CcurnllAis PacWm Rom Kec/ius De(Ì: Partiti
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Nicolai- Biily- Rzc/ius Scula Po-vtici
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Xuteus indi'
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ITTURE
ANTICHE
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DE RCOLAN
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TOMO PRIMO.
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■V
PITTURE
ANTICHE
DERCOLANO
E C O N T O R N I
I N C I S E
CON QUALCHE SPIEGAZIONE
T OMO PRIMO.
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V
NAPOLI MDCCLVII.
NELLA REGIA STAMPERIA.
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PhiUppxv- Momh^ Fioriti. Ilef-Inoil^
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detto.
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SIGNORE
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ELL'offerire a V. M. il primo To-
mo delle Antichità di Ercolano, e con- torni , riguardante una picciola par- te delle Pitture, fentiamo il grande onore , che ci viene dalla Voftra be- |
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-'<vitJ7l,
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, _ «ignita . Tutto è già Voftro quello,
vuc vi portiamo : Voftro è quello fteffo potere , che
V. M. Ci concede, di renderle ciò, ch'Ella ftefla Tom.I.Pit. b ha |
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ha penfato , Vifoluto , efeguito con difpendio Reale ,
con lunghiffima cura , con fommo gufto, con amo- re paterno verlb la patria noftra , qual e quanto Vi coftituifce Angolare tra tutti i Sovrani , a' quali abbia ella obbedito . Speriamo, che fieno dalla M. V. compatite quelle poche parole , che or all' uno, or all' altro di noi fono ufcite di bocca in mezzo al pia- cere di oflervare le Pitture , i Dilegni ? i Rami, che la Voftra clemenza ha voluti da noi confiderati pri- ma di efporfi . Il parlarne parcamente è fentimento della noftra ignoranza , timore di deturpare co' noftri errori la magnifica opera Voftra , riverenza del Gene- re Umano, nel quale infiniti fon quelli , che meglio di noi avranno a giudicare . Veda dunque ormai V Euro- pa una parte dell'ozio Voftro dopo aver veduto il Vo- ftro fenno e valore nella difefa de' Voftri Stati, la Vo- ftra fapienza e religione nell' ordinar Leggi e Magi- ftrati , la fofferenza eroica de' pericoli , e delle priva- te e pubbliche calamità, la previdenza luminofa nel ri- comporre un Popolo abbandonato , e formarne una Na- zione, che comparifca degnamente tra le più colte per forze , per arti, per commercio , per pulizia , per lo fplendore. Confarvi Dio una vita tanto fertile de' be- ni noftri , della noftra ficurezza ? del noftro decoro, della compiacenza univerfale • |
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Umili/fimi Sudditi
Gli Accademici. |
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X? ?Z*i*uèe/a JBW? utrcA*" delia
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Jfy!/', "J£m^AM> JZéjfù? Tn.oÀJ ■ ^JÌx&fyjL^J.
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PREFAZIONE
ORRE il decimonono anno da che il
Re fi abili di pajfare in Portici qualche fiagione . Sentì 5 che in quei luoghi alcuni negli andati tempi fcavando ave- van dato in qualche pezzo di antichi- tà . Ordinò la continuazione, perchè il j % prodotto fojfe ornamento, e fiimolo del- nazione. Tra Portici, e Refina ritrovati teatro , tem-
i/1 ri * 'mo^* moltijfimi di ogni genere, fiatue , pitture, fé la 7^* monete Portarom Ufo/petto, che quelPabijjo fofi w^JZ°ka Cilià $ Ercolano , di cui gli Scrittori fan
menzione tr„ /• • • j t>, t >• ~~ ^J f j- \ a Kl* avvenimenti dell'Impero di Tito. Tanta
jeconaita non fi ripmò y che & ma Città . e in m a cer. carni-altra, ovefi ftima, che foffe V antica Pompei. Fu
poco differente h riufàta , e fé ne produffe la fpermza an- che per Vantica Stadia, ove però la copia non rifpofe. *ta in alcune Jìanze del Palazzo Reale di Portici la
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' .PREFAZIONE.
la moltitudine infinita di quei monumenti , della quale la
centefima parte bacerebbe alV ammirazione 5 ed è bafiata alla fieffa Roma. Qtiefio tefioro , di cui è fiato avvìfato il Pubblico col
Catalogo , fi apre ora 9 e fi comunica a tutti co' Rami. Si è cominciato dalle Pitture: quefie ? che fon V invìdia deJ più illufiri Mufei ? erano con maggior impazienza dalla cu- riofità degli Eruditi affettate . La negligenza altrui nel confervar quelle poche, che fi erano di tempo in tempo tro- vate prima 9 rende più intereffante quefia parte dell'Opera, che fi dà fuor a . Si apprenderà da efifa molto più di quan- to per altri lumi fi è faputo finora della ■ Pittura degli An- tichi . Tutti i diverfi gufili del dipingere, di cui ci refi a memoria me'liùrf^ fi potranno qui rtconojzefe. Ogni Tomo conterrà parte di tutti i diverfi generi delle pitture , che finora fi fon raccolte ; e fi continuerà così nelle altre 9 che di mano in mano fi anderanno aficavare. Le brevijfime fipie- gazionì 9 che accompagnano i Rami ? han per oggetto il ri- (vegliare alla rifiejfione i Lettori , che vogliano da loro fieffi efaminar le cofie : le Note allevieranno la fatica di chi fi "contenti de' nofiri penfierì * |
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TAVOLA l
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1
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Scalti tmio-j- pelimi Romat»
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Ntcolouf \£tf»rù Rom: Inciti:
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Et -umus yxtXm-' -Nc<ijooU'* ;
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fr<4n\ Lm*e£« Ii'partr. deliri: Jhrtic.
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(0
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TAVOLA I.
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R A i quattro Monocromi (*) fopra mar-
mo , perfettiffimi nel genere loro (3), e per la Angolarità ineftimabili (4), i qua- li , nel pubblicarfi le Pitture del Mufeo Reale, fi è creduto efler proprio (5) che a tutte precedeffero ; il primo luogo ha ,. quello, che, oltre ad efferfi prima de- g 1 altri feoverto 09, pregevole più che altro fi rende per
Tom-I.Pit. A gli |
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(1) Nel Catalogo ]V <r>ns>v
il Lettore al Catalogo hf ? XV' Noi r'manderemo fa rkonofcerne in quello t'IX?™ T!ttma^P^chepof- cìa non fi fa motto nelle noTrl VLI **?".> dl ™>r" (z) Cosi gli Antichi c£am{l2oaZL°%-- ,•
; rin %>1ìrin YYvy cavano le "Pitture dì un
colore fola. Plinio XXXV. 3. E per lo più fifervida- no né" Monocromi del Cinabro. Tlìnio XXXIII. 7 Cin- nabari Veteres, quae etiam nunc vocant Monochroma- ta, pingebant : e tal fembra effer il colore de' noftrì . (3) Sebbene il dipingere con un folo colore a' rozzi
prìncipìi di queff arte appartenga} pure nel colmo della perfezione dì effa ì più eccellenti Maeftrì talora tifaro- no sì fatta maniera . .Quintiliano Inft. XI. 3 l'afferma di Po/ignoto : e Timo XXXV. 9. dì Zeufi fcrive : |
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Pinxit & Monochromata ex albo . Sotto gì* Imperatori
fi ufava ancora, come "Plinio lo attefia de tempi fuoi XXXV. 3. 'Di q«eft* noflra fu così contento l'Autore, che vi pofe il fino no?ne. (4) Quefte, per quanto fi fappi a , fon le prime pitti -
refopra marmo , che fi veggano degli Antichi -, effendo- fi finora anche controvertilo , fé avefero quelli ciò fat- to , ofaputofare . J/Lapidem pilifere dì Plinio XXXV. 1. è tuff altro : U Valerfi delle vene fi effe del marmo per imitar la pittura non è dipinger sul marmo . (?) L'unità della tìnta, elafecchezza della manie-
ra fecero dubitare taluni, fé foffero difegni , 0 chiari- fcuri, e fé meritafferò luogo tra le pitture perfette . (6) Negli Scavi di Re fina a' i%- ^ Maggio del 1746.
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-X^4rcive^-cal>avio & diedra. & rovinata,
XP*ej-coz>etto jz&Cau-fe/ZoMlk roijirtaiù
menta \£^é&a0*a
J§&Tei-r-<i ifij ro7jin.a.ia. _£}. JPj~iorla. 6 rovinctta.
SòkCa-ra/e Jjj rovinato JUbJjttoaA/ 2>oue SÌ£*V&
R.Hyrio C. Cadetto M.Alante .77 Torre
lI-.Z.a.c/oM'Fium.,, Z Ij-oZa. I? PenlC
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■ -■rij,.
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I
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TAVOLA
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gli nomi del Dipintore (7) , e delle Figure («)-.., che
vi fi leggono. Nelle- parole : Alejjandro Ateniefe dipin- gea (9) : abbiamo il nome (io), la patria , e può ben 'dirli ancora Y età dell' Artefice. , mofìrandoci almeno la forma de' caratteri greci (*0 , eh' ei vivelle alquan- to prima dell'Era Criftiana'.. Delle cinque Eroine poi qui dipinte Latona (") , Niobe (13) , Febe (h) , Bee- rà |
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{7) Nelle Sculture non è co fa ordinariailtrovar vi/ì
il nome dell' Artefice. Nelle dipinture de''Vafiuna fola fé ri è veduta , a noftra notizia, col nome del 'Pittore. Negl' Intonachi nejfuna , per quel, che fi fappia . (8) Fu cofiume degli antichi Pittori apporre i nomi
alle per fané , che dipingeano : e di Polignoto avverte Paufania X. %$. che formava i nomi a capriccio nelle fue pitture. (9) AAEHANAPOS A0HNAIO2 ErPAOEN. Plinio
nella dedicatoria della Storia Naturale all' Imperai or Tito fcrive , che gli antichi Pittori , e Scultori ebbero in cojlume nelle opere loro più perfette concepire in tem- po pendente le ifcrizionì , così : Apelles , o , Polycle- tus faciebat : come fé v ole (fero, che quelle opere fojj"ero fempre confiderai e, come fola cominciate , e non perfe- zionate -, acciocché ancor quei, che v ole fiero giudicarne finifir'amente, fi rimaneffero dal criticar colui, che pre- venuto dalla morte non avejje potuto emendarle : e con- chiude : Tria non amplius , ut opinor, abfohite quae traduntur infcripta: ILLE FECIT. Ma Fidia fiotto la famofa Statua di Giove Olimpio pofe quefia ifcrizione: (beià'a? XapyJSH vieg 'AByvofìog pi è-Ko(r\<JB . Fidia fi-
gliuol di Carmide Ateniefe mi fece. Taufania V. io. Ed oltre a quefto abbiamo noi due altri efempii di. tali ifcrizioni in tempo perfetto : uno è nel Real Mvifeo, ove fi legge fiotto un bufto : AT10AÀI2NI02 EnOHSE : Apol- lonio fece. Ualtro era nella dipintura di un vafo Etru- feo del Mufeo del celebre no (Irò T>.Giufeppe Valletta , in cui fi legge* MA2IMOC EFPA*E: Maffitno dipinfe: Con troppa confidenza dunque ajferì Plinio trefoli efem- pii trovarfi di sì fatte ifcrizioni. (io) Ne Plinio, rie altri fa menzione dì quefto Aief-
fandro , che ben meritava dì ejfere con lode nominato. (11) Tali fono l' Epfilon, il Sigma , e*l Phi, fatti
air antica maniera . (ix) AHT&: Latona fu figlia di Geo, e dì Febe,
entrambi figli di Urano , o fia del Cielo, e della Terra. 'Di Latona jbno piene le carte , particolarmente per aver da Giove generato Apollo, e Diana : benché Ero- doto in Euterpe , dica , eh* Ella fu balia, e non madre di quefiì due Numi. Si veda Nat al Conte IV. io. (13) NIOBH: 'Di due \Niobi fi trova fatta menzione.
Una e nominata da Apollodoro , perche fu la prima tra le mortali donne ad ejfere sforzata da Giove : ne que- fia con Latona ebbe punto, rie poco che fare . Ualtra è la rinomata figlia di Tantalo , e moglie dì Anfione, Re di Tebe, la quale ejjendo Madre dì fette figliuoli, e di altrettante figlie ( alcuni vogliono di più ) infiuperbita di cotanta fecondità , cominciò ad infultar Latona, rie volea permettere , che fé le deffe culto divino, che a se crede a dovuto anzi, che a quella, che due foli figli |
avea, Apollo e 'Diana . Il perchè quefiì due arcieri Nu-
mi fide gnau , in un fiol giorno fiaet tarano i di lei figli, Apollo i mafchi, e Diana le femmine . Privata in tal maniera della fiua numerofa prole Niobe % dìsfacendofi in lagrime, fu. convertita da Giove in un macigno, che sul monte SipUo ver fia continuamente del pianto . Altri narrano con altre circoftanze la morte dì quefia Princi- perà . Si ^egga Apollodoro , Eliano , Paufania , e tutti quafi i Poeti, fpecialmente Ovidio, che nel VI. delle Trasformazioni de fcrive felicemente tutta la fa- vola . Come poi Niobe e Latona, mortalmente odiando- fi, pure in quefta pittura firingano le defire, ciò s*inten- derà dal verfo di Saffo rapportato nella Nota (17) dal quale fi rileva, che prima erano ftrette amiche . (14) 0>OIBH ; Non fembra cofteì ejjer Febe , Ma-
dre di Latona , dianzi nominata j ma quella pìutto- fio , che fu figlia di Leucìppo, e fior ella d' Ilaira, che le fia avanti accovacciata . Non vi ha tra Mitologi, chi abbia raccolte tutte le notìzie , che dì quefte due fior elle trovanfi fiparfie negli Scrittori. Noi le abbiamo.qui brevemente rifirette . Apollodoro ( che fiorì fiotto Tolo- meo Fificone, tm fiecolo e mezzo prima dì Crìfio , e la, cui Biblioteca, tutto che tratti de'tempi favo lofi', pure anticamente corfie col nome dy Ifioria -, e Scaligero affer- ma non poterlefi negare tal titolo, almeno in quanto alle fuccejfioni Reali per generazioni} nel lib. III. par la così. Da Afareo, e da Arena figliaci Ebaio nacquero Lin- |
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ceo , ed Ida, e Pifo
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Da Leucìppo , fratello
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di Afareo, e da Filodice figlia d'Inaco nacquero Ilaira,
e Febe -, le quali eflèndo ftate rapite da Cadore, e da Polluce (figliuoli di Leda , e dì Giove ) divennero loro mogli. E poco dopo fioggiunge : Caftore , e Polluce ef- fendofi invaghiti delle due figlie di Leucìppo, le rapiro- no dalla Meflènia. Onde poi da Polluce, e da Febe nacque Mnefileo , e da Caftore, e da Ilaira nacque Ano- gonte . Sebbene rapite in Mejfenìa , nacquero altrove. Stefano in Apbidna dice : Fu ancora Afidna un qual- che cartello della Laconica , che fu la patria delle due Leucippidi ; Febe ed Ilaira : Ovidio nell' Arte V. 680. parla del loro rapimento: e Properzio!. El. 2, Non fic Leucippis fuccendit Caftora Phoebe, Pollucem cuìtu non Theiaira foror . 'Dove e da avvertire il doppio abbaglio di Properzio, e imi nome d'Ilaira , e nel marito. Igino F. 80. aggiu- gne , che quefte due Sorelle, prima di effer rapite, erano ftate deftinatefpofe d'Ida, e di Linceo, loro cugini, e che Febe era Sacerdoteffa dì Minerva, Ilaira di 'Dia- na . Finalmente Paufania III. 16. dice , che in Spar- ta vedeafi il tempio d'Ilaira, e di Febe : cui eran con- fidiate 'Donzelle, le quali chiamavanfi Leucippidi dal nome appunto di quelle Eroìne. |
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ra (ij) ed Agiata (*<9 , fon così poche le notizie , che
ci reftano difperfe in varii antichi Scrittori, che non ba- llano a farci comprender, qua! foffe ftata l'intenzion del 1 ittore nelr averle unite in quello gruppo . Il preziofo eiametro della roeteffa Saffo conferva loci da Ateneo (iV>. in cui fi legge x Latona 9 e Nìobe erano Jìrette amiche
può ben rifchiararci stili' atto compagnevole, in cui fi veg-
gono effe qui rapprefentate, ma non più oltre (**). Merl- ano rilleffione particolare le due. che fi veggono leggia- dramente giuocare ad una fpecie d'alioffi, che gli Antichi aiceano Pentalìtìzare (i?) , perchè con cinque pietruzze foleafi
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due dutnvi t J ■ ?rtoS,rafia dì quefto nome ne* Agiata. Eufrofme, e Talia l'amabile.
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v. 945-.
Voicano il ciotto tolfe in moglie Agiata,
Aglaia , delle Grazie ultima nata .
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zlt'LZZl ' ^ £&?almente erotta, non filo ne-
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preffo Properzio fi
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Thelaira , e preffo Igino (17) Nel Lìb. XIII. e. 4. fi legge tal verfo di Saffo,
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Laura. Ma
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^ta*77 K-rreci concordemente fta fcrit- Aura yj Niófix {ixXcc {ih (piXcu rjauv eruìpai
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to con n.++. 1 Z
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o II {ih ( quidem _) porta dietro a fé la particella avver-
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contrario
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e fai iva Sì ( autemj: onde fembra probahìlijfimo, che de-
feri v effe poi la ^Poeteffa , come da così fretta amicizia
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"concordia di tuttìYli Aktori Gre
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ci , e
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de'
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Col marmo- in, rt-'tl ' Par che dehbaTprevalere ad un gìunfero all' efiremo dell' avverfioìie, e nimifià .
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Tiù
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{IÌSJ
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/' ordine Mie <ke lltfZ f°± i tJ^'T
in tutte ,L,„ / i . e Pur non -voglia dira, che
che ciò di *> r ■ -C %ueJto mn*e {per avvertire an-
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dell' intenzion
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del Thtore . La prima fu, che aven-
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do forfè il nojiro Aleffandro da originali dì più eccellen-
ti Maefiri ritratte quejie cinque figure , le avejfe qui pofie infìemeper fervìrfene, come, per dir così, dì efem- piati . La feconda, che ficcarne non era lecito alterare ì volti di Giove, di Apollo, di Minerva, di Ercole -, |
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Eliodoro e m^ l-dlft0 ^ *H AuUri '
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Sie-
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fino, e in '££3 r° fm^ e coì Ume » »
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pUO d°r'/J / ., ,J 1' c t6'W
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'afpro. L'etimologia
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P
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d(
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'tvare
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e
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chio
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Latìno
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cult9 e Tempii fingolari ; come in fatti'Febe e Ilaira
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il
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/' avevano in Sparta -, donde probabilmente Aleffandro
avendo ritratti i loro volti , per dijìinguerli} vi fcrifje i nomi; e lo fiejfo può dir fi delle tre altre : intanto, fe- condo l'arte, mi fi tutte in leggiadre azioni. E cade in acconcio quel che Taufania delle due Leucìppìdì, Febe ed Ilaira, firive nel citato luogo 5 che avendo nel Tem- po , che vedevafi loro in Sparta dedicato , una delle loro Sacerdotejfe rinnovato il volto del fimulacro di una delle due T>ee, fu minacciata in fogno che non of affé far lo fiejfo neW altro fimulacro . La terza con- gettura fu quefia -.fecondo Apollodoro III p 147. af- fegno Erodoto a Nìobe non più , che trefoli mafehi e tre femmine} quindi è verifimtle che il 'Pittore rap- puntando Latona e Nìobe nel tempo, in cui erano |
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^egga il Sopìngio fipra Eji-
Def, -0 • r-ovate col principio del Ubjo
,c racie m orbe Lunae, doe Udstpccjta de-
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dì ?'lutarlartvato d> iXo,
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(16) ArAAlR
fo gli Antichi ' TTUe jr°^e ^^aie fon nominate pref- di Niréo, dì ctìi o f* m°glìe dt CaroP°> e Madre Navi v. 178. s ^ero Cost canto nel Catalogo delle Niréo da Sima conduce» , M .
Niréo d' Aglaia figi^ trJ. N^i, Niréo , che , fuor d' AchUle ?ar°P° '
Tutti in beltade, quanti ££?*»£> i Greci Sul quale luogo ^^ri^^- si Ntreo , come 1 fuot Genitori finirono ilor lignificanti beltade . Non par, che quefia aJuìT^i quale non fupero 1 temp? della guerra Troiana Lfc |
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amiche
i |
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•vejje anco dipìnte le tre fi Aie della feconda,
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t . /1 nini +.... r . ■ " r, ^ r,1..'.
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trovar lunan traile altrp au/i.ttrn J»Il„ *.:>..■ ì. * JJ
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trovar luogo traile altre quattro della pìlt rimota an- AaLT™} tr"°* per ~dtro ^otf "forfè erano Febe,
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tichtta . Onde converrà dire piuttofto , che la no(ira
fojfe la figlia di Giove , e una delle tre Grazie dicmEfiodo Theog. -v. 907. e feg. così firìfe . '
v-reo a Giove Eurinome le tre Grazie |
La varietà del nome di quefia ul-
mt gli Ai ra dava qualche pefi a tal penfiero . (ISO "Polluce Ub. IX. Sez. 126. ci fpiega minuta-
mente yuefto giuoco : Al Tentalita ( egli dice ) così fi giuo-
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4 T A V O L A- i;
foleafi fare tal giuoco, o con cinque pezzetti di altra ma-
teria 9 e talvolta con officciuoli detti propriamente ajìra- gali (*°), che fon quelli appunto, che qui fi offendano di- pinti («y, e de'quali noi Real Mufeo molti fi conferva- no veri 9 e naturali. |
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fì giuocava . Cinque pietruzze , o calcoli s o alioffi
dalla palma della mano fi lanciavano in su, per modo che rivoltando tofto la mano , veniffero a ricevei nel dorfo della medefima. Or quefto appunto è quel, che fa nel nofiro marmo Ileera , Quelli poi 3 che non fi rac- coglievano sulla mano rivolta , fi alzavan da terra : come foggiung? Polluce \ e come par che faccia qui Agiata. Ed era tal giuoco più da donne, che da uo- mini , come avverte lo ftejfo Autore , (io) Aftragalo da' Greci, e Talus da' Latini chia-
mafi queW officciuolo tolto da Agnelli, o altri piccioli animali , che i Tofcani dicono Alioflb s o Tallone, o Talo , 'Di quefii ojjìcciuoli valeanfi gli antichi nel Lu- dere talis , che oggi dicefi, giuocare agli Alioffi . JJ Aliofiò ha fei faccette : ma in due non potendo regger fi, ne fiegue , che fole quattro cadute fi conti- no : delle quali tale aveafi per vantaggiofa ., e tal |
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per contraria '. *Dì quefto giuoco se ne fon fatti trat-
tati interi dopo Euftazio fopra Omero : ma è ben diverfo dai nofiro , che qui fi vede dipinto . Bafia avvertire 4 che gli Artefici rapprefentavano nelle loro Sculture 5 e "Pitture tai giuochi . Plinio^&'KX.lV. 8. fa menzione del famofo fimulacro di Policleto, rappre- fentante due ragazzi , che giuocavano agli Alioffi, chiamato pei So tal fimulacro Aftragalizontes . Pau- fania X. 30, riferifee , che in una pittura di Poli- gnoto fi ve de ano le due figlie di Pandaro, cioè Cami- ro e Clizia, 7i adderai fcparyctXóig. E'I Segnino f. 13. lo rapprefenta in una curio fa medaglia con quefia feriti ai Qui ludit , arram det , quod fatis eft. (xi) Oltre ay cinque Alioffi fi veggono nella nofira
pittura delle altre cofe da quelli diverfe : forfè per rendere il giuoco più intrigato ? e più dilettevole . |
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Nic-ATàiTAii claii
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TAVOLA II.
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"nt--Rom.lUqUu deli.Portiti
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Sedici' umvs 'palmi. Roroom
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Et uniuj TOrtlm* NeetjpoUt.*
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NicoWj \£tom Ronj: Incaci:
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n: Louegw Ispan. detto: Portic.
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TAVOLA
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ELLA molto è quefta pittura (*) , ed
egualmente ben conservata : e ficcome il Giovane affalitore colla vivezza dell'at- teggiamento ilio (3) ci dimoftra la nobi- le fantafia dell' Artefice (4) ; così il Cen- tauro aflalito nel!' atto , che porta Y ardi- ta mano sulla Donzella sbigottita ? che a se lo refpigne , ce ne feuovre Y intenzione : avendo
r e voluto il Pittore efprimere qualche azione ;- che al- a guerra de' Lapiti co7 Centauri (5) abbia rapporto. E ben
1o*U.Pit, B verìfimile |
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fO fulaCTl N- vccxxxriL
nelle due T / marm° con &li altrt duerapprefentati
v« ^ 1fy°le Seguenti , trovato negli Scavi di Refi- «■e V" •/• aPpunto la mojfa di coftui, qualce la dipin-
ó Virgilio parlando di Corineo Aen. XII. 3°i- e feg.
*,,' " ■ • • Super ipfe fequutus, ^aefariem iaeva turbati corripit hoftis, «nprefToque genu nitens terrae adplicat ipfum : Sic rigido latus enfe ferit..... Benpuo dirfi 0 che'IToeta abbia efprejfo il Tutore, o
che ' / Tìttore abbia imitato il Toeta .
(4) Crede taluno di ricowfcere lo ftetfo Artefice in
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tutti i quattro Marmi -, i quali poco tra loro dìjferifco-
no di mifura . Comunque ciò fia, quefta pittura è cer- tamente d' un merito fingolare. (5) Tiritoo figlimi dy IJfione, Re de' Lapiti , po-
poli della Tenaglia, avendo fpofata Ippodamia, 0 Ip- podame-, invitò alle fiue nozze i Centauri, dell' ori- gine de' quali fi parlerà altrove, guefti rificaldati dal -vino tentarono violar le donne de' Lapiti, i quali col- l'ajuto di Ercole e di Tefeo , parte de' Centauri ammaz- zarono , e parte cacciarono dal lor paefe . 'Diodoro lib. IV. Tlutarco nella vi*.' di Tefeo , ed altri . Su quefto fondamento fabbricarono poi a lor talento con. egual franchezza ì Pittori, e i Toeti. |
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8 T A V O L A II.
verifimile ei fembra, che la più importante, e quella ap-
punto , che die cominciamento alla mifchia (6) , fiafì qui figurata. Sarà dunque la giovane donna Ippodamia (7) Ipo- fa di Piritoo , cui tenta rapire Eurìto (8) Centauro, che da Tefeo (?) , o da altro Eroe, vien del temerario atten- tato fuo colla morte (">) punito. |
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(6) Ovidio , eh' elegantemente deferive quefta guerra,
la fa cominciar dalla violenza, che fece Eurito ad lp- podame. Metani. XII. 210. e feg. Duxerat Hippodamen audaci Ixione natus ,
Nubigenafquejeros, pofitis ex ordine mentis, Arboribus teclro difeumbere jufTerat antro . Aemonii proceres aderant, aderamus &c ipfi ; Feftaque confufa refonabat regia turba. Ecce canunt Hymenaeon, & ignibus atria fumant. CincTraque adeft virgo matrum nuruumque caterva, Praefignis facie: felicem diximus illa Conjuge Pirithoum : quod pene fefeliimus omen. Nam tibi, faevorum faeviflìme Centaurorum Euryte , quam vino pe£tus, tam virgine visi, Ardet 3 & ebrietas geminata libidine regnat. Protinus everfae turbant convivia menfae : Raptaturque comis per vim nova nupta prehenfìs. Eurytus Hippodamen, alii, quam quifque probabant, Aut poterant , rapiunt : captaeque erat urbis imago. Femineo clamore fonat domus : ocyus omnes Surgimus : Se primus, quae te vecordia, Thefeus, Euryte , pulfat , ait, qui me vivente laceffas Pirithoum, violefque duos ignarus in uno ? Neve ea magnanimus fruftra memoraverit heros, Submovet inftantes, raptamque furentibus aufert. (7) Plutarco nella vita di Tefeo la chiama Deida-
mìaj e Properzio II. 2. v. 61. Ifcomache. (8) Gli altri lo chiamano Eurizione , ma Ovidio
T appetiti Eurito. fo) -]Puufanìa V. io. deferivendo il tempio di Giove
Olimpio , dice: Combattono nella volta i Lapiti co'Cen- tauri nelle nozze di Piritoo : nel mezzo è Piritoo : preiTo a lui fta Eurizione nell'atto di rapirgli la fpofa; e Ceneo nell'atto di difenderla: dall'altra parte Te- feo colla Scure mette a morte i Centauri. Plutarco, nella vita di Tefeo, anche è delfentimento , che Pi- ritoo invitaffe Tefeo alle fue nozze , e che coli' ajuto di quefta ammazzale , e difcacciajffe i Centauri, che |
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tentarono violar le donne de* Lapiti. Soggìugne però lo
ftejfo Plutarco, eh' Erodoto narra f venfimilmente in quei libri, che lafciò fritti intorno alle gefia a" Ercole} che dopo efferfi attaccata la guerra de* Lapiti co' Cen- tauri , fopraverne Tefeo in ajuto di quelli , e che in quefta 'occafìone conobbe egli la prima volta Ercole. Tra quefta diverfttà di opinioni può ben dir fi, che 'l Pittore abbia feguito il verifimile nel rapprefentar Te- feo , che uccide di fua mano il Centauro , che tenta rapir la Spofa del fuo grande amico Piritoo . fio) Ovidio nel luogo citato così fegue a dire: Forte fuit juxta fignis exftantibus afper Antiquus crater, quem vaftum vaftior ipfe Suftulit Aegides , adverfaque mifit in ora . Sanguinis ille Qcioè Eurito ) globos pariter, cerebum- f que, merumque,
Vulnere, & ore vomens madida refupinus arena Calcitrat : ardefeunt germani caede Bimembres, Certatimque omnes uno ore, Arma, Arma, loquun- (tur.
Il Poeta fa morir Eurito col bacino Jcagliatogli da Tefeo, perchè così gli venne fatto di dar principio al- la zuffa, e variarne gli avvenimenti . Il Pittore al contrario con una fola azione fa ajfalire il Centau- ro dal fuo Eroe in quella nobile e ftudiata maniera, che qui fi offerva. Tutto che niente fembrì più natu- rale , che l' Uno e l' altro modo adoperata a-vcjTc Tcfco^ lanciandogli prima il bacino, e, dopo averlo così fi'or-
dito , forandogli il fianco : non altrimenti che apprejfo Virgilio, nel luogo fopr a citato, Cor meo avendo prima tolto dall' ara un ardente tizzone , e gettatolo sul vi- fo dì Ebufo, e così avendolo fatto sbalordire , glifi avventò poi fopr a nell' ingegnofa maniera deferitaci dal Poeta. Ma se fu lecito a chi narra , rapprefentar ci, /' una dopo V altra, le varie circoftanze -, il Pittore non potè appigliarfi che ad una fola , ma la più ri* cercata azione . |
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TAVOLA III.
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II
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t «ni'uj ' JVe aysoù-
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TAVOLA ITI
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(0
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UE STA Pittura è fiata dal tempo co-
sì mal concia ? che vi fi ravvisano ap- pena i contorni , come nel? efàttiflìmo difègno, e nel rame fi oflerva. Contri- buifce anche ciò non poco per render- ne la fpiegazione più malagevole . Il Vecchio in parte nudo 00, e ricoverto in parte da una pelle (3) , fembra effere l'educatore di H^ei bambino , che tien fra le gambe , o bambina che » a cui tutta la pittura ha rapporto : poiché la Pafto- nar eh Ninfa * che dir fi voglia ' la ^uaIe raccare^a>
la hne fia k balia ; e la maeftofa donna > che tien Pe x | r,8ha un puledro, o n'è la Madre, o certamen- te e aie , che ne diftingue le avventure (4) . Potrebbe ^^^^^^Kdunque
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portar la pelle.
(4) V* fa cB penso rapprefentarCi qui Melanippe,
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(z) Ha egli il defiro braccio coverto . T>a* Greci la
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tonac
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avve,
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ne il Kuhnio, dalla fmiftra parte, Ihiàmaval 'JT- *£,'**?"* &?&** ne> Frammenti , detta da
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«àrxfifo Wlh : ed era propria de1 Servi. ^
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. - - - ----- tra le mandre di Eolo fuo pa-
dre. Igim F. 186. Ma non bajìa quefta fola circo-
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Poli. VII. 47.
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0) Tuo efere coftui un Pallore , o un Eroe <7);
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ce le Scoliate di Apollonio ad Argon III 17/ tZ J n * 4eCtdere deU' «*enxi*n del Pittore: perche
**« f* ^ 7Ò dP^omv : èWe del Erti Z^LZ?*,,*** "*•> * f*~*»& amenti |
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gli Eroi occultamente allevati.
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AVO
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A III.
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12
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dunque cllrfi ? che 1 Pittore abbia voluto rapprefentar-
ci ol'educazion & Achille (*)•, o Poccultazion di Nettu- no (6) 5 o l'arcano parto di Cerere3 che trasformata in giu- menta 9 generò la Dea Regina ? e '1 Cavallo Arìone (7). la ancorché quelle non fieno che incerte congetture («); è certamente
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(s) IToeti, quafitutti, fingono, rfo Achille fu da-
to dalla fitta Madre Tetide ad educare al Centauro Chitone, e poi tra/portato ne II' Jfiola di Saro per oc- cultamente colà trattenerli fiotto abito donnefico . Ma tutto altro racconta Omero di lui, con dire, che Te- leo nella regione di Ftia , di cui era fovrano , fece educar Achille fiuo figlio da Fenice. Così nel IX. del- l'Wxzàt v. 480. e Tegnenti s parla quefto fiavio Eroe al fiuo allievo ■ Abitava io l'ultimo confine di Ftia.... e feci te o Achille, così grand' uomo, amandoti di cuo- re : né tu volevi andar con altri, né mangiar cofa al- cuna , se non quando io pofto te a federe fopra le mie ginocchia ( cr gV ì^oìaiv syà yivoLUdi x.ct9fo<xg ) ti por- geva il cibo tritato , e ti dava a bere . E prefifo il con- tinuai or d' Omero Q^ Calabro III. 467. e feg. così lo fteffo Fenice dice ad Achille : Pelea portando te nelle lue braccia , ti collocò nel mio grembo ( xqKkm èpài KCiTsQyjks ) e con premura in' impofe, eh' io di te pren- derli cura. 'Due eran le partì dell' educazione , una che fevviva alla formazion dello fipìrito } V. altra che riguardava la cura del corpo. Ne' Toetì, e particolar- mente Tragici, fi vedono quefie due partì fiofienute da* Pedagoghi, e dalle Nutrici, che talvolta accompagna- no ì loro allievi anche adulti . Nel vecchio dunque fi riconoficerà Fenice, che tìen fra le ginocchia Achille, a cui additando /'ara infinita que' fientintenti fiejfi di pietà, che a lui già adulto ripete pr e fio Omero al cit.l. v. 492. e feg. La donna, che lo accarezza, fiarà la Balia . Enell' altra, che tìen per la briglia il cavallo, affai bene e propriamente efiprejfia verrà la regìon di Ftia ove nacque Achille, celebre appunto per V abbon- danza de'' genero fi'puledri, chiamata per ciò. da ^Cala- bro rtooà@- . Non altrimenti Filoftrato il giovane fa nella l. dell' Immag. in cui volendo rapprefientar l'(fia- la dì Saro , dipìnge una maefiofia donna adornata dì quelle cofie, onde Sciro abbonda'. Vedefi 5 egli dice, un' Eroina coronata di giunchi, polla fovra un monte: ella è 1' Ifola Sciro, che ha tra le mani un ramufcel- lo d' olivo. Nella groftà bafie di marmo eretta in Toz- zuolì in onor di Tiberio fi veggono ficolpite quindici -donzelle , che co' loro fimbolì corrifipondentì rapprefien- tano quindici -Città dell' Afiia Minore . Le Medaglie ci fior nife ono dì altri efiempj moltìjfìmi . (6) Il fiero proponimento , che Saturno per ragion dì
filato ave a fatto a" ingojar tutti i fimi figliuoli, e noto egualmente , che la cura dì fina moglie Rea di naficofta- mente allevarli , con fio flit uir e or unfajfo>or altra cofa, che dal marito con pari avidità, e ftupidezza era in ve- ce loro divorato . Or per falvar Nettuno , finfie aver pur tonto un puledra, e dando quefto a mangiare al Vec- chio , raccomando H cambino a T afiori d' Arcadia. Così racconta quefi'avventura Taufian-ìa Vili. 8. Rea aven- |
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do partorito Nettuno, lo nafeofe in un ovile dandolo ad
educare a'Pallori tra gli agnelli: in fua vecepofe avan- ti a Nettuno per eilèr divorato un puledro, ch'ella lin- fe aver partorito , ficcome la fteifa Rea fi dice s che fo- flituì a Giove un fallò ravvolto nelle fafee . Neil' Eti- mologico v. Kpw), fi legge : Arne, Ninfa nutrice di Net- tuno . Fu detta Arne quella Ninfa s il cui vero nome era Sinoefa, perchè prendendo da Rea ad allevar Net- tuno , quando Saturno lo ricercava , ( d^pvrjffUTo ) ne- gò di averlo in fua cura.- Così ferirle Tefeo ne' Corin- tiaci al lib. III. Su quefii racconti il Vecchio fa- rà il Pallore , eh' ebbe in cura il pargoletto 1)io. AJficura egli del fiuo filenzio coli' indice alzato la Ma- dre Rea, rapprefientata. nella maefiofia donna , che col fegnu ftcjfiv dell' indice , ver fio lui diretto , corri- fipondendogli , ajuta moltìjfimo quefta congettura. Il puledro, eh' ella regge per la briglia , fiarà quel- lo 3 che finfie di aver partorito per fiofihuirfi a Nettuno. La Ninfa dietro al Vecchio, fiarà Arne : la cui fie- del fiegretezza volle forfè con bella fantafia efiprimere il Tutore col panno , che pendendo a traverfio del collo le tura la bocca. (7) Taufianìa Vili. 25-, ficrìve così: Dicono , che
Nettuno invaghito di Cerere fua forelia, tentò violar- la : ma la Dea transformoffi in giumenta, e fi nafeo- fe tra gli armenti in Arcadia. Accortoli di ciò Net- tuno , cangioffi anch' egli in cavallo , e così prefe di lei il fuo piacere . . . . Cerere partorì una fanciul- la, il cui nome religiofamente celavaii a' profani -, ed oltre a quefta un puledro , detto Adone : e per tal caufa fu chiamato Nettuno ( iTxtoq ) Equeftre . E nel ci 7. fa menzione di Anito educatore^ della fanciul- la , e dice chiamar fi volgarmente quefta figlia dì Cerere e dì Nettuno, àéffjoivtx, Regina , non fiapendofi da tut- ti il firn vero nome, ne ofiandoì chi lo fiapea , pale far lo. Totrebbe dunque fofpettar taluno 3 che fia Cerere la, donna , che tien per la briglia Arione fiuo figlio, e im- pone filenzio al Taftore , e alla Ninfa , come fie occul- tar volejfe il moftruofo parto } e raccomandar fiegretez- za per l' arcano nome della fua figlia y ch'ella lafcia alla cura del Vecchio y e della Balia } che della loro fedeltà l' ajficurano . (8) TregevolìJJìma farebbe la nofira pittura , qua-
lunque di quefie ire congetture fi ammettere , per la rarità dell' efprejfione : 0 nell' educazion di Achille rap- prefientata col fine ero pennello d' Omero , non co' finti colorì degli altri Toetì: 0 nell' occultazioni di Nettu- no , cut non s'incontrerà facilmente la filmile, Q come se n'-è veduta alcuna dell' occultazìon dì Giove ) : 0 nel doppio parto di Cere/e , cui forfè i famofi mifteri di qtsefia 'Dea avean del rapporto -, |
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TAVOLA III. 13
e certamente grande il pregio del noftro marmo , qua-
lunque fiane l'intendimento . La rotónda -pietra colla fo- vrappofta ara, quale appunto in altri monumenti s'incon- tra (9), par che voglia dinotare rapprefentarii qui cofa, che a Nume fi appartenga. |
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S' Wda Fa"*tì Infcript. c.V.p. ìSo.elùntf. To. II. Tav.90. e 91.enelfajpflmentoro.il. Ta. %f.
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fcr/m. JJeafjcftt-
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Tom. I. Pit.
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TAVOLA IV.
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mmmma
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17
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Vanni Mhi.Jlit.
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Jca/a unìiej /?a//». Ro
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^A-lojcr J.?i eij,
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fia/m. JSTeavi
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UO dirfi con fieurezza 5 che ficco-
me in altre pitture (2) del Mufèo Rea- le fi veggono le fòle mafchere , così le perfone iftefle mafeherate (a) fi rap- prefentino in quello marmo , Ma non |
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'"■''te/h
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'-VWFj-,
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fi può colla ftefla certezza decidere
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p, ^. sul carattere di quefte perfone (4) .
aliai verifimile , che, ove in altri pezzi fi riconofeo-
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no
/» <:«/ fi legge i ArchimimuS perfonani ejus ferens ,
imitanfque s ut eri nios , &&a ac dièta vivi.' /*- *r*^« a ftento s <? ^w di pròpofito dedurfi , fhe ta- lora fi ufajfero le mafchere nell* accompagnamento funebre , Ma che le prefiche fi mafehera fero , fimbra veramente contrario al lor carattere ( eh* era quello d* imitare al naturale un vìvo s e fincero dolore ' &c dicere s ac facere própe pìura doìentibuS ex ànimo : fecondo l* efprejfone di Orazio ) perche la mafehera feovriva fubìto la finzione , e toglieva loro la ma- niera di far ne* loro volti comparire la triftezza, e la difp erazione * Che se anche dìmofirar fi potèffe 5 non oftante ciò 5 ejferfi talvòlta dalle Tr'efiche tifata la mafehera-, né pur tanto baftcrebbe a render ragione della nofira pittura $ ove né cadavere, né funebre pom- pa fi 0ferva , Ter togliere tutte quejìe difficoltà dovreb- be dirfi, che stilla feena talvolta le "Prefiche comparijfe* ro ì e che qui non intorno al cadavere, ma avanti la porta forfè del defunto fiafi voluto rapprefentarle, Ma chi penfajfe . così , farebbe torto al Pittore 5 il quale avrebbe dovuto efpr'mtere altrimenti la fila intenzione, |
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O) $eJnatatal', N- VCCXXXVIIL
IDXXVl. -DeyyL?f^- ™'numeri <DXXIV. TiXXV ^ No* Puf ," S ^XXVilit e altrove. '
dipinte ften march dubbì° > che le tre Fi£ure <luì
de* loro volti , che erate > poiché oltre alla caricatura
nella prima di eir?°r {e™brano certamente naturali, la pittura la bocca 4eÌ}fim^Ue a(fai chiaramente sul* mafehera. Né i capelli/erAna dalr aPeftura della turali, potranno produrre arimghati che forano na* fapendofi, quanto ufi faCe1pCUn {°^ft0 in contrario , acconciature di chiome noni il™ Wf delle varie (4) Vi fu chi pensò r„*,^ V ^
.........Mercede quae
Conducile flent alieno in funere « /*
„Multo & capillos fcindUnt & d'I"6"0'. *«W. Ammano h. creduto fc ^ s f™em a[cuni mmmmi ZticlfT/T, r f'tU « cofa dì effire „„,„,,, j /■ , ' OTB laf"a perì) So di Sue J^eZ :Jt%b£ r *>' "*~
viva at Vefpafiano cap, i9,
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TAVOLA IV.
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no apertamente comiche W rapprefentazioni dipinte ? qui
una tràgica azione (6) abbia voluto efprimere il Pitto- re ; le pongali mente alla profonda triftezza , e al pianto (7) , ed alle lunghe (8) , e liftate (?) vefti , le quali fcendendo fino a' piedi delle tre Figure , covrono parte ancora de' lor calzari (io). |
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Aefchylus, & modicis inftravit pulpita tignis ,
Et docuit magnumque loqui, nitique cothurno .
Snida perii vuole , che l' inventore delle mafichere dì donne [offe Frinico, dìficepolo di Tefpi . Fu propria de' tragici tal vefie, detta Palla . Ovidio III. Ani. El. I. ix. e Virgilio Aen. XI. le dà l' aggiunto di lunga : Pro longae tegmine pailae . I Greci la dijfero avpfict . 'Polluce VII. Seg. 6j. Marziale chias- ma il Sirma tragico , longum , e Sidonio. Apollinare profundum. (9) Sì veda "Polluce IV. Seg. 115. e Platone de
Rep. Vili, il primo numera tal vefie tra le tragi- che, il[econdo dice effer propria dì donne. (io) Polluce tra? calzari tragici nomina aoB'ópvag,
$ èfifiscìag. IV. Seg. 114. e VII. Seg. 85-. dice èyfidSeg ivTSXsg fièv vTìófyyLCt .... T?jv Ss iosav x.o$apvotg rccxzivaìg eoiKS : gli embadi fon calzari comunali ... la forma loro a quella de' baffi coturni raflbmigliafi . E tal fior- ta di coturni par che abbia rapprefentata qui il 'Di- pintore . Se non che l' alta, e [or[e non ben propor- zionata ftatura della prima delle tre Figure ficcarne ci confierma nel penfiero dì efiprimerfi qui tragiche per- fione , delle quali era proprio V imitar la grande , e maefiofia corporatura degli Eroi, e dell' Eroìne -, così [ece credere ad altri , che veri ed alti coturni fien quefii -, che dalla vefie coverti non comparificano . |
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(5) Nel Catal. N. "BLXXXIV. e T>LXXXK _
(6) Parve a taluni di riconofcere in quefta pit-
tura qualche fcena dì tragico Poeta j ma temereno gli altri di reftringere ad un filo [oggetto , quel che con pari incertezza può irarfì a molti. (7) La figura di mezzo e nella moffa iftejfa , in
cui da Omero è dipinto Telemaco Od. IV. 114. 116. ààx'pv <T' dvè fìXetpàpuv "XpcyÀS'is §dxs nocrpòg àxévag,
'XMivay Tiop^vpSTJv àvr é'<p&&Xfto7iv dvacr^ùv ,Aiu,(poTépy]!?i %epcri.....
Dalle ciglia p-ittò lagrime udendo
Del Padre il nome , follevando agli occhi Con le due mani la purpurea vede. In Euripide, e negli altri Tragici Greci s'incontrano delle [cene, in cui gli Eroi e /' Eroine $' introducono piangenti. Si avvertì quefto per togliere il dubbio, che fi propoje j se dovejfe la noftra pittura dirfi Coro tragi- co piuttofio , che Scena ; giacché Ariftotele Prob.XIX. qu. 49. riflette 3 che le fcene tm^)chc fin [ormate da Eroi, cuifiì conviene lafierietà, la gravezza, ed un tuono ilibdorico, e iubfrigio -, laddove al coro tragi- co compojìo di gente popolana àppéfyt rè yospòv, h) èav- Xl0V Iv^jK xoà f'ÌA©j : ben il appartiene un carattere, ed una melodia flebile, e tenue. (8) 'Delle mafichere, e dell' abito tragico parla Ora-
zio nell' Arte v. 278. e feg. Pori lume perfinae , pallaeque rcpertor honefìae
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Et xuùvLs vàlm JVeapolit:
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TAVOLA V.
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Camlllus Bicleyrri Rorrt: Reyiuj Deli Povrid
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Nkolcius Billy Rom: Ketfiujicuip.PoVttà
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jcglg di un/^fl/rno |\j g/ol e^c.no
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1 T
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r.e wntts fta/m. JVéaóolU
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T A
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U E S T A pittura (2) , eh' è una delle
più grandi (3), che abbia il Mufeo Rea- le , merita per ogni riguardo eflere an- noverata ancora tra le più belle (4). El- la era , quando fi trovò , molto ben confervata , e i fuoi colori erano vivi e frefehi; ma coi tempo ha perduto al- quanto . Le figure fon ben difpofte ; e ciafeuna parte fua |
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Tom. I. Pit.
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D
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è ben
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non dipìngeano se non sulle Tavole, che potè/fiero tra/
portar/ facilmente 3 e agi'incenda e alle rovine fottrarfii il dipingere sul muro era opera degli Artefici di poco CSf°: ^'però , che talora tra gV intonachi non s tncontraffero i miracoli dell'arte. Lo fleffo Tlinio PVU 3' Parl?.c°n """viglia dell' Atalanta , e del- t £lena antichi/ime pitture, che a' tempi fiuoi li ofìer- lZn° % LrmUVW tralk ro™* delle mura fin
eTl-7:Ufamf t P£Z d^P^re,che Tolignoto, tirillIaT"? % n£lle mUr«de' **V» • e ne'por-
tici della Grecia . Sappian>n j„ m. ■ i r • « jj, cor • ri l^mo eia yitruvio . da Lue/a-
no , e da Tlinio medelìmn r i> Z a j- +,;J > ^ . "atJlwo che l antico co fiume dt ìttlìe f Ì*>mmiera di Wft*,' *& altre n°fire
pitture giudicheranno i periti nell' arte . guel , che fOjpamonoi con molta verifimìglianza affermare, egli è,
e e se gli autori delle no/re pitture non furono tutti perfetti nel lor mefiere, ebbero pero quafi/empì-e avan- ti |
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'Refina fi tr££'»* filici/coverte fatte negli fiavi di
in una gran fta 739- quefla pittura con più altre cui fi ragionerà **U * che fu creduta un tempio , di
(3) Vitruvio VH 'r • j
parti degli edifica h S'• JPe&ando > come alle varie
di pitture , dice: NGn 5r^™ con'venienti generi ■Mszalozraphiam , hab™Ss,in locis item %norum janas pugnas feu ^^^%^^
r ole par, che fi raccolga , che le pitture Zpjft naggi rappre/entanU o <Dei , 0 Eroi , e le loro fià- •volo/e aziow , f off ero dagli Antichi comprefe fiotto ti nome di Megalografia, a differenza delle altre pit ture che conteneano perfonaggi a capriccio j non che di quelle ove cacce , pefche , paefini, architetture o al 'forte IatU C°fl eraK0 efprep: dt ÓafcUna d*UÌ PUB
jorteaveremo di mano m mano occafione di far titola (4) Avverte TUmo XXXV. J che ; JZIZefir'i
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^TAVOLA V.
è beo intefa : onde non lafcia di efier tuttavia un pezzo
veramente {ingoiare. Rapprefenta la famofa azione di Tefeo in Creta '{$). E quefto Eroe inaeftrevolniente dal dipintore efprefiò nudo (6) , di alta e gigantefca ftatura (7) , colla nodofa clava (8) » e colF anello (?) al dito della finiftra ma- no ti originali eccellenti. Gli errori , e tal volta grof- ra di rapprefentare i perfonaggi nelle fatue ( che an-
folani, che in molte di effe fi fcuoprono tra i più che può trarfi alla pittura ) Graeca res eft nihil vela- gran pregi, ne fono un forte argomento. Non vi è co fa re: Abbiamo avvertito generalmente altrove , come la più naturale che V efferfi imitati da dipintori de' nudità del corpo convenga agli Eroi. T>ella nudità noftri 'Monachi, e copiati in tutto o in parte i capi de' piedi conveniente ancora agli Eroi parla in partìco- d' opera della pittura , e della fcultura , de' quali lare Filo/Irato Epift. 12. e ne II' Immag. XVI. del lib.i. la Romana potenza all' ora eh' era nel più alto punto fi dice ejfer propria degli Ateniefì . Plutarco nella vi- di fua grandezza , avea fatti ricchi tefori, non che ta di Focione, e Platone nel Simpofio par, che voglian i pubblici luoghi , le ville iftejfe de' privati. I per- notare e jfer e fiato cofitime de' Greci antichi l'andare ftttijfimi efemplari , che gli artefici di que' tempi ficalzi. Per quel, che riguarda la capellatura del no- avean fimpre avanti gli occhi, dovunque fi rivolgea- firo Tefeo , non è punto diverfa da quella degli altri no , dovettero certamente anche a' meno abili fommi- giovanetti, che gli fon dintorno : avendo forfè volu- 7iiftrar le idee , e le immagini più belle per adornar- to il Pittore piuttofto efprimere il general cojlume de" ne , a feconda del gufo , e della pajfwne allora do- Greci , a cui par che alluda Omero Od. IV. i^o. di" minante , l' intere muraglie delle pubbliche fabbri- cendo , che Telemaco era chiomato nella parte fupc- che , e delle private . Bajìa aver tanto qui general- riore delia tefta ) che alla particolar ufanza di Tefeo ?nente avvertito : potrà , chi ne abbia talento , far dì cui dice Plutarco , che fonduti avea i capelli nella, ufo di que fa rifiejfìone ne II' e fame di eia fauna pittura forma degli Abanti, detti da Omero II. II. 54A. ìiti&èt in particolare, . xofMUVTSq : chiomati dalla parte deretana del capo . (5) Egeo Re di Atene per ragion di fiato fece Che fojfe poi coffa comune tra' Greci portar fempre ffeo-
ammazzare Androgeo figlimi di Mìnojfe Re di verta la tejla , fi può vedere preffo Luciano in Anacharfi. Creta. jQuefii per vendicar la morte del giovane Prin- . (7) T>ella firaor dinar ìa ftatura Eroica di dieci m* cip e porti) la guerra agli Ateniefì: i quali (Ir etti dal- bitì , e più , parla Fìlofirato Heroic. in Pr. e e. 1. /' affiato , e opprejfi dalla pefie , furono nella dura ne- e in Apollon. Tyan. II. xi. (ove Oleario n. 8. ) e IV. cefffuà di fermar un trattato col Re Cretefe di man- 16. e altrove . Òr per efprimere appunto la finì furata dargli ogni tanto tempo un determinato numero di altezza degli Eroi, ha il Pittore rapprefentato Tefeo giovanetti , e dì donzelle , che fi defiìnavano ad così ffpmpor zonatamente più grande di quelle figure , efiere infelici vittime del Minotauro : il qual mo- che gli fi veggono intorno. R^ „A „*+„ mimr* » f.->tt*~ firo ( eh' era l' infame frutto del congiungimento di la jproporzione , che offervafi tra la tefta, e' l bujio , Pafifae , moglie di Minos , con mi Toro ) teneafi full' e/empio di Lifippo .-qui > dice Plinio XXXIV. 7. r• acchitifo nel labirinto , luogo , in cui cran tante inter multa, quae {tatuarne arti traditur contulnTe, le giravolte , e gli andirivieni , che non potea più capita minora faciendo , quam antiqui : corpora gra- ufcime chi vi entrava . Già fi approffimava il tem- ciliora , ficcioraque , per quae iìgnorum proceritas pò del terzo tributo , quando Tefeo , figlio di Etra major videtur : fi vegga Fai/retti Col Traj. p. 54. e di Egeo , effondo da Trezene ffua patria , ove erafi e feg. educato -, venuto in Atene a ritrovar il padre , non (8) La clava , onde Tefeo uccìffe il Minotauro, era
potè foffrìre la deflazione dì quella Città -, e gene- la fiejfa , eh' eì tolta avea a Perifeta , il quale dal- rofamente fi offerì di e jfer e nel numero di coloro , che V ufo della clava ( Kopvvy )fu detto Corinete . Apollodoro la forte avea deflìnati a quella funefta fipedizione. III. 15". Ma così quefto autore , come Paufania in Giunto Tefeo in Creta innamorò in tal maniera Arìan- Corinth. chiamano tri clava vitypav di ferro , e %òl\- na figlia dì Minos, che da effa gli fu infegnato ilmo- y^j di bronzo ; lo fteffo Omero II. VII. 141. e ieg. do , onde ufcìre dal labirinto , dopo che ammazzato parlando dì Corinete chiama la clava di co fui cì^jj- avea il Minotauro . Catullo in Nupt, Pel. & Thet. pifyv. Sembra dunque , che 7 noftro Pittore jiafi ìn- Tutta però quejia avventura di Tefeo e così diverfa- gannato facendola nodofa , e dì legno : fé non che mente narrata , che affai più difficile imprefa farebbe Eujlazio fui citato luogo dì Omero avverte , che la il voler accordare i vani racconti , che ne fanno gli clava dì Corinete, comeche fojfe dì legno , vien dal Scrittori , dì quel che foffe l' ufcìre dagl' intrighi del Poeta chiamata di ferro , perche di ferro era arma- labirinto fteffo . Oltre a Plutarco , che molte opinioni ta nell' efiremità : Yj$ tò tS £uAy e| àxpx Ttocxv-pitypiit rapporta , ne parlano con circoftanze diverfe Apollo- fari. Ovidio fa dire alla Jleffa Arianna fcrzvendo a) doro, cDiodoro , Pale fato, Igino, e qua fi tutti i Poeti. Tefeo v. 101. e feg. Per tutte le altre azioni di Tefeo , e come egli foffe Nec tua maefaffet nodofo fiipìte , Thefeu,
ftguace e imitatore di Ercole s mjia leggerne la vita Ardua parte virum dextera, parte bovem.
in Plutarco . (^cf) jSi fa chi trovò del mìjtero in quejto anello.
(6) 'Dice Plinio XXXIV. £. parlando della manìe- Vantavafi Tefeo dì e(fer figliuolo dì Nettuno. Minofi
fé
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tavola v. 2.3
no. (io). Sono in varie moffe con trafporti di rieonofcimento,
e di piacere gentilmente dipinti i Giovanetti («0 Ateniefi, e e Donzelle (»), che fi veggono ufcire dalla porta del Labirinto 03). Giace a piedi del Vincitore il Minotauro (h) |
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in
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JceÌd0'{"Tejf \t ¥ &ettl «*> *>aré un anello , di-
fi «feriva, avlfferiiltZ?"?™' °gli "* ** > *Ual
fi nelle acque -TJSfT U&emma ■ Tefe° l™"°f lo> e con una Jl d* Anfitrite "tornò coli' anel- la Viale fu *»; 'JUV CÒ' e&h dmò ad arianna , e
Poet. II f6 P r'P°fir tm h Stdle ' &»* Afo°n- **. A t*I*fi jaulama l- 17. fan queflo r«econ- avuta il * Jra ■$ fflpettò , che 7 Vittore ave e cheflrniflT) M* ^ "'**> che U donzelli, ** flfc SL, 1*1? ahbU ancora *&»* amllo>
(1 T I g d*ftrutta una tal congettura S ftful{fe ln dl§lto fmiftrae manus. q«i *à>
*,//* Proxjmus ; come appunto nel noftro Tefeo, e
nella giovane donna fi vede. J J >
(11) Plutarco nella vita di Tefeo fcrive che di
tZriZtr™ fCtte *"***.« «ìtìenat
t mento per effer divorati dal Minotauro nel Labi*
unto Leggeafi m Teodoro IV. 61 il hL f(J Z{f>sÌt 4t *£?*« <W 'correnTdTfk
^trJ^ecì Il^fn l'V7le?£l/h^fr gir Ateniefi mandavano in orbo al Mmotau'fete fan"
ciuili ed altrettante fanciulle ogni anno. Ter conci- liare Ap de doro con gli altri Greci, potrebbe legger fi ^rtZ^rTV corr^^f^en facile, e dfbuo- cimo1" Menut?> ™» «™erùta pero finora da al- quoque ann. ^ 1 l tributa mandavafi . uno-
«faX! $£ \™ Ovidio gli è direttamente \pp0fiQ
'j^trì'l Paft'jm fanguine monftnim
"'C0?r*% S drUlt reP£tÌta «*™WT.
Ia f<*i°us C^ Aen. VI. zo., ftg. |
fi arrifehiarono a decidere , La maniera di vefiire
e filmile a quella di altre donzelle Ateniefi, che in qualche monumento antico s' incontrano prefio Mont- faucon . (13) // famo Co labirinto di Egitto nella Città
detta di Cocodrili , il qual fuperaja per la fina maravigliofa cojiruzione le fiefife 'Piramidi , eh* era- no i miracoli dell' arte , e deferitto da Erodoto nell' Euterpe . Si vuole , che 'Dedalo ad imitazio- ne di quello face (fé in Creta /' altro, in cui flava trattenuto il Minotauro . Si vegga 'Plinio XXXVI. 13. Ovidio elegantemente lo deferive Met. Vili. 1J4,. e leg. Deadalus ingenio fabrae celeberrimus artis
Ponit opus j turbatque notas, & limina flexu Ducit in errorem variarum ambage viarum . Tutti coloro j che ammettono la favola, convengono, che l' azion di Tefeo fu dentro il labirinto , da cui egli ufei poi col filo datogli da Arianna « Filocoro (prefi fio Plutarco ) , /'/ quale fpiega diverfamente tutta la fa- vola , e la riduce ad ifioria , come a fiuo luogo diremo , fcrijfes che V labirinto era unaficura carcere per cufio- dire i fanciulli , e le fanciulle , che gli Ateniefi mandava?w in tributo j e che V combattimento di Tefeo feguì fuori di quel recinto in una pubblica piazza j in cui fi celebravano ì giuochi funebri m onore dì Androgeo . Ma se così foffe fiato , avreb- be giufiamente detto Arianna a Te fa, Non tibi, quae reditus monftrarent, fila dediiTem:
come le fa dire ad altro fine Ovidio v. 103. 'Do- vrebbe allora crederfi con 'Palefato e, z. che fu fpa- da, e non fila quel che Tefeo ricevè da Arianna. Comunque ciò fia, le opinioni erano cosi diverfe, che i Pittori ebbero largo campa di rapprefintar quefta imprefa a lor talento . Paufania III. %9- nferifee di aver veduto rapprefentato Tefeo , che portava inca- |
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Cecropia^™ Androgeo : tum
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tenato il Minotauro . Ora al nojiro Pittore è piaciu-
to di figurar qui il Minotauro uccifo da Tefeo avanti la porta del labirinto , perche forfè così gli cadde in acconcio di porre tutto in veduta . (14) Pafifae figlia del Sole , e di Perfide , fu
moglie di Mmos Re dì Creta . Foffe lo fidegno di Nettuno , 0 P odio di Venere $ s' innamoro Pafifae d' un giovenco . 'Dedalo, ingegnofijfimo artefice, fab- bricò una macchina, in cui ella racchiufa potè gode- re P infame congiungimento 5 il frutto del quale fu un moftro , ci/ era in parte uomo , in parte toro. Così i poeti fi fplegano . Virgilio Aen. VI. Hic crudeiis amor tauri, iuppoftaque furto Pafiphae : miitumque genus, orolefque biformis Minotaurus ineiì , Veneris monumenta nefanaae. Più chiaramente fi efprìme il vecchio Filofirato lib. I. Ini. XVI. Mino fé per fot trarr e alla vi/la del pubblico lafiua vergogna , fece da Dedalo fabbricare il labi- rinto , in cui racchiufe quel moftro . Cosi felicemente Ovidio Met. Vili. ij-j". e kg. fi efprime.. Cre-
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pendere poenas
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Porpora natorum • ^llerum •' ) feptena quota
Servio su que[ì0 * il at dl*3:is fortibus urna . |
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Vtmohom e Tenone mT,S ***<•> Fidia,
■Gefione, Andromaca, mnUdufiT vde Medippe, e Teribea . au^a > £»»/* , ^/^ |' Cu) Tretefira alcuni indovinar? 7
*»**//*, che firinge colla defaTi 'l,n°>»e della I-i /•«- /: _•// -.. _ v*r« /.a r/^i;^ } e nel- |
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immaginarono eh» -p rr 1 ? «w «rifa , tó, 4„,(Wa ,,; * >^ Peribe,, ' «Vfl&A innamorato lo (le/Io M,J ' k altre,
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T A V
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in ifcorcio &$) d'una forma non ordinaria (l6)5 e diverte
da quella , onde vedeiì sulle medaglie O). La Dea (18),
che fiede in alto , e tiene in mano V arco , e la frec- cia (19) 5 può dirli la protettrice di Tefeo in quella imprefa. ì due pezzetti di pittura, che rapprefentano varii pe- fci a fior d'acqua (2o) 9 quantunque non fieno de5 più belli 5 tuttavolta' non lafciano di avere il lor pregio (*0 . TAVOLA VI
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Creverat opprobrium generis j faedumque patebat
Matris adulterium monftri novitate biformis. Deftinat hunc Minos thalamis removere pudorem, Multiplicique domo, caecifque includere te£ris . Servio sul VI. dell' Eneide, Tale fato e. 1. ed altri fpiegano la favola con dire, che ftando infermo , 0 lontano Mino fife , la fua moglie Pafifae s' innamorò d* un giovane chiamato Tauro , il quale , come vuole Plutarco , era comandante della flotta del Re di Creta : di coftui ebbe due figli uno fomìgliante a Mi- nos , /' altro al padre. 'Plutarco , sulla teflimonìanza di Filocoro , figue a dire 3 che avendo Minos ifii- tuiti ì giuochi funebri in onore di Androgeo, ficcarne il premio del vincitore erano gli fchiavi Atenìefi , co- si il primo a riportar la vittoria , e 7 premio in quo' giuochi fu Tauro , il rivale di Minos $ e con- tro quefio Tauro combattè Tefeo , e avendolo uccifo, con piacere dello fiejfo Re di Creta, ottenne la liber- tà de*fuoi Cittadini, e l' affrancamento dal tributo. Paufania II. 31. dice , che colui , contro il quale combatte Tefeo, era figlio di Minos, chiamato Afte- rione , £ I. 24. egli fiejfo non sa determinare, fé quello, contro cui combatte Tefeo , fojfe un uomo , 0 un mo- firo . Tzetze ( dopo Apollodoro III. 14.) sulla C'af- fandra di Licofr. v. 1301. fcrive apertamente s che After io era lo fiejfo che 7 Minotauro . (15") Plinio XXXV. 11. parlando di Paufia di
. Sidone dice : Eam pi&uram primus invenit , quatti poilea imitati font multi, aequavit autem nemo : ante omnia , quum longitudinem bovis oftendere vellet, adverium eum piiixit , non tranfverfum j unde Se abunde intelligìtur amplitudo. (16) Ovidio deferive il Minotauro mezzo uomo,
e mezzo .bue. Semiboyemque virum , femivirumque bovem.
