiTe molti
lauorije fuiie aiutato da diuerfi ; hebbe nondimeno tiiel! ο inaggior
nome che le
lue opere
non meritarono. Tuttauia eglifùpe-fona, che ne'lauori orand: heb-
bemoira pracrica , e che tenne di continuo molr-lauoranii
nelle
Hauendo dunque coftui nella iua'prima giouanezza kiiorato moire cof^^

E e e con

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4t 4 seconda parte

nr titolo di da Perugia Tuo maeflro > tirancio il terzo di tutto il guadagno, che fi

Pietri Λλ Pc » da Fiancefco Pìccolomini Cardinale chiamato a Siena a dipignere ìa

tHgiA, libreria ftata fatta da Papa Pio IL nel Duomo di quella Città. Ma è ben vero »
uipigne U ehej;li fchizzi, & i cartoni di tutte le ftorie ^che egli vi fece, furono di mano di
ììhferi» del Rafacllo da Vrbfho allora gioui^etto » il quale era (tato fuo compagno > e con-
Duomo di sit' diièepoloappreiTo al detto Pietro, la maniera del quale haueua beniflTmoap-
»Λ còjchix^t pcefa il jgtto Rafaello, e di quefti cartoni ie ne vede ancor hoggi vno in Siena »
γηΐ»»* ft* ^ alcuni fchizzi ne (ono di man di Rafaello nel fioilro libro. Le florie dunque
ptl ί. j- qygf^Q lauoro, nel quale fù aiutato il Pinturicchio da molti garzoni, e lauoran-
ti tutti della Qrola di Pietro» furono diuife in dieci quadri. Nei primo c dipinta
. ^ quando detto Papa Pio Secondo nacque di Siluio Pìccolomini, e di Vittoria, e fù
^IT· dlf » l'hanno 1405. in Valdorcia nel Caftellodi Coifignano,che hog"

Ìltnmrn ' SI ^ chia na Pienza dal nome fuo, per eiTere ftata poi da lui edificata, e fatta Cit·
tà. f^rinqueiloquadroronoritratridinaturalei dcttoSi2uio,&Vittoria. Nel
medefimo è quando eoo Domenico Cardinale di Capranici paiTa l'alpe piena di
ghiacci > e di neue » per andare al Cencilio io Bafilea. Nel fecondo è quando
il Concilio manda eilo Enea in moke legationi , cioè in Argentina tre vo »
aTrehco »aCoftanza, a Francicordia , & in Sauoia. Ne la terza èl quando il
medc/tmo Enea è mandato oi-atore da Felice Antipapa a Fedediro Terzo Im-
peratore
r appreilo al quale fù di canto merito la deffrezza del^ ingegno » Γ elo-
quéza, e la giatia d'Enea,che da eiTo Federigo fìi coronato,comePòera di Lauro>
fatto Protonotario,riceuutofra gli amici fuoi»e fatto primo Segretario, Nei quar"
to è quando fit mandato da eiTo Federigo a Eugenio IV. dal quale fiì fatto VeP
couo di Triefte, e poi Arciuefcouo di Siena fua patria^NelIa quinta iioria è quà-
do il medeiìmo Imperatore volendo venire in Italia a pigliare la Corona deil' Im-
perio , manda Enea a Talarrtone porto de' Saneiì a rincontrare Leonora fua mo-
glie, che veniua di Portogallo. Nellafefta rn'Enea» mandatodal detto Impera-
tore a CaUfb Quarto » per indurlo a far guerra ai Turchi., Etinqnefla parte it
■vede» che il detto Pontefice, eiTendo trauagliata Siena dal Conte
di Pitcigliano» e
da altri pei colpa del Rè Alfoefo di Napoli, li manda a trattare la pace. La quale-
ottenuta ii difegna la guerra con gli Orientali, & egli tornato a Roma, è dal det-
so Pontefice fatto
Cardinale. Nella fettima, morto Califto, fi vede Enea eiTer
acato
Sommo Pontefice, e chiamato Pio IL Neirottaua và il Papa a Mantoua
al Concilio per la ipeditione contra i Turchi, doue Lodbuico Marchefe lo ri-
cette con apparato ipìendidiiTTmo y e magnificenza incredibile. Nella nona il
medefimo niente nel Catalogo de' Santi, e come fi dice », Canonizza Caterina-^
Sanefe Monaca, e S. Donna deli'ordine de' Frati Predicatori. Nella decima, &
trkiraa, preparando Papa Pio vn'armata groilìfTìma, con l'aiuto, efauoredi
tutti i Principi Chrirtiani contra i Turchi, fi muore in Ancona: <5cvn
Romito
(ÌeirHeremo di CamaMoli , fanto huomo vede Γ anima d'eiTo Pontefice in quel

funtofteiTo ,che muor.e,comeancofi:legge, eiTereda Angeli portatain Cielo,
topo fi vede nella medefimaftoria il corpo del medefimo eilere da Ancona por-
tEato a Roma con horreuole compagnia d'infiniti Signori, e Prelati » che pia""
gotto la nsorre di tanto huomoi e di fi raro, e fanto Pontefice. La
quale opera c
luita piena di ritratti dt naturale » che di tutti farebbe longa Itoria i nomi rac-
conrare· ^ ed è tutta colorita dì fini, & viuaciiìimi colorie fatta eoa var i j orna-
nrcnti dP orov e molto ben Gonfiderati fpactimenti nel Gelo .· E fotto ciafcuna
iloriacTn'Epitafiìoiacino> chcnarraqudio» che inefla ficontenga. Inque-

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vita del jpintvricchio, 405

fìa libreria fìi condotto dal detto Francefco Piccoìoraini Cardinale, e iuo nipote »
e meiìe in mczo della fìanza, le tré Gratie» che vi fono di marmo antiche, e bel-
liifime ·, le quali furono in que' tempi le prime anticaglie > che fuflono tenute in
n-egio . Non eilendo anco a fatica finita quella libreria , nella quale fono tutti i
ibn, che lafciò il detto Pio IL fù creato Papa
il detto Francefco Cardinale nipo-
te del detto Pontefice Pio II. che per memoria del Zio volle efler chiamato Pio
III. Il medeiì'mo Pinturicchiodipinfein vna grandiflìma ftoria-fopra la porra_^
della detta libreria, che rifponde in Duomo. grande
dico quanto tiene tutta la
facciata, la
foronatione di detto Papa Pio III. con molti ritratti di naturale,e foc-

io'vc fi leggono quefte parole. /

Tm in. senenfis,Tij II· "N^fos Μ,ΌΙΙΙ Septemhns XXL apertts elemsfuffra-
gijs, oBauo oSìobris Coronatus efl.

Hauendo il Pinturicchio lauorato in Roma al tempo <ii Piipa Sifto quando
ftaua có Pietro Perugino, haueua fatto feruitù có Domenico de!la Rouere Card. ^ viV^èie
di S.Clementejonde hauendo il detto Cardinale fttto in Borgo Vecchio vn mei- i^^omAdipin"

to bei palazzo, volle, che tutto lo dipigneiTe cflo Pinturicchio, e che facefle nella per erdine
facciata l'arme di Papa Siilo, tenuta da due putti. Fece il medefimo nel palazzo del cmtdinnU
di S. Apoitoio alcune cofe, per Sciarra Colonna. E non molto dopo, cioè l'anno di s, clemen·
1484. innocézoOctauoGenoueÌe gli fece dipignere alcune fale,e loggie nel pa.- _
lazzo di Beluedere,doue fra l'altre cofe, fi come volle elio Papa, dipinfe vna log-
già tutta di paefi, & vi ritraile Roma, Milano, Genoua, Firenze, Veneria, e Na-
poli alia maniera de' Fiamenghi, che come cofa infino allora non più viata, piac-
que aliai. E nel medefimo luogo dipinfe vna N. Donna a ftefco all'entrata del-
la porta principale. In S.Pietroalla Capella, doue è la iancia,che pafsò il coftato FtrlìiHetett^a
a Giesiì Chriilo dipinfe in vnatauola a tempera, per il detto Innocenzo VIII. la
VJJI,
N.Donna maggiorjche il viuo. E nella Chiefa di S.Maria del Popolo dipinfe due ^tf CapelU
Gape}le,vna peni detto Domenico della Rouere Cardinale di S. Clemente nel- Madon»
la quale fù po; fepoko,e l'altra a Innocézo Cibo Cardinale-, nella quale anch'egìi ^

fù poi iotterrato. Et in ciafcuna di dette Capelle ritraile i detti Cardinali, che le
fecero fare . Nel palazzo dei Papa dipinte alcune ftanze » che riipondono fopra
il corrile di S. Pietro, alle quali fono ftate pochi anni fono da Papa Pio IV, ritro- ^f'p^/^'f
uati i palchi,e le Pitture. Nel medefimo palazzo li fece dipignere Alefiandro VI. "p^p^/fj*
tutte le ftanze doue habitaua,e tutta la Torre Borgia, nella quale fece hiilorie »
dell' arti liberali in vna ftanza, e lauorò tutte le volte
di ilucchi, e d' oro, ma per-
che non haueuano il modo di fategli iiucchi in quella maniera,che fi fanno hog-
gi, fono i detti ornamenti per la maggior parte guafti. In detto palazzo ritraila
iopra la porta d'vna camera la Signora Giulia Farncfc nel volto dVna N.Donna,
e nel m.edefimo quadro la tefta d'elio Papa
Aleiiandro, ch^'adora. Vso molto
Bernardino di fare alle iue Pitture ornamenn di
rilieuo meifi d'oro, per lodisfa-
1 e
alle perfone, che poco di quell' arre mtendeuan^ accioche haueilono maggior Α^πβ deWarZ
l'ufiro , & veduta, il che è cofa groiHiÌìn^^ ' Pittura. Hauendo dunqu?_j UpmitHtKf^
fatto in
dette ftanze vna ftoria di Santa Catetina, figurò gli archi [di Roma di ri« ,
KeuG, e le figure dipinte, di modo, che eilendo inanzi le figure, e dietro i ca- ■ · '
famenti, vengono più inanzi le cofe, che diminuifcono ,che quelle, che fecon-
do rocchio, crefcotio, herefia grandiffima nella noftra arte. InCailello Sant'An-
gelo
dipinfe Infinite ftanze a grottefche, n^a rxl Torrione da baffo ndgi'ardi- LttuerimCa^
no, fece hiftorie di Papa Alefiandro, óc vi ruraiTe Ifabella ReginaCatrolicM» ^^^ s^m'Aì»-
>licoiò Orfino Conte di Pitigiiaao, Gian ìacomo Ttiuulzj, con molti altnpa- geh,

E e e 2. renti.

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404 S E C O Ν D A Ρ A R Τ E

parenti, Si amici di detto Papa, & in particòlore Celare Borgia » il fratello, e le
foreìle, e moki viutuoii di que' tempi. A Monte Oiiueto di Napoli alla Capel-
ladiPaoIoToIofaèdimano dcIPinturicchio vna tauol* d'vna AiTunta. Fecs
A Minte Olii coftui infinire altre opere per Ultra Italia, che per non edere inoko eccellenti,
Httt dtNspa» j· pratica, le porrò in fìlenzio. Vfaua dire il Pinturicchio s che il maggior ri-
' ' ]ieuo > che poiTa dare vn Pittore alle figure» era l'hauere da fé, fenza fspernCJ

grado a Principi, ò ad altri. Laiiorò anco in Perugia, ma poche còfe. In Arace-
li dipinfe la Capeila di S. Bernardino, & in S: Maria del Popolo, doue habbiani
detto» che fece e due Capelle » fece nella volta della Capeila mag^ore i quattro
ΤλμΙλ inSh., Dottori della Chiefa. EiTcndo poi all' età di 5 9. anni peruenuto gli fu dato a fa-
' re in S. Francefco di Siena ita vna rauola vna Natiuità di N. D. alla qua!' hauen-
do raeiTo mano, gli confcgnarono i Frati vna camera per fuo habitace > e glie Ist
diedero > fi come voile vacua » e fpedita dei tutto, faluo che d'vn caflonaccio
grande > & antico > e perche pareua loro troppo iconcio a tramutarlo. Ma Pintu-
CAtmtcmó- ilrano, e faniaftico huomo, che egli era» ne fece canto romore > c

f^dtlU ft» volte» che i Frati finalmente fi mifero per difperati a leuarlo via. E fù tan-r
mm, ϊίΐ la loro ventura, che nel canario fuori fi ruppe vn' aiTe nella quale erano cin-
quecentaducati d'oro di camera. Della qualcofa prcic Pinturicchio tanto di'·
fpiacerc^e tanto hebbe
a male il bene di que' poueci Frati» che più non fi potreb"
be penfare, e fe n'accorrò di maniera» non mai penfando ad altro > che di quello
. fi morì. Furono le ine Pittare cil-ca l'anno
1513. Fu fuocotnpagiìo,&amico,

^^ vecchio di lui Benedetto Biionfìglio Pittore Perugmo

rugim Fitti' "^olte cofe iauorò in Roma nel Palazzo del Papa con altri raaeftri. Et in Perù»
φτΐ, Ρ^ iua patria fece nella Capeila della Signoria hiitorie della vita di S. Hercolano
Vefcouo > e Protettore di quella Città > e nella medefima alcuni miracoli fatti da
S. Locfouico. In S. Domenico dipinfe in vna tauola a tempera la ftoria de' Ma-
gi, & in vn'^altra molti Santi. Nella Chiefa di S. Bernardino dipinfe vn Chrifto
in aria con eflfo S. Bernardino, & vn popolo da badò. In fomma fùcofiiui ftima-
to nella fua patria » inanzi che veniile in cognitione Pietro Perugino . Fù fimii-
fiienteamico di Pinturicxhio, e Iauorò aflai cofe con eflo lui Cerino Piftoiefe»
che ili tenuto diligente coloritore, de affai imitatore della maniera di Pietro Pe-
rugino » con il quale lauoràin fin preiTo alla morte : coftui
fece in Piiloia fua pa-
tria poche cofe. Ai Borgo S. Sepolcro fece in vna tauola à olio nella compagnia
dei buon Giesù vna Circoncifione, che è ragioneuole. Nella Piene del mea'efi-
STìo laoga dipinfe vm Capeila in frefco, & m fui Teuere per la ftrada » che va ad
Anghiari> fece vn'altra Capeila pitr a frefco>per la comunità. Et in quel mede··
mo luògo in San Lorenzo Badia di Monaci de Camaldoli fece vn' altra Capeila »
Mediante le quali opere fece cosi lunga ftanza al Borgo»
che quafi ie I* elefle per
patria.
Fù coftui perfooa meichina aelle cofe dell' arte > ducaua grandiifima fa·^
tiea nel lauorare» e penaua tanto a condurre vn' opera» che era vno ftento.

Fù ne' medefimi tempi eccellente Pittore nella Città di Fuligno Nicolò
-, Jì Alunno » perche non. fi codamando molto di colorire a olio inanzi a Pierro
Λ «»· Perugino > molti furono remiti valenti huomini , che
poi non riufcirono ♦
ffTutertì Nicolo dunquefodisfece affai ndl'opere fue» perche fe bene non Iauorò

Ijoa Λ tempera · perche feceiia alle ί ue figure tifte ritratte dal naturale > e che
parcuanoviue, piacque affai la fua maniera. In S. Agoftino di Fuligno è di fua
mana ir» vta tauola vna Naduità di Chrifto , & vna predella di figure pie*
φΙε. In Alcifi ί‫νΓ» ςςΜΐίΛΪοηβ> che ApocuapcocciTtone» nel Duomo la.

cauola

Io Perugia ^
la ^om^.