Euripide prejfo Plutarco anche così lo figura : e così fi vede in una gemma, fé pur è antica, in cui fi rap- prefenta anche il labirinto, prejfo PAgofuni Gem. Ant. P. II. T. 131. ediz. dì Roma 1702. Apollodoro però 111. 1. Igino Favol. 40. ed altri dicono , eh* egli avejfe la fola tefla dì bue, e 7 reftante corpo d' uomo, come appunto qui fi vede dipinto . (17) Sulle medaglie della Grecia Italica, e di Si-
cilia , ove credefi tal moftro rapprenfentato, fi vede col capo umano , e col corpo di bue . Parata Sic. Num. Tav. 63. e 87. E Spanemio de ufu3 Se Praeft. Numifin. p. 285. (18) Si propofero due congetture su quefio Nume.
Altri credettero , che fojfe Venere prefa da Tefeo per |
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fua protettrice nella imprefa di Creta . Plutarco nel-
la vita di Tefeo ; Paufania IX. e Callimaco in Hymn. in Dei. v. 307. 313. raccontano quejfa cìrcojlanza. Altri fofiennero , che fojfe Poiana 3 a cui Tefeo erejfe un tempio in Trezene in memoria appunto dell' ajuto datogli da quefia P)ea nel fornire il pericolofo combat- timento nel labirinto, e nelP ufcìr falvo da quell' in- trigato luogo co* fuoì compagni . Paufania II. 31. ci fomminifira quefia opportuna notizia . U arco , le frecce ^ e'I tur caffo fon proprie ìnfegne di quefia P)ea. Si oppofe, che Poiana è fempre rapprefentata in abito fuccinto , e colle gambe feoverte , come dopo gli altri avverte Spanemio sulla Diana di Callimaco : e nella noftr a pittura la vefte della CD e a giunge fino d piedi. Quefia oppofizione però non fi crede dì gran pefo j po- tendofi fare anche a Venere , che fi rapprefentì come calciatrice. In fatti fìccome Ovid. Amor. III. Eì^.dice3 Talia pingwntur fuccin&ae erma Dianae;
Dum fequitur fortes fortior ipfa feras . così Virgilio Aen. I. 317. e feg. parla dì Venere . . . Humeris de more habilem fufpenderat arcum
Venatrix, dederatque comam dirrundere ventis .
Nuda genu, nodoque fmus collecla fluentes .
(15)) Tal fu, che propofe il dubbio , fé V ifimmen-
to , che dal fianco pender fi vede alla P)ea, fojfe una faretra, 0 piuttofio una tromba ; e sul penfiero , che fojfe tale , opinava , che cofiei dir fi potejfe Miner- va } la quale oltre ad ejfere il nume tutelare dì Ate- ne , è detta da Licofrone v. 988. 2<£\7ny|;, tromba, del qual cognome rende ragione Paufania II. xi. ed oltracciò le divife di Poiana a Minerva fi adattano talvolta , e l ' ima fi confonde talora coli ' altra . (zo) Nel Catal. Num. CCCXII. e Num. CCCII.
§)uejli non hanno rapporto alcuno col Tefeo , e fu- rono tolti da diverfi luoghi. Ejfendovi moltiffimi pez- zi sì fatti , i quali non meritano fpiegazione par- ticolare } per no?i togliere al Pubblico il piacere di ojfervare il gufto degli Antichi in quefio genere, fi è filmato con quelli riempire qualche vuoto de' Rami . Altri di fimil genere fi fon dìfirìbuìti per Vi- gnette , e Finali delle Tavole , perchè han bìfogno di qualche piccola illufirazione , che fi vedrà in fine del Tomo . (21) Vìtruvìo VII. 5. e Plinio XXXV. io. ci av-
vertono quale, e quanta parte avejfero nel dipinger fi le mura degli edìficii sì fatti fcherzì . Noi rilevere- |
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la per fé
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dì alcuni , che
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la vaghezza
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:ione
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mo
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ve ne fino dì finiffimo gufilo, al luogo loro .
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Pa.c/.'ZÓ.
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ficaia.
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L-i_.!_L_p_r - --- t------_ ... ___________________/ r
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Àoirt uniuJ ptdm-Wea-pj _______
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ni uni tu paùnftom. |
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^^^S3* ~-~
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- cr-1. r:3r: r ::ui"
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j&tunùis ■paùm-R&'rc
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uuu* paJ,m Niapoùt
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T A V
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LA VI.
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(«)
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OMPAGNA alla precedente è que-
fta Pittura W , ed eguale nella manie- ra (?) ; ma non n'è chiara altrettanto l'in- telligenza . Il Bambino dalla Cerva al- attato e Tekfo., il quaie fi vuol che traefle appunto da quella avventura Par . che a Ini r n°me W ' Tutte le altre figure
Tom I PiaTIU1 fi raPP°rtino « • £"'* fuo padre, àdor-
no
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CO Fu troai0g0 N- CXXIII.
Tefio. oata notificavi dì Reflna infieme col 0) V* fi COnofce
e nelle mafie, e l0 aeJa Jfffa maefiria nel dìfegno (4) 'Diodoro IV J/3/f°. nel borito. *
// fanciullo Tijtepov dvò -%lVe ' ,f^ CwV* ró/Vawò
dalla Cerva, che 1'avea nLUT^J è^*> Td^° Igino F. 99. £ ?*«>»* ix 2°; AP°ll°doro IH. p. */fr* fc/Ar */«* £ Wtf//Wi anelli > r^ tra le tn Elicona eravì una Cerva ponente 1,1 /f T^' 0) Ritornando Ercole Vittorio fo d„u*
»Jf Sfarai , Mgg» in Za^JZ"™' fo> , avendo firtnmmt vaiata 11 i fe d'I fuo oCf.te, fJt.Jf, . Accorto} Allo ,]< ¥ ¥'* ''" gravida , leonino a N^t^J" •&*» |
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#* ■ ySdVmZXf^fTtc tJr ~
le comandamento d*l 'Pa^\ r J fecondo il crude-
"d alcuni paCgt\ ^fi^erfia , ma ,oenduta ^efti la vendefonoa 'TeuJ/T VeU f» '' 40* ■
tfnto il fanciullo laficfa7?*%*° ddU^- &* fu da' Tafiori del Re rar\f JJ° al monte Tar tento , una Cerva gli por£e ,m° "trovato nell' atto, che e lo portarono al L *"J0&a' Lo prefero i Tafiori, col nome di Tele fa J ne > che lo fece preffo di se -volle confultar /» eauCar« • Fatto egli'già adulto , fuoì genitori ■ 0racoio di 'Delfo per aver lume de* tar da Teutrante T™f f, la r^ia * dover fi por- l'entrante dich' -*U alla -Madre nconoj'cinto, e da data in mn.i f° fnceeJTore nel regno, con avergli * m£he -trgiope fua fglta. Così raccontaci ricamenl-%
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2% T A V O L A V I.
no delle proprie notiffime divife (6) , attentamente lo
guarda 9 mentre glielo addita una Giovanetto, , cui le ale 5 le Jpighe 9 e la corona di ulivo diftinguono (7). Nella maeftofa Donna , che fìede coronata di fiori, con
un paniere di frutta (8) a fianco , e colY ajla ruftica alla finiftra mano , ci fi vuol dimoftrare o la Deità protettrice del fanciullo efpofto (9) , o tale almeno , che ne rilevi
qualche
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E quante mai fatiche Ercol foftenne,
Cantò , quefti è Pifandro da Camiro .
Comunque ciò fa , egli è certo , che la pelle del Leo- ne , e la clava fon così proprie di Ercole , che le faette , e /' arco fembrìn fuperjìue , ove 0 V ima , 0 l'al- tra di quelle fi veda . Teocrito Id. XXXII. 66. per individuar quefko Eroe dice : Aéppa ve Syjpèg opSy, %ap57rA3f!)$ rs xopóvYjV.
Vedendo della fiera in lui la pelle,
E la clava, eh' empivagli la mano .
E ne' monumenti antichi or coli una , or coli' altra s'incontra , efpejfìffìmo con ambedue . Non è però, che anche l'arco, e le faette alla pelle , e alla clava non fi aggiugneffero talvolta . Tertulliano per deridere qusfta Eroe famofo nulle favole , lo defignò col no- me di Scytalo-fagitti-pelliger : de Pallio e. 4. num. 3. Avendo dunque il nojlro pittore unite infieme tutte le infegne , ciafeuna delle quali bafta a far riconofee- re da ognuno Ercole -, non altro, che quefto , ha vo- luto certamente rapprefentarci. ('7) Le ale , e le corone di frondi , 0 di fiori
convengono a' Gemi : gli Scrittori , le gemme , le medaglie , / bafilrilievi ce ne fommmiftrano e [empii infiniti . Si rapprefentano i Gemi fatto ambi 1 fejfi : fi veda Natal Conte IV. 3. e Montf. T. I. P. II. Lib. 2. e. 13. 5. f. e nella Tav. 200. n. f. La tu- toria , e la Fortuna alate egualmente fi rapprefenta- vano. T lutar co de Virt. & fort. Rom. Ovidèo Tnlt. II. 169. Vacato in Panegyr. Alla ''Pace , olire alla corona di ulivo, e le fpighe , che le fon proprie, an- che l'ali fi davano . Caperò Apodi. Homer. p. 178. Si Uvifero in quefta incertezza 1 fintimenti de' no- firi . Vi fu anche chi fojlenne ejfer Cerere -, e chi voU le , che foffe la "Provvidenza , mojfo dalle parole di Strabene XIII. f. 615. {[il quale raccontando l'avven- tura di Telefo dice , che PC'àYjvàg ìrpovoiK, per provvi- denza di Minerva fu egli falvato ) e dalle parole di Apollodoro IL 7. il quale fcrive, che Telefo fu dal- la Cerva nutrito, per una certa provvidenza divina. §li,iefta opinione non era in fojìanza diverfa dall' altra, che foffe la Fortuna -, perche in quella , che Fortuna vìen chiamata dal volgo , riconobbero i Filofofi la 'Provvidenza de' Rumi . E in fatti in qualche meda- glia , di tempi per altro pofterieri a Tito , fi trova la Provvidenza rapprefmtata con delle Jpighe . (8) Vi è dell' uva , e delle melagranate .
(9) Quanto mai può penfarfi, tutto fi propofe per
dar conto di quefta Ninfa , 0 Nume , che fia . Ed Auge , e Lucina , e Minerva , ed altre sì fatte fi difiero ;
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ricadente que/F avventura Teodoro IV. 3 3- ^llo-
dorZerlll- 7- e IH. 9- ™ol , che Auge nafcondeffe Telefo nel tempio di Minerva , e che ritrovato da Aleo fu/Te efpofto nel Partenìo , ed Auge data a Nalplif ferchè l' uccidefie. Ma Strane XIII. par 6u sull' autorità di Euripide rifenfce , che Aure eH fidi® Telefo racchiufim una cefta furo- no rettati ni mare da Aleo -, e che pw frovidenz* di Minerva giunto il ceftello nell' imboccar ade Ifi* /- ■ „ %, An<re Drefa in moglie dal Re leutran- Te c:2«tfU: '*> p- ì» /*«*»' * R;-
m aì eia. che in Arcadia vedeaft ti fiate, Memo
VictkXfe fu da Ercole viziata; vederi d tem- J7-liLl -&m, così detta, t«ch' Auge m Cethmo premuta da' dolori del furto ftegé' »& S/, In tal atto partorì Telefo ; e vedeafi. &, ? P •«. a: Telefo , così nominata , perche lol^teTaìZrUnio fu dalla Madre- efpofto il fan-
ciullo, e dalla Cerva'nutrito Altri fot etedeano civmu , e cpauCama X. 28. che m Ali- come fi legge nello fiejjo ™?Jaai p , H f n r
fta partbrijfe Auge ingravidata da Ercole il J^io Ji mÌfrEfioT^o Scudo 1*8. * % non fornente
(6j J-J1™/ k freCce , ma lo covre di da ad Ercole l ^°?^mJi arnefi. // primo però,
tutti ancoragli mm milita j r che affegnaffe a ff^jA fu ? Jutor M poe-
del Leone, come proprie divije ,/* * r + +nil+n F-nrlea ' Stratone M.f ùòz.jcrive.
ma intitolato iwciea. « ^nJ P u r/a~<# Il dare ad Ercole la felk del Leone , e la cla.a,
è 1 finzione di coloro , che composero 1 Èra- Ja, foffe Pifandro , o altri : poiché le antiche ftatue non rapprefentano Ercole in tal maniera Seb- t,ne pongaft qui m dubbio P autore dell ^aclea.co- mimZetdpal fu auefto poema attributo a Pifan- dro. Loftefo Sirabone XIV. p, 655; dice: Pifandro fcrittor del poema d' Eraclea fa di Roai . Snida in UsizQLvfcos : L' Eraclea , poema di Filandro , con- tiene in due libri le getta di Ercole : qufifto auto; re U primo rapprefentò Eresi© colla clava . 1 au- fania li 37- e vlIL 22" ata ^f™^0 Camrefe
autor di' «n poema delle cofe d'Ercole. E m Teo- crito leggiamo un Epigramma m lode di quejto antico ^Queft5 Uom, che a noi di Giove il grande illuftrc
Figlio Leoni-cida , pronti-mano DcfcriiTe fra Poeti antichi il primo, |
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T A V Q L A VX 29
qualche altra importante circoftan^a (io) . Il giovane Fati-
no, o Pan (11), che dir fi voglia, accompagnando quella Donna, par che contribuita all'individuazione di eiìa (I2). Ij Aquila fa) > e '1 Leone mmfueto (h) fon polli certa- mente |
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difero : ma tutte incontrarono delle ragionevoli oppo-
a T/r ,'eim Vialche verìfimiglianza foftennero, tfw /<#* /* <£>^ Krifav j ^^ ^> Gr^/ xxporpéQoe nutrice de fanciulli.- &#, } , Taufiania I. xx. « /*» Menzione. A quefia Dea, che, r*«w ^m» £*» JiJcambia fipeff0 colla Gran Madre , con Opi , con M ì qUali tutte mf°l Nume fi vuol, che fieno:
Macrobio Sat. I. i0. e lo Scoliafte di Terfio Sat. V. J75- ) ben fi accoppia il Dio Tan detto da "Pindaro May* psydXzs hzìòg: feguace della Gran Madre, // male preffo Arinotele Rhet. IL 24. /<? oAm*m psydìag ^£8 ay^ xcmikten , ^w<? avverte il Wejfeling ad L>iod. IH. 58. v. 36. E le conviene ancora il Leone pacifico . (io) Vi fu , r& propofie , /<?^r ^#<?/?<a! "Donna
rapprefentare la Mifia , i» «« 0 nacque, <? certamen- te regnò Tele/o , * 7 ^i «^z y#<?/<? <? chiamato da Tin- duro I. Vili. 108. d[X7rs?Jsu : abbondante di viti ; 0 V Arcadia , /«ajg^ egualmente fertile , e a cui ben fi mùfie il 'Dio Tan, fuo principal Nume . (11) Il Pedo pafiorale , la firinga , e la pelle di
Tigre , 0 di "Vanterà erano le proprie divifie del Dio Tan rapprefentante la Natura . Si veda Nat al Conte \. 6. E' vero , che anche cornuto , e barbato^ rap- prefientava il Dio Tan s non e però , che talvolta fenza barba , e fenza corna non fi figurajfe, confon- dendoli il Pan de' Greci col Fauno de' Latini. Dice Giufiino XLIII. 1. 6. In hujus radicibus templum Lycaeo , quem Graeci Tana : Romani Lupercum ap- pellant, conftituit. Ovidio all'incontro Fari. V. ioi.: Semicaper coleris cincìutis, Faune , Lupercis.
Ed Orazio lib. I. Od. XVII. Velox amaenum faepe Lucretilem
Mutat Lycaeo Faunus. pBt]^i\Reftò qualche dubbio su quefia figura } non dia neU d**pl<™fibile ragione, perche mai , fé T Arca- Terra *Z 7?onna fidente rapprefientavafi, 0 anche la Dio Tan ^cf€ ^0t in forma di giovane dipinto il vederli neìl J^le-^° dubbio imito all' altro maggiore del tremodo d^S?T^AqUÌlaJ * CUt Tfi^a °l-
rr> ' it conto , fece si , che fi avan- za] e un altra congettura. Narra Dionifio d' Alicar-
najjo 1. p. 34. che correa in Italia un' antica tradi- zione , che aveffe Ercole avuto un figlio chiamato Latino da una gwvanetta Settentrionale ( U tivoq Ùapfafos »0* ) e che avendo data m moglie quefia giovane donna a tauno Re degli Aborigìni , fi cre- dette Latino figlio di Fauno . Snida all' incontro v. Ac&TÌM feri ve cosi : Telefo cognominato Latino , fri giio di Ercole fece , che fi chiamaflèro Latini que' che prima diceanfi Cezii ( Kvjréoi, 0 KyJTsioi ) .- quefti furon poi nominati Itali da un tal Italo • e quindi Eneadi da Enea -, e finalmente Romani da Romo- lo . If vero , che ficrive il Kuftero di quefto luogo: Haec inepta omnino font, & ex putidis lacunis haufta- quibus gemina legas apud Cedrenum, & Joannem Mala- |
lam .Or che quefto articolo non fi trovi in tutti i MSti%
e che forfè il Torto lo trovò fittamente ne' fimi, può ani- metterfi ; ma che il contenuto di effo fìa per ogni paste inetto , e fd/fh , non può con ficurezza avanzar/i,- /#/'- che è veriffimo, che i Latini un tempo chiamavaufi Ce- di , nome derivato da Cetthim nipote di Jafet 3. e pro- nipote di Noè . Gen. e. io. Di quefto nome fi fa men- zione da antichi Autori . Omero Od. A. 518. e altrove. Non è dunque da rigettare interamente la tradi- zione rapportata in queir articolo , tanto maggior- mente , che 'Fiutarco nella vita di Tefito sul princi- pio ficrive , che Roma fu cosi detta , fecondo attu- tii , da Roma figlia di Telefo , e moglie dj Enea. Aggiugnefi a quefio , che la donna di Ercole chia- mofifi Fatila 0 Flaura $ ed antichiffìmo era nel La- zio il culto della Dea Flora , anche prima del- la fondazion di Roma . Varrone de L. L. lib. 4. e tahm vuole > che Kvòma, foffe l' arcano nome di quella Città . Or combinando infieme tutte que- ■ file, per altro deboli congetture , fi dicea , ,che for- fè nella Donna fedente fi fofiè efpreffa la Dea Fiora, col giovane Fanno , creduto padre di Latino , o di Telefo, ad individuare il quale fi foffe aggiunta la. Cerva j e che la Tace, 0 la Vittoria addìtaffé ad Ercole nel figlio i fuoi illufiri difendenti : e che ficcarne T Aquila chiariva l* intenzion dd Tittore nel ditno- firare /' origine di quel popolo guerriero, e vìttonofo} così il manfueto Leone feovriffe la circoflanza de'tem- pi de' primi Ce fari, in cui lutto il Mondo rifpeitava la potenza Romana . Altri , cui parve più mgegnofo, che verifimile un tal penfiero , propofie , che 7 Tittore aveffe voluto forfè pìutlofio rapprefintarci Telefo efpo- flo preffo al monte Partenio in Arcadia : e che ad efipri- mer quefia aveffe pofio il Dio Pan vicino alle Dea Tel- lure nutrice de' fanciulli , dal fuo pacifico Leone ac- compagnata i la quale Dea manda la Cerva ad allat- tare il bambino, cui la Previdenza, 0 altro fimil Nu- me mofira ad Ercole , e gliene ficuovre le avventure, additandogli nelT Aquila la dificendenza di quefto Eroe. Muefta feconda congettura fimbrò meno ricercata , ma a quefia, ed all' altra fifece T' oppofizione, che non fo- lcano nelle pitture Greche tramifichiarfi co fé Romane. Ma fi rifipofie, eh1 Ercolano non era una Citta pofta nel cuor della Grecia, ma vicinijfima a Roma , cui in que* tempi, ne* quali a un di preffo può creder fi, che fien fatte quefie pitture, dovea 0 per ambizione, 0 perne- cefjita adulare: e nel profguimento di quefta opera fi vedrà che tra le nofir e pitture vi fion cofie Romane. ( (13) Faufiania VIII. 3I. fcrivJ dl aver veduta m Arcadia una fiatua di Bacco , sul di cui tirfio eravi un Aquila , e foggiare d'ignorarne il perchè. Meurfio nella Calandra di Licofrone v. 6^8. p. 7*. avverte , che l> Aquila fiolea a tutti gli Eroi ge- neralmente attribuir fi , forfè perche il volo altiffimo di quella efprime la natura fiublime di quefti . (l4) Il Leone anche conviene agli Eroi per efipri-
merne
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TAVOLA
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VI.
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3°
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mente dal Pittore per render più chiara la fua intenzio-
ne, ma in fatti la rendono più ofcura (*5) ; Il piccolo fregio (i6) 9 che riempie il vuoto di quello
Rame 9 comparisce nella pittura toccato appena , ma con franchezza 0/). |
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merne il valore , e generalmente ni fepolcrl degli
uomini valorofi fi mettea il Leone . Paufania X. 40. ficrive-. Vicino alla Città ( di Cheronea ) fi vede il fepolcro di que5 Tebani , che morirono combatten- do contro Filippo. Non vi è ifcrizione alcuna -, ma foltanto un Leone è 1' infegna di quella tomba, per dinotare la grandezza dell' animo loro . Tolo- meo Efeft ione prejfo Fazio Bib. Cod. 190. narra, che fimili figure dì Leoni fiepolcrali fono un iìmbolo della forza di Ercole , av^oXov ryjg tS tfpoaàéag àX- m}$ . Potrebbero dunque e l ' Aquila , e 7 Leone, pren- dendo fi per fimboli, convenire egualmente a Telefo, che ad Ercole . Sembrerebbe per altro in quefto fuper- fiuo il Leon vivo , ove la pelle dell' altro fi vede j ma ficcarne più leoni furono uccifi da Ercole , cosi in una Corniola preffo V Agoftìni Gemme Antiche P. IL T. 39. fi vede Ercole adorno della fpoglìa del Leo- ne ne II* atto , che ne -uccìde un* altro . (15-) Tutte le riferite congetture , ognuna delle
quali ha le file ragioni , fan sonofeere la difficoltà grandiffima, che s* incontra nel determinarfisuW in- telligenza dì quefia pittura . E , se voglia confefi farfi il vero , /'/ ritrarre dall' Aquila argomenta per cole Romane , è troppo ricercato : il nconofcere in quella un (imbolo generale dell' Eroi fino , è troppo femplice . 'Per quel che riguarda il Leone , se non fi riferìfca alla "Donna fedente , ofcurìjfimo ne refia il fignìficato : tanto più , se riflettefi all' atto pacìfi- co , ih cui è dipinto . JSfè rileva il dire , che la 'Donna alata , colle fpighe in mano , e coronata dì ulivo , ed Ercole ftejfo nell' atteggiamento di ripofio colla [olita £orom dinotante 0 vittoria ò 0 divinità j |
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e finalmente tutte le altre figure coronate per efpri-
mere 0 fagrìficio , 0 altra folennità dì allegrezza, combinino col manfueto Leone : poiché tutto quefia appunto è ciò , che rende oltremodo intrigato il pen- fier del Pittore. (16) Nel Catalogo N. CCIX.
(17) Queflo fregio , che non ha col Telefo rap-
porto alcuno j e che fu ritrovato in luogo diverfo, è ve- rifimilmente parte dì un ornato dì finta Architettura. E fembra , che 7 Pittore aveffe voluto imitar gli Ar- chitetti in quegli ornamenti , che nelle facciate degli edìficii poneano . Erano l' efiremità de' travi coverte da' triglifi : gli fipazj , che v erano tra un trìgli- fo e l' altro , 0 fien gì' intertignii, dìceanfi Metopae: in quefie folean figurarfi delle tefie di bue 0 di ariete , come negli antichi edìficii fi ojferva . Vitru- vìo IV. x. e 3. ficrive : Ita divifiones tignorum te£ta triglyphorum difpofitione , intertignium, & opam ha- bere in Doricis operibus caeperunt .... utraque enim & inter denticulos , & inter triglyphos quae funt intervalla, Metopae nominantur : Opas enim Grae- ci tignorum cubilia , & aflerum appellant , uti no- ftra cava , columbaria . Ita quod inter duas opas eft intertignium , id metopa eft apud eos nominatum. E nel profpetto di un tempio tetrafiilo otto appunto erano i trìglifi , 0 fien /' opae , e fette le metope. Sembra dunque , che 'l nofiro Pittore abbia voluto ne- gli otto ovatini rapprefentarci /' efiremità delle travi coverte dalle figurine in luogo de' trìglifi > e ne' fette tefebi di ariete gì* intertìgnii , 0 metope . Se talun volejfe render ragione di cìafcuna figurinat durijfima imprefa prenderebbe certamente. |
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rcunni ^slb
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ÉÉ
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£t Uil'mn R/m ■ JVianolit,
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TAVOLA VII.
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33
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ì:">»>h/„l:2ìH
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Sccitn u/tuió pahn-jtxo.
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tuttora J?icis.
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Zt uuius falw-JYéauofit.
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TAVOLA VII.
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0)
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Rapprefentata in quefta pittura > in
tutte le parti fue bella oltremodo , la prima fatiga (2) di Ercole (3) 3 il qua* le o appena nato ( come taluno ? con poca verifimiglianza per altro , preten- de ) (4) 5 o bambino ancora (5), come qui fi figura , ftrangola i due ferpen* (7) per ucciderlo . Si vede
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tl JJJ mandati da1om.I.Pit>
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CO X?lfatai, N CYJY
(2) Filoflrato il„LXlX-
appunto Hpdxxyjg zv Savane nella Immag. V. cti è
ce : $ ysXxg jjfy tf^zf?6™"* > Ercole nelle fafee, di-
Cunarum labor eft a : ed Ovidio Met. IX. 67. Fu quefta dunque U pri^3/-fuperare mear™i. delle dodici famofe impoaeirjiallcar "' Ercole, ma non (3) Trovava/ Anfitru^Z ^t° '
i Teleboi s fuor di Tebe doZ / &uerra ™ntro
«a fua Ma . G,ove fri/e u £,%£?* f£™~ giacque con quei a una notte Cola n„,i ? ' Prolungo m modo , cU ebbe d *}*£"* "%' ** tre , 0 di nove netti , fecondo le varie trTJ ■ fjnat0 T0C0 d AnfitTUone }j;;f;**™;
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Ercole generato da Giove , e Ificlo da Anfitmone .
Ma odiando Giunone la fua rivale, cacciò nella culla de' gemelli due moftruofe ferpi : Ificlo Jpaventojfi ; Er- cole andò loro incontro , e le uccìfie . Così fcrive Apol- lodoro Biblioth. Lib. il. oltre a* Poeti Greci, e Lati- ni , che parlano della generazione , della nafàta , e del riconefcimento dì Ercole . Fa quefto intrigo amoro- fò di Giove il foggetto della prima Comedìa dì Tlau- to , la quale più fiotto lungamente efamineremo. (4) Tlauto Ampli. Aft. V. Se. i.
(5-) Apollodoro nel ì.c. vuole, eh'Ercole fiojfe già
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ti,
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ì otto melì i e Teocrito Id. XXXI. i. lo chiama às-
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acippov di dieci mefì i opinioni più verifimili
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e più
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conformi alla noftra pittura . . .
(6) Aiterum altera apprehendit eos manu pernici-
ter . 'Plauto A£t. V. Se. i. così Apollodoro , Teocrito, Filoftrato , e gli altri} e così vedefi in qualche gemma. (f) guejla è la notizia comune : e Ttiodoro IV.
9. fcrive:
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fredderà , con cui U mogtendo non ejfer quello zi fuofulto l'indovino Tirefia , da
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accolfie } e fien-
vo , ne con- |
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Giove . Partorì Alcmena
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cili rtfieppe il fU7to di
™ tempo due figlioli.
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34 TAVOLA VII.
Alcmena (8) in una così fatta moffa (9) , che n' elpri-
irte con vivezza tutto lo fpavento . Da una parte è di- pinto Giove- affifo in trono (io) col flagello 00 alla de- lira ? qtiafì in atto di fcacciare i ferpenti ; e con lo fcettro O) alla finiftra . Dall'altra parte Anfitruone tien fra le braccia O3) Ificlo (h) intimorito,. Se quella pittu- ra fi confronti con quella di Zeufì defcrittaci da Pli- nio (15) ; la gran fomiglianza, che fi fcorge tra effe (l6)9 può
9. ficrìve : Giunone mandò due dragoni ad ammaz- (14) Ave a giurato Alcmena di non e (fer moglie, fé
zare il piccolo Ercole -, ma quefti fràngendo uno con non di colui, che vendicava la morte de' fuo i fratelli
una mano, e 1' altro coli* altra gli fuffocò . Per que- uccìfi da' figli di Pterela Re de' Teleboi. Anfitruone
Ha azione gli Argivi al bambino , che prima chia* per ottenerla intraprefe la guerra contro di quefti , efiog-
inavafi Alceo , diftèro (^tìpaxAsa , ori $i"Hpctv ìcr^/é giogolli . Fra quefto mentre Giove trasformatofi in An-
%À£(jjJ>) Ercole, perchè ebbe gloria per cagion di Giù- fitruone , giacque con Alcmena. In fatti tutti conven-
none . Ma Ferecide antìchìfiftmo Iftorico prejfo Apollo- gono , che Giove fu il primo a goder fi Alcmena -, e fic-
doro vuol, che Anfitruone cacciaffe nella culla i ferpen* come Apollodoro nel cit. luogo chiama Ercole più gran-
ti per riconofeere fuo figlio . de di una notte d'Ificlo , cosi Teocrito ld. XXXI. %.
(8) Nacquero da Per fio 5 ed Andromeda tra gli chiama Ificlo WXtI vsmepov di Ercole . Il filo Plauto
altri tre figli Alceo 5 Elettrione , e Stendo : da Al" finge il contràrio > fcrivendo cosi nel Prologo dell'An- teo , ed Ipponome nacquero Anfitruone , e fua forel- fitruone v. 121., e ni-. la Anafione : di quefta 5 e di Elettrione fuo Zio fu Is ( Amphitruo ) priufquam hinc abiit in exercitum
figlia yllcmena , la quale fu moglie di Anfitruone Gfavidam Alcumenam uxorem fecit fuam ;
fino cugino . T>i Stendo 3 e di Nkippe fu figlio Eu~ E lo fi e fio ripete Aél.V. Se. 2. v. 1346. e 47. Abbiamo
rifteo , che fu poi Re di Micene , e a cui per deftinó già avvertito , che fi oppone quefto Poeta anche al
dovette Ercole effer fottopofto per dodici anni t e com* comun fentimento , nel fupporre , che Ercole appena
gire altrettante fatiche da quello impoftegli . Apollo* nato Jlrozzajfe i ferpenti * Ma ficcarne Plauto in quel
doro Bibl. lib. II. Plutarco in Thef, e lo Scoliafte dramma fi allontana dalle ricevute tradizioni nello
di Pindaro Oh VII. qy.fcrivono > che Alcmena fojfe e/porre la favola -, così fi diparte ancora dal verìfimìlet
figlia di Elettrione i e di Lifidice figlia di Pelope % e dalle fevefe leggi drammatiche : poiché , dove l'aziow
la quale da T)iodoro IV. 9. è chiamata Euridice, della favola non può eccedere due foli giorni , egli
{9) Filofirato nella Imm. V. la dipinge quafi come finge al contrariò che in un trinozio Ercole fi generò,
qui fi vede : d>id?dJ7t7og , ^ fióVó)({Tuv 3 àyccito^iaaau nacque , e crebbe a figno da potere flrangolar le fer-
TtlQ evvrjg j ixtcut&ì rfj kÓ(xy] j tàg %sìpag sKtsTdcraua, pi -, per le quali cofie più e più mefi vi fi richiedono.
Pindaro P. IV. 305". chiama Alcmena eXuiofiÀstpctpov : Oltracciò me fola egli il fiocco comico col coturno
E Stazio Thebaid. VI. 288. dice , che portava per della tragedia j intitolando il fuo dramma Tragi-Co-
ornamento tre lune : media : nome da lui foggiato per notar , che gli at-
, . , Tergemina crìnem circumdatà luna t tori non fono perfine Ordinarie , come ufio e della Co-
forfè in memoria della triplicata notte nel concepì* media j ma il fiommo Giove, il T)io Mercurio , il prin- mento di Ercole, Nella nofira pittura è tutta la te- cìpe Anfitruone 5 e V eroina Alcmena , E vero, che fi a di Alcmena così guafia , che appena fi dijlinguono in quefta parte Plauto imitò forfè il Poeta Rintone i contorni, Tare?itino , /'/ quale fu il primo ad inventar l'Iia- (10) // trono qui dipinto è tale , qual fi favvifa fo-tragedia } nome da lui dato a quelle favole ( che
nelle medaglie, e né" baffi-rilievi < fìiron poi chiamate Rintoniche ) nelle quali meficolò
(ti) Così rapprefientavanfi gli 'Dei Avermnci . il tragico argomento colle facezie comiche . Or fiacen-
La Chaujfe To. I. Sez. I, Tav, XXXIIL do menzione Ateneo di Una favola di Rintone detta
(ix) Non è già lungo a moda di afta , e diritto Anfitruone 5 verìfimile cofia è > che dà quefta ritraejfe
a piombo i come ne' monumenti più antichi fi vede t Plauto la fiuà Tragi-comedìa t Ma non fiappiam poi ,
ma Corto , e come in altri monumenti fi ojferva , Si fie Rintone avejfe affaftellatì tanti inverìftmìlì avve*
vegga Feizió Antiq. Homer, lib, IL c> 4. $> 4" Lo nìmentì -, E ad ogni modo dovrà fiempre aver più pefio
fcettro e talmente proprio dì Giove , che , invocan- Vautorità di chi fi attiene al fientimento comune , che
dojì nel fiarfi la pace particolarmente Giove $ fi tenea di chi finge a caprìccio per incontrare il ridicolo >
in mano da chi giurava ^ lo ficettro quafi un? imma- (if) XXXV* 9. MagnificuS eft Jupìter ejus in
gine di quel Nume , Servio ad Aen, XlL zòo, throno , adftantibus diis ; & Hercules infans draco-
(13) Ificlo fivegliando col vagito i fiuoi genitori fu nes ftraiigulans , Alcmena matre coram pavente, Se
accolto tra le braccia del padre : cìrcofianza rappor- Amphitryone.
tata da Servio, (16) La mancanza degli altri 1)ei nella nofira
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T A V O LA VII. 35
può farci fofpettare , che '1 noftro Pittore avelie in par-
te imitato un così eccellente originale . Merita partico- lar rifleffione la maniera (ingoiare , onde è veftito An- fitruone, con la tonaca (17), coWepomide {**) 9 e col pah ho te) : e degni ancora di eflere confiderati fono il cap-
pello ^) ed j CaJzari di ]ui (2I). e qye,di fua mogHef col/are , che porta il fanciullo Ercole, moftra col fuo
colore effer di argento (23). La ftrifcia (24) che termina quefta Tavola , è parte
\ un finimento di qualche ornato dipinto a capriccio; ne na co\VErcole alcun rapporto. |
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Pitture (de quali forfè la firettezza dell'intonaco non
,£JapaC,e ) e fomPenfata^ ^tre cofe, che o poteano
oZ?,Jmdr0 di Zmfl> e che Tlì™ ^n/piega}
o che l <pmore rìtraffe altronde . * * (17) Tal fona di tonaca , che giugnea fino a" poi-
vii 7s auTvA ditf **"*"* *'™v ■ T°L<
/ epomide di cut finora altro non fiapeafi che V nome
Smda in £«5 . Tolluce VII A ;t / /'
,. rr 1 ouate vii. 49. // quale per al-
tro dice effer tal vefte propria di donne. (19) Il pallio era Vultima delle veft'i, che fopra
tutte le altre porleafi, Nonio XIV. 26. Ed era proprio de Greci Smonto Aug. r.98. j. Omero lo dà a fuoi Eroi. Ihad.II.43. Od. XV. 6. to^X7lmt° '*troduee nella fcena il vero, e >f fa
TnlZT ^-Petaf°' ml Pr°l v- ***- < %
M meo Patri autem.torulus inerit aureus |
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Sub petafo : id ftgnurrt Ampliìtruonì non crit.
Tal forta di cappello era proprio de' viandanti . CPlatito Mere. V. 2. e Pfeud. IL 4. E tal è quello del noftro Anfitruone, che qui fi vede. (21) / Greci per lo più andavano fe alzi % dovendo
far viaggio fole ano ufare i calzari. Omero in H/mn. Mercur. v. 86. Spanemio ad Callim. Hymn. in A poli. v. 34. In queftì del noftro Anfitruone vi fi vede dalla parte dì fatto , che difende le piante , un non so che di mafie ciò, che fiolea ejfere 0 di grojfo cuoio , 0 di ima. tejfitura di papiro , 0 dì fparto , o anche di fugherò . Senofonte Ciroped. VIIL pt 141. & apertura poi di quella parte , che gìugne d mezza gamba , fi vede chìufa con fiottili firifee di cuojo , (xi) Sembrano effer dì pelle fottilìffima , e fornì"
gitano ajfai alle pantofole delle no/Ire donne, (Z3) Soleano i ragazzi otnarfidifimili collari d'oro,
0 d'argento . Si veda lo Schejfero de Torquibus. (x4) Nel Catal. N.CLXXX.
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TAVOLA VIIL
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^V-37.
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NicoWiJ BiKjJ Roma R^lur Indi Fb/ttc
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y&aius Delfi
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rovtK
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T A
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L A
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quella pittura (*) , sul merito della
quale ci rimettiamo volentieri al giudi- zio degl'intendenti, che l'hanno riguar- data Tempre, e la riguardano tutto gior- no con ammirazione , fi rapprefenta il |
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IVamuteUt
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giovanetto Achille , che apprende dal
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Centauro Chirone a fuonar la cetera, o li-
ra che dir fi voglia (3) . Tutto è degno di elFere con at- tenzione oflervato . Nel Centauro (4) , oltre alla mof- Tom.I. Pit. G fa |
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(j) Nel Catal. N. CCCLXX.
\z) Trovata negli ficavi di Refina con quella del-
ia Tavola feguente nel 1739. (-3) Ter illufirar compiutamente quefia pittura
bacerebbe rimandare il Lettore all' Homericus Achil- les di T>relincourt s 0 al Fabretti in Tab. Iliad. pag. 355. e fcg. 0 anche al fiolo articolo Achille di Bayle . Ma il fine , a era fon dirette quefie note , ci obbliga a dir cofe , che a molti non giungono nuove , e che ognuno pub di leggieri incontrar da per tutto . Noi ficrivìamo quefie noie principalmen- te per chi non pojfa , 0 non voglia neW offervar quefii Rami aprire altri libri -, non tra/curando però di notar i luoghi degli Autori , fé mai fia- v* taluno , che nm voglia far sulla nofìra pa-
rola . J £ |
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(4) Saturno effendofi congiunto con Fi/ira , figlia,
dell' Oceano , fu fiorprefo da fina moglie Rea -, on- de egli trasformo/fi in Cavallo , e Filtra fuggìtafi sul monte Telio partorì Chirone di figura mezzo uma- na, e mezzo cavallina . Apollonio*'Argon. II. E fu tal il dolore e la vergogna , cti ebbe Fiìira per sé fatto parto , che non volle più fopravvivere , ed ot- tenne da Giove ejfer mutata in Teglia . Igino Fa- voi. 138. Altri vogliono , che IJfione innamoraiofi di Giunone ebbe < /' ardire di ufar le violenza : la <Dea per evitar rincontro gli p0fe avanti una nuvola, che rapprefientava la fiua immagine : da tal congiungi- mento nacque Chirone , da cui i Centauri ebbero ori- gine . Si veda Nat al Conte IV. iz. e VII. 4. Fu egli giufiijfirno e faviijfhno : inventar della botanica e abiliffimo nella chirurgia , e quindi detto Chirone: maefiro
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Vili.
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40
fa firn li) , è da confiderarfi la pelle , dalla quale è co-
verto (6) ; r erba , di cui è coronato (7) ; e fòprat- tutto il plettro , che tiene nella , delira mano W . In
Achille (9) , ficcome fetnbrano effere fuor del coftume i calzari (io) 9 così al contrario affai proprio è il gefto delle
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parte, perche non tocca dall' acqua , refiò foggetto al-
le ferite . Fulgenzio Mythol. III. 7. Servio ad Aen. VI. 57. Molte altre cofe fi finfero per dar ragione del no- me di Achille, volendolo alcuni così detto quafi <%X£l~ À'^» ; altri quafi àx1*-®* • Tutto fi trova con dili- genza raccolto da Bayle nel fecondo artic. Achille : egli però nel primo articolo Achille ( dove sull' auto- rità di Tolomeo preffo Fazio Bibliot. Cod. 190. par- la de' molti Achilli , che vi furono oltre al figlio dì Tetide ) rigetta tutte quefte etimologie -, e vuol, che Chirone nominò Achille il famofo Eroe fuo allie- va y perchè appunto Achille chìamojfi il maeftro dello fieffo Chirone . Non è però fenza controverfia , che Chirone foffe l' educator del noftro Achille . Noi ab- biamo avvertito nella Tav. III. nota (f) che Omero IL IX. vuol , che Achille foffe educato da Fenice ; attribuendo folamente a Chirone dì avere ad Achille ìnfegnata la notìzia dell' erbe Iliad. XI. 877. , e feg. Alcuni han creduto conciliar Omero con tutti gli al- tri , che danno a Chirone tal cura ; ma non vi fon riufeìti ìnolto felicemente. Sì veda Bayle art. Achille rem. C. Comunque ciò fia, lo fieffo Omero Iliad. IX. i%6. e feg. dice , che Achille tenendofi chiufo nella fu/t tenda per lo fidegno concepito a" effergli fiata tol- ta Brifeide, fonava la lira . Filoftrato Heroic. ^. 19. oltre alla mufica attrihuifee anche la poefia ad Achil- le » Tutto il di più j che fi racconta dì quefio Eroe , è notijfimo . Non potendofi prender Troja fenza di luiy e dovendo egli morir fitto Troja h Tetide lo volle fiot- trarre al fino deftino con occultarlo in abito femimle prejjo Eìcomede Re dì Sciro : ma fu feovetto dall' in- dujlrìa dì Uliffe ; e dopo aver date tante pruove del fino valore , e del fitto fidegno in quella guerra , fu da Pa- ride colla direzione di Apollo uccij'o nell' atto che im- palmava a Toliffena figlia di 'Priamo . fio) Filoftrato Epift. XXII. dice , che Achille di-
pìnge afi ficai zo . Ter altro , cornee he anche altri Eroi co'piedi nudi fi rapprefentafferò , fmbrava ciò propriif- fimo in Achille , il cui fiommo pregio era la velocità } onde da Omero è chiamato fpeffo 7tQ^ag uxùg . E Bay- le art. Achille rem, A. n. VI. riflette , che forfè fi fin- fie effere fiato nutrito quefio Eroe di Jole midolle di Leo- ni y e di Cervi , come fi legge in S. Gregorio Nazian- zeno Orat. XX. per esprimerne il carattere} quafi che per sì fatti cibi foffe divenuto Achille valorofo e pien di jlìzza , come un Leone , e agile nel corfo , come ■ un Cervo . T)el r eft 0 fimili filma è la pittura del noftro Achille a quella deferitiaci da Filoftrato Imm. Il, del libro II. il quale in Heroic. e. 15). parla minuta- mente delta fi atura , e delle fattezze di lui . E" W® grande elogio della bellezza di Achille quel , che dice Omero II, 673. dì Nìreo , eh' era il più bello dì quanti furono a Troja , toltone Achille : ma afi fai maggior è ì idea . che fa formarcene lo Sco- liajte
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maeftro dì Efculapio nella medicina , di Ercole nel-
l' aerologia , e di Achille nella mufica , di cui era perìtijfimo , Igino Aftron. Poet. II. in Centaurus . Apollodoro Bibliot, III, Filoftrato Heroic. IX. dove nomina gli altri Eroi , da Chirone ammaeftrati . Snida in %s(pb)V dice , eh* egli il primo portò V ufo dell' erbe nella medicina , e ne fcrìffe i precetti in verfi ad Achille : ed avendo inventata ancora la medicina pe' Cavalli , fu perciò detto Centauro . Al- cuni vogliono , che Chirone ferito da una faetta d' Ercole , ne potendo curar la piaga , fé ne morìjfe : altri dicono , eh' egli vi applicò l' erba , detta perciò Centaurea , e rifianaffe , 'Plinio XXV. 6. (j) Così lo rapprefenta anche Stazio Achil. I. .125.
, , , imos fubmiffùs in armos .
(6) Il primo tra gli uomini, che fi efercitajfe nel-
la caccia , fu Chirone i e perciò par che gli convenga la pelle di fiera . Benché generalmente a' Centauri, ejfendo ejfi della compagnia di Bacco , tal vefte ap- partenga]?. Buonarroti nel Carneo del trionfo dì Bac- co p. 438. (7) ^uefia non ben fi diftingue : non e però elleray
di cut i Centatiri foleano coronarfi. Plinio defcrive più erbe , che dal Centauro Chirone prefero il nnmp • &#/ Jè- £roXXV. 4. Tertium panaces Chironeon cognorninatur ab inventore : folium ejus lapatho limile , majus tamen & hirfutius ... Quartum genus panaces ab eodem Chi- rone repertum Centaurion cognominatur. Eft Chironis inventimi ampelos , quae vocatur Chironia : e nello ftefi fo libro cap. 6. Centaurea curatus dicitur Chiron, qtìum Herculis excepti hofpitio pertraclanti arma fa- gitta excidiflet in pedem -, quare aliqui Chironion vocant : folia funt lata , & oblonga , ferrata arnbi- tu . Nel libro XXIV. 14. nomina pyxacanthon Chi- roniam : e nel libro XXVI. 14. Herbam Chironiam . Una di quefte ebbe forfè in mira il Pittore. (8) Il "pignorio de Servis p, 80. rapporta le più
rare forme de' plettri : in due baffi-rilievi preffo il Montifaucon Ant. Expl. T, I. P. I. Ta. 5-9. e óo. Si veggono plettri fimili a picciole zanne : più fiomìglìan- te al noftro e quello , che fi offerva nel Buonarroti Oflèrvazioni fopra i Medaglioni/. 368. (9) Tetide , figlia di Chitone , come fcrijfe il poe-
ta Epicarmo , 0 di Nereo , fecondo la tradizion comu- ne , ejfendo la più bella di tutte le donne , fu defide- rata da Giove , da Nettuno , e da Apollo -, ma per- chè Prometeo avea predetto , che 7 figlio di lei fareb- be fiato più forte e più glorio fo del padre, non volle al- cunDio accoppiarvi/! i e Giove ftabilì, che foffe moglie di un mortale . Fu data a Peleo , figlio di Eaco , e di Én» deide figlia di Chtrone . Apollo doro BibL III, Igino Fav. 54. Da Peleo , e da Tetide nacque Achille-} e vo- lendo la madre renderlo invulnerabile , lo tuffò nella palude Jìigia 5 tenendolo per un tallone , nella qual |
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tavola viii
driuT ' ,a chiarezza » e alla perfezione f.o
delle figure non confondono le fabbriche chTr
dono nel fondo della pittura e che ti' ' V6' il difficile (14) P ' formano tutto
I due
liafle sali' tliadc r
*to\& Br0i-' 13t' ' CUammd0l° ÌLtÌM h"° tgl\ r°'I-CÌ ™" ***** ■ ™°flr«<° tam X
** »« tLVt "'"adoperava l>m e l'ai- tLletnf TZTtf'n, "■ ""T "" ^ fi-i fi ^;:t tzrVr tkttr°ir cdvmi- £pitn»-u^tzììr; • * zrr
caneré ?J d'S'tÌS chor<^ «Pie & hoc éft ZZ 7 f'^ ' Cb' '? """ «ma '"fi"" «" « A.
» Vrr' r **«" %« de Wat TT ,„ 7> f ymtufuattn corde . h um delle m/he pitture occultar ber,* / 1 * deprezza e tprrhì> A™- * / Vla-lv. e V., ófcw raccoglie tut-
Intus caifeTe W***» , / *e* %'%£%, * J ^ ^ *****ftrumm* che ne'Lumen-
ri 2) ^:;.lAfpendl1 Cithariftae. *" *rover™ ti antica'-s'incontrano , ed eruditamente le frega. |
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d
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all'iftr omento qui dipinto,
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d
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^A^r^Ti^ > *"ZÌ?l'%TSt0* a Propriamente nominarlo ,
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^r^ ^V/Formino-e
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-ir KZZ^tZ- *"WV ff'rcriv'e T/7^^ altro daùa cetra , ma "di-c^^rl
l* l^ , Apollo la ^J1 • ^e Mercurio inventaiTe 1 5*/<f^w * Theat- U" 37- sull'autorità di Efichiè ì>i„X'-riferifce > eh' Eràr/ff" T/u**rco de Mufia f fort*vafiMpefA > come qui fi -vede ; anche Omero
t 'nvenzton della cetra Alrnf attrib^va ad OrZ Parlrando della cetra di Achille la chiama Formingc.
19- Fulgenzio Myth j C°ntrario Macrobio Sat I , i^i 0/^^ ^^ ^# delle figure , *,//* ^y ^ /tf
'/W/ra tór^ f ^/?i * ?W/ ^». !.? C^^«^" , ^V »«</0 ^ ^M/^: i? se in qual-
j+.n. J , "men™ , attribuì. ■ ,. ™e parte fi fcovre a\cum mancanza . ^^^ ^ ^^^.
dennZl'tZ^Za' * ^^ ^rrsr'' ' II èìuàìzìo deÌl> interi-
mefl COrnfP°nde all' eccellenza e alla perfezione di non aJtttura : e se taluno ne giudica diverfamente, se fil/r 1 an quejì' °Pera ' ma rmde giuftizia a |
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no: po,ehè fece tre tuoù p "dt. pagÌOni ddl'»- S /el 7 "„ P'Jt' °?era ' ""> '™* &"** '
'1 grave dall'inverno L? "C"doi"™° dall'ella, J'{ nd nJlrare dl nm «">ofi„ne mti la bel-
Macrobio Sat I mezzo dalla prima tL~za .
M^ica V. ^fl 1aÙa%^JCaTT ^ ^We J)f J/^f fV^ato, che cosi quefta , ^
^« W^«^, & anZarl C°rde • Si vuolt d LÌ Ura, ddla fe£Uente T^ola , fafferò copie
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-* f ~~ * — ari: t^f' vr L> *%: r; sr * M^^Lxr0
ftf. /«rwr: Citharam Amphion , Tivù \^l\m° VI1- ^^^ àle^aualR ,Z „ am^efirante Achille
der . Odbvam Simomdcs addidxt : nonL TP ^emma ^ Centauro haZj/J 0^ervar/1 > che ndla
theus M^ Mythol. I. I+. .//'^/2°- ?> f™ riflettere ?tb?Z?'t».!***• »*» * f*+
ti r" • //r/ '^' ^^//tf ^ ^«" «^ F%altZ> l> e^erfi c°P^o dalL TeffffT "° nafcer^ dal-
Vaufanta IH. I2. www^ fi& Timoteo MIr J altro Punto * vedttaJ^^ ma ^ fendere un
da LarpJ^^; ......... »,. ^^^ Milcfio fu ^ventura ir, *r' E Perche il Vittore ebbe per
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penuero dt w,na
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lrare aver lui voluto que*
ammiravanfi', efprimere |
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ra • HelU noflra,itLTf ^Zm'° ^ fua c^~ è7&fZìJ?W > ^ ne ^u
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ed ** ^ foZa flT !" CT " dt mdki «>rde che in ft? % aggÌU^ ^ due pitture quelle fabbri-
*'« sulle iemmJ fm > ,% 0rdiamente f mcon. ™ £&* rapprefentanti i fe/ti Jleffi\ Fu Sfiata
« *s*m alni monumenti antichi>e che oLoZf / >-J°?e in^inofa » m« '^ntrò dell,
jytuJl'Zioni jorti/jims,
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42 TAVOLA Vili.
I due tondi (**)■ , che chiudono quella Tavola X*t) ?
par che rapprefentino Baccanti : il primo ha nella finiftra una fiaccola ili) y e nella delira un• iftrumento, che non è facile determinare^) : il fecondo tiene in una mano un naftro 0?), e nell'altra un tirfo "(20).- |
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■(if) Nel Catalogo Num.CCCLIV. e CCCLV. (18) Sembra un iftrumento per attizzare , ed ae.-
(16) Non hanno, coli1 Achille alcuna relazione, conciar la fiaccola.
né furono trovate nello fiefo luogo. (19) Tnafiri , e le vitte di vani colori efprimenù
(17) Celebrandoci per lo più di notte ì mifierj di allegrezza fi davano d Baccanti
Bacca , convenivano d Baccanti le fiaccole .. Si W- (io) I tir(i erano le proprie infegne de' feguaci dt
da. Buonarroti Trionfo di Bacco /.43L Bacco .Sì veda, Buonarroti al 1. e. ^.43 5.
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Scala wxiiu -p alni fior*
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C apparali
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VamxiJDelin
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tncu-
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,
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pal-nv- Ne et? o Ut
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Et,
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TAVOLA IX.
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■Ss?? <?.
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I
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Vanni 7>c/ln
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<^%/arce Jy*rtjoj'
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TAVOLA IX."
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AUSA NI A (*) nel deferì vere le belle
Pitture di Polignoto eh' ei vide in Del- lo, nferifce, che in una di quelle era- vi tra 1 altre figure il Satiro Maria (3) fedente _f0pra un /affo , e a lui vici- |
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m
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WJ no 1] giovanetto Olimpo (4) nell'atto di
a,t«>par che abton^ f ° * ****** ,a tihi* W ■ Non
Tom I P^ qU1 VoIuto ^pprefentarci il noftro Pit- |
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CO £&/ c^/. ^
(2) T anfani a X >
xcà à-jksh tototmoiSut J?& a?TOV *MÌà* è™ fati*
fa. Igtno F. ,6y. ch:aJal}Ì°SrnÌP^diMar-
<P lutar co de Mufica * z,?, , r//* .&''«» ^ Eagro . Afor> nella Frigia , , eh'efTendTjr nac$Ue
fu compagno injìparabile della 'Dea Cibale \ % "
*naravigll0fa coutenza, efendof mintala 7
ter tutto il tempo della fua vita **"""• cafi°
U) Smda fa menzione di molti Olimpi • j i
firo fenve cosi : olimpo , fidio Hi? - M n°- V > nguo di Meone , della
|
^^^^^1 tore
^lfia fuonator di tìbia , e poeta difrm«l„
»o del Sari™ \/f r £ j- 1, * ' ailceP°lo e ama- P° Prima don, %ll°. d Ja§n^e . ViiTe Olim- m« ", a delìa guerra J roiana : da Ini «,w i
""il monte Olimpo nella Mifia V 1 ?^ 'I T OumPocagtone delLfuadìfgrazL **&,* fu f
t* al fuo tnaetlro Che A? > come to era fio- * * Marf^ZJom %T M **! <**-
» *I. &J»; Vj,„„„Zy ""'■ forato I. Imm.zo. rata turba de' Sat' ' £ a fumare tra l'ìnnamo-
feivamente lo oJlV 5 cbe in apnza di Marfa.ia-
Metam VI v 4ano » e 1° circondano . E Ovidio io fece di jJ' 3r93' Parlan<to dello feempio, che Apol- Et Sat > ' pia » dlce 5 che lo pìanfero r \ Jn rratres , & tunc quoque clarus Olympus . di a CGntrovertrio chi foffe il primo mventors 1UeJto ifiromento . Igino Fav. x6$. fcrive, che Mi- nerva fu la frima a firmarlo da un effo di cer- |
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vo
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TAVOLA
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I X
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tore (6) . L'ornato ideilo di architettura, che in quella,
e nella .precedente pittura fi vede , moftra apertamen-
te la corrifpondenza , chel'urta ha colf altra (7) ; ma non ci rifchiara punto sul dubbio , fé fiavi rapporto, e quale tra le Fabbriche , e le Figure (8). - ' '" TAVOLA X.
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v0 , ma che derifa da Giunone, e da Venere ( per-
chè nel fuonarlo gonfiando fé le le gote, compariva de- forme ) lo gettò -, ed 'avendolo trovato Marjia fi ad- defirò poi a fonarlo . Ovidio Faft. VI. 697., e feg. defcrive elegantemente lo fiejfo . Altri preffo Ateneo IV. p. 184. attribuifcono a Marfia non folo l' inven- zione della tibia , ma ancora della firinga. Snida in Mapavag fcrive : og-ig iQsvps M pL8crui$jg dvXoùg dirò y.ql- id^cov , ^-%aÀx§ : ma nella v. 'QkvfMeg par che ne attribuita /' invenzione ad J agni de , di cui chia- ma dìfe epolo il figlio Marfia . 'Per altro l' opinione più captante e per Jagnide , il quale fu il primo ad inventare qttefio iftrumento , e ad infegnar /' arte di fuonarlo agli altri . Apul. Fiorici. I. Marfia , ed Olimpo vi fecero delle aggiunzioni , e ne perfezio- narono l'ufo . Infatti Paufania X. 30. riferifee, che a Marfia attribuivafi M^Tfmay àvX'/jua, : quel Tuo- no di tibie, che adoperavafi nelle fede della Gran Madre: e 'JD io doro III. 5 8. dice , che avendo Cite- le inventata la fìftula compofia di pili canne unite infieme, Marfia di lei feguace ne trafportò tutta l' ar- monia sulla tibia. Plinio VII, $6. così difiingue le di-' ver fé invenzioni ; Fiftulam Pan: monaulum ■Mercurius: obliquam tibiam Midas in Phrygia : geminas tibias Mar- fyas. in eadem gente. . . 8c Phrygios modulos . Efebbene anche Olimpo pafsò per inventar della tibia ( Strabone X. 470. y pure le fue invenzioni fi reftrinfero a miglio- rarne r ufo colle varie modulazioni, e a ftabilime le redole . Snida in "OXvfJLnog j e in tvvoajXhxv , dove efprefi famente dice , che Olimpo^ règ dvXrjTiKÉg vóyyg ènokr iy-pcxtys Se xctì Bf/jVYjTmg vó^mg . Per quel che riguar- da le varie forte di tibie pojfono vederfi Meurfio , Battolino, ed altri, che ne han trattato exprofejfo, e la Chauffe Muf. Rom. To. II Se. IV. Tav. l,ell., che ha tutto raccolto, e illufirato : e noi altrove averemo r occafione di dirne qualche parola, Per V intelligenza della noftra pittura bafia avvertire , che tibia diceafiun iftrumento da fiato, filmile al nofiro flauto -3 e da princi- pio non ebbe, che tre, 0 quattro buchi . Polluce IV- io. 3. Ovidio nel citato luogo così la defcrive : Prima terebrato per rara foramina buxo, Ut daret effeci tibia longa fonos .
Inventimi Satyrus ( Marfia ) primum miratur h at ufuni Nefcit, & afflatum fenfit habere fonura.
Et modo dimittit digitos, modo concipit auras : Jamque inter Nymphas arte fuperbus erat. La parte principale^ della tibia era la linguetta, detta con tal nome da' Greci, e da' Latini , perchè fatta a fimilìtudine della lingua, e fervìva al fuonatore per dar giùft ameni e il fiato all' iftrumento . Si veda Bar- tol. de Tib. I. 5. Nella pittura fi difiingue affai bene . (6) Nella nota (14) della Tavola precedente fi accennò , che vi fu chi propofe poterfi qui rappre- fentare non già Marfia , ma Pane, sull' autorità di |
'Plinio XXXVI. $. che tra le più belle fatue gre-
che , eh' erano in Roma, numera Olympum , & Pa- na , Chironemque cum Achille . E poco dopo foggiun- ge : Pana , & Olympum luctantes Heliodorus eodem loco ( ne' portici di Ottavia ) quod eft alterum in terris fymplegma nobile. Ma effendoci ignoto qual corrifpondenza abbia Pane con Olimpo , e all' incon- tro fcrivendo tutti coftantemente , che Olimpo fu di' fcepolo di Marfia -, 0 non pofflam trarre argomento da quefti due luoghi di Plinio j 0 dovrem dire , che Plinio confufe il T>ìo Pan col Satiro Marfia. E per altro ficcarne Sileno, e Marfia folcano fpeffo confon- derfi ( Str abone X. 470. Paufania II. 12, e altrove} anzi Erodoto VII. 16. parlando di Marfia lo chia- ma efpreffamente Sileno') così attribuendo fi aPan , e a Sileno indi/Untamente l' invenzione della firinga, e l'educazione , e l'accompagnamento di Bacco , e le orecchie di capro , e la pelle ( Diodoro III. Nat al Conte V. 6. 8. e 13. )> potrebbe £ uno coli' altra fe ambiar fi'. Comunque ciò fia, fuol rapprefientarfi Sileno vecchio, calvo , carnofo , panciuto , e tutto dì figura umana, fuorché nelle orecchie, che fon grandi, ed ap- puntate . Luciano in Concil. Deor. Al noftro Satiro, tolta la calvizie , e qualche altra deformità, che la vecchiaia e /' ubbriachezza portan fico , conviene in buona parte quefta deferizìone : avendolo il Pittore, per rapprefentarcì Marfia , efpreffo dì gìufia età, e di ben formata figura . "De' Satiri, e loro orìgine par- leremo altrove . (7) Si vede affai chiaro , che 7 Tìttore ha volu-
to contrapporre quefti due quadri col paragone delle azioni , e delle figure , che vi fi rappjr e fintano . Le moffe neW uno , e neW altro fono belle , e fiudiate : le tefte del Centauro , e del Satiro fono eccellenti : l' Achille , e l' Olimpo fon di un gufto , e di una perfezione grandijfima, (8) Effendo la congettura propofia nella nota (14)
della Tavola precedente per dar ragione dì quefio ornato , fembrata troppo ingegnofa e ricercata } se ne propofe un' altra fiemplìcijfima . Furono quefie due pitture trovate nello fteffo luogo j e ne' pezzi del muro , che le contengono , e che furono dal refi ante intonaca tagliati , non termina F ornato . Onde è ve- rifimi le , che per tutto il parete della fianza rìcor- reffe queir ornato me defimo . E ficcarne in quafi tutti gli edificii trovati le muraglie erano di architetture, arabefehi , e filmili pitture , ricoverte , e talora da tratto in tratto vi fi ve de ano delle figure fiale , 0 de* gruppi, che non vi ave ano altra corrifpondenza , se non quella della fimmetria , e dell' ornamento del mu- ro s così appunto potrà dirfi dell' ornato , che dietro a quefie due pitture del Centauro , e del Satiro fi ve- de fienza che i perfonaggì abbiano a quello alcun rap* porto , |
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^%?. 47.
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<-4{QTCt' J%tCT
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TAVOLA
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che a pnma V]fta tuttQ c.ò
poi PfiT ,-2) CÌ fi raPP^enta : IVla fe
vede Vn0?ia/Utt0 quello , che quì fi jede, piu dappreffo a parte a parte elaminare , femhrerà m,« Ì P cofa n^r « mDlera che non fi trovi
$}*» comune non fif 1 r"3 ' ,a ^uale dal!a tra-
J?«e«e ricerca affai d^f '" ™odo ' che &nZa una E noto ■ che tra' CicIoS £ -7^ * da,ne ragio»e.
^ "' il più famofo fu .PoI(fe-
ma
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(2) Trovata negli Se»! ; IX'
(3) Furono 1 CtclopuZ^ *?*" ■
Si trattenevano effi ne' J^JJJ **"**«} della Sicilia ■
che la terra da se (hjfa fen^ 'Z'T™ * 1*el > qual forte di vita e la prùnTtrlT it" Prod™™ s ™ «legna agli Uomini dZ?J™h> cbe **** |
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*ia v. Ho//^"^; Efìodo nella Teogo-
Ciclopi 2frw, P °ri 1 fupcrbi
Che a Giove il tuono e'l% t ^^ ^>
ormili agli altri Dei ruiinm fabbricaro : Ma in fronte ave™ *ran? in tutto:
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II tc » 1 " A.f • * W^ C/W/fl c- ,
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*ìcL, haTt. m Chan- l 3o- ^ e cl/J ArT °«de traffero 7 ° Un fol '"*" ^^ '
peonie iprimt fondatori detle rci c*»&' confide- Con E/todoff* n°mc di Cickpi .
Natala1 tlfer° k Ci'** ^i ZJahie 'T ** di finferoìei *?»* ApollodoL Bibl. I. *. E quin-
rVcU ,V Mytho1 IX- 8- Ma %gnt- j St ™da l« Vulcani f f ' che i Cic^ ^taPr0 neln^
L°à- IX- ^S. e far. deferii Y°*\ d°P° Ome- vaJl™* ^P l'Etna con Vulcano" con cui tra-
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£
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frenatori degli ©/ e Z0Z * °CJ°^ co™ di- pPol T •? >w le «r™ *X* ^ei , e degli
3 **»«*» degli Uomini, farà' Z&ll° Aen" VIIL +*6- eì^ : ed è da ™'
. J > eh egli nomina Piracmone in luogo di Ar>?e .
Bron-
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L A
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A V
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5°
mo (4) : fon
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ioti i fùpi amori con Calatesi 0) : ed è 110-
alità fua nel cantare e nel Tuonare (6) . Ma
da quel ? eh' è noto ? è tutto ciò 5 che
Pittore : rapprefentandoci il noftro Cicio- eforaii fattezze (7) 5 con ire occhi in fron- te |
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ta altresì
lontano affa qui finge il pò di non |
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Il mangiare, ed il bevere ogni giorno ,
E di nulla attriftarfi ; il vero Giove
Quello, quello è degli Uomini fapienti.
Pianga pure, e fi affligga, e con ragione,
Chi le leggi inventò , da cui la vita
Dell' Uom sì Urani cangiamenti forìre .
Ma quefta arrogante empietà fu ben prefto punita, e confufa : poiché avendo Uliffe ubbrìacato il Ciclo- po gli tolfe con un tizzone ardente l' unico occhio, che ave a in fronte . Quefta avventura dì Tolifemo deferitta da Omero , e dopo luì dagli altri , è rap- prefentata da Euripide nella fteffa tragedia. (5") Ne \Omero , ne Euripidee parlano degli amo-
ri di Tolifemo con Galatea. Lo Scoliafte dì 'Teocrito sulf Idillio VI. 7. rìferifee , che avendo Tolifemo per la bontà de* p afe oli , e per l* abbondanza del lat- te ( yàXuìiT^ ) eretto un tempio prejfo /' Etna fiotto nome di Galatea -, Fikjfeno, il quale ingnor ava db, per render ragione di quel monumento finfe , che To- lifemo amata aveffe Galatea . / Toetì abbracciaro- no quefta favola, e l* adornarono a modo loro $ fa- cendo , che Galatea figlia dì Nereo , e di Doride ^ fiojfe amante amata di Acide , il qual ejfendo fiato per gelofia uccifo dal Ciclopo , formo col firn fiangue il fiume Aci in Sicilia. Ovidio Metani. XIII. colfolìto fuo brìo , e con tutta la vivezza della fua fantafia deficrìve lungamente le fmanìe amoro fé di Tolifemo, e la vendetta, ch" ei prefe sul fuo rivale del difiprez- zo della Ninfa . (6) Teocrito Idyl. VI. 9. dice , che Tolifemo dol-
cemente fonava, e Properzio III. Eleg. I. 4,6. Qiiin etiam , Polypheme, fera Galatea fub Aetna
Ad tua rorantes carmina flexit equos . E se Uliffe prejfo Euripide Cycl. 424. , e Doride prejfo Luciano in Dor. , òJ Gal. parlano con difpez- zo del fuo canto , e del fuo fuono } ben pub dirfi, che quegli per odio , quefta per invìdia così ne giu- dicano . (y~) Tutti convengono nel deferivere Tolifemo orri-
do , dforme , e moftruofo . Egli ftejfo prejfo Teo- crito Idyl. XI. gì. e feg. fia di se un ritratto a fai difpiacevole ; e ben perfuafo del fuo poco merito nel fatto della bellezza, dice a Galatea : cosi brutto co- me io fono, ho però mille pecore da offerirti : Vir- gilio Aeneid. III. v. 6f8. in tre parole lo dipìnge. Monftram horrendum, informe , ingens.....
e per efiprimere la fiatura fioggìunge ,
Trunca manum pinus regit !3 & vefligia firmat.
Ma per giufiìficare il Pittore , hafta ricordarci da quel , che fcrive Efiodo da noi fopra citato , che i Ciclopi, fuorché ne II* avere un occhio folo , Simili agli altri Dei erano in tutto •
E poi volendo forfè il Tittore efiprimere , come or ora vedremo , che Galatea era di Polifemo innaniO" |
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Brontefque Steropefque & nudus membri Pyracmon.
Finfero ancora , che avendo Giove uccifo col fulmine
Efculapìo ì ne potendo Apollo vendicar fopra quello la morte del figlio , uccife ì Ciclopi , che ave ano a Giove fabbricato il fulmine . Igino Fav. 49. e Aftron. Poet. II. in Sagitta. (4) Tolifemo fu figlio di Nettuno , e della Nin-
fa Toofa , come vuol Omero OdyfT. I. 0 pur di Eu- ropa , figlia di Tizio , come fcrive Apollonio Argon. I. Altri dicono , che Tolifemo fu 'figlio di E lato , e di Siilbe , 0 di Amimone , e che aveffe in moglie Latonome , figlia di Alcmena , e di Anfitrione , e forella di Ercole : fi veda Natal Conte Mythol. IX. 8. Benché numerando Igino Fav. 14. tra gli Argo- nauti Tolifemo ( figlio di Elato , e d'Ippea , nato in Lariffa in Teff agita ) ; la moglie Latonome par che convenga a quejio , e che quefti fia diverfo dal Ci- clopc . Fu Tolifemo il più famofo de' Ciclopi, ma non già loro padre , come per abbaglio dice Natal Conte nel citato capit. 8. , attribuendo a Tolifemo il v. 36. del Ciclopc di Euripide. Già veggo i figli pafcolar gli armenti,
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quali parole il Poeta mette in bocca a Sileno ,
riferì]cena d Satiri , dì cui lo fiejfo Sileno ne' v. |
e fi
27.
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è %%. ave a detto
I figli mei per quefti colli menano
Deli' empio Polifemo i giovanetti Agnelli a pafcolar , giovani anch' effi . Euripide in quefta tragedia fa fpiritofamente il ca-
rattere dt Ciclopi , introducendo lo fiejfo Tolifemo , che ad Uliffe , il quale gli rammentava i doveri del- l' Uomo , e'I nfpetto dt* Numi, così rifponde v. 315". e Tegnenti. li Dio de'Saggi è il Dio delle ricchezze:
L' altre cofe ," Uomicciuol, fon nomi vani.....'
II fulmine di Giove io non pavento:
Né so , se Giove fia di me più forte, Né di lui prendo , o prenderò mai curai Ed eccone il perchè : S' ei giù dal Cielo Manda dirotta pioggia } in quello monte Ho 10 ben forte e ben coverto alloggio ; E un buon vitello arrofto , o qualche fiera Mangio , e bevo del latte, e poi fupino Placidamente a ripofar mi pongo , E.co'miei tuoni a'tuoni fuoi rifporido:
Se Borea poi l'acqua condenfi in gelo,
lo di ferme pelli mi ricuopro ;
E la neve non curo accanto al fuoco .
Ma ben la terra neceffariamente,
Voglia, o non voglia, l'erbe lue produce/
Onde s'ingraffan le mie pecorelle ;
Le quah a chi deggi'io fagrificare
Anzi che a me medefimo , e a quello ventre,
Ch' è pur degli Dei tutti il più gran Dio ?
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1
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T A V O L
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A.
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un' amorofa W« m 'l "T' - ? T0 di rÌCCVere
»* <») verifirniw ? un Gm<? (II) f°Pra «n />//*- Tom. ^"^«"e fpeditogli da Galatea (.,). J I DpIIp
prie ed ornane fembtanJ f£Urar* ma fotto pro_ è • h f ,. ,
praccitato dialogo dì Fu ;j ■'*'" irów nel Co- le fue carni • U ™ i ^ J?1 cervo Spogliato del-
f *#* MfS GcuTt? GaIatea «ri A j£ etti aa'mn a la ,TaZr ^l * **&* : V1 *»
«^ , come tu diei ^ Ne p0i q^ifpidi e quel de che non fon rT^ ' ,C- V1 ha attaccate k cor-
beil°- y* ^/, S > £n° Pnvi in tutto del Lo %rìzlTp^ch!ct '*""?" akuna : '%&'
«norme apparti A fi *}}*#***" grande sì, ma nm del^aTJfr/ e?ve»i* bene alla rozza lira
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«~ grande %*! ?«! rÌ^do fllafp^oZ
f* , ^ come una n ^ *'**" ^ebbe campar,
** albori pZ qQerCIa • * "«< »* ciprefToT^
«' eccolo &Z f'T 4mmpett0 ^Delfino, ^
-^- ' ■ 10 \^ guardo fi vede anche etici nel r*.«**-f~~.*._. • ^. , .
|
merodTZJ/ r f,™ Mm > che ** k M* **-
mero di corae^ La Chauffe Muf. Roman. Tom. II. fiìni p! II" T.'x i ?l m Pk gemm ?ref° PA&*
lenivi Lt fZm~ biPatente . o bivalvata di quella
tetterà^ che 7 Genio prefenta al noftro CicloL |
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« «» àprt^^??!W<f«**r* ì Ciclopi:
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LXTI. forni CtL^tm\ Romaa- Anticl- Tab. Ver? t fl^S? = W P& M"*fi firivere le lei
*c da quella di VukL dl/atm« Mo differen- ron/i bltflf* '' * **in* ditdci «"""ii chiama-
Cerva.1 Mcam » ^ A^mir con efU R oC- J1J:*,*"*J1™'• Lo Scoliafle dì Giovenale
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*- «» «/?,^ %uLfg*l nè. »* T^ chi non Sollicitenf ^^ ' aiTlduc » ^nfaec-ue tabellae
/'■w, /* ^ f«i " ^lcl0J>t, e particolarmente a Tali r .uulclF^nt •••,.. ^ j«,fipra sr;:tr/*' * --«: feLbIa,ndis te ^iftoife'& ^wci»» *****
dunque il nn!^ cn-Janza fi appoppi* tut+» r- -uatmi con egual en>refRm>P u j rr \ 111L1>-cc .
Servi, s,u IH. lf*£S££ ~/« «• ^« ^ T ^Vt? ^&7 P~ »°«",ne fa.fi
ti* argomenti negaci Zofl^'J"■ ^ s" « ^^iZnfJZ **"*&. """'^ ' "&
fi che tocca atnojho Z't T^' ' E ^ il tifino • inTtftTa" ' $"' hm &li "™>™
fi e dee render avvertii? ri ' **f° fmt"" '>/• deferii GalJfr l°fi"lU llb'IL Immag.XVIH
«" »o,,z,e aver iZZliJtì1 .P°Jlrt t'k '""• *«. Ed oli? 1°?'? 7 "">"<> d" V*& 'Delfini
£'"• delle opere Lro 'K * ""jt" P,tt<"> ' fig- lio XI ../ ! ■ h Sc°l'aflc di Teleria sul? idfi
%7/f "Mie JZh&Z'Z " Lm0r'' *~ fuo amo« Tr f° ^ C°a Se fe(r° -torno a
t'ttura . 'PaoA^ IL,'//Z '"Z""" dl falche che MA Galate" > e chc comanda a' Delfini credea che <J,„v/rf"" Wf 'agm.e , /wW | Óra rf"""T ""fi* l»tera alU Nmfa Llr
.nel Mare , e itn '%»£' nel Celo , nella Terra, /'TV" *»« * Vfi'. ' '"""'
Nume che reggea tutti" f^'J^ mfi'o file il verPLj^"" ■ ' Ovidio che han celebrati •
frettato . Senza f,'"" !" n'"" d,verJt rap. coro il A'' amori di Tolìfemo con GalatZ 'f
chi non avrebbe con Zf.7!mte. n«"^a di Servio Z & dff"**o e l'orrori, che anela A ' ? 4"
■Paufania dteifi, che TU'? L**™ -*** di Z Gai?"'4" Mc«<"' XDÌ 7,6 TU cttt ^
£ ben fi farebbe tutto 7fto inoT "' "" GÌ'V<? N«Ti ' r §' ""^f"
•la lira, e 7 Genio, e ?l ^ego^/^"^ Addi! HS^fc<**•*, -nome
*h* nella p.ttura fi vede . Ne li \S?» *&"', Teocrito pò, ZJuTlJl^T™ > edam .
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«ver,, L.ncatJal ^H^onteZl?^ *£*£ -^ f ^ »^°^ *•
/'V '' ■/J-/J" W'/»'' • *W r*f«« ^Aa&/? della A7, "J , Sfig" c°l canto le fue
ini' Cm!orde e H finimento aV Titti nel „ -^ r™''«'''' />^r che In chl! l° f'gg'va. E pur lo
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M
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'n fnauom inferno la fiftula, *«. 4/^ 'r f /Wtf Titt«r* ?' arJZl i> hbm fi>™™ni(ìrato al noftro
""nto df <pafiJori , qnal ei (ì Ce „ f/^10 'firu- duce e*U ZwTAr * 1™* ^ qui fi vede . laro, e'^^v Tì^-* faPPrefentarfi Toiifemo . 'Dirizza
r:J,' .-l™ a quefto il dìTcorfo . * /* <w^ , f^ |
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vende£$
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TAVOLA
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.A.
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Delle tre piccole pitture (h) , che chiedono quefta
Tavola , quella , eh' è in mezzo, merita qualche atten- zione (15). |
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di/prezzo. E" notabile per altro la premura^ e l'anfietà
con cui Polifemo ftende la mano per pigliare il bi- glietto i e un non so che di mefio , che gli fi fe or gè sul volto. (14) Nel Catalogo Num. CCLVL CCXXXV., e
CCXXXII. (15") Rapprefenta un piccolo cocchio tirato da due
Cigni, e guidato da un Amorino -, la fua forma è ta- le che può dirfi fimile alla Conca di Venere , in cui fi vuol che quefta T>ea fojfe concepita 5 e di cui fer- vivafi per navigare . E febbene per lo più dalle Co- lombe fi finga tirato il fuo cocchio ; non e però che Saffo non dia a quello le Pajfere 3 ed Ovidio Met. X. 717. e 718. i Cigni. Vefta levi curru medias Cytherea per auras
Cypron olorinis nondum pervenerat alis .
In una gemma prejfo /' Agoftini Parte II. Tav. 5*9. fi vede il Cocchio di Venere tirato da' 'Delfini , e guidato da Amore. |
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rende (fé avvertito di lei '. Rtfponde Carnet a ( che
rapprefenta il Ciclopo ) aver egli ben veduto ciò , ma che fingea di non ejferfene accorto, e benché egli ami lei egualmente^ moftra non curarla per impegnarla pia nello amore . Ecco le fue parole Ma bench' io l'arai anch' io , di non vedere
Fingo, e dico di amare un5 altra donna. Ella ciò udendo gelofia ne prende : E, per mia fé , tutta fi ftrugge, e fmania.... E nel veder eh' io non la curo, forfè Manderà mefto : ed io chiuderò l'ufeio . Se dunque il Pittore a quefto luogo di Teocrito abbia avuto l* occhio , il noftro Amorino col biglietto in mano farà appunto quel meflb , che 'l Ciclopo atten- dea . Né per altro il folo Teocrito è quello , che fin- ga Galatea amoro fa di Polifemo : vi fu chi fcrijfe, che coftui da Galatea ebbe anche un figlio chiamato Galato . Si veda Nat al Conte IX. 8. Potrebbe dir- fi ancora , come poco fa abbiamo accennato , che la let- tera dell' Amorino fia rifpofta , forfè di efclufione , e di |
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*<tru\i Delira
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^ceda tmitts vctlttuJtonv
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Cepparitlì l'uei;
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■tLt xtnìus -palili- JVeaph't:
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TAVOLA XI-
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r<&- 51.
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ss
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*r/H iti Z)c
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ET uniui paìm. À/Tcìpolzt.
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(0
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TAVOLA XI.
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UESTA per altro affai curiofà pittu-
ra (2) tanto meno par che s' inten- da , quanto più efattamente fi efa- mina. Facile ne fembrerà forfè a pri- ma villa la fpiegazione per la corri ipondenza tra qualche parte di effa con molti avvenimenti e favolo!! ed ifiori- c** che poflòno di leggieri alla memoria di ognuno pre- ìentarfi nell' offervarla : ma nell' adattar poi tutte le par- ti fue a que' fatti, che la Storia, o la Favola ab- bia fomminiftrati , fi conofcerà quanto malagevole fia il comprendere l'intenzion del Pittore. Or tra le tante, e ben diverfe congetture, che con egual incertezza pò- trebberò proporfi , quella, che a noftro credere incon- trerebbe meno di fconvenienze , è V avventura di Ore- Jle (3) riconofciuto , nella maniera che ci fi rapprefèn- ta
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(3) Mentre il famofo Agamennone figli» ffj™
trmeneafi all' ajjedio di T%ja , la mogUe Chtcna^ |
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(1) Nel Catal. N. CCCLXIX.
(2) Trovata negli /cavi di Refina V anno 1740.
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56 TAVOLA XI
ta da Euripide nelf Ifigenia (4) /» Tauri . Se ciò , che
in quella tragedia finge 0) il Poeta 9 con tutto ciò, che qui elprime il Pittore , fi confronti ; potrà , fenza gran fìento (6) 9 di ciafcuna parte della pittura darfi ragione. |
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Ne
fira in Micene ammìfe alla fua confidenza Egifto fi- volge ad Orefte, e gli dice : Ecco adempifco quel che
glia di Tiefte. Ritornato Agamennone vittoriofo por" a coftei ho promeflo : io ti confegno la lettera, che tò feco Cajfandra figlia di Triamo . Fojfe la gelojìa, tua forella Ifigenia ti manda . Cosi riconofciuti tra Io- che ri ebbe Clitenneftra , fojfe l' amore per l' adultero ro fi abbracciano : indi penfano al modo , come rapir Egifto, unita con quefto uccife il marito -, e tentò an* fi pò (fa il fimulacro, efuggirfi. Ter che prefenti al lut- cora di uccidere il piccolo Orefte , che da Agamenno- to eran le donne del coro, e minìftre del tempio , fon ne avea generato. Ma la cura di Elettra fiottrajfe il da Ifigenia pregate a tacere . In quefto fiopr aggiunge fratello al furor della madre. Crefciuto Orefte in etti. Toante , cui dice Ifigenia , che tra' due giovani vi venne fconofciuto in Argo con Tilade figlio di Stro- era chi la propria madre uccifo avea $ e perciò bif- filo , e fiuo grande amico, e coir ajuto dì quefto , e gnava la ftatua e le vìttime lavar nel mare per della forella Elettra uccife la madre ed Egiflo , per e/piarle . Con tal ritrovato porta sulla nave la ftatua, comando di Apollo . Da quel momento fu Orefte tor- infieme con Orefte e Tilade . Avvertito Toante di ciò , meritato fiempre dalle Furie : e jebbene fojfe fiato affo- vuole infieguirli s ma da Minerva è trattenuto , che luto in Atene, ~ed efpiato in Trezene -, non cejfarom gli /piega effer quefto il voler de* Numi . Se con tal le Fune di agitarlo . Ma avvertito dall' oracolo dì racconta fi paragoni la pittura, fi vedrà la corrifpon- Apollo , che allora farebbe libero , quando rapito avefi- denza , che pajjd tra l' uno , e l' altra . fé il fimulacro di 'Diana , che in Tauri adoravaji5 (6) Tra le molte congetture , che fi propofero, fi portò egli con Tilade in queir inumano paefe : do- tre furono , oltre al riconoficiménto di Orejte , con ve nel punto di ejfere fiagrificaio a "Diana fu dalla maggior attenzione efiam'mate : noi le accenneremo forella Ifigenia r'iconefichu o -, e infieme con quefta, r$* in/ìeme colle difficoltà , che incontrano . La pri- pita la Statua , ritornò libero dalle Furie in Mice- fna fu Admeto , per cui Apollo impetrata avea ne. Le avventure di Orefte furono il/oggetto di tut- dalle T arche la vita a condizione che un altro per ti i Tragici. E/chilo nell' Eumenidi, e nelle Coefo- luì morì/Je : e la fua moglie Alcefle , che fi offerifce re : Sofocle nell' Elettra : Euripide nell' Orefte, neU di morir in fiua vece j mentre il vecchio padre , e la /'Elettra, e nell'Ifigenia, in Tauri. Igino nelle Fav. 117. vecchia madre, e forfè ancor la forella ricufano tal X23. e 261. forte . Euripidi nell'Alette. Tale fato de Incred. (4) Mentre la fiotta de* Greci, che andavano al- cap. %y. La fieconda fu Eteocle , che fiede fermo nel
r ajj'edio di Troja , doveafi partire di Aulide , fu proponimento ai non voler cedere il regno di Tebe al
per mancanza di vento arrefitata : l'indovino Calcan- fratello Polinice , che gli rammenta avanti al jvmu*
te /piegò , che quefio accadea per lo /degno di Diana lacro di Apollo il patto di dover a vicenda regnare}
offe/a da Agamennone, il quale aveale ucci/a una cer- mentre la madre Giocafta, le fior elle Antigona ed Is-
va -, e che per placar la Dea dovealefifiqgrificare Ifigenia mena col zio Creonte procurano invano di pacificarli,
figlia dì Agamennone: e col prete/lo di volerla dar in Sofocle nell'Edipo Colon. Efchilo ne' Sette a Tebe.
moglie ad Achille fu quefta condotta in Aulide. Ma Euripide nelle Fenicie. Igino Fav. 69. Ma in epiefte
nell'atto dì ejfere Ifigenia immolata fu da Diana fot- congetture, oltre alle altre difficoltà che incontrarono,
tratta al fiagrìficio, e condotta in Tauri} dove fu de- fi confiderò, che non tot e a darfi plaufibìl ragione del
ftinata ad ejfere fua fiacerdote/fa . Euripide nell' Ifi- foglio . La terza fu il giudizio di Orefte nell' Areo-
genia in Aulide. Igino Fav. 98. Pag°; e da tal, che crede a aver felicemente urtato
(f) Dall'arrivo di Gre/le e Tilade in Tauri nella vera ìntenzìon delTittore^ colla feorta dì Efichi-
comincia fazione della tragedia di Euripide. Giun- lo nell' Eumenidi, fi foftenne, che '/ giovane penfio/h
ti efiì colà furono da alcuni Taftori /coverti, e pre- e me/lo fia Orefte , a cui fi recita dal giovane fiedu-
fi\ e dal Re Toante mandati nel tempio di Diana per to a lui dirimpetto la fentenza pronuciata dagli
e/fervi figrìficati, ficcando il barbaro coftume del pae- Areopagiti , de' quali uno e il vecchio > mentre Mi-
fie, ove tutti ifiorejìieri eran vittime di quella 'Dea. nerva nella parità de' voti, efprejfa nel gefto delle
Ifigenia, a cui come fiacer dot e/fa fiurono i due giova- dita, /' aj/òlve j alla qual deci/ione due delle Furie
m prefentatì , non conoficendo fiuo fratello , né da que- fiottometiendofi depongono il lor abito negro , e con
filo conoficinta, perchè e/fendo Orefte ancor bambino fin fiembìanze amabili, e in bianche vefti comparificono j
tllg, condotta in Aulide , e quindi in Tauri tra/por- reftando fiolamente la più vecchia di effe ferma nel
tata } interroga il fratello di qual paefe egli fia } fiuo mal talento contro di Orefte. Le oppofizioni , che
e /intendo eh' egli era d'Argo , gli promette la vita, fi fecero a quefta fpiegazione s ffirono primieramente 3
purché porti in quella Città una lettera . Nafice qui che ftrànifijima , e guafta farebbe fiata la fantafia del
una genero/a gara tra gli amici per determinare chi Tittore, il quale volendo rapprefientar Minerva, di'
reftar dovea al fiagrìfic io 5 e chi partire . Frattanto pinta avejfe 'Diana per ingannar così a bella pojia gli
efee Ifigenia colla lettera, e pregata da Orefte, la dà filettatori. In fiecondo luogo non vi è chi non deficri-
& Tilade ì e dubitando , che quella perder fipote/fe, va le furie di negre vefti coverte, di a/petto orribile
gliene dice il contenute . Sorpre/b Tilade allora fi ri~ e deforme ? e di ferpenti armate , Efichìh così k de-
feriva
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T A V O L A XI. 57
Nel giovane , che fiede penfofo e mal in conico, ricono-
iceremo Orefie nel fuo proprio carattere (7) . La Don- zella , che piangente (S) abbraccia colimi, vivamente efpri- mera iua rotella Ifigenia nell'atto di riconoicerlo. Dall'ai- ''^oTlp05 CbX gU fWdC (9) dirimPetto> e avendo in
K. mano
prive in Clìoephor v io ■> .
*P*A ywcfysq otÒs TopJvL *xtL f? ?*£ ' ^ dovéaM a «>lor d> argento , come
- %*&»* «S Wi» ^/' ^ ^"' ' ™» *'* * «'" ^oro , r*»e
*«"»«? ^wwr/y ' qui fon dipinti . Oltracciò se voleva porre Orefie in
JJ ferve donne, fon pur que'fte a fniifa *** ^^ ^ -^ 5 ^M neU' altra jituar la 'Furia
P1 Gorgoni coverte a nere1 vtH & accufatrice : altrimenti, fi farebbe oppofto il Tittore
■«•: di fpefll /Jr^wi avvinte il ci- a quello , eh' egli mtendea di rapprefentare : poiché
ene" Eurnenidi v. +8. 4p* *Wr/< ,*«*„* Go-o f ^ Eumen; ?9'i- « feg. introduce la vecchi*
m' *' v. 420. ^3 , r/4 non avean CL, ilS /'^ ^ ,ww *' '«K* ' £ ^ A"* dell'mote :
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^ ^^ ^/nfigema-m ^ ^ ^ ^ Q^
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<? feg.
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^ da nporfi tra le umane forme
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„/?<? v. 961,
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________
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Gmnli di Marte al monte, ed in giudizio
Stetti, occupando io 1' una fedìa , e 1' altra Colei, che tra 1'Erinni era più vecchia . no Ai ; -u-, " -"'■"•«« j^w?^ aw firaw „„//., -.,„. , >/' Orazio nell' Arte v. 1x4,. facendo i caratteri Zpte^V ef,nd° fi*t0 E^!o iTprZ Tele et >"*? ' *H s'M^ono nella fcena\ due, |
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^
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la JZ
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««tó •»" unaFuZTe TdT^* *& ^l
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itnfT^T^ *" ' triftis °refteS • E M** H'
&"*' M* &U d* Ovidio Trift. I. Eleg. IV. 4^ Ut Jorec excmplum veri Phocaeus amoris
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camparne ftie zìa tUr»*» • r > che daUe altre
bla e Jr P?f; ■ d°VCafi a?P«nto per la rab ot* , e per l ofttnaztone in perferuìtare Or/a* /<?
ci, i flagelli. n «„„iri,„ T3nZU * krPcllti ^ &
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tJ -j..r„,r„ t(/« wc penaenti ,
fi -vede la nojlfa buona vecchia abbracciare Orefie rL -* pian§ere » e dl
- fatto # Jf™0 d c°fiu™ Greci , e non ira e Co
f°S l? '« mano tIÌ >«™c » che ffede „/
f ^' »«» ^ ;v f ^/- ° fi prmde *el Banditore - dove a ? O fi p/'J"'-!*' m Pjfdi » * ™n feduto Jlar e non potea e/li efiL *" m Giudlce del1' areopago ■ mu fi dipinge ; ìa %7tTeJ *** &ovanett<> > "me Wgliam dir vecchio colP ^"nzata , fi mn Arflofane in Vefpis' V L\ a T\gU AreoP^i.
cdTatorej . ( lafciandi ftlrè €C?,lmente,.l>Z ? Ac- mM dovuto fijlener quefia %4e^LZ ^° eojlui a recitar fintene al reo t E p0\ "ZfeZZa Z* fU;'U ;„ fJJe d0Vfa mtmarfi fritti ad OreTet
Efchtlo nell Eurnenidi v. 74x. , feg. introduce la /lek |
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*, 3 ~.^ irLut- jacre cerimo'i
Jedere. Tibullo II. El. VII. 15-.
«P, .IUmS ^ t,J?ulum fuSiam' fupplexquc fedebo.
TroperZ!0 I £1. XXI. 4*. ^, J Sat. L IO> Plutarco in Numa- ,i ^ri . £i ^ w/a egualmente,
Od. XVII. 32. *>£,/«, Aen. Vili 177
(8) Euripide neW Ifigenia in Tauri così fa parlare
Vrefie v. 795-. e feg. r Cara foreila mia, benché io ci Aringa
e v ì l0 m1^ braccia> io Pur noi credo ancora.
e v. «33. ff feg> ^agrime di dolor mifto a piacere
E fi ?C/rPS,ÌPebrc bagnano, e le mie . o cl5f f ^v- 82r ^z8-c^ ^-*
Ch?^^ 10ion°purtV0 tr°PP° Car°'
0^. Trift iv: El Tv rmg°J °refte |
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^um vice fermonis fratr«
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». 12.
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T A V O L A XI.
mano un foglio mezzo aperto (io) par che nel leggerlo ad-
diti lo ftelìo Orefte 5 farà rapprefentato Pilade^ che fcovre ad Ifigenia il fratello ? a cui la lettera di lei dovea confè- gnare (*0 . Per l'altra giovane donna o può intenderli la ftefla Ifigenia (12) che fi raccomanda al Coro figurato nel- la vecchia (*3) ? che il richiedo filenzio le promette (h) : o può dirli, che nell'una e nell'altra fi comprenda il Co- ro (15) . Col vecchio forprefo da maraviglia ci fi porrà in- nanzi •n. 1 z. La moffa di Tilade è bella, e molto efprimen- cTrum effe certiorern per literas in charta plumbea
te. E dipinto nudo per far campeggiar l'arte j e fior- exaratas , &. ad librorum inftar convolutas . Ed è
fé anche perchè preffo ad efere jagrificato . Si veda noto altresì il cofinme di mandar l'epifiole chìufie,
ilfagrficiod'IfigenmprejfoMontf.'To.ill.Cb.a.p.X.Vl. e ravvolte a forma di cilindro dentro un vàpSrj*
PI. LXXXIV. 0 ferula , o altre fìntili cofe . T)a tutto ciò fi rac-
(10) Tilade preffo Euripide néW Ifig. in Tauri coglie come ben convenga la forma cilindrica del no-
avendo ricevut-o il foglio , che Ifigenia fritto avea a fra foglio qui dipìnto alla Jettera fritta da Ifigenia. fito fratello , rivolto ad Orefie così dice y. 75?!. e (I2) 'Ne' bajfirìlievi è cofa ordinaria il vederfi la.
7p 2. ftejfa per fona più volte fcolpita in dìverfe azioni . Nel- Ecco a te reco , e a te confegno il foglio, le Immagini di Fikftrato} e nelle pitture della Gre- che inviati quella tua forella , Orefte . eia deferitiecì da Taufania fi ojjerva lo fiejfo . Non è E quefto e ciò , che qui ha il Vittore fpreffo ajfai vi- qui da tralafcìarfi un fofpetto , che fi propofe , fé for- bamente . fe coftei ejjer potè fé Elettra forella d'Ifigenia . Ore- (11) Si fece V oppofizìone, che non corrifpondea la fie interrogato da Ifigenia, che volea affi curar fi fe ve-
lettera mezzo aperta , come qui fi vede , alle parole ramente egli era fio fratello, le rifponde prejjò Euri' di Orefte, il quale ricevendo da Tilade il foglio pref- pìde v. 811. fio Euripide v. 793. così rifponde. Quefto prima d'ogni altro or fenti, Elettra.
Lo prendo , e traiafeiando ora di fciorlo .... J Commentatori varie cofe dicono per render ragione
Ma fi nfpofe, che fior fie il Tittore volle piuttofto rap- del perche il Toeta nomini in quefto luogo Elettra
prefentar la lettera aperta per ìfcrivervì i nomi d'Ifi- parlando d' Ifigenia . Si veda il Torto , e 7 Bamefio
genia e dì Orefie ; e che fe il tempo ci avejfe confervati fui detto ver fio . Il nofiro Tittore , fènza entrare in
que' tratti di pennello , dì cui appena or fi conofeono crìtica , prefe forfè da quefto equivoco occafione di
l' orme , prenderebbe quefia no fi r a congettura forza rapprefentarci le due forelle Ifigenia , ed Elettra.
maggiore. Ed oltracciò bifiogna dar luogo alla, fanta- (13) L' abito dì coftei, e tutto il fuo abbiglia-
fia del Tittore , il quale dovendo ufar mute efprejfio- mento ben fi conviene a ferva -, e delle Serve d'Ifige-
nì per ifpiegarfi, non può fempre interamente fervìre nia appunto è compofto il Coro di quella tragedia : 'ira
al fatto. quefte una par che 'l Toeta più, delle altre faccia da
Non vogliamo qui tacere quel, che fi avvertì sul- Ifigenia diftìnguere : poiché raccomandando^ ella al
la forma del foglio , che ve dm ravvolto a rotolo, Coro , affinchè tace fife , dopo aver detto v. 1056. e
non piegato ad angoli . Euripide introduce Ifigenia, fèc.
che ufeendo col foglio in mano per darlo a Tilade, così O cariffime donne , a voi mi volgo ....
dice v. 727. Tacete , ed ajutate il fuggir noftro . . .
Asàts [lèv aì'ìs 7toÀv9pooi àwrw)(pà così foggiugne ad una fola dì effe parlando
Zsvoiq napsicrìv . Poiché s'io falverommi, tu farai
le quali parole così fon tradotte dal Bamefio : Meco di mia fortuna a parte ancora,
Literarum quidem haec loquacia volumina E falva in Grecia'/» verrai con noi.
Hofpitibus adfunt. (14) L' atto di accoftar il dito alla bocca efipri-
Jn fatti Er. Stefano suW autorità di Eufhizio inDionyf. me ajfai bene la promejfa del fìlenzio , che fa il Coro
p. 42. nel Tef. ficrive : AsXrog . Pugiìlares, qui forma ad Ifigenia v. 107.5-. e feg.
literae à plicabantur , feu tabellae : fed poftea fàfàtg Penfa a falvarti ibi, cara Padrona :
diftus fiiit quivis liber quacumque forma e&t . Ca- Tutto noi tacerei» : fta pur ficura .
faubono nelle note al Poliorcetico dì Enea v. dg (15) E cofa ajfai propria , che 'l Coro-fi rappre-
xoMrcrhépcy Yj\a<Ty.£V0V ere. dice : Vetuftiffimum eft in- fenti da una giovane donna, e da una vecchia. Nel-
ventum tenues e plumbo albo , vel etiam-quovis alio la Tavola feguente fi vedrà , che due donne appunto
laminas procudere in uiuni fcriptionis ; quas poftea rapprefentano le mìnìjìre del tempio , che apparecchio'
in formam, cylindri volvebant , ut alia librorum vo- no alla padrona le cofe necejfarie al fiagrificio . E qui^'
lumina ;.....Autìror eft Dio iib. XLVI. Decimum di ejfendo l'abito della giovane proprio di fagrificante,
Brutum Mutinae obfefTum de adventante fubfidio fa- non le</converrebbe ,
O nel-
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T A VOLA XI. 59
nanziil Re Toante («O. E finalmente il Nume coverto di
verde clamide (17) colle faretra a fianco (18), che fi vede come fituato in una nicchia del tempio 0?), farà la ftatua (*>) ai Viana, che doveafi rapire (*0. gufto fmiffim'2 feZZetti {Z1) di quefla Tavola' fon di un
v j ) %
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(16) 0 nell'atto, che Ifigenia gli narra il finto
portento di efferfi la ftatua dì 'Diana da se rivolta
in dietro nel veder le due vittime . v. 115"9. e feg..
O ne ir atto dì ejfer da Minerva arrejlato . v. 1475".
e feg. ( 17) Es noto , che gli antichi veftivano le fiatile
degli Dei : e propria fimbra ejfer e per la T>ea de* bo- Jchi la clamide di color verde. (18) La faretra , e l' arco fon le proprie ìnfegne
di Apollo , e di "Diana , onde dagli altri fi diftìn- guono . (19) E chiaro , che 7 Nume fi ia fituato nel fon-
do della pittura , che rapprefenta la parte interiore del tempio , e che le altre figure fieno al dinanzi : appunto come fi finge dal Poeta l' azione , e la Sce- na , che */ 'Pittore non ha potuto in altra maniera efprimere, e far vedere . Paufania V. n. avverte, che nel tempio di Tiiana Efefina il velo non calavafi a terra, ma alzavafi al difopra fiotto la fibffitta : co- me qui fi vede . (20) Il veder/i il Nume più alto delle altre figu-
re dimofìra appunto , eh' egli e una ftatua fituata fio- pra la fua bafie : in fatti Ovidio parlando appunto di quefla ftatua dice de Ponto III. El. II. Quoque minus dubites , fiat baiìs orba Dea.
E fé il colorito , che fembra anzi di carne , che di pietra , faceffe dubitar taluno } fi potrebbe risponde- re , che avendo il 'Pittore avuto riguardo alle parole di^ P'anfania I. %$, che chiama quefla ftatua dpyxtoit tpzwj : e an> ejferft dalla fola Ifigenia prefo , e porta- to sulla nave queflo fimulacro ( Euripide Ifig. in Tauri |
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v 115-7. e feg. ) /' abbia più verifimilmente rappre-
fentato di legno dipìnto al naturale , con alluder co- si all' antichità ancora di quello , giacche fi sa , che gli antichiffimi fimulacri eran dì legno (Paufania Vili, io". Plinio XXXIV. 7. ) efoleano dipìnger fi (Plutarco m Rom. ) come appunto far oggi nelle ''noftre flatus di legno, 0 dì cartapefta fogliamo noi. Preffo Paufa- vua III. 16. e notabile quel, che fi legge dì una facer- dotejfa delle Leucìppidi , che ad una delle due ftatue fece una faccia nuova in luogo dell' antica. (2.1) Delle varie tradizioni riferite da Paufania,
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17
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da òer-uio da Igino sulla ftatua dì Diana Taurica fi
parlerà nella f av. feguente , cèLZxxxxviiCat*L N' Lxxx- cclx^xxf.
(23) Nel primo è un uccello al naturale , che va
*J!jfeTT* P°rmi S £ neW ulUmo d™ fi^i con un
grappolo d uva . Luciano m Zeufi dice , che queflo Pit- tore fu eccellente m PìmHi Crh^^i r 2f CV<-" * ™ che compra Cottn il .T J ?"?,' i chs univano an-
Ltjc ivf.ijjr.ji joTi,o II nomi3 dr £cV-v Tp-J a _ ' t
XXXI. lib. I e XXV h il Forato Imm.
/.«; .1+ , AAV- llb- u- Vitruvio VI io di. z:Teii:rleremo iik a **** ■ x« ~**ièZ
ZlefaBZ,'**' TCCt **&»** di trai-
Meandril// ff Tr f" aCCOnCia voce cbi™**i Maendrum ?Udend?£ a tortu°fi & di quel fiume: x^s amn! gCnUS Pld^ae > diaum a fimilitudinc flc- 7"mbrT h^ agPellatur Maeandrus : dice Fefto . daU velli ir Vfa/orta d' ornamenti comincia^
cibile vejti. Virgilio Aen. V iji PufptaCMarytmÌUrfam' qUam Plurima circu^
lurpura Maeandro duplici Melrbaea cucurrit . |
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£i aniuj j'jahnM-apoUt
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TAVOLA XI
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*3
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Jloja fnczs-
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lm- li or.
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J5t Z£?2t'ii<s pai/n- Neapoiit:
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TAVOLA xn.
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(0
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E nella pittura della Tavola preceden-
te rapprefentafi Orette riconosciuto dal- la forella ; farà la pittura di quella Ta- vola una continuazione (z) di quella , e dovrà la fpiegazione di una accop- piarli all'illuftrazione dell'altra. Lo ftef- ìò Euripide 5 che ci ha fomminiftrato colla Tua Ifigenia in Tauri (3) l'argomento della prima, Tom. I. Pit. L ci |
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(j) Nel Catal. N. CCLIIL
(x) Benché trovata in luogo , e in tempo diverfo.
(3) Str■ abone XII. pag. 5-37. dice , che vi era
chi riferiva quefie avventure di Oreflc , e d'Ifige- nia alla Città di Caflabala , pofta sulle falde' del Monte Tauro in Cappadocia : ma quefio è un equi- voco tra il monte 'Tauro , e la Città di Tauri . Tra '/ "Tonto Enfino , e la Tahide Meotide per quella parte , che guarda il polo boreale , vi è una fenifola detta da' Greci Cherfonefo Taurica , per- che abitata da' popoli della Sàzia chiamati Tauri : i quali avendo la barbara coftumanza d'immolare al- la Dea "Diana tutti gli firanieri , che colà per dis- grazia approdavano , conciliarono a quel luogo V odio- fo nome di ufyvog , 0 àfyivog inofpitale . Ovidio Trift. IV. Eleg. IV. fSj e feg. Strattone VII. p. 460. T)iodoro IV, 40. Mela I. 19, Solino cap. XXIII. e |
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r Autor dell' Etimologico in v. "Ev^sivcz . U iftitu-
zione di queftì inumani fagrificii da Diodoro nel lib. II. 46. è attribuita alla feconda Regina delle Ama- zzoni : ma nel lib.IV. 44. egli a se fieffo contrario attri- buire la fabbrica del tempio } e T introduzione de' fagrificii ad Ecate , figlia di Terfe Re de' Tauri , moglie di Eete fuo zio , e madre delle famofe Circe, e Medea . Ter altro non furono i Tauri ne i primi, ne i foli , che fagrific afferò umane vittime d Numi. Quefio trafporto orribile, e così vergognofo al genere umano fu troppo in ufo e neW Oriente e neW'Occi- dente . I Fenicii, con tutte le loro innumerabili co- lonie de Tini , de" Cartaginesi, e degli altri; que' di Ch'io , di Tenedo , di Lesbo , gli Spartani , 1 Lao- dicefi , i Meffemi , i Telisi , e quafi tutti gli abi- tanti della Grecia : gli Aborigini , e talvolta an* che* i Romani praticavano si fatti fagrificii 3 e -lì fono
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64 T AVOLA XII.
ci darà i lumi neceffarii per veder chiara l'intenzion del
Pittore nella feconda (4) . Ecco dunque Orefìe, e Pìla^ de , che dal Satellite del Re Toante {$) fon condotti al mare per purificarvifi , colle mani legate dietro (*), e cinti di fa/ce (7) le coronate tempia (8) , come vittime già defluiate al facrificio . Ecco la Jìatua (9) della Dea (io) fòpra
fono anche oggi de' popoli Americani > che gli riten- parlar Sìnone, che dicea efere fiato defiinato al fiagri-
gono . Eufebio itpanc. ivayy. IV. i5. Si veda Kippin- fido .... mihi facra parari,
gio Ant. Rom. I. 6. §. ii. Tal fu la forza di una Et falfae fruges , & circum tempora vittae . E v.
falfa religione fililo fpirito delle genti , che bafiava 15*6. . . . vittaeque Deum , quas hoftia gerii. Si ve- ti filo nome di un 'Dio immaginario , 0 di un firn- da Floro IV. 2. plice Eroe , perche le Nazioni più cult e , e più man- (8) Soleanfi le vittime coronare . Euripide nel-
fuete , fi ree afferò a pregio l* incrudelire contro i loro V 1%. in Aulide v. 15 67. dice , che Calcante doven-
fimili con una fierezza , di cui le più feroci beftie do fiagrificar Ifigenia : xpocxà r' fastyev xópqg : le coronò
non fon capaci , il capo.
{4) Qual fia V intreccio della Tragedia e tutto (9) Paufania III. 16. fcrive , che i Lacedemo-
quel) che vi fi rapprefenta", /' abbiamo già avvertito ni credeano tener la vera fiat uà rapita da Orefie nella nota (jf) della Tavola precedente . In quefta e da Ifigenia in Tauri j e che chiamavano èffi quel- pittura par che abbia voluto efprimere il Pittore quel- la 'Dea Diana òpBiav e Xvyó^éuixav , perche fu tro- ia parte dell' azione, in cui finge il Poeta , che Ifi- vata tra certi frutici così tra loro intralciati, che la genia per fialvar Orefie e Pilade, fa credere a Toan- fatua manteneafi diritta. E dovendo V ara di quel te, che la Dea nel prefentarlefi le due vittime, erafi Nume ejfer bagnata di fiangue umano , prima se le da se rivolta indietro , e avea chiufi gli occhi per offeriva un uomo , che fi cacciava a forte. Ma Li- non veder que' due giovani contaminati dì panici- curgo fiabilt , che fi battejfero de' fanciulli avanti dio : e che per purificare la fiatua e le vittime , bifio- quell' ara 3 bafiando quel fiangue a compiere il fagri- gnava condurle al mare , e bagnarvele : alla qual fido, Or mentre i ragazzi eran battuti , dalla fa- funzione da far fi in folitarìo luogo non dove a alcuno cerdotejfa teneafi il fimulacro : il quale era x20ov dirò intervenire . Toante credendo alla facerdoteffa, da gli <rpuxpÓTYirog leggiero per la piccolezza : ma se colo- ordini corrifpondenti a tutto ciò , che quella gì'im- ro , che batteano i ragazzi, davano leggiere per e offe, pone. Nello fpìegar di mano in mano cìafcuna parte la fiatua allora diventava grave a tal fegno, che la della pittura , faremo vedere , come ben fi accordino, fiacerdoteffa non potea più foftenerla . La descrizione il Toeta e 7 "Pittore . di Paufania par che convenga affai bene colla ftatuay (tf) La prima difpofizione d'Ifigenia fu , che ì che qui fi vede dipinta . K da notarfi pero la diver-
due giovani fi legaffero , e fi conduceffero così cufio- fità s che fi offerva e nell' abito , e nella grandezza
diti da alcune guardie del corpo . Ifigen. in Taur. v. tra quefta , e V altra fiatua rapprefentata nella pìt-
1x04. e 1207. e 1319. Moftra all' abito quefta figura tura della Tavola precedente . Si può feiogliere il dub-
effer faldato i e fé non ha armi , anche ciò fi uni- bio , se fi rifletta alle varie tradizioni sulla fiatua
forma a quel, che dice Euripide v. 1367. e feg. di Diana Taurica. Lo fteffo Paufania, oltre alle al-
Poichè non avean armi elfi ( Pilade e Orefie ) ne tre opinioni , che in più luoghi riferifee , fcrive nel
n°i • libro I. cap. 3 3. che in Braurone , luogo dell' Attica,
(6) Così appunto gli rapprefenta Euripide 45-6. e eravi già un' antica fiatua dì Diana , che fi dicea
57. è v. 1333. e 34. Ovidio de Ponto III. El. II. ejfer la fiejfa., che rapita avea Ifigenia da Tauri.
72. deferivendo lo fieffo fatto dice t che Orefie e Pi- Igino Fav. 261. e Servio rìferifeono , che Orefie por-
lade eran condotti tò la fiatua da Tauri ne II' Ariccia ( vicino Roma)
Evintti geminas ad fua terga manus . dove anche un tempo perciò fi fecero de'fiagrificii uma-
Per altro era folenne la coftumanza di legarfi colle ni. Poteano dunque i due Pittori fieguire opinioni di- mani dietro la gente prefa . Omero Iliad. XXI. 27. verfie } e ad ogni modo , se volle l' uno ejfer attac- a 32. Plutarco in Philop. Suetonio in Vitell. XVII. caio fcrupolofiamente alla tradizione ,. perchè gli tor- ^7) Ovidio nella citata El. II. 73. e fege nava anche in acconcio colla proporzione delle altre
Sparfit aqua captos luftrali Graja facerdos, figure s non era certamente vietato all' altro di far
Ambiat ut fulvas infula longa comas. libero ufo di fua fantafia, anche forfè per adattarfi
Dumque parat facrum, dum velat tempora vittis. alla grandezza degli altri perjbnaggi del quadro,
E Trift. IV. El. IV. 78. parlando della ftejfa cofa (io) Erodoto IV. 103. fcrive , che gli umani
Cìnxerat & Grajas barbara vìtta comas. fiagrificii in Tauri s* iftìtuirono in onore d'una Ver-
Era cofiume ornar le tempia delle vittime con lunghe gine , che que' popoli credeano ejfer Ifigenia fiejfa fi*
fafee , dette infulae , e vittae . Varrone de L. L. IV. glia di Agamennone . Per altro Paufania II. 35-. fa
3. Fefio in Infula . Virgilio Aeneid. II. 133. così fa menzione del tempio di Diana detta Ifigenia preffo
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TAVOLA XII. 65
fòpra la menfa C11) , e vicino a quella due vafi facri (I2)«
Ecco Ifigenia nell'atto d'imporre a' cittadini, che fi ten- gan lontani da quella funzione, e di far alla Dea i fe- greti voti del meditato rapimento (*3) . Ed ecco le mi- nijìre (h) della facerdotefla , che portano la lampade ac- cefa (15), e tutti gli altri neceflarii (burnenti, che fi fi- gurano ripofti nella coffa. L'altro pezzo 0*) di quefta Tavola, che prefenta al-
l' occhio una graziofà veduta di campagna con edificii, e periònaggi (17) merita di efler ammirato, non illuftrato. gli Ermionejì. Del refio tutti convengono , che la fojfe accompagnata da donne : dee però fupporfi, che
"Dea Taurica fojfe 'Diana. In fatti è da ojfervarfi, la lampade , e i fiacri ifirumenti, di cui egli fa men-
che il culto di quefta Dea co' medefimi riti or fan- zione , non potè fiero , se non da altri portarfi: giac-
guinojìrealmente, or con (Imboli, fivede paffato a va- che ella portar dovea la fatua della Dea che non
rii popoli , da' quali ella ebbe varie denominazioni di potea altri toccare. Onde il Pittore le ha aggiunte
Tauropoli, di Munichia, di Aricina , di Facelina , e due miniftre , che l'accompagnino colla facra fupel-
altre molte . Si veda il Munckero ad Igino Fav. 261. lettile.
(11) Delle menfefacreparlaMacrobioSzt.Ill.il. (15) Nel v. I2zz. e feguenti così parla Ifigenia.
Fefto dice che la menfa facra ne' tempii tenea luogo di Tég <T àp èn@crfvovTug ycty àj/jusTav èpu 0vag,
ara , e chiamavafi Anclabris . Si veda Scaligero a Fé- K^ dsag xóapsg... asXocg- re Xccpmdfav, ra r uXh\ ocra
fio in Menfa . Guter. de vet. jur. Pontif. HI. 6. Stuc- Upa^é^v èyù ^évoicri , ucci 9six Y.otSdp<nct.
kio To.I. 1. II. e. 16. p.3io. e To. II. p. 98. Già veggo i foreftier, ch'efeon dal tempia,
(iz) Uno e un fimpulo , 0 limpuvio , e V altro Della Dea gli ornamenti , e lo fplendore
un catino . Euripide v. Z44. e in più altri luoghi Della lampada, e tutte l'altre cofe,
di quefta tragedia chiama tali vafi da fagrificio %pp~ Le quali fiate fon da me proporle
vifSctg. Nel v. 1190. così Toante ad Ifigenia , che Per render puri e gli Ofpiti , ed il Nume.
uvea detto effer pronta a facrificare i due Greci, ri- (16) Nel Catalogo N. CCVII
fponde ^ ^ (17) Si e avvertito nella nota (20) della Tavo-
Ovxxv b èpyco xhn@£$ > %Q°S rs «v} la V., che fi era creduto proprio con alcune di quelle
Or perchè dunque all' ordine non fono pitture , le quali non meritavano ìlluftrazione parti-
I vafi da lavare, e la tua fpada ? colare per la femplicìta loro , riempire qualche vuoto
(13) Così conchiude il fuo difeorfo Ifigenia \.i%$z. che refi ava fiotto le pitture principali incife ne' rami i
* 3 3 • ed impiegarfi altre per le Vignette , e Finali . Ora Noi faremo felici: altro io non dico } effendofi cominciata la ferie delle pitture di talforta
Ma agli Dei , che conofeono più cofe, rapprefentanti Taefini , ed altre diverfe vedutes a buo-
Ed a te Dea , co' cenni miei lo feovro . na ragione avrebbe dovuto anche quefia occuparvi il
Or fembra che in quefi' atto appunto di fpiegar colla fuo luogo : ma la lunghezza non ha permejfo $ che se
mente i fuoi voti l' abbia efprejfa il Tittore . ne facejfe tal ufo .
(14) Quantunque Euripide non dica , che Ifigenia
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TAVOLA XIII.
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Scaht utmuj pttW::&onv;
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T-t-t-
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Et unkis «joUtu Neapotvt;
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Scd-Ut unius palmi Rom-
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=*r
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via-Urti Neamolit;
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"*
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#
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Nicolaus Vanni Rom: Regius Sculf. Fortic.
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tran. LdAiega Is-pan. Regius itUn: fortic.
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^9
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(0
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L A XIII.
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T A V
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' ISTRUMENTO , che ha tra le mani
la donna rapprefèntata in quella pittu- ra 00, quantunque alla prima occhiata fembrar potrebbe tiitt' altro , è certa- mente una fpada (3) dentro alla guai- na (4) ; e in quella è da confideraifi P eftremita ■ limile a un fùngo M . Or dalla fpada , che tlringe , e dall' atto di eftrema dìfpe- Tom.I.Pit. TÙL razione, |
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(1) Nel Catalogo N. CCXVI.
(2) Trovata negli favi di Refina '.
? 3 ) Nella pittura fi vede affai chiaro il fodero ,
che termina appunto laddove è la traverfa . (a) Nello feudo di argento ( che rapprefenta la
p-enèrofa azione di Scipione Africano nel rendere la bella prigioniera di Cartagena al fio fpofo ) pubblica- to 'dallo^Sponto Mifc. Erud. Antiq. Secìr. IV. p. r$%. e in altri monumenti riportati dal Montfaucon Ant. Expl. To. I. P- Il- PI- CXCIV. e PI. CCX. e al- trove fi vedono de parazonù, e delle fpade colle loro guaine fimili alla, qui dipinta . (5) Erodoto nel lib. III. cap. 64. narra , che 7
Re di Terfia Cambife partendo da Egitto per giu- gnere frettolafamente in Sufa a difeacciar dal fino regno 'il famofo Mago Tfeudo-Smerdi , àw&puMQV- ri hi rèv '(nnov rs xzXsS rS ^l<pscq è ;j.vy.7]$ àitcmbrm, yvfju/uQèv Sì rè %(<pog Trafsi rèv pajpóv : nel montare a ca- |
vallo gli cadde il fungo della guaina della fpada , la
quale rimafta nuda gli ferì la cofcia . Sembra dunque che l' efiremità inferiore della guaina fojfe guarnita e coverta da un pezzo di metallo , o di legno , a gui~ fa di un fungo , che perciò fungo appunto chiamavafi. Taufania II io. dice , che Terfeo edifico Micene in quel luogo , ove eragli caduto il fungo della fpada; tu %f<pxG yàp svrav9x ì0ttscsv o [j;Jx.y]g dvru: e figg*m~ gè , che altri credeano ejfer cosi detta Micene , perche "■perfeo in quel luogo race alfe (jlvxyjtcì h rf? yns » ul* fungo da terra . Lo Scoliafte di Nicandro alv.jo3- cosi fpiega il yvxvis della fpada : Móxw, wfàt rè à^CV T* t&às^ò xoltukXsìm T?)vbY)KYiV: Fungo, propriamente e V eftremìtà della fpada , cioè quella parte cne clim- de il fodero . Efichio pero par che l'intenda altrimen- ti: Mwflfc tS ì(<p*q o\oltx rm M&» xf«*me,*?**• ijisvoq : e poi tiratamente Snida in Mum™ ■ n K*pn rS &frt: la prefa della fpada . E m quejlo fignifica^ |
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TAVOLA XIII.
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70
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razione, in cui è la donna qui dipinta , non è diffici-
le il riconofcere in effa una di quelle 5 di cui fappiam che fi follerò da loro ftefle ammazzate (6). Il meno inve- rifimile penderò riguarderebbe l'abbandonata Didone (?). La fojceita , che le circonda la fcompofta chioma (8) ; T abito a lunghe maniche, (s>) , e '1 color raffb (io) di que- llo , e della fopravefte: Tetà ancora e la Jlatura 00 , le converrebbono . Il volto poi mefto infìeme e fiero, e gli occhi torvi (I2) : e la fpada chiufa nel fodero (13): e 7\ vederli preflb a' gradini , per cui fi afcende a una 'a (14): tutto fembra confermarla per Didone (*0. Si veggono in quefta Tavola due fafce (*6) piene di Jìmbotij finiili in tutto fra loro ; e che , qualora fi vo- gliano a parte a parte efaminare 9 e crederfi fatti ad ar- te |
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feg. parlando dì Enea dice
. . . Tyrioque ardebat murice laena
Demifla ex humeris , dives quae numera Dido Fecerat. (11) Virgilio Aen. I. 498. e feguenti così deferivi
'Didone. Qaalis in Eurotae ripis , aut per juga Cynthi
Exercet Diana choros ; quarn mille lequutae Hinc atque hinc glomerantur Oreades : illa pharetram Fert humero , gradienfque Deas fupereminet omnes. Talis erat Dido . Ter altro generalmente l ' Eroine fi rapprefentavano
di maeftofa jlatura .
(12) Virgilio nello fiejfo lib. IV. v. 642. a 44.
così ci rapprefenta 'Didone già rifoluta di ucciderfi At trepida , & caeptis immanibus efiera Dido
Sanguineam ■ volvens aciem , macuiifque trementes Interfufa genas, & pallida morte futura. (13) Virgilio nel e. 1. v. 64.6.
.... enfemque recludit Dardanium .
(14) Delle porte clatrate , 0 con cancelli non fi
trova menzione in Vitruvio . Si offervìno i fuoi Com- mentatori sul lib. IV. cap. VI. v. Cerofirota . Si veg- ga Vojfio Etymol. nelle parole Cancelli , Clathri , e Tranfenna , ove rajrporta i luoghi dì Nonio , di "Polibio , e di Caffìodoro al propofito di sì fatte porte. (15-) Tuo dir fi, che V Pittore abbia avuto il pen-
fiero a quelle parole del Toeta Aen. IV. v. 645-. Interiora domus irrumpit limina ....
Poiché le donne teneano i loro letti nella parte fupirìore della e afa , detta VTtspSov . Omero parlando di Penelope Od. IV. 7Si. e feguenti, e XV. 516. e di Elena II. III. 423. lo fpìega : e neW Od. I. 426. lo chiama TCSptcrxsTrTov. (16) Nel Catalogo N CXLV. e CXLVI.