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VITA DEL PINTVRICCHio: ^^of

«auola dell'Aitar maggiore, & in S.Franccfco vn'altra tauola. Ma la miglior
Pittura, che mai lauorafleNiGolòfòvnaCapelk nel Duomo, doue fra l'altre
cofe vi è vna Pietà > e due Angeli, che tenendo due torcie piangono tanto
viuamente s che io giudico , che ogni altre Pittore, quanto fi voglia *
ecc. harebbe potuto far poco meglio . A S. Maria de gli Angeli "
in detto luogo dipinfe la facciata, e moire altre opere, delk
qlialj non accade far
mcntione,bafl:ando hauer tocche
le migliori^. Équeftofia il fine della vita di Pin,·^
turicchiOjiil quale fra l'altre cofe, fodisfcce, "
aliai
a moki Principi,e Signorij e per

che daua pieftol'opere finite, fi
come deiìderano, fe bene

per auuentura man·
; cobuone_,)j

che

chi le fa adagio, e coni
iiderataineo'

Fine della yìk di BmaHìno TmPmcchio T'itW |

rRAìNì

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390 s e c ο ν d a parte

VITA DI FRANCESCO FRANCIA BOLOGNESE, OREFICE,

E PITTORE.

RAKCESCO Ffancia,'il quale nacque in Bologna Tanna
1450.di peifoneartigane, maaiìaico-lumate, edabene,fii
pofto nelk fua prima fanctuliezza all'orefice: nelqualefer-
cicio adoperandoiì con ingegno, e ipinto, fi fece ? crefcen-
do di perfòna > e d'afpetto tanto ben proporcionato > e nella
conuerfadone, e nel parlare ranco dolce, e piaceuoie> che
hebbe forza di tenere allegra j efenza peniìen coi fuo ragio-
namento, qualunque fuiTe più malinconico, per Io che fu non iolaraenr<._;>
amaro da tutti coloro, che dilaihebbono cognitione, ma ancora da mole
Pn't^cjpiJ/aljani, ic altri Signori. Accendendo dunque, mencie ftaua ali' ore-

fìce

'P^mttjct
trancia nella

applicato λΙΙ"
dell'irti'

fe,

Shsì
piaceueti,

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VITA DI FRANCESCO FRANCIA. 407

fice al difegno> in quello tanto fi compiacque» che fuegliando l'ingegno a niag-
gior cofe , fece in quello grandiifimo profitto, come per molte cole JauGrat?_^ Jnmmfonti
<!' argento in Bologna Tua pàtria fi può vedere, e particolarmente m alcuni lauo«
ri di niello eccellentifljmi. Nella qual maniera di fare miie molte volte nelfo Ζ mi^lu Μ
fpatio di dna dita d'altezza, e poco più lungo » venti figurine proportionatiffi-
ine, e belle. Lauorò di fmalto ancora molte cofe d'argento, che andarono ma- ^n» »
le nella rouina> e cacciata de' Bentiuogli. E per dirlo in vna parola lauorò egli
qualunque cola può far qyell' arte meglio, che altri faceife giamai. Ma quello iimei,
di che egli fi dilettò fopramodo, Se in che fu eccellente fu il fare conij per me· «'«jf»* gtftl*
daghe , nel che fù ne' tempi fuoi fingolariÌTÌmo, coinè fi può vedere in alcuna,
i he ne fece doue è naturai ffima la teitadi Papa Giulio Secondo, che flettono a
paragone di quelle di CaradoiTo. Oltrache fece le medaglie dei Sig. Giouanr»
Bentiuogh, che par viuo , e d'infiniti Principi, i quali nel paflaggio di Bologna,
iifermauano, & egli faceua le medaglie ritratte in cera, e poi finite le madri de
tiitwtr*fit
coni), le m.andaua loro : di che oltra la immortalità della fama, traffeancoiaufc
preiemigrandiffimi. Tenne continuamente, mentre chee'viile la Zecca di' . ^
Bologna e fece le ftampe di tutti i conij per quella > nel tempo che i BentiuogU *
rcggeuano, e poiché fe n^1nda^-onG ancora mentre, che viiTe Papa Giulio, come
ne rendono chiarezza le monete, che il Papa gittò nella entrata fua, doue era da
vna banda la fua tefta naturale, e da l'altra quelle lettere
Bononiaper lulium a
Tyranum liberata
. E fù talmente tenuto eccellente in quello metliero,che du-
rò a far le ftampe delle monete fino al tempo di Papa Leone. E tanto fonoin^
pregio le impronre de' conij fuoi, che chi ne hà le ilima ranto,che per danari non
fe ne può hauere . Auenneche il Francia defiderofo di maggior gloi-ia, hauendo
conofciuto Andrea Mantegna, e moltialrnPittori, che Iiaueuano canato de k
loro arte,e facokà,& onori ·, deliberò prouare fe la Pittura gli riufciiTe nel colori-
to , hauendo egli fi fatto d legno, che e' poteua comparire largamente conquel-
li.Onde dato ordine a farne proua, fece alcuni ritratti, & altre cofe piccioie, te- S'φΐίάΛίίφ
nendo incafa moki mefi perfonedel meiliero,chegl' inregnaiIinoimodi,el'6r- Htm»t
^int delcolorire,duTianicrache egli, che haueuagiudicio moltobuoBO, vifcla

pratica prellamente, e la prima opera che egli faceife fù vna tauola non molto
grande a M.Bart.FeIifini,che la pofenella Mifericordia, Chiefa fuor di Bologna,
qual tauola e vna N, D. a leder (opra vna fedia con naolte altre figure,e co il det-
to M. Bart. ritratto dj naturale. Et è lauorata a olio cen grandiiTìma diligenza·
ì& Prìmefun tpt
quaropera da lui fatta l'anno
1490. Piacque talmente in Bologna, che M. Gio. ratìem Λ
Bentiuogli defideroio di onorar con l'opere di quefio nuouc
Pittore ia Capella ptfis

fua, in S.Iacopo di quella Città gli fece fare.fn vna tauola, vna N.Donna tn aria, Ckttfa
cdue figure per lato» con due Angioli da baiTo.cheiuonano. La quaì' operafià ^ifeti^
tanto ben condotta dal
Francia, che meritò da M. Giouanninltra Je lof?e,vn pre» di St,

fentehonoratiiTìmo. La onde incitato da quell'opera Monfignore de'Bentiuc-
gli» gU fece fare vna tauola per l'Aitar maggiore della Miiericoi dia, che fu mol-
te lodata ,dentrouila Natiuità di Chrifto ; doue oltre al difegno non è fe noiLj
bella rinuentione > & il colorito , non fono fe non lodeuol , Et in queft' opera " Ϊ S'
cÌL
fece Monfi^gnore ritrattodi naturafe, moltofimifc,per quanto dice eh- Io conob- JJ*"**^*^^
be, & in quello habiro ileflb r che egli veftito da pellegrino tornò di Terufalem- '
ine. Fece fimilmenre in vna tauola nella Chiefa della Nunziata fuor della pot-

Ja di San Mammolo, quando la Noffira Donna è Annunziata dall'Angelo, in-
fieme con due figure per lato, tenuta cofa molto ben lauorata . Mentre dunque

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408 S E C ο Μ D A PARTI

per l'opere del Francia era crefciuca la fama fua, deliberò egli fi come il lauora-
f ρ.ι.γ^. Γ® ΛΌ^'ο gii haaeua dato fama, & vcile, cosi[ di vedere fe il medefinio gli riufci·
àl'BStìHiii Huieua fatto M. Gioaanni BenciiiogU dipignere il
ìuq

htmimtUte, dmeriì maeiln> e Ferrareu, e di Bologna, & alcuni altri Modo-

nefi » ma vedute le proue del Francia a frefco, deliberò che egli vi faceiTe
ftoria, in vna facciata d'vna camera, doue egli habitaua per fuo vfo : nella quale
fece il Francia il Campo di Oloferne armato in diueriì guardie a piedi, & a caual-
io» che guardamano i padiglioni : e mentre, che efano,attentati ad altro, fi vede*·.
ua il fonolento Oloferne, prefo da vna femina foccinta in habito vedouile, la-·»
quale con la finiilra teneua i capelli iudati p er lo calore del vino, e del ionno,
c
con la delira vibraua il colpo , per vccidereii nemico ; mentre ?che vna ferua--9
vecchia con crefpe > & aria veramente da ferua fidatiifima, intenta ne gli occhi
della fua ludit per inanimirla, chinata gai con la perfona, teneiia baflfa vna fpor"
ta ρ per riceuete in eflfa il capo del fonacchiofo amante. Storia che fu delle pia
beile, e meglio condotte, che il Francia face ile mai. La quali andò per terta
nelle lOuine di quello edificio nella vfcKa de'Bentiuogii, iniìeme con vn* altra
ftoria fopra quella medefima camera, contrafatta di colore di b. onzo d" vna di-
fputadi Filolofi molto eccellentcmdnte lauorata , & efpreifoai il fuo concetto.
It'itutiMfrti ^^ quali opere furono cagione ,cheM.G ouanni, e quanti cran di quella caia ,
s Cttìw atnaflìno, & honoraflìno : e dopo loro, tutta quella Città . Fece ii-'Ila Capel-
li'" ' ' ladi S. Cecilia attaccata con la C li eili di S. Iacopo due (Ir,de, lauorate in frefco,
' in vna delle quali dipinfe quando la N. D. è fpofata da S. Giui eppj,e neu altra la

morte di S. Cecilia : tenuta cofa molto lodata da'Baiogne'i, e nel vero ii Fran-
cia prefe tanta pratica, e -tanto animo, nel veder camLiar α perfertione Γ opere,
che egli voleua,che lauorò moke coie, che io non ne mrò me ηοιΊα badandomi
moflrare a chi vorrà veder l'opere fue, folamence le più notabili, e le m ghori *
Ne per quello la Pittura gl'impedì mai,che egli non fegu tafie,e la zecca>e l'altre
Feu iti M- j^gHg medaglie, come e' faceua fino al principio. Hebbe.il Francia fecondo,
»ί , sht fi β grandiffimo difpiacere de la partita di M.Giouanni Bentiuogli,perche
r^ngmno » j^j^yg^dogh i&tti tanti benefici/gli dolfe infinitamente,;Tiapurecome fauio,eco-
ΜοΛίΛΛ. ftun^ato, che egli era attefe all' opere fue. Fece dopo la partita di quello, tré ta-
«ole,che andarono a Modena,in vna delle quali era quando S.Giou'anni battez-
za Chrifto, nell'altra vna Nunziata beiliffiraa,e nellVltima vna N. Donna in aria
con molte figure, la qual fù pofla nella Chieia de' Frati dell' Oiferuanza. Spar-
tafi dunque per cotante opere, la fama di così eccellente maeftrò faceuano
Citta a garra per hauer dell' opere iue. La onde fece egli in Parma ne' Monaci
lamiίη^ΛΨ jjgrj ^ji 5. Giouanni vna tauola con vn Chtiilo morto in grembo alla N. Donna,

iaRijj»»
ΙηοφΛΛ,

& intorno molte figurejtenuta vniuerfalmente cofa beli irimajperche trouandofi
feruiti i raedefimi frati operarono, eh' egli ne facefle vn' altra a Reggio di Lom»
bardia in vn luogo loro dou'egli fece vna Noitra Donna con molte figure. A
Cefena fece vn* altra tauola pure per la Chiefa di queili Monaci, e vi dipinfe la
Circoncifione di Chrifto colorita vagamente. Ne volfono hauere inuidia i Fer-
rarefi a gli altri circonuicini, anzi deliberai ornare delle fatiche del Francia il
loro Duomo., gli allogarono vna tauola, che vi fece sù vn gtan numero di figu-
re, e
la intitolarono, la tauola di Ognifanti, Fece in Bologna vna in S. Lorenzo,
con vna N. Donna, e due figure per banda, e due putti forco, moko lodata. Nè
Altr* fwei/ri- hebbeappena finirà quella, che gliconuenne farne vn' akra in S. Giobbe, con

β San Giobbe inginocchioiii a piè della Croce, e due figure da,

iati,

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VITA DI FRANCESCO FRANCIA. 40^

tatù Età tanto fparfa la fama, e l'opere di qnefto artefice per la Lombardia,che
mandato di ToiCana ancora peralcana cofa difuo,coraefùda Lucca,doue andò
vna tauola dcntroui
vna S. Anna, e la N. D. con mj^Iic altreigure , e fopra
Chriflo morto in grembo alia madre. La qùale opera
è pofta nella Chiefa di S.
Fridiano > & è tenuta da Lucbefi, cofa molto degna. Fece in Bologna per ìa^
Chiefa della Nunziata due altre rauole, che furon molto diligentemente lauor»^
te : E così fuor deHa porta a ftra Caftione,nella Mifericordia ne fece va'altra a re-,
quifitioned'vna Gentildonna de'Manzuoli . Nella qualèdipinfc la N. Donna
col figliuolo in
collo,S.Giorgio, S.Gio. Battifta, S.Srefano, e S. Agoftino con vn"
Angelo a piedi, che acne le mani giunti cÓ tanta gratia, che par proprio di Para-
diio. Neda
compagnia di S. Francefco nella medefima Città ne fece vn' altra, e
fimi'mente ma nella Compagnia di S, Girolamo. Hauem fua dimeftichezza M.
Polo Zàbeccaro,
e come amiciflìmo per ricordanza di lui, gli fece fare vn quadro
ailai grande, dentroui rna Natiuità di Chrifto, che c molto celebrata dellecofc s
che egli fece.E per quefta Cagione M.PoIogli fece dipigneredue figure in fcefco»
alla fua villa molto belle. Fece ancora in frefco vna ftoria molto leggiadra in ca-»
fa di
Girolamo Bolognino, con molte vane, e belliiTime figure ·, le quali opere
tutte iniìeme gli haueuano recato vna nvierenza in quella Città,che v'era tenu-
to come vn Dio. E quello che glie l'accrebbe in infinito, fù che il Duca d'Vrbi-
SAr/fg da C^s ·
no gli fece dipignere vn par di barde di cauallo, nelle quali fere vna felua graH- tinlli f>iÌ Ώη·
diiijmad'aiber!, che vi era appiccato il fuoco > e fuor di quella vfciua quantità
c»dtVrhmdi
grande di curri gli animali aerei, e terreflri, & alcune figure , cofa terribile , fpa- "fc*'
uentofa, e veramente bella , che fù ftiaiata aiTai. Per il tempo con fumatoui fo- '

pra nelle f iume de gli vccelii, e nelle altre forte d'animali cerrefìri,olerà le dmer-
iìti delle frondi» e ramidiuerfi , che nella varietà de gii alberi fivedeuano. La
qaale opera fii riconofciura con doni di gran valuta, per fatisfàre alle fatiche del

Francia : oltrache il Ducafempre gli hebbe obligo per le lodi, che egh ne riceuc.