Tuo
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to lo prendono comunemente gV Interpetri. Or come in
tal fenfo fojfa il pjyjjg adattar fi al fatto dì Erodo- to , noi noi reggiamo . (6) Igino Fav. 243. ne teffe il catalogo. Ovidio
Epift, XI. v. 98. e feg. così fa dire a Canace , che feri ve al fratello Macareo neW atto di do ver fi ucci- dere colla fpada mandai ale da Eolo fio padre , per l' incefto commejfo con quello. Scimus , & utemur violento fortifer enfe :
Pe&oribns condam dona paterna meis . (7) Son troppo noti gli amori dì Enea e di T)ì-
done , e i moti della furiofa paffane dì quefta con tanta vivezza efpreffi dal gran Virgilio . Eafta falò avvertire , che Microbio Sat. V. 17. fcrive , che fo- lcano i "Pittori , e altri artefici far foggetto delle opere loro le avventure di coftui. Ut pi'&ores, fi£ì:o- refque , qui figmentis liciorum contextas imitancur effigies , hac materia ( fabula Didonis ) vel maxime in efficiendis fimulacris 'tamquam unico argumento decoris utantur . (8) E" noto , che le tenie, ofafe ette erano le infe-
gne degli antichi Re , e delle Regine, che fervi vano loro di diadema. Erano anche, ( e fono oggidì ) unfem- plice ornamento , di cui fi fervivam le donne per tene- re ftr et ti i capelli. Varrone de L. L. IV. 29. Fafcio- la, qua capillum in capite cólligarent. E ben con- viene la fcompofta chioma a Didone , che fui far del giorno vedendo partir Enea dal lido dà nelle fma- nie Aen. IV. 589. «? feg. . Terque quaterque marni peftus percullà decornili,
Flaventefque abfciila comas. (9) Era proprio di Cartaginefi /' abito a lunghe
maniche. Ennio preffo Gellio VII. 12. (io) E]J"prime affai bene queflo colore la porpora
dì Tiro , che conviene alle ve/li di cDidone fecondo l'ufo , e cofvume Fenicio . Virgilio Aen. IV. 262. e |
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TAVOLA XIII. 7i
te dal Pittore, potrebbero aver forfè del rapporto a Ve-
nere, e Bacco (17)'. Nell'altro pezzetto 08) fi oflerva gentilmente efprelio
un ramufcello con delle frutta (*9).
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ti fimi in mano delle Baccanti, e fi sa quanta parte
ave fiero negli orgj di Bacco : Eufebio , Clemente Alefi- fandrìno , Arnovio ne paroma : ed Ateneo nella pom- pa di Bacco V. 7. nomina ancora il Caduceo . Sotto le Sfingi in un quadretto fono due mafehere : eran quejle dette Cfalli, e folcano le Baccanti ornarne gh alberi. Virgilio Georg, il. Et te , Bacche , vocant per carmina laeta, tibique
Ofcilla ex alta fufpendunt mollia pimi. ^ Finalmente fi veggono due Grifi : quefli favoloji ani-
mali aveano anche luogo tra 1 fimboli di Bacco : fl ve- da il Buonarroti nel ci. Son terminate quejle due fa- fce da due figure : uri aiata col calato in tefta , e coti un carchefio , 0 altra fpecie di cantaro in mano : / al- tra oltre al calato ha un prefericolo alla delira, e nel- la fimifir a una caffettina .Tuo dir fi, che rapprefenti- no quejle due figure Ofirìde , ed Ifide , 0 anche , Bac- co , e Venere, che vai lo ftcjfo . Ne le ali difeonver- rebbono a Bacco: Taufama III. 19. parla di Bacco Pfila, cioè alato: MXx yàp xa*2?tv al àcopislg toc, %rs- pd • àv$pu7T8s ìs oTvog èjtxCpst ts Hai ava>Q£0itei yvu^v , èSiv ti tfo-crov ìj opviSzQ %repà : poiché ( fiegue egli a di- re ) ■*•&« chiamano i Dorici le ale : mentre il vino folleva gì' uomini , e rende agile la mente loro, niente meno che le ali gli uccelli . Si veda ^ an- che Efichio in MXaya . Terminano quefte due figure a guifa-d'Erme una, e V altra in un fogliame-, fa- cendo così quafi /' ufficio di una Cariatide , e dì un Telamone. E afta aver qui tanto accennato , doven- doli apprejfo dar conto della maggior parte dì quefli fimboli ne IT ìlluflrare altre pitture , dove ejfi s incon- trano . (18) Nel Catalogo N. CCXVI.
(19) Muefio pezzetto non ha rapporto alcuno colle
due lifte, ne colla T>idone, ficcarne quefta non ha col- le lifte relazione } ejjendofi quejle tre co fé trovate in luoghi diverfi: e generalmente ripetiamo , che ève da noi non fi avverta il contrario, s* intende fiempre che i pezzi aggiunti ne' rami nulla han che fare colle fi- gure principali. |
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ve
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(17) Tuo dir fi i chej Tìttore fervendo al fin
dipinger dove a , abbia divi/I i compartimenti del mu- |
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ro con quejle due fafce finza aver penfiero certo nel
dipingerle: come veggiam tutto giorno, che foglion fa- re i nojìri Ornamentali nel ricovrire le , |
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fregi a capriccio . Tuo dir fi ancora, che abbia egli avuto
riguardo alla proprietà del luogo con adattare in quejle due fafce de' fimboli cornfpondentì a quello -, come in fatti avverte Vitruvio , che le pitture folcano corri- fpondere alla qualità del luogo , in cui fi fiaccano. lib. VII. cap. 1 f. Su quefta idea altri vorrebbe ricono- fiere in quejle due lifte efprejfi de fimboli appartenen- ti a Bacco , 0 a' mifteri Ifiaci. Si veggono in primo luogo nel primo , e terzo fejtone due vafi , quali non può dubitarfi, che convengono a Bacco . Ne' tre fen- detti bislunghi vi fono tre tefle, che fembrano di Gatti, i quali nella menfa Ifiaca s' incontrano -, ed ave ano |
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ejfi in
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Egitto
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^articolar culto. Erodoto in Euterpe
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Èufebio Praep. Ev. II. 1. Se fi volejfe, che fien tefle
di Leone, fé ne troverà anche la fpiega prefio il Ti- gnar io nella Menfa Ifiaca pag. 66. e nella pompa di Bacco deferiti a da Ateneo lib. V". cap. y. fi v edeano anche i Leoni . Sotto il primo feudetto fi pedonò due Colombi : Erano quefli , come ognun sa dedicati a Venere , la quale , al dir di Apulejo , era la fteffd, che Ifide : e in una delle noftre pitture , che a fiuo luo- go farà fpiegata , fi vede Ofiride coronato di ellera , ed Ifide colla ferula in mano , e una colomba tra lo- ro . Tra quefli due Colombi pende ima fiflula a più can- ne : quefta conveniva a Tari, 0 Sileno, che fé ne dì- cono gV inventori, e fi vogliono educatori di Bacco. Sotto i Colombi dentro un feftone fi vede fofpefo un Corno : era queflo ìnfegna propria di Bacco , avvalen- dofiene gli Antichi per iflrumento da bere . Sotto il fecondo feudetto pende tal cofa , che potrebbe dìrfì un cembalo: era queflo rifinimento proprio delle Baccanti. E* queflo iflrumento fra due Sfingi : s'incontrano fpejfo né" monumenti Bacchici le Sfingi : fi veda il Buonar- roti nel Trionfo di Bacco dopo i Medaglioni p. 4^9. Tra le Sfingi fi veggon due Serpi : quefii fon frequen- |
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TAVOLA XIV.
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Sf' umus /itx/sn; JVca/Jofié.
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AVOLA XIV.
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UTTO ciò , che fi vede in quella
pittura (*) , dimoftra effere quivi rap- prefèntata una cena (a) domeftica (4) : e tutto merita , che fi oflervi con ri- fleffione. il letto (5) rìcoverto di bian-
ca coltre (6) : la vejìe (7) del giovane, che vi giace, e la fofitura dei mede- fimo 9 che fi foftiene a mezza vita sul gomito finiftro (s) ; Tom.I.Pit. N é'1 |
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(1) Nel Catalogo N. CCXIII.
(%) Trovata negli fcavi di Refina .
?^ S' incontrano delle altre Jìmili cene familiari
in varii antichi monumenti riportati dal Montfaucon To. III. Part. I. Hv. III. eh. VII. PI. LVII. e LVIII. (4) 'Delle varie forte di Cene pojfono vederfi il
Baleniero , il Ciacconio , lo Stuchio , ed altri. Non follmente preffo gli Egizii , gì' Indiani , i Lacede- moni ( fi veda Erodoto, Mela , Strabone, "Plutarco ) j ma anche preffo i Romani era per legge fi'abilito , che fi mangia fé , e fi cenaffe a porte aperte Ma que- |
ove Servio. Varrone de L. L. lib. IV. T)opo fi co-
minciarono a ufare i letti nella menfa. (6) Solcano quefie coltri effer di porpora, e di al-
tri preziofi arredi. Apulejo nell' Afino d' oro lib. X. Leótus Indica teftudine perlucidus , plumea congerie tumidus, vefte ferica floridus. Si veda Ateneo II. 9. dove avverte , che le coltri fon dette da Omero crrpa- (JLcura XiTÓL, cioè bianche e femplicì. (7) Quefta fembra che fia la Cenatoria, 0 Sinteii,
la quale cingeva tutta la perfona , come fi vede nel Triclinio rapportato dal Mercuriale Art. Gymn. I. 11. ma lafciavafi poi nel ferver della cena cader dalle fpalle , come qui , e in un altro monumento preffo Fulvio Orfino ( ad Ciaccon. Tridui. ) / offerva .
(8) "Da quefta fofitura fi conofee la maniera, co-
me gli antichi fi adattafferò sul letto a mangiare: [ebbene , quando eran poi fiat olii, / difendevano in- teramente fupini , pofando il capojlfra un guanciale: |
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-f>m
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:- difiifo . Si veda Macrobio
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fio co (lume andò pò
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I.
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Sat. IH 17. , e Valerio Mafiìmo li.
(k) Anticamente fi mangiava fedendo . Infatti gli
Eroi xxSé&vrai h roì'g Miaoiq , è xaraKSH^vrai, co- me avverte Ateneo I. 14- e fi offerva in più luoghi d' Omero . Virgilio Aen. VII. Pcrpetuis foliti patres confidere menfis:
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TAVOLA
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XIV.
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fé
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e 1 vafò a forma di corno (9) che ha egli in mano in
atto di bere (io) : la giovane donna (") che [tede (I2) sulla fponda anteriore del letto (13) , e la vefie (h) di lei, e la rete a color d? $T0 01*) , onde ha coverta la tefta : la coffa tins M ? che fi prefenta a coilei da una fer- va |
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nel qual fito fi vedono alcuni de' convitati nel Tri-
clinio del Mercuriale fopraccennato . Avverte il Montfaucon nel cit. e. VII., che la più
verifimil ragione, perchè gli antichi lafciata la manie- ra di mangiar fedendo , affai più comoda, fi fojfero appigliati al mangiar giacendo % fia quella , che ap- porta il Mercuriale , cioè che introdotto V ufo de' ba- gni , da quefìi fi paffava al letto, e alla menfa , Tlu- tar co pero VII. Sympof. Problem. li. pretende, che 7 letto fia più comodo della fedia : qual fentintento è con più ragioni confermato dallo Stuckio Antiq. Con- viva!. Iib. II. cap. XXXIV. p. 417. (9) Gli antichi fi fervivano delle corna degli ani-
mali per bicchieri . Cosi di un tal co fiume fcrive Ateneo XI. 7. fi vuole , che gli antichi bevefTero un tempo nelle corna de' buoi . Si conferma ciò da quello , che anche oggidì il mifchiarfi l'acqua col vino dicefi %epdo"ai ; e'1 bicchiere chiamali v.pa- tj?/j quali KspoùTVjp aitò rè, yJpdTog , dal coftume di por- fi nei corno quel che fi bee . E realmente i Traci, gli Arabi , i Taflagoni , ed altri fiaccano ufo del corno nel bere : e gì' Indiani adoperavano le corna degli Afini filvaggi. Ctefia Indie, e i popoli Orien- tali quelle de' buoi fialvatichi. 'Plinio XI. 37. Quin- di a Bacco fi attribuifee il corno per infegna par- ticolare , ed è perciò chiamato totvpoq i ficcome col nome fieffo eran denominati ì coppieri da^li Efie- fini . Si veda Ezechiele Spanemio de Ufu , & Praeii. Numifm. difìerc. V. Ì7 biffo poi ìntroduffe , che fi adopera fero per bere vafi d' argento , e d' oro a forma di corno , e fipeffo ancor di vetro , come se ne conferva uno nel Mufieo Reale , benché non in- tero nella parte aguzza. (io) La maniera di bere , facendo fcorrer e il vi-
no in bocca , fenza accoftarvi le labbra è efprefid da S. Ambrogio de El. & Jejun. Per cornu etiam fluen- tia in fauces nominimi vina decurrunt : & fi quis refpiraverit , comniiflum flagitium , foluta acies , loco motus habetur . Il tracannare una gran tazza dì vi- no in tal modo a un fiato jtìmavafi una prodezza : e diceafi da' Greci afivri'^siv , e ttIvsw dirvsvd. Si ve- da Ateneo lib. X. ed Arifiofane in Acharn. Acìr. V. Se. II. v. 39. E perchè in fimìli oc e afoni ado- peravano bicchieri molto più ampli degli ordina- rli i quindi è , che U fieffia voce d'tivziq fi adattò parimente a fignificare una tazza affai grande . On- de Callimaco preffo Ateneo XI. 7. Non volle ei per la piena amìfii Tracia,
Che d'un picco! cìfjlbio dilettavafi . E propriamente l' amifiide è detta Tracia , sì perchè i Traci tifavano il bere ad un fiato<, e perchè erano ejfi gran bevitori. Ateneo X. 11. Orazio libi. Od. XXXVI. Neu multi Damalis meri Baflum Threicia vincat amyftide. |
(11) Tuo rapprefentare egualmente una moglie,
e un' amica . (ix) Il coftume de' Greci , e de' Romani era , che
le donne fedevano a menfa : In ipfis leéKs cuna viris cubantibus feminae fedentes caenitabant :. dice Va- lerio Majfimo lib. II. cap. I. il qual fiogghmge , che tal coftume fi ritenne ne' lettifternii , ne' quali agli T>eì preparavanfi ì letti , e alle 1)ee le fiedie . Ofièrva il Montfaucon nel 1. e. , che la donna féder
talvolta fi vede sulla fponda, del letto in maniera che tocchi il pavimento co' piedi -, e talvolta fi offerva giacer interamente sul letto Pi. LVII. e .LVIII. dove e da riflettere che la donna fedente è calzata , le gia- centi sul letto hanno i piedi nudi. (13) ^uefii letti , che fervivano alle cene , furo-
no cognominati tricliniares , a difiinzione degli altri deftìnatì al ripofo , che fi di fiero cubicuiares . Urfin. de Triclin. p. zzo, E non di rado que' primi fi nomi- navano affolutamente triclinia . Varrone de R. R. III. 13. febbene quefto nome fi defife fpefifijfmo al luogo fiefi- fio della cena : nato dall' ordinario co fiume d' adope-
rar fi tre letti. Servio ad Aeri. I. v. 698. Si veda l' Ale ffandrò Gen. Dier. V. zi. e ivi Tir aquello v. Aut tricliniis &c. Ma perchè alle volte due foli let- ti fi tifavano , s' inventò V altra voce biciinium. 'Plau- to Bacch. IV. 4. (14) Oltre allafìntefi ha un'altra vefie, che fenden-
do dal deftro omero le gira intorno , fermata con una fibbia fiopr a il fini fi ro braccio: que fi a forfè potrebbe dir fi. e fiere il fupparum de' Latini. Nota il Ferrari Part. I. de Re veftiar. lib. III. cap. 20., che 7 fupparum era una vefie da donna , che fovrapponevafi agli altri abi- ti : ed era di una materia fiottile , e leggiera-, appun- tavafi con una fibbia , e laficìavafi cadere dagli ome- ri , e fventolare . Così la deficrive Sidonio Carni. IL v. 3x3. e feg. Perque humeros teretes , rutilantes perque lacertos
Penduta gemmiferae mordebant fuppara bullae .
Lucano II. 362. e feg. . . . humerifque haerentia primis
Suppara nudatos cin'gunt angufta lacertos .
Refiarebbe però da efaminare , fé tal vefie fia propria di donzella, 0 convenga anche a donna . T)ice Fefio fupparum dicebatur puellare veftimentum lineum, quod & fubucula appeilabatur : e fieggiunge : Mulier vìdetur puella fupparo induta , ut Afranius ait: Puella non furn, fupparo fi induta fom. Si veda anche Nonio XIV. 20. il quale lo chiama veftem muliebrem. • C15-) Giovenale Sat. II. 96.
Reticulumque comis auratum ingentibus implet.
(16) ^uefia cafiètfina par che debba aver rappor-
to al vino , di cui è fornita la menfa , Non v' ha dubbio , che gli antichi nelle cene face ano grande ufo degli unguenti odorofi^ ungendofne il capo ( fioprattutto quando
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TAVOLA XIV. 77
va (*?) ; la rotonda menfa 08) , e ?1 colato]0 (19) e tre m-
j? (*<>), che fopra di quella fon fituati : e i fiori (2I) , di cui è fparfa la menfa, e finalmente il pavimento. («). . TAVOLA XV.
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mente ufo , quando i letti faceanfi a femìcerch'io , det-
ti Stibadia , e Sigmata -, al concavo de' quali poteano sì fatte menfe acconciamente adattarji. Marziale XIV.
Ep. 77-
Accipe lunata fcriptum teftudine figma ;
Octo capir ..... Sì veda Bukngero de Conviv. lib. I. cap. 38. fi 9) Si fer vivano gli Antichi del colatojo per rin-
frescar inflìeme , e temperar il vino : poiché pofta in quello una nulla quantità di neve, verfavano poi del in J ì
vino al di fopra, il quale unitamente coli umore del-
la difciolta neve per gli forami del colatojo fcorrea nella coppa preparata di fiotto . Ve <d erano di rame, e di argento ancora . Pomponio nella L. in argento 13. Tit. II. Lib. XXXIV. ^'Digerii. E dell' una, e del- l' altra materia ne ha il Miìfèo Reale. Polluce X. z^,. Marziale XIV. Epig. ioz. ed altri antichi Autori fan menzione de' coli. Aulifio , Venuti, e altri dotti an- tìquarii ne hanno pienamente trattato. fio) §>uefti tre vafì f che al color di quello , che
dentro vi fi vede , ci fi rapprefentano pieni di vino ) fi potrebbero forfè riferire al coftume degli antichi Greci , che nelle cene folcano apporre tal numero di fimili vafì in onor di Mercurio , delle Grazie , e di Giove Confervatore , a nome de' quali , e di altri T>ei ancora erano folìti di bere. E ficcome ciò faceafi verfio il fine della cena particolarmente , così quefla terminava colle libazioni, e fopra tutto con quella fat- ta a Mercurio autor del fanno , a cui confacravafì V ultimo bicchiere, come leggefi in Omero OdyfT. VII. 137. Si veda Bukngero III. 15. e Stuckio II. cap.uk. p. 440. e feg. i quali fpiegano lungamente quefto co- fiume . Or non vedendofi nella cena prefente alcuna fiorta dì cibi , ma tutte co fé appartenenti al bere ; fiembra affai vcrìfimìle , che abbia il Pittore voluto rapprefientar la cena in sul fino terminare , e vicina al tempo delle libazioni . f z 1) cDe' fiori fi adornavano nelle cene il petto
il collo } e foprattutto il capo , perfiuafi di poter cori tal mezzi ovviare all' ubriachezza, come nota Plu- tarco III Sympof. qu. I. ed Ateneo XV. 5. C22) E i letti , e la menfa , e 'l pavimento fipar-
gevanfi di fiorì . Sparziano in Aelio Vero dice : Jam illa frequentantur a nonnullis, quod & accubationes, & menfas de roiìs, ac liiiis fecerit , & quidem pur- gatis . E 7 Nazìanzeno 7cspì 0ìAo7TTw^. così parla. Bifogna covrire il noftro pavimento di fiori odorife- ri , e più volte } e anche fuor di ftagione . E Plu- tarco I. Symp. Prob. I. ferivo , che fpargeano il pa- vimento d' acque odorìfere , Si veda Stuckio II- 14- |
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quando erano al fine della cena s in cui bevea.no a
difmifiura : 'Diogene Laerzio in Anachariì : ate- neo I. 18. ) perchè credeano che gli unguenti impedij- fero i vapori del vino . Ateneo XV. 13. Eravi anco- ra il coftume dà mifchiare gli unguenti medefimi col vino ì della qual co fa preffo i Greci fa menzione Eliano Var. Hift. XII. 31. e preffo i Romani Tli- mo XIII. 3. Giovenale Sat. VI. Potrebbe dunque dirfì , che fìafi in quella caffettina voluto rappre- fentare il myrothecium , che da Plinio VII. 30. e XIII. 1. e detto unguentorum fcrinium". Sì propofe ancora , y> j&^r avventura il Pittore aveffe avuto il penfiero al coftume , di cui- fa motto Cafaubono nel- le note a Suetonio in Vitell. cap. II. dove dicendo lo Storico , che 7 padre dell'\ Imperaior Vitellio portava fempre in petto una pantofola di Mejfalina, per adu- larla : riflette il Commentatore , che grande era il lujfo e la dilicatezza delle donne per le fcarpe , fino a confervarle , e farfele portar da' Servi in calettine . Plauto nomina- le Serve Sandaligerulae Trin. Ad. II. Se. I. i2. ed e noto il coftume, che aveano gli antichi di torfi le fcarpe nel metterfi a menfa , e confegnarle a Servi , e richiederle dopo la cena . Menandro preffo Polluce X. feg. 50. nomina travàxkoQijza% , deftinate a quell'ufi, e fpiegate da Bald. de Cale. e. ix. Per altro ft andò la cena in sul fine , e vedendo fi la noftra donna fcalza , e in atto quaflì di alzarfì da federe e da giacere sul letto , le fcarpe potrebbono adattar fiele. fi 7) I fervi, e le ferve fi die e ano da* Latini ad pedes , perchè nelle cene ftavano a' piedi de convita- ti , 0 de' padroni. Seneca de Benefic. Ili 27. Servus, qui coenanti ad pedes fteterat, narrar, quae inter eoe- nani ebrius dixiiTec : Marziale V. Epig. 19. e XII. Epig. 88. (18) Le menfe diceanfi rpdKsfyu , quafi TSTpansfei,
perchè aveano ordinariamente quattro piedi , ed eran quadrate , e così furon fatte da principio -3 ne Omero ne riconofee di altra figura . Euftazio ad Omero OdyfT. I. y. 138. Soleano talvolta averne tre , e fi chiamavano rpfao$ì-€ . Ateneo II. io. porta ì luoghi di Ejìodo , di Senofonte, di Ariftofane , e di altri molti , che par- lano di sì fatte menfe a tre piedi . Si veda il Ca- faubono ivi . Orazio lib. I. Sat. III. . . modo fit mihi menfa trìpes 3 &
Concha falis puri .... E finalmente fé ne formarono ad un piede Colo , chia- mate monopodia . Lìv. XXXIX. 6. Plin. XXXIV. 3. Lo fiejfo Ateneo XI. ix. p. 489. dice , che gli antichi fecero le menfe rotonde per efprìmere il Mon- do , ciò ejfi cr edeano sferico a fomiglianza del Sole, « della Luna . Ebbero le menfe rotonde particolar- |
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Nicotaui1 Vanni Keaius ctelrr Povric
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Uicolaus fìilLu Bx>fTT;Reaius'J*cu(o PovHci
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Scala iiniiu paini; J\cnn:
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Et unius -palili.Neapout-
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UE STA pittura (2) di eccellente colo-
rito, e di affai buona maniera ci rappre- fenta in moffe illudiate molto ed inge- gnose un giovane Fauno (3) che bacia una Baccante (4) nelP atto di rovefeiar- la a terra : il rimoto e folitario luogo , ove fi finge 9 che 1 Fauno forprenda la ito che quella è per montare su certe O balze,
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("1) Nel Catalogo N CCXXXVI,
(i) Trovata negli /cavi di Refina,
(3) I Fauni fi ere de ano di fi e fi da Fauno figlio di
Tko Re de'Latini : JlBochart in Cani. 3 3. e nel Hieroz. P, II. lib. VI- cap. VI. fiofiiene, che V Fauno de* Latini era lo ftefo che 7 Tan de' Greci : e noi lo abbiamo già avvertito altrove . I Satiri fi voleano anche figli di Fauno . E /ebbene Euripide nel Cicl. //' chiami figli di Sileno e lo Scoliafte di Nicandro efprejfamente dica che i Sileni , e i Satiri eran gli ftejfi } ad ogni modo fecondo il fentimento di quei che di Tan e di Sileno fanno un fol nume 5 i Satiri e i Fauni avreb* bono la medefima origine . Comunque ciò fia , e quelli e quefii ci fi deferivono da' Toeti e da' Mitologi del- la ftejfa maniera. Ovidio Faft. II. v. 361. e Ep. V. v. 13 7- chiama i Fauni cornipedi , e cornigeri . Luciano in Concil. Dcor. dà le corna a' Satiri : e Lucrezio IV. 584. e feg. |
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Hsec loca caprìpedes Satyros , Nympliafque tenere
Finitimi fingunt, & Faunos effe loquuntur . dove efprefj"amente dice e nella figura , e infoftanza ejfer gli ftejfi i Satiri > e i Fauni. Si veda Nonno in Dio- nyfiac. XIV. v. 130. e feg. e Scalìgero Poet. I. 17. che diftìnguono varie fatte di Satiri , Or febbene nefi funa differenza pongafi dagli Autori tra i Fauni, e i Satiri i nondimeno gli Antìquarii chiamano Fauni quei 5 che hanno l'infera figura -umana , fuorché nel- le orecchie caprigne t e nella coda : chiamano Satiri poi 'quei , che oltracciò hanno le coma , e i piedi, 0 tut- ta la mezza vita di capro . Lo avverte Montfaucon T, I. P. IL liv. I. eh. XXIII. e XXV- 'Del lafiiyo |
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carattere di tutta quefta turba dì Numi campagmioh,
e bofeherecci fi parlerà nella Tavola feguente . (4) & noto , che Ofiride feorfa l'Etiopi* , / India,
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ìli troi
e mo- |
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e la
io |
Tracia portandovi l'ufo del vino da l
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e del grano inventato da Ifide fia Jorella
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glie y
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82
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lor coftume (s) . Preffo
bajìone paftorale ? e la piede della Baccante è
di ellera 5 e avvinto da un
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balze 5 conviene affai bene al
al Fauno fi veggono il ricurvo
fiftula con lette canne (6). Al il tirfo (?) colla punta involta |
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le Menadi antiche , che lo accompagnavano.. Ta-
li erano le frane contorfioni de' loro corpi, che dice S.Agoftino de Civ. Dei VI. 9. Sic Bacchanalia fumma celebrantur infania , uri Varrò ipfe confiteatur a Bac- chantibus talia fieri non potùifle , nifi, mente com- mota. Degli abbigliamenti , e iftramenti loro Ovid. Metam. IV. v. 7. e feg. Peclora pelle tegi, crinales folvere vittas,
Serta coma, manibus frondentes fumere thyrfos. e y. 28. e feg. Quacumque ingrederis , clamor juvemlis , & una
Foemineae voces , impulfaque tympana paimis} Concavaque aera fonant, longoque foramine buxus. Si veda Euripide nelle Baccanti , Tutto quel, che può farfi da una compagnia d' uomini , e donne ub- briache , ìmitavafi e faceafi da coftoro con quella sfre- natezza , che la libidine accefa dal vino porta fico . Oltre a Tertulliano , Clemente Aleffandrìno , S. Epi- fanio , ed altri Padri, gli ftefifi Gentili par km delle ofeenità de' Baccanali. (5-) Convenivano sì fatti luoghi agli orgii di Bac-
co . Óreos Liber pater , dice Fefto , ut & Oreades Nymphae appellantùr , quod in montibus frequenter appareant . E lo Sincìzio Antiq. Conv. I. 33. p. 194. dice , che gli orgii forfè eran detti dito ruv èpav da' monti , in quibus praecipue celebrabantur . Si veda Euripide in Bacchis: il quale parlando delle Baccan- ti dopo aver detto v. 218. e feg. Le noftre donne negli ombrqjì monti
Van quefto Dio novello a celebrare . foggiunge v. 2.xx. e feg. . . . WKkrp) S~" aXXoa? sic ipMAÙxa
TiTteavmay èvvaig dparsmv v^psrsTn, Tlpó<paeiv ftèv à$ $$ Myvctòìxs dvocrnógg , Ttfvo' 'AfipoMTW %póaff àystv tS bcacyfis, Ed altra in altra folitaria parte Corre, e va traile braccia del fuo vago : Fingon di Bacco celebrar le fefte, Ma onoran poi più Venere, che Bacco. (6) // pedo , e la fiftula convengono a Tane,
e a' fuoi difendenti e compagni Fauni , e Satiri. I monumenti fon pieni dì Fauni con tali fimboli. 'Preffo il Maffei fi vede un albero con jj/i ofcilli bac- chici , e al piede dell' albero la fiftula, e 7 pedo . (7) Tirfo diceafi un lungo baftone con un cono in
punta a guifia di pina . Neil' Epigr. dell' Antolog. rapportato dal Knftero a Snida-in Mouros fi legge. Kaì Supera %Ao5pòy Huvofiopov xd{MM&
Del tirfo il verde conifera ramo.
Altri vuole, che tirfo propriamente fia il pino fteffo . Bochart in Canaan. I. 18. Comunque fia ciò , Dio- doro ìli. 6z. fcrive , che Bacco anno le fue fé- guaci di un' afta , la cui punta ferrata era tutta, coverta e nafeofta tra l* ellera , E afta lo chiama Ovidio Met. III. 667. Pampineis agitat velatam frondibns haftam.
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glie ; e obbligando colla forza quei ,. che vi fi oppo-
ne ano , a riceverli : ritornò in Egitto col vinci- tor eferetto compofto di vani popoli e d' ogni fiff0 * i quali coronati di ellera , coverti di pelli di pan- tere , di tigri , e di cervi , e armati di ferole, e tir fi accompagnavano il trionfo di lui con canti, filo- ni , e balli . Fu poco dopo Ofiride fatto in pezzi da* congiurati : Ifide raccolfe le fparfe membra , e non avendo potuto trovar la parte ì onde Ofiride era uomo, fece farne l' immagine dì legno } e volle , che fi por- taffe. [ottennemente nelle fefte da lei iftituite in onor di fino marito , le quali con certi occulti riti ordino che fi celebra/fero . Diodoro I. 17. e feg. Dal trion- fo di Ofiride ebber origine ì Baccanali y e dalle fefte ìfiiiuite da Ifide vennero gli orgii dì Bacco, e gli altri rnìfteri, che ave ano con quelli corrifpondenza . 'Poiché paffato tal culto in Grecia, fi finfe, che Sem eie (figlia'di Cadmo fondaior dì Tebe) ingravidata da Giove, avendogli chìefto ingrazia , che foff e a lei venuto, comefiaccofiava a Giunone, refib morta dal fulmine .Giove diede a nutrir e il di lei figlio Bacco alle Ninfe in Ni fa nell' Arabia , Quefii menò la prima età tra le donne in balli, in giuo- chi , e in piaceri. Ed avendo trovato /' ufo del vino volle farfi adorar per 'Dio, e ìftituì alarne fefte in fuo onore, E radunato un eferesto di donne fi die- de a feorrere per tutta la Terra , ìnfegnando la ma- niera di premer l' uva , e introducendo ì fuoi orgii m ogni parte , con debellar coloro , che vi fi opponea- no, Se or fa in tal maniera l" India , e la Tracia en- trò trionfante in Tebe . E. perche durò la fua fpe- dizione tre anni, le fue fefte furon dette Trieteridii, che di tre in tre anni fi celebravano . Disdoro I. 2z„ III. 6%. e IV- 1. e feg. Bafia aver tanto ricordato, fen- z.a entrar qui nelle aftrufe ricerche del numero de' Bac- chi , della diverfa loro mitologìa , della varietà del- le fue fefte , e de" riti de' fuoi mifterì , e degli altri fintili a qitefli nelle varie nazioni : sulle quali coffe pojfon veder fi coloro , che ne hanno compofto interi trattati . I Romani chiamarono le fefte di Bacco Baccanalia , e Liberalia, perchè Bacco e Libero era lo ftejfo Dio : febbene in diverfo tempo, e in maniera differente fi eelebrafferò ì Baccanali , e i Lìbera- li -, talché fi proibirono quelli , e quefti fi ritennero. Chiamaronfi dunque Baccanti le nutrici di Bacco, e tutte le donne che lo feguirono : nella cui compa- gnia fi annoverarono anche i Satiri , ì Sileni, ì Fau- ni, ì Tarn, 1 Titirì, e i Centauri, come fi dirà a fuo luogo . Si veda Strabene lib. X. pag. 458. oltre a Nonno, Artemidoro , ed altri. E Baccanti anco- ra fi difiero tutte quelle , che le fefie dì Bacco ce- lebravano . Delle Baccanti così fcrive Diodoro IV, 3. Si celebrano i Baccanali dalie donne ; e alle vergi- ni è folenne il portar il tirfo , e P infuriare, gridan- do Evoe , nell' onorar il Dio ; le donne poi a drappel- li fanno i fagriflcii, e gridano cantando lodi in onor di Bacco, come fé folle preferite 3 ad imitazione del- |
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T A VOLA XV. 83
un najlro (8) di color rollo (9) limile zM&vefte di lei. Vi è il
cembalo (I0) intorniato di fonagli 01) , nei cui fondo ap*
par dipinto uo fiftro O). E in qualche diftanza fi offerva un altro cerchio fenza fondo (iì) , che può alla Bac-
cante egualmente, che al Fauno appartenerli. Grande fu la paffione degli Antichi per limili poco onefte rappre-' Tentazioni (h) ; e fé ne incontrano delle ofceniffime y par- ticolarmente sulle gemme. |
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p. 43 6. , e lo conferma coli" e [empio dì un cembalo
portato dal Bartoli Delle Lucerne Part. II- n. 23. Del cembalo , e de' fonagli averemo occafione di riparlare nelle note sulla Tav. XÌX. (12) Nel fondo del cembalo del B art olì fi ve de a
anche figurata una tigre , come nel noftro un fift?0 ■ B fiftro era proprio delle pompe Ifiache , e conveniva
anche agli Grgiì di Bacco , come fi dirà altrove . (13) Vi fu chi propofe poterfi dire , che fia for-
fè quefto iftrumento il rombo , che tra gli arredi delle Baccanti è nominato nel fopraccitato Epigramma
dell* Antologia IrpeitTÒv Bcfà&aptxS péy.(3ov Qidifoio pjma.
Il tondo rombo , che i Baccanti incita.
Si veda il Voffio Etym. in Trochus , 0 in Rhombus, e Mercuriale Art, Gymn. III. 8. Altri , e forfè con più ragione 3 fi imo che fi doveffe dire un cembalo fenza pelle 3 0 fia un femplìce cerchio con de' [fonagli intor- no : folcano le Baccanti farne ufo , fcuotendolo in aria s come fi offerva in un facrifieio dì Briapo del Boìffart , riportato anche dal MontfauconTo.t. P. IL liv. I. eh. XXVIII. PI. CLXXXI. Si veda B Ago fi- ni Parte I. Tav. x%, dove fitto la tefta di un Fauna oltre alla fiftula , fi offerva un altro iflromento fi- mile al noftro , in cui quel dotto antiquario ricono- fee un tympanum con delle laminette attaccate nel giro . ('14) Si parlerà lungamente nella feguenfe Tavola
dell* tifo dì tali rapprefentazioni. Bafta avvertire quel che fcrive Tlìnio XXXV. io. parlando di Tarrafio : pinxit Se minoribus tabeliis libidines : eo genere petu- lantis joci se reficiens s e nel lib. XXXIII. cap. 1. avea detto : auxere & vitiorum irritamenta : in pocuiis li- bidines caelare juvit. A quefta forta dunque di pit- ture , chiamate libidini , per le ìmmodefte rapprefen- tazioni , che conteneano , poffono ridurfi e quefte , e più altre feguentì, |
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Così Virgilio , Seneca , Euripide chiamano it tirfo
cuipide, telo , afta, coverta di edera . Ma poi lo fteffo Bacco tolfe loro ly afta , e ordino che pori afferò una ferula . Diodoro IV. 4. il quale ne rapporta quefta grazio/a ragione : perchè da principio bevendofi il vi- no non innacquato , i feguacì di Bacco facilmente fi ubriacavano , e co* baftoni , 0 fien tir fi, che avean per le mani, fi toccavano alla peggio . Vedendo Bac- co che V giuoco andava male , in vece del duro legno diede loro la ferula . Ne' monumenti Bacchici è fre- quentiamo il tirfo colla punta coverta d' ellera } 0 in- tralciato dì frondi dì vite. )■ tirf° ' come facro iftrwnento , fi trova ador-
no di vittc, e naftri . Bacco ifìeffo fi cingea di bende
la fronte per refiftere alla forza del <ùìno , Teodo- ro IV. 4. (9) I" capelli della Baccante fon biondi , e la ve-
fte è di un roffo cupo . Convenivano alle fefie di Bacco sì fatti colori: Luciano in Bacco dice , che quefto Dìo era veftito femminilmente h 7ioc<fivpià , y.oà "XpvcYj sfj.fidà. Le vefti ufate dalle Baccanti erano la Crocota di color del zafferano , e la BaiTara del color della volpe . Benché Clemente Alejfandrìno Paed. IL io. generalmente attribuìfca alle Baccanti le veftì fintili a fiori. (io) Il Cembalo era un cerchio con una pelle tira-
tavi fopr a . Così lo defcrive Euripide Bacch. v. 124. Bvpaórovov xvfàuyM tó$s
Quefto cerchio col cuojo ben diftefo .
e nel v. 513. egli fteffo ci dice , che Jì percuote a colla mano : lo che fa vedere che tympanum propriamente dìceaft quefto iftrumento . Si veda il Buonarroti nel Carneo di Bacco p. 436. e 37. (11) Sole ano attaccar fi al giro de* cembali alcune
laminette , come appunto anche oggi fi ufa , affinchè fi accrefceffe e fi variaffe lo ftrepito nel fonar /' ift'ru- meni 0 . Lo avverte lo fteffo Buonarroti alla detta |
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TAVOLA XVI.
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Sccilci, onuLS palmi J\om;
-—f=^
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, i i i.
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Et unius palmi Neapolit-
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Vhlippui Moryhenjculp:
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xr- i xr - "R^n- Reaius cL>l'n- Portic-
JVicolaaó Vanni XVOJTl. i^y^
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8?
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VamuDdiu
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Seata. uiiLus palrn. Ronv-
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Et u-itius mllmsNccLpaLit: -
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(0
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TAVOLA XVI.
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GUALE alla precedente nell'eccellen-
za del colorito 5 e nella maniera è que- lla pittura W , feinbrando e l'una e F al- tra efler opere della ftefla mano. Cor- rifponde alla perfezione dell' arte la chia- rezza dell5 intenzion dell' artefice , e la femplicità del fignificato . Rapprefenta- fi un nudo e barbuto (3) Fauno , che tenta (4) bacia- T0M.I.P1T. P re |
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cxperti cfTent , de quorum fide dubitandum non eft,
audiflè confirmant, Sylvanos & Faunos , quos vulgo Incubos vocant, improbos faepe extitiflè mulieribus, & earum appetiilTe ac peregitfè concubitum : &c quos- dam daemones , quos Dufios Galli nuncupant, hanc affidue immunditiem & tentare & efficere, plures ta- lesque afleverant , ut hoc negare impudentiae vi- deatur . Anche Taufanìa I. Z3. racconta, che nel- l' ifole Satiridi eranvi abitanti di forma fìmile al- l' umana con una lunga coda al di dietro , e di una. furiofa libidine : e crede egli, che quei fafferò veri Sa- tiri . Ma fìccome ognuno vede, che tali bejìie altro non erano , che fonie } così i più accorti credono, che i Fauni , e gli altri moflri di forma ircina non- mai abbiano avuta efiflenza , che nella fantafia de Toeti. Lo avverte lo Jlefo Bochart. nel e 1. fenven- do : Abfk interim, ut ex his locis quifquam cólìigat ul- los aut jam extare , aut unquam extitifiè in rerum natura
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(1) Nel Catalogo N. CCXXXVII.
(tu) Trovata negli /cavi di Refina coli' antece-
dente . (3) 'De* fìmili Fauni, e Satiri a lunga barba se
ne incontrano molti ne' monumenti antichi -, e 'voglio- no che debban chiamar]? propriamente Sileni . Si ve- da il Montfaucon To. I. Part. II. liv. I. Ch. XXIII. e XXIV.
(a) Eufebìo nella Prcp. Evang. lib. III. cap. XI.
fcrive che fitto /' immagini de' Satiri, e Uro fimi-
li fi voleano efprimere gì' impeti della paffione fenfua- le Ha dimoftrato Bochart Hieroz. Part. II. lib. VI. cap. VII che tutto il genere de' Tani, de' Fauni, de' Satiri de' Ttufii , de' Silvani , e di altre deità di forma fìmile alla caprigna ,fia o fi finga portata vio- lentemente alla venere . Si veda S. Agojuno de Civ. Dei XV. 2 3 il quale fcrip francamente : Quomam crebern- ma fama cft, rnultique se expertos , vel ab eis , qui |
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88 TAVOLA XVI.
re una Ninfa M anche ignuda (6) 9 la quale fa forza per
refpingedo5 e ufcirgli dalle mani. Quefta, e le altre fimi- li lafcive immagini (7) ( nelle quali par che i Pittori ab- biano impegnato tutto il valore de' lor pennelli per obbligarci in tal maniera ad ammirare e commendar quell' arte , di cui non poffiamo nel tempo fteflb non condannar 1' abufo ) che fi fono efpofìe ne!P antece- dente 5 e che fi efporranno in più Tavole fèguen- ti : fan fovvenirci del vergognofo eccello (s) , ove il furore
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celebre Parrafio folca dipingere in piccolo delle figure
oficene ( chiamate perciò con particolar nome libidini ) in atteggiamenti lafe ivi : e nel cap. 9. di Zeufi nar- ra , che per formar una perfetta pittura prefie per efemplari cinque Vergini nude. Sappiamo dallo fteffo Plinto XXXV. 7. che antichijjlmo in Italia , e an- che prima della fondazione di Roma, era il cofiume di spingere donne ignude anche ne' pubblici luoghi: nar- rando egli , che fino a' fiuoi tempi fi vedeano sulle mura di un diruto tempio di Lanuvio dipinte Ele- na ed Atalanta ignude , e d' una bellezza ta- le , e cosi ben confiervate , che vi fu chi accefio di libidine volea torte di là, ma quel vecchio in- tonaco non lo permifie . In Roma veramente da prin- cipio fi ojfervò molto contegno per si fatte immodefte dipinture -, ma di mano in mano rilanciato il cofiume fi giunfie all' eccejfo . Properzio II. El. V. v. 19. <?feg. ci attefia , che le mura delle cafie anche onefle Jbr lean ricoprirfi di filmili laidezze : Quae manus obfcenas depinxit prima tabella»,
Et pofuit calla turpia vifa domo ; Illa puellarum ingenuos corrupii dccllos ,
Nequitiaeque fuae noluit effe rudes . . . Non iftis olim variabant teda fìguris,
Quum paries nullo crimine pi£his erat. Troviamo ancora fatta fipeffo menzione delle ofcenijfime pitture, che rapprefientavario quel che Ekfantide, e Fi- leni , e le altre donne nominate da Efichìo aveano efipreffo ne' loro ver fi. Marziale XII. Epigr. 43. e ivi i Commentatori. Si veda Pitifico a Suetonio in Ti- ber. XLIII. 1. not. 12. e 13. (3) Lafdando fi are tutti gli altri efiempii, bafta il
fio lo Tiberio a far vedere fin dove pò fa giungere il trafiporto della libidine . Suetonio nella vita di que- fio Imperatore , dopo aver detto , che avea egli Jì- tuata nella fua fianza una eccellente dipintura di Tarrafio , in cui fi rapprefient ava Atlanta ne II' at- to di compiacere a Meleagro , viene a defcrivere qual fojfe il fiuo infame diporto nelV ifiola di Ca- pri : e dice , che vi ebbe egli varie fianze ornate di pitture e di fìatuette di lafcivijfime rapprefien- tanze , co' libri della poetejfa Elefantide , in cui quanto ha di più feoncio la sfrenatezza , vedeafi fi- gurato : e conchiude nel cap. 4,3. In fylvis quo- que ac nemoribus paffim venereos locos commentus eft9 proftantefque per antra & cavas rupes, ex utriufquc fexus
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natura Satyros : fed daemoncs Satyrorum fpecie ho-
minum oculis illudentes . Si sa per altro, quanto lujfurio- fo animale fia il capro : onde e da quefto , e dalle fìmie egualmente portate all'intemperanza, può dirfi, che pren- de Jf ero gli antichi /' immagine per esprimere ne' loro bo- fcherecci numi la forza del naturale appetito del fitfi- fio , non moderato dall' educazione , come ne' féIvag- gi , e ne' bruti fi offerva . (5) Ninfe propriamente fi chiamavano quelle , che
fr/nminijìravano gli umori alla vegetazione delle pian- te e delle altre cofie : e perciò furon dette figlie del- l' Oceano , madri de' fiumi, abitatrici de' fonti, educa- trici di Bacco, e di Cerere . Orfeo Hym. Nymph. Ninfe dell'Ocean figlie gentili,
Che di bei fiori, e d' erbe ornate i prati} Che la terra di piante e frutti empite : Che a noi con Bacco e Cerér mantenete La vita, e vita a ogni animai portate . E quindi nacquero ì nomi , e le diverfie fpecie di Ninfe Oreadi ne' monti, Amadriadi nelle felve, Na- jadi ne' fiumi, Nereidi nel mare , ed altre fimi li ne' corrifipondenti luoghi . Or gì' infidiatori di quefie va- ghe abitatrici delle campagne , e de' bofichi erano i Fauni , / Satiri , e gli altri rufiìci numi. Prejfio i Poeti se ne poffono leggere gli efempii , e nel moni- faucon To. I. P. CI. eh. XXV. PI. CLXXIII. se ne vede qualche altro monumento. (6) Tuo dir fi che fia la noftra una Fauna , in-
contrandofiene delle fintili nelle gemme , e ne' bajfiri- lievi . La parte, onde co (lei dovrebbe effier donna, è ricoperta da tale, che mofira fiejfio diverfo . Credea- no gli antichi , e vi e chi anche oggi lo creda, potere ne II' umana fpecie trovar fi quella msficolanza d* fiejfi, che in molti bruti fi ojferva . Ma i più ac- corti ci avvertono , che se ciò nelle donne tal volta comparifica , non fa veramente altro che un allunga- mento di parte femminile . Noi avremo occafione di ragionarne più a lungo fopra una bella pittura di un Ermafrodito . Avvifimo i medici , che fia ciò nelle donne un argomento di natura focofia e lafciva . (7) Nella Grecia era frequente l' ufo di filmili
rapprefientazioni e nelle fatue , e nelle pitture . Son famo fé le Veneri di Cipro , e di Gnido , e le nove
Mufie, dette le Tefipiadi. 'Plinio XXXVI. 5-. il qua- le nel lib. XXXV. io., come abbiamo già detto nella nota ultima della Tavola precedente , avverte, che'l |
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fai» |
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L A
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T A
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furore delle paffioni foftenute e guidate da una
fa religione (?) , conduffe il cieco gentilefimo (I0). |
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cono in Comma ad alcuni piccoli Dei Pani con
delie ignude donzelle % ed a certi Satiri ubbriachi, che fanno pompofa moftra della loro incontinenza. In fine voi non folo non vi arrofiite di veder efpoftc al pubblico le figure della più laida impudicizia, ma anzi le confervate in eminenti'luoghi difpofte de- dicando nelle proprie cafe le rapprefeiitanze de'vo- ftri Dei , come tante bafi della sfrenatezza, e di- pingendo con eguale indifferenza le azioni di Erco- le, e i varii modi venerei della voftra Fileni. (io) La Chaufe Thef. Er. Ant. To. II. Seà. VII.
dove tratta de Mutini Simulacris giufiifica se, e gli altri , che han pubblicati gli ofceni monumenti del gentilefimo 3 col rapportar la condotta tenuta dall" Int- perator Teodofio, e da Teofilo Vefcovo di Alexandria, i quali dovendo diftruggere le (ìatue e le altre me* morie de3 gentili , vollero confermare -, ed efporre al pubblico le più oficene , per far vedere tutto il ridi- colo , e /•' infame di quella fai fa religione , e render la^ in tal maniera V abominio e l ludibrio di tutti . Si veda Sozomeno VII. 15". e Socrate V. 16. In fatti, come avverte lo fiejfo Signor della Chaujfe, i più fe- rii , e coftumati uomini, tra* quali molti Ecclefiafli^ ci di efemplar vita , non hanno avuta difficolta di produrre filmili pezzi dì. anticaglie , e ìlluftrarlt, sul* r efempio appunto de" Santi Padri , che nelle opere loro hanno con tutta la chiarezza parlato delle lordure del gentilefimo. Il dotto Leonardo Agofiini dedicò al Sommo Pontefice Alejfandrò Vii. le fiue Gemme anti- che , tra le quali se ne vedono molte che rapprefenta- no Priapi, e Falli, e Veneri ignude . |
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fcxus pube , Panificorum & Nympkarum habim .
(9) I Vittori , e gli altri artefici Col pretefto di
rapprefientar i loro 'Dei , e le azioni de' medefimi , figuravano con tutta la vivezza della loro fantafia gli oggetti del lor piacere. Taziano 7tpèg 'kKkrjvaq p4ió8. e feg: rinfacciando a* gentili le loro difonefià , ci da un lungo catalogo di molti famo fi pittori e fiatuarii, /' quali fi avean prefo il piacere di formar fiotto la divi fa delle Dee varie favorite donne de* tempi ló- ro . Arnobio Adv. Gent. VI. e Clemente Alejfandrino TiccrpsTtT. p. jy. dicono , che fiotto la forma di Vene- re nuda fi vedean figurate le famofe Cratina, e Frine. 'Plinio XXXV. io. Fuit & Arcellius Romae Celebris, paullo ante divum Auguftum , nifi flagitio infigni corrupiiTet artem , femper alicujus amore feminae ftagrans, & ob id deas pingens, fed dileótarum ima- gine . Itaque in pi&ura ejus fcorta numerabantur. Lo fiejfo Clemente Alejfandrino nel citato libro p. 39. dopo aver detto , che i Poeti , gli Statuarii ì e i Pittori unicamente per compiacere al fenfo aveano introdotte le immodefte immagini de' Satiri , e delle Ninfe -, la/"dando di mira i tempi antichi così par* la a quelli del fiuo fé colo : I voftri popoli avendo depoìta ogni verecondia dipingono nelle proprie cafe gì' infami congrefii delle divinità geniali , che demo- nii fi appellano: e compiacendoli di certe impudiche pitture iblpefe in alto per ornamento delle camere nuzziaii , quafi che l'intemperanza folTe una religio- sa operazione , vanno a giacerli in que' letti , ne' quali guardano gli abbracciamenti delle ignude Ve- neri per imitarli. Le altre voftre immagini fi ridu- |
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Vanni Dclin
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Ce ppcernii ìncì:
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Scala artius pahn-jR.om:
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fcm
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F^S
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JEt imius paini:Néapolit-
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TAVOLA XVII
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-Pop- 91,
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Scala unius palmi Som,-
Et wn'ws palmi tfeapoti»: |
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1 —r
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PhUpp^Merghenf^
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N-itolcHisVcmni deliri:
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93
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Ccnpctridi àie
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Jìl uniut pa/m-fìttapolii
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TAVOLA XVII.
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E dodici pitture , che fi contengono
in quefta e nelle undici Tavole tegnen- ti , di grandezze uguali alle originali, furono trovate tutte in un luogo M : tutte fono della ftefla perfezione e bel- ___________ lezza ; e ficcome par che fieno com-
prefe tutte fotto il medefimo genere 0)?
così potrebbero ridurli ancora ad un folo argomento (4).
Tom. I. Pit. d Noi |
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(1) Nel Catalogo N. <DXXXL 4.
(x) A 18. di Gennaro dell* anno 1749. negli fca-
'Vt della Torre dell' Annunciata in un luogo detto Civita , dove a un di prejfo pub crederfi che fojfe fitua- ta V antica Pompei , fi trovo una ftanza, dalle cui mura fi trajfero oltre alle dodici mentovate pitture altri tredici pezzi , ciò fono fi fafee di arabefehi con un cupido in mezzo j e fette ballerini che dan- zano sulla corda : tutto in campo negro . T>i quefta ftanza fi darà altrove la deferizìone , e la mifura . 1~)e' ballerini con altri di fimil genere fi vedranno i rami e le fpiegazioni nel fecondo Tomo. (3) mìnio XXXIII. 1. e XXXV. io le di cui
parole abbiam traferitte nella nota (14) della Tavo- la XV. Allo fteffo genere di pitture , eh egli chia- ma libidmes , e al quale abbiam ridotte le due delle l'avole XV. e XVI. , potrebbero con egual ragione riportar/i anche quefte. |
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(4) Si propofero due fiftemi per dare una ragione
generale di tutte quefte dodici pitture. Il primo fu , che la ftanza , onde ejfe furono tratte , fojje un cu- biculo , o camera da letto , ne* cui pareti foleano sì fatte immodefie rapprefent azioni dipignerfi . Il fecondo fentimento, più verifimile forfè, fu , che quella ftan- za era un triclinio . Ma su quefto fentimento fi divi- fero i pareri. Altri volle , che non qualunque tricli- nio , ma tale particolarmente ei fojje, che altramente Venereo fi dicea . In fatti Ateneo V. io. p. xo7. nella deferizione , che fa della gran nave di Gerone Ti- rannoUi Siracufa , dice, che in quella , oltre gli fil- tri luoghi di delizia, eravì Ktytòltnov , un Afrodiio, fornito di Ere letti , e ornato di pitture e di fìatue e di vafi da bere . A quefto luogo dunque defiimto a* piaceri di Venere e di Bacco / dicea fomighante la ftanza delle noftre pitture . Altri però Jojtenne, che la camera, di cui fi quiftionava, fojje un jempis- |
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ce
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94 TAVOLA XVII.
Noi di mano in mano anderemo avvertendo quel",. che
in ognuna ci fembrerà meritar rifleffione . In quefta pri- ma fi veggono due ballatrici , che rapprefentano una graziofa fvolta, lolita a praticarfi nelle noftre contradan- ze (rt . Le vefti fono propriiflime e ne' colori (4, e nel la finezza (?) : ed egualmente proprii fono gli altri ab- bigliamenti (8). Le due Tigri (9) che fiutano i cìmhaìì (">), fono de-
gne di offervarfi per V efprefTione pittorefca. TAVOLA XVIII.
ee ed ufual triclinio defiinato alle cene: e fi avanzò graditi alle donne. Marziano Capella lib. I. de Nupt.
a volerci provare % che foffe un triclinio d'inverno > e Mere. & Philol. dice : Floridam difcoloremque veftem
che le pitture aveffero del rapporto alle cene medefìme. herbida palla contexuerat. Dell' orlo , che intorno
{$) Sono effe in atto di toccarfi le mani, mentre a quefta , ed altre vefti fi vede , fi parlerà appreffo .
una firinge gentilmente coli' indice e col pollice il (7) La vefte della prima donna qui dipinta com- dìto di mezzo all' altra .Luciano de Saltat. ci dicey parifee trafparente . T>i fimilì vefti avremo occaftone di che gli Spartani ufavano una fior t a di ballo , in cui fi parlar altra volta . Qui avvertiamo , che ben fi conve- cominciava da uno intreccio a guifa dì lotta , affer- niva tale all'agilità neceffaria ne' balli, e per non im- randofi coli' èftremità delle dita: qual atto diceano pedire la fveltezza de falti : Tolluce IV". fegm. 104. dy.pox^p^y-óy . irrigo Stefano nella v. yzipatytoL col- ci fa fapere, che i Ballerini nel danzare ufavano vefti l'autorità di T lutar co , e di Galeno , fcrive, che 7 diafane dette Tarantinidie dall'ufo , e dal luffo de Ta- toccamento delle mani , 0 fia i/manutigio ( così ramini, come fpiegafiegli fteffb Vll.feg.17. Forfèera- traduce egli la parola yBipoc^ia. ) era una fpecie nodi quellahzm penna {anche oggi famofa e ufata in di efercizio di palefira : e 'l ballo , particolarmente quella Citta ) eh' e una lanugine , la quale fi racco- preffo gli Spartani, conveniva colla paleftra , e fendo glie da certa conchiglia, nominata da' Greci, e da La- ordinato a dilettare infieme , e ad efercitare il cor- tini Pinna . cProcopio fa menzione di tal lana} e S.Ba- pò . Che la qui efpreffa danza fi faceffe con forza filio la chiama lana d'oro .Cafaubono ad Ateneo III. ir. grande , fi pub congetturare dal vederfi una delle p.17rz. lungamente pania della lana penna, e fio ufo. ballatrici colle labbra chiufe. Luciano de .Saltat. dan- (8) Ha la prima donna avvolto il capo dì una doci appunto la ragione del perchè coloro , che dan- larga fafcìa , 0 velo , a guifa di un berrettone, che zavano , teneffero la bocca chiufa contro il coftume a più rivolte le cinge le tempia . Ter la grandezza, antico di ballare infieme e di cantare {Gallio XX. x.) e groflèzza fua vi fu chi diffe che potrebbe raffomi- dice , eh' effendofì introdotti i balli , in cui doveafi gliarfi forfè a quel genere di corone , che da Efickio raggirare il corpo con moltijfima arte , e far varìi fi\ dicono èmoi?a<roì {altri fcrive èxxuXirol coH'v)<ré@<z- tnovimenù faticofi con certe regole e a tempo mi fura- voi, cioè, come egli Jpiega , pLSydXoi , dipoi. In fatti to i riufeiva impojfibìle il potervi accoppiare il canto-, Giovanni Alberti commentando quefto luogo di Efichio, fenza ufeir di battuta, e fenza romper la voce , e nota cosi (pag.1138. dell'ultima edizione del 1746.) render così difpiacevole il canto : e quindi fi divife re£te explicat dipoi : faepius enim complicata & convo- l'una dall'altra azione, cantando altri, e altri dan- lutaquae funt,crafsa videntur . Hic andrò però preffo Eu-^ zando alle cadenze del fuono e della voce. fiazio . ILE, e preffo Ateneo XV. 7. p.678. fcrive: (6) Una delle due vefti è gialla , l'altra è verde èxxuXfcm sitpccjoi. y.uXi<?ct oi ià $ó$w : fatte per lo più
con orlo vermiglio. Apollonio Tianeo {preffo Filoftrato di rofe : e un antico Toeta preffo lo fteffb Ateneo : lib. IV. cap. zi. della vita dì lui) dopo aver riprefo gli avxw xvM<?èv rétpxvov . Ateneo me defimo moftra di Ateniefi, che con effeminatezza cantavano, e danza- non faperne la forma .Si veda Cafaubono ad Ate- -vano, foggìunge: Onde avete voi la vefte gialla, e ver- neo XV. 7. e II. io. Quindi fembrò ad altri non po- xniglia , e la tintura di zafferano ? Chìamavafi la ve- terfi ammettere tal congettura : baftando che fi avver- se gialla propriamente Crocota, 0 Crocotula dal ero- tìffe con Ifidoro aver gli antichi ufate per cerone fa- co 0 zafferano , ond'era tìnta. Aveano particolar luo- fee dì lana : & in potando mota vino capita vincire go traile vefti delle donne t e degli uomini effeminati^ fafciolis. Sì veda Stuckìo A. C. III. 16. p. 5-66. e Bu- ie verdi , dette erbide , dal colore , e da' fughi del- leng. de Conv. III. 2.4. Le folee delle due noftre donne l'erbe, in cui fi tingeano. Stazio lib. II. Sylv. I. v. 13 3. faranno /piegate nelle note della Tav. XIX. Nunc herbas imitante finii, mine dulce rubenti (9) Nel Catalogo Ar. "DIK
Murice. (io) T>ì quefti iftrumenti fi parlerà in una nota
S.Cipriano de difcipl. & hab. Virg. e Tertulliano de della Tav. XX. Bafta avvertir qui , che erano tra
habit. mulieb. inveendo contro il luffo, nominano par- gì' iftrumenti delle Baccanti i e perciò ben fi veggono
tìcolarmente ì colori vermiglio e verde 3 come i più colle Tigri accoppiati. |
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TAVOLA XVIII.
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O N può am mirar (ì a baftanza quefta
pittura . O fi confideri la maeftria del difegno , o la gentilezza del colorito, o la leggiadria dell' atteggiamento : tut- to fa riconofeere la finezza dell'arte, e la perfezione dell'opera. Sembra que- lla bella e delicata figura (?) eflere in mofla dì ballare (ì) : e le accrefeono grazia oltre alle ./ma- niglie |
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(0 Nel Catalogo N. eDXXXL f.
{%) Altri fofienne , che fojfe una Venere } ed al- tri volle , che rapprefentajfe una di quelle lafcive ballatrici , che talor nude comparivano . E l* una . e V altra congettura conveniva al genere delle libidi- nes , a cui fi riduceano tutte quefte pitture . E la fe- conda era propriiffima pel fijtema di colui, che ricono- fcea in quefte dodici pitture altrettante perfine, che avean ufo nella cena . foie heAteneo IV. 13. p. 153. e XII. 2. p. f *7- sull'autorità di Timeo riferifee che i Tofani ufavano ne' lor conviti far fi firvire da don- zelle ignude . In un marmo prefio il Tommafini rap- portato anche da Kippingio fi ojferva un convito con donzelle , e ragazzi midi , che fervono . Si veda il Signor io* de Servis p. 91. e <)%. Re foltanto ne3 pri- vati divertimenti, ma anche ne' pubblici teatri com- parivano le donne ignude : nelle fefte Florali le mere- trici fi fogliavano sulla feena , e faceano a vifta del |
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popolo de*' movimenti , e de*'gefti efcenijpml . Valerio
Mafflmo lib. II. cap. X. n. 8.. Lattanzio Iv i.z. (3) Il ballo conviene a, Venere : Luciano de Sal-
tat. n. io, e ri. attefta, che gli Spartani:nel danza- re cantavano alcune canzoni, con cui invitavano Ve- nere , e gli Amori a ballar con loro . Orazio L Od.LV.. Jam Cytherea choros ducit Venus imminente Luna*.
Jun&aeque Nymphis gratiae decentes Alterno terram quatiunt pede .
Ed Apulejo uell'Afmo d'oro lib. VI. parlando del conr vito nuzziale di Tfiche , dice : Venus fuavi muficac fuper ingreflà , formofa faitavit . In fatti ne' convi- ti era follenne il danzare . Omero Cicerone , Lucia- no , ed altri ne parlano . Ateneo nel libili- cap.XVII. p.97. avverte , che in tutte le cene, fuorché in quel- le de' favii e dotti uomini , i quali co' loro eruditi difeorfi fanno far lieta la compagnia , s> intra due e ano donne che ballavano , e cantavano : e nel ivo. IV. cap. II.
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TAVOLA
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XVIII.
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98
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ni glie d'oro (4) e al monile (s) , quell' intreccio di per-
le (6) e di bianchì najìri W , onde ha legati i biondi (8) capelli ; e la leggiera e fottìi vefie di color giallo orlata di una fafcetta a color turchino (?) ; la qual vefte Svo- lazzando ricuopre piccola parte dell'ignudo (I0) corpo. TAVOLA XIX.
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fcrive : Matronae nunquam datus flavus crinis, fed
niger tantum : cQntra flava coma dabatur meretricibus. Infatti Giovenale Sat. VI. defcrivendo l'Imperatri- ce Meffalina, che fiotto le mentite dìvìfe della mere- trice Licifca profiìtuìvafi, dice Et nigrum flavo crinem abfcondente galero
Intravit calidum veteri centone lupanar.
Quindi i Poeti danno la chioma bionda non folamen- te alle donne dì partito , come fa Orazio parlando a Pina I. Ode. V. Cui flavam religas comam ?
ma a tutte quelle altresì , che fi lafciarono fedurre da ' loro amanti , 0 in qualunque altra maniera furo- no f opra ff atte neW onore. Così Euripide Electx. v. 1071. a Clitennefira famofa per V adulterio con Egifto : così Virgilio a T>ìdone Aen. v. 590. per gli amori con Enea -. così Catullo ad Arianna in Nupt. Pel. Se Thet. per la fina figa con Tefeo. Offervano però gli Erudi- ti y che la rifleffìone dì Servio non fempre fi trova ve- ra: dicendo Ovidio di Lucrezia Fallar. IL v. 7^3- Forma placet, niveufque color , fiavique captili.
e Virgilio di Lavinia XII. 605. Filia prima manu flavos Lavinia crines.
Sì veda Tir aquello ad Alex. Gen. Dier. V. 18. v. Meretrices flavum &c. Comunque ciò fia, Valerio Mafi fimo lib. II, cap, I, f, e lo fieffo Servio sull' autorità di Catone avverte : matronas flavo cinere comas un- elitarie, ut rutilae effent . Per altro non è ancor de- cifo , se i capelli biondi , 0 ì negri fieno i più belli. Anacreonte , ed Orazio ne1 ragazzi commendano la chioma nera 3 e gli occhi neri. (9) Si è già avvertito altrove, che le lafcìve don-
ne amavano le vefiì a color de' fiori : in quefia pittura potrebbe dir fi efpreffo il color de' giacinti, se vogliam fieguire S. Girolamo in Ezech. cap. 16. n. io , e cap. zy. n. 24., che chiama il color de' giacinti ceruleo. (io) Plutarco Conv. qu. IX. Prob. \*j. parlando del-
le tre parti del ballo ( moto , figura , indicazione ) di- ce , che la figura era la pofìtura , in cui la ballante refiava per poco immobile dopo il falto , eorrifpondente al perfonaggìo di deità , 0 di Baccante , che rappre- fentava. Può dunque la nofira ballante figurar una Venere in atto di fcovrir fi. E queft' atto fa fovvenir- ci dì quel , che dice Curzio V- i- §- 3 8.} che nella Perfia le donne ne* conviti comparivano modefiamente veftite : avanzandofi la cena , incominciavano a le- var fi gli abiti efieriori , e a profanare la verecondia : finalmente rifcaldate dal vino fi fnudavano interamen- te : e che queft0 fi praticava non folo dalle donne di Mondo } ma dalle Matrone ancora e dalle Vergini, le quali fi diceano ufar cortefia , ed effer gentili , nel compiacere fenza riferva a chi le richiedea, |
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cap, II. p.130. defcrivendo un convito dice: ìiopo il
coro de' mufici entrarono le ballerine, altre in abito di Nereidi, altre abbigliate da Ninfe, (4) In una bellìffìma Jìatuetta dì bronzo del Mu-
Jeo Reale rapprefentante una. Venere ignuda , fi vedo- no le armille d' oro non a* polfì, ma alle giunture del- le braccia, e de% piedi. Sì offervi BartoL de Ann. §. 2. (:?) Virgilio Aeneid, I. 6$$.
, , . colloque monile Baccatum.
ed all'incontro lo fiejfo Virgilio Aen.V. . . . it pe&ore fummo Flexilis obtorti per collum circuìus auri,
eh' è propriamente il torquis, ; benché fpejfo il torquis, e '/ monile ji confondano . Si veda lo Se befferò de Torquibus cap. io. e 11. (6) Eran le perle propria ornamento di Venere, che
fi ijolèa nata nel mare in una conchiglia dì margarite: quindi leggiamo fpeffo donate alle fiat ne dì quefia Tiea
pr e zìo fé perle . Plinio IX. 3 f. e Macrobìo Sat.III.17. ci afiìcurano , che la bellijfima perla compagna del- V altra , che ave a disfatta Cleopatra nell'aceto , fu divifa in due parti per farne gli orecchini alla fiatua di Venere . Lampridìo fcrive , che P Imperador Alef- fiandra Severo fece porre alla fiatua della fteffa 'Dea duegrojfe perle , eh* erano fiate denate ali* Imperatrice di lui moglie , 'Perciò le donne, che feguivano il me- fiier di Venere , amantìjfime erano di adomarfene . 'Properzio III. Eleg. X. Qaaeritis , unde avidis non flt pretiofa puellìs,
Et Venere exhauftae damna querantur opes ? Certe equidem tantis cauffà eft manifefta ruinis:
Luxuriae nimium libera fafta via eft, Inda cavis aurum mittit formica metallis:
Et venit è rubro concha Erycina falò, Marziale IX. Epigr. III. Splendet Erythraeis perlucida maecha lapillis.
Bafta legger 'Plinio IX. 3S- Pe? vedere fin dove giun- to f off e in Roma il luffo delle "Dame sul fatto delle perle: dice tra le altre aver veduta Lollia Paolina: fmaragdis margaritifque opertam , alterno textu ful- gentibus toto capite crinibus , fpiris, auribus , collo, manibus , digitifque. Sì veda BartoL de Inauribus cap. 6. e 7. (7) Alarico de Deor. Imagin. deferìve Venere con
una ghirlanda dì rofe cianche e porporine, Nelle me- daglie s'incontra la di lei tefta adorna dì nafiri , e tal volta con morale dì perle al collo. Vaillant in Famil. Caecil. n. 40. e 43. Avercamp, nella fteffa Fam. Tav. III. n. 4. 5. e 6. Bellor. in Jul. Caef. n. 7, (8) Servio sul IV. dell' Eneide al verfo
Nondum illi fiavnm Proferpina vertice crinem , Abftulerat.
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Sdazine Se/ài.
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JZe-imtus &a/-3iTe(t/?0C'.
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TAVOLA XIX.
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A giovane donna ? che in quefta pittu-
ra ci fi rapprefenta 9 gareggia colla pre- cedente in tutte le parti fue . Belli egualmente e gentili fono i delineamen- ti del volto : e biondi ancora i capel- |
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X..V*nr iteti,
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li , e gialla la fottiliffima vejie (2) , che
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con vago panneggiare le vela piuttofto
che cuopre alcuna parte del corpo , lafciando ignuda la Tom.I. Pit. R mezza |
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(i) Nel Catalogo N. T>XXXI. z.
(x) Polluce TV. 95". parlando del ballo detto del-
le Grazie , porta quefta verfo di Euforìone 'Qpypfisvòv %ctp(Tùiv <papée<?aiv cpyjfòèvxct,
fecondo la correzione del Kuhnio , che così lo /piega : l'Orcomeiio ballato colle velli delle Grazie : e avverte, che prefTo gli Orcomenii nella Beozia fu iftìtuito da prima il culto delle Grazie . Infatti f ebbene Orazio dica lib.IX. Ode VII. Gratia cum Nymphis, geminisele fororibus audet
Ducere nuda choros, al contrario Taufania IX. 3 5". fi™" > che non fape a egli chi aveffe il primo rapprefintate nude le Grazie , giacche gli antichi finitori, e pittori le face ano veftite Quindi potrebbe taluno congetturare , che l ballo delle Grazie rapprefentavaft da donzelle ignude, che tenea- vofoltanto, in atteggiamenti fintili a quello , m cui |
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quefta , e la precedente figura fi veggono , un gran
velo, o palla , a cui corrifponde il fiotpseircnv del 'Poe- ta . Seneca de Benef. I. 3. dice , che le Grazie fi di- pinge ano folutae ac pellucida velie . E Ovidio Faft. V. ; Conveniunt pi£tis incin&ae veflibus Horae,
che taluni confondono colle Grazie. Senofonte nel Convi- vio/^ ancor menzione del ballo delle Grazie, fcriven- do, che'l convito riufeiva più grazio>fo , fé fi ballava con quelle figure , e pofizioni , in cui le Grazie , le Ore , le Ninfe/ dipingono . Or che le Ore, e le Ninfe, e le Grazie fi dipinge fero appunto nude con una pan- natura fimile alla noftra qui efprejfa -, può ritrarfi dalla maniera , onde Venere , di cui effe fono mmftre , e compagne , ci fi deferivi da Àpulejo Metani. X. Qualis fuit Venus , cum fuit virgo , nudo & mte&o corporc perfe&am forraofitatem profeflà ; nifi quod tenui
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T A V LA
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XSL 1 ucV*
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mezza vita dalla cintura in fopra (3) 5 non meno > die
i piedi (4). Il #^/?r^ 9 che le ftringe la fronte (5) , è di color cé/è/fe . La mofia è altresì ' di ballante X6) . Il .difetti a color di argento , che fbftiene colla finiftra al fian- co 9 potrebbe .aver forfè qualche rapporto al ballo (7), fembrando ad ogni modo , che 1 Pittore abbia voluto con quello efprimere un contraffegno per far riconofee- re il carattere dei perfonaggio dipinto (8). |
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faltatur Verms , & per effe&us omnes meretriciae vili-
tatis impudica exprimitur imitatione bacchari. Si ve- dano S. Agofttno de CD. VII. 16, e S. Girolamo in Epift. ad Marc, e in Epift. de Hilar. (7) T alluce IV. leg. 103. dice , eh* eravi un bal-
lo detto mvctyJìèg , in cui le ballerine , e ì ballanti portavano in mano de* piatti , 0 difei . T>ì un fimìl ballo fi parlerà in una nota della Tav. XXIII. (8.) Colui, che fiofienne ilfiftema dì rapprefientarfi
qui perfine appartenenti alle cene, riconobbe in quefta non altro , che una mìnìfira , che portava un piat- to . Ne credette ofiargli il vederfi in atto dì bal- lare , fapendofi da 'Petronio , che 7 luffo , e la delica- tezza preffo i Romani era giunta a fegno , che i mi- nìftri delle cene fiaccano le loro funzioni alla cadenza degViftrumentì : fi vedano i fiuoi Commentatori sul cap. XXXVI. Giovenale Sat.V. v. ixi. e feguenti. Stru&orem interea , ne qua indignatio defit , Saltantem -fpecìras, & chironomonta volanti Cultello , donec peragat mandata magiltri Omnia: nec minimo lane diferimine refert, Quo geftu lepores , & quo gallina fecetur. Il qual luogo dal Vojfio ne II 'Etimologico in Chi.ro- nomus così è fpiegato : Struftor , ex pantomimorum arte faltans , cibos menfae infert ( unde infertorem interpretatur vetus Juvenaiis Scholiaftes ) idemque in cibis carpendis vel feindendis , certa lese mani- bus gefticulatur. Il Tignarlo de Servis p. no, e izi. diftìngue quefti ufficiì . 'Dell' arte , e della finezza ufata nel trinciare, e nel fervìre a menfa, al fiuono de- gli finimenti parla Seneca in più luoghi , Marziale, ed altri . Si offervi Lipfio Sat. II. 2. Ter altro folcano anche remigare ad rythmum . Sì veda Vojfio nell' ec- cellente trattato de Poemat. cantu, & viribus rythmi. |
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tenui pallio bornbycino inunibrabat fpe£tabileni pu-
bem .... ipfe àùtem color Deae diverfus in fpeciem : corpus candidum , quod caelo demeat : ami£rus caeru- lus, quod mari remeat. Egli fpiega altresì, come, il ven- to movea dolcemente fcherzando quel fottìi velo . §lue- Jla definizione conviene affai bene alla nojìra ballante. (3) Oltre a quello , che fi e avvertito nelle note
della Tav. XVI. fi veda Macrobìo Sat.II. io. il qua- le fcrive , che a' fuoi tempi ( fiotto Teodojio il gio- vane ) non eravt più l'ufo di ammetter ballerine e can- tanti 0 immode fiamente veftite , o nude nelle cene: in fatti quefio durò fino a' tempi dì Teodofio il grande, che lo proibì . Si legga il dotti/fimo Gotofredo sulla L. io. Tir. VII. Lib. XV. del Cod. Teodof. Si veda Bukngero "de. Conv. III. 30. e V Tignarlo de Servis p.181. e 82. che lo accennano . (4) Venere e detta àpyvpónefa , dd bianchi pie-
di : e per lo più le Ninfe , le Grazie , e le Ore fi rapprefentano ficalze. (jf) 'Potrebbe chiamar]! tenia , 0 vitta.. Virgilio
Aeneid. V. x68. Jamque adeo donati omnes, opibufque fuperbi
Puniceis ibant evin&i tempora taeniis: ■
e Ovidio Metam. II. Vitta coercuerat negle£fcos alba capillos .
benché firettamante parlando differiscono : ejfendo la tenia parte della vitta. Virgilio Aen. VII. 3 jrx. ..... fit longae taenia vittae.
Tufo il Montfaucon To. I. P. lì. liv. I. eh. XIX. PI. CLXII. 3. fi vede una tefta dì Bacco, la cui fronte è cinta nella ftejfa maniera. (6) Tra gli altri balli oficeni, che i Santi Tadri
rimproverano d Gentili , fi mette a conto quello det- to la Venere . ArnobiolV. adv. Gent. dice : Amans |
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io5
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Scala tiiiius palm. Bom
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Carini Deliri:
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-ali mei-
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C
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Ut anlus palnvNtapoht:
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TAVOLA XX.
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O N meno bella delle due precedenti,
né meno immodefta è quella pittura. La giovane donna , che vi fi rapprefenta, è figurata in modo , che fembra voler- ci efprimere una Baccante (2) . Poiché |
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L"
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ella è nuda (3) fino a mezza vita: ha fcìol-
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tì, ma non fcarmigliati i capelli (4) : tie-
ne colla flniftra mano levato alto un cembalo intorniato (5) di
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(1) Nel Catalogo N. T>XXXI. 3.
(2) Sul penfiero di rapprefentarfi in quejle dodici
pitture perfinaggi appartenenti a' convivii , ben po- trebbe dirfi, che quefia Cembaliflria , 0 Timpaniftria, che voglia dir fi, fiafi dìfguifata in Baccante . Sido- nio Apollinare lib. IX. Epift. XIII. deferivendo un convivio , tra le altre perfine , che fervivano a for- marne il divertimento , e V allegria , numera le don- ne , che imitavano le Baccanti negli abiti, e nelle azioni.
Juvat & vago rotata
Dare fratta membra ludo : Simulare vel trementes Pede , vede, voce Bacchas . (3) Le Baccanti ne' monumenti antichi ci fi
prefentana per lo più qudfi nude , e coverte appena '» qualche parte da pelli di fiere, 0 da fittili vefii. (4) Ovidio Metam. IV. sul principio , tra le cofey
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che dovean fare quelle t che fi accingeano agli orgii
di Bacco , numera : crinales folvere vittas . E Virgi- lio Aen. VII. 404. Solvite crinales vittas, capite orgia mecum .
Ne' marmi , e sulle gemme fi 0fervano fpeffo le Baccanti nell'atteggiamento , in cui le deferive Catullo Ubi capita Maenades vi jaciunt hederigerae:
e Virgilio Aen. VII. 395". .... ventis dant colla , comafque.
Ed in tal mojfa e quella rapportata dallo Spomo Mifc Erud. Ant. p. xi. Tab. XLVI. col cembalo traile mani . La no/tra è più compofta, e meno agitata. {f) Abbiamo già avvertito , 'che quefto ijiramen-
to chiamavafi dagli antichi tympanum , e corrifpon- de a quel , che cembalo dicono i Tofani , e noi nel- la no fira lingua comunale Tamburello . Snida in tu'/a- kcìvov , firive : quello iftrumeato, che portavano le Baccanti , fi facea con pelli , e fi percoteva colle mani
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ic6 TAVOLA XX.
di fonagli > che moftra voler colla deftra percuote-
re (6), nell' atto di accompagnare col fuono il ballo (?) . Ha un bel monile al collo ? e doppio giro di /maniglie 5 che pajon di perle (8). La finijjìma (9) vefte è bianca (io) con .orlatura
mani . 'Dagli Eruditi fi dìftìngue il timpano grò- le^ filze dì perle fi fa parola da Servolo. L. ^<S.
ve dal leggiero : quello era talvolta di bronzo ad Leg. Falcid. Lineam margaritorura trigintaquinque
coverto con pelli , ed avea ufo nella guerra , co- legavit . Capitolino in Maxim, jun. e. 2,. nomina mo-
me lo ha oggi il Tamburo , e 7 Timballo : il leggiero nolinum de albis un filo di perle : e nelle Glojfe fi
era un cerchio dì legno coverto da una parte con pel- legge , Tsrps&Xiyov quadrifilum gemmarium .
le 3 e rajfomigliavafi ad un crivello , e qtial e appun- (9) _ S. Girolamo in Helvid. Ingrediuntur expolitae
to il noftro cembalo. Molti fono ì luoghi degli Auto- libidinis viftimae , & tenuitate veftium nudae impro-
ri j onde quefto fi prova ■ fi vedano il Tignorio de bis oculis ingeruntur . Ne quefta è una efagerazione
fervis p. i68. e feg., e lo Spomo nel e. 1. Nel Mnf. del Santo Taire : Orazio Uh, I. Sat. II. 223. parlan-
Roni. To. IL Se. IV. Tav. VII. e Vili, fono raccolte , do delle donne dì piacere
e fpiegate varie forte dì tìmpani , e di cembali con Altera nil obftat : Cois tibi pene videre eli
delle laminette ancora in alcuni , come nel noftro , Ut nudam . . .
e con de" campanelli in altri. Lo fteffo dice Seneca de Benef. VII. 9. delle Matrone:
(6) Snida , dopo lo Scolìafte di Arìftofane nel Video fericas veftes, lì veftes vocandae funt, in qui-
Pluto , fa derivare la parola TV^avov da tvktsiv , bus nihil eft, quo defendi aut corpus , aut denique pu- percuotere, appunto perchè colle mani il timpano leg- dor pofììt : quibus fumtis, mulier parum liquido nu- gìero , e con bajìonì il grave fi batteva . Altri vo- dam se non effe jurabit. Haec ingenti fimima ab igno- glìono s che venga tal voce dal Siriaco -3 e da quefta tis etiam ad commercium gentibus accerfuntur , ut nazione credono introdotti in Roma tali finimenti . matronae noftrae ne adulteris quidem plus fui in cu- Si veda il Vojfto Etymolog. in Tympanum, e l' Of- bieulo, quam in publico oftendant. Chiamavanfi sì fot' manno nella ftejfa v. Tympanum . Noi diremo su ciò te vefti Multicia . Lo Scolìafte dì Giovenale alla Sat. qualche parola nell' ìlluftr azione dì alcune pitture II. v. 66. Multicia , veftes molli intextas fubftamine, rapprefentantì co fé, che appartengono al culto d'Ifide: quibus folent uti puellae . Sì veda Demftero a Rofi- e nelle note sulla Tav. feguente fpiegheremo la di fife- no V. 31. sulla varietà , e siili* ufo di tutte quefte ve- renza tra il tympanum , e 7 cymbalum . Sì è già fii tra/parenti. Gli artefici di sì delicate robe fi dif- accennato altrove, che l'Agoftini Gem. Ant. P.I. p. 30- fero XsitTispyoì , e Tenuiarii : in Reìnefio Ciaf. XI. dìftìngue due forte dì tìmpani leggieri, 0 fien cemba- yy. fi legge : Textrix veftiaria tenuiaria : fi veda ivi li , dicendo , che alle volte avea il fondo di cuojo, il dotto commentatore. e li percòteva colla palma : alle volte li feoteva in (io) T lutar co nelle queftioni Romane probi,
aria a vuoto , al fuono di quelle mobili ,e ftrepitofe XXVI, fcrive , che le donne nel lutto veftivano di laminette di rame , che fi veggono nel cerchio ( co- bianco -.fiotto gl'Imperatori part icolarmente fu ricevit- ene nella noftra pittura ) ritratte , e negli antichi to un tal ufo } e per altro in tutta la Jtoria de' tem- marmi de' Baccanti. In un cembalo dì una pittura pi di mezzo Bianca fignìfica vedova pel perpetuo lutto y ^/Sepolcro de' N afonipreffo il Santi Sortoli Tav. che veftiva . Di più gli Ateniefi aveano una legge di XXXIII. fi Ojfervano anche i fonagli. Zaleuco , con cui fi ordinava , che le donne ingenue (7) Sidonio Apollinare IX. Epift. 13. e T hit arco e onefte campar iffero in pubblico veftite bianche, e le me-
IX. Symp. qu. 15. già da noi /òpra citati fan men- retrici dovefero ufar abiti colorati. Suida in 'Eraipuv, e zione del ballo delle Baccanti. 'Platone VII. de LL. in ZaXsvKoc . E lo fteffo offervavafiin Siracufa, comeav- e Luciano de Salt. parlano de' balli Bacchici. Euri- verte Ateneo XII. 4. Da tutto ciò parca , che non pde in Bacchis v. 3 77- e 7%- tra h qualità di foff e propria di ima follatrice , e d'una cembali- Bacco numera il carolare , e 7 fonare . Arìftofane ftrìa vefte sì fatta . Ma fi rìflettea al contrario, che in Acharn. Adì. IV. Se. VII. v. 2/3. deferivendo 0 fi volea feguire il fentintento del Ferrari , il qual l' apparecchio del convito per le fefte di Bacco no- foftìene, che le dame Romane veftivano fempre di por- mina anche le belle faltatrici . Sì veda ivi lo Sco- poro -, e facile allora era il dire , che effe foltanto liafte . Clemente Aleffandrino Paed. IL 4. nume- nel lutto ufajfero vefti bianche . Ferrari P. I. de Re ra tra le altre co fé , che volea bandite dalle cene, veft. III. 17. O pure che attenendoci al fent intento di le timpaniftrie , e le crotalarie . Arnobio generalmen- Torfirione sul v. 36. della Sat.. II. lib. I. di Orazio: te rimprovera a' Gentili le ofeenità , che da tali don- (Albi autem non prò candido videtur mihi disine } ne nel ballare con fintili ftrumenti alla mano fi com- qiium utique poffint & vulgares mulieres , etiam me- metteano. retrices candidae effe : fed ad veftem albam , qua (8) Oltre a quel, che fi e avvertito sulla Tav. matronae maxime utuntur, relatum eft ) diftìnguer fi
XVIII. dice Tlinio XXXIIÌ. 3. Inferta margaritarum potè a tra album , & candidum . Infatti Servio sul pondera e colio dominamm auro pendeant , ut in v. 8 3. del III. della Georgica , dice : aliud eft can- nonino ( altri legge fono ) quoque unionum confeien- didum effe , ideft quadam nitenti luce perfufum : tìa adfit . Seneca àc Benef. VII. 9. anche declama aliud album , quod pallori conftat effe vicinimi . contro il tuffo delle Signore Romane nelle perle. Del- Benché a dir vero una tal dìftìnzìone ne pur foddis- fece
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TAVOLA XXI.
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■ APP RESENTA anche quella figura
una giovane e ben formata donna, che balla, e foona. La corona di ellera W, dalla quale ha circondati i capelli, per altro non difcioltì ; e la pelle di pan- tera 5 o altra sì fatta (3), che le pende dalia finiftra fpalla , e attraverfando la perfona le fvolazza fotto il braccio deftro ; e i cimba- li |
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III. 767. e feguenti, vuolì che le Ninfe educatrici di
Bacco per fottrarlo alle ricerche della gelofa Giunone, lo nafcofero tra le frondi d'edera: Cur hedera cinfta eft? Hedera efl: gratiffima Baccho.
Hoc quoque cur ita fit, dicere nulla mora eft. Nyfiades Nymphae, puerum quaerente noverca.
Hanc frondem cunis appofuere nòvis. Altri ne portano altre ragioni . Si legga Plutarco Sympof. III. qu. i- e z. dove lungamente ragiona di queftapianta, e del perche se ne coronajfero i bevi- tori di vino . (3) Bacco, e le fue Ninfe fi veggono coverte dì
pelli di pantere : 0 perche le Nutrici ftejfe di Bac- co furon mutate in pantere : 0 perche quefii anima- li fono amiciffimi del vino . Sì 'veda FHoftrato I. Imm. XIX. , e Fornuto de nat. Deor. in Bacco, che ne ajfegnano altre ragioni. Soleano anche portare pelli di cervi giovani } 0 di daini : quali pelli fi diceano
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(1) Nel Catalogo N. T>XXXI. 7.
(x) Era follenne a quei, che celebravano le fejle
di Bacco , coronar/t dì ellera . Euripide in molti luo- ghi delle Baccanti, e particolarmente v. 176. e 177., dove Tirefia efortando Cadmo a follennìzar gli orgiì di Bacco così prefcrive quel che fi'ha da fare ®ópa8$ àvd-KTSiv, ned vefipuv Sbpdg e-^iy,
%rs($uv2n& xpaTa mw(voiq BXaryjpainv .
Portar il tirfo, e de' cerbiatti avere
Le pelli, e coronar d' edera il capo .
Luciano in Tragopodag. di/lingue i Sacerdoti di Bac- co dagli altri al folo contrajfegno dell' edera. Bacco fteffo coronavafi a" ellera . 'Plinio XVII. 4- : anti- quitus corona nulli , nifi Deo dabatur -, feruntque Liberum patrem primum omnium impofuiiTe capiti fuo ex hedera. T> io doro I. 17. riferifce , che fi attribui- va ad Ofiride , 0 a Bacco l' invenzione de ir edera : e perciò avea ufo nelle fejìe di lui. Ovidio Faftor. |
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T A V O L A XXI.
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li (4) , che tiene nelle mani in atto di fonarli con bat-
tere uno contro l'altro (s) : potrebbero farcela chiamar Baccante (<9 . Le raddoppiate fmaniglie fono a color d'oro
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tendo le due offa del becco fa fuono. Più, generalmen-
te Eufiazio ad Iliad. V. p. 773. dice chiamar fi cro- talo un vafo di creta , 0 dì legno , 0 di bronzo, che fi tiene traile mani per far fuono . Ateneo XIV. 9. lo accenna. Si veda ìl Lampe nel e. I., e V Pigno- rio nel cit. 1. e nella Menfa Ilìaca p. 67. (5-) S. Gregorio Niffeno in Pfalm. cap. 9. jj t2 xv[a-
QdXis itpòg rò xvfifiaXov evvofog.- k collifione del cimbalo col cimbalo . Nella moffa ifieffa , in cui fi vede la no- fira Cimbalifiria dì toccare un pezzo coli' altro , fon rapprefentate altre fimili donne in più marmi preffo lo Sponio p. ^I. Tav. XL. XLI. e XLII. e in quefi' ul- tima le maniche fono due anelli, come nella nofira pittura i nelle altre due fono a modo di croce : in altri marmi non fi veggono manichi, ma tutto l'emìsfie- no fi tiene fretto tra le mani. Si veda il Lampe II. cap. 3. (6) Qual ufo aveffero nelle fefie dì Bacco i cim-
bali , e tìmpani, lo fpiega Livio XXXIX. cap. io. eos deducere in locum, qui circumfonet ululatibus, cantuque fymphoniae, & cymbalorum, & tympano- rum, ne vox quiritantis , quum per vim ftuprum in- feratur , exaudiri poflet . Benché l'ufo generalmente di quefti ifirumenti nelle fefie dì Bacco, e di Cibe» le, aveffe rapporto al ballo . Luciano de Saltat. An- zi IJìdoro ìli. zi. efpreffamente dice: dida cymbala, quia cum ballematica fimul percutiuntur . Ita enim Graeci dicunt cymbala ballematica . Ubi ( foggiun- ge ìl Vojfio Etymol. in cymbalum ) ballematica dixit faltatoria , live faltationi idonea . Sane pofterio- res Graeci fìoùùdfyw dixere prò otXksa'ÒQU . Gloflàe Graecolatinae : fìotXkify , falto . Imo quod in pri- mis ad Ifidori locum illuftrandum facit, apud Suidam legas : j3#À>/£?JV , tà u.u[ifinir» wntiretu y v/v) !rpà$ tcì>
èxsivoùv yj'xpy òpp^eftr-Sto . E quindi è detto ìl ballo.
Perciò potrebbe dirfi quefi a nofira una fionatrice, e bal- lar ina, che fiotto le divife di Baccante ci fi preferiti. Ne monterebbe il non portar ella fcìolti i capelli, eh' è pur uno de' caratteri Bacchici , come abbiamo altrove accennato : poiché primieramente il Bellori fpiegando le Pitture del fepolcro de* Nafoni , nella Tav. XXXIII. dove fi vede una Ninfa colla chioma non fciolta^ e coronata d' edera , che fuona un cem- balo , mentre balla con lei un giovane con un tir fio in mano dice rapprefientarfi due Baccanti. E 'l Mont- faucon To. I. Part. IL liv. I. eh. XX. Planch. CLXIII. 3. d'una donna, che ha i capelli ben ravvolti, e fiuona un cembalo, ove è efipreffa una Tigre , dice ejfer co- fiei fenza dubbio una Baccante . Oltracciò molte fimi- li donne s'incontrano ne' monumenti antichi, che ficco- me agli altri fimbolì fi riconoficono per Baccanti, non han però fcìolti i capelli . Comunque ciò fia, le don- ne che fionavano sì fatti ifirumenti , e che aveano luogo ne' convivii , diceanfi Cymbaliftriae . Petronio cap. XXII. quum intrans ( nel triclinio ) cymbaliftria, & concrepans aera omnes excitavit . Cornelio Gallo (0 altri che fia V autore de' ver fi, che portano il fiuo nome ) così deferive una di quefie graziofe fionatrici E1.IV.
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diceano vs{3pi?sg: o anche di capra. 'Polluce IV. Seg.n8.
dove i Commentatori . Si veda il dotto Senator Buo- narroti nel Cammeo del trionfo di Bacco p. 438. (4) Avverte il Ruben de Re veftiaria II. cap. ult.
che taluni confondono malamente il cembalo col cym- balum : corrìfpondendo il cembalo de* Tofani al tym- panum degli antichi : come fi e già, da noi avvertito. In fatti Servio sul v. 64. del IV. dell* Eneide fcrive : cymbala Umilia funt hemicyclis coeli, quibus cingìtur terra: E S. Ago fino in Pfalm. CXXX. cym- bala invicem se tangunt, ut fonent : ideo a quibuf- dam labiis noftris comparata funt . Catullo così di- Jìingue V uno dall' altro ijìrumento de Berecynt. & Att. v. 29. Leve tympanum. remugit ; cava cymbala recrepant.
E Lucrezio IV. Tympana tenta fonant palmis , & concava circum
Cymbala . . . . .
Si veda il Signor io de Servis p. 163. a 16%. Salmafio a Vopifco in Garin, cap. 19. Lampe de Cymbal. Vet. II. cap. 1. e feg. Lo Sponto Mifcel. Er. Ant. Seét. I. Art. VI. riprende il Gruferò ì che chiamò crota- la i cimbali : e'I Pignorio al e. 1. p. 175. nota An- tonio Agoftini, che fipiego col nome di crotalo il tim- pano . Strettamente i crotali fi dijiinguono dagli altri ifirumenti. Apulejo Metam. IX. p. 270. cum crotalis , & cymbalis . Vi fu chi penso poterfi la loro vera figura ri- cavare da un luogo di 'Plinio IX. 35". dove dice: hos C margaritarum elenchos fafrigata longitudine , alaba- ftrorum figura, in pleniorem orbem definentes ) digitis fufpendere , & binos ac ternos auribus , feminarum gloria eft . Subeunt luxuriae ejus nomina . . . fiquidem croi alia appellant, ceu fono quoque gaudeant , & collifu ipfo margaritarum . Parìa dunque Plinio del- le perle lunghe , e grandi , Jìmili a' vajì di unguento, 0 ( per dirlo alla nofira maniera ) a una pera , 0 a 'una pina : e foggiunge che quefi e perle chiamavanfi dalle "Dame Romane crotalia , cioè piccoli crotali: La ragione di ciò era {dìceafi ) perche se una di que- jle perle fi foffe fegata per lungo , avrebbe formato un pajo di pìccoli crotali . Per una fimile confiderazio- ne lo fieffo Plinio nel me defimo cap. dice, che altre margarite dìceanjì timpani : fcrìvendo : quibus una tantum eri facies, & ab ea rotunditas , averfìs plani- ties 5 ob id tympania nominantur . E dopo lui Ifido- ro III. 2i. tympanum autem di£tum , quod medium eft : unde & margaritum medium tympanum dicitur. Pofta quejìa spiegazione ( chefujfifta ) differivano i crota- li da' cimbali foltanto in ciò, che la figura de' primi era bislunga, e Jìmile ad una mezza pera t ì fecondi erano perfettamente rotondi . Generalmente però fiotto nome dì crotali fi comprendono tutti gli frumenti, che fanno fimo percotendofi . Il Vofjlo Etymol. in crota- lum lo fa derivare da xporzu pulfo . Il Sarisberienfe Policr. Vili. 12. Croton, graece pulfus dicitur : & inde cymbala fic dicuntur : vel muficum notat inftrumentum, quod in fono vocem ciconiae imitatur . In fatti la Cicogna da P. Siro ehiamafi crotaliftria, perche bat- |
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T AVO
cforo (?) . Le vefti (8) fon
color giallo (9), e fermati da fenibrano fimili alle noftre EI. IV. 7. e fegr
Virgo fuit, fpecies dederat euì candida nomen,
Candida, diverfis fat bene comta comis. Huic ego per totum vidi fplendentia corpus
Cymbala multiplices edere pulfa fonos. .... Hanc ego faltantem fubito correptus amavi.
Or ficcome la bella Candida del Poeta portava ben ac~ concia la capellatura , così la noftra parimente : e co- sì ancora le tre prejfo lo Sponio , le mojfe delle quali non fono meno sforzate di quella , eh' è qui dipinta. (7) Anticamente le armili e fole ano portar fi a un
fola braccio : i Sabini tifavano portarle al finìftro . Li- vio I. 11. gli Orientali al deftro . Ezechiele cap. n. n. 24. Sul principio fidamente gli uomini le portava- no , ed era un dono , che i Soldati riceveano in pre- mio del lor valore. Ifidoro XIX. 31. 'Dopo comin- ciarono ad addobbarfeìie le donne. Tertulliano de Pal- lio cap. 4. armillis , quas ex virorum fortium donis ipfae quoque matronae temere ufurpaflent , omnium pudendorum confcias manus inferit. Cominciarono le donne dal portarle anch' ejfe ad un fiol braccio : poi ne caricarono anche l' altro : e finalmente ne e infero due per braccio . Dell' abufo , che le donne Romane fa- cean dell' oro per adornarfene ogni parte , parla 'Pli- nio XXXV. 3 • 'Per altro folcano portar le armil- le anche al collo del piede : e allora diceanfi fp e ci ai- mente compedes : fi veda H Ferrari de Re Veli. III. 17. Talvolta alle giunture delle braccia , e non a' polfi : come nella fiopradetta Venere di bronzo del Mu-
fieo Reale fi ojferva . Sembra che allora potrebbero dir- fi propriamente brachialia , come le chiama Plinio XXVII. 6. : benché ìndiftìntamente fi trovi ufata fa parola armiilae per dinotare fimili ornamenti, in qua- lunque parte effi fio fiero. Si veda Vo(fw Etym. in Ar- miilae , e B art olino de Armillis §. 2. In una pit- tura del Sepolcro de' Nafoni Tav. XI. fi vedono due Ninfe co' braccialetti a' polfi, ed alle parti fuperiori d' ambe le braccia . (8) Oltre la già detta firifeia di pelle , come una
fafcta, che appoggia sulla fpalla finiftra , e traverfan- do la perfbna fvolazza fiotto il braccio deftro , ha coftei ancora la palla , 0 V amiculo .* vefti , che conveniva- no a donne di teatro, e a ballanti . Si veda il Ferra- ri nel cit. lib. III. cap. 18. e 19. il quale fi maraviglia^ perche ì ballanti ufafiero tante vefti , e lunghe fino a'
piedi j quando dove ano anzi efiere in abiti fuccinti 3 |
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L A XXI. 113
da oflèrvarfi . I calzari di
legami (io) dello fteflò colore, >antofole (u). e fpediti. Sguefta palla è di color turchino . Ovidio
de Arte III. 173. tra i colori graditi dalle donne met- te in primo luogo il celefte . Aeris ecce color, tunc quum fine nubibus aer,
e poco dopo Hic undas imitatur : habet quoque nomen ab undi&t
Crediderim Nymphas hac ego vcfte tegi. Credono gli Eruditi, che quefto fia il color dell'acqua, marina fimìle al color dell' aria . Chiamavafi propria- mente cumatilis . Nonio XVI. 1. Cumatilis , aut mari- nus, aut caeruleus . Tra&um a gracco , quafi qui fiu* cluum fit fimilis : flu£tus enim graece xófiaroc dicuntur. (9) Il Balduina de Cale. cap. 8. prova , che il
color delle fcarpe , ordinariamente era negli Uomini negro, nelle donne bianco ì folea anche ejfer rofib , giallo , 0 verde . Vopifco in Aureliano fcrive : cai- ceos mulleos , cereos , albos , & hederaceos viris omnibus tulit , mulieribus reliquit : Il color della ce- ra vergine e giallo . Apulejo Metam. Vili. p. 260. parlando de' mìnifiri della Dea Cibele dice : quidam tunicas albas in modum lanceolarum quoquoverfurn fluente purpura depiftas 3 cingulo fubligati, pedes lu- teis induti calceis . (io) Ifidoro XIX. 34. Obfìxigilli funt , qui per
plantas confuti funt , & ex fuperiori parte corrigia trahuntur , ut conftrigantur ; unde & nominantur . // Vojfio in Obftrigillo fcrive : antiqui obftrigillos, vcl obftrigilla dixere vincula focculorum, vei calceos amentatos. (11) Lo ftejfo Balduino al cap. 12. crede , che da
principio il fandalo era [coverto ; ma poi fojfe dive- nuto fimìle al calceo neìl' ejfer tutto coverto , e fer* mato da ftrifee di cuojo, 0 fimìl cofa : differire pe- ro nella figura, e nella dilicatezza , poiché ficcome il calceo uvea la punta lunghetta , e rivolta all''in- sù , e cingea non fio lo il piede , ma anche quafi la mezza gamba : al contrario il fandalo era fimìle in tutto alla folea , ed egualmente dilicato % e tale in fiam- ma , quali appunto fon le pantofole delle noftre donne. Il Salmafio , /'/ Nigrono , e'I Ruben non difiinguono il fandalo dalla folea , volendo , che V fandalo fojfe fempre feoverto . Noi avremo apprejfo occafione in più luoghi , e particolarmente nell' illuftrare una bot- tega di calzolajo, di parlare più lungamente di que- fia materia. |
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T TAVOLA XXII.
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Tom. I. Pit.
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Pay. 11$,
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TAVOLA XXII.
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(0
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I vede quefta leggiadra e gentil figura
coverta di una lunga e fottiliffima ve- lie a color paonazzo W . Ha la fpalla, e 51 braccio deliro ignudo (3) , a cui fi avvolge affai vagamente un finiffimo ve- lo giallo (4) , che girandole pel petto 9 e poggiando sulla finiftra fpalla fvolaz- za in parte al di dietro . Le frondi fottili , e lun- ghette |
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(1) Nel Catalogo N. TiXXXL i.
(z) Plauto nell' Aulularia At. III. Se. V. introdu-
ce il vecchio Megadoro a deferivere gì' incomodi gra- viffimi , che portan feco le doti grandi , il quale nel- V efagerare graziofamente le fpefe intolerabili , che dee fojfrire il marito per contentare la vanità della moglie, numera tutti i meftieri , eh' erano impiegati per fervir e al lujfo delle donne . Tra quefii nomina i violarli , cioè } tome fpiega il Ferrari I. de Re ve- ftiar. III. ^I. eos, qui violae colore veites tingerent. Plinio nel libro XXI. cap. VI. dice : Violis honor |
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na : sì perche favoleggiarono ì Poeti , che la
terra produce la prima volta le viole per fervir di pafcolo alla giovanetta Io cangiata in vacca, la qual fi credea la fiejfa, che Ifìde -, e sì perchè le Ninfe nell' Jonia donarono da prima a Giove le viole. Altri lafciando ftar le allufioni avvertì con Ovidio III. de Arte , che quanti ha fiori la terra , di tanti colori eran le vefti delle delicate donne : e ricordo , che Marziale lib. II. Epigram. XXXIX. fpecialmente at- tribuire alle donne galanti la vefie paonazza. Cuccina formofae donas , & ianthina maechae |
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proximus .... Ex iis, quae .... purpureae... folaeque (3) Se crediamo ad Ovidio , degno per altro di
graeco nomine a ceteris diftinguuntur, appellata la , fede in quefii affari , la parte , che più attira gif ut ab bis ianthina veftis. Non è per altro veramente fguardì degli amanti , è nelle donne quella che uni- porporino il hr colore, ma nopQupoei&s, come r"lctvfov Jce V omero al braccio :- così egli-dice de'Arte III. fi chiama da Efichio . Lo fieffo Plinio XXXIII. 13. v.307. e feg. alle fue dìfcepole: fcrive che gli antichi imitavano il turchino colle via- Pars numeri tamen ima tui, pars fumma lacerti |
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le . Onde S. Girolamo confonde il color violaceo col-
r azzurro . Virgilio al contrario chiama nere le vio- le , che piegano al cupo . Vi fu chi trovò del mi- |
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Nuda fit, a laeva confpiciqnda manu.
Hoc vos praecipue, niveae, decet . . . . (4) Catullo in nupt. Pel. & Thetid. |
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fiero in quefio colore della vefie della nofira don- Non conte&a levi, velatura peclus amidlru^
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Nec
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ii8 TAVOLA XXIL
ghette (5) , che le cingono I biondi capelli : Porcino»
lo (6), che tiene colla delira mano : e 51 àfco , o baci- no W , che fbftiene colla finiftra , e nel quale fono tre fichi (8) ; par che fieno altrettanti diftintivi del fuo ca- rattere (9) . Ha una fmaniglia a color d'oro al brac- cio deliro (*o) :e le folee a' piedi ("). TAVOLA XXHI.
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quentìjfinto e rincontro ne*bajfìrilìevi , e nelle fatue.
(jf) Sembrano dì canne , 0 dì altra fimil piantai
acquatica . Quefto fece dire a taluno 3 che fojfe una Najade . Erano le Ninfe nella comitiva di Bacco z e Tibullo III. El. VI. v. 57. così canta Najada Bacchus amat . Ceflas, o lente minifter?
Tempcret annofum Martia lympha merum . Ma incontrò quefia opinione degli ojlacolì. (6) Prefericolo chiamano gli Antìquarii quefio vafo,
benché diverfa fia la defcrizione dì Fefio , eh' efpref- famente dice : vas aeneum fine anfa, patens rammurn,
ut pelvis : Si veda la Chauife To. II. Sedi:. IH. Tab. III. e Montfaucon To. IL liv. III. eh. IV. (7) Apulejo Metani. II. caenarumque reliquiis di-
feus órnatus. (8) Ritrovator des jfchi credeafì Bacco -3 donde
da' Lacedemoni fu detto Suxfryjg. Ateneo III. 5". Pau- fania I. fcrive, che Cerere diede la femenza a Fita- lo fuo albergatore. (9) T)a tutto cu , che fi è notato , vi fu chi
volle poterfi dire , che cofiei abbia del rapporto a Bac- canali 3 in cui fi mafeheravano , e difguifavano tutti in varie forme : e che finta fi fojfe una, che offerifea a Bacco le primizie de' fichi . Altri non ritrovava in quefia , che una miniflra della cena in tal modo ador- nata . E vi fu ancora chi vi riconobbe una ballante: del qual penfiero fi parlerà in una nota della Tav. feguente. (io) Oltre a quel, che abbiam notato in più luo-
ghi può vederfi il Buonarroti ne' vafi dì vetro p. 199. (11) II Salmafio ad Tertullian, de Pallio v. cal-
ceos : nota , che la fieffa differenza , che prejfo i Latini era tra il calceo', e la folea , correa prejfo i Greci tra /'ipodema , e V fandalio : e fogghmge, che '/ calceo , e ripodctnzfirettamente dinotano quel calzare, che covriva tutto il piede : la folea, e'I fan- dalo veft ivano la fola pianta , refi andò feoverta la parte fuperiore . Gè Ilio XIII. %o. definifee le folee ejfer: Omnia id genus, quibus plantarum. calces tantum jn- fimae teguntur } cetera prope nuda, & teretibus ha- benis vindfca funt. Convenivano propriamente alle don- ne . Manilio lib. V. Femineae veftes, nexae fine tegmine plantae:
e per lo più i Poeti le chiamavano affolutamente v'in- cula. . Tibullo El. V. lib. I. efagerando i fervizii 3 che fa r amante povero alla fua donna , dice Vinclaque de niveo detrahet ipfe pede .
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Nec tereti jfrrophk) lu&antes vincìra papilias:
dove di/lingue il fottìi velo , che covriva il petto l dalla faffetta , che Jiringea le mammelle . Perifane prejfo "Plauto Epid. Adi. II. Se. II. parlando del Info delle donne , le quali ogni anno inventavano nuove mode di abiti ( quae vefti quotannis nomina inveniunt nova ) nomina moltìffime vejli donnefeh e , tra le qua- li cakhulam, & crocotulara . Nonio Jpiega : calthulam & crocotulam ; utrumque a generibus florum trans- latum, a caltha , & croco. Or Virgilio da alla caltha T aggiunto di gialletta Ecl. II. yo* Mollia lutcola pingit vaccinia caltha,
parlando delle Ninfe, che intrecciavano ìnfieme varii fori : ed è notabile l'unione del giallo coli' azzurro carico , 0 violetto, che conviene alle vefti della noftra donna , Vi fu però chi avvertì , che Varrone prejfo lo fi elfo Nonio interpreta la calthula {fecondo la corre- zione del Ferrari nel cit. lib. III. cap. xo. , leggen- dofi comunemente caftula ) così : palliolum breve . . . quo nudae infra papilias praecinguntur , quo mulie- res mine co magis utuntur, poftquam fubuculis defie- runt. E quindi dùdujfe , che 0 la calthula differiva dalla caftula ; 0 certamente quefia non conveniva al- la no fra pittura . Onde altri ricorfero al fupparum 5 di etti , come abbiamo altrove cennato y dice Luca- no li. 362. .... humerifque haerentia primis
Suppara nudatos cingunt anguria iacertos . e Varrone lo chiama un vefiimento da donna , quod pedfcus capiebat . Sì veda il Manuzio de Tunica Ro- man. Ma né pur quefto fodìsfece : ficcome fu anche rigettata la fafeia lata dì Ovidio de Arte III. Qaas tegat in tepido fafeia lata finu.
' Sì nominò anche il capitami , di cui fcrive Varrone de LL. IV. 30. Capitium ab eo, quod capit pedhis : e lo fteffo prejfo Nonio : ex pectore, ac lacertis erant apertis , nec capitia habebant. Si veda il Vojfio de Vit. ferai. I. 29. Ma ben fi vide, che l'incertezza era la fieffa . Finalmente fi dìffe , che potea ridurfi gene- ralmente alla palla ,0 ad altra fimile fopravvefie don- nefea , cìnta in tal modo per efprìmerfi quefia donna più fpedita al fuo minifterio ; 0 anche per capriccio del pittore. Ter altro bafta leggere le due feene da noi fopraccitate -dell''Aulularia, e ^//'Epidico , per ejfer convinti della noftra ignoranza sul fatto delle vefti de- gli antichi : né le ricerche , e le controverfie degli Eru- diti in quefto genere han prodotto altro , che maggior confufione 3 e incertezza , anche in quelle , di cuifre- |
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P<^r. ne).
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'
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tillppo Jnorahen Icotpi
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121
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TAVOLA XXIII.(
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EMBRA quefta donna efler compa-
gna della precedente nel!5 efpreffione : benché differifca poi ne' contrafiegni, che la diftinguono dall' altra nel carat-
tere . La corona par che fia di fie- li di grano (*) ; la vede è bianca (3) 5 e 1 velo è di un verde cupo (4) ; nella un paniere 9 e nella finiftra un di- V fco
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mano deftra ha
Tom. I. Pit. |
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Alba decent fufcas : albis, Cephei} placebas.
Tibullo IV. Eleg, I, Urit, feu Tyria voluit procedere palla :
Urit, feu niyea candida vefte venir, (4) Totrebbe dirfifintile al color dì porro , 0 praf^
fino , il quale corrifponde anche a quello della ver- deggiante biada , Era il pr affino famofo tra le divife delle fazioni e ir e enfi : E% nota la pajfione degli anti- chi per gli giuochi e ir e enfi , e /' impegno di favorir- ne le partite, che da' colori fi diftmguevano . Ne foltanto nel circo, ma nel teatro ancora , e sulle feene ebbe luogo quefta dìftìnzìon dì colori , e di fa- zioni . Cajfiodoro lib, I. Epift, 2, 27, e 33. S* veda Bulengero de Circ. cap. 48. e 45). Anzi era giunto a tal fegno il lor furore , che ne' conviti fi vedeano difiinti i miniftri di quelli colle divife delle fazioni fuddette. Seneca Epift. XCV. e de brevit. vitaecap. VII. Tetronio cap. XXVIII., dove i commentatori . E dal- l' e[Ter |
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(1) Nel Catalogo N. T>XXX.
(z) Altri non vi riconobbe 3 che fila dì filiira tan-
to tifate nelle corone convìvali . Gli fieli del grano ave ano rapporto alle fefie di Cerere , di cui Ovidio Amor. III. Fi. X. 36■ Deciderant longae fpicea ferta comae .
(3) Era follenne nelle fefie Cereali veftir di bian-
co. Ovidio Faftor. IV. 619. Alba decent Cererem: veftes Cerealibus albas
Sumite.
'Del refto generalmente ne' convìvii, e in altre occa- fioni di allegrezza fi tifavano candide vefti . Si ve- da Stuckìo A. CMÌ. 16. E nelle cene degV Impera- tori , e de" Signori Romani ì miniftri erano albati. Suetonio in Domk. e ivi i commentatori. Tra* colorì tifati dalle delicate donne ne1 loro abiti enumera Ovi- dio de Art. III. v. 183. albentes rofas . E lo ftejfo Ovidio de Arte III. 191. |
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122 T A V O L A XXIII.
/co (5) . Ha ella , come la precedente 5 fciolta e difetti'
ta (6) la vefte : non ha però , come, quella , i famdali a5 piedi, ma le pianelle. (7) : e tiene la ./palla delira 5 e l'in-
tero braccio nudo fino al petto (8), : TAVOLA XXIV.
/' ejfer diftinti i fervi co'varii colorì delle fazioni cir- Haec movet arte latus , tunicifque fluentibus auras
e enfi crede il Ferrari I. de re veftiar. III. 4. ejfer nato Excipit.
il cofiume delle livree ne' noftrì fervitori : e pò- alle' quali corrifpondono i fluitantes amiclus di Pru-
trebbe anche dirfi quello degli uniformi militari. Del re- denzìo ( fi veda però su ciò Gronovio II. Obf. 7. e a fio poffon veder fine"Tir.. V. VII. e IX. del Uh. XV. del Fedro V. Fab. I. ) .- in fatti alle donne non onefte , Codice Teodofiano (e ivi il dotti/fimo commentatore) e deftinate al piacere conveniva la tunica recinga, le leggi dagl' Imperatori fatte per reprimere in parte, 0 foiuta , di cui Ovidio negli Amori , e neW Ar- e por freno alle fpefe eforbitanti , che fi face ano nel te fa fpejfo menzione . Oltracciò altri di fé la vefte di regalare, e proteggere gli Agitatori del circo, e le don- quefta noftra figura , e dell' altra compagna non poter- ne di teatro. Ma poco giovarono le leggi : il favore fu fi con certezza dir tunica j ma 0 dover fi ridurre lo fieffo. Si avverte dagli Storici, come circoftanza no- al genere delle tuniche palliate , che aveano ly ufo tabile , che Marciano fu follevato all' impero dalle e dì tunica , e dì pallio infieme : come lo fpiegano fazioni cìrcenfi. Sì veda la Cron. Aleflandr. Efichio, e Polluce nell' Efomide , ( dicendo , eh' era, Q$) Vi fu chi ritrovò in quefta , e nella prece- una vefte comica , e da fervi, e avea una fola ma-
dente due ballerine . 'Polluce IV. 103. dice : io so nica da una parte con un pallioio aggiunto , e chia-, bene -, che 1 ballo detto cernoforo faceail da'falcato- mavafi efomide , perchè non covriva le /palle) : O pu- ri , che teneano in mano de' vali, che chiarnavanfi re doverfi generalmente chiamar palla fciolta, èdifein- xspvtz. Ateneo XI. 7. anche parla de' Cemofori e'I ta ( come , lafdando ftar gli altri efempii , nelle ■ fi- Cafàubmp fcrive così : fidile vas fait multos coty- gure di Bacco , e delle Baccanti vediamo ne mo- lifcos in se continens, quos fedo die quodam frucri- minienti antichi _) j e que' veli di altro colore po- bus orane genus implebant , & ex religionis avitae terfidir fafeepettorali, 0 omerali, che convenivano ap- ritibus ad facra deferebant , proprium id fuit minifte- punto a'mìmftri de'convivii. Si veda Alberto Ru- rium eorum, quos vocabant cernophoros. Or ficcome, bea de re veftiar. I. 13. Cade qui in acconcio di av- dicea coflui , i Cemofori portavano tal vafe con delle vertire, che non dee recar maraviglia , fé in quefte frutta : e 'Polluce , Efichio, ed Ateneo ci fan fapere, note fi portano tante diverfe congetture, fenza per che molti balli fi face ano con fintili co fé alla mano, ben lo più decìder nulla . 'Poiché altro non contenendo potrebbe dirfi, che quefte due donne fieno ballanti col quefte note , che i difeorfi fra noi tenuti fieli' ojfer- difeo , e co' vafì , e panieri traile mani . Si veda var le pitture : ficcarne pockìjfime fono fiate le co- Meurfio in Orcheftra in ftitòafoióg . fé, che fien paffate fenza contradizione } così nel (6) Il vederfi quefta, e la precedente figura dìfein- tempo ftejfo , che fi fono prodotti al Mondo erudito
te , fece, che taluni opponeffero a colui, che le fa- i Rami con piccole e femplici fpiegazìonì , fi è fi enea per due miniftre del convivio, ejfer ciò contra- creduto anche proprio , pel fine già di fopra ac- rio al noto cofiume de' mìmftri convìvali, eh' erano cennato, accompagnarvi le rifleffioni di ci afe uno , fen- fempre praecin&i , e alte cindi . Si veda lo Stuckio za togliere agli altri la liberta dì penfare a lor modo. Ant. Conviv. II. 22. e 7 Pignorio de Jervis p. 104. (f) Il Balduìno de Cale. cap. XIV. p. 139. ba- dove avverte, che i noftri Diaconi ajfift evano, e mi- xeac , & crepidae integumenta receperunt , quae fi nìftr avana alla fagra cena , colle tonache fciolte, e talum excipias, pedes totos operirent -, e nel cap. XVI. calate fino a' piedi, appunto per dìftinguerfi da fer- pag. 164. dijììngue i focchi dalle crepide in que- vi. Rifpofe egli a quefta opposizione primieramente, fio, che i primi covrivano tutto il piede j le feconde che non fempre, ne tutti i minìftri convivali eran fer- Inficiavano nudo il tallone , come qui fi vede . Ma vi : e che anche queftì talvolta erano difeinti. Apuleio *l Migrano , e 7 Ruben fanno le crepide fempre fimi- Met. II. p. 5-3. <? Plauto Poen. A£t. V. Se. V. ove i H alla folee, cioè aperte al di fopra. commentatori. In fecondo luogo , che febbene ordina- (8) I Latini diceano expapiilare brachiuni/>ét dif- rìamente gli uomini , e le donn§. folcano ftrignere con nudare il braccio fino al petto , Fé fio : expapillato qualche legame nel mezzo la tonaca $ i più delicati brachici, exerto ; quod quum fit, papilla nudatur . E però le portavano fciolte: così Pedone Albinov ano par- Nonio: expapillato brachio , quafi ufque ad papilla ni landò di Mecenate , a cui tal co fa imputavafi a renudato. Alberto Ruben nel cit. lib. I. cap, 17■. Jcri- mollezza , dice ve : ut toga dexterum humerum excludebat, ita itola , Invide quid tandem tunicae nocuere folutae, exclufo quoque eodem numero, in finiftrum brachium
Aut tibi ventofi quid noeuere finus ? rejiciebatur , Ma quefto par che fi opponga ad Ora-
e oltre a quefio zìo, che dice
Lydia te tunicas juffit lafciva fluentes Matronae ( di cui era propria la ftola ) praeter
Inter lanificas ducere faepe fuas . ( faciem nil cernere poffis,
Ovidio ancora Art. III. 301. Si veda il Ferrari in Analeil. cap, 24.
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y
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)
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jPvm?'. 12 3
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Filippo Moi-cjìie^Jcolp
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Camillo Jaderni deliri:
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N
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I25
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V&nìii 'da/zn
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Ma zt/zzus p&fm. JVtctpofté.
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TAVOLA XXIV.
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(0
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UE STA pittura non inferiore in parte
alcuna alla bellezza e perfezione delle altre compagne fue * ci preienta una donna coverta da bianca tonaca W, e da una fopravvefte di color turchi- no , orlata da un lembo di color rof Jò (3). Oltre appendenti di perle, ed ol- andali ; è da confiderarfi la fafcetta di color rojjò., cinge la fronte 9 e ftringe il velo (4) di color gial- lo |
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tre a'
che le
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(1) Nel Catalogo N. CDXXXI.
(2) 'Dell' ufo delle bianche vefti nelle donne, fi
è in più luoghi parlato : bafia qui avvertire , che alla Tace davafi bianco vepre. Tibullo lib. IL Ei. X. nel fine At nobis , Pax alma , veni , fpicamque tenete ,
Perfluat & pomis candidus ante finus . (3) ggefta figura è cosi ben compofta , e mode-
Jlammte veftita , che non può ridurfi al genere delle libidini, // quale par che ne pur convenga alle due precedenti. Vi fu però , chi fiofienne il contrario} e di quefia ne formò anche una Venere : il qual penfie- ro fi /piegherà appreffo . (4) Molte erano le maniere, con cui le donne ac-
conciavano il capo , e molti i veli , onde covrivano i capelli • §tuefio legame annodato sulla fronte fiembra una |
femplice tenia. Tertulliano però de veland. virghi, eap. 17.
ficrìve : Mitris, & lanis quaedam non velant caput, fed conligant, a fronte quidem proteftae : qua proprie au- tem caput eli:, nudae, Aliae modice linteolis , nec ad aures ufque demiflis , cerebro tenus operiuntur. Si veda il Ramando de Pileo, & cet. cap, teg. feci. VI-, // qua' le nel portare i vaiti fignificati della mitra vuol che quefia, e la calantiea foff ero talvolta lo fteffo, e corri- -fponde (fiero alle nofire cuffie , covrendo tutta la tefia. Il Giunio vuol, che la calyptra generalmente dinotaffe qualunque covrìmento di tefia donne fio : altri vogliono, chefi appartenere propriamente alle Regine. Tumebo/pie- ga il caliendro per la calyptra delle "Dee. Eufiazio ad Illad. 2, dice, che 7 Kpn^wv era un covrìmento della tefia delle donne,. che ficendea fino agli omeri, e fi^ le- vava con una faficetta intorno al capo: òuida perciò lo chiama
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TAVOLA XXIV,
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ii6
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lo (s) ? in cui fono avvolti I biondi (<*) capelli. Il ramufcel-
lo colle due frutta pendenti, che fembran cedri (7), quale ha nella deftra ; e lo fcettro (8) a color d5 oro (?) |
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C'IIv.'
lo fcettro ne* primi tempi un' infegna non filo di T)eìy
e di Re , ma ancora di trionfatori , come fpejfo nel- le medaglie fi ojferva . Or volle dir taluno , che la donna qui efprejfa abbia in mano lo fcettro , per aver quefto del rapporto a Bacco . In fatti nella pom- pa Bacchica di Tolomeo defcrittacì da Ateneo V. 6. vedeafi una donna , che portava con una mano una corona , e coli' altra pufièov (poivincq , che potrebbe a buona ragione dirfi uno fcettro : e in più monumenti antichi fi trova Bacco col bafione in mano a forma dì fcettro, il quale anche baculus diceafi. Sueton. in Ner. cap. 14. Ma non parve ciò detto fenza fiento. (9) Vi fu chi credette il nofiro fcettro apparienerfi alla Tace, la quale in più d'una medaglia apertamente fi vede con un ramo in una mano, e nell'altra con uno fcettro fimilijfimo a quello della noftra donna , a cui è anche fimile negli abiti , e nell' acconciatura della te fi a . E fifioggiunfe , che bene aver luogo dove a nel triclìnio la Tace : sì perche Euripide in Baccliis v. 417. e Tegnenti così canta di Bacco eO SodyiM 0 àièg 7raì$ Xmpsi fxh SolXIcìktiv , <Ì>L\£Ì $' oXfìo$QJSipW SÌpìj-
vav , K^poTpépov Qsdv.
Quefto figliuol di Giove
Ama i lieti conviti.
Ed ama .infera la Tace
Datrice di ricchezze,
De' giovani nutrice .
sì perche Orazio lib. I. ode %J. inculca ne' conviti la pace , e proibifice le riffe , che dice efifer proprie de' Barbari j avendo forfè riguardo alla cena de' Lapiti. Sì accordò, che forfè non era inverifimile poter que- fila figura efiprìmere la Tace , convenendole general- mente ogni fiorta di pomi j ma fi avvertì t che 7 ra- mo , il quale fi ojferva sulle ?nedaglie in mano della, Tace, ordinariamente è creduto di ulivo. I pomi a" oro fecero formare due altre congetture
fopra cofieì , volendola alcuno per Giunone , altri per Venere . Il primo confiderava , che lo ftejfo Ateneo nel cit. cap. 7. p. 83. dice che racconta Afclepiade aver la terra prodotto V'albero , che face a tali frutta, nelle nozze dì Giove con Giunone : alla quale anche i Mitologi particolarmente affegnano i pomi d' oro, Lo fcettro è fipecial (imbolo di Giunone Regina de- gli 'Dei-, e collo fcettro fp ejfijfimo ne' monumenti s'in- contra . Il diadema , 0 fafcetta , che le cinge la fronte , per la fteffa ragione le vien dato dagli ar- tefici , e da' poeti. Apul. Met. X. // velo di color giallo corrìfponde al flammeo , eh' era quel velo , di cui le Jpofie covrivano il capo : e perciò proprio di Giunone dea delle nozze. La fiopravefte azzurra con- viene alla dea dell' aria , qual e Giunone detta da Orfeo Hymn, in Junon. aspo'^0ptpog . // fico fido con egual felicità attribuiva tutto a Venere: poiché lo ftejfo Ateneo p. 84. riferifee i verfi di un antico poeta , il quale parlando de pomi d' oro 3 e de' ce- dri 3 dice Poiché
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chiama KS(potXÓ^£(T^ov -, benché lo confonda poi col mafo-
rio. Il Menagio nell' Orig. della ling, ital. fa derivar la cuffia da fcaphium , ufiato da T lauto, e da Giove- nale in tal fenfio , come egli vuole dopo il Turnebo . (5) T>i quefto colore fi e già dificorfb a bafìan-
za nelle vefti, e negli altri addobbi donnefchi . Aven- do avvertito noi sul principio, che pe' colorì ci rimet- te amo al Catalogo > parrà forfè inutile la cura, che ci abbiam prefia di notarli in quefto e in molti altri luoghi. Ma è ben che fi noti , aver noi ciò fatto, dove nel riconofcere con più efiattezza le pitture, fi è trovata qualche diverfità tra quefie, e l Catalogo : o dove fi è creduto , che 7 color delle vefiì potejfe giovare alla intelligenza della figura. (fi) E" notabile , che tutte le figure dì quefie
donne dalla Tav. XVII. fino alla preferite abbiano ca- pelli dì color biondo . Vi fu , chi avvertì non ad al- tro dover fi forfè ciò attribuire ,. che al fondo negro, su cui tutte quefie otto figure eran dipinte : non avendo potuto il pittore su tal campo far neri ì ca- melli, (j) Orfeo prejfo Clemente Alejfandrino in "icporp.
tra le altre cofe confagrate a Bacco numera MijXaTS xpvcrsa nciXà 7ca$ 'EovrspiStov hyvpuvuv.