II Duca Guido Baldo parimente bà nella fua Ciiardarobba di mano del niedefi-
mo in vn quadro Lacretia Romana da lui molto ftimata, c6 molte altre Pit-
ture, delle quah fi farà quando ila tempo mentione. Lauorò dopo quefte vna ta« sm msld
noia in S.Vitale,& Agricola, all'Altare della Madonna > che vi e dentro due An-
geli, che fuonano il leuto, molto belli. Non conterò già i quadri,che fono fpar- f'^i'. 'fn
fìperBolognaincafadique'Gentil'huomini, emeno lainfinità de'ritratn di' ' ' ^^
naturale, che egli tece, perche troppo farei proliiio. Bafti, che mentre, che egli ^ *
era in cotanta gloria
, e godeua in pace le fue fatiche ; era m Roma Rafaello da
Vrbino
,e rutto il giorno gli vemuano intorno molti foreiìieri, e fra gli altri molti
Gentil'huominiBolognefi per vedere!'
opere dj quello. E perche egliauuiene
il più delle volte, che ogn' vno loda volonticri gp ingegni da caia fua, comincia·»
rono quelli Bologneiì con Rafaello a lodare J'opere, la vita, e le virtù del Fran- nml-

cia : e così feciono rrà loro a parole tanta amic:tia, che il Francia, e Rafaello fi fa- per tette-
lutarono per ktrere. Et vdito il Francia tanta fama delle diume Pitture di utm Rafael'
facllo > defideraua veder l'opere fue : ma
già vecchio, & agiato, fi godeuala iùa-
Bologna . Auuenne appreifo, che Rafaello fece in Roma per il Cardinal de 3
Pucci Santi IIII. vna tauola di S.Ceciliajche fi haueua a mandare in Bologna pet
porfi in vna Capella m S.Ciouanni in monte, doue è la fepoltura della Beat;^ Eie-
na dall' olio : & incafiata, la dirizzò al Francia, che come amico, glie la doueilc
porre in full'Altare di quella Capella, cól'ornattentoicomel'haueua elio accon-
ciato. Il che hebbe niolio caro il Francia, per haucr agio di veder,fi
come haufa

Fff

h, th" tmm
ìimAf^

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4t 4 seconda parte

tanto denderato l'opere di Rafaello, Et hauendo aperta la lettera j che gli fcfi^
ueua IlaraeIIo> doae e' io pregaaa fe ci fuile neiTiin graffio, che e' l'acconciaiTè, e
fimiixnenEe conof cendoci alcuno errore^come amico, lo corceggeile» fece con^
allegrezza graiidiiTìnu> ad vn buon lume, trarre deila caiTa la decta taeola. Ma
ranco fit lo itupore ehe e* ne hebbc> e tanta grande la marauiglia : che conofcen-
doquì io error fuo > e la ftoira prefuntione, della folle credenza fiia ; fi accorò di
dolore» e ffeabreuiilìmotempo fe ne morì. Eralia tauola diRafaellodiuina? e
non dipinta, ma viua, e talmente ben farca ».e col©ri ta dz lui, che fra le belle > che
egli dipinfe>mcntre vide,ancoraché tutte fiano miracoiofe> ben poteiia chiamariì
rara.-La onde il Francia rnezo morto per il terrore,e per la bellezza della Pittura»
che era prefentea- gli occhi,
5c a parade di quelle » che intorno di fila mano fi
vsdeuaao, tiuro fmarritOi la fececon mligenza potre in S.GÌOiin monte a quella
Cape'la doae-doueua ilare , 6c entratofene fra pochi dì nel letto tutto fuori di fe
fteiso,parendoliciTer ritnafto qoafi nulla nell' arte »a petto a quello che egli ere»
deaa,Si che egli era tenuco>di dolore,e malinconiajco me alcuni credono ii morì >
efiendoii auuentito nel troppofiflamcte contemplare ia.viuiilìma Pittura di Ra-
faello j.quello ,.che ai Fiuiziao^nei vagheggiare la.fua.bclla raocte>.de iaquale e
fcntco qaefto epigramma^

/^e veram piB'or dminm mente recepii: ►
^d mota efi operit deinde perita manus
Bumqueopere infaUo defìgit lumina pi£ior

Intentus nimiiimr.pdlHit» & monturt
Vim igitur fum mors : non mortua mortis imago
si fungorquo^ mors fungitur officio..

Sfuptti^ dèlU
tgaaU di S.C*
tiii» fmo d*

tisfAflU, cné
gìtaò U murf*
^ Jprmii/iet

Tattaxioha dicono alcuni altri, che la morte fua;fò fi fubita, cheamolti fegni
apparì più tofto veleno, ò giocciola, cht altro . Fu-il Francia huomo fauio , e
regolaciilìmo del viuere, e di bnone fòrze.
e morto fii fepolto honoratamente
da i fuoi figliuoliin BolognaJ'anno 151

trimttttl 4λ>

Etne May ita di Οιτεβς€ j e Tittoye .·

PIE-

-ocr page 501-

vita di pietro per. 419

VITA DI PIETRO PERVGINO PITTORE.

I c|uanto beneficio fia a gì' ingegni alcuna volta Ja pcuerrl ι e
quanto ella fia potente cagione di fargli venir perfetti,
Se ec- ^eueffk | taì^
celienti in qual fi voglia faci Irà ; aflai chiaramente fi f uò ve- ktrafircnt al·
^ere nelle attiom di Pietro Perugino. Il qua! partitcfidak l'ecqmfiQdtl^
eftreme c Jamità di Perugia , e cordottofi
a Firenze : defi-1» "

liabito in quel ο ,ηείϊυηο alerò piacere conobbe, che di afiiitticarfi ierr;} /.«/fo Teru
m quell'arte, e iempre dipignere. Perche hai erdo lempie diranz: ì gii ce-
chi il terrore della fouertà, faceua cofe per f uaà gnare, che e' Ron hau I
i /««λ,
\ f fi λ

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4t 4 seconda parte

forfè guardatej fe haueiTe hauuto da manteneriì. E per auuentura canto gli Ra-
Mbbe la ricchezza chiufo i! camino da venire eccellente per la viltà: quanto
glie lo aperfe la pouertà, e ve Io fpronò il bifogno ·, defi Jerando venire da mife-
ro, e baffo grado, fe e' non poteua al fommo » e fupremo > ad vno almeno, doue
egli bauefle da foftentariì. Per quello non iì curò egli inai di freddo, di fame »
di diiàgio> d'incoraoditàjdì fàtica>nè di vcrgogna>per potere viuere vn giorno in
agio, e ripofo ·, Jicendo.iempre,e quafì in prouerbio, che dopo il cattino tempo,
è neceilàrio che e' venga il buono, e che quando, è bupn tempo iì fabbricano le
caie, per porerui ilare al coperto, quando e' bifogna. Ma perche meglio fi co-
nofca il progreilo di quello artetìce, cominciandomi dai iuo principio : dico, fe-
condo la publica fama > che nella Città di Perugia » nacque ad voa pouera perfo-
na da Cailello della Piene, detta Chriilofano,
vn figliuolo, che al bartefinio fu
chiamato Pietro ·, il quale allenato frà la miferia » e lo ilento, fu dato dal padre
per fattorino, a vn dipintore di Perugia : il quale non era molto valente in quel
meiliero, ma haucua in gran veneratione, e l'arte, e gli huomini, che in quella
cerano eccellenti. Ne mai con Pietro faceua altroché dire, di quanto guadagno,
& honore fuiÌe la Pittura, a chi ben la efercitaffe, e contandoli i prem j già dal-
li antichi, e de' moderni, confbrtaua Pietro a lo fludio di quella . Onde gli acce-
fe l'animo di maniera, che gli venne capriccio di volere ( fe la fortuna lo voleiTe
aiutare ) eiTere vno di quelli. E però fpeiTo vfaua di domandare qualunque co-
nofceua eilere (lato per lo Mondo, in che parte meglio fi facefleno gli huomini
di quel meiliero, e particolarmente il iuo maeilro. Il quale gli nfpofe feinpre
di vn medefimo tenore j cioè che in Firenze, più che akroue veniaano gli huo-
mini perfetti in tutte l* arti, e fpecialmente nella Pittura. Attefo che in quella
Città fono fpronati gli huomini da tré cofe, l'vna dai biafimare, che fanno mo!t:,
e molto, per far quell'aria gì' ingegni liberi di natura,e non contentarfi vniuer-
falmente dell' opere pur mediocri, ma fempre più ad honore del buono, e del
bello, che a rifpetto del facitore confiderarle. L'altra che a volerui viuere, bifo-
gna edere iivluflriofo » il che non vuole dire altro, che adoperare continuamen-
te l'ingegno, & il giudicio, & eiTere accorto, e predo nelle fue cofe, e finalmen-
te faper guadagnare, non hauendo Firenze paefe largo, & abbondante, di ma-
niera , che e' polìa dar le fpei e per poco a chi fi (là > come dcue fi troua del buo"
noaiTai. Laterza» che non può forfè manco deli* altre, è vna cupidità di glo-
ria,^ honore, che quell' aria genera grandiilima in quelli d'ogni perfettione, la
«jual in tutte le perione, che hanno fpirit©, non coniente, che gli huomini vegli-
no ilare al pari, non che reilare in dietro a che e' veggono e/Tere huominbeome
fono eilì, benche gli riconofchino per maeilri -, anzi gli sforza bene fpeiib a de·
iìderar tanto la propria grandezza, che fe non fono benigni di natura, ò faui,
riefcona mal Jicenti,ingrati, e fconoicenti de benefici). E beft vero> che quando
rhuamo vi hà imparato tanto che baili, volendo far altro che viuere, come gli
aniETìali giorno per giorno, e defiderando fàrfi ricco, bifogna partirfi di quiui, &
vender foora la bontà dell'opere fue, e la ripiitatione di etla Città ; come fanna
i Dottori quella del loro (Indio. Perche Firenze fa de gli artefici iuoi, quel che
il tempo
ie le fue cofe, che fatte, ie le disfa, e fe le contuma a poco a poco. Da
quelli auuifi dunque, c dalle periuafioni di molti altri mofso, venne Pietro irLj
Firenze con animo di farfi eccellente, e bene gli venne fatto , conciofiache al
fito tempo le cofe della maniera fua furono tenute in pregio grandiflìmo.
Studiòfotto la 4ifciplina d'Atsdrea Vorrocchio, « le p^irae fue figure furo-
no

ToleràefHÌtti·
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^iplin*

-ocr page 503-

vita di pietro per. 419

fio fuor della porta a Prato in S. Martino alle Monache, hoggi rumato pei ]ς_;> .

guerre. Et in Camaldoli vnS. Girolamo in muro allora molto ftiraato da Fio- J^J/g^r
rentini > e con lode meiTo inanzi per hauer fatto quei fanto vecchio inagro, & l- *

afdurro con gii occhi Fio nel CrocafiiTo, e tanto confun.ato, che pare vna no-
tomia, come fi può vedere in vno canato da quello .che ha il sia detto Bartolo- jUfre/i ne
meo Gondi. Venne dunque in pochi anni in tanto credito, che de l'opere fue fperferomvA·
s'emp.è non iolo Firenze , & L alia, ma la Francia, la Spagna, e molti altri pae- ryp»ef,,anché
fu doue elle furono mand^e. La onde tenute le cofe fue in riputatione, e pre- f^or
ΛΊιΦλ,
gOgrandiiTimo, cominciarono i Mei'Gann a fare incetta di quelle, & a man-
darle fuori in diuerfi paefi, cor; molto loro vtile, e guadagno. Lauorò alle don-
ne di S.Ch'ara in vna tauola vn Chrifto morto, con fi vago colorito, e nuouo, e
c'^e
i<cc evedere a gli artefici ά' hauere a eiTere marauigliofo,& eccellente. Veg- J""*"*
gonfi in quella opera alcune belliffime teile di vecchi » e fimilmente certe Ma-
rie, che reftate di piagnere, confiderano il mortocon arnmirationes& amerei
ftraordm.irio ·, oltreché vi fece vn paefe, che fù tenuto allora belliflfimo, per non
fi efser ancora veduto il vero modo di fargli, come fi è veduto poi. Dicefi, che
Franceico del Pugliefe voile dare alle dette Monache tre volte tanti danari,
quanti elle haueuano pagato a Pietro, e farne far loro vno fimile a quella di ma-
no propria del medefimo,e che elle non vollono acconfentirejperche Pietro dif-i
fe» che non credeua poter quella paragonare. Erano anco fuor della porta a ì^e'Chfniii
Pinti nel Conuento de'Frati Giefuati molte cofe di man di Pietro, ma perch?^ « fi^i"*
hoggi la detta Cbiefa, e Conuento fono rou η iti, non voglio, che mi paia fatica» . ,
con quella occaiìone, prima, che io più oltre in quella
ν ta proceda- dirne alcu- if CHefa de»
ne poche cofe. Quella Chiefd
dunque, la quale architettura d'Antonio di i»

Giorgio da Settignano, era longa braccia quaranta, e larga venti. A fommo, per *

quanto fcaglioni, onero gradi li fahua a vn piano di braccia fei, iopra il qual era
l'Aitar maggiore con molti ornamenti di pietre intagliate. E fopra il detto Altare
era polla con ricco ornamento vna tauola, come fi è detto, di tmno di Domenico
Ghirlandaio. A mezo laChiefa era vn tràmezo di muro, con vna porta trafora-
la dal mezo in
,la quale metteuanó in mezo due Altadjfopra ciaicono de qua-
li era, come fi^ dirà, vna tauola di mano di Pietro Perugino, e fopra la detta porta
«ra vn belhflìmo CrocifiiTo di mano di Benedetto da Maiano, meiTo in mezo da
vna N. Donna, & vn S. Giouanni di rilieao, e dinanzi al detto piano dell'Alta-
re maggiore appoggiandofi, a detto tramezo, era vn coro di legname di
noce » e
d'ordine Dorico molto ben lauorato, e fopra la porta principale della Chiefa era
vn'altro coro, che poiana
fopra vn legno armato , e di fotte faceua palco ,ouero
foffi;ato con belhffìmo fpartimento,
e con vn* orcfine di halàuftri, che faceva^
fponrfa al dinanzi del coro, cheguardaua
verfo l'Aitar maggiore. Il qua! coro
era molto commodo per l'hore della notte a i Frati di quel Conuento,e per fare
loro particolari orationi, c fimdmente per i giorni fenati. Sopra la porta princi-
pale della Chieia ,che era fatta con beli flìpi ornamenti di pietra haucuavn
portico dinanzi in fulle colonne , che copriua in fi η fopra la porta del Conuetn o »
era in vn mezo tondo vn
San Giufto Vefccuo in mezo s due Angeli, di mano di

Gherardo miniatore, molto bello. E Ciò perche la detta Chiefa era intitolata a

detto S. Giulio, e la entro fi ferbauada que'Frati vna reliquia i cicèvnbrac·
ciò di eflo Santo. All' entrare di quel Conuento era vn picciol Chioftio di gran-
^ezza appunto quanto la Chiefa, cioè lungo braccia quaranta , e largo
venti,gli j.J^"''"'^"'
«chi,
β volte del quale, che girauano intorno poiaua iopra colonne Λ pie-

tra>

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4t 4 seconda parte

ira > c le fàceiiano viia fpaciofa, e moke comraoda loggia intorno incor fio '» Nel
inezo del cortile di queft^ «hioUro > .che era tutto pulicamente ? e di piec re qaa-
«ke lailricato» era vn belliilìrao
pozzo con vna loggia fopra » che pofaua fimil··.
mente fopra colonne di pietra, e faccua ricco > e bello ornameato. Et in quefto
chioftro era il capitolo de' Frati la porta del fianco, che entraua in Chiefa» e
fcale> che falinano di fopra al dormentorio» & altre ftanze a commodo de' Frati.
Di là da qaefto chioftro a dirittura della porca principale del Conucnto era vn'
andito lungo quanto il capitolo) e lacaraarlingheria» e che rifpondeua in vn'altro
chioftro maggiore » e più bello, che il primo. E tutta queila dirittura t cioè le
40. braccia della loggia dehprimo chioilro > l'andito, e quella del fecondo face-
uanovnrinfcontrolunghiflliino > e bello quanto più non fi può dite , eiTendo
maifimamente fuor del detto vkirao chìoftco t e nella raedefima dirittura vna_i·'
viottola dell' orto lun^a bi'accia dugento.

E tutto ciò veuédoii dalla ρηηοΐραΐ porta dei Cóuento faceua vna veduta ma^
fauigliofa. Nel detto fecondo chioflro era vn refettorio lungo braccia ieiTanta, e
largo 18. có tutte quelle accomodate ilanze, e come dicono i Frati oflitcinerf:he a
vn fi fatto cóuento Γι richiedeuono. Di fopra era vn dormétorio a guiia di T. vna
parte del quale, cioè la principale , e diritta, la quale era braccia 60« era doppia »
cioè haueua le celle da ciafcun lato» &intefta in vno fpacio di quindici braccia
Vn'oratorio, fopra l'Altare del quale era vna rauola di mano di Pietro Perugino»
e fopra la porca di eifo oratorio era vn' altra opera in frefco» come fi diradi mano
dei medehmo, Se al medefimo pianoj cioè fopra il capitolo era vna ftanza grade,
doue iìauano que'padri a fare le iìneilre di vetro® con
i forneIli>& altri commodf»
che a cotale efercitio erano neceiIarjj.E perché men re viiTe Pietro» egli fece loro
per molte opere i cartoni, furono i lauorischc fecero al Tuo ten-φο tutti eccellen-
su L'orto poi di quefto Conuento era tanto belloie tanto ben tenutole con tanto
ordine le viti intorno al chioflro, e percutto accommodatei» che intorno a Firen-
ze non fi poteua veder meglio. Similmente la lìanza doue ftillauano, fecondo il ,
coilume loco, acque odorifere, e cofe medicinali haueua tutti quelli agi,che più,
e naigliori fi poflono imaginare. In fomma quel Gonuento era de' belli » e bene
accommodati, che fuifero nello ftato di Firenze : e però hò voluto farne queila
memoria t e maifimamente eilendo di mano del noiìro Pietro Perugino la mag-,
gior parte delle Pitture, che vi erano. Ai qual Pietro tornando horamai dico, che
dell' opere, che fece in decto Conuento, non fi fono conferuate fe non le tauole »
perche quelle lauorate a frefco furono per lo ailediodi Firenze iniìeme con tutta
quella fabbrica gettate per rerra,e le tauole portate alla porta a S.Pier Gattolini,
doue a i detti Frati fu dato luogo nella Chiefa,e Coi^uento di S. Giouannino. Le
due tauole adunque, che erano nei
fopradeci ο traroezo erano di man di Pietro,
& in vna era vn Chrtfto nell' orto, e gli Apoiloiijche dormono, ne' quali moftrò
Pietro quanto vaglia il fonno contra gii
affao i , e difpiaceri, hauendoU figurati
dormire in attitudini molto agiate. E nell'altra fece vna Pietà, cioè Cbrifto in
grembo alla N. Donna con quattro figure intorno non men buone, che l'altre
della maniera fiia, e fra l'altre cofe fece il detto Chriilo morto così
intirizzato,
come fc e' fufle fiato tanto in croi e, che lo (patio, & il freddo l'haueiiìno ridot" '
focosi, onde lo fece reggere a Giouanni, &: alla Maddalena a tutti afflitti, e
piangenti. Lauorò in vn' altra tauola vn Grocifiifo con la Maddalena,
He a i pie- ;
di S. Girolamo, S. Gio. Battifta, & il Beato Giouanni Colombini, fondatore di
quella Religione con infinita diligenza · Quelle tre tauole hanno patito af-
fai »

Xttlla demi/i·
t
'wnt di ep$
Chiefu^eCstim
utnte, ferire-
ao i t^mrì »
frifi,.

Tamlt di

f tetro tr»f^of'
t»t* nìU<ì una'

ne de' Frati
Qh/usti,

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vita di pietko τηκ. ^ji

fai, e fono per tutto nclh fcuri, e doue fono l'ombre crcpate ·, e ciò auuiene, per-
che quando fi lauora il primo colore, che fi pone fopra la mcftica ( perciochetre
mani di colori fi danno Γ vn fopra l'altro ) non è ben fecco ; onde
poi col temp©
nello feccarfi tirano per lagroffezza loro, e vengono ad hauer forza di fare que'
crepati. Il che Pietro
non potette concfcere, perche a punto ne'tempi fuoi fi
cominciò a colorire bene a olio. EiTendo dunque da i Fiorentini molto comcn-
date l'opere di Pietro, vn Priore del medefimo Conuento de i Giefuati, che fi di-
kttaua dell'arte , gli fece fare in vn muro del primo chioftro vna Natiuità co i vg^fltrìe
Magi di minuta maniera, che fò da lui con vaghezza, e pulitezza grande a per· ntl Jm fkit^
fetto fine condotta r doue era vn numero infinito di tefte variate, e ritratti di na- /iw »
turale non pochi, fra i quali era la tefta d'Andrea del Verrocchio iuo maeftro.
Nel medefimo cortile fece vn fsegio fopra gii archi d^elle colonne, con tèftc^
quanto il viuo, molto bcn condotte : delle quali era vna quella del detto priore
tanto viua, e di buona maniera lauorata,· che fù giudicata da pcritiflìmi artefici la
miglior cofa, che mai faceffe Pietro, al quale Ei fatto fare nell'altro chioftro fo«i
^ra la porta, che andana in refettorio vna ftoria » quando Papa Bonifacio confer-
ma Γ habico al Beato Giouatini Colombino? nella quale ritraile otto di detti Fra·
ri, ^ vi fece vna profpettiua belliillma, che sfuggitìa, la quale fu molto lodata, e
meritamente, perche ne faceua Pietro profeflìone particolare. Sotto a quefta
in vn'altra ftoria csfminciaua la Natiuità di Chriilo con alcuni Angeli,e Paftoti »
lauorata con frefch filmo colorito, e fopra la porta del detto oratorio fece io-·
vn' arco tre meze figure, la N. Donna,S^ Girolamo, & il Beato Giouanni, con-^
fi bella maniera, che fu ftimata delle migliori opere, che mai Pietro lauoraffe in
muro . Era fecondo, che io vdy già raccontare , d detto Priore molto ecc. in fare
gh azzurri okramarini, e però hauendone copia voliè, che Pietro in tutte le fo'
pradette opere ne mettefle affai : Ma era nonduneno fi mifero, e sfiducciato, che
non fi fidando di Pietro,vokua fempre efier prefence quando egli azzurro nel la-
noro adoperaua. Laonde Pietro liquaie era di natura intero, e da bene, e non ^^^^g ^
defideraua quel d'altri, fe non mediante le fue fatiche, haueua per male la diffi-
ttetroperria·
denza di quel Priore,onde pensò di farnelo vergognare,e :osi prefa vna catinella frettare ai
d'acqua, impGfl:o,che haueua,© panni, ò al·ro,che voleua fere di azzurro,e bian- ■Ρ"'"''
co, faceua di mano in mano al Priore, che con miferia tornaua al facchetto, met- diptif^V ·
fere l'oltramarino nell' albarell©, doue era acqua ftemperata ; dopo comincian-
dolo a mettere in opera, a ogni due penriellate Pietro riiciaquaua il pennello nel-
la catinella, onde era più quello,che nell'acqua rimaneue^che quello che egli ha-
ueua meiTo in opera. Et il Priore^ehe fi vedeua votar il iacchetto,& il lauoro non
comparire » fpeflb fpeflo diceua , ο quanto olrramanno coniuina quefta calcina ·
Voi vedete,rifpondeua Pietro. Ùopo partito il Priore, Pietro cauaua l'oltramari-
no, che era nel fondo della catinella , e quello quando gli patue tempo rendendo -
ai Priore, gli difle padre quefto è vofl-TO, imparate a fidarui de gli huomini da be-
ne, che non ingannano mai, chi fi fida,ma fi bene fa( rebboro, quando voleff no,
ingannare gli sfidueciari, rome voi fere. Per quef e dunque, & altre molte ope-
■ Perla f»ma
re venne in taBta fama Pietro, che fu quafi sforzato a andare a Siena » doue in^, Mquifiet^jc*
S. FranccfcG dipinfe vna raiiola grande , che fu tenuta belliffìma, & in S?nro ^LTumT*
Agoftinonedipinfevn'altrodentroui vn Crocifiilo con alcuni Santi.
Έ. fcco sien»,
dopo queftot^a Firenze nella Chiefa di S- Callo fece viia tauola di S. Girolamo in yj iresferi-·
penitenza ,-ehc He ggi in San làcero trà ff βί, doue detti Frati din orano vicini ^tyevt fk ima·
m canto de gh AlbeitiFò iauogli allogatione d'vn Ghiifto n:orro con S. Gio·

uanni,^

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4ΐέ S e e ο Ν D A PARTE

uanni > e k Madoiiaa fopra ie fcale delh porca del fianco di S. Pier Maggiore : é
Altri fuoila, maniera, che fendo (lato all' acqua » & al veato s'è conferuato coti

mei tiFtrtn· frefckezza, come ie pur bora dalla mano di Pietro foisc finito. Certanien-
^g. ' te 1 colori furono dalla intelligenza di Pietro conoibiuct > e cosi il ftefco comc_^

l'olio j -onde obìigo gli hanno tutti i periti artefici» che per fuo mezo hanno co»
goitione de' lumi, che per ie fue opere fi veggono. In Sanca Croce in detta Cit-
tà fece'vna Pietà col Chrifto morto in collo » e due figure > che danno marauiglia
««> ^ ^^ bontà di quelle, ma il Ìuo manteiieiu si vma · e nuoua di colori »

SitiAte tn i". ftefco. Gli fù allogato di Bernerdino de* Roilì Gictadin Fjoiennno vn

€i», S. Sebaftiano per raandario inirancia > e furono d'accordo del prezzo in cento

icudi d'oro: la quale opera fii venduta da Bernardino al Re di Francia quatrio-
I>ipi»fe»VAl'· cento ducati d'oro. A Valle Ombrofa dipi/ìfc vna rauola per lo Aitar maggio-
tOmbrofft. re > c nella Cectoia di Pauia lauorò fimilmcnte vna rauoii a que' Frati. Dipinfc
%A Pmuia, al Cardinal Caraffa di Napoh nelle Pifcopio ah' Aitar maggiore, vna AfTuntione
^ίΐφΐί. di N. Donna, e gli Apoftoli ammiratiintornoal fcpolctO, & all'Abbate Simo-
AlBirgù
9, ne de'' Gratiani al Borgo i S. Sepolcro vna rauoia grande, la quale fece in Firen»
. ze^ che fii portata in S. Giiio del Borgo fulle fpalle de'facchini con fpefa gran-
s'oìq'^^m*'* · a.Dologna a S. Giouanni in monte vna tauola con alcune figu-

tc di BohenT ^^ ' ^ Madonna in aria ·, perche talmente fi fparfe la fama di Pietro pec
Lfnurìtiirù e fuori, chee'fi^i da 5ιΓτοΙΙΠ, Pontefice
con moicafua gloria condotto a

sefcin^m** Roma a lauorare nella Capella in compagnia de gli altri artefici eccellenti : do-
* uefece ia itoria
di Chriftoj quando dà e ehiaui a S. Pietro, in compagnia di Don
Bartolomeo della Gatta Abbate di S. Clemente in Arezzo : e iìmilmentela Na-
tiiiità, & il Battefirao
di Chdfto, «Se il nafcimenro di Mose» quando dalla figliuo-
la di Faraone è ripefcato nella cefteila · E nella medeiìma faccia, doueèl'AÌt'a-
re, fece la tauola in muro con l'AiTunrione della Madonna , doue inginocchioni
ritraile Papa Siilo. Ma quelle opere furono mandate a terra per fare la facciata
del giudicio del diuin Michel Agnolo a tempo di Papa Paolo III. Lauorò vna_^
volta in torre Borgia nel palazzo del Papa con alcune ftorie di Chriilo, e foglia'·
mi di chiaro (curo, i quali hebbero al fuo tempo nome (Iraordinario di eiTere ec-
cellenti . In Roma medefimamente in S. Marco
fece vna ftoria di due Martiri
allato al Sacramento opera delle buone, che egli faceiFe in Roma, Fece ancora
nel palazzo di S. Apoitolo per Sciarra Colonna vna loggia, & altre ftanzc. Le
Τΰ^Λ Λ
jp«f- quali opere gli mifero ìp mano grandiiTima quantità di danari : La onde rifoluto·
ftqi», jiianonftarc piùmRomss partitofeae con buon fatiore di tutta la corte, aPe-
rugia Àia patria fe ne cornò ; & in molti luoghi della Città fini tauole, e lauori a
frelco, e particolarmente in palazzo vna tauola a olio nella Capeila de' S gnori,
JieuefÀ v/trìe dentroui a N. Donna, & airri Santi. A S. Francefco del Monte dipinfe
fpert, Capellc a irefco, in vno la ftoria de' Magi, che vanno a offerire a Chnfto, e nel·»
l'altra il martirio d'alcuni Frati di S. Francefco i quali andando al So'dano in Ba-
bilonia , furono vccifi. In S. Francefco del Conuento dipinfe fimiÌm'ente a olia
due tauole, in vna la ReiUrrettione di Chrillo, nell'altra S. Gio. Battifta, & altri
Santi, Nella Chiefa de'Serui fece parimente due tauole,in vna la Trasfigu:atio-r
' ne del N. Signore, e nell' altra, che è a canto alla fagreilia, la ftoria de' Mag., ma
perche quelle nó fono di quella bòncà, che fono l'altre cofe di Pietro, fi tien per
fermo,ch'eile fiano delle prime opere, che ficeile. In S.Lorenzo Duomo delliuj
niedefima Città
è di mano di Pietro nella Capelia del Crociiiilo la N. Donna, S.
Gio. e l'altre Marie,S.Lorenzo,S.Iacopo,& altii Santi. Dipinfe ancora all'Altare

del

ΦηλΛΪ» dt'

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vita di pietro per. 419

iel Saa-amcnto» douc fìà riporto l'anello, con che fu fpofata la Veroine
io fpofalitio di ciTa Vergine. Dopo fece a frefco tutta l'vdienza
del Cambi
nel paramento della volta i fette Pianeti,tirati (opra certi carri da dmerfi anin
li, fecondo Tvfo vecchio» e nella facciata quando
fi entra dirimpetto alla porta']*
Natiuirà} è la Refurrcttione di Chrifto : & in vna tauola vn S. Giouanni Battifta
in mezo a certi altri Santi. Nelle facciate poi dalle bande dipinfe, fecondo
maniera iua Fabio Maffimo, Socrate, Numa Pompilio,F. Camillo, Pitagora ,
Traiano, L. Sicinio, Leonida Spartane, Oratio Code, Fabio> Sempronio, P»ri«
de Ateniefe, e Cincinnato. Ne i' altra facciata fece le Sibille, i Profeti iiaia,
Moife, Daniel, Dauid, Icremia, Saiamone, Eritea, Libica, Tiburtina, Delfica,
c
l'altre. E fotto ciafcuna delle dette figure fece a vfo di motti in fcrittura alcune
coie, che diflero, le quali fono a propofito di quel luogo, Et in vno ornamento
fece il fuo ritratto, che pare viuiflìmo, fcnuendoui iotto il nome fuo in quefto
modo
TeÌruj Terufintis Egregius TiBor : Terdita fìfuerat spingendo hic retulis
artem. si
nmquam inuenta εβη ha^tenus ipfe dedit, ^nnoD.iico. Óuefta

opera, che fù beiJiffima, e lodata pjù, che alcun'altra, che da Pietro fuÌieiÌ^ Pe,