Anche i bei pomi d' oro dell' Efperidi,
Che la lor voce in dolci note fciolgono.
Or che quefii pomi d' oro non fojfero altro, che cedri, lo dice apertamente Ateneo III. 7. coli* autorità di Giuba Re della Mauritania , il quale parlando de' cedri afferma , che quefie frutta chiamavanfi da' po- poli della Libia pomi dell' Efperidi , che da Ercole furono, in Grecia trafportati , e detti d' oro a cagio- ne del lor colore . E per la loro rarità non fi fole ano ne' primi tempi adoperar per cibo , come nello fteffo Ateneo dichiara uno de' convitati e fiere fiato co fiume de' lor antenati : e di un fecola prima l' attefia Tlu- tar co ì ma fi confermavano nelle caffè per mantener le vefii Me fé dalla tignola, e odorofe. Non è dunque maraviglia , fé appo gli Spartani fi offerìffero agli 'Dei 3 come avverte Timachìde prejfo il medefimo Ate- neo , e fé fojfero con particolar culto dedicati a Bac- co , il quale celebrava/! per autore di tutte le frut- ta . Si veda Spanemìo de U. & P. Numifm. diflèrt. IV. 00 Ls quefto nella parte fuperiore ornato dì un
fregio fimile a un capitello , in cima del quale fi ve- de un globo . S'incontrano fpejfo de' fimìlì fcettrì or- nati nello ftejfo luogo di fregi sì fatti. Lo fcettro di Giove avea in cima un' aquila. Taufanìa V. 11. e tale era lo fcettro dato in dono da' Tofani al Re Tarquinia , il quale rimafi poi a' Confoli : Giovenale Sat, X. v. 38. Lo fcettro di Giunone , di cui fa menzione Taufanìa II. 17. , avea in punta un cucu- lo , fiotto la figura del quale Giove la -prima volta godè la fior ella . Nella menfa Ifiaca Ofiri y ed Oro tengono i loro fcettrì , che terminano in tefie di fipar- vieri : e quello d'Ifide nel fior di loto . Finalmente in una medaglia prejfo Antonio Agoftini dial. V. Cibe- le ha un fcettro fimìlijfimo al nofiro qui dipinto . Era /
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__^^^ L A XXIV. 117
e colla finiftra 5 fono i fuoi dittinovi (I0) ; ben-
tali 9 che baftino a rifchiararci interamente, e a
dalla dubbiezza («).
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ciie tien
che non toglierci |
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Egizi* j prefifo 1 quali la moglie comandava nelle co-
fe private al marito , e quefto negli fponfali promet- tea di ubbidire a quella . Si veda il Lorenzi de fponf. & nupt. cap. II. Si foggiunfe ancora , che le altre figure delle Tavole precedenti ( le 'quali non eran poi dell' ultima ofcenità ) corrifpondeano a un tal penfiero . (io) Vi fu chi volle ad ogni modo riconofcere
anche in cotefta donna una ballante . Ma altri av- verti , che l veder fi le figure nelle mojfe , che fem- bran di ballanti , non e fegno , che fieno veramente tali : ma quefto piuttofto è un artificio de' pittori per dar più leggiadria alle figure, ove non flavi dipinto fuolo . E poi generalmente le donne delicate cammina- vano mìmicamente , e quafi ballando. Ovidio Art. ili. 300. e feg. ove il Burmanno. (li) Parvero tutte quefte congetture plauftbili ,
ma non ficure interamente : e ficcome le libidini, e V convivio, e tutte le altre riflejfionì efpofte di mano in mano } cosi anche quefte ultime non furono efenti da molte oppofizioni : non potendofi mai formar fiftema , che regga per ogni parte , particolarmente falla ca- pricciofa fantafia de' pittori. |
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Poiché fi vuol , che in Cipro Citerei
Queft5 albero piantò , queir' arbor folo. Lo fcettro ben conviene a Venere 5 frequentemente da' Greci, e da' Latini poeti chiamata Regina ( co- me per altro eran tutte le T>ee ) , e talvolta s'incon- tra ancora collo fcettro rapprefentata . L'ammitto ceru- leo abbiam già altrove detto con Apulejo ejfer proprio di Venere nata dal mare : e da quel, che fopra fi e notato , fi vede come V acconciatura della tefta non le fconvenga . Or nel? uno e ne II ' altro fiftema di ejfer la ftanza di quefte pitture un cubiculo 5 0 un triclinio9 r una , e V altra 'Dea era ben fituata in quel luogo , qualora fi voglia riferire a nozze . Ter altro fi ri- flettè 3 che Venere, e Giunone fi confondono, e fon la fiejfa cofa, per riguardo alle nozze : e le donne folca- no a Venere far voti, e fagrificii per impetrare al- le figlie buon marito . Si veda Nat al Conte IL 4. E sul penfiero , che foffe cojlei Venere pronuba 5 0 maritale, fi dijfe , che ben le conveniva lo fcettro in fegno del dominio , che avea la moglie nelle cofe domeftiche : onde allorché entrava la fpofa in cafa del marito , fé le confegnavano le chiavi . Feflo v. Clavis . Si offervi Ariftofane Concion. v. 182. e feg. E a queft0 propofito fi avverti il coftume degli |
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Cepp ctr idi iixci.
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Vanni-De Un
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Scala unius paini. Itoin^
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Et unUu paini-. Mapolit.
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TAVOLA XXV.
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Tom. I. Pit.
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Filippo JMoralienJcolpi
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Camillo jraderni di
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^'V'i'c, 0?"stty Jica-J'nc.'
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\5cftlh nritits pctlm-i Rom.
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TAVOLA XXV.
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L Centauro, la cui parte umana è di
carnagione abbronzata 9 e la parte ca- vallina è di un color limile alla cene- re (2)? ha le mani legate dietro 9 ed è in moffa di correre portando sulla grop- pa una Baccante mezzo ignuda , che |
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It VanvitelU
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lo tien prefò pe? capelli (3) colla fini-
lira nelF atto di volerlo percuotere coli' afta del tirfo (4), che
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fie la debolezza corrifpondente all' atto y in cui fi
vede di ejfer da una donna legato . "Dice in fatti Virgilio .... color eft deterrimus albis,
Et gilvo. dove nota il "Daniello : altri "Do/olmi fi appellano % e fono di due forti , cioè bigi, e cervatti : i primi fono di niun valore ; poco i fecondi fi apprezzano . Galeno III. de ufu partium ojferva y che fon genero fé le cavalle , che han bianchi i piedi . Noi in una nota. della Tav. XXVI. efamineremo l* opinione di Virgilio sul manto bianco de* cavalli, (3) I capelli del Centauro fon biondi , ficcome è
bionda ancor la chioma della Baccante , di/iolta e fparfa in modo , che fembra ejfer /pinta in dietro dal vento , corrifpondente cosi alla moffa del Centau- ro , che corre . (4) A quejio fegno fi ricono/ce la donna ejfer e una
Bac-
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(1) Nel Catalogo N. TiXXlX. 4.
(%) Virgilio Geòrgie. 111. v. 83. parlando delman- to di Cavalli) dice . . , honefti
Spadices, glaucique.* color eft deterrimus albis, Et gilvo ....
dove nota Servio : gilvus eft color melinus : ma piu chiaramente Ifidoro XII. 1. gilvus eft color melinus fubalbidus ; ejfendo il color gilvo loftejfo, che'l ceneri- no detto perciò da' Greci critcìiog, tnroìlrtog , e trvo- fosióYjg. Lofie/o Ifidoro nel e. 1, par che lo confonda col dofinus , /rivendo del color di cavalli : dofinus dite, quod fit color ejus de afmo: idem & cine- reus. Saar autem hi de agretti genere orti, quos equi- /eros dieimus , & proinde ad urbanam dignitatem tranfire non poflunt , E quindi per efpr■ intere forfè la falvatica , e rujìica natura de* Centauri ha dato a quejio il pittore tal manto: 0 anche per dimojìrar- |
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i32 TAVOLA' XXV.
che ha nella delira . Nota è poi V attenenza , che han-
no i Centauri (5) con Bacco (6) egualmente 9 e con Ve- nere (7) : e i monumenti antichi ci fornifcono delle rap- prefentazioni limili (8) a quella pittura, la quale (9) per al- tro Baccante 3 non avendo altro dì particolare, che la la feconda, perchè fcrive il Sarìsberìenfe Policrat. I.
dìftìngua } potendo la fcìolta chioma convenire a ogni 4- che tra gli allievi di Ch'irone fi numerava anche Ninfa. Bacco. ($) Ijfionz 3 coms abbiamo altrove accennato , in- (j) & fingono i Centauri portati con eguale intem-
vaghitofi della Regina titudine , che dovea colto genero farcente _ Giunone : quefia , col configlio del marito, gli pofe Ode XVIII.
avanti una nube > che rapfrefentava efattamente la Faune , Nympharum fugientum amator ; di lei figura : da quefio congiungimento nacque un così forfè ne* Centauri fi v ole ano efprimere ì feroci figlio così fuperbo , e'fgraziato, che fu V odio degli e brutali violatori, e rapitori delle medefime. In fot- uomini , e degli 'Dei. Cofiui fu dato ad educare alle ti la favola ci fornìfce degli efempii moltiffimi in que- Ninfe sul monte 'Belio nella Teff agita , e da effe fu fio genere . Oltre alla violenza , e rapina tentata da* nominato Centauro . Queftì ejfendoji accoppiato alle Centauri nbbnachi nelle nozze dì Bìrìtoo da noi già giumente dì quel luogo diede P origine a quo' mofiri, in altro luogo defcritia , ed oltre al noto ardimento che ave ano la parte fuperiore d' uomo , la parte infe- dì Neffo , che volea su gli occhi di Ercole far vergo- rior di cavallo . Così è riferita quefia avventura da gna a Dejanira moglie di quefio, da cui fu perciò faet- Diodoro IV. «59. e 70., ed elegantemente defcrìtta da tato: narra Diodoro IV. n. che lo fi e fio Ercole uc- Tindaro Pyth. Od. II. S'impegna Galeno III. de ufu cìfe il Centauro Qmado per aver violentata Alcione partitimi a far vedere 3 che non puh convenire col- fior ella di Eurifieo j Apollodoro III. 9. racconta, che la natura sì fatta unione , conchiudendo, che a' Toe- la vergine Atalanta uccife i Centauri Reto, ed Ileo, ti è lecito tutto. Molti procurano dì ridurre la favola che avean voluto ajfalirla ne II' onore: e Tolpmeo Ef C'- alia fiorta : Tzetze vuol, che una Regina di Egitto filone prejfo Fozio Cod. 190. riferifce , che le Sirene per fottrarfi all' importune rìchiefie di un ofipite dì furono dette Centauricide , perchè ammazzati ave ano fio marito fece accoglierlo in fio luogo da una fer- molti Centauri, eh' erano di effe invaghiti . Or dun- va chiamata Aura . Balefato all' incontro p enfia ^ che que se i Centauri erano del coro Bacchico, e così portati certi giovani di un luogo della Tejfaglìa detto Nube alla intemperanza del vino 3 e alla sfrenatezza fienfua- (yajZfe'/tfj) che furono i primi a montare fopr a e a- le: facile è il concepire, perche Agragante intagliale ne' valli , ne II' infieguire alami tori diedero oc e afone bicchieri Baccanti unite a Centauri: Blinio XXXIII. a far fi credere mezzo uomini , e mezzo cavalli , e xz. e perchè in una gemma del Mufieo Carpegna ripor- orìgine alla favola da' Centauri , cioè pungiteli di tata dal Buonarroti nel cit. 1. p. 43 6. fi veda un Cen- tori . Altri femplic emente fcrivono , che gì' Ippocen- tauro con un tir fio alla mano , e con una. Baccante ad- tauri altro non fojfero , che i primi, i quali avejfero dojfo , che fembra far forza per fottrarfi dal braccio , domati cavalli, e fattone ufo nelle battaglie, e per- con cui quel mofiro la tiene avvinta. ciò detti iTTTroÉhropsg . Del refio è famofa la conte fa (8) Nel gruppo della villa Borghefe efpofto dal ira gli antichi greci , e romani , fiacri e profani Maffei tra le Statue Tav. LXXII. a LXXIV./ rap- Scrittorì sulla fifica , 0 favolo fa efifienza di fimili prefenta un Centauro colle mani legate in dietro, con mofiri, di cui può vederfi il dotto Bochart Hieroz. Amore coronato dì ellera , in groppa , che lo prende P. II. lib. VI. cap. io. p. 833. ^840. Ber altro fi di- p e' capelli . Una corniola del Mufieo Barberino portata ce b che 7 cavallo dì Ce far e aveffè i piedi di avanti dal Signor de la Chaujfe Thef. Er. Ant. To. I. Seft.I. firmili agli umani. Blinio Vili. 42•* Suetonio Caef.c.61. Tab. LI. efprime lo fi e fio , se non che Amore non ha Anche BaufaniaV.it). fa menzione d'uri antica ficultu- la corona di edera . Il Maffei, e la Chaujfe lo filie- ra , in cui fi ve de a un Centauro co' piedi di avanti tima- gano allegoricamente per la potenza di Amore fopr a ni > e con que" di dietro fioltanto dì cavallo . Ne' mo- tutti, anche fopr a gli animi più rozzi, e ferini . numenti , che ci refi ano 3 cofiantemente fi ojferva, (9) Sembrò ad alcuni , che foffe la nofira pit- corne qui fi vede. tura dello fi e fio genere del Centauro fiopr a mentovato (6) Ne' monumenti antichi 3 che a Bacco appar- della villa Borghefe-, e ficcarne in quel gruppo lo ficultore
tengono , fipeffo s'incontra quefio Dio su cocchio tira- ha ef prejfo Amore ìftejfio , che unitamente con Bacco to da Centauri : bafta accennar per tutti il bellìfiimo ( fimboleggiato ne II' edera ) lega il Centauro , e ne cammeo del Mufieo Carpegna illujlrato dal dotto Sena- trionfa : così il noftro pittore /pieghi qui il medefi- tor Buonarroti , il quale porta due principali ragioni n*io penfiere colla bella Baccante . E fi ricordò a pro- di quefia attenenza di Bacco co' Centauri: la prima pofito quel che dice Tibullo I. El. 9. perche effi fi fingono amicijfmi del vino \ onde Nonno Ipfa Venus magico religatum brachia nodo. in Dionyf.-XIV. 36j.jlice dì un dì loro Perdocuit multis non fine verberibus : Ksà Sortvpuv TtoXv {i&XXov s^pn/ 7rofe yj^oq o(v% e Properzio III. X4.
E del vin dolce ghiotto più 5 che i Satiri : Vinftus erarn verfas in xnea terga manus :
per
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T A
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JL A aaV.
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*33
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tro par che abbia un non so che di piò vago e di più
efpreffivo. |
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per efprìmeve la pazienza fervile degli amanti nel
foffrire l' ìmperiofe donne . Altri poi volle , che in quefia pittura fi rapprefentajfe forfè qualche Bac- cante amata dal Centauro , che lo cavalca nella ftejfa maniera, che Achille prejfo Filofirato IL Im- mag. IL, e prejfo Tzetze Chi!. VII. 194. caval- ca il fuo maefiro Chirone . E se coftei lo tien pe* capelli , e legato lo guida f e col manico del tir- fo ( non già colla punta , come avrebbe dovuto Jìgurarfi, se fi foffe voluto efprimerla nemica ) lo percuote non per ucciderlo , ma per guidarlo a fuo modo , e correggerlo $ par che fi figuri in uri azio- ne fimile al p enferò dì Ovidio Epiftol. IX. v. 73. e 74. dove d Ercole fottopofto al comando della bella Iole così dice |
Inter Joniacas calathum tenuifle puellas
Dicens, & dominae pertimuifle minas . e v. 81. e 82. (fé pur quefti due ver fi fon di Ovidio) Crederis, infelix, fcuticae tremefa&us habenis
Ante pedes dominae procubuifie tuae. Altri generalmente avvertì , che Tlinio XXXVI. nu- merando i miracoli della fcultura , che a* fuoi tempi fi vedeano in Roma , dice , che tra i bellìjfmi pezzi raccolti da Afinìo Tollione vi erano : Centauri Nyra- phas gerentes Archefitae. E foggntnfe, che qualche Mitologo nel raccontare il fatto dì Nejfo, che nel tra- ghettare 1)ejanira pel fiume Eveno volle ufarle vio- lenza , nota , che i Centauri folcano fiare alle rive de' fiumi per traghettar le donne, e abufarne. |
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QpparaU ìncù
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Scala tniiuj^pcibii: 2iorn:
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Vanni JJeU.iv,
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JZt M7iiuf palmrJVetipùtitT
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TAVOLA XXVI.
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Tom. I. Pit.
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ITlippo Jlforg/ten /colp-t ^
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CiMnillo Po.derni delineo-Portici
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!37
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Et tttùus pct/m- Neapolit:
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(0
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TAVOLA XXVI.
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A bella CentaureJJa W, che vagamente
ci fi presenta in quella pittura , porta sulla groppa una donzella coverta da gialle vefti (3) : la quale al tirfo ? che lòftiene colla finiftra mano 5 e a3 capelli in parte fciolti 9 e in parte annodati, |
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X. Va.niiCteUì
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fi riconofee facilmente per una baccan-
te (4). Nella Centaura, oltre al panno verde > che dalla liniftra
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da* faggi. O in vero dalle Cavalle , coìle quali fi di-
ce , che fi folle congiunto il figlio d'Iffione -, da cui nacquero i Centauri di doppia natura . Ma elfi han- no le madri della ftefla genia , e le mogli ancora, e i figli 3 e le cafe . guaft che foffe nuovo , e ignoto, che i Centauri avejfero tra loro le femmine . Ter al- tro gli antichi "Poeti non ne fan menzione . Il pri- mo tra' Latini , che ne abbia parlato 3 par che fia Ovidio Met. XII. 4°4- e fegati, Multae illuni petiere fua de gente j fed una
Abftulit Hylonome : qua nulla nitentior inter Semifefos altis habitavit femina filvis . (3) Anche un tal colore conveniva al veftir delle
Baccanti i come abbiamo già avvertito altrove é Non- no Dionyf. XIV. v. 160. dice , che Bacco trasforma- to in donzella comparve coverto di gialle vefit. Ml[JLY}\YJ 3tpóXQ7[£7Ctog SV SÌpLUO-L ^OilvèJÒ X8pV »
(4) Virgilio dejcrivendo "Bidone vejiita da caccia-
tte, Aen, IV, 138. dice . . . * crines nodantur in aurum. U avvolgere pero i lunghi capelli, e fingnerli in
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(1) Nel Catalogo N T)XXlX. i.
^2) 2/ primo , che rapprefentajfe Centaurejfe 3 fu
Zeuji. Era quejto eccellente dipintore portato alla no- vità : non impiegava i fuoi pennelli in argomenti co- munali j ma ùfava tutta V arte ne'foggetti non ordi- narli e pellegrini , Tal è il carattere -, che ne fa Lu- ciano nel Zeufi $ dove deferive minutamente il quadro di lui - nel quale vedeafl una Centaurejfa , che latta- va i fuoi figli ' e conchiude , che fu ammirata fopra tutto quefia pittura per la novità dell' invenzione, e pel fotfgetto fino a quel tempo non conofeiuto : Ì7vj- vyy S'è yaXig-tx ndvteg rrjg hivolctg rò %éw 5 xcù tyjv ym- fjajv ?% ypOtfpm àg vèceit , xaù roìg s^Trpoàdsv tfyvoYiiiéwv, xcav . "Dalle quali parole par che fi ricavi , che non folamente egli fu il frimo a dipignerle, ma anche a immaginarle , In fatti Filo/Irato comincia l* Immag. II. del lib. IL ( dove appunto deferivendo le Centaurejfe j>ar che faccia il fuo lavoro fallo ftejfo quadro di Zeufi ) con quefle parole : Credevi tu certamente 3 che la razza Centaurefca folle nata dalle querce , e |
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TAVOLA XXVI
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13!
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finiftra fpalla fcendendo le attraverfà le reni (s), fon da
oflervarfi le orecchie appuntate e cavalline (<9 ; il color bianchijfimo (7) della parte non umana ; e 1 fedone, o col- lana , che fembra terminare i due piccoli manichi y o£ fervandofì nelP eftremità due bottoncini ? de' quali uno ( e in quello fi vedono due ftrifce , o naftri ) tiene ella colla finiftra mano alzata 5 e P altro colla delira, che paffa fbtto il braccio della donzella : quafi che voglia cin- gerne |
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come dovrebbono effer quelle de* Satiri , e come ab-
bìam veduto ne' due Fauni delle Tav. XV. e XVI. e nel Satiro della Tav. IX. (7) Filo/irato feguìtando a parlar delle Centau-
reffe, dìfiingue tre manti, e dice . Altre fono unite a cavalle candide ; altre a bionde : ed in altre ufeir li vede una bianchiffìma donna da una negra giu- menta . Il 'Daniello commentando quel verfio dì Vir- gilio nelle Georg. III. v. 82. . . . color ed deterrimus albis
Et gilvo.....
eh' egli traduce
.... il bianco è peffimo, e'1 ccrvatto.
prive : Prima è da fapere , che i Cavalli non raf- fi, bianchì, o neri ( come molte altre cofe ) fi ap- pellano j ma i primi bai , i fecondi leardi, e i terzi morelli fi chiamano . E dopo aver fatte più fiotto- divifioni de' tre mantelli principali, foggiunge : come può dirfi effer peffimo il bianco, fé oggi da tutti gene- ralmente il fecondo luogo di bellezza , e bontà al leardo fi attribuifee ? Onde par , che '1 Poeta a se fteflò contraddica , che lodando egli nell' Eneide i leardi, e dicendo , che colla bianchezza de' cor- pi loro vinceano la neve , e col corfo i venti, qui ora li biafimi , peffimi chiamandoli . Ma è da confe- derar diligentemente, che in quel luogo dello {tal- lone non parìa , come fa ora in quello , ove un per- fettiffimo ne deferive > perchè a voler far bella e per- fetta razza, bifogna che gli italiani, e le cavalle bai efeurì, o bai chim fi eleggano . Se baftì ciò a con- ciliar Virgilio con se (ìeffo , e con gli altri : 0 fi abbia, a ricorrere alla diftinzione di Servio tra l' albo , e'I candido i o ad altra rìftefiione : altri lo efamini . Si veda Bochart Hieroz. P. I. lib. II. e. 7. Egli è cer- to , che fempre fino fiati ftimati i cavalli di man- to candido. Omero Iliad. X. 438. AsvHÓrspoi yjevec., §s(siv àvéfiounv ofcoioi,
I Cavalli più bianchi della neve,
E nel correr veloci a par de' venti :
imitato da Virgilio Aeneid. XII. v. 84. Qui candore nives anteirent, curfibus auras ;
e lo fteffo Virgilio Aeneid. IV. 5"3 7- e Seguenti dice, che i cavalli candore nivali eran proprii per la guerra, e pel trionfo. Infatti Servio ivi sul v. 5:43. ferivi ; qui autem triumphat, albis equis utitur quatuor . // co- fiume dì nfar nella quadriga trionfale cavalli bianchi, Properzio IV. El. I. 32. lo ripete da Romulo Quatuor lime albos Romuìus egit equos.
Livio
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in nodo, èra proprio de' Germani . Seneca Epift. 124.
Quid capillum ingenti diligentia comis ? quum illum vel efruderis more Parthorum ; vel Germanorum no- do vinxeris. Tacito de mor. German. cap. 38. dice effer quefio il difimtivo della nazione : Giovenale Saf. XIIÌ. v. 164. e 6$. loda ne' Tede/chi gli occhi azzurri, la chioma bionda , e i capelli attortigliati in nodo. Marziale in Amphith. Ep. III. chiama i capel- li così legati crines in nodum tortos , e Seneca de Ira III. x<S. in nodum coa&os . Or vi fu chi pensò, che'7portare in tal maniera attorti i capelli conven- ga alle Baccanti , quafi che una sì fatta acconciatu- ra fi accofti al nodo viperino , che da loro Ora- zio lib. II. Ode XIX., imitando fintile piegatura quel nodo, che dì se fa la ferpe. Si legga però su i no- di de' capelli l' Einfio ad Ovidio Epift. IX. 86.è Art. III. 139. T>el refto il portar i capelli 0 in- teramente fciolti , 0 in trecce fparfi pel collo crede il Cafeli ani de Feft. Graec. in àtovvcr., e 7 Buonar- roti ne' Medaglioni p. jf. effer così proprio delie Baccanti, che non fi vedano effe mai colla chioma raccolta : ma già fi è accennato altrove non efferfi ciò fetnpre offervato dagli artefici-, incontrandoci, per la- fciar gli altri efernpìì, tra quejìe pitture del Mufeo Reale delle donne ed" capelli raccolti , che pure al tirfo , 0 a qualche altro fegnale fi riconafeono per Bac- canti . Si veda il Muf. Rem. To. I. Se£t. II. Ta. IX. e XI. Ter altro le vere Menadi aveano i capelli fciol- ti, come efpreffamente Euripide , Virgilio , e Ovidio lo dicono. (j) Ter lo più i Centauri erano ammantati da
pelli dì fiere, come abbiam veduto nel Chirone . Ovi- dio Met. XII. parlando della bella Centaureffa Plana- rne dice v. 414. e feg. Nec , nifi quae deceant, ele&arumque ferarum,
Aut numero, aut lateri praetendat veliera laevo.
(fi) Luciano nella descrizione della pittura di
Zeufi dice , che la Centaureffa rapprefentava nella parte inferiore una cavalla beliijfima, quali per lo più- fon quelle della Teffaglìa -, la parte fuperiore era di donna , e dì donna beliijfima interamente , fuorché nelle orecchie : le quali fole erano, come quelle de' Satiri. Fìlefiratoperò non f^ tal diftinzione: Le Cen- taureflè ( egli dice ) , fé non fi guardi la parte ca- vallina , fon fimiliffime alle Najadi : fé infieme con quella fi confiderino , raifomigliano alle Amaaoni. Nella nofira pittura le orecchie , con più proprietà J>er altro s fon 4ì cavalla 3 non di capra, a d" irco, |
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TAVOLA XXVI.
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*39
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gerne quella a armacollo («). Se non fi dica l'accoppia-
mento di quefte due figure un capricciofo fcherzo (?) del pittore , non par che fia facile comprenderne altri- menti l'intenzione 0°). |
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Livio lib. I. cap. x3- e Tlutar co in Camillo voglio-
no , che 7 primo , il quale ufajfe cavalli si fatti ne* trionfi, fojfe Camillo . (S) Que* ferti, che pendeano dal collo avanti at
petto , V7to9vixidS'£g chiamavanfi , di cui fa menzione Plutarco Sympof. III. qu. i. , e Ateneo XV. p. 6j%. e 688., dette ( fecondo alcuni da effi riferiti, e ri- provati per altro ) da Qv[ao$ , perchè nel cuore ripo- neano la fede dell' anima . 1/ Buonarroti sul Cam- meo del trionfo di Bacco p. 447. porta un bajfori- lievo, in cui fi vede M. Antonio travefiito da Bacco con una collana fìmìle alla noftra a armacollo. Lo Schef fero però de Torquib. cap.XI. crede , che tali collane corrifpondano alle phalerae: Noi traferiveremo qui le fue parole, che poffono fervire ad illuftrare quel, che abbiamo detto : Quamquam inter phaleras , torquefqnc & illa fuifTe differentia videtur , quod quum torques ab utraque colli parte demitterentur in pe&us , pha- lerae demiflae efient tantum ab altera , & fub ala, feu brachio , more balthei, clauderentur . Extant cnim primo quaedam iu columna Trajanaimagines cum tali ornamento , quod phaleras fuifle puto. Deinde imitatur Lìber Tater in ferto ex fioribus , cujus ef- fìgies eft in tabula marmorea Romaé, & cum ab aliis, tum a Luca Guarinoni eruditorum bono publicata, quam inter alia rariora antiquitatum monumenta fer- vo . Catenas quoque aureas viri praefertim militare^ |
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ho&e Cic geftant , geftaruntque ohm femùiae 3 ad
imitationem forfan phalerarum . (9) Si potrebbe ricorrere generalmente al Centau-
ri Nymphas gerentes di Afmio T olitone, 0 ad altra fimil co fa . (io) Siccome per Vaccoppiamento di Nettuno tras-
formato in cavallo con Cerere , partorì quefta un cavallo } così vi fu chi pensò, che dal congiungimento di un Uomo con una Centaurejfa fiafipotuto fingere ge- nerato un feto di forma tutta umana : volendo con- chiudere 5 che la donzella che porta in groppa la no- Jlra Centaurejfa, fojfe fua figlia . Anzi credette egli poter ciò confermare colla pittura dì Zeufi. 'Dice Lu- ciano , che la Centaurejfa tenea uno de* figli traile braccia 3 che lattava fecondo il coftume umano la don- nefea poppa, mentre V altro a guifa di puledro le fla- va fiotto la pancia fucchìando il latte dalla poppa cavallina . E poi foggiunge : di quelli due infanti uno, felvaggio come il padre, e in quella tenera età già terribile . T>a ciò egli volle dedurre , che de* due figli della. Centaurejfa di Zeufi uno avejfìe forma tut- ta umana , /' altro mezzo cavallina . Ma quejto pen- fiero incontrò delle rifpofte affai Jlringenti : e fi av- vertì } che il Gronovio corregge quel luogo di Lucia- no in modo , the dica : l'uno , el' altro parto nella tenera età già fiero e terribile ; e così fvanìfee ogni dubbio f e ogni fofpetto di differmm. |
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1
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Stila umili fa/m- Ho"'-
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V*,„,l ?..
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jSV ttniits.joa/m. jVia/Jotit-
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Tom. I. Pit.
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TAVOLA XXVII.
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Z
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Camillo Pa de mi delineo
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Filippa .Afar-qhen fcolp: Portici
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Scalò- urnus ys&hni Romani
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Et tmtu-J ipalmi Netttaolit;
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Nicolai»* Xùnni Remi; lucici;
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Fran: Laiwaa Ispan. deliri: jRirtic.
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TAVOLA XX\
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UE STO Centauro , quantunque per
avventura fembrar polla 5 a chi voglia sul volto lòlo giudicarne, efferfi dal dipintore rapprefentato attempatelo piuttofto ? che giovane ; fi vede nondimeno lènza bar- ba (2) : I capelli al contrario fono irfu- ti 5 e rabbuffati (3). Dal tir/o, che tie- ne sulla ipalla ? e dal cembalo , che pende con un lac- cio |
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(1) Nel Catalogo N. <DXXIX. %.
ì"t) Ordinariamente i Centauri ci fi rapprefenta-
no barbuti : e Nonno Dionyf. XIV". v. 165. deferi- re il Centauro di ■ Bacco così : Koà ìcutbp Kévrasupog I#wv (pphramow vTnjvyv
E'l Centauro, eh' ha un'irta orrida barba.
E Zeufi dipinfe il marito della fua Centaurejfa Xd- mov tx -KoXXà , come ffiegafi Luciano nel Zeufi. Non è pero , che anche talora non fieno efprejfi fenza bar- ba . Il Centauro della Tav. XXV. e tale : e in una Corniola riportata nel Muf. Rom. To. I. Sez. I. Tav. LII. fi vede un Centauro giovane, e fenza barba con un3 afta sulla fpalla , e con celata in tefia . Il qUì dipinto ha la faccia piuttofto fenile , e fmunta s Ma non ha barba . Vi fu chi credette quefto Cen- tauro ermafrodito } e quindi ricordò quel che feri- ne Tlinio XI. 49. Sicut hermaphroditis utriufque fexus ; quod etiam quadrupedum generi accidilTe |
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Neronis principati primum arbitror . Oftentabat cer-
te hermaphroditas fubjuges carpento fuo equas , in Treverico Galliae agro repertas : ceu piane vifen- da res eflèt , principem terrarum infidere porten- tis . Ma fi riconobbe sull' originale che 7 fejfo nel noftro Centauro era affai manifefto . Onde altri voi- le, che fifojfe dal pittore efpreffa cosi la debolez- za di coftui , e P incontinenza . Si veda Galena lib. H. de ufu part. (3) Nacque dubbio ancora , e non piccolo , fi
avejfe egli quefto Centauro delle corna in tefia -, come per altro Nonno Dionyf. V. parlando de' Centauri di Cipro nati da Giove , ne ir atto che volea Mmrfi a Venere , la quale sfuggì l' incontro , dice v. 61$. 1 Qrjpav èvxspaav àovuéxpooc fySss 0u9àv , Germogliò delle fiere ben cornute
La generazion , che ha due colori.
( comunemente fpiegafi Mvpcxpoos pr bicoior ; qu\ per
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144 T A v ° L A XXVII.
ciò fofpefo da quello 5 fi riconofce egli agevolmente da
ognuno per baccante W . Nella parte cavallina è bajo chiaro (j). Egli è in atto d'infegnare a fonar la lira (*) a un giovanetto 9 che la tiene in mano , e il quale vien foftenuto leggiermente da lui. Il panno, che pen-
de dalla finiftra fpalla del Centauro,. e la velie del gio- vanetto fon di color paonazzo. TAVOLA XXVIIL
però potrebbe con più proprietà, tradurft di due pelli, Generalmente i cavalli bai fon tatti buoni . Si veda
di due figure , di due immagini } fignificando la il Bochart Hieroz. P. I. lib. II. cap. VII. , .dove doU
voce ypca talvolta la fuperficie , o cute de' còrpi), t amente e lungamente ragiona de mantelli de' cavalli.
Ma col rifcontrar la pittura fi vide che ne II' efattif II "Daniello commentando le parole di Virgilio nel li-
fìmo difegno era/i ritratta fcrupolofament e quella rab- bro III. delle Georgiche v. 8z. ..'.. honefti
buffata ed ifpida chioma . Spadices , glaucique,
(4) Il Centauro celeftt'in Igino Aftron. Poet. III. fcrive, che 7 mantello de' primi è limile al frutto
XXXVII. fi vede con una bwmccia pendente dal della palma , cioè al dattilo , eh' è il bajo ofeuro ,
defito braccio ì e con mi' afta ( la cui punta de ferro che bajo caftagno parimente fi chiama . Il Glauco è
non è intralciata di foglie , mu feoverta ) suHa fpal- quel colore , che aver fì veggono le cortecce di que*
la : Tracio la chiama QvptTÓXoyxov , altri femplice- rametti di falci, co' quali le viti fi legano , e ad una
mente tirfo . Lo Scoli afte di Germanico in Centau- fi ftringono infieme, eh' è propriamente quello , che
rus cosi lo deferìve : Quidam arbifrantur tenere in noi bajo chiaro diciamo .
finiftra rnanu arma , & leporem ì in dextra vero (6) Converrebbe quefto iftrumento col penfiero di
beftiolam , quae (fypfov appellatur , & (Svpcctv , ideft ejfer quefto Centauro Chirone > avendo già nelle Note
utrem vini plenum, in quo libabat Diis in facrario. della Tav. Vili, avvertito, che ri era egli peritiffimo3
Sia dunque per quefte cbfe $ o perche Manilio Aftron. e ne infegrio tutte le finezze ad Achille. Ma vi fuy
I. 407. e feg. dice a chi parve ftrano il veder la lira in mano a un bac-
Et Phaebo fàcer Ales : & una gratus Jaccho caute : fapendofi, che quefta 0 fu inventata , 0 itfa-
Crateri & duplici Centaurus imagine fulget : ta particolarmente da Orfeo , il qual appunto perche
molti han creduto ^ che 7 Centauro celefte fojfe at- contrario a Bacco fu dalle Baccanti fatto in pezzi,
tenente a Bacco . Or Ovidio Faftor. V. 379. e fé- In fatti Ovidio Met. XI, sul principio deferivendo
guenti efprejfamente dice ejfer cojlui Chirone . Germa- lo feempio, che dì Orfeo fecero le Baccanti , contrap-
nico nella traduzione dì Arato in Centaurus: pone gì ' iftmmenti bacchici alla lira , dicendo :
Hic erit ille pius Chiron, juftiflìmus omnes . , innato Berecynthia tibia cornu,
Inter nubigenas , & magni doótor Achillis . Tympanaque, plaufufque, & Bacchaei ululatus
Igino lib. II. 38. porta la ftejfa opinione . Tutto ciò Obftrepuere fonò citharae.
fi avvertì da tal, che volle promuovere il dubbio, fé Sì rifpofe però da alcuni, che febbene Igino Aftron. Poet.
mai il pittore dveffe qui voluto rapprefentare fitto li. 7. tra le opinioni, che riferifee sulla caufa della
divife di baccante il faggio Chirone 0 per un caprk- morte di Orfeo \ dica che ciò fojfe fiato fatto per co-
ciò di fua fantafia , 0 anche per dimofirare , che gli mando di Bacco fdegnato con Orfeo , perche non era
uomini faggi fono anch' ejfi amici di Bacco . Si ve- fiato da quefio lodato : tutto altro però vuole Ovidio-,
da a quefto propofito Plutarco /'«Catone. fcrivendo nel detto lib, XI. Fav. II. , che Bacco fiejjb
(f) Ovidio nel cit. 1. così deferiva il Centauro vendicò lo feempio fatto di Orfeo, con trasformar le
Chirone micidiali femmine in varìi arbori :
Nodle minus quarta promet fua fiderà Chiron Non impune tamen fcelus hoc finit ire Xyaeus,
Semifer , & flavi corpore miftus equi. Amiftòque dolens facrorum vate fuorum,
II noftro inchinando al roJJ'aftro , non può dirfi prò* Protinus in fiivis matres Aedonidas omnes ,
priamente flavus , eh' e il color del mele , e donde Quae fecere nefas , torta radice ligavit.
forfè è detto il falb de' Tedefchi , e 7 falbo degl'Ita- <Da 'Diodoro I. xj. e altrove 5 anche fappiamo , che
liani j benché altri lo derivi da fulvus } ctì e il gial* pajfarono gli Or gii dì Bacco dall'Egitto nella Grecia,
lo ficurOy 0 lionato, a cui fi vuol che corrifponda t Ne per mezzo dì Orfeo appunto < Sì portarono delle altre
può dirfi al contrario veramente badius , eh' e il co- ragioni ancora: e fi avvertì, che ad ogni modo non è
/ore tra 7 rqffb , e 7 nero, e corrìfpande al e afta-- nuovo il vederfi la e etera in mano delle Baccanti , e
gno ì sì che il TaJJo dice de* Centauri particolarmente 9 che tirano il carro di
Bajo è caftagno , onde Bajardo è detto. Bacco. Trejfo il Montfaucon To.II. Part. I. 1. III. ci 7.
Ter ciò fi è da noi chiamato bajo chiaro , effendo va- Pl.LXXXVI. a LXXXVIH* fe ne pojfono offervare de*
rii i gradi del bajo , fecondo e più o meno carico . belli monumenti \ -
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NLcotaux Bi!ly Kam.-KeyJuj-fculp Portici. ^
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TAVOLA XXVIII.
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UPERA di molto quefta pittura le
tre altre compagne fue , le quali fono anche belle e gentili, e fembrano ope- ra della ftefla mano . Tutto nella Cen- taureffa è graziofo , e delicato : e tut- to merita di eflere con particolare at- |
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fTSwfi
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tenzione riguardato . L' attaccamento ,
e la commeflura ? dove la parte umana colla cavalli- na fi unifce ? è certamente ammirabile : diftingue V oc- chio la morbidezza della bianca carnagione nella don- na dalla nitidezza del candido manto nella beftia ; ma fi confonde poi nel determinarne i confini (2). L' atteggia- Tom. I.Pit. , A a mento |
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fottentri all'altro . Tutta la deftrezza dell'artefici
in quefto attacco dove a impiegarli: come lo avverte Filo (irato nel fino Chirone lib. II. Imm. II. A <%*' gnere ( et dice ) un cavallo commeflò e congiunto a un uomo -, non è cofa Angolare . Ma il combina- re , e P unire , e 1 dare a ciafcuno il finire e '1 co- minciare in modo , che sfugga dall' occhio , dove termini P uomo -y quefto io giudico che fia cofa da gran pittore. Quefta finezza , e quefii tratti maeftri di pennello s che da volta in volta ? incontrano nel- le |
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(i) Nel Catalogo N. <DXXIX. 3.
(2) Nelle tre altre fi ojjerva anche urta gran
maeftria in quefta parte : ma qui è fiamma la finez- za dell' arte , con cui dalla carnagione donnefica fi pajfa infienfibilmentt al pelame cavallino . Luciano nel Zeufi §.6. cosi ficrive di quefta parte della pit- tura di quello : L'unione , e la commeiTura de' cor- pi , dove fi congiugne e fi attacca al corpo donne- fco il cavallino , è infenfibile , e 1 pafTaggio è tale, che inganna 1' occhio s né il conofce 3 dove 1' uno |
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i48 T A 'VOLA XXVIII
mento della finifìra mano, con cui tocca le corde del-
la lira (3)5 è vago ; ed egualmente leggiadro è quel- lo 9 onde moftra voler toccare con una parte del dm- baio (4) 5 che tie ne nella delira 5 1 altra parte 9 che con Fantafia veramente nobile e pittorefca fi è polla dall'ar- tefice - nella delira del giovanetto ; il quale colla fini- ftra a che paffa lòtto il braccio della donna 5 e rielce sul- la Ipàlla di lei 3 ftrettamente P abbraccia . La velie del giovanetto è paonazza ; e giallo è il panno 9 che fvo- Iaz2:a pendente sul braccio della Centaura : e in que- lla fon da olfervare ancora l'acconciatura della teffca (*;, le [maniglie», e la collana (6). le noftre pitture , ci fan confermare ?iel penfiìero, fa Ilonome di pettinar fi,- ed acconciarfiì la chioma per
che molti degli artefici che le fiaccano , non ignora- comparir più bella a gli occhi del fino vago Cillaro.
>;-a?tQ V arte, ma per lo più la trafcuravana , ne fi (6) E~ mirabile qui V artificio del nofiro pittore
prende ano fiempre la pena di correggere i primi trai- ne II' aver fatta tal collana , che a' Cavalli egual-
ti »de' lor pennelli $ come potean ben fare , ojfier- mente, e a donna convenga. Virgilio Aen. VII. 278.
vandofi talvolta più firati di colori sull' intonaco. parlando de' Cavalli da Latino mandati in dono ad
(3) E" filmile in tutto a quella della precedente Enea dice
pittura . Si veda la nota (11) della Tav. Vili." Aurea peéloribus demifla monilia pendent.
(4) Sono quejli cimbali a color d% oro, come per Crede il Lipfiìo de Milit. Rom. V. dial. 17. , che le
altro fiono anche que' , che nelle precedenti pitture falere fi difiinguejfiero dalle collane appunto , perchè : abbiamo incontrati. IDìcearco de Graeciae ntihusprefi- phalerae demifìàe ad peétus pendebant ; torques ftrin- fo Ateneo XIV. 9. p. 6^6. fcri-ve : Sono i crembali gebant niagis , & ambiebant ipfum calumi. Giovena-' alcuni frumenti ufualiffimi , adattati al ballo , e al le Sat. XVI. v. ult. parlando de'doni, che aveano i Sol- canto delle donne , i quali polli tra le dita fanno dati in premio del lor valore, dice : un grato ftrepito . Di quefti fi fa menzione nell' Inno Ut laeti phaleris omnes, & torquibus omnes .
di Diana, dove fi dice: E Silio Italico XV. %S5- e 36. allo ftejfio propofito di-
Altri cantava avendo traile mani ftingue così :
I crembali di bronzo, ed indorati: ... phaleris hic pe&ora fulget:
Fin qui Ateneo . Alcuni credono , che i crembali Hic torque aurato circumdat bellica colla.
fieno le "caftàgnette : altri li confondono co' timpani : Lo Schejfiero , come abbiam notato altrove , vuol le
altri co' cimbali. Si veda il Cafaubono ad Ateneo V. falere filmili a' baltei. Non è però ficuro tra Hi Eru-
4. e Sponio Mifc. Er. Ant^ Seéh. I. art. VII. Tab. diti a qual parte de' cavalli corrifipondano le falere":
XLIV. p. m. Comunque fila , bafia al nofiro prò- volendo altri , che fieno un ornamento della fronte,
pofito, che sì fatti sfinimenti di bronzo fioleano in- detto da Tlinio propriamente frontalia : altri del pet-
dorarfi.. Ifidoro avverte, che fi fiaccano ancora di varii to , e allora e or r spanderebbero al monilia di Virgilio:
metalli fiufi ìnfieme , per renderne il fiuono più grato . ed altri l' intero guarnìmento della tefia, del dorfio,
(p) Sì veda Ovidio Met. XII. 409. ^411. dove e del petto de' cavalli.
defi'crive la cura, che avea l'innamorata Centaurefi- |
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TAVOLA XXIX.
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CtyntiUiif raderni _R<mi; £\cqi: Del. JJelineciuit
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Ip: Stortici
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Jr hi tip p xxj -jvl or-ctK
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eti leu.
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x5i
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_A(ora Jheis.
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Yseimi dettiti
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Oca/a ttrtias pafm. Ho,
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Sa■ U/iitts -f>a/m; JYe&no/tt.
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(0
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TAVOLA
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ONO belle oltremodo , e graziofe?
e. di affai buona maniera nel genere lo- ro , e di ottimo colorito le due pittu- re (2) incife ne' rami, che fi contengono in quefta Tavola . Happrefentano effe due nobili e maeftofe fedie y le quali |
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JTrva/ivit.
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comparifcono artificiofàmente , e con
fomma dilicatezza lavorate : Poffono lenza controverfia alcuna 9 e con ficurezza chiamarti due troni 0) co' loro predellini
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fea. cO Qpóvoe èXsvUpièg ki wt9étya aw ÙJconoSfy, °™p
Qtyvvv Kotécrt, dirò r£ 9pj<rar?ai ■ tSt ^ eti xcèsfaB&t. cÒJe KXio'^èg m-pirroTspus nsuóa^mi àvoaàù&t . rémv ìè èvTsXÉTspcg ?jv 0 SKppog, : Il trono è una fedia nobi- le col fuppiede, il q"a*e chiamano treno, dalla parola 9pìjcr<zcr9ai, federe. Il clifmo è fatto con induftriofo lavoro per ripofarvi e reclinarvifi . Di quelle è più fem- plice , e di minor prezzo il difro . Ateneo uvea detto lo fieffo nel lib V. cap. 4. pag. 19%. dove però par che confonda Qpóvov, e 9p^vv. In Efichio fi_ coti- fonde xteuryàg, e Uqvoq . Si veda anche V Etimologico in yMayJg: e Tolkce III. 90., e X. 47- Non fm. CGf fianti per altro tali dìftinzioni tra quefie tre Jedie in Omero : poiché Iliad. XXIV. confonde efirejfamentc il trono col clifmo , e dopo aver detto |
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(1) Nel Catalogo N. CCCCLXV.
(z) Furono tratte dallo ftejfo luogo a $i. Agofio
1748. negli fe avi di Refina. (j) Omero difiingue tre fior te di fedie , *7 trono,
il clifmo, il difro. Il trono< conveniva alle pei- fotte, cui voleva farfi onore e difiinzione j ed era così al- to , che dovea porvifi un panchetto fiotto per appog- giarvi i piedi . Il clifmo era più baffo del trono, e la fina fipalliera era alquanto piegata ( non diritta come nel trono ) per reclinare il doffo, e rìpofarvifi. Il difro finalmente era una fatica, o uno figahello proprio delle perfine vili . Telemaco OdyflT. T. 103. e feguen- ti fa fieder Minerva nel trono, mentre egli fi adagia sul clifmo : e al contrario ad Ulijfe, che comparve da mendico avanti d Traci, gli fi ajfegna Odyff XVH. |
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Eudazio sul XV. dell' Odyf-
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KVTLK aitò OpÓVV UpTO ,
Achille
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il difro .
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leg.
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v. 330, e
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TAVOLA
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XXIX.
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I«
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predellini (4) : tatto a color <f oro (5). Il primo appartie-
ne a Venere 00 . La colomba (7) 9 che fi vede pofar sol cufcìno (8) , n' è un argomento certiffimo . Gli altri fimboli corrifpondono . Poiché ed il fejìone 9 che dal Genio a man diritta è foftenuto , e che fembra efler di mirto (?) ; e lo fcettro (io), che ha traile mani P al- tro Genio , convengono a quella Dea (n) . U panno, che
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Cras Dione jura dicit fulta fublimi throno .
(7) E noto , che le colombe erari confagrate a
Venere. Ovidio Metani. XV. 386. le chiama Cythe- reiadas, e altrove parlando di quefta T>ea Perque leves auras jundis invecla columbis.
Da Marziale Vili. Epigr. 38. le colombe fon dette Paphiae per la ftejfa ragione . Fulgenzio Mytologic. lib. IL 4. dice : In Veneris etiam tutelam columbas ponunt, quod hujus generis aves lint fervidae . Si veda ivi il Munckero . Neil' Etimologico fi legge, che la colomba è detta nspiq-spà 'KOtpà io KepicrcrSg èpxv , dall' amare ftraordinariamente 5 e che perciò è dedicata a Venere . Fornuto al contrario in Venere vuole, che quefta T)ea fi compiaccia tra gli uccelli foprattutto delle colombe per la purità loro . _ (8) Tììftingue il VoJJh Etym. in Pulvinar., // pul-
vino dal pulvinare ; volendo che'l primo fervijfe per feder vi 3 il fecondo per appoggiarvi il capo . Ma non fempre e vera quefta diftinzione . Apulejo Metani. X. p. 336- Il pulvinar par che convenijfe Jlr et tornen- te a'foli Tìei. S. Agoftino de C. D. III. 17. fembra che voglia confondere il pulvinar col leftifternium, cioè col letto ftejfo , dove fi poneano le fatue degli T>ei nel follenne pranzo , che fi appreftava loro . Ser- vio Georg. III. 5-33. Pulvinaria , proprie le£hili, qui Itemi in quibufdam templis "confueverunt . E Aerane ad Orazio I. 17. Pulvinaria dicebantur le£ti Deorum. Altri gli diftinguono, come la parte dal tutto . Mol- ti confondono il lettifternio colla fedia , 0 trono ; potrebbe ciò intenderfi ne' troni delle T)ee} alle qua- li ne' fagri pranzi fi appreftavano le fé'die, non i letti i fecondo l'antico coftume, che le donne fé de ano a men~ fa, non fi poneano sul letto . Valerio Mafiìmo IL 1. lo attefta di Giunone, e Minerva. Comunque ciò fia, i cufeini aveano ufo non filo pel capo ne' letti, ma anche fuor di letto e per federe, e per appoggiare ipiedi. (9) E" noto , che V mirto era confagrato a Ve-
nere . Virgilio Ecl. VÌI. Populus Alcidae gratitTima , vitis Jaccho,
Formofae Veneri myrtus, fua laurea Pliaebo.
Le ragioni fi vedano ne' Mitologi. In Roma adoravafi Venere Murtia, 0 Myrtia, che fi vuol cosi detta dalmirto. (io) Grande è la diverfità degli feettri 3 che s' in-
contra negli antichi monumenti. Si veda Montf. fup- plem. T. I. PI. XXL e XXVIII. Maffei Race, di Itatue tav. XXVII. e Admir. Rom. Antiq, Tab. XXVIII. In mano a Giove nella Tav. VII. e in mano alla don- na della. Tav. XXIV. anche ne abbiamo veduti due diverfi tra loro, e da quefto. (11) Omero nell' Inno a Venere dà a quefta f)ea
f im-
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Achille faltÒ fubito dai trono,
foggiunge dello ftejfo Achille "E^sto <T iv xÀicrpLU 7Cofc)Sìzi$ìzfy) h9sv àvs^)
Tornò a feder nel clifmo, ond' era forto.
e neUy Iliad. VII. fa feder Ettore sul difro. Si noto ancora, che gli Autori Greci fcrivendo le cofe Ro- mane chiamano <$l($pov la fedia curule . Snida in Qpó- vog avverte , che per la parola trono fi dinota la de- gniti Reale . In fatti , dopo gli Tìei , e gli Eroi alle fole perfine Reali ( che a quelli fi uguagliano ) fi vede dato il trono . In un bajforilievo riportato dal Montfaucon nel fapplem. To. I. L. II. Ch. VII. PI. XXVI. fi 0ferva un trono fimile a' noftri qui efpref- fi, il quale al tridente , e agli altri fimboli fi rico- nofce per quello di Nettuno . In più medaglie del- l' una , e dell' altra Faufiina prejfo il Mezzabarba fi vede il trono con fopra un pavone , rapprefentante Giunone, col motto Junoni Reginae. E l rapprefen- tarfi le deità per mezzo de' loro fimboli e frequente . Se ne poffono veder gli efempii tra gli altri prejfo il Mezzab. in Antonino Pio : e nel Numif. max. mod. Ludov. XIV. Tab. 19. Si ojfervi Taufania Vili. 30. (4) In Omero , dove fi nomina trono , fi vede
fpeffo foggiunto il panchetto con quefte , 0 fimili parole, mò de Qpìjwg ivoaìv vjsv E fotto i piedi v' era lo fgabello.
Taufania descrivendo il Giove Olimpico di Fidia V. 11. dice: Te? vTcóQYifiCi ìs tò virò tS àiòg roTg nccrìv, thè rav h ri? A'TTUtfj mTépnvov Qpaviov : La bafe, eh' è fotto i piedi di Giove } la quale nell' Attica chiamali 9pav(ov . Si veda il Buonarroti ne' Meda- glioni p. 115-, dove conchiude col Chimentelli , che tal predellino fuffe un onor particolare degli Tìei, e delle perfoìie illuftri . Benché vi fu tra noi chi pre- tefì 5 che la predella fojfe appunto il diftintivo del trono, il quale fenza quella non più trono, ma al- tra forta di fedia dovejfe chiamarfi : e crede fonda- re il fuo credere colle parole di Ateneo , e di En- fi azìo di fopra traferitte, i quali definiscono il tro- no xxSsèpav cw v7co7tofì(*> una fedia colla predelia : e confermarlo con gli aggiunti di fublime , e di alto, che fpeffo $' incontrano dati al trono j e con altre fi- mili ragioni. |
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($) Virgilio Aen. X. n$.
.... Solio tum Jupiter aureo
Surgit. E ypvvsov Qpóvov lo chiama anche Omero Iliad. XIV. 238. , il quale fpeffo gli dà l' aggiunto di xaXz $ou- iash, bello, ben lavorato j come fono i due qui dipinti. (6) Si legge nel Pervigiiium Veneris |
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T A V O
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A aaia.
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153
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che cuopre la spalliera della fedia 5 e gli appoggiatoi y
è di color verde cangiante (13) : il piumàccio ha un color roffo cupo (h) , Il fecondo trono appartiene a Marte. U elmo iis) col fuo cimiero e pennacchio (^) \ lo dimo- fìra: ho. feudo (17)9. che foiìiene il Genio a man deftra ; e "\ fé flotte ^ il qua! fenibra formato di gramigna (*8)<,clié F altro Genio a fìoiftra mantiene ; lo confermano . Ne' quattro Genii (19) fon da ofìervarfi i raddoppiati monili^ e i braccialetti 5 e 1 cerchietti a? piedi : tutto a color Tom. I. Pit. B b d'oro |
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T)a Talluce I. cap. io. è chiamato vaKiVTivofixpìg.
I primi a ufarlo furon que' della Caria . 'Plinio VII. 5" 6- Onde da Alceo e detto Xófiog liasi/Jg . Da prin- cipio fi fervivano per elmo delle pelli degli animali ; quindi refto, che 7 cimiero folea far fi di crini di cavallo. Speffo vi aggiugneano tre penne diritte, e alte più delle altre . Si veda Tetterò Ardi. Graec.III.4. Dice Tolìbio VI. zi., che 7 pennacchio ferviva per ornamento di chi lo portava , e per terrore di chi lo guardava-, facendo comparir la perfetta più grande e maeftofà ,. (17) Virgilio Aeneid. XII. 33.
Sanguineus Mavors clypeo increpat.
§luefta forte di feudo propriamente chiamavafi Cly- peus . Varrone lo chiama rotondo, e concavo. Ovi- dio paragona V occhio di Tolifemo a un clipeo Me- tani XIII. 8*1. Unum eft in media lumen mihi fronte, fed inftar
Ingentis ciypei:
così anche Virgilio III. 636. e feg. Omero fliad. V. 45-3. chiama i Clipei himiO&Q dtmfòag . I primi, che /' ufafferò , furono gli Argivi nella battaglia tra Treto , ed A enfio . Tanfanìa II. if. Si veda il Tottero nel cit. cap. 4. (18) Tr opri amente a Marte conveniva la Grami-
gna , da cui fecondo alcuni fu detto Gradivo . Servio ad Aeneid. I. 2<)6.fcrive: Mars appellatus eft Gradivus a gradiendo in bello . . . Sive a vibratione haftae .. . Vel, ut alii dicunt, quia a gramine fit ortus. E infatti ficcarne Efiodo nella Teogonia lo vuol figlio di Giove, e di Giunone -, così al contrario Ovidio ne racconta altra
origine. Dice egli Faftor. V. v. 131. e feguenti, che dolente Giunone per aver Giove generata Minerva fen- za marito -, e dubitando ella poter effer quefto efempio dell' ultima importanza per le mogli, volle anch' eft a tentar di fare de'figli fenza opera del marito . La Ninfa doride l'appago, moftrandole un fiore, che al filo toccarfi, rendea gravide le donne. Lo prefe Giu- none , e così divenne madre di Marte . (19) Sono con proprietà impiegati qui gli Amori-
ni nelfofiener 1 [imboli dì Marte, e di Venere, della, quale , come dice Orfeo , ........wdvTsg
7A0«Wm irrepèmèg dvsfitofcqcrcey "Epursg
Figli fon tutti gli Amorini alati.
De' Genii, e loro ?ninifterto fi parlerà nelle note del- le Tav. feguenti. |
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V imperio fopra tutte le piante', 'gli animali, gli Uo-
mini, e gli 'Dei. Abbiamo anche in altro luogo no- tato , quanto ben le convenga lo feettro. (13) Omero Od. I. 130. dice parlando di Miner-
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va , che Telemaco
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Kvtyjv <T' sg 9pów sursv ccyvv virò ?Jra xsTacxrctg
Lei conducendo collocò sul trono
Diflendendovi fotto de5 tapeti ;
e nell' Iliade XXIV. 644. e feg. . . . Kaì fflysci xaXà
nopQupè Èy,(3a?Jsiv, <?opéc?ai r' èpjTtspds TÓhtYpcoG
I bei panni di porpora fpiegarvi,
E diilendervi poi fopra i tapeti.
Avverte Ateneo II. 9. p. 48. , che Omero diftingue Tara , e pyjyscz , facendo /empiici i primi , perche fo- no <?pay.&7a KxrcÓTspa, che fi'pongon fotto } belli, e co- lorati i fecondi, che fono 7repi<?pc>)[AiZTCi, diftefi intorno, e fofpefi. In fatti Euftazio sul detto luogo di Omero vuole, che pfjfSOi propriamente fieno (Scmià ìpLQùTia, % vtpàafActTct , -/} mi àfàws rà ■nspiq-pu^iura, noi nàvra là fiainà velli, panni, arazzi, e ogni altra cofa tinta. (14) Cicerone Verr. V. n. Letica o£tophoro fere-
batur , in qua erat pulvinus perlucidus, rofa fartus : Si avverti quefto da tal, che volle fofpettare efferfi fi- gurato il nojìro cufeino trafparente, e ripieno di rofe, dedicate particolarmente a Venere . Fulgenzio Myth. III. 4. S. Girolamo nell' Epiftole dice: Hi norunt, quod flos Veneris rofà eft, quia fub ejus purpura multi la* tent aculei. (15) Albrico de Deor. Imaginib. in Marte tra le
èrmi ojfenfive, e difenfive gli dà anche galeam in ca- pite . Nelle medaglie , e ne' bajfirilìevì fempre ci fi rapprefenta coli' elmo in tefta . Era egli il Dìo delle armi , e della guerra . Di odoro V. 74. affer- ma, che a lui fi attribuiva /' invenzione di tutta V ar- matura militare . Tlimo però VII. 56. vuole, che gli Spartani invent afferò l' elmo : e Apollo doro I. 4. feri' ve , che i Ciclopi lo fabbrkaffero da prima a Tintone, il quale per altro nonfuole coli' elmo in tefta incontrarli mai. Frequentiamo però ad ogni modo e il vederfi Marte colla celata , collo feudo, e coli' afta. (j.6) E" di color fanguigno : affai propriamente.
Virgilio Aeneid. IX. v. $0. . . criilaque tegit galea aurea rubra.
e v. 271. « . ipfum illuni clypeum , criflasque rubentes .
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T A V O L A
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XXIX.
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154
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d'oro 0°): e le loro molle belle tutte e graziole («). La
eorrifpondeiiza tra Venere e Marte M -, e tra gli amori e F armi (13), è nota, |
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("20) Dell' ufo di fintili ornamenti ne* ragazzi fi
veda lo Scheffero de Tprquibus , e 7 Battolino de Armillis . S. Ambrofio de jejun. cap. 13. riprende il luf- fa di dare fimili ornamenti anche a* fervi 3 che mini- ftravano nelle cene. {21) EJfendo qnejìe due pitture compagne , e da
c/fervarfi una certa contrappoflzione di mojfe ne' Qenii del primo trono con que' del fecondo , (22) Notiffima è fa favola dell'adulterio di Ve-
nere ^ e di Marte . Lattanzio Firmiano I. io. Mars homicida , & caedis crimine ab Atenienfibus ex gra- tia liberatiis , ne videretur nimis ferus & immanis, adulterium cum Venere commifit. Fojfe quefta la ca- gione , 0 altra delle file pratiche amor afe} Vulcano marito di Venere avvertito dal Sole, fabbrico de" le- gami minutiffimi 9 co' quali colf e alla rete i due aman- ti , e così nudi e fretti fece vederli a tutta la corte celefte. Omero ne lì' OdiiTea Vili, deficrive graziofiamen- te queJT avventura : e dopo lui Ovidio Metani. IV. 171. a 189. e neW Arte y. 5-61. a 90. Fabula narratur toto notiflima coelo ,
Mulciberis capti Marsque Venusque dolis .