utgia lauorata, è hoggi da gli huomini di quella Città, per memoria d'vn sì Io·
dato artefice della patria loro tenuta in pregio. Fece poi il medefìmo nella Chie-
fa
di S. Agoftino alla Capella maggiore in vna tauola grande Ifolata, « con ricco
ornamento intorno, ne la parte dinanzi S. Giouanni, che battezza Chrifto, e
di dietro, cioè dalla banda, che rifponde in coro la Nàtiuità di eilo Chrifto, nelle
tefte alcuni S^nri, e nel
a predella molte ftorie di figure picciole con molta dili^
gcnza. Et in detta Chiefa fece per M. Benedetto Calera vna tauola alla Capti-
la
di S. Nicolò. Dopo tornato a Firenze, fece a i Monaci di Ceftello in vna g
fauola S. Bernardo, e nel Capitolo vn Crodfi/Io, la N. Donna, S. Benedetto, S.
Bernardo, e S. Giouanni. Et in S. Domenico da Fiefole nella feconda Capella
a
man ritta vna tauola, dentroui la N. Donna con f rè figure, fra le quali vnS,
Baftiano è lodatiffimo ; Haueua Pietro tanto lauorato,
e tanto gli abbondaua^
fempreda lauorare, chee" metteuainoperabene ipeiTolemedeiìme cofe. Et
era talmente la dottrina dell' arte firn ridotta a maniera, ehV faceua a tutte le
figure vn'ariamedefima.
Perche eflendo venuto già Michele Agnolo Buona·»
roti al
fuo tempo, deiìderaua grandemente Pietro, vedere le figure di quello,
per lo grido, che gli dauano gli artefici. Et vedendoiì .occultare la grandezza f**
di quel nome, che con fi gran principio per tutto haueua acquiftato, cercaua^
I JiJk
molto con mordaci parole, offendere quelli, che operauano. E per quefto me- f
rito oltre alcune brutture
fattegli da gli artefici, che Michel Agnolo in publico '
gli diceire,ch'era gofìo nell'arie. Ma nó potendo Pietro come portare tanta infa-
mia, ne furono al magiflrato degli otto tutti due, doue ne
rimafe Pietro con aiTai
pocohonore. In tantoi
Fratide'Serui di Firenze hauendo volontà dihauere
la tavola dello Aitar maggiore, che fu iTe fatta da perfona/amofa , & hauendola )
mediante Ja partita di Leonardo da Vinci, che (e ne era ito in Francia, renduta
Λ Filippino,eg}] quando
fiebbe fatto la metà d'vna di due rauole, che v' andana-
no, pafsò
di quefta all'altra vita j onde ί Frati per la fede, che haueuano iri
Pietro,
gli-feciono aliogatione di tutto il lauoro. Haueua Filippino · r^u»^^»^ -
quella
tauola doue egli faceua Chrifto depofto di Croce.i Nicodemu ct li Zt Jrl
pongono, ePietiOfeguitò di fotto lo fuenimento della N.
Donna,&airi F
tre figure . E percheandauanoin quefta cpera due tauole, che ì'v,,^ uf,
in
vcrfoii coro de· Frati, e l'altra in vcrfo il Corpo della Cl^icfa: dietrollcoro

fiha·

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4t 4 seconda parte

fi haueaa porre il dipoilo di Croce, e dinanzi rAfluntione di N. Donna, ma Pie'
tro la fece tanto ordinaria, che fu nieiTo il Chrifto depoilo dinanzi, & l'Ailun-
tione dalla banda del coro. E quefte hoggi per metterai il Tabernacolo del
Sacramento fono ftate Γ vna, e l'altra leuate via, e per la Chiefa raeiTe fopra-»
certi altri Altari e rimafo in quell' opera folamente fei quadri, doue fono alcuni
Santi dipinti da Pietro in certe nicchie. Diceiì » che quando detta opera iì
(co*

{)erfe fu da tutti i nuoui artefici aiìai biaiimata, e particolarmente > perche fi era
'ietro feruito di quelle figure, che altre volte era v^ato mettere in opera, doue
tentandolo gli amici fuoidiceuano,che affaticato non s'era, eche haueua trala-
fciaco il buon modo dell' operare , ò per auarida > ò per non perder tempo. A i
quali Pietro rifpondeua > io hò meflo in opera le figure altre volte lodare da voi »
e che vi ibno infinitamente piaciute. Se hora vi difpiacciono > e non le lodate *
che ne poiTo io ? Ma coloro afpramente con fonecti, e publiche villanie lo faet-
tauano.. Onde egli già vecchio partitofì da Firenze, e tornatofi a Perugia con-
dùiTealcuni lauori'a frefco nella ChiefadiS. Seuero Moiiaftcriodell'Ordine di
Camaldoii» nel qual luogo haueua Raffaello da Vrbino giouanetto > e ino difce-
polo fatto alcune figurejconae nella fua vita fi dirà. Lauorò fimilmente al Mon-
tone, alle Fratte, Se in molti altri luoghi del contado di PerugiasC particolarmen-
te in Afcifi a S. Maria de gli Angeli, doue a frefco fece nel muro dietro alla Ca·
pella della Madonna, che rifponde nel coro de'
Frati, vn Chriilo in Croce con_j
molte figure. E nella Chiefa di S. Pietro» Badie de' Monaci neri in Perugia, di-
pinft all'Altare maggiore in vna tauola grande rAfcenfione, con gli Apertoli a
bailo > che guardano ver/o il Cielo. Nella predella della quale tauola iono tré
ftorie, con molta diligenza lauorate, cioè ì Magi, il Battefirno, e la Refurrecno»
ne di Ghrifto. La quale tutta opera fi vede piena di belle fatiche, intanto ch'eil'c
ià migliore di quelle, che fono in Perugia di man di Pietro lauorate a olio. Co-
minciò il medefimo vn lauoro a frefco di non poca inportanza a Cafteilo della
Pieue, ma non io finì. Soleua Pietro, fi come quello, che di neifuno fi ndaua,
neir andare, tornare dal detto Cafteilo a
Perugia, portare quanti danari haueua
iempre addoilo : perche alcuni, afpettandolo a vn palfo Io rubarono, ma racco·
mandandofi egli molto gli lafciarono la vita per Dio. E dopo, adoperando mezi,
& amici, che pur n' haueua affai, riebbe anco gran parte de' detti danari, che gli
erano (lati tolti : ma nondimeno fù per dolore vicino a morirfi
. Fù Pietro per-
iona di affai poca Religione, e non fe gli potè mai far credere l'immortalità dell'
anima. Anzi con parole accomodate al iuo ceruello di perfido, oftinaciffima-
mence ricusò ogni buona via. Haueua ogni fua fperanza ne' beni della fortuna,
e per danari harebbe fatto ogni male contrarto. Guadagnò molte ricchezze, &
in Firenze murò, e comprò caie,& in Perugia, & a Cartello della Pieue acqaiftò
molti beni. Tolfe per moglie vna belliilìma giouane, e n' hebbe figliuoli, e fi
dilettò tanto, che ella pottaile leggiadre acconciature, e fuori, & in cafa, che fi
dice > che egli fpede volte l'acconciaua di iua mano-. Finalmente venuto Pietro
in vecchiezza d'anni 78. finì il corfo della vita fua nel Cartello della Pieue, do-
ue fù hmoratamente fepolto l'anno 1514.

Fece Ρ erro molti maeftri di quella maniera, & vno fra gli altri, che fù ve-
ramente eccellentiifimo
, il quale datofi tutto a gli honorati ftudi della Pit-
tura pafsò di gran lunga il maeilro. E quello fù u miracolofo Raffaello San·
tic da Vrbiao, il qua
e molti anni lauorò con Pietro in compagnia di Giouan-
aide Santi ftto padre· Fùancodifcepolo di coftui il Pmturicchia, PitrorPe·

tugino

Σ tu rìp0rtf

Igum •fref-
e» i» Ptmgt»,
tntlt»m»it.
'nAfctfi,

iUttifi Λ olio
in S, Pietre di
ferngi* riu·
feittciptrfst·
Mnt feprnV »t
infHfptrt^j

CàStimì di
Tittr»» ,

Sumrti^

J

-ocr page 509-

vita di pietro per. 419

ragino il quale, come fi è detto nella vita fua, tenne fempre la maniera Pietro.
Fù iìmilmente fuo difcepolo Roceo Zoppo,Pittor Fiorentino, di mano del qua- ρ'Φ^*
ic ha in vn tondo vna N. Donna molto bella, Filippo Saluiati, ma è vero, eh' el- '
la fu finita del tutto da elio Pietro. Lauorò il meciefimo Rocco molti quadri di
Madonne, e fece molti ritratti, de' quali non fa bifogno ragionare ; diro bene .
che ritraile in Roma nella Capella di Siilo, Girolamo Riario, e F. Pietro Cardi-
cale di S. SiftoFù anco difcepolo di Pietro il Montcuarchi,che in S. Giouanni
di Valdarno dipinfe motte opere, e particolarmenre nella Madonna » l'hiftorie
del miracolo del latte. Ldiciò ancora molte opere in Monte Varchi fua patria .
Imparò parimente da Pictro>e (lette aflai tempo feco. Cerino da Piftoia.dcl qua-
le η è ragionato nel/a vita del Pinturicchio : e così anco Bàccio Vbertino Fioren-
tino ,il quale fu diligenciifirao > cosi nel colorito ,come nel difegno, onde molto
fe ne ierui Pietro. Di mano di coftui é nelrvoftro libro vn difegno d'vn Chrifto
battuto alla colonna, fatto di penna, che è cbfa molto \aga .

Di querto Baccio fù fratello, e fimilmente difcepolo dì Pietro Francefco »che
fù per fopranome detto il Bacchiacca, il quale fià diligenciifimo maeftro di figu-
re piccioie, come fi può vedere in molte opere ftate da lui lauorate in Firenze, e
Hiaflìmamente in caia Gic. Maria Benintendi, & in cafa Pier Francefco Bor-
ghermì. Dilcttoifi d Bacchiacca di far giotcefchc j onde al Sig. Duca Cofitro
lece vno ftudiolo pieno d'animali, e
q' herbe rare ritratte dalle naturali,che fono
tenute beliiiiìme, oltre ciò fece i cartóni per molti panni d'Arezzo, che poi fu·
cono teiTuti di fera da maeftro Giouanni Rofto Fiamingo, per le ftanze del Pa-
lazzo di S.E. Fù ancora difcepolo di Pietro, Giouanni Spagnuolo, detto per fo-
pranome lo Spagna, il quale colorì meglio, che neilun' altro di coloro, che la-
fciò Pietro dopo la tua motte . lì quale Giouanni, dopo Pietro fi farebbe fermo
in Perugia, fe l'inuidia de 1 Pittori di quella Città, troppo nimici de' foreftieri »
non
ì' haueiiìno perfeguitato di forre, che gli fù forza ritirarfi in Spoleto. Doue
per la bontà , Se virtù fua iù datogli donna di buon fangue, e fatto di quella pà-
tria Cittadino. Nel qual luogo fece molte opere, e fimilmente in tutte l'altre
Città dell'Vmbria, &inAfcifi dipinfe la tauola della Capella di Santa Cateri^
na nella Ghie fa di fotto S. Francefco per il Cardinale Egidio Spagnuoìo, e pari-
mente vna in San Damiano. In Santa Maria de gli Angeli dipinfe nella Capella
piccioia, doue morì S. Francefco, alcune meze figure grandi quanto il natura'
le, cioè alcuni compagni di San Francelco, & altri Santi molto vmaci, iquali
mettono in mezo vn San Francefco di rilieuo. Ma
fra detti difcepoli di Pietro
miglior maeftri di tutti fù Andrea Luigi d'Afcifi ch:amato l'Ingegno, il qualc_;>
nella fua prima giouanezza concorfe con RafFaello da Vrhmo fo· to la difcipli-
na di eilb Pietro, il quale l'adeperò fempre nelle più unporcanti Pitture » <^he fa-
ceffe, come fù nel!' vdienza del cambio di Perugia, doue fono di fua mano figu·
re belhifime, in quelle che lauorò in Afcifi, e finalmente a Roma nella Capf Ile
diPapaSiito. Nelle
qual tutte opere diede Andrea tal faggio di ie, che fiaC^
pettaua, che douefle di grap lunga trapaifare il iuo maeftro : e certo così fareb-
be ilato, ma la fortuna, clie quafi fempre a gli alti principi) volontien s'oppone »
noh laiciò venire a perfettione l'ingegno ; percioche cadendogli vn trabocco di
icefa
ne gli occhi, li raifcro ne diuenne , con infinito dol· re di chiunque lo co-
nobbe , cieco del tatto. Il qual cafo, digniiTì mo di compafiTione, vdendo Papa
Sifto (comequello,che amò fempre i virtuofi ) ordinò, che in Afcifi gli fu(Ic_^
ogni anno, durante la vita di cflb Andrea, pagata vna prouifione > da chi là ma-

Ggg 2 aeg"

-ocr page 510-

4ì.o s e c ο ν d A ρ a r τ e

neggiaual'cntrate. E così fu fatto infino a che egli fi morì d'anni ottantafei.

Furono medefiinaraence diic^oli di Pietro» e Perugini anch' eglino> Eufebio
S-Giorgio» che dipinfe in S.Agoitino la tauola de' Magi j Domenico di Parisjche
fece molte opere lu Perugia » de attorno per le Cartella. fcguitato da Orario Tuo
fratello ; parimente Gian Nicola, che in S.Francefco dipinfe in vna tauola Chri-
fto nell'orto> e la tauola d' Ognifantiin S. Domenico alla Capella de' Baglioni >
e
nella Capella del Cambio iltorie di S. Giouanni Battifta in frefco. Benedetta
Caporali altriraence Bitti fii auch* egli dilcepolo di Pietro, e di ί ua mano fono in
Perugia fua patria moke Picture. E nell'Architettura s'eiercitò di maniera» che
non folo fece molte opere» ma comentò Vitruuio in quel modo » che può vede-
re ogni ν no eflfendo ftampato> nei quali (ludi j lofeguitò Giulio fuo figliuolo
Pittore Perugino. ManeiTuno di tanti difcepoli paragonò mai la diligenza di
Pietro > ne ìa gracia » che hebbe nel colorire in quella fua maniera la quale tanto
piacque ai iuo tempo» che vennero molti di Francia» di Spagna > d'Alemagna « e
d'altre jjrouincie per impararla. E dell' opere fue fi fece come fi è detto
- inercatia da molti»che le mandarono in diuerfi luoghi,inanzi» che ve-
niiTe la maniera di Michelagnolo, la quale hauendo moftro k
vera,
e buona via a quefte arti, Γ hà condotte a quella per»
fettione,che nella terza feguente parte fi vedrà ·, Nel-
la quale fi tratterà dell'eccellenza, e perfectio-
" ne dell'arte,
e fi. moftrerà a gli arcefici, che
chilauora» efi:udiacontinuamente»
e non a ghiribizzi» ò a capricci j
lafciaopc-

re

efiftcquifta nome. facuUà»
& Amici.

'ξίη§ della yita di Tietro Tert^gino Vittore,

VIT^

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vita di vittore scarpaccia. '411

VITA DI VITTORE SCARPACCIA, ET ALTRI PITTORI
VENETIANI » E lOMBARDI.

G LI iì ccnofce eiprci^amente, che qnanrio alcuni cÌe' no-
iln artefici
cominciano in vna qualche prouincia > che dope
ne fcguono tnoiti ? l'vn dopo Γ altro, e moire volte ne fono
ìh vno fteiTb tempo infiniti : percioche la gara, e l'errnilatio-
ne, e l'hauere haiiufo depencienza, chi (fa vno, e clii da vn'
altro maeftro eccellente, c cagione, che con più fatica cerca- Mmuìatme w
no gli artefici cfifuperarel'vn l'altro quanto poiTono n-^g

fiormcnre. E quantio anco molti dependono da vn iolo, fubito, che fi diui- mento λΙΙ^
ono, ò per morte del maeftro j ò per altra cagione, fubito viene anco iiiuifa
in loro h volontà j onde per parere ogni vno U migliore, e capo di ic cercai

di

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4t 4 seconda parte

di moilrare il valor Tuo. Di molti dunque » che qiiafi in vu medefirao tempo » e
in vna ftcìTa prouincia fiorirono » de'quali non hò potuto fapere » ne poflo feri·
uere ogni particolare> dirò breuementealcunacofa «per non lafaare» crQuando"
tni al fine della feconda parte di quella mia opera > indietro falcuni, che fi fono
affaticati per lafciar il Mondo adorno dell' opere loro. De' quali dico, oltre al
non hauer potuto hauer l'intero della
Vita > non hò anco potuto nnuenire i ri-
tratti, eccetto quello dello Scarpaccia > che per quefta cagione hòfacto capo de
Sftftnertre- gli altri. Accertifidunque in quefta parte queilo , che :οροίΓο, poiché noiL-·
jw/*i ó* «/*»'»· Poffb quelle), che io vorrei. Furono adunque nella Mi rea Triuifana, de in Lom-
bardia nello fpatio di molti anni, Stefano Veronefe, Aldigien daZemo, laco^
po Dauanzo Boìognefe 3 Sebeto da Verona» lacobeìlo le Fiore, Gueriero du Pa-
doua, Giufto, e Girolamo Campagnuola > Giulio fuo figliuolo, Vincenzo Bre·
fciano» Vittore Sebaftiano
» e Lazaro Scarpaccia Venetiani, Vincenzo Carena »
Luigi Viuanni, Gio. Battìfta da Cornigliano, Marco Bafarini, Giouanetto Cor-
degliaghi, il Baflìti, Bartolomeo Viuannoj Giouanni Manfueti> Vittore Bellino9
Bartolomeo Montagna da Vicenza, Benedetto Diana > e Gicuanni BuonconfigU
con molti altri» de' quali non accade fare hora mentione. E per cominciarmi dal
primo dico, che Stefano^Veronefe, del quale diffi alcuna cofa nella vita d'A-
gnolo Gaddi, fù più, che ragioneuole dipmtot de'tempi fiioi. E quando Do-
natello lauoraua in Padoua ,come nella fua vira fi è già detto, andando vna vol-
ta fra l'altre a Verona» reitò niaiauigi:ato dell' opere di Stefano, affermando» che
riffm di su le cofe che egli haueua farro a frefco, erano le migliori, che infine a que' tempi
/4OT
in ν<*τ0ΛΛ fuifero m quelle parti ftate lauorare. Le prime opere di coilin furono in S. An-
ttmmeadate tjjnio (jj Verona nel trainezo della Chiefa, in vna tefta del muro a iìjan manca >
mnmtllt,
f^^jQ ·| girarg j>yjja volta, e furono vna N. Donna col figliuoloJntoiccio, e Sa»
Iacopo, e S. Antonio, che la mettono in mezo. Quetta opera è tenuta anco al
prefente beìliffiroain quella Città, per vna certa prontezza, che fi
vede nelle^
dette figure, e
particolarmente nelle tefte, fatte con moka gratia. In S. Nicolò
Chiefa parimente, e Parocchia di quella Citcà, dipinfe a freico vn S. Nicolò, che
c belliflimo, e nella via di S. Poio, che va alia porta del Vefcouo nella facciata
3»ΐη» il rttC' d'vna caia, dipinie la Vergine con certi Angeii molto bells, & vn S. Chriftofano.
ten$e dtlt'op$' E nella via del Duomo fopra il muro della Chieia di S. Confolata in vno sfonda-
re
di sttfsn» rofettone)muro»dipinfe vna N. Donna, & alcuni Vccelli, e particolarmente vn
t" · Pauone,fuaimprefa. In S. Eufemia, Conuento de'Frati Heremitani diS. Ago-
ftino, dipinfe fopra la porta del fianco vn S. Agoftino con due altri S.inti, (otto
il Manto del quale S. Agoftino fono aifas Frati, e Monache del fuo Ordine, mi il
più bello di queft' opera fono due Profeti dal mezo in sù grandi quanto il viuo ,
percioche hanno le più belle, e p'ù ν uaci tefte, che mai facefle Stefano. Et ti co?
lorito di tutta Γ opera, per eflere ftato con diligenza lauorato, fi è mantenuto

bello infino a tempi noflri, non oftante, che fia Rato molto percoiiò dall' acque»
io. E fe queft· opera fuife ftata al coperto , per non i'ha-
uere Stefano ritocca a fecco » ma vfato diligenza nel laaorarla bene a freièo, eli»

I________1: ..fJS J-II-_____.· J____ί_____

farebbe ancora bella, & viua, come gli vfci delle mani doue è pure vn pocogua"
fta. Fece più dentro alla Chiefa, ne la Capella del Sagramento > cioè intorno
Tabernacolo, alcuni Angeli, che volano, vna parte de' quali fuonano,altri can-^
tanoj & altri incenfano il Sagramento, Se vna figura di Giesù Chrifto, ch'egli di-
pinfe in cima per finimento del Tabejnacolo. Da bailo fono altri Angeli, che lo
reggono con
vcfti bianche,c lunghe infino a piedi»che quafi iìniicono in nuuoJe,

la

da' venti, e dal ghiaccio <

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vita di vittore scarpaccia. 413

la qual maniera fù propria di Stefano nelle figure de gli Angeli, i quali fece fera-
pre molto nel volto gratiofij e di belliifima aria. In quefta medefima opera è da
vn iato St Agoftino, e dall' altro S. Gieronimo in figure grandi quanto è il natu-
rale» e queftì con le mani foftengono la^Chiefa di Dio, quafi moftrando,chc am-
bid ue con la dottrina loro difendono la S. Chiefa da gli heretici, e la foftengo^
no. Nella medefima Chiefa dipinfe a frefcoin vn pilaftro della Capella mag-
giore vna S. Eufemia con bella» e gratiofa aria di vifo > e vi fcriiTe a lettere d'oro
il nome fuo, parendogli forfè, come è in effetto, eh' ella fuiic vna delle migliori
Ρ tture., che haueffe fatta > e fecondo il coftume fuo, vi dipinfe vn Pauone bel-·
liffimo, & appreifo due Lioncini, i quali non fono molto belli, perche non po-
tè allora vedecnc de'naturali > come fece il Pauone. Dipinfe ancora in vna ta-
uola del niedefimo luogo, fi come fi coilumaua in qiìe'tempii molte figure dal
mezo ;n
sù, cioè S. Nicola da Tolentino, & altri. È la predella fece piena di ilo-
rie m figure piccioie della vita di quel Santo. In S. Fermo Chiefa della medefi-
jna
Cutà de i Frati di S.Francefco,neI rifcontro dell'entrare per la porta del fiaco
fece per ornaméco dVn deporto di Croce» 11. Profeti dal mezo in sù gradi quan-
to il naturale, òc a piedi loro Adamo, & Eua a giacere > & il fuo folito Pauone»

quafi contrafegno delle Pitture fatte dalui.Il medefimo Steiano dipinfe in Man- -----»

toua nella Chieià di S.Domenico alla porta del Martello vna belliiTima N.Dóna, ·

la refla della quale, per haiierc hauuto bifogno i padri di murare in quei luogo,

hanno con diligcza poila nel rramezo della Chiefa alla Capella di S.Orfola.che è

della famiglia de' Pecuperati,doue iono alcune Pitture a frefco di mano del me-

deiìmo. E nella Chiefa di S. Francefco fono quando fi entra a man delira della

porta principale, vna fila di Capelle muraie già dalia nobil famiglia della Róma»

,in vna delle quali fono dipinco nella volta di mano di Stefano i quattro Euàgeli·

ili a federe, e dietro alle φ»Ι1ε loro, per campo fece alcune ipaliiere di Rofai,con

vno xnteiluco da canne a mandorle,& variati alberi fopra, & altre verdure piene

d'vcceìli, e particolarmente di Pauoni j vi fono anco alcuni Angeli belliffimi : In

quefta medefima Chiefa dipinfe vna S.M.Maddalena grade quato il naturale»in

vna colóna, entrando in Chiefa a man titta. E nella ftrada detta Rompilaza della

medefima Città fece a frefco in vn frótefpitio d'vna porta vna N. D.col figliuolo

in braccio,& alcuni Angeli dinazi a lei inginocchioni, 6c il Campo fece d'alberi

pfcni di frutte. E quefte fono i'opere,che fi troua eifer ftate lauorate da Stefano»

le bé fi può credere,efsédo viuuto ailai,che ne faceiTe molte altre.Ma come ηδ ne

hò potuto alcun'altra rinuenire,cosi ne il cognome,ne il nome del padre,nè il n-

tratto fuo,nè altro particolare. Alcuni affermano,che prima,che veniiie a Firéze Cr'duu^ftt

* viViiA tu w-CtVlAiA-t» ν^ΙνΙΛ vii V vi.v-'*'·^ - - ---ÌJ — ~ " ———----ν

de' Signori della Scala il quale dipinfe, oltre a molte altre opere, la iaia gran-
de del Palazzo loro, nella quale hoggi habita il Podeftà, facendoui la guerra_j
 Im
di Gierufalemme, fecondo, che è fcrirra da Giofeffo. Nella quale opera moftrò ^
Aldigicri grande animo, e giudicio , ipartendo nelle faccie di quella fala diL.» ^'i/j-' ψ
ogni banda vna iloria con vn'ornamento folo, che la ricigne attorno attorno
zV»Jf"/'i *
Nel quale orn«mentopofa dalla parte di fopra, quafi per fine, vn partimentò u Fittm,
di medaglie, nelle quah fi crede, che fianfi ritratti di naturale molti huoiuini Vttcn/tfuMfs

fegnalatidique'tempi, & in particolare molti di que'Signori della Scala» ma
pecche non fc ne sà il vero > non ne dirò altro. Dirò bene, chc Aidigien mo-

ftrò '

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42.4- SECONDA PARTE

ftrò in qusil' opera d'haucre ingegno, giudicio » & inucacione > haucndoGonfi·
derato cucce le cofc, che iì ροίΓοηο m vn* guerra d'imporranza confiderate. Ol-
tre ciò il colorito fi c molco bene mancenuto. E fra molti ritratti di grandi hao·
mini, e literati» vi fi conoice quello
di M.Francefco Petrarca.

Iacopo Auanzi Pittore Bolognefe fù nell'opere di quefta fala cócorrente d'AI-
|i Boiegìnft, (iigien,e fotto le fopradette Pitture dipinfe, fimilraente a frefco due Trionfi bel-
freiea ' wt! ' ® artificio > e buona maniera, che afferma Girolamo Campa*

^«yff Γ τψ. gauola, che il Mantegna gli lodaua come Pittura ranifima. Il medcfimolaco·
Oifinfe ia (S. P^ inficine con Aldigieri, e Sebeto da Verona dipinfe in Padoua la CapsUa di S.

eo» al' Giorgio, che è allato al Tempb dj S. Antonino, fecondo, che per lo ceftamento
m a fatioun, era ftato lafciato da i Marchefi dì Carrara. La parte di fopra dipinfe Iacopo
Auanzi ·, Di forte Aldigieri alcune ftorie di S. Lucia, & vn cenacolo, e Sebeto vi
VtrmA. dipmfe ftone di S, Giouanni. Dopo tornato tutti » e tré quefti maeftn in Vero-
Stt» concorri· mdipinieto inficine in cafa de'Conti Serenghi vn par di nozze, con molti ri-
» in Beleg»». tratti, & habiti di que' tempi, che di tutte, Γ opere di Iacopo Auanzi fu tenuta
la migliore : ma perche di lui è fatto mentione nella vita di Nicolò d'Arezzo t
per l'opere, che fece in Bologna a concorrenza di Simone, Chriftofano, e
Galaf-
fo^Pictofi, non ne dirò altro in queflo luogo .

In Venetia ne' raedefimi tépi fù tenuto m pregio, fe bene céne la maniera gre·
ImitU· dt ca,Iacobcilo de Flore, il quale in quella Città fece opere ailai, e particolarmente
flirt {tgtt* Λ» vna tauola alle Monache del Corpus Dxii,che è pofta nella lor Ch eia all'Aitar di
wanitrn grf S.Domenico. Fù cócorrente di coilui Giromin Morzone,che dipinfe in Venetia»
' ° . òc in molte Città di Lombardia affai cofe, ma perche tenne la maniera vecchia,e
Sutefi^ t» jg ^j^jg figure tutte in punta di piedi, non diremo di lui (e non, che èdi fua
cntfis ^^^ ^gjj^ Ch eia di S.Lena all'Altare dell'AÌIuntione con molti Sàti.

Fù molto miglior niaeftro di coftui Gueriero Pittor Padouano, il quale,oltre a
Gueritra Ρλ- molte altre cofe dipinfe la Capella maggiore de Frati Eremitani di S.Agoftino
dttutna ifuli in Padoa, & vna Capella a i medefimi nel piimo chtoiìro. Vn' altra Capelletta
laturi la i*» m cafa d* Vrbano Prefetto > c la fala de gl' Imperadon Romani, doue nel tempo
dt/t, di Carnouale vanno gli Scolari a danzare. Fece anco a freico nella Capella del

Podeftà, della Città medefima alcune ftone del Teftamento vecchio.

Giuito Pittore fimilméte Padouano fece fuor della Chiefa del Vefcouado nel-'
aiufl« Ρα/ΖίΟ» la Capella di S.Gio.Battifta non folo alcune ibrie del vecchio,e nuouo Teftamé-
to, ma ancora le reuelationi dell'Apocaliife di S,Gjo.Euangclifta,e nella parte di
fopra fece in vn paradifo con belle confiderationi molti chori d'Angeli, & altri
ornamenti. Nella Chiefa di S, Antonio lauorò a freico la Capella di S. Luca. E
nella Chiefa de gli Eremitani di S.Agoflino dipinfe in vna Capella l'arti liberali,
de apprefio a quelle le virtù»& i vitij, e cosi coloro ,che per le vircù fono fiati ce-
'tbraci,come quelli,che per i vitij fono in eftrema miieria rouinati, e nel profòn-
tttf*no Ftf do,dell' Inferno. Lauoro anco in Padoua a tempi di cofiui, St efano Pittore Fer-
rMrtfe. rarefe, il quale, come altroue fi è detto ornò di vane Pitture la Capella,e l'Arca,
rtaceni» Bri. jo^gè il Corpo di S. Aptonio.e così la Verg; Maria detta del Pilaiho.Fù tenuto
fiiétne, Gtr». prjg,o ng» medefimi reaipi Vincenzo Pittore Brefciano,iecondo,che racconta
^^ ^i^a^cfo,e GiroUmo Campagnuola, anch'egli Pitcore Padouano , e difcepolo
porMutidi Giù Sqiiarcione. Giulio poi figliuoladi Girolamo dipinfe, miniò, & intagliò in
Rame molte belle cofc,cosi in Padoua, come in altri luoghi.Neila medefima Pa-
Nitali Mirt· doaliuorò molte cofe Nicolò Moreto » che viife ottanta anni, e Tempre efercitò
"· l?arte , & oltre a quefti moki altri, che hebbono dipendenza da Gentile, e Gio«

BeUiui, mi. Vit-

ta

i

Ventti*
mne.

m

iHt^ft*

-ocr page 515-

ViTA DI VITTORE SCARPACCIA. 41 c

Vittore Scarpacciafù veramente il priitio» che fra coièoro faceile opere di con- Viittre Scar
to, e le ine prime opere furono nelk fcuola di S.OrfoIa, doue in tela fece la ma^- mtih,,
gior parte delle Storie, che vi fono» della vita» e morte di quella Santa. °
re di titai i

Le fatiche delle quali Pitture eg'i Teppe fi ben condurre, e con tanta diligenza, Ai^ffWi-
& arte, ciHenV^quiltò nome di molto accornmodato, e pratticoMaeftro. Il che «

fu, fecondo, che fi dice,cagione che la nazione Milanefe gli fece fare ne'Frati Mi-
nori vna tauola alla Capella loro
di S. Ambrogio, con moke figure a tempera»^. .