Neil' Admir. Rom. Antiq. vi fono due bellijfimi mo- numenti , che la rappr e fintano : riportati e (piegati da Montfaucon Tom. I. P. I. liv. III. eh. IL P. XLVII. e XLVIII. Non filo nelle medaglie , ma anche sulle gemme, e in altri pezzi antichi, raccolti e uniti dal Montfaucon nel cit. 1. PI. CìV? e CV. s''incontra Vene- re vincitrice, coli' elmo, collo feudo , e coli' afta di Marte , In una delle noftre pitture e figurato Marte che abbraccia Venere, intorno alla quale fi vedono l* armi di quello , 'Plutarco Inft. \Lacon. avverte, che gli Spartani adoravano Venere armata . Leonida nel bello Epigramma fopra Venere armata , dice Kpsoq svtsx ravra tivog %$pw, w xuUpsiot,
' JZvìsèvtrxi, ksvsòv rSro (péputrcz (3dpog} AVròv Apy] yvfiwj. yòtp à/§m\ivotg , sì ìs xéxsiTrczi
fiat 9sòg, dv9pùJ7voig qtcXcc ^ìtyjv hdysig. Venere, e perchè mai cingi di Marte
L' armi omicide , inutil peìb e greve ?
Se nuda hai Marte difarmato e vinto,
Se a te nuda ha ceduto il Dio dell'armi i
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Contro gli uomini invan l'arme tu porti.
■■ Sia , che le donne ammirino in altri quella bravura,
di cui ( lafdando da parte il clima e l' educazione, che talora le rendono fiuperìori al fiejfo ) per lo pia non fono effe capaci : fa che V ambizione le porti ad attaccarfi a' valorofi per aver *parte nella lor gloria, ed ejfer con ejfi famofe $ 0 anche pel piacere di trionfar di quelli r che trionfan degli altri : fia per altra cagione s è certo, che gli nomini di guerra contraftano agli altri , se non nel citare, almeno nello fpirito delle donne , la preferenza $ e se non fono da quelle amati fiempre , fion per lo più ben accolti. ■E al contrario fogliano effi con faciltà grandijfìma poffare dalla fretta , e fievera difciplina alla ri la/"eia- te•zza e al piacere -, e dalla fierezza, e dalle firaggi alle tenerezze d' amore. De duce terribili fa£lus amator erat :
dice Ovidio di Marte . La ftoria ce ne fomminijlra anche degli efempii molti/fimi, (23) Non è nuova l' offervazione , che i Toeti
non fanno cantar di Marte fienza firamifehiarvi Ve- nere -, quafi che l* armi non poffano dagli amori ficom- pagnarjì, Tra le molte ragioni ? che ne adducono , fi numera anche quella , (he non vi e guerra , in cui le donne non ahbian parte. Ter altro fi sa , che ne' tempi Eroici il ratto delle donne fu V unica, 0 la principale almeno , e la più frequente cagione delle guerre . Trima della fama fa guerra , che produjfe il rapimento di Elena , ve n' erano fiate delle altre egualmente firepitofie per fimil caufa . Orazio lo dice generalmente lib. I. Sat. III. v. 107. e feg. Timi, e Callifiene prejfo Ateneo XIII. p. 560. vengono al particolare , Erodoto lib, I. cap, 4. ficrive , che i Terfiani diceano aver data le donne occafione a tutte le guerre tra i Greci , e i popoli dell' Afia t fihggìugnendo , che il rapir le femmine era azione d' uomini non giù (li: il vendicare i ratti era cofia da pazzi : il non curarli } era da 'uomini prudenti : poi- ché le donne , se non aveffero voluto , non farebbero fiate rapite ; efendo filmili ingiurie del numero di amile, le quali non fioglion fiarfi, che a chi le vuole. |
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TAVOLA XXX,
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TAVOLA XXX.
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(0
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E pitture 9 che in quefta W e in più
Tavole feguenti fi comprendono, fono di un gufto particolare. Rapprefentano pMttini alati 9 o Gemi 0) che vogiian dirli ; de' quali altri fi efercitano al hal- lo e al fuono 9 altri fanno de5 giuochi |
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£*.-va.ni?ifeih
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fanciullefchi ? altri s' impiegano in varie
arti, ed altri nella caccia fi occupano, altri nella pefca. Nel primo rame di quefta Tavola uno de' due x&g&zzi, che vi fi veggono , è in mofla di ballare (4) tenendo in mano
V. ^66. Scrive Luciano de Saltat. che gV Indiani ap-
pena alzati da letto la mattina adoravano il Sol na- fcente, ballando, e imitando co* loro falti il moto di quel Pianeta-, e lo fteffo facean la fra verfo il Sole , che tramontava . Soggmgne poi degli Etiopi, che non com- batteano ejfi fenza ballo , ne vi era tra loro chi lan- ciale dardo , fé prima non faceffe un falto , xon cui atterriva il nemico . Ma lafciando ftar gli altri po- poli , certamente i Greci, faviijfirna e cultiffima gen- te , credettero , che fojfe il ballo un efercizio lodevo- le , e degno di ogni nomo, che fia ben cofiumato • An- zi Pindaro tra i pregi di Apollo numera ancora il ballo , e un altro Poeta dice, che anche . . . ttf/JÌTO 7SQÙTYJP dytyuVTS , 9sS)VTB
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158 T A V O
mano una canna Jpaccata 0)
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L A XXX.
: U altro colle due mani fi
accomoda
fiato in moda il ballo, così che le donzelle, e i fan-
ciulli onorati, e nobili andavano nelle fcuole ad ap- prenderlo } gli uomini ferii però difapprovavano fem- pre tal abufo . Sì veda Macrobìo Sat. II. io., l)opo Cicerone fi rilafiiò di nuovo quell* antica fievera di- ficiplìna. Orazio III. Ode VI. Motus doceri gaudet lonicos
Matura virgo .
Si veda però l'Aver ani nella cit. difT. XVIII. e XVII. Se pur non voglia dìfiìnguerfii tra i balli ferii e gra- vi , come eran quei de' Lacedemoni 5 e i molli ed effeminati, quali erano gli Jonicì , ed altri sì fatti : vedendoci per altro, che anchepreffo Omero II. XXIV- xói. Priamo rimprovera d fiuoi figli , eh' erano Bravi ballanti, e delle danze amici.
E dì quefta fotta dì balli intendono forfè parlar le leggi , che lì proìbìficono -, e ì Santi Padri, che li condannano . È fie i balli fi erano ridotti a Baccana- li , come fin dd tempi fiuoi avverte Ateneo nel cit. cao. 6. , e per lo più Jimilì a quei , che deferìve S. Ambrogio de Jejun. cap. 18. s a ragione fi di- fapprovavano . (5-) KpÓToctov iìlug 0 ff%i#y£Vog xdXapog , xcù m-
Tao"xsv£tip[ASMg &thY$sq, ugs vj%sXv > £i'Tl$ civròv ìovoi?) Tctig yspuì ì KuQctTTSp xpórcv àntors^v : Il crotalo pro- priamente è una canna fpaccata, e acconciata in mo- do, che faccia fuono, fé alcuno colle mani la fcuo- ta come chi voglia far dello ftrepito : così dice lo Scoliafie di Arìfiofane in Nubib. e con lui Snida in xpóraXov . Macrobìo Sat. II. io. riprende il coftume de' Romani di mandar ì figli , e le figlie a ficuola di ballo, colle parole di Scipione Affricano Emiliano. Eunt in lodimi faltatorium inter cinaedos, virgines puerique ingenui. Haec mihi quum quifquam narrabat , non poteram animum inducere, ea liberos fuos homines no- biles docere. Sed quum dudìrus fum in ludum faltato- rium, plus medius fidius in eo ludo vidi pueris virp-i- nibufque quingentis . In his unum ( quo me Reìo. maxime mifertum eft ) puerum bullatum, petitoris filium, non minorem annis duodecim , cura crotalis faltare : quam faltationem impudicus fervulus honefle faltare non pofìèt. Ecco i ragazzi, che ballavano co' crotali. Se i cro-
tali fignificafferò fempre le canne , 0 legni feffi -, fareb- be chiaro , che 7 nofiro pattino fi prepari ad un ballo non onefto . Ala benché da Clemente Aleffandrìno , e da altri fi diftinguano i crotali da' cimbali, e dd tìmpa- ni -, fempre e vero però che fiotto nome di crotali s'intendano molti e diverfi ìftrumenti, come abbiamo al- trove avvertito i e perciò non può affermarfi con ficurez- za, che i crotali nominati da Scipione, e dagli altrit che gli unificono d balli impudici, fieno le canne , che in quejle pitture fi vedono. Ed ad ogni modo , fie han quegli autori ìntefio parlar dì canne, 0 dì legni sì fatti\ può fempre dirfi3 che convenivano bene per la femplicità loro a qualunque ballo donne fico, 0 puerile, allegro e fcherzevole , benché non oficeno . Comunque ciò fia, fi Clemente Aleffandrìno parla delle canne fife, V ori- gine dì tale iftrumento fi dee d Siciliani, a cui attri- buìfice egli /' invenzione de' crotali, che diftingue dd cimbali, e dd tìmpani. / crotali, che fi offervano trai- le mani della donna preffo lo Sponìo Mifcellan. Erudir. Ant.
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Degli uomin ballò il padre, e degli Dei.
Ateneo I. 18. e 19. p enfiavano effi per altro , che'l ballo nato foffe con Amore primo autore del tutto, e che i corpi celeftì anche danzaffero, e che gli uomi- ni su queir efempio aveffero inventate le danze loro, le quali da principio per onorar appunto gli 'Dei s'in- trodurrò. Si veda Meurfio ad Ariftojfeno Eleni. Har- mon. e 7 dottìjfimo Benedetto Aver ani in Anthol. Dif- fertat. XVIII.. Comunque però ciò fia, tra le prime e principali cofe, che faceano apprendere a* loro figli, era la mufìca, e 7 ballo : quella a ben formar la men- te , queflo a render il corpo agile e ben compofto nel muover fi, e nel camminare , e fermo e robufto % come penfiava Socrate, il quale non filo lodava grandemen- te il ballar bene negli altri , ma volle anche appren- derlo , benché già vecchio . Senofonte nel Convivio, biogene Laerzio in Socrate , Plutarco de fanit. tuen. Ateneo I. 17. e XIV- 6. p. 628. Luciano'nel cit. 1. Credeafi ancora che 7 ballo ferviffe per addeftrar i giovani agli efercizj della guerra: Socrate preffo Ate- neo nel cit. cap. 6. _ Olìè %opoìq Kcc?M<ra &'s'àg Ti^uaw, àpizoi
Quei, che con danze onorano gli Dei,
Son nella guerra ancor fempre i migliori. E non fòlamente è lodata in Omero la defirezza di Merìone, il qual effendo ottimo ballante fieppe ficher- mirfi dall' afta di Enea : ma anche altri Eroi furo- no eccellenti nel ballo ì tra3 quali Pirro , figlio di Achille , coltivò tanto queft' arte , che fu inventore del ballo detto dal fino ?iome Pirrìchio . Luciano nel cit. 1. Si veda Ateneo XIV. 6. , il quale attribuìfce l' invenzione di queflo ballo a Pìrrìco Lacedemone. Erano, come è noto , gli Spartani non filo feveri filmi e guerrieri , ma rigidi ancora fino all' eccejfo nell' educazione de' figli . Si racconta dà effi , che fecero fioggiacere a una taglia il loro Re Archidamo per aver prefia una moglie'piccola, dicendo^ che cofiei avrebbe fatti de' Re anche piccoli. Plutarco nel trattato dell' Educazion de' figli 3 Lo fieffo negli Apoftegmi ficrive, che l' Eforo E tee eie non volle ad Antipatro dar cin- quanta ragazzi per oftaggi , sul motivo 3 che fuori del- la patria fi fiarebbero male educati 3 ed offerì in luo- go dì quefii un doppio numero di donne, 0 di vecchi ; ne volle colle più afipre minacce rìmuoverfi dal fio fientimento . Aveano anche una legge di Licurgo gli Spartani, per cui ogni dieci mefi tutti i ragazzi fi frefient avana agli Efori, i quali, se lì trovavano più graffi del dovere, li batteano . Si veda il Lorenzi de Natalit. & Conviv. cap. IV. Or queflo popolo così attento alla cura de'giovani credea effere una parte neceffarìa della loro buona educazione il ballo . Ateraeo dice nel cit. e. 6. che in Sparta tutti dopo il quinto anno impa- rano a ballare il Pirrichio : e poi foggìunge altre forte di balli da effi ufiatì. Tutto diverfamente da' popoli della Grecia penfavano ì Romani, i quali credeano il ballo una cofia vergognofia, e da pazzo , e non degna di uomo, 0 donna onefla . Cicerone prò Muraena dice : Nemo fere faltat fobrius, nifi forte infanit : neque in folitu- dine , ncque in convivio honefto . Intempeftivi con- vivii , amaeni loci , multarmi! deliciarum Comes efi extrema fakatio . E fiebbene per qualche tempo foffe |
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.TAVOLA XXX. 159
accomoda sulla tefta una corona (<0 di mirto W , di cui
parimente è coronato il primo.
Il fecondo rame contiene due altri puttini : uno di efll
ha parimente in mano una canna fpaccata\ l'altro tiene sulla fpalla finiftra una lunga afta 5 Verfo la cui punta fi offerva un pomo , o palla (8)., e colla deftra mano fò- ftiene un ijìrumento, che pende fofpefo da un laccio (9). |
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Ant. Tab. XLIII. p. ii.fembrano alquanto diverfi da
quefti. (6) Clemente Alejfandrìno Stremar. VII. dice :
Vi fono nella Chiefa , come ne' gìnnici , le coro- ne de' vincitori, e de' ragazzi . Si vedono prejfo lo Spanto Mifc. Er. Ant. p. 2x8. più ragazzi occupati in varie giuochi : uno di qué" ragazzi fi mette in te- fta una corona , e tiene in mano un ramo y quafi in fegno della fu a vittoria . In una medaglia degli Era- cleoti portata dal Fabretti Coìum. Trajan. pag. 175".
fi vede Ercole , che da se medefìmo fi corona , per efprimerfi forfè che il vero merito pub render giufti- zia a se Jlejfo . ^Potrebbe dirfi dunque , che 7 noftro puttino fi coroni da se fiejfo , quafi che avejje già vinto nel ballo . Ma vedendofi il fuo compagno anche coronato , più proprio è il dire , che accingend&fi al ballo fi ponga la corona, ejfendo noto il copiarne di coronar fi nel ballare . Ed è notabile il gejlo del primo puttino , che tiene la mano ftefa verfo il fecondo, quafi in atto di sfidarlo al paragone : ejfendo lo flen- der la mano il fegno dì chi volea entrar nell' impe- gno ( promittere maniim dice Stazio in quejìo figni- ficato, e ì Greci %8$ot4 àvonsCvs&Qui ) ; al contrario di chi le tenea dimejje e fpcnzola*? £ Teocrito in que- jìo Jenfio dice %£pctQ àvmyfit ^ t in fegno dì ricufar la disfida , 0 di dichiarar/i vinto -, come 0ferva il Fabri Agonift. I. 8. e <>. ejfere fiato il cojtume de- gli Atleti propriamente nel pugilato , 0 nel Pancra- zio . Ed Ateneo XIV. pag. 631. fcrive , che nella Ginnopedica ì giovanetti ballavano nudi , imitando colle loro pofizìoni e movimenti delle mani , e de' piedi gli efiercìziì della lotta, 0 del pancrazìo . (7) Convengono le corone dì mirto agli Amorini
Figli di Venere . E generalmente il mirto è proprio del divertimento, e dell' allegria : avendo tal proprie- tà , che chi lo tiene in bocca , ride , benché non ne abbia talento , come dice Ariftofane : e perciò chi amava una vita cafta e fevera , abborrìva il mirto . Si veda il Lorenzi Varia Sacra Gentil, cap. III. (8) Sembrò ad alcuni , che fojfe dì quelle afte,
le quali fervivano nel ballare a mantener l' equili- |
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brio . Altri vi riconobbe un' afta da lanciate, fintile
alla falarica ( deferitta da Servio sul IX. dell' Enei- de , e da Ificloro XVIII. 7. che aveva tra il ferro y e 7 legno, il qual era lungo e ben tirato, una muf- fa , quafi una sfera , con del piombo per accrefeerne il pefo ) : O un pilo , 0 fpicolo ( Vegezìo II. 15". ) 0 altra fimil forta di ftromento da lanciarft . E fi volle da. coftui j che nel noftro puttino non già un ballo , ina, piuttojìo fi rapprefentajfe /' dyJvTia'ixci , eh' era uno de3 cinque efercizìi della ginnaftica comprefi nel noto ver- fo dell' Antologia I. 1. Epig. 8. AA^a:, TtoóumY)V , curKoy , axona , 7ta\7)V .
E falto, e corlb, e difeo , ed afta, e lotta,
in cui confiftea il famofo pentatlo , 0 quinquerzso . Ma fi videro le difficoltà, che tutto ciò incontrava. Onde fi dìjfe , che al più potea fofpetiarfi, fé mai vi era qualche rapporto alla Pirrica fopra mentovata, eh' era un ballo, il qual fi facea anche da' ragazzi , coli' afte, ed altre armi alla mano, in vece delle quali poi fi temano delle ferule , e de tiri! , e delle lampo- ne , efiprimendo non già una battaglia , come prima, ma le azioni dà Bacco. Ateneo XIV. p. 631. (9) Volle alcuno , che fojfe un difeo, non di quei
che deferiva Luciano de Gymnafiis , ma dell' altra fpecie, di cut parla Euftazio , che ave ano un loro, 0 legame (imìle in mezzo, onde potejfero facilmente lan- ci ar fi. Altri credette veder sulla pittura non uno ? ma due pezzi pendenti dallo ftejjo laccio, e volle dir, che fojfero que' cmtrappefi ( che fi temano in mano ddfal- tatari ) detti dkEtjpeg, i quali, come fon deferitii da Taufania , erano dì figura ovale, e aveano delle^ ma- nichette , in cui fi metteano le dita per maneggiarli. Si veda Tottero Arch. Gr. II. xi. Altri finalmente dìjfe , eh' era una fpecie di crotali, 0 anche un cem- balo ( e volle parimente che l' ijlrumsnio , che tiene sulla fpalla , fojfe un tirfo ) , ricordando generalmen- te le tre note forte di balli tifati dagli antichi tragici, comici, e fatirici , delle quali poi altre erano gra- vi , altre giocofe ; altre armate, altre femplìci. Si ve- da Scaligero de Coni. & Trag. cap. XIV. e V Aver ani in Anthol. difT XVI. |
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TAVOLA XXX
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Tom. I. Pìt
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vC
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-f<2^. i <51,
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Jravhc-
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j^ X-j_ctve a et del. ±x>rfic
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M.R^ljcvlFortic
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i63
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Cej3paru.Lt enei.
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Scala, unlus pcdm:R-onv
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Vaimi DelùiL.
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Et unius poltrii Neapolit:.
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(0
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L A XXXI.
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T A V
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EL primo rame di quella Tavola (*) fi
rapprefentano parimente due puttini, de5 quali uno ha traile mani due flau- ti , o tibie (3)5 che vogliati dirli , ( le quali flccome è noto 9 che furono in
fommo pregio , ed ebbero ufo grandif- |
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A V.mvit
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fimo preffo gli antichi : così frequen-
temente s'incontrano da per tutto) fonandole ad un fia- to |
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fcrive Gellio Noci, Attìc, I. n. Auftor hiftoriae
Graecàe graviffimus Thucydides ( nel V. della guer- ra del Peloponn. ) Lacedaemonios , fummos beila- tores , non cornuum , tubarumque fìgnis 3 fed ti- biarum módulis in praeliis ufos effe refert . Lo ftejfo fcrive Marziano Capella Kb, IX. delle Amazoni. "Pol- luce IV. $6t sull* autorità di Ariftotele attefta, che i Tirreni non folamente combatteano , ma anche flagel- lavano i rei t e cucinavano al fuon del flauto : tjktsvu- Oìv V7t <zv?m , xcù [lofriyUcn } zod o'^ottoiSo'l . Per quel che air educazione de*giovani fi appartiene , fappia- mo da Platone in Alcibiade, e da Ariftotele de Rep. Vili. 6. j che preffo ì Greci tra le difcipline chefiap- prendeano da*giovanetti nobili , eravi l* arte di^ fonar il flauto: qua! coftume pero sull' efempio di Alcibia- de fi tolje dopo in Atene . Gellio XV. i7- Alcibiades Athenienfis, quum apud avunculum Periclem puer ar- tibus ac difciplinis iiberalibus erudiretur : & ar ceffi Pericles
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(r) Nel Catalogo JSt. CCCCLXVI. Uè 1.
(%) Furono trovate negli fteffl /cavi di Refina
queflle due pitture colle due precedenti. ("3) T>eli* invenzione delle tibie fi è parlato altro-
ve . 'Del pregio gtandijfimo , in cui fu quejlo iftru- mento preffo gli antichi 5 fon pieni gli Autori . Sap- piamo da Ateneo IV'. 25. p. 184. che non vi fu po- polo nella Grecia, che non apprendere l* arte di fo- narlo : e preffo lo ftejfo XIV. 2. p, 617. m antico poeta chiama quejf arte véptùsuyrdTaat diviiiifiìma. In fatti par che non vi fujfe azione fagra 0 profana} feria 0 giocofa , di allegria 0 di lutto> in cui non adoper afferò % tibie . Lafciando fare tutte le altre funzioni, ove quelle fi tifavano con particolarità , è notabile foprattutto il coflume de' Lacedemoni, i quali in luogo delle trombe » e degli diri militari frumenti fervivanfi di quelle nella guerra , Oltre a "Polibio 5 Plutarco 3 Ateneo , ed altri , che lo avvertono, così |
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i«4 TAVOLA XXXI.
to (4) ; e in quefte fon da offervarfì i piw/i (5) foliti
per altro a vederli fopra tali ftrumenti : U altro è in inoffa di ballare o fàltare fopra un piede folo (6) ; e tie- ne sulla fpalla un fottìi baftone 5 o canna che ila (?). De' due futtini del fecondo rame il primo ha sulla
fpalla un lungo baftone 5 che fembra eflere nel!' eftremità fùperiore fpaccato («) con oflervarvifì un anello ? o ferma- glio in mezzo \ L' altro ragazzo iòftiene una celerà (9) ; di
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vano de' pezzi antichi, ove fi vedono da un fol tu-
bo , a cui fi mettea la bocca , ufcìr due tìbie . E r Averanì in Anthol. diff. LX. ove porta le diverfe opinioni sulle tibie deftre e fìniftre, pari ed ìmpari . (f) Speffo anche s'incontrano delle tibie con que-
fii pìvolì j i quali fervivano a variarne la modula- zione , otturandoli con quefti i buchi dell' iftrumentò, ed aprendo/i 5 fecondo il bifogno . Sì veda il Barto- lino de Tib. Vet. lib. I. cap. f. (6) 1/ ballare fopra un piede folo diceafi àarmXià-
%siv , 'Polluce IX. ix 1. e foleafi contendere 0 nell'altez- za , 0 nel numero de' faltì j 0 vero uno così faltel- lando dove a infeguire e raggiugnere gli altri , che fuggivano a due piedi. Sì veda Mercuriale A.G. II. 11. (7) Altri volle } che foffe un' afta faltatoria per
equilibrare il corpo nel ballo : Altri , che foffe un baftone paftorale , quafiché il pattino , che qui fi ve- de , ballajfe da contadino . (8) Sì diffe , che potea effere un legno fpaccato,
come un crotalo % e quel cerchio fer viva a tener ferme le due parti del legno , perché non fi fendeffe tutto. Si diffe ancora , che forfè potea aver del rapporta al ballo , o per equilibrio del corpo , 0 per giocarlo nel rapprefentar un bac t'wncc , i/ nici v flirtile vi*r Mieti e .
'Polluce IV. 105-. dice , eh' era una Jpecie di danza
rè u'/idTixg sXksìv fìffilia.- trahere : Alcuni han voluto, che foffero de' legni féfìì , come i crotali : ma par 3 che foffe tutf altro. (9) Gì' ìfirumenti muficali preffo gli antichi 0 era*
no dì fiato 0 di corde , 0 dì femplìce percujfione. Si veda il Vojfio de quat. art. popul. cap. IV. T>i queflo terzo genere erano i timpani, ì cìmbali, e generalmente tutte le Jpecie di crotali -, benché non erano gli ftrumen- ti , che percoteanfi di molto ufo nella Mufica , effen- do piuttofto adattati a far uno ftrepito , che un con- cento . I più ftimati erano la tibia, e la cetera : ed un poeta preffo Ateneo XIV. p. 618. parla dell' ac* coppiamento di quefti due ftrumenti : Comune, o giovanetto, al piacer noftro
Ev delle tibie e della lira il fuono : Poiché qualora in fieni fi accordin bene Nafce fommo piacer da quel concento. In quefti due ìfirumenti i Greci erudivano principalmen« *<? i loro figli . Frinico preffo Ateneo IV. p. 184. ov tmoyl [xivToi ai) xi9apl£siv 7roTè , dvteTvr . s$t$ix^oùg : non hai tu infegnato a coftui a fonar la cetera, o la tibia . Treffo Tlatone nell' Alcibiade Socrate di- ce a quefto ; Tu apprendevi a leggere , e a fcrivere, e a
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Periclcs Antigonidam tibicinem jufMèt, ut eum ca-
nore tibiis , quod honeftiffimum tura videbatur, do- ceretj traditas libi tibias , quum ad os adhibuifTet, inflafTetque , pudefaftus oris deformitate , abjecit in- fregitque . Ea res quum percrebuiiTet, omnium Athe- nienfium confenfu difciplina tibiis canendi deferta eri. Lo fteffo dicono i Mitologi , che aveffe fatto Miner- va per la fteffa ragione . Benché Ariftotele nel cit. 1. penfi, che Minerva non tanto perche la tìbia gonfian- dole le gote la facejfe comparir deforme, ma che piut- tojlo 1' aveffe gettata, perche nulla contenea di vir- tuofi quejìo ìfirumenti) . Platone III. de Rep. lo ban- dì dalla fua Repubblica , perchè trafportava l' animo fuor di se fleffo , e moveva pajfionì violente . I Ro- mani generalmente ne del canto , ne del fuono , ne del ballo fecero gran conto, avendo tutte quefte per non degne dì un uòmo fetio e grave 3 come tra poco avver- tiremo . (4) Teocrito
Arj$ itotI rav Nvfjupuv, SìSvyaig dv?£icriv asìaca
°A$v ri (/.oli
Vuoi, per le Ninfe, qualche dolce cofa
Sulla gemina tìbia ora cantarmi.
S. Agoftino traft. 19. in Joann. fi unus flatus in- fìat duas tibias , non potei! unus fpiritus implere duo corda, fi uno fiata tibiae duae confonant? Mar- ziale s .... madidis tibicina buccis , Saepe duas pariter, faepe monaulon habet.
Il Monaulo, 0 femplìce tibia diceafi Titirina , come vuole Ateneo IV. p. 176. e 182. benché Efichìo^ edEu- ftazio chiamino rtrvpov propriamente il calamo, dì cui i pafiorì fer vivanfi per zufolare, detti perciò anch' ef 7?Titiri. Sì veda B art olino de Tib. Vet. I. 6. Fre- queniìjfimo del tefto era l' ufo dì fonar due tìbie ad un fiato , e fpejfijfimo fé ne incontrano gli efempìi né" monumenti antichi. Crede il Montfaucon To. Ili, P. II. liv. V. eh. 2. che foffero le due tibie , che ad un fiato fi fonavano , feparate , e che i due tubi fi unìffero in bocca del fonatore , tenendofi eia* feuno da mia mano . Pier Vittori Var. le£t. lib. 38. cap. 2 2. vuole , che le tìbie delire } e fìniftre tanto tifate nel teatro , fi chìamaffero così , perché la de* fra fi tenea colla deftra mano s la finifira colla fini* ftra , e fi adattaffero alle corrìfpondentì partì della bocca : e fi dicea caliere tibiis dextris & fìniftris, quando ad un fiato fi fonavano tutte due . Si veda però il B art olino I. f- H aJ^le avverte, che fi tra* |
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TAVOLA XXXI. 165
di cui, toccandone colle mani graziofamente le corde,
accompagna il fuono col ballo (io) |
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Dd
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Tom. I. Pit.
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TAVOLA XXXII.
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jo, e Sallufiio in Catilin. e Macrobio Sat.III. io. s non
furono però mai quefie cofe approvate, e ricevute co- munemente , anzi da' ferii e faggi uomini riprovate. Se pur non voglia dirfi , che non mai l' ufo , ma. fempre P abufo della mufica fu condannato in Roma. Si veda l'Aver ani in Anth. DifT. XVIII. Onde Ci- cerone IL de Leg. ammette nella Citta la mufica : cantu, voce , fidibus , ac tibiis ; dummodo ea mo- derata fuit, uti lege praeferibitur . Ebbero anche i Romani il Collegio de' Tibicini , e de' Fidìcini ( fta- bilito da Numa con gli altri collegii degli artefici, di cui parlaremo altrove ) : ed Ovidio Fafi. VI. v. 657. e feg. dice. Temporibus veterum tibicinis ufus avorum
Magnus, & in magno femper honore fuit : appunto, perche avean le tibie ufo in tutte le fagre fun- zioni , nelle pubbliche fefte , ne' conviti, e in altre co- fe . Ma è vero ancora , che furono fempre i tibici- ni in poco conto . Si queftiona , se fojfero fiati ejfi Romani , o forefiieri } anzi se liberi , 0 fervi. E ad ogni modo , se erano Cittadini , erano del- la più vile , e abietta plebe , mercenarii , e vizio/I ; cosi che diceafi in proverbio : tibicinis vitam vivere 5 e mufice vitam agere di coloro , che viveano lauta- mente , ma a fpefe altrui. Si veda Bartolino de tib. II. 7. e III. 1. Quindi è , che febbene i Romani fa- cejfero ufo della mufica , non ne ebbero mai pero quella fiìma , che ne faceano ì Greci : e se ve de ano ì profeffori della mufica pieni di vizii, doveano cre- dere , che produr negli altri non potejfe diverfi effetti. Non erano pero effi al contrario perfuafi, come i Gre- ci , del gran poter della mufica sugli animi . Ci- cerone deride il timore di CDamone prejfo Platone, che temea fi mutaffe lo fiato della Città, fé fi 'muta- va il genere di mufica tfiato , credendo al contrario Cicerone , che mutato il coftume della Città fi muti anche la mufica . In fatti Polibio nel cit. 1. avverte 9 che i Cinetefi, popoli dell' Arcadia, non poterono mai affine far fi alla mufica, perchè tal era il lor clima, e /' in- dole loro, che non era capace di ricevere balli, e filoni. Tteglì Egizzii anche è dubbio, fé aveffero coltivata la mufica . Ti io doro I. 80. apertamente dice, che non at- tendea-no ejfi ne alla palefira , ne alla mufica} perchè credeano quella non giovevole al corpo , quefta nociva al coftume. Ma non fiembra ciò in tutto vero, leggen- dofi di Mosè prejfo Filone, che in Egitto ave fé apprefo tutta la mufica. Comunque ciò fia , il fuono , e'I ballo era efercitato in Roma dalle ragazze di Menfi : co- me le chiama Petronio , e da' ragazzi Egizzii. Gli altri due Satìrici Orazio, e Giovenale parlano delle tibicine Soriane , dette con nome Siro Ambuhajàe : / veda il Voffio Etymolog. in Ambubajae : e lo Spanemia a Callimaco Hymn. in Del. v. 2 5"3 • E^ è qui da avvertire , che generalmente in Roma le tibi- cine, e le PJ'altrie 0 fidi e ine erano dell' infima gente, e più vile e /vergognata , delle quali fi finivano ne* conviti . Sotto gP Imperatori creficiuto il tojfo fu il ballo , il fiono , e V canto efercizio comune : ma ri- provato da' Santi Padri , e dd Savii fiejfi del genti- lefimo . |
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e a fonar la cetera ; ma non volerli adattarti a fo-
nar la tibia . Neil' educazione degli Eroi anche ave ano luogo gì' ifir irnienti Mafie ali . La deftrezza di Achille nella cetera , è notìjfima . 'Di Ercole dice Teocrito Idyll. XXXI. 103. e feg. che tra gli altri maeflri ebbe anche Eumolpo Filammonide, da cui ap- prefe f arte di fonar la cetera. L' ufo , e P efficacia della cetra era lo fiejfo, che quello della tibia . Ate- neo XIV. p. 627. dice : I fortiflìmi Lacedemoni com- batteano al fuono della tibia , i Cretelì al fuon del- la cetera . Anche nella campagna , e tra gli armen- ti ufavafi la cetera ( Omero Iliad. XVIII. f 26. e 5*69. e feg, ) egualmente che ne' conviti, e nelle regie. Omero Od. XVII. 270. e altrove . Ufavafi nel cantar le ge- fta degli Eroi, e i delirii degli amanti. Omero Iliad. IX. 189.*? Iliad. III. 5-4. Vice Quintiliano X%. 4. Vythz- goreis certe moris fuit , & quum evigilaìfent, ani- mos ad lyram excitare, quo effent ad agendum ere- cliores ; & quum fomnum peterent, ad eandem prius lenire mentes, ut li quid fuiftet turbidiorum cogita- tum , componerent . Credeano in fatti non folamente i 'Pitagorici, ma le intere nazioni fioprattutto in Gre- cia , che il fuono della cetera particolarmente, e del- la tibia, potè fé fanar la pefte, e molte altre malat- tie i non che muovere , e fedare qualunque paffione negli animi umani , e nelle befiie ancora . In 'Plato- ne , Plutarco , Ateneo , Cicerone, e in altri fé ne incontrano le ragioni , e gli efempii. (io) La mufica fi raggira nel canto, e nel fuono.
Polluce IV. cap. 13- vi aggiunge anche il ballo, con- fiderandolo, come parte di quella 3 benché altri lo fac- ciano parte della palefira. Generalmente la Mufica, an- che comprefovi il ballo ( /'/ quale e certamente compa- gno dì quella ) fu tenuta in pregio grandi/fimo da tut- te le nazioni eulte e polite . Per gli Arcadi , che fi vantavano di efiere i più antichi popoli della terra, cosi fcrive Polibio lib. IV. Gli Arcadi } benché feve- riffimi in tutte le altre loro coftumanze, fanno dalla prima infanzia apprendere a' loro figli la mufica, e co- sì gli educano fino all' età di trent' anni, volendo che ogni anno i fanciulli e i giovani ne' teatri celebrino i Baccanali con canti, e balli al fuon di flauti. Prefib di elfi fé uno non sa altra difciplina, non è vergogna: ma fommo^ difonor è il non faper la mufica . Per al- tro in tutta la Grecia era vergogno/o il non faper bal- lare , fonare, e cantare . Ne' conviti fi portava intor- no la cetera, e doveano su quella i convitati cantare. Cornelio Nipote racconta , che fu dato a vergogna a Temifiocle, il non faper fonare } e che tra le virtù di Epaminonda contavafi il ballare , il cantare , e 7 fo- nar la cetera, e la tibia, e fioggiunge . Haec ad no- ftram confuetudinem fuut levia, & potius contemnen- da : at in Graecia utique magnae laudi erant . Infat- ti prefib i Romani , febbene da prima : mos fuit epu- larurn, ut deinceps qui accumberent , canerent ad ti- biam clarorum virorum laudes, atque virtutes, come di- ce Cicerone IV. Tufcul. quaeft. sul principio > e feb- bene le dame Romane ammaeflravano le loro figlie nel canto, nel ballo, e nel fonar la cetera, come di Cor- nelia figlia di Metello avverte Plutarco in Ponipe- |
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J^af. IÓJ,
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Jx^ac. J.O'z.'z-t- ^S ctt-L J-oytic.
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JTra.-n.LavcaiPi- Jelin.Aortìc.
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vis JLo-&<2-i d-Scu.l.J.e>vfòc
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169
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patini oelcr,uJos-'é.
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£,t unrm fnxlm-JVét&>ofi~t,
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CO
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T A V
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L A XXXII.
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ONO veramente belle e grazio/e mol-
to le moffe delle due gentili e delicate figure ? che fi vedono nella prima pit- tura (2) di quefla Tavola efpreffe con un gufto non inferiore alle altre com- pagne . Uno de' due puttini foftiene sulla finiftra ipalla un ìfìrumento a più corde (3) , le quali egli tocca colla delira mano (4), e balla
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(1) Nel Cat. N.CCCCLXVI.?,. e CCCCLXV1IU.
(fi) Fu trovata quefia pittura a 7. Settembre 1748.
negli fteffi/cavi di Refina: P altra fu trovata a 13.
Agofto dello fteffo anno negli fi avi JleJJl , ma non già
nel luogo medefimo.
(3) Ateneo IV- 2*5- P- *%2- e x^3- nomina molti
ìfiramenti muficali con corde : e Tolluce lib. IV. cap. ÌX. fez. 59. e feguenti ne nomina anche moltiffimì. L'uno e /' altro numerano tra quefti il trìgono, 0 trian- golo che dir fi voglia . Sofocle preffo Ateneo chiama il trigono Frigio. Ed uno de' convitati prejfo lo jlefi fo Ateneo dice, che un certo Alejfandrò Alejfandrino fonava così bene queflo iftrumento , che avendo pubbli- camente fatto in Roma faggio dell' arte fuat rendette i Romani innamorati della mufica fino al furore. Tììt che tanto non fappiamo del trìgono. Tar che il noftro potrebbe così chi'amarfi, benché non abbia il terzo la- to ; Sì dìftìngue da Ateneo il trigono dalla Sambuca, la |
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quale da Torfirione e detta iftrumento triangolare
colle corde difuguali in lunghezza, e in grofTezza . Si 'veda il dotto Bulengero de Theat. II. 46. e 47. e !''in- comparabile Spanemio a Callimaco Hymn. in Del. v. 2-5" 3 • In many a una donna prejfo lo Sponio Mifc. Er. Ànt. p. xi.Tab. XvLVIII/ ojferva un iftrumento con corde, dì forma^ triangolare , e chìufo da tutti tre i lati . Lo Sponio firive così . Citharam cernis , triansuìari forma, quaiis defcribitur in Epiftola , quae Hierony- mo tribuitur, de generibus muficorum : Cithara autem inquìt , de qua fermo eft , Ecclefia eft fpiritualiter, quae cum XXIV, feniorum dogmatibus trinam for- mam habens, quafi in modum A literae Scc. Ter altro tutti gì' ìftrnmentì con corde potean rìdurfi alla cete- ra, con cui vediamo da' Toeti particolarmente confufa non fola la lira, ma la teftudìne ancora , e 7 barbi- lo , quantunque grettamente fi fero diverfi finimenti. (4) Gì' Iftrumenti con eorde fileano per lo più toc- carfi
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i7o TAVOLA XXXII
balla nel tempo fteflb. Al medefìmo fuono par che balli
anche Valtro ragazzo, tenendo con ciafcuna delle mani due chiodi 0) ; fé pur quelli non fieno iilrumenti an- ch'effi 9 che percotendofi infieme facciano fuono (6). Nella feconda pittura tre ragazzi fanno tal giuoco (7),
che uno di effi tenendo colle due mani una fune, attac- cata per un capo ad un chiodo ficcato in terra, proccura tirarla a se; mentre l'altro ragazzo tira la fleffà fune per lo contrario dalla fua parte con una mano, e coli' altra tiene una verga : il terzo tiene anch' egli in mano una bacchetta 9 e moftra voler con quella sferzare il primo (8). earfi col plettro, come abbiamo veduto nel Chirone, ce : La T>ielcijlinda fi fa per lo più nelle paleftre,
e come fi vede nella donna fopra mentovata preffo lo comechè foglia farli anche altrove . Sono due partiti Sponio : e infiniti fono i luoghi de" Poeti Greci , e La- di ragazzi, che fi tiran l'un l'altro in parti oppofte> tini , che lo atte fi ano . Ed avverte Plutarco negli e vincono quei, che tirano i contrarli alla parte loro. Apoftegmi Laconici, che gli Spartani, religiofi ojfer- Nel Segm. 116. foggiunge : La Scaper da è quella : vatorì in tutto delle antiche cofiumanze, punirono un Piantano in mezzo un palo perforato : pel buco fan fonator di cetera , perche non fervivafì del plettro, parlare una fune, a un capo della quale li lega uno ma colle mani toccava le corde, Era per altro mag- colle fpalle rivolte al palo -, e l'altro fa forza per ti- gior finezza di arte il fonar colle dita, e forfè il firn- rarlo nell'alto del palo: e fé coftui fa falir su il com- no riufciva più grato . pagno , vince: e quello diceli tirar la Scaper da. Ome- (5") Uno fofpettò ejfer quefii chiodi fimbolici , per ro Illiad. P. defcrivendo il contrafio tra i Greci e i rapprefientarcififorfè qualche mifiero d* Amore , o an~ Trojani nel tirar ciaficmo afe il cadavere di Patro- che un più rimoto e più fublime arcano . Ma penfiarono eh>, li paragona a quei , che fan quefio giuoco -, Enfia- gli altri con maggior fempii cita . / zio ivi deferive l'Elciftinda 3 e la Scaper da, e fa que- (6) Altri non vollero , che fojfer o chiodi, n?a of- fi a parte di quella . Il Meurfio difiingue /'elciftinda
ficcioli , o fimili cofe , le quali percotendofi internefa- della dielciftinda , che fembra un fbl gioco , come av- ceffero del fuono : e credettero poterfi ridurre ad una verte il Jungermanno : e /' Emfierufio nota , che quan-
fipecie di crumati. M$ei:> che fi vedono traile mani del do faceafi col palo , diceafi Scaper da , quando faceafi
giovane prejfo lo Sponio Tab. XLIV. p. n. e eh' ei fenza palo< chiamavafi Elciftinda, o TDielciftinda. An-
chiama crumati, fon per altro diverfi da quefii . che Platone nel Teeteto parla di quefio gioco . Si ve-
(7) Plutarco nel trattato ^//'Educazione de* da il Mercuriale Art, Gymn. lib. III. cap. 5-. Si veda
figli fa vedere , che fi dee a'ragazzi permettere, che anche il Cafiaubono a Perfio Sat. V. dove riduce al- alie applicazioni intramettano de' giuochi■ corrifponden- /' elciftinda // Ducere funem contentìofum, 0 funem ti all' età. La cura de' direttori de* giovani era poi contentionis, che dicefi per adagio comune. 'Deferive il farli efiercitare in giuochi tali , che 0 alla fiermez- Polluce nel medefìmo cap. nel Segm. 115-. la Schenofilin- &a e robufiezza del corpo , 0 alla formazìon dello da mi: Si fiede in giro da molti : uno tiene una fune, spirito potè/fero condurre. Abbiamo due trattati de e di nafeofto cerca deporla prefìò alcuno di quelli. Se giuochi fanciulle fichi degli antichi , uno del fopramen- coftui non fé ne accorge, fi fa correre intorno , ed è bat- tovato dottifiìmo Gefuita Bulengero3e l'altro del noto, tuto . Se se ne accorge , corre ed è battuto colui, che e non mai lodato a baftanza Giovanni Meurfio. volea lafciargli la fune. Non fi determinò a quale di (8) Polluce IX. cap. Vili. , dove deferive appun- quefii giuochi poteffe riportarfi il noftro, e fé a tutti
to i 'varii giuochi degli antichi , nel Segm, ixz. di- due ìnfieme uniti 3 0 ad un terzo giuoco. |
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TAVOLA XXXIII.
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SPaa. 171,
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TAVOLA XXXIII.
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ELLE due pitture 0) di quella Tavo-
la fono rapprefentati ancora giuochi fan- ciullefchi. Nella prima fi vede un car- niccio (3) a due ruote (4) col luo timo- ne (5), che ha in punta un altro legno ritondo (6), a cui fono attaccati due pat- tini 5 che fan le veci de' cavalli, e fon guidati da un terzo puttino ? che tiene le redini col- |
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Tom.L Pit.
(1) Nel Catalogo N. CCCCLXVII. z. e i.
f 2} Furono trovate negli fcavi di Refina /' anno
1748. quefia a 31. ^.gofio , e la feguente a 7. Set- tembre . f 3 ) La fina figura è fìntile in tutto a quella de'
cocchi ufati ne' giuochi Circenfi , come ne' marmi, e nelle monete fi vede ì a differenza degli altri, eh' eran chiufi anche ni lati } e di quei , eh' era- no a forma di botti , chiufi da per tutto j e le cui immagini fi vedono fpeffo nelle medaglie 5 e ne- gl' intagli. {4) II cocchio a due ruote generalmente da' Gre-
ci diceafi $iTpo%ov : ne Latini ritrovafi anche Birota 0 Birotum . Ordinariamente per correre fi ufavano i coc- chi a due ruote, e 7 Vojfio crede detto il Cifio da caedo , quafi fojfe una meta del Currus, 0 Carruca, che avea quattro ruote, come la Rheda , il Pilentum il Petofritum, e 7 Carpentum talvolta } che fi ufava- |
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Ee
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no in città per lofià , e per andar ripofato, e con agio.
Il Cifio corrifponie al noftro Caleflè : e in qualche mo- numento antico k trova colle ftanghe, tali quali le hanno i nofirì , Si veda lo Scheffero de re vehicul. II. 17. e 18. e per tutto . (V) Tifavano gli antichi tanti timoni , quante
paja di animali tiravano il cocchio . Ifìdoro XVII. 3 5". Quadrigarum currus duplici temone erat. Seno- fonte nella Giroped. VI. dice : Il cocchio di Abra- dale avea quattro timoni , e otto cavalli . "Dal nu- mero delle beftie che tiravano il cocchio diceafi Bi- ga , 0 Quadriga . Si metteano fino a fedici cavalli, dicendo Senofonte , che il carro di Ciro avea otto ti- moni, e perciò aver dove a otto paja di cavalli. (6) A quefio legno fi legava il f giog° > ° una
fune detta Ampro . Snida in dfiTpsuovres . Efichto „ ed Euftazio ad Iliad. Z. p. 476. intendono per Am- pro , quella fune 3 che facea le veci talvolta del timone. |
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174 TAVOLA XXXIII
le dee mani, e fa da cocchiere (7).
L? altra pittura dimoftra tre ragazzi , che fi tralìuìiano
ài giuoco detto volgarmente a nascondere (8) . Le molle delle tre figurine fono tutte leggiadre ed eipreffive (9). |
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rnofea di bronzo cacciar0. Gli altri rifpondono : La
caccerai, 'ma non la prenderai. E frattanto lo sferza- no , finché egli ne chiappi uno . Efichio , ed Eufia- zio anche parlano di quefio , e della Muinda. Pollu- ce nel Segm. 113. par che deferiva molte fipecie di Muinde , dicendo , fecondo l;'emendazione dell'Em- fierufio ( la quale noi, benché non in tutto, abbia- mo fieguìta ) , così : La Mumda è quando uno tenendo chiufi gli occhi grida : Guardati : e fé prenderà alcuno di quei, che fcappano , gli farà fubito in fuo luogo chiuder gli occhi. O pure così : Colui, che ha gli oc- chi chiufi, dee cercare gii altri 5 che fi nafeondono, o anche prendere un tale , che lo tocchi . O vero indovinare chi di coloro , che gli fono intorno, inoltri lui col dito. (9) Uno de' ragazzi e in piedi , e fi figura den-
tro una fianza luminofia, tenendo gli occhi colle ma- ni coperti , e colle fpalle rivolte agli altri , per dar loro luogo di nafconderfi. Un altro, che fi e già nafeofio dietro V ufeio d' una fianza più ofeura fa mofira di fipiare di foppiatto , cacciando appena il ca- po : mentre il terzo e in mojfa di camminar fretto- lofiamente per andarfi a nafeondere , e sul dubbio di poter efiere dal primo ojfervatq , volta in dietro la tefia a vedere, fé quello lo guardi. |
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(7) Ejfendo i Giuochi Ckcenfì. in una filma gran-
dìjfima 5 fi avvezzavano "volentieri i ragazzi da' lo- ro genitori a quefio giuoco . Si veda il Rodigino lib. 18. cap. 26. Fozio nel Nomocanone Tit. XIII, numera tra3giuochi proibiti, Ì7ncixà. %uXiva , Equeftres ligneos, come fi dicono nella L. 3. C. de Aleatoribus . // Bal- fanione commentando il detto luogo di Fozio fiorive , che nacque dubbio su quefio giuoco chiamato ^uXiuov Ì7nrixoy e alcuni vollero , che fojfe il giuoco folito a farfi da' ragazzi > i quali nell' efercizio di cocchio ■fi fervono degli uomini in luogo de' cavalli. Ma poi geme a dire, che. altri V' intendeano per uri altra fior- ata di giuoco ! Polluce X. fegm. ió8. parla del carnic- cio ( ccydfys , à^d^iov ) con cui ì ragazzi fioleano divertirfi, e giocare. (8) 'Polluce nel Uh. IX. cap. VII. Seg. 117. così de-
fcrive quefio gioco : L' Apodidrafcinda è quella : Uno iiede nel mezzo con gli occhi chiufi , o che un al- tro glie li tenga chiufi : gli altri vanno a nafconderfi. Si alza quel di mezzo , e va cercando i nafcofti, e dee trovar ciafcuno al fuo luogo . Simile a que- fio erano anche Mula %oùwi , e la pvhfat . La pri- ma cosi e deficritta da 'Polluce 1. e. Seg. 1x3. Nel- la Mafie a di bronzo i ragazzi bendano gli occhi ad uno , e quello fi volta in giro gridando : Io la |
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TAVOLA XXXIV.
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E' tre pattini, che fi . vedono nella pri-
ma pittura (2) di. quella Tavola ? uno tiene traile mani una rriafcbera (3) ; e al- la veduta di quella ( benché non fia delle più deformi, ed orribili traile mol- te 9 che ne aveano gli antichi (4) ) in- timorito un altro fi qflerya figurato/ in |
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una molla quanto bella e graziola , altrettanto naturale
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(1) 'Nel Catal. N.CCCCLXX. 3. e CCCCLXV1II. 1.
Cx) £^efia a x4- Agofio , e la figliente a 13. del-
lo (lefio me fé dell' anno 1748. furono trovate negli [cavi dì Refina. (-1) Si vuole che i villani de fiero la prima idea
delle mafchere nelle vendemmie tingendofi il volto colle vinacce, peninoli faecibus ora, dice Orazio neil* Arte, 0 covrendofi di cortecce d' alberi : Virgilio Georg. II, v. 387.
Oraque corticibus fumunt horrenda cavatis.
Altri ne fanno inventore Tefpì, altri Cherilo , altri Efchilo \ altri Mefone. Sì veda Scalìgero Poet. I. 13. Bulengero de Teat. I. *• e Mar e fiotti de Perfori. & Larv. cap. 2. T>i quefta invenzione però verrà V oc- cafione altrove dì ragionare nell' efporfi le pitture, in cui fon rapprefintate mafchere diverfe e tragiche , e comiche. (4) Le mafchere più orrìbili 3 che aveffero gli an-
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tichi , furon quelle che difiero yopysTa, 0 yopyóvsia.
Son nominate da Tolirne , da Efichìo, dall' Autore dell' Etimologico, e da Suìda in 'yópyix, e pofte tra, le mafchere tragiche. Furono così dette dalle Gorgoni, le quali aveano così orrido volto , che ne re flava mor- to chi le guardava. Si veda lo ScoUafte d' Ariftofa- ne in Ran. e Snida in yópyovsQ . Si racconta , che avendole la prima volta introdotte nella fiena Efihi- lo, le donne gravide fi abbonirono in mirarle . Si veda Mar efiotti nel cit. 1. can. 1. Terribili ancora erano le mafchere dette (Zopfj„o?Jxsioò ( 0 popiioìvuoi} . Efichìo generalmente chiama Mormolicie le mafchere de' tragici . Si danno dì quefta voce varie ragioni. Il Bulengero nel cit. cap. %. la deriva da {Loppoysv£ivy eh' egli fpìega con Tolluce , portar il drama nel mormo. Il Mormo era un chiufo di reti fopra un carro . In quefto carro , come fi ha da Luciano , e dallo ScoUafte di Arifiofane , giravano le mafihera- te
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i7g TAVOLA XXXIV.
ed efpreffiva (j) : mentre on terzo è in atto di. (grida--
re il primo, e di l'occorrere il fecondo. Rapprefenta V altra pittura due Gemi M, eh' efercita-
no 1' arte de' falegnami W fon da offervarfi nella botte- ga |
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e r inclinazioni, e il genio ( come dir comunemente
anche noi fogliamo ) dì ognuno . Si vedano i belli trattati di Plutarco del Genio di Socrate, e degli Ora- coli , e d'Ifi. e di Ofiridc. San noti i ver fi di Menandro K'ttcùvti ìuifAUV àvfyl ru ysvo^évaj
K-nuvrot; fci ftVTayaycg rS fife.
A ogni uom che nafee un demone fi accoppia;
Che in tutta la fua vita lo governa.
Cenforino de die natali cap. 3. dice : Genius eft Deus - cujus in tutela, ut quifque natus eft, vivit -, fìve , quod ut generemur , curat ; five quod una genitur nobi- feum 5 five etiam quod nos genitos fufeipit, ac tue- tur : certe a Genendo Genius appellatur. E fiegue a dire, che Euclide credea , che ad ogni uomo fi ac- compagnavano due Genii , il buono , che ad operar bene, il malo , che al mal fare piegava V animo uma- no : come dice anche Servio fèlle parole di Virgilio ; quifque fuos patimur manes : benché altri ammettea- no due Genii foltanto in quella cafa, il cui padrone avea moglie . Al propofito della noftra pittura , Fìlo- ftrato I. Imm. 6. fcrive : NvpupQv yàp &} ivaì^sg § yiyvovrai ■ tò Qvyjtòv àftctv KvfispvSnsg • -koXXoì , M ttoA- XS Sv ipSo-iv àyQpojTTOi : Gli Amorini ; che qui ve- di , fon figli delle .Ninfe , e governano tutto il genere de' mortali . Sono elfi molti e divertì, perchè molte, e diverfe fon le cofe, le quali amano , e a cui fon portati gli uomini. Si avvertì ancora al propofito de* noftri Genti , che i Collegii delle Arti ( dì cui parleremo nella nota feguente ) ave ano ciafeuno i fuoi "Dei particolari , e protettori del meftìere : i quali nelle ifcrizìoni fi vedono chiamati Genii : cosi pref- fo Reinefio Ci. I. n. 167. s* incontra: Genio . Colle- gi. Tibicinum . Romanorum Q. S. P. P. (prejfo il Gruferò p. 175-. fi legge Tibicines . Romani/Qui. Sacris . Pubiicis . Praeft . Sunt. ) Nello ftejfo Reinefio Ci. I. n. 302. Genio . Colleg. Cent. ( i Centonarii erano del corpo de' Falegnami ) : e n. 160. Genio. Collegi. Peregr. Crede V erudito Etnee e io de Coli. Opif. §. VI ( nel To. II. Ex. IX. ) che ì Falegnami ve- rter afferò particolarmente il Dio Silvano : leggendofi in una ifcrizione : Silvano Dendrophoro. (7) Chiamavanft l'arti fabrili , 0 manuali epyct-
ctoLi, come avverte /' Ammond ad Tit. III. 8., dove S. 'Paolo chiama Y.otkà spyd, onorate opere sa fatte arti : e ad TheiTal. III. 12. dice che bijogna trava- gliare per viver quieto , e mangiare il pane proprio■-.' Tìiftingue lo Scheffero ( in ind. Gr. ad Ael. v. firivau- aoq TS'xyy} ) tra l' arti meccaniche e le fordide e fellu- larie ( fiavccuffoi STii^pioL ) : Si veda però ivi il Kuhnìo in add. I Lacedemoni ave ano una legge dì Licurgo, che proibiva loro dì applicar fi ad arte, fervile, anzi ne pure aW agricoltura , a cui deftinatì erano ì fervi, 0 co- loni detti Iloti. P hit arco Inft. Lacon. Diverfa però prejfo gli altri Popoli della Grecia era /' educazione de' giovani, i quali comunemente 0 apprendeano qual- che arte manuale , fé erano poveri -3 0 fi applicavano all'
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te motteggiando , e notando i difetti degli altri.
Il Tinelli ( nella giunta ali7 Argoli fopra Panvi- nio de Lud. Circenf. II. x. y. jioppoXvKShv ) crede nata quefta parola da Mormone , donna brutta e deforme a fegno , che ne fchifava ognuno V affet- to . Un commentai or di 'Polluce X. 167. fofpet- ta , che cosi fi chiamaffero propriamente le ma- fchere, che rapprefentavano la figura del lupo . Sa- rebbe ciò conforme in parte al p enferò di Euftazio Iliad. 2. p. 1150. che la deriva dal terrore di Mor- mone e dalla forza del lupo . Comunque ciò fia, per quel , che fa al noftro propofito , quefie parole Mormone , e Mormolicio fi dìceano dalle balie d ra- gazzi per metter loro timore . In Teocrito Id. XV. 40. una madre per fare al figlio uno fpauracchìo gli dice : popy/à Mxvei Ì7T7tog. T>ice Clemente Aleffandrìno: molti fi fpaventano al fentir la filofofia de' gentili, come i putti al mormolicio .Onde generalmente il mormolicio fi prende per qualunque cofa , che at- terrifea i fanciulli ; e particolarmente per quelle ma- fchere brutte , o tragiche, o comiche , alla cui vedu- ta effi s'impaurifeono -, come dice lo Scoliafte d* Ari- Jìofane in Pace . Si vede lo (ìejfo in Acharn. e in Equit. /' Etimologico, e Suida in pop[JioXvxsTa. A quefie cor- rifpondeano le mafehere dette da' Latini Lamiae, Ma- niae , Manduci, e fimilì . Lo Scoliafte di Perfio Sat. VI. v. 56. Maniae dicuntur indecori vultus perfonae, quibus pueri terrentur . E generalmente Giovenale Sat. III. . . . i, . perfonae pallentis hiatum
In gremio matris faftidit rufticus infans . perche ave ano per lo più grandi boccacce , e denti or- ribili : da Lucilio fon dette oxyodontes > e da Aceto diftortae oribus . Le figure fi poffon vedere prejfo il Ficoroni delle Mafehere. Vi erano anche delle mafehe- re fatte al naturale con qualche caricatura . Tal e quella del Baravo , di cui parla Marziale lib. XIV. Epig. CLXXVI.
Sum figuli lufus , nifi perfona Datavi :
Quae tu derides , haec timet ora puer. Si veda il Mar e fot ti nel cit. cap. 1. e l' Argoli a Panvìnio nel cit. cap. 2. v. Manduci A quefto ge- nere par che fi potrebbe ridurre la qui dipinta , al cui afpetto fi tramortifee il noftro puttìno. (5-) Tutto merita attenzione in quefto ragazzo,
non ejfendoviparte, che non fia efprejfa con grazia, e con proprietà. (6) guai fojje ^la Teologia de' Gentili intorno al-
la natura de' Genii, fi vedrà in una nota delle Ta- vole feguenti : bafta qui avvertire , che credeano ejfi, che tutte le azioni dì ogni uomo foffero regolate da un Genio, il quale dal momento , che ciafeuno veni- va al Mondo fino all' ultimo della fua vita lo diri- ge a in tutto: e cor rifondenti alla qualità del Genio dominante ( giacche diverfa fingeafi /' ìndole , la for- za , /' intelligenza df Genii ) erano le operazioni, |
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T A V O L A XXXIV. 179
ga gli arredi (8) : la fegd (9), e '1 pancone col ferro un-
cinato (io) per tenervi ferme le tavole da lavorarfi, Sotto al pancone evvi il martello («), e una caffetta, forfè per riporvi dentro gp iftromenti dell' arte, come appunto fo- glion praticare i noftri legnajuoli • Affifla al muro fi ve- de una menfula con fbpra un vafe 9 forfè con olio, per ungere i ferri M. all' agricoltura, alla mercatura, 0 ad altra fimìle in- ri, ludicrc, puerilii e liberali, dite: Vulgares & fordi-
duftrìa, se erano ricchi . In Atene vi erano su ciò dae opificum, quae manu conftant, & ad inftruendam. leggi faviijfime. Trimier' amente era proibito ad ognuno vitam occupatae font , in quibus nulla decoris, nulla lo ftare oziofo, e dovea dar conto al Magi/Irato del- honefti fimulàtio eft, Non è però , che la necejfità , la. fiia applicazione a qualche cofa . Laerzio in Solo- e 7 bìfogno , che di quelle fi avea, non faceffe meritare ne . Ma non era poi permejfo ad alcuno di efercitar due a'collegii degli Art egiani anche in Roma più efenzio- arti nel tempo fteffo 3 perchè per lo più chi vuol far ni, e privilegii. Si veda la L.6. de jur. immun. com- molto , fa tutto male . Si veda il Tetit ad Leg. At- mentata da Tancirolo < Si vedano i Tit. de privil. corp. tic. V. 6. Finalmente gli artefici infigni erano alimenta- lib. XI. T. XIV. delQoà.. Giuftin. e lib. XIV. T. ll.del ti dal pubblico 3 e aveano il primo luogo ne* teatri, Cod. Teod. ove il Gotifredo. Fuori di Roma per l'Ita- e nelle Concioni . Tetit luogo citato . Studiofiffimì Ha, e altrove,particolarmente nelle Città Greche, fiori- delie arti meccaniche par che fiati foff ero gli Egtzìì, rono molto quefte compagnie, e furono in fommo pregio preffo i quali era fi abilito per legge , che il figlio le arti . Si veda Cicerone prò Archia Poeta. Ter quel, dovea applicar fi al meftiere del padre, 0 de' parenti: che tocca al collegio de*Falegnami, fu de* più confide- poco tempo alle lettere attendeano , e a quelle fole, rabili e in Roma, e fuori : fi comprendeano in quello , che poteano effere d* ufo alla meccanica . Si veda i Fabri tignarii, centonarii , dendrofori, dolabrarii, 'Diodoro I. 80. a 8z. Erodoto però II. 41. ftrive, che fcalarii, de* quali tutti fi trova menzione ne* marmi dopo i Sacerdoti i più ftimati preffo gli Ègizii erano riportati da Gruferò, da Reìnefio , e da altri raccogli- % Militari, a cui era proibito f applicarfi ad arti ma- tori . Si trova in quefii marmi menzione de* tempii nuali -, le quali generalmente preffo t barbari eran poco proprii, dove i Falegnami fi univano a tener le loro prezzate . Treffo i Romani da principio Romolo congregazioni e far le conclufioni toccante illor meftie- proibì d Cittadini di efer citar le arti fabrilì , e re, e gli affari del Collegio. Tancirolo in Append. ad manuali , come quelle che avvilivano lo fpirito, e fi Not. Imp. Occid. opponevano al fine, eh' ei fi avea propofio , di for- (8) Tolluce X. 14Ó. nomina molti ftrumenti de*
mare un popolo guerriero : e perciò volle, che i fervi e i Falegnami: in più marmi preffo il Gruferò e in due
foreftieri foltanto vi s'impiegaffero. Dionijto Alicarnaf- preffo il Montfaucon To. III. P. II. PI. CLXXIX.j/?w-
feo Ant. Rom. lib. II. Numa all' incontro , che penfa- dono quafi tutti fcolpiti .
va di efiinguere l* ardor militare, e introdurre una ci- (9) Tlinio VII. 56. attribuìfee a Dedalo non fola
vii dìfciplina in quella rozza e feroce gente, fi abili in V invenzione di quefio ifirumento , ma di tutta l* ar- Ro ma le arti, e fondò diverfi Collegii de* più utili e ne- te materiaria . Igino pero Fav. 174. vuole, che Ter- ceffarii mefiieri, tra quali fi numerò quello de*Falegna- dice nipote di 'Dedalo sull' efempio della fp'ma del pe- rni . T lutano in Numa. Ma ebbero quefii corpi varia fee rìtrovaffe la fega, forte e fiotto i Re, e nella Repubblica, e fiotto gì' Im- (io) Oltre al pancone aveano anche gli antichi
peratori, effendo fiati ora aboliti, ora rimejfi. La fio- legnaiuoli i Canterii, 0 fieno i Cavalli , ( come an- ria e le ragioni politiche di tali vicende poffon veder fi che oggi fon chiamati da* noftri ) dove metteano i le- in Eineccio nella cit. Efercit. de coli. & corp. Opif. gnì, che dovean fegare. Nelle Gloffe fi legge: Can- La prima idea però di di/prezzo, che Romolo impreffe therus, xatpsbàqs na^omatói . Voffio Etym. in C'an- negli animi de' Romani per le arti meccaniche, non fi therius . In un marmo preffo il Gruferò fi vede un cancellò mai : fempre furon chiamate fervili, e credute ifirumento filmile al ferro qui dipinto . non proprie dì un uomo ingenuo , e per lo più efercita- (n) 1/ martello conveniva a' Ferrari egualmen- te da fervi, e da foreftieri, 0 dalla più vile e abìet- te, ed agli altri artefici di metalli : fpeffiffimo s'in- ta plebe. Livio VIH- 20. Opificum vulgus, &c Cellula- centra Vulcano con quefto ifirumento1 in mano. In rios, minime idoneum militiae genus . Cicerone de offic. una ifcnztone fi legge Malieatores monetae. // Vojfie I. 4z. Opifices omnes in fordida arte verfantur -, nec in Malleus . vero quidquam ingenuum poteft habere officina. Sene- (ra) Si veda Tlìnio XVI. 40. e 43.
ca Epift. 88. dìfiinguendo quattro forte di arti, vulga- |
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Tom.I.Pit. Ff TAVOLA XXXV.