Nella Chiefa di S. Antonio all' Aitare di Chriilo riiufcitato doue dipinfe quando hlU.
egli apparifce alla Maddalena, &airre Marie, fece vna profpettiua di paefe lonta- storU d'
no, che diminuifce, molto bella. In vn'altra Capella dipinfe la ftoriade'Martiri, κοίΐβ Jf '
cioè quando furono Crocifiiiì j nella quale opera
fece meglio, che trecento figu- f(Hittf«,
re, frà grandi, e picciole, & in oltre caiialli, e alberi aifai, vn Ciclo aperto, dmerfe
attitudini di nudi, e veftiti, molti fcorti,e tante altre cofe, e
fi può credere, ch'egU
non la conduceilè fe non con fatica ftraordinaria. Nella Chieia
di S.loh in Cana-
reo air Altare della Madonna fece quando ella prefenta Chnfto picciolinoa Si-»
meone : doue gli figurò eiTa Madonna ritta, e Simeone col piuiale in mezo a due
miniftri yeftiti da Cardinali. Dietro alla Vergine fono due donne» vna delle qua-
li hà due colombe, e da bailo iono tré putti » che Tuonano vn liuto, vna ftoria, &
vna lira>
ò vero viola) & il colorito di tutta la tauola è molto vago , e bello. E nel
vero fù Vittore molto diligente, e prattico maeftro, e molti quadri, che fono di
iua mano in Vinezia, e ritratti di naturale » & altro, fono molto ftimati, per cofe
fatre in que'tempi. Infegnò coftuil'aite a due fuoifratelli, che l'imitarono aiTai, *7trl*opertTa
l'vno fò Lazaro, e lUlcco Sebaihano di mano de'quali è nella Chiefa delle Mona» ^
chhìm»
che dei Corpus Domini all'Altare della Vernine vna tauola, doue ella
è^a federe *

in mezo a S-Caterina» e S. Marta, con altre ^^nte, e due Angeli, che fuonano, e
vna profpettiua di cafamenti pes: campo di tutta l'opera molto bella, della quale
n'hauemo i proprij difegni di mano di colloro nel noftro libro.

Fù anco Pittore ragioneuole ne'tempi di caftoro Vincenzio Catena, che molto
più fi adoperò in fare ritratti di naturale, che in alcuna altra forte di Pitture, & in
vero alcuni, che Γι veggiono di fua mano, fono marauigliofi, efrà gl'altri quello di
■vn Tedefco de Fucheri perfona honorata, e di conto, che all'hora ft^ua in Vene-
zia nel fondaco de'Tedefchi, fù molto viuamente dipinto.

Fece anco molte opere in Venezia, quaii ne'medefini tempi Gio. Battifta da oh. tmìfiA
Conigliano difcepolo di Gio.Bellino, di mano del quale è nella detta Chiefa delle Conigli^,
Monache del Corpus Domini vna tauola all' Altare di S. Pietro
Martire, doue è ^ fi**J>P*r€ tri
detto Santo S. Nicolò, e S. Benedetto, con vna profpettiua di paeiì, vn'Angelo,
che accorda vna Citerà, e molte figure piccio'e, più, che ragioneuoli. Eie coftui
con fufle morto giouane,fi può
credere,che harebbe paragonato il fuo maeilro.

Non hebbe anco fe non nome di buon Maeftro neli' arte medefima, e ne' me- ^«'■w Bs/im
defimi tempi Marco Bafarini, il quale dipinfe in Venezia doue nacque di Padre, /«« V're
e Madre Greci, in S. Francefco della Vigna in vna tauola vn Chrifto deporto di
Γί-ηΓί»! pneila r'hii.fa rii .S Tnli in vn'altra rauola vn Chnftonell'Orrn.Xr ^ u./t .
f*eit moitt

Crocej e nella Chiefa di S.Iob in vn'altra rauola vn Chnfto nell'Orto, & a baflo i
tre Apoiloli ,che dormono: e S.Franceico, e S.Domenico con due altri Sanri Λ^
quello, che più fù lodato
di queita opera, fù vn paefe con molte figurme far^

con buona grazia. Nella medefima Chiefa dipmfe hfteilo MarcorS. Bernardi "^Γ «Π
iopravnfaiTo, con altri Santi. rf^w-

Gianetto Cordegliaghi fece nella medefima Città infiniti quadri da camera.^
»nzi non awefe
quafi ad altro > e nel vero hebbe in cotal forte di Pittura vna^

Hhh maniera

dlÌigitttt,
e^ratfic*.
RitrMfti,^

rìnteux» C*·*
fe„a vAltnte
ntiritmtii

-ocr page 516-

4t 4 seconda parte

maniera molto delicata, e dolce, e migliore aiTai» che quella de i fopradettì.

Dipinfe coftui in S. Pantaleone in vna Capella a canto alla maggiore San Pie-
tro> che difputa con due altri Sann, i quali hanno in dolio belliiTimi panni, e fono
^ condotti con bella maniera.
Maree Marco Baffin fù quafi ne'medeiimi tempi in buon conto » & è fua opera vna-ίϊ

[Ha^ei-mnel- g^-^j, tauola in Venezia nella Chieia di Frati di Certofa ; nella quale dipinfe Chri-
VeHiUs ® d'Andrea nel Mare di Τ beriade,& i figliuoli di Zebedeo,

facendoui vn braccio di Mare > vn monte > e parte d'vna Città con molte perfone
in figure picciole . Si potrebbono di coftm molte altre opere raccontare j ma ba-
ili haaer detto di quella, che
è la migliore.
BMrtolàmto Bartolomeo Viuarino da Murano fi portò anch'egli molto bene nell'operejche
VÌH*m$, fece» come fi può vedere, oltre a molte altre nella tauola, che fece all' Altare di S,
Luigi, nella Chiefa di S.Giouanni, e Polo: nella quale dipinfe il detto S.Lu g'
federe col piuiale indoflo, S.Gregorio, S.Baftiano, e S.Domenico. E dall'altro la-
to S.Nieolò, S.Girokmo, e S.Rocho^ e fopra quelli akn Santi infi no a mezo.
GÌ9, M4H/ut' Lauorò ancora beniiTimo le ine Pitture, e fi dilettò molco di contrafare le cofe
t*,$mttiGee- naturali, figure, e paefi lontani, Giouanni Manfueti, che imitando, aiìai l'opere di
tiU Heltmì, Gentile Bellino fece in Venezia molte Pitture. E nella icnola di S.Marco in tefta
fut in dell'vdienza d.pinfe vn S. Marco, che predica in Culla piazza ntraendoui la fac-

Ytnitie· ciata della Chiefa, e frà la moltitudine de gL· huomini, e delle donne , che l'-ifcoì-
tano Turchi, Greci,
e volo d'huoraini di di i;eri"e nazioni, con habiri llrauaganci.
Nel mcdefimo luogo doue fece in vn'altra ftoria S. Marco , che fana vn'u.fermo,
dipinfe vna profpettiua di due fcale, e molte loggie. In vn'alcro quadro vicino a_j
quello fece vn S, Marco ,che conuerte alla fede diChriÌto vnainhnirà di popoli»
èc in quello fece vn Tempio aperto, e (opra vn'AltatjC vn Crocifillo , e per tutta
l'opera diuerfi perionaggi con bella varietà d'arie, e d'babiti, e di tede.
Vittore Milli' Dopo coftui feguitò di lauorare nel medefimo luogo Vittore Bellini, che vi fc-
nu ce, doue in vna (loria S. Marco è prefo, e legato, vna profpecciua di cafamenti,

Ssrtthmti c^g g ragioneuole, e con affai figure, nelle quali imitò i iuoi paiTati. Dopo cofto-
iimtMgn». rofù ragioneuole Pittore Bartolomeo Montagna Vicentino, che habitò iemprc
. in Venezia, e vi fece molte Pitture : & in Ρ dona dip-nfe vna tauola nella Chiefa

c'*"Bt/tto»(i ^^ d'Artone. Parimente Benedetto Dian^ fù non meno Iodato Pittore,

J'j ' che fi fudero i fopraicritti, come in frà l'alne Tue cofe lo dimoftra l'opere -

Siane» fono di fua mano in Venezia in S.Franceico della Vigna,doue all'Aliare di S.Gio-
ftultert, aanni fece eflfo Santo ritto, in mezo di e altri Santi, che hanno in mano, ciafcuno
BarteUmtit vn libro »

cUmtntt ,0· Fù anco tenuto in grado di buon maeilro Giouanni Bnonconiìgli, che nel'a_^
Aiofii-M B-»/"'"Chiefa di S. Giouanni, e Paolo ,all'Altare di San Tomaio d'Aquino, dipinfe quel
/^""e ,, ^ Santo circondato da molti, a i quali legge la icrittura facra, e vi fece vna profpet-
'i' cafamenti, che non è fe non lodeuole. Dimorò anco quafi tutto il tempo
βϊ* tGirol»' di iua vita in Venezia Simon Bianco Scultore Fiorentino, e Tullio Lombardo
m· Mt^ereni' molto prattico Intagliatore.

In Lombardia parimente iono (lati eccellenti Bartolomeo demento da Reg-
gio» & follino Bullo Scultori. E nell' intaglio Iacopo Dauanzo Milancfe, Ga-
paro> e cfirolamo Miiceroni. In Breicia fìì prattico, &c valenj'huomo nel laucr
rare in frefco Vincenzo Verchio, il quale per le belle opere iue s'acquiftò gran-
diiTìmo iiome nella patria. Il fimile fece Girolamo Ronianino boniifimo piatii'
co, c difegnatorc > come «pertamente dimoilrano ropcre iue fatte in Brefcta, ^

intcr-

GìrtUmo
iiomaniin
Mrtfd».

d

-ocr page 517-

vita di iacopo. 417

intorno a molte miglia. Ne fù da. meno di quefti j anzi gli pafsò AlciTandroMo'
retto, delicatiilìmo ne'colori, e tanto amico della diligenza, quanto l'opere da Ini
fatte ne dimortrano. Ma tornando a Verona j nella quale Città fono fiorici, &
hoggi fxoriiconopmche mai, eccellenti Artefici, vi furono già FrancefcoBoniI'
gnori» e Francefco Caroto eccellenti. E dopo Maeftro Zeno Veronefe , che
Arimini laiiorò la tauola di S.Marino, e due altre con molta diligenza. Ma quel-
lo, che più di tutti gl'altri hà facto alcune figure di naturale, che fono marauiglio-
fe : è ftato il Moro Veronefe , ò vero come altri Io chiamauano Francefco Turbi'
doi di mano del quale è hoggi in Venezia in cafa Monfignor de'Maitini il ritrat-
to d'vn Gentirhuomo da Ca Badouaro figurato in vn Pallore, che par viuiffimo,e
può ftare a paragone di quanti ne fono ftati fatti in quelle parti. Parimente Bat-
tiila d'Angelo genero d; coilui è così vago ne! colorito, e prattico nel d]fegno,che
più toilo auanza ,che fia inferioreal Moro. Ma perche non è di mia intenzione
parlare al pefente de'viui, voglio, che mi baili,come diffi nel principio di quella
vita, hauere in
quello luogo d'alcuni ragionato de' quali non ho potuto faperi^j
così mmutaraente la vita, de ogni particolare ; acciò che la virtù e merici loro da
me habbiano almeno tutto quel poco, che io, il quale molto vorrei » poilo
dar
loro.

Fita di Iacopo detto l'Indaco Pittore.

^ ^ 9 ί ? l'Indaco, il quale fu difcepolo di Domeni- IacopoIninc»
co del Ghirlandaio, & in Roma lauorò con Pincuricchiofù
'^'^"^polo dd
ragioneuole Maeilro ne'tempj iuoi, e fe bene non fece mei-
te cofe-, quelle nond'meno, c le furono da lui fatte fono da ef-
fer commendate. Ne è gran fatto, che non vfciilero fe noii^
pochiilìmeopere delle fue mani, percioche eilendo perfona Hmme d*

faceta, piaceuole> e di buoa tempo, alloggiaua pochi penfie- httontemft,

ri, enon volcuakuorareienonquandonon poteua far'.ilcroj e perciò vfauadi
dire, che il non mai fàre altro, che affatticarfi, lenza pigliarli vn piacere al mondo
non era cofa da Chriftiani. Pratticaua cofliii molto dimeilicamente con Michel-
D»mt(iit· di
agnolo·, percioche quando voléua quel!' Ai tefice^^ccellentiilìmo fopra quanci ne MkheUgth,
furono mai> ricrearfi da gli ftndij, e dalle continue fatiche del corpo, e delia men«
te-, niuno gli era per c.'o p^ù agraio, ne più fecondo l'humor Aio, che coilui. La-
uorò Iacopo molti anni in Roma, ο per meglio ■'ire, ftette moiri anni in Roma, e domain i.
vi lauorò pochilTìmo. E di fua mano in quella Cirtà nella Cbiefa di
S. Agoilino, -^ίφηο di,
entrando in Chiefa per la ports della facciata Jinanzì, a man ritta la prima Cape^ optn

la Nella volta della quale ione gl'Apolloli, che riceuono Io Spirito Santo : e I^C® V « »*ll»
forro fon ì nel muro due ίΐοη'έ di Ghndo, ncll'.'na quando toglie dalle reti Pietro,
& Andrea, e nell'altra la cena d: Simone, e di Maddalena, nella quale è vn
palco
di legno, e di traui molto ben conrrafacto. Nella ranola della medefima Capella,
la quale egli d:pinfe a olio, è vn Chrifto morro, lauoraco, e condotto con moka_a
prartica, e diligenza. Parimente nella Tnmrà di Roma è di fua mano in
vna tauo-
ecca la
Coronazione di N. Donna. Ma che bifogna , ò che fi può di coftui alrro
raccontare ? Balla, die quanto fu vago di acalare tanto fù fempre nimico di lauo-
rare,
e del dipignere . E perche, come ii e detto , fi pighaua piacer Michelagnolo
delle chiacchiere di coltui, c delle bude, che ipelTo faceua, lo teneua guafi iempre

Η h ha a ni an-

Mcfandrt
MereiiQ.

Frascefie
BuonCi^nori ,
* Fr/tncefce
C«rcfo , ΑίΛ-
/tro Zeno,
il More re.
roritft Mitri,
mente Fran.
tefee THrbU
de.

ΒαίίίβΛ Artm
gelo buona
nel àtfegm^i
(fflorite*

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4t 4 seconda parte

\

Murlafamli
d» MhftilAS"

Fr»nstftd

l'IndMC» fite

fr»ttUo »nct
miee^umit

a mangiar {eco: ma e|Tendogli vn giorno venuto coftuia fa(liciio> come il più del
le volte vengono quelli corali a gl'amici, e padroni loro col troppo, e bene
fpeffo
fuor di propouto, e fenza diicrezione; cicalare, perche ragionare non fi può dire,
non eiTcndo in firn ili, per Io pm ne ragione, ne giudicio j io mandò
Micn e [agno-
lo, per leuarfelo dinanzi allora, che haueua forfè altra fantafia, a comperare de*
fichi I & vfcito> che Iacopo fò di caia, gli ferrò Michelagnolo rvfcio dietro con
animo, quando tornaua, di non gl'aprire. Tornato dunque Mndaco di Piazza_j>
s'auuide, dopo hauer picchiato vn pezzo la porta in vano,che Michelagnolo non
voleua aprirgli^ perche venutogli coIIera> prefe le foglie,
Se i fichi, e fattone vna
bella diftefa in falla foglia della porta, fi partì, e ilette molti mefi, che non volle
fauellare a Michelagnolo : pure finalmente rapattumatofi ,gli fu più amico, che
mai finalmente eiTendo vecchio di <i8. anni fi morì in Roma.

Non diflimile a Iacopo fij vn fuo fratello minore chiamato per proprio nome
Francefco, e poi per fopranome anch'egli, l'Indaco, che fa fimilmente dipintore
pià che ragion euol e. Non gli fù diflimile dico nel lauora te più, chemalvolen-

Sue «p»r* i»
Ment$ Pt*l·
etano, ó" »»
Areico.

JlÌ/fé in Kt*

' per la Con^agnia della Nunziata in vna tauoletra per Tvclicnza, vna Nunzia-
j vn Dio Padre in Cielo, circondato da moki Angeli in forma di putti. E nel-
la mcdefima Città fece la prima volta, che vi andò il Duca AleiFandro, alla porca
del palazzo de'Signori vn'afco trionfale bellifiìmo con moire figure
di rilieuo ·, e
parimente a concorrenza d'altri Pittori,che aiTai altre cofe per la detta entrata dei
Duca lauorarono, la profpettiua d'vna Comediajche iù tenuta molto bella- Dopo
andato a Roma,quando vi fi afpettaua l'Imperatore Carlo V.vi fece alcune figure
di terra, e per il popolo Romano vn'arme a frefco m Campidoglio, che fù molto
lodata. Ma la miglior opera, che mai vfcifle delle mani di coftui,e la più lo-
data > fù nel piazzo de'Medici in Roma, per la Ducheila Margherita
d'Auftriavnoftudiolo di
ftuccotanto bello, e con tanti orna-
menti , che non è poiiìbil veder meglio ; ne credo che fia in
-vncerto modo poilìbilefar d'argento quello, che in
quella opera l'Indaco fece di fluccho. Dalle qua-
li cofe fi fa giu licio » che fé coftui fi fuile di-
Ìettato di lauorarc,e haueiTe efercitato
l'ingegno? che farebbe riuicito
eccellente. Difegnò Fran-
cefco aliai bene, maj»
,-· molto meglio

Iacopo»
come β può vedere nei noftro
Libro,

VITA

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vita di lvcà signorelli. 415

VITA DI LVC A SIGNORELLI DA CORTONA

" ve A Sienorelli Pittore eccellente, del <jUiJe fecondo Zmà Sìgno
dine de'tempi douemo hoia parlarne, fù ne'iuoi tempi te- rtlU Punre

uto in Italia tanto famoio, e l'opere fue in tanto pregio, ttutUnu.
ouantonefTun'altro in qua] fi veglia ren^^po fiaftatr giair ai:

perche nelfopercche fece di Pittura mcftp il tiior^o di fare Λ

Pi' Ignudi, e che fi poflono, fi bene con arte , e difEcuIrà , far
parer viui. Fù coftuitrpato, e difce^olodi Pierre (^al Porgo ^^^ ^^^
ς fepolcro, e molto nella fua ^iouanei^za fi sforzò d'imitare il Maeftr^'»
a · di paflarlo ; ircntreche lauorò in Are2,zo con eiio lui, trcuando/i in ca-
fa Lazzaro Vafari fuo zio, come i dmé, imitò in wcìÌo la n.aniera di det-

' XQ

-ocr page 520-

430 seco ν d a ρ arte

Stft cpert i»toPietro> che quaiìIVna dall'altra non fi conofceua . Le prime opere di Luca fii«
rono in San Lorenzo d'Arezzo, doue dipinfe l'anno 1472. a freico la Capella di
S.Barbara; & alla Compagnia di S.Cacerina in tela a ogho il fegno » che fi porta a
proceffione, fimilmente quello della TrinìCà,ancora, che non paia di mano di Lu-
ca, ma di eflo Pietro dal Borgo. Fece in Santo follino in detta Cirtà la tauola_ji
di San Nicola da Tolentino, con iftoriette belliflime, condorou da lui con buoiL-»
difegno > & inuenz;one. E nel medefimo luogo fece a!)a C«pella delSagramen-
. . ro due Angeli lauorati infrefco. Nella Chieia di Sairt-ranccico alla Capella_*»
Vn S. Michele degrAccoki fece per M. Francefco Dottore di Legge vna tauola, nella quale ri-
^tTAtn (, traHe eflb M. Francefco > & alcune fue parenti. In quella opera è vn San Miche-
le» che pefa l'anime, il quale è mirabile e in eflo fi conofce il faper di Luca, nello
iplendore dell'anni, nelle reuerberarioni» in (omma in tutta l'opera. GÌ. mife
in mano vn paio di bilance, nelle quali gl'ignudi j che vanno sà j e l'altro in giù»
fono fcorti belliilìmi. E fra l'altre cofe ingcgnofe, che fono in quefta Pittuia vi
c vna figura ignuda beniffimo trasformata in vn Dianolo, al quale vn ramarro
lecca il iangue d'vna ferita. Vi è oltre ciò, vna Nofi^ra Donna col figliuolo in
grembo» San Stefano, San Lorenzo, vna Santa Caterina, e due Angeri, che fuo-
licetllente in nano vno vn liuto, e 1 altro vn RìbccIiino,e tutre fono figure veftite » adorna-
ficceh, te tantoché è marauiglia . Ma quello > che vi è più miracolofo, c la predella pie-

^Itrt i» Pt' na di figure picciole de* Frati di detta Santa Caterina. In Perugia ancora fecc_j)
ffigii» molte opere, & fra l'altie, in Duomo per M. Iacopo Vanucci Cortonefc Vefco-
uo di quella Città» vna rauola; nella quale è la Noftra DonnajS.HonofnojS.Her-
colano » S. Giouanni Battifia , e S. Stefano ·,
vn'Angelo, che tempera vn huto,
belliiTìmo. A Volterra dipinie in frefco nella Chiefa di S.Francefco, fopra l'Alta-
C«/« iue»* re d'vna Compagnia , la Circoncifione del Signore , che è tenuta bella a maraui-
, /«»0 glia, fe bene il putto hauendo patito per l'humido, fù rifatto dal Soddcir-a molto
mtglmi y ihi tnen bello, che non era. Enei vero farebbe meglio tenerfi alcuna volta le cofe
tnnl nmtfitt, jfgjj-g jg hnomini eccellenti- più tofto mezo guafte,che farle ncoccare a chi sà me-

. no. L-iS. Agofl:ino della medeiìma Città fece vna tauola a tempera, e la predella
AltrtmlUcn" gg^j.^ picciole, con iftorie delia Paffione di Chriilc,che è tenuta bella ftraordi-
fty&ta Cer^ nariamenté. Al A-lonte a S.Maria dipinfe a quei Signori in vna tauola vn Chriilo
morto, e a Città di Caftello in S.Francefco vna Natjuicà di Chriflo.(5c in S.Dome-
nico in vna altra tauola vn S.Baftiano. In S.Margherita di Cortona fua patria,luo-
go de'Frati del Zoccholo, vn Chrifto morto opera delle fue rariffima. E nella^
Compagnia del Giesù nella medefima Città fece tré tauole,delle quali quella ch'c
allo Aitar maggiore è marauigliofa doue Chriflo com manica gl'Apoftoli, e Giuda
iì mette l'Hoifia nella icarfella. E nella Pieue hoggi detta il Vefcouado dipinfe a
fr#:o, nella Capella del Sagramento alcuni Profeti grandi quanto il vino, & in-
,.i'no al Tabernacolo alcuni Angeli, che aprono vn Padiglione : e dalle bande vn
S.Gieronimo, & vn S. Tomaio d'Aquino. All'aitar maggiore di detta Chieia fè-
Sfajiie εφΗ, ce in vna tauola vna belliffima Ailunta j e difegnò le Pitture dell'occhio principa·
vitrei* C»· le di detta Chiefa » che poi furono meiie in opera da Stagio Sa iloli d'Arezzo. In ,
βιχίϊβηΐ Art- Caftiglione Aretino fece fopra la Capella del Sacramentò vn Chriilo trorto jcon
ri»c , «
lufi' le Marie, òc -n San Francefco di Lucignano gli fportelìid'vn'A: marie, dentro al
grmnu quale ftàvn'albero di coralli, che hà vna Croce a fornmo. A S:ena fece in Sani*
AgoÌlino vna tauola alla Capella di San Chriftofano, dentroui alcuni Santi, che
mettono in mezo vn San Chriftofano di rilieuo. Da Siena venuto a Firenze, così
per vedere Toperedi quei Maeftri, che allora viucuano, come quelle di n:olti

paiiati.

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vita di lvca signorelli. 431

paiTati, dipinfe a Lorenzo de'Medici in vna tela alcuni Dei ignudi, che gli furono AUrt in sU-i
tnoito comendati. Et vn quadro di Noftra Donna con due Profeti piccioli di ter- »λ, # Έ^η^»,"
retta, il quale è hoggi a Cailèllo Villa del Duca Cofimo. E Γ vna Ϊ e l'altra opera
donò al deao Lorenzoj il quale non volle mai da niuno eiTer vinto in eiler libera-
Je j e magnifico. Dipinfe ancora vn tondo di vna Noftra Donna >che è nella-»
llchmfin 4
vdienzade'Capitaul di parte Guelfa belliffirao. AChiufuri in quel di Siena luo- Ment$ olmi
go principaie de'Mo laci di Monte Oliueto dipinie in vna b^nda del Chioftro vn-
dici floriè della vita, c fatti di San Benedetio. E da Cortona mandò dell'opere^
fui a Μ )nie Falciano ·, a Poiane la tauola dell'Aitar maggiore > che è nella Pieue, inOruUtt fnt
&inàli:n luoghi di Valdichiana. Nella Madonna d'Oruieto, Chiefa principale
finì di fua mano la Gap ella, che già vi haueua cotninciato Fra Giouanni da Fiefo- J''*
le, nella quale fece tutte le ftoae della fine del mòdo con bizzarra,e capricciofa-» chefìid'er,
inuenziofie Angeli,demoni, rouine, terremoti, fuochi, miracoli d' Antichiifto, e fim^o àpt/hl
molte altre cofe fim li, oltre ciò, ignudi, fcorti, e molte belle figure» imaginandofi
ri\
il terrore ,che farà in quello eftremo, e tremendo giorno. Perloche deflò l'ani-
mo a tutti quelh, che fono fiati dopo lui, onde hanno poi troaato ageuoli le diffi-
uUhtUgmlo
coìta d. quella maniera, Onde io non mi marau glio fe l'opere di Luca furono da lUl Intere
M;chcI;ignoIo fempre fomraamente lodate » ne ie in alcune cofe del fuo diuino /«'»
é
giudic o, che fece nella Capelìa, furono da lui gentilmente rolr? in parte dall' in-
lÌenzioni di Luca, co;-ne fono Angeli, demoni, l'ordine de'Cieli, e altre cofe, nel- "
le quali L'iTo Micheiagnolo imaiicò !'andar di Luca, come |>uò vedere ognVncftì
Rict-aiTe Luca neifa fopradetra opera moiri amici fuoi, e fe (leiTo·, Nicolò , Paulo, e
V'ccellozzo Virelli, Giouan Paulo, β Horazio Β ighoni » & altri, che non fi fanno "P""'
i nomi. Ια S. Maria di Loreto dipinfe afrefco nella Sagreflia i quattro Euangeli- ^?''"''·

ca cofi addolorato lo fece fpogliare ignudo, e con grandiiTima conftanze d'ani- sue ψη m
mo, fenza piangere, ο gettar lachrima lo ritraiTe, per vedere Tempre che voleiTc» Rema, &
mediante l'opere delle iue mani quella che la natura gli hauea dato i e tolto la ni- »»

mica fortuna. Chiamato poi dal detto Papa Siilo a lauorare nella Capelìa del
palazzo a concorrenza di tanti Pittori, dipinfe in quella due ftorie, che fra tan-
te , fon tenute le migliori. L'vna è il teftamento di Mose al popolo hebreo nell'
hauere veduto la terra di promiffione ; e l'altra la morte fua . Finalmente hauep-
do fatte opere quaiì per rutti i Principi d'Icalia, & e/Tendo già vecchio fe ne tor-
nò a Cortona, doue in que'fuoi virimi anni iauorò più per piacere, che per altro»
come quello, che auezzo alle fatiche, non poreua, ne fapeua fiariioziofo. Fece

XlltiiD. tx vim ν-υΐΙψΛ^"'» - -

colò Gamurrini Dottor di Legge Auditor di

tratto di naturale , inginocchioni dinanzi alla Madona al a quale lo preientaLì
S.Nicolò, che è in detta tauola. Sonoui ancora S.Donato, e S.Srefano, e p;iiab".
baffo vn S.Girolamo ignu.io, & vn Dauid, che canta iopra vn Salterio. Vi fono
anche due Profeti, i quali, per guanto ne dimoflrano i breui, che hanno in mano»
trattano
della Concezione. Fu condotta qneft opera di Cortona in Arezzo fopra
le
fpalle de gl'huomini di quella Compagnia ·, e Lucà così vecchio, come era vol-
le ^ire a metterla sù , & in parte, a riuedere gl'amici, e parenti fuoi. E perche
aiiKiò in
caffi de* Vafari > douc io era picciolo fanciullo d'otto anni > mi ricor-

.dojche

-ocr page 522-

SECOND_A PARTE "

hauendointefo
attendeua ad altro in
mio padre gli dif-

452-

i

prta alia Fit* . Antonio poi che Giorgino non traligna fà eh' egli impari a difegnare in ogni
modo, perche quando anco attendere a le lettere > non gli può ed'^" il difegno, fi
come è a tutti i galatit'huomini fe non d'vtile> d'honor-j, ef'' ^.\juamento. Poi ri-
uolco a me^ che gli ftaua diritto manzi diiTe» impara pari:4itino. DiiT> '-^f^lte altre
cofe di me, le quali taccio, perche conoico non haiiefè'ii grifi'pezzo confermata
l'opinione » che hebbe di me quei, buon vecchio. E perche egli intefe » fi come
era vero, che il fangue in sì gran copia m'vfciua in quell'età del nafo, che mi la·
fciaiia alcuna voIta> tramorrico, mi pofe d/" iua mano vn diafpro al colio > con infi-
nita amoreuolezza ; la qual memoria di Luca mi ftarà in eterno fiiTa nell' animo»
Τ6ΤΗ4 λ Cer· Mefla al luogo fuo/la detta tauola, fe ne tornò a Cortonajaccompagnato vn gran
i0m dipinge pezzo da molti Cittadini > & amici > e parenti, fi come meritaua la virtù di lui,
Μ (Λ/α Mi che viiTe Tempre più torto da Signore, e Gentil'huomo honorato, che da Pittore.
€»rdiaelii Ne' medefimi tempi hauendo a Siluio PaiTerini Cardinale di Cortona murato vn
palazzo vn mezo miglio fuor della Città, Benedetto Caporali dipintore Perugi-
no , il quale dilettandofi deli* Architettura haueua poco inanzi comentato Vitru-
uio, volle il detto Cardinale > che quafi tucro fi dipigneiTe. Pecche melloui mano
Benedetto con l'aiuto di Maio Papacello Cortonefe il quale era fuo difcepolo, &
haueua anco imparato aliai da-GiuIio Romano> come fi dirà; e da Tomaio ,& al-
tri difcepoli, e garzoni \ non rifinò, che l'hebbe quafi tutto dipinto a frefco » Ma
volendo il Cardinale hauerui anco qualche Pittura di mano di Lucajegli così vec-
chio » & impedito dal parletico » dipinfe a frefco nella fecciata dell' Altare dellii_jÌ*#
Capella di quel palazzo, quando San Giouan Battifta battezza il Saluarore ; ma
si mfitr» dì non potette finirla del tutto, perche mentre l'andaualauorando fi mori, eilendo
8t.
smi »«/vecchio d'ottantadue anni. Fu Luca perfona d'ottimi coftumi, fincero >& amo"
. . réuole con gl'amici, e di conuerfazioné dolce, e piaceuole con ogn'vno, e fopra
Fu
d· ottmt jQ cortefe a chiunche hebbe bifogno dell' opera fua, e facile nell' infegnare a*
%
ltldtdo iuoi difcepoli. Viife fpiendidamente.e fi dilettò di veftir bene. Per le quali buo»
Lerfe laffra- ne qualità fÌi fempre nella patria» e fuori in fonima venerazione. Cosìcol
da »11» pif finedella vitadicoftuijchefunel 1511. Porremo fine al) a Seconda-»
parte di quelle Vite. Terminando in Luca come in quella perfo'^
na che
col fondamento del difegno j e delli ignudi partico^
larmente,e con la graria della inuenzione,e difpofitio-
ne delle hiftorie, aperfe alla maggior parte delU
Artefici la viaall'vltima perfezzione dell'
arte » alla quale poi poterono dar cima
quelli, che fegairono,
de quali
noi ragioneremo pec
inanzi «

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lì fine della Seconda Fam i