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J£V itnzus foet/m. JVectfiofit-
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TAVOLA XXXV.
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(0
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A pittura W , che fi vede incifà nel
primo rame di quefta Tavola, è vera- mente di un pregio Angolare, metten- doci fòtto gli occhi più cofe , di cui ofcuriffima 5 o nefluna menzione s? in- contra negli antichi autori , che abbia- |
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.Vamntcth
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mo delle materie della campagna (?).
Il ruftico Jìrettojo (4) 9 che vi fi rapprefenta, merita di effere
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(i) Nel Catalogo 2V. CCCCLXVIII. 4. e %.
(%} Negli [cavi di Rejìna T anno 1748. fu tro-
vata quefta a 13. ^g°ft° > e lafeguente a 17. (3) E noto in qual pregio foffe tenuta dagli an-
tichi V agricultura . Lanciando ftar gli Ebrei e gli Eroi, in tutto V oriente generalmente i Re fieffi avea- no cura delle opere rufikhe : anzi fappiamo da Ero- doto , e da Eliano che chi fapeva meglio coltivare la campagna , era preferito agli altri per affumere là degnìtà Reale. Lo fieffo Romulo , che proibì a' fimi Cittadini ogni arte manuale , permife loro l' agricol- tura » "Dionigi Alicarmffeo lib. II. La ragione• la dà Ca- tone : ex agticolis & viri fortiffirni , & milites ftre- nuiffimi gignuntur: e fin noti gli efempii di que'} che dall' aratro paffavano Ma dittatura, e che dal co- mando degli eferciti ritornavano alla coltura delle loro ville. Fanone, e Columella, e 'Plinio ci danno il catalogo di tutti gli autori Romani 3 Greci, e di |
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altre nazioni , che han trattato degli affari della
campagna: tra quali , oltre M' due gran Toetì Efio- do, e Virgilio , bello è il vedere i due gran Genera- li Senofonte, e Magone ; e i Re ancora Gerone , Fi- lometore, Attalo, ed Archelao . Era celebre il Col- legio de' Capulatori in Roma , e per le Trovin- cie. Capulatores fi credono in Catone , Columella, e Plinio effer chiamati ì cuftodì de' torchi da pre- mer le olive . Eineccìo nella cit. Eferc. IX. $-23- [piega : qui torcularibus , vino oleOque exprimendo praeerant : e fa menzione di marmi portati dal Gru- ferò, e dal Reihefio , dove fon nominati ■ In altre ifcrizionì fi pària del Collegio de Vinarii } come av- verte k jteffo Eineccio £ i%. e §. io. Lampridw in Alex. Sev. cap. 33. Scrive di quefto Imperatore-. corpora conftituifle omnium vinariornm. Ma di quefto luos-0 di Lampridio parleremo nella nota (>d). (4) "Diceajt da' Latini Torcalar , e Torcularmia a tor-
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i84 TAVOLA XXXV.
effere con particolar attenzione offervato . Due groffi le-
gni perpendicolarmente conficcati in terra W, e fermati nella parte fuperiore da un terzo egualmente groflb e roz- zo trave (6Ì : alcune traverfe (7) parallele : e più conti (8) anche di legno , formano tutta la macchina. Le mazzo- U (9) ? che hanno in mano i due Genti in atto di percuo- tere in parti oppofte le zeppe ; par che dimoftrino il gioco 9 e T ufo delle traverfe, e de' conii (io). ]>jei pic- ciolo a torquendoi ed era COSÌ chiamata non folo la mac- latufquc, quo arbor inferi tur cardini, aut fuae bafi:
china , ma anche il luogo, dove fifa la vendemmia. E* da avvertire , che Catone vuol, che i travi e
Topma de Inftr. Ftmdi cap. XI. Il torchio da' Gre- gli ftipiti firn di rovere , o di pino : Arbores dipi-
ci e detto ÌWj onde Bacco \y)vùq$ , Xrivlg la baccan- tefque robuflas facito , aut pineas .
te } e Xwofìa, le fefte di Bacco: e un tal ballo, che (6) Catone cosi fcrìve,- Infuper arbore*ftipitefque
foleafi fare , in cui rapprefentavano la vendemmia, arborem planam imponito latam P. II. longatn P
detto perciò e7t(kr)vio? , Si veda Meurfio in Ofcheft. XXXVII. vel duplices indito , fi folidam non habe-
m quefta voce. Avea lo (ìrettojo, come lo ha anche bis. Forfè intefe di quefto trave tranfverfale, // qua-
0£gz 3 ilf° ne^° fchiacciare le uve, e le olive. E per le in ogni torchio e neceffario .
quel, che fa a noftra notizia , di due fole forti di (7) Ordinariamente ne' torchi a vite un folo è il
torchi fanno menzione gli
le ccfe ruftìche j imo em
fo . Vitruvio VI. 9. par
tri: Ipfum autem torcular , lì non cochleis torque- ver fé , che premendoci /' una l'altra faccian poi cade»
tur; fed ve&ibus , Se pelo premitur : e fiegue a dar re tutto il'pefo suW ultimo legno, che tocca V uva.
le mijure corrifpondenti a quefti due fpezie di tor- Quefto legno dicefi dd latini preluni , quafi premu*
culari , fenza accennare altra . Bellifiìmo è il luo- km . Sì veda Voffio Etym. in auefla 'voce. I Greci
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go di 'Plinio XVIII. 31. dove parlando delle leggi lo di fero Tonato ("0 Tom'ov) e 'èpos Si veda Arpocra-
della vendemmia , farla de' varii torchi, e della lo- zione . "Dice Catone cap 19 Inter arbores quod- ro invenzione : Antiqui funibus, vittifque loreis pre- erit medium , id ad mediam collibrato, ubi porculum la detraheoant & veftibus ( di cui parla Catone nel figere oporteat, ut in medio prelum rette fitum fiet cap. 18. ) Intra C. annos inventa Grecanica, mali Lingukm quum facies, de medio prelo collibrato ut rugis per cochleàs bullantibus palis^ affixa arbori inter arbores bene conveniat , digitum pollicem laxa' uella, a palis arcas lapidum attollente iecum arbore, menti facito . Spieg* ;j oj^™.,. i.:„ JL _a „v, Vim quod maxime probatur ( dì quefti fi dee intendere che ma pars preli, quae inter duas arbores reclras inferii parli Vitruvio, e Columella ) . Intra XXII. hos an- tur in modum linguae . Nel torchio qui dipinto, fup- nos inventum parvis prelis, & minori tor ciliari, aedi- ponendo, che le traverfe faccian tutte l' officio di pre- ndo breviore, & malo in medio decreto , tympana //', devono dirfi così anche fatte , come or ora fpie- impofita vinaceis , fuperne toto pondere urgere, & gheremo. fuper prela conftruere congeriem. Tutti però fi rida- ' (8) Romina anche Catone Cuneos , ma par che
cono a vite, 0 a pefo. In fatti anche oggi il trave, fieno deftinati ad altro ufo diverfo da quello , a cui
che preme l' uva , 0 V olive , e moffo^ 0 dalla vi- qui fi vedono impiegati . Nelle vicinanze di Tortici
te , 0 da lunghi travi , nell' eftremità de' quali anche oggi fi ufa un tale torchio fimile al qui dipinto -,
fi appendono de' pefi .. Catone de Re Ruft. cap. 18. ma in vece de'conii adopranfi de' moggiuoli per pre-
defenve la maniera di far il torchio antico : ma è mere le traverfe.
così ofeura , che il Turnebo avverte che avrebbe bi- . (9) La figura di quefti magli è tale , che fece
fogno di un dotto ed ìngegnofo architetto per inten* credere ad alcuni fervir piuttofto qui per tagliar la
derfii e l 7 opma avendo tentato di fpiegarlo , fi vinaccia , come veggìamo farfi da' noftri vignajuoli
arrefto conojeendo dt non poterfi con parole illuftrare. sul torchio ., Varrone de Re Ruft. I. 54. Cum deilit
E cerio pero ) come nota lo fteffo Topma, che'l tor- fub prelo fluere , quidam circumeidunt extrenw , &
chio di Catone e differente da quel di Vitruvio, rurfus premunt : & rurfus Cum expreflum circumcifi-
e da qiies, che oggt Jono m ufo . j$e pare ? che ai tum appellant ; ac feorfum fervant , quod refipit fer-
quì dipinto poffa in qualche maniera riferirfi: ejfen- rum. Ma lamojfa, in cui fono i Genii,moftra tutt* altro,
do il noftro fempheifiimo , é quello affai compofto , (io) // meccanifmo di quefto torchio potrebbe così
e intrigato . . concepirfi: Le traverfe fi fuppongono fcìolte ne'due ca-
. 6") "Bìice Catone^ nel cit. 1. : Ibi foramen pedici- pi, i quali fi adattano ne' canaletti, che hanno nella
nis duobus facito. Ibi arbores pedicino in lapide fra- parte interiore i due travi perpendicolari per tutta la
tuito : /piega il Topma : Pedicinus eft pes tenuis edo- loro lunghezza $ affinchè le linguette 3 0 capi delle
traverfe
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T A V O L A XXXV.
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dolo campo (") di legno fi diftingue V uva (12) ; e nel rof
fo liquore, che pel canale (13) fcorre nel fottopofto va- fo (14), fi riconofce il mojlo '{*$ . Il vajò 9 che fi oflerva in disparte sulla fornace accefa > con un Genio , il qua- le con una mejlola (i<*) di legno in mano va rimeftando il li- quore ;■ che vi è dentro ; par che abbia rapporto all' ufo di cuocer il mofto C&J. Non meno bella , né meno intereffante è P altra pit-
tura 9 che ci prefenta una bottega di calzolajo . Se- Tom. I. Pit, G s dono
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traver fé poffano Uberamente calare a piombo , e fiali-
re, I comi oppoft amente collocati traile tr aver fé , /pin- ti dalle mazzuole de' Genii, coli* inzeppaci premono sulle traverfe in modo, che tutta la forza, dì linea in linea paffi ad efer citar fi sull' ultima, che tocca /' uva, e la fcl taccia /premendone il fugo . (11) 2/ campo, o parte del torchio, dove fi met-
te /' uva , chiamafi Forum . Topma : Forum eft pars torcularis, in quarti uva defertur, ut prelo fubjiciatur: Varrone de Re Ruft. I. $$,. lo chiama forum vinarium. Si veda ~però V Index Script. Rei Ruft. del Gefine- ro in quefia v. Forum. {12) Varrone l, 54. dice : Quae calcatae uvae
erunt, earum fcopi cum folliculis fubjiciendi flib pre- lum, ut fi quid reliqui habeant mudi, exprimatur in eundem lacum . Cohmella de Re Ruft. XII. 29. Ante- quam prelo vinacea fubjiciantur . T>i quefia parola vinacea^ veda il Gè fiero nel cit. Indice. (13) Ne'torchi, che oggi tifiamo, tale appunto è
il foro ( che chiamano i no/tri vignajuoli letto ) tale il canale , e tale il vafo , 0 tinaccio , dove fcorre e fi raccoglie il vino . (14) Abbiamo già veduto nella nota (12) che Var-
rone lo chiama lacum. Columella XII. 18. Tum lacus vinarii, & torcularii, & fora. U Urfino legge &c tor- cularia: il Gè/nero nota : potuerunt tamen effe etiam lacus torcularii a vinariis diverfi. E nominato anche da Ulpiano L. 27. §. 35. ad L. Aquil. dove crede il Bu- deo doverfi leggere laccum » Si veda Cujacio X. Obf. 9. ("i^) Muftum propriamente diceanó i Latini qua-
lunque co fa novella . Nonio : Muftum non forum vi- mini , verum novellum quicquid eft , refte dicitur. On- de Nevio dice : Utrum eft melius virginemne, an vi- duam uxorem ducere ? Virginem, fi mufta eft. Cato- ne cap. izo. Muftum fi voles totum annwm habere, in amphoram muftum indito, & corticem oppicato , di- mittito in pifcinam , poft XXX. diem cximito . To- tum annum muftum erit. St veda Columella XII. 29. che dice ad un di prejfo lo fiejfo . Tar , che gli miti- chi diftinguejjfero tre forti di mofii . I. Protopum; di- ce "Plinio XIV. 5>. Protropum appellatur a quibufdam muftum fponte defluens , antequam calcentur uvae : così anche Efichio , e 'Polluce . IL Lixivum . Colu- mella XII. 17. Lixivum , h. e. , antequam prelo peffwm fit., quod in lacum muftì fluxerit , tallito. |
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Il Gefnero vuol che fia lo fiejfo che 7 irpórpoTtov -,
ma fé r uva fi calcava prima di premerli col prelo i par , che fieri diverfi . III. Tortivum finalmente è, quod poft primam prefluram vinaceoram circumcifo pede exprimitur. Columella XII. 3 6. (16) gluefio bafone ? con cui fi vede il Genio
mefcere , e rivoltare il mofto nella caldaja , diceafi rutabulum . Columella XII. %o. e 23. rutabulo ligneo agitare , permifcere ; parlando appunto del cuòcere il mojlo: e nel cap. 41. parlando dello fiejfo : lit puer s qui fpatha lignea, vel arundine permifceat. (i'y) I Greci folcano cuocere i vini : onde prejfo
Ateneo I. p. 31. il poeta Ale mane chiama àtivpov il vino de' cinque celli, prejfo Sparta , cioè , come /pie- ga Ateneo, ex hpy}fi£vw • syjQvro yàp ìffioìq. divoig : non cotto : poiché ufavano i vini cotti, I Romani per fa- re i vini fimili d Greci, particolarmente al Coo , coce- vano il mofto, 0 vi mi/chiavano V acqua marina. Si veda Catone cap. XXIV. e cap, CV.Tlinio XIV. 8. e Tallodio XI. 14. Talluce VI. 17, nomina tra gli al- tri vini dolci quel, che ajfohitamente chiamava/i Itf'Jj- fxd , eh' è '1 vino cotto a fegno che diventi dolce : onep i<rh oxvoc, èfyyvJycc. eie; yXvxóv/jTa : benché confonda poi l' epfema, 0 vino cotto coli' clvójisXt, 0 mulfo eh*è il vino conciato col mele . Nomina anche ilSiCcreo [chia- mato da Efichio, e anche da Galeno Ms9, Qspccx. lib. II. Gipctiov ), che deferive ejfer il mofto cotto fino a di- ventar dolce, Tlinio XIV'. 9.confonde /'epfema, e'I fireo de' Greci colla fapa de' Latini : Siraeum , quod alii hepfema , noftri fapam appellant , ingenii non na- turae opus eft, mufto ufque ad tertiam partemnienfu- rae decoro . Qiiod ubi fa&um ad dmidiam eft , defru- tttm vocamus . Se dunque il mofto coceafi fino alla me- tà , faceafi il defruto , fé fino a due terze parti, la fa- pa; fé fino a un termofilo , diceafi careno". Caraenum, cum tertia perdita, duae partes remanicrint : dice 'Pal- ladio XI. 18. Si veda il Gefnero nel cit. Ina. v Carenum. La maniera di cuocere il mojlo per far quejii vini, e definita da Columella XII. 19. e feguenti, dove è no- tabile per la no (ir a pittura quel che dice a principio : muftum, quod derìuxit, ante quamprelopes eximatur^ fatis de lacu in vafa defrutariaA deferemus, lenique pri- mum _ igne , & tenuibus admodum Ugna, quae cremia rullici adpellant, fornacem incendemus . Solcano per la dolcezza , e fragranza porvi de'pomi , e degli aromi: e per la durevolezza vi mifchiavano pece, terebinto t |
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kg* TAVOLA XXXV.
dono due Genti' fopra /gabelli fenza ipalliere (18), in-
torno ad una panca in atto OsO di fare il lor meftiere (io): Sulla tavola fi vede un piccolo iftrumento rotondo (n). Affifia al muro evvi una tavola (2*) con lòpra delle /car- pe (23) : dall' altra parte fi offerva un armario con varie cofe attenenti all' arte , tra le quali vi fono delle forme (24) di legno, e A&vafi forfè con varii colori (25), onde fo- lcano tingerli i calzari. peffo , cenere , e altre cofe sì fatte. Columella, "Plinio, comodar la /carpa calzata sul piede . Polluce VII.
e Palladio ne', cit. 1. Per quel, che riguardai vini cap. zi. nomina più ftrumenti de* Calzolai : a^l>,rjT
delle vicinanze del Vefuvio, fiveda Strabene'V. p.x43. Ttefnofisvg , Q7ìYjTSioù 3 KdXÓnofeg : ufiati anche oggi da'
e -l\-j. e Plinio XIV. i.e 6. dove così fcrive de'vini di nofiri.
Pompei: Pompejanis fummum X. annorum incremen- (22) Tale appunto ufiano anche oggi i calzolai per
tum'eft , nihil fenecta conferente. Dolore etiam ca- riporre le fi arpe già compite : e nella noftra pittura. pitum in fextam horam diei fequentis infetta depre- fi vedono due paja ripofie, e già terminate . henduntur . San note le lodi, che a' vini, e all' ameni- (zi) 'Diverfe erano le forte dì fcarpe tifate da- ta del Vefuvio, e de* contorni dà Marziale IV. Ep. 44. gli antichi, altre per uomini, altre per donne, altre (18) Quefte fieggiuole , da Latini dette felìulae, che a quefte e a quelli convenivano. Orazio parlando
fi ufano anche oggi da? Calzolai . Forfè perciò furori de' calcei Senatorii. I. Sat. VI. dice dette quefte arti feliulariae, hià^ioi. Ut quifque infanus nigris medium impediit crus
(19) Son belli , e proprii gli atteggiamenti di Pellibus.
quefti due Genii . Il primo par che voglia colla deftra Tertulliano de Pallio cap. 4. generalmente de* calcei
fi ir are , forfè sulla forma , la pelle della Jcarpa , che dice lo fieffo . 1 Peroni, proprii de' ruftìci , e dì cui
tien firma colla fìnìftra . Marziale IX. f. e/prime la comunemente fervivanfi ì Romani in campagna, e per
maniera più ufata da' Calzolai in far quefto : Città ancora ì Plebei-, ghigne ano anche a mezza gamba.
Dentibus antiquas folitus producere pelles. Sìdonio Apollinare lib. IV- Ep. 20. / Greci ufavano
Plinio XXXV. io. parla di Pireico , il quale ton- ì Fecafti, di cui per altro e affai controversa lafor-
ilrinas , futrinafque pinxit. , ma . I Coturni non fol da' Tragici Attori , ma fi ufa-
(zo) Tra i collegii ìfiituìti in Roma da Numa vi vano ancora fuor della ficena: Virgilio Aen. I. t. 341.
fi numera da Plutarco anche quello de' calzolai. Ma dà ì Coturni alle Caccìatrìci > e l Balduino de cale.
ebbe le ft effe vicende degli altri: onde fiotto Aleffandrò e. 15. vuole, che altro non foff ero che i calzari da cac-
Severo fi vede infieme con quelli delle altre arti rifiorto, eia , anche alti a modo di ftivalettì . Poffono le ficar-
dìcendo Lampridio nel cit. cap. 33. Eum corpora con- pe qui dipìnte a tutte quefte fipecie riferirfi: e ad al-
ftituiìTe omnium vinariorum, lupinariorum ( il Cafiau- tre ancora traile molte nominate da Polluce VII. e. %%.
bono legge popinariorum ) caligariorum , & omnino (24) Polluce VII. cap. 21. dice che gli antichi omnium artium, hifque ex fé defenfores (ledine. Ahi- chiamavan le forme xctòanoSìzg, e così a fiuoì tempi
iavano in Roma i Calzolai nella IV. Regione, ove era anche diceanfi. Galeno così le nomina lib. IX. Therap,
// vico Sandaliario, di cui fi fa menzione nelle ificri- onde l' interpetre di Orazio II. Sat. III. v. 106. le
zioni preffo al Pancìrolo , e al Gudio . Si veda anche dice calopodia. Orazio però nel detto verfo le chia-
Gellio XVIII. 4. e Seneca Epift- n^- "Da Plinio ma Formas, e così anche Ulpìano L. 5. §. z, ad L.
VII. 56.fi attrìbuifice /' invenzione di quefi' arte a un Aquil.
tal Boezio. "Del refto antichìjfimo e l' ufo delle ficar- (z {) Atramentum futorium nominato da Plinio
pe: Mas e , ed Omero ne fanno menzione : e 7 Balduina è quel, che fi adoperava per tìnger le fe arpe in nero :
de Cale. cap. 1. fippone ufiato dallo fi effo Adamo, se e così degli altri colori , dì cui fole ano tìnger fi. Si
non le ficar pe formate, un riparo almeno contro le fpine. veda S.Giovan Crìfiofiomo Homil. XXVII-
(zf) E fimile a quello, che oggi fi ufa per ac-
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TAVOLA XXXVI.
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IJa.q. X§7
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jR,. Pozzi fui'Tni'i»1'
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JW- Vanni aauo. forti ^ctttjp
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•*'• -?o^TZ~~3
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fif. T/"f*rtvii' aj-ua f-ovti l-netd.it
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£* J^i# x/t e/et* detm.J.O
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189
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Vanni JDtdn
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Et tinìns paini, ty^apolìt.
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TAVOLA XXXVI.
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(0
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ON par, che fia facile il determinare
a qua! meffiere fieno applicati i tre Ge- mi , rapprefèntati nel primo rame di quella Tavola (2). La macchina, intorno a cui fono occupati, fembra a prima vi- lla un telajo (3) ; e potrebbe credere per avventura taluno, che 1 pittore ab- bia voluto efprimerci de*tejfìi&ri (4). Ma , oltre al non eflervi poi alcuno degli linimenti , che a tal arte fon neceffarii
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(1) Nel Catalogo N. CCCCLXX. 4. e 2.
(%) Fu trovata la prima a 13. Agojlo, e V altra
a x^., nell' anno 1748. negli favi di Refina. (3) Nel Mùntjducon To. III. p. 3 58. fi offervano
due telai ricavati da due miniature , una del celebre codice Vaticano di Virgilio > e V altra di un commen- tario [opra Giobbe, che fi crede del X. Secolo . Ma fo- no ben diverfi da quefio . (4) guefta congettura parea, che potejfe prender
qualche fujfiftenza dall' offervarfi, che V legno a cui tien la mano il terzo Genio, non fi ferma sul piede del quadrilungo, come gli altri, ma fende fino a ter- ra, e a quefio fi a muto per un capo lo fgabello , che fi vede fiotto al telajo : onde par che il Genio tirando
a se quefio lungo legno dia moto anche allo fgabello . Sul p enferò dunque, che foff ero quefii Genti tejfitori, |
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fi dijfe , che fi figurajfe 0 la maniera di far delle ve-
fti villofe nominate da 'Plinto Vili. 48. ; ovvero u modo di teffer le reti • E fi avvertì quel, che fcrive Plinio XIX. 1. dove parlando delle varie forte di li- no , dice. Eft fua gloria & Cumano ( lino ) in Cam- pania ad pifcium & alitum capturam . Eadem & pla- gis materia . . . Sed Cumanae plagae conci'dunt apros, Se hae , caflefve ferri aciem vincunt . Vidimufque jam tantae tenuitatis , ut anulum hominis cum epidro- mis tranfirent ; uno portante multitudinem, qua fal- tus cingercntur. Nec id maxime mirum, fed fingula- earum ftamina centeno quinquageno filo conftare : ^Del refto delle maniere di teffer e degli antichi fi ve- da il Ferrari Anal. de Re veftiar. cap. 13. il Brami de Veft. facerd. Hebr. ed altri. |
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.igo TAVOLA XXXVI.
necefTarìi (?) ; uno degli Amorini moftra piuttofto voler
filare (6) quello flame ? che fi vede foipefo ad uno de- gli uncinetti , che fono nelle traverfe fuperiori . Quel, che fi faccia V altro Amorino, che anche ha traile mani un fimile ftame, non ben fi conofce : per altro è Ja pit- tura affai ma| concia, e molto perduta. Nel cane (irò, che fi vede in diìparte, forfè eranvi dipinti de' gomito- li della materia, che ferviva al lavoro (7). Quanto graziofa , altrettanto è chiara 1- anione efprefla
nella feconda pittura, dove fi vedono due Amorini, che pefcano (8) colla canna (9), e co\V amo (**) ; e vi fi offerva- no de5 pefci già prefi? e altri comparir fotto l'acqua (n) TAVOLA XXXVIi
(5-) Gì' frumenti de* Tenitori fono defcrittì da va da' Poeti attribuita fpecialmente "Plinio nel cit
T alluce VII. 36.Si veda Seneca Ep. 9o. Plinio VII. cap. $6. vuole, che l' ìnventor del fufp foffe CMere S6. attnbmfice l'invenzione del teffere agli Egizii. Co- figlio di Aracne -, e quefta vuol, che la prima filaffe il munementefie ne da la gloria a Minerva, a cui per al- lino . Si vede in Omero , che l'Eroine aveano a forn- irò tutte r arti anche fon date. Onde dagli Ateniefi fu ma gloria il filar bene: e Teocrito Id XVIII detta sjydvrtg: Taufanial.%^.ealtrove.Tragliefercizii e kg. per dare una gran lode ad Elena , dice eh' dell' Eroine ti più commendato è il tejfere . Euftazio ella filava meglio di tutte le fue compagne . "PrefTo liiad. I. 3i.pag. 30. Si veda Patterò IV. 13- Erodo- i Romani di quanto pregio foff e alle 'Dame il filare to II. 35-. tra le altre Jlrane coftumanze degli Egizii è noto da Fanone, "Plinio, Suetonio, e "Plutarco Sì numera anche quefta : al psv ywaì'y.sg àyopdfecri zcà veda Tir aquello de LL. Cono.. 1. io. n 38 wnnfrsóisai- et ós àvìpeg , ìwct: oUxg slovrsg , ópabairi : (8) Plutarco nel trattato de Sollert. Anim porta. le donne negoziano in piazzale tengono le bettole: le ragioni contro, e a favor della pefea fé fia 0 no gli uomini ftanno in cafa a teffere. efiercizio lodevole: e nota, che Platone (nel (ih VII (6) Altri pemò dal vederfi quefto, che poteffe qui delle Leggi ) nel tempo fteffo , che loda , ed 'eforta
rapprejentaji il filare, 0 attortigliare colla lana le la- i giovani alla caccia \ 'vieta loro la pefea Nr minette d'oro. E avvertì, che Plinio XXXIII. 3. dice, però , che in Omero non fi legva anche ufat / ^ * che oltre alla nuova invenzione di far drappi teffuti fica, come avverte Ateneo I. p.%$. Si veda Fei^ Fi" d'oro puro, vi era anche l'antica di filarlo intefuto, cap. 5. e IV. cap. II. 4. Notano però Platon™ III oper meglio dire ìntorcigliato colla mano: e che con- de Rep. Plutarco Symp. VIII. 8. e Ateneo I n fermavafi ciò da Sidonio Appollinare Carni, 22. v. 199. che gli Eroi non mangiavano pefci Tra le altre Va ■ 7 7d ^mine ff° 1, *ÌTfl }"** anche 1«<fl* . P"'bè ' è un cibo troupi
Praegnantes fìlli mo litum nefTe metallum. delicato, e proprio da' ghiotti . Grazio fi fono i verft
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avagli anche pefo il veder fi il filo divifo , e sfioccato dì "Difillo, di Senarco , di Filotebeo , e di altri Poe-
m capi, de' quali uno poteafi dir d> oro, gli altri ti prejfo Ateneo VI. p. 225-., in cui maledicono i Pe- |
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di lana , che s' mt or cigliano tra loro a mano . E'I fcaton, che vendono i pefci a carijfmo prezzo, e per
telajetto lo volle adoperato per raccogliere 1 briccioli lo pili puzzolenti delle lammette perchè non cadeffero a terra. "Parve (9) Gì' frumenti della pefea fon numerati da
ingegnofountalpenfiero, mafoggettc>apiùoppofizioni. Polluce X. 132. e 133., tra' quali le canne egli
(7) Catullo in Nupt. Pel. & Thet. defenve coli' ami. Plutarco de Sol. Animai, fcrive come ha da ef-
Ultima eleganza la Parca che fila : fere la cannuccia de'pefiat ori, come l'amo, Slaccio. £aeva coium molli lana retmebat ammanii Nel Montefaucon Tom. ili. p. 332. Tav. iZf.fivedo*
Dextera tumleviter deducens fila fupinis no raccolti pezzi antichi rappr e fintanti tal pefea . In
jormaDat mgms. tum prono in pollice torquens altre fioftre pitture fi vede quella , e altre forti di pefea.
Libratimi tereti verfabat turbine furimi : (io) Molte erano le laniere di far la pefea, co- Atque ita decerpens aequabat femper opus dens me da Polluce nel e. 1. da Filofirato I. Im. 13 .da Eliano
Laneaque andu is haerebant morfa labellis, H. A. XII. 43. e da altri fi raccoglie . Ovidio anche dice
Quae pnus m Imi fuerant extantia filo . Hi jaculo pifees , iili capiunmr ab hamis, Ante pedes autem candente molila knae Hos cava contexto retia fune trahunt.
Veliera vèrgati cuftodicbant calathifici. (lI) Ftloftrato nella cit. Im. XIII. deferivi con vi-
X invenzione del filare la lana fu anche a Miner- vevza i pefci, che comparifeono fattoi'acqua, delmare
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193
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J?i zi&ixiJ pafm- NeaiJolìi:
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TAVOLA XXXVII.
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UTTO è bello, naturale, ed efpreffivo
nella pittura « che fi vede incifa nel primo rame di quefta Tavola, in cui ci fi rapprefenta una caccia (3) . Viviffimo e graziofo è 1' attegiamento del Genio \ La moffa delle ali , e lo fvolazzar del |
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"WTTTry.
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J.. Vanti Atei
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panno ( che girandogli intorno al collo
gli fi avvolge al braccio ) corrifpondono all' azione, cn ei Tom.I.Pit. Hh fa |
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a T>ìana infieme, ed Apollo ■. Senofonte nel trattato
della Caccia. Benché più comunemente alia jota Dia- na fi dia tal gloria , Lafdando far tutti gli altri. Grazio Falìfco nel poemetto della Caccia V. 13. £ feg. Tu trepidati! bello vitam, Diana» ferino . Qua prìmam quaefebat opem , digfiata repeftis Protègere auxiliis, orbemque hac folvere noxa. T>a 'Diana e da Apollo apprefe queff arte Ghirone, e l' infegnò agli altri. Senofonte nel e. 1. Si veda però Oppiano Cyn. II. v. to, a 2$. che diftingue le inven- zioni delle varie maniere di cacciare . Non fi trove- rà forfè nazione s che non avejfe tenuta in fimmo pregio la caccia \ Lafcìando fare ì popoli meno cono- fi luti e menò culti b Strabene XV, p> 734- far lan- dò dell' educazione de' Terfiani, dice , fhe da cin- que fino a' ventiquattro anni doveano ogni giorno efr- citarfi alla caccia , fenza che pot efero della predafat- ta mangiare . E Senofonte Cyrop. I. M*> che l Re. |
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(1) Nel Catalogo N. CCCCLX1V. 1. e t.
(%) Fu trovata la prima e la feconda pittura negli
/cavi di Refina a'6. di Agofio del 1748. (f) Gli uomini per difendere fé fi effi, e le coje loro
dalla fierezza > e dalle infidie delle beftie felvagge, dovettero da principio a viva forza combatterle s ed uccìderle 0 ^renderle con aguati, Quefta fu l* orìgine della caccia, ■ e della guerra infieme t Si veda Lucrezio V 964 e feguenti, e Anflotele Polit. I. 8. Quindi fii a'cquiftarono gli Eroi tanta gloria , e furono creduti i benefattori del genere umano per aver diftrutte le fe- re, che deva/lavano i campi; fi veda Taufama I. z7; Ed offerva Strabene XV. p. 70* che t cacciatori prefi Co gV Indiani fono alimentati dal Re, perche libera- no i feminati dalle beftie, e dagli uccelli. Or quel, che la necefjìta avea introdotto, fu dall utile, e dal piacere che fé ne rìcevea, ridotto ad arte ; Virgilio Geora I, v, 13*?. e 40, L'invenzione ne fu attribuita |
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tu
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TAVOLA
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XXXVII.
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fa di lanciare colla dejìra mano un dardo (4), tenendone
due altri colla Jiniflra. Le forme, e le moffe de'Cervi W che fuggono > e de? Cani (<9 ? che a quelli tengono die- tro , fono ancor con vivezza, e con proprietà figurate. Né con meno gufto > benché con fantafìa più capric- ciofà,
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di Terfia dovea efiere perfetti/fimo cacciatore : doviti*
do egli , come è condottiere de' fuoi fudditi nella guerra , così ejfler parimente lor capo nella caccia b a cui egli feri amente invigilar dee^ che tutti attendano. Ta- cito Ann. II. riflette , che VòmneRe de'Tartiflu odia- to da'fudditi, perche centra il Coftume de' loro mag- giori rare volte ufciVa a càccia . Ter quel-, che riguar- da i Greci, fin da' tempi di Omero era la caccia una delle parti principali dell' educazione della gioventù, come avverte Ateneo L p. 24. e Tlutarco dell' Educai zióne de* figli tra gli eflerciziì, che han da fare i gio- vani , vi numera la caccia. "Degli antichi popoli dell' Italia , Virgilio Aeri. VII. e nel ÌX. Venatu frivigilànt ptieri , fylvafque fatigant ■.
Anzi da Graziò tra gli altri Numi 3 che prefiedono alla caccia, e invocato .... Latii cùltór qui Failnus amàeni:
Ter gli Romàni bafierebbe ly efiempio del fola Scipio- ne ■, di cui Tblìbio racconta, che impiegava nella cac- cia tutti i momenti, the di avvanzavano dàlia guer- ra ì fé Orazio L Epift. XVIIL non chìamajfle la caccia Romànis fòllemìie viris opus, utile famae à
Vitaeque^ Se rrierhbris:
facendo in poche parole il vero elogiò di quefio 'Mera- mente nobile efertizio -, il quale a ragione è chiamato da Tàlluce V. iti pràef. efercizio da Eroi , e da Re: ed a cui dice gìujlamente Euripide in Supplic. v. 885-. e feg. che bìfogna avvezzar fi quél Corpo j il quale voglia effer utile alla Repubblica. Toiche ( come dice Senofonte nelfluo trattato della Caccia p. s>9fi- ) c°l°~ ro *, the vi fi efer citano , non {blamente acquiflanó una valida fanità , e buona villa, e miglior udito, e tardi invecchiano 3 tóa s^iftruifeono àncora, e fi àfluefanno alla difciplina militare. Tlatone, Tolibìo, Cicerone, Tlutarco, e tutti i grandi uomini parlano allo fieffo "modo . Belliffime fono le parole dì Tlinìo a Trajano ì Quando hai tu fpedita la calca degli affari, itimi uri follievo il cangiamento della fatigà. Poiché qual è il tuo fpafTo, fé non fempre vifitare le felve ., cacciare da'lor covili le fiere, forpaiTare gli àfpri gioghi de'moii- ti, e fugli orridi fcogli portare il piede, fer;.za l'aju- to di mano, o di guida altrui ? Quella un tempo era l'efperienza della gioventù, quella il piacere: in que- lle arti fi erudivano coloro , che doveano comandare agli eferciti : nel contendere colle fugaci fiere nei' cor- fo3 còlle audaci nella forZa, colle maliziofe nell* aftu- zia j con que^ che fiegue. E noto fin dove giugnejfr in Roma il gufto per la caccia ne' pubblici fpettacoli . Si veda ti Bulengero de Venatione Circi, Tra le pittare del Bellori fi "vedono le cacce degli Orfi, de' Leomx., e delle Tigri * di cui parleremo apprejflo. (4) 'De' varìi finimenti della caccia parla Tol-*
luce, Oppiano , ed altri , e flpecialmente tra gli Autori; che hdn fatti trattati dilla caccia, Grazio da noi |
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fopra mentovato s di cui dice Ovidio,
Aptaque venanti Gratius arma dabit. Or coftui v. 122. e 23. così parla del dardo,
Quocirca & jaculis habilem perpendimus ufum : Neu leve vulnus eat , neu fit brevis impetus illi, (5) 2 Cervi erano particolarmente conflagrati aT>ia-
na , Callimaco nelflnno in Dian. v. 95». a 106. le dà il cocchio tirato da quattro Cerve colle corna d' oro . Si veda sul v. 102. Spanemio, Anna Fabra , e gli altri commentatori : i quali avvertono , che anche Tinda- ro -, e Anacreònte e altri Toeti danno alle cerve le corna contro il fentimento di Arìftotele, e degli altri Scrittori dell' Ifioria naturale , che vogliono da' fo- li cervi averfi le corna . Avvifla anche ivi v. 106. lo Spanemio, che flpejflo sulle medaglie s'incontra 'Dia- na 0 fopra Cocchio tirato da cervi, 0 fedente flopra un cervo. E flembra , che particolarmente fi flojfle quefia 1)ea compiaciuta della caccia de' Cervi , de' Lepri, delle daUme , e dì altre fimili timidette belve : onde ebbe il nome di è>.u(pYi^óXog : benché Omero Z. 104. aggiunga a' cervi anche ì cignali , e generalmente Ovidio Fall. II. 163. Mille feras Phaebe fylvis venata redibat :
è nell' Antologia IV. cap. 12. fi legge di Diana . Uàira y§w òXfyov rxès xvvTjyscrtov
Poca caccia è a coitei tutta la terra .
Si veda Spanemio nel cit. Inno v. 2,. v. ix. e v. i^i. Comunque fia , aveano altri Numi anche /' ingerenza nella caccia ; Oltre a Fauno , a Bacco , e a Silvano invocato da Grazio, ed ad Apollo Q invocato da Er- cole , prejflo Eflchilo >, nello flcoccar la faetta contro un uccello") si invocava anche Arifleo da coloro , che col- le folTe j 0 co' lacciuoli tendono ìnfidie agli orfi, e a* lupi i poiché egli il primo invento tal florta di cac- cia, come fi legge in Tlutarco in Erotico . In fiat ti varie > e diverfe etano le forte di cacce prejflo gli an- tichi fecóndo il genere degli animali , che fi caccia- vano*, e fletondo la maniera di cacciarli . Si vedano Senofonte -, Oppiano ^ Nemefiano , e gli altri anti- chi Scrittori della caccia . Teficolofifiìma era la cac- cia de' Leoni, delle Tigri , e di fimili beftie ferodi né par the tonvenijfe a donne-, se pur non flojfle qualche Ci- rene , 0 Atalanta, 0 altra fimile Eroina flupertore al fieffo. V altra detta propriamente Venatio da' Lati- ni ; e xvtyysTtXTJ da' Greci , che intorno a* cervi, e ad altre sì fatte fugaci belve, e dove non altro, che V piacere t e V efercizio , e la deflirezza del corpo ha luogo 5 par che flojfle più propria per le Ninfe feguaci di Diana, Vuccellare è ammejflo da Tlatone VII. de Leg. in flecondo luogo : e fu dagli Eroi anche uflato * come avverte Ateneo I. p. 25-. (6) Seneca X. Ep. 77. così dijtingue le tre pro-
prietà de' cani di caccia : In cane fagacitas prima eft, fi inveftigare debet feras \ curfus , fi confequi audacia.
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: T A VOLA XXXVII. :
ciofa, fono nelF altra pittura efpreffi due Gemi (7) fopra
cocchi tirati da delfini (8) . Graziofo è il vedere i delfi- ni lòtto al giogo (9) : e pittorefco egualmente e gentile è lo fcherzo, onde uno de'Genii è dipinto addormenta- to ? e in atto di cader nelP acque (io). |
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fervato , particolarmente dedicati a Venere : e ne II' An-
tologia fi legge, che Amore fa condurfi da' delfini per efprìmere il fio potere anche sul mare . "Della natu- rale inclinazione di quefio pefce per gli uomini, e fio- prattutto per gli ragazzi , e per le vergini , / wda Plutarco De induftr. animai, ed altri. (9) Nelle quadrighe 5 dove quattro cavalli erano
fituati di fronte , i due di mezzo diceanfi jugales, perche uniti fiotto il giogo \ de' refilanti due uno era ti funalis dexter > /' altro funàlis finifter . Si veda lo Scoliafte di Ariftofane in Nub. In un dìafipro rofifo preffo Ì* Agoftini P. IL Tav. $9. fi vede un fimil cocchio tirato da' Delfini , e guidato da un Amo- rino colle redine, e colla firufta in mano, ma fien- za il giogo » com3 qui con bella e graziofia fantafia fi ojfiervan dipinti . (io) Molte co fé fi di fero Julia diligenza de' Noc-
chieri : e fi rammentò Talinuro } che vinto dal fionno precipito nelle acque • Lafciando da parte tutte le allufioni e i fimboli j e certamente quefio imo fcherzo graziofijfimo del pittore. |
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audacia, fi mordere, & invadere. "Dice Grazio v. 154.
Mille camini patrie , du&ique ab origine mores Cuique fua. Oltre agli antichi fuddetti , vi è il bel poemetto di Fracajìoro de cura canum , e *l trattato di Giovan- ni Cajo de Canibus Britannicis > Si veda anche Gio- vanni Ulizio nella prefazióne a Grazio , Bellijfima, e adattata alla nofira pittura è la defcrizione del perfetto cane da caccia di Nemefiano v. xo%. e feg. . . Sit cruribus àltis, Sit rigidis, multamque gefat 0b pe&ore lato Coftarum fub fine decenter prona carinam ,7 Quae fenfim rurfus ficca fé colligat alvo: Renibus ampia fatis vadis, diduftaque coxas, Cuique nimis molles fluitent in curfìbus aures . (7) Spejfo s' incontrano ne* marmi, e nelle gemme
Jlmili Geniì alati fopra cocchi, 0 in terra 0 fermare. Se non voglia ricorrerfi all' idea generale i già fopra da noi accennata, potrebbe dirfì efprejfa nelle ale la veloci- tà del corfo . Talvolta nel Circo così comparivano i condottieri de' cocchi. (8) Sono i Rifinii come abbiamo anche altrove of-
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•_£> umili Jhlm- Jiea/ioUt-
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TAVOLA XXXVIII.
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J^aj. l9J,
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JJi„. Forti
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ig.«;ri!^.; '^^T;iT^t-|[Hy:^;l'iJ'ìliì^flT^^
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jtà i/nizis pa.fm- JVectpolit
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L A
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ON può la pittura (2) india nel pri-
mo rame di quefta Tavola dirti delle più finite , e delle migliori nel colorito e nel difegno: belliffima è però per la vivacità e per la grazia del penfiero, e per una certa vaghezza e leggiadria |
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Z'F.ir.i
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nella difpofizione e nelle niofle delle fi-
gure . Vi fi vede rapprefentato un Amorino (3) y che Tuo- na colle dita (4) una lira (j). Egli è feduto fopra un eoe- Tom. I. Pit. I i cbìo |
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conveniva pmttoflo m^àv fjtsrè jgpeiv dpgutffet», come
appunto di luì fi legge in Orfeo , 0 altro che fia , Ar- gon., v, 380. Ma ^jlando Ch'irone in quella pittura ne II' atto d' infegnare , dovea efprimerfi con gli fru- menti proprii del carattere di maefiro : nelle altre pit- ture , in cui fi fappongono quey y che fonano , già per- fetti neir arte , fi figurano fenza plettro . 'Ber altro Apollo fiejfo fi vede col plettro y e fenza . (?) Credeano i Gentili y che la mufica rendere lo-
ro benevoli i Numi con raddolcirne la ' collera . Cene- rino de die nat. cap. 13. Arnobio lib. VII. adv. Gene. Onde , come abbiamo altrove avvertito , non eravi né tra* Greci, ne prefo i barbari fallennit a fagra fenza mu- ficali frumenti. Str abone X. p. 467. Ojjerva T lutar co nel trattato della Mufica , che nel fimulacro di Apol- lo in T)elo fi vedeano in mano alle tre Grazie la fi- bula , |
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(1) Nel Catalogo N. CCCCLXVU. 4.
(2) Fu trovata a 7.. Settembre 1748. negli fcavi
di Refina. .,.,..
(*) Taufania IL 27- fa menzione di un antica pit-
turi di Tavfia in cui fi vedea Amore , che gettato r arco , e le faette , tene a in mano la lira . In un belliffimo Cammeo col nome del Greco artefice prefo l'Agoftini Gem. Ant. P. II. Tav. SS- fi ^de Amore colla lira in mano fopra un Leone. Nel Begero Ihel. Pai. Sei. Sea:, I. e I. n. XVI. fi offerta m una gem- ma Amore, che fiiona parimente la lira. (4) Tutte le molte e diverfe e et ere , che finora
abbiamo incontrato M quefte pitture , fi vedono tocca- te colle dita } fuorché quella di Achille ammaefirato da Chirone, dove fi ojjerva il Centauro col plettro m mano : e pure & coftuì , come ad eccellente fonarne, |
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3oo T A V 0 L A XX.XVII1.
chìo (<0 tirato da due Griffoni (?) ; i quali vengono per le
r<?*//w guidati da un altro Amorino, che tiene nella finiftra mano un Jwife pieno di frutta (8), Nel fondo fi oflerva alzato un gran panno verde con due fiocchi gialli nel mezzo (9). Se taluno volefTe mai riconofcervi fimboleggiato qualche
flula , & tìbia, <? la cetera, eh* erano ì tre principale dì cui fa autore Arifieo Proconnefio poeta . Il Bo-
e più antichi frumenti, Antichijfima, perche più fem-* chart Hieroz. P. IL lib. VI. e. 2. crede, *i><? * Griffoni, jplice,fe la fiftula ( Callimaco Bymn, in Dian. v, Z44, ? £#<?/? Mose proìbìfce agli Ebrei di mangiare, 41/J70 > 45". ) /^ #^& cedette il luogo alla tibia , ^ cui facce- non fieno , c^£ &%& fpecìe di Aquile grandi con becco dette la cetera, più compofia, più difficile , e più no- molto adunco, dette perciò da Efchilo , e da Arìftofa- bile ancora. Ateneo IV, p, 184. Infatti Arifiofane ne ypmzctisroi. Filoftrato nella vita di Apollonio Tia- Qecryu)<@, chiama la cetera madre degl'Inni , perchè su neo III, 48, dice , che fi cr edeano ì Griffoni fagri al quella particolarmente fi cantavano le lodi degli 'Dei. Sole, e che perciò i pittori Indiani rapprefentavano il 'Platone III, de Rep, bandi dalla fua Città le ti- Sole fopra una quadriga di Griffoni. Benché pero quefti hie , e vi ritenne la cetera , come virtuofo , ed utile favolò fi animali fieno particolarmente affegnatì al Sole tftrumento. Efchilo preffo Ateneo XIV. p. 6%z. chia-, ( onde olpre alle medagliere a' marmi ,in cui fpeffo s'in- ma i fonatori di cetera (?aQt<ràg 5 e filofofi Ateneo fief- cantra quefto Dìo co' Grifi, fi vede in un' antica pittu- fi I, p, 14, , foggiugnendo > che Agamennone preffo rapreffo il Fabbretti Apollo tra un Griffone a man ritta, Omero lafciò un di co fioro per cuftode di fua ma-, e la lira a finifira')-, anche a Nemeft, a Diana , a Bac- iglie Clitennefira , 4 cui cantando egli le lodi delle co, e a Minerva fi trovano uniti. Il Buonarroti ne' Me- onefte donne , la mantenne e afta , finche da Egifto daglioni p. 136. a I4X. e altrove, e tz<?/Cammeo di fu uccifo per toglier così l' oft acolo più grande de' fimi Bacco p. 429. ha raccolto , e colle folite fue gìudiziofe avvanzamenti nel cuore di quella , Non è però, che riflejfioni illuftrato tutto ciò, che riguarda quefti moftri, la cetera, non, foffe anche ìftrumento d* amore. Ana- La noftra pittura è affai pregevole , vedendovifi dati Creonte dice , che la fua lira non fapea fonar altro, quefti animali anche ad Amore . Par , che 'l Griffo che amore : e Paride falla cetera fua cantava canzo- a defira fiaft voluto ci? crini efprimer mafehio. nette proprie per fedurre i cuori delle donne , e gua- (8} Convengono bene i frutti ad Amore. Filofira- dagnarne gli affetti : psXyj fMixixà, mi oìct otipsh yv- to nell' Imm. VI. del lib. I. deferive una turba di vc&Kog, xotì QeXysw , come fi /piega Eliano H. IX, 38. nudi ed alati Amorini , che colgono delle frutta, e le Anzi Euftazìo vuole , che la cetera fia detta quafi ripongono ne* canefiri : e dopo aver detto , che due hìvS&cì 0 x.st>9'd<T(Z. epura, che muove, 0 che contiene in dì ejfi fi gettano a vicenda un pomo , così foggiugne : se amore. E Cajfiodoro crede così chiamate le corde, Quei , che fcherzano col pomo , dimoftrano il frin- perchè muovono i cuori, San falfe è vero quefte etì- cìpìo dell' amare : Onde uno getta il pomo, avendo- mologìe , alludono però bene , e provano affai l' ef- lo prima baciato ; 1' altro colle mani lupine lo riceve; ficacìa dì quefto ìftrumento. Or a qual ufo fia deftìna- ed è chiaro , che ricevutola anch' egli lo ribacerà, ta la cetera del nofiro Genio qui dipìnto , fi vedrà, e così lo rigetterà al primo. Infiniti fono i luoghi dì nella nota (io) , Teocrito , di Virgilio , dì Ovidio , e di altri , ove (6) Simili cocchi eranpropriì pel corfo , come già quefi0 appunto fi vede fatto dalle lafcìvette Ninfe- fi è notato : ne par , che aveffero , 0 poteffero avere e dalle amanti pafiorelle co* Uro pafiorì . BellifiJma taffettà, ne fé dia 3 effendo tale la forma, che*leoe- a quefto propofito e V efprefjìone dì Arifiofane in Nub, chiere non potea farvi altrimenti che in piedi per A6t. III. Se. III. v. 35. e feg. guidare i cavalli. Il nofiro pittore avendo pofto in ma-< rVbfJ' slg opfflrpCSàg elffiévou , ìvot ^7rpòs tocoià x£fflwìgt no all' amorino la cetera, e perciò non potendo quefti Mqto .Btofieìg ùrì vopviSìfe , ryjg smXslag cbro&ptzw&jt, governar le redini -, lo hafituato ancora a federe a ro~- Ne tu devi accollarti a ballerina, vefeio , con figurare una traverfa nella parte anteriore Se non vuoi , nel gir dietro a quelle cofe, del cocchio. Del capfus, 0 ploxemus, 0 Tedile de' eoe- EfTere dal pomo della meretrice chi fi veda lo Scheffero de Re vehic, IL 1, a 4, e 7 Colpito , e perder tutto il tuo buon nome. Chimentelli de Hon. Bifel. e. x4, Dove fpiega lo Scoliafte : MqXoficcMv zig àppoìfoici fe? ^ (7) Eliano V. H. IV, 27, così deferive il Griffone: Xsdfyiy .
E un quadrupede dell'India, limile al Leone, e ha, (9) Crede il Buonarroti ^'Medaglioni p. 165. che come quello , le unghie fortiilime : nel dorfo ha nere ficcome l'opinione che i Griffoni, e gli altri favolofi penne , nella parte davanti le ha roffe : ha le ali bian- animali nafeeffero nell' India , forfè era nata dal che, e la faccia aquilina. Plinio X. 49. gli aggiugne vedere i drappi Indiani tutti teffuti e ripieni di fi- le orecchie lunghe, chiamandolo auritum , Conviene mìlì moftri , e bizzarrìe } così anche forfè ì pittori molto con quefte deferìzìoni la nefira pittura, Erodoto antichi vollero nel dipinger le mura imitar ì panni III. i\6..IV. 13., nomina ì Grifi, che cuftodìfeonol'oro, ricamati a quella ufanza , fingendone parate le ca- e combattono con gli Arìmafpì, popoli che hanno un mere. Ed in conferma dì ciò nota, che Filoftrato fol occhio , i quali cercano toglier ad effiVoro. Ma II. Imm. 31. parlando delle veftì de' Perfianì dice: 1° fteff° Erodoto crede favolofo un tal racconto, Le moilruofe figure di animali, con cui i barbari va- riamente |
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A .. XXXVIII. 201
i°) , avrebbe per avventura
Neil'
dovea certamente contenere non, folamente la Venere
Amica, ma anche la Maritale. E notabile pero quel, che dice il poeta Fìktero nella Cacciatrice'preffo Ate- neo XIII. pag. 571. toccante le due Veneri fuddette. Ealfiffima e fciocca farebbe la ragione, che porta il Poeta Amfi preffo lo fleffo Ateneo p. 5-5-9. Ma verìjfima , egìu- fta e la rìflefflone di Plutarco nel trattato dell' Amore, che 7 fommo bene nel matrimonio altro non e , che la congiunzione degli animi $ onde ì mariti , e le mogli non a Venere, ma ad Amore debbono fagrificare e fiog- giugne, che divinamente da Omero e chiamata l ' unione maritale amicizia , e da Pindaro e da Saffo e detta grazia } dovendo come riflette lo fleffo Fìlofofo, nel Convito , e ne* Precetti Conjugali, per effetto di que- fta unione comunicarfi, e trasfonderfi negli animi del- la donna, e deW uomo tutti ficambievolmente i loro affet- ti , e le loro paffloni . Si celebravano in Tefipì di cinque in cinque anni le fette di Amore, sperici, dì cui fan men- zione lo ScoUafie di Pindaro , Paufania , Ateneo , ed Eufiazio . Crede il Fafoldi de Feft. Graec. VL Feft,IX. che fioffe tal feft a comune alle Mufe, e ad Amore . Il Meurfìo Graec. Feft. in E'puTia vuole, che foffero due fiefie diverfè , Comunque ciò fia, egli è certo , come apertamente lo dice Plutarco nel cit. tratt. Amatorio, che fi celebravano quefie fiefie in Tefpi in onor dì Amo- re per placare i dijfidii tra ì mariti, e le mogli : e fa menzione delle contefe mufiche, in cui i Citaredi fo- navano , e cantavano a gara falla cetera, Vedremo nella nota tegnente qual fiori a dì Amore abbia voluto qui rapprefentarci il pittore, (11} E notìjfimo quel, che gli antichi penfafferò
sufi' origine dell* Amore. Si veda Platone nel Con- viv. e Plutarco de Plac. phil, I. 4. e de Gen. Soc. e nell* Erot. IPoeti chiamarono Venere la bellezza, 0 fia l' ordine, e la fimmetria delle partì dell' unìverfa -, e Amore, quella forza, che fpingea le cofe alla difipofizìo- ne, e al fiftema. Muefta era la Venere figlia del Gior- no , quefio ly Amore nato dal Caos . Si veda Fornuto cap. 24. e 15. Se noi vogliamo paragonare quel, che gli antichi Poeti han detto di Amore, e del Sole -, dovre- mo confeffare c'tiejfi credeano effer quefti due la fteffa cofia: giacche rìconofeono egualmente /* uno, che /'al- tro , per autor del tutto, e per padre degli cDei e degli nomini, e ( eh' è ciò che pie fa al noftro propofito} per governator de' Cieli , direttor delle sfere , e rego- latore della celefie armonìa , Si veda Nat al Corife ÌV. 13. e 14. e V, 17, e l' Aver ani in Anthol, difiert. XX. XLVII, e LV. Quindi non pare che difficile fia l' intelligenza di quefta pittura ì e pofià darfi qual- che ragione della lira , de' Grifi , del cocchio de pomi , e de' due Amori , che vi fi rapprefentano. Plutarco de procreat. anim, fcrive , che gli anti- chi pone ano in mano alle fatue degli 'Bei*gV' ifini- menti di mufica , non perchè credeffero , eh' efjì fi. divertivano a fonar la cetera, 0 la tibia,- ma pèr- che nìuna cofia più conviene alla natura divina, quanto /* armonia , e la fmfonia . Or fiopra tutti gli altri Dei dee ciò d'ufi dì Amore, a cui la mufica per ogni riguardo fpecìalmente conviene , 0 che fi voglia in- tender e del generale appetito della natura portata ali* ordine.
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T A V O L
qualche miftero di Amore
onde trarne argomento (u), riamente dipingono, o lavorano le vefti. A cui pub
aggiugnerfi 'Polluce VII. cap. 13. e cap. 17, , dove nomina le vefti Teree , e Zoote , così dette dalle
fiere , e dagli animali, che vi eran te fiuti ; Clemen* te Aleffandrino Paed. IL io., che anche le deferive: Teofrafto Char. cap. 6. , ove parla degli arazzi con sì fatti favolofi animali . E generalmente fon noti ì tapeti , e i perìftrorni Alejfandrini , e Babilonici, in cui fi ve de ano , come oggi nelle galanterie Cinefi\ rapprefentate ftrane e capricciofe figure, ... & quicquid inane Nutrit Judaicis quae pingitur India velis,
come dice Claudiana in Eutrop. I. v. 357. Or su que- fio penfiero potrebbe dirfi , che 7 noftro pittore abbia voluto figurare in quefto panno ( il cui fondo è verde à color d' erba ) un arazzo con sì fatto caprìcciofo fcherzo de* due Amorini colla biga de' Grifi .-Che se ciò non foddisfaccia interamente, forfè perche le figure Ji veggono alquanto diftaccate dal panno ( lo che per altro sulla pittura non fi difiìngue con chiarezza ) i potrebbe all' ora penfarfi , se qualche pompa, 0 trion- fo , 0 altra tale folennìtà indicar voleffe quefto pe- riftroma , 0 auleo , che piaccia dirlo : folendofi in fi- mili occafioni parar le mura di drappi , e panni pre- xiofi, corne^ anche a dì nofiri fi pratica t Si veda Vale- rio Majfimo IX. 1. Servio sul v. 701. del 1, dell'Enei- de . Speffo s'incontrano de' marmi, in Cui le ftanze tri- clinìarì , e i letti ftejfi fi vedono con sì fatti veli cir- condati s e nelle pompe Bacchiche anche fi offervano. {io) Scrive Paufania I. 43. , che fi ve deano in
Megara tre ftatue di Scopa : Epeog, ncd"lfA.spog, xoà Tló- Qeg , stiri àcitpopa, i$i , v.oaà txutù roTg evocaci, noci fa ìpya, tjtpiai. Erote , e Imero , e Poto : differenti nel- la forma , come diverfi fono ne' nomi e nelle opere ciafeuno di elfi . Or quefti tre diverfi nomi efprìmono tutti lo fleffo Amore, fiotto quefte tre differenti figu- re rapprefentato . Fornuto al cap. jk'f, della natura de- gli Dei ci dà ragione dì quefte tre denominazioni . I Z,atini lo differo Cupidine ^/defìderio, e Amore dall* unione. Si veda il Voffìo Etymol. in Amo. E notifi- fimo, che Amore fi finga figliuol di Venere : perche la bellezza genera e produce negli animi il defiderio di se . Si vuol, che due foff ero gli Amori, perche due era- no le Veneri. Si veda Platone nel Convivio . Benché egli fieffo diftingua poi tre forte di Amorì: Il divino, che fi occupa tutto nella contemplazione della bellezza fpiritudle : Il fecondo , contrario direttamente a quefio, e rivolto interamente alfenfo , e al guafio piacere della beltà corporale: Il terzo unifee in se i due jfiremi, e sa Accoppiare la virtù col piacer e , il Jenfio e la ragione. Ri- ferifee Paufania IX. 16. che in Tebe vedeanfitre antiche ftatue dì legno rappr e fintanti tre Veneri: KaAScri os O'v- pctvfav, 7Yjv Sé dvwv Udvfypov , yioà Avorpofifav Trjvrpi- -7'/jy. E nota altrove I. li. , che Tefieo introduffe il culto dì Venere Popolare in Atene, avendola ridotta in forma di Città con aver riuniti in un fol popolo gli abitatori difperfi per gli villaggi:^ volendo , a no- ftro credere, con ciòdimofirare, che i matrimoniì fo fi- fero il legame della Cittadinanza. Infatti , fe U Ve- nere Popolare dinotava la Venere lecita e permeila. |
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202 TAVOLA XXXV1IL
Nell'altra pittura (iz) fi vede una-rotonda ara (*3), in-
torno a cui ravvolto un fervente (h) che ha. la fcbiena tinta di color bianchiccio con macchie ofcure, e la pan- cia di un turchinetto chiaro con mezze tinte gialle (*5) e in
ordine e alla fimmetria : o che fi rìferìfca al particola- ne incontrano fulle medaglie , e ne' marmi. Diverfia
re defiderio dell' animo umano ver fio la bellezza pre- era anche l' altezza ; e par che i Greci anche i no- fa a ogni modo . Poiché non folo all' amor celefte mi grettamente diflìnguefiero . Si veda il Pottero Ar- conviene l'armonia corrifpondente alla retta difpofl- chaeol. IL 2*. Anche ì Latini propriamente dìftìn- zione dell' animo {fi veda, 'Platone nel Timeo , e nel fero le Are dagli Altari : Varrone ( riferito da Servio Conv. ) , ma anche all' amor volgare . Euripide dice . sull' Ecl. V. ) affegna fuperis alt aria, terreftribus aras, Infegna Amor la mufica anche a'rozzi : inf"eris focos. Ma quefte diftinzioni ne p'rejfo i Greci, l< che e fpiegato da Plutarco Symp. I. qu. V. E ficco- né preffo ì Latini fivedon offervate . Lo fteffo Vitruvìo •me la mufica o e virtuofa, o è lafciva} cosi può conve- non vi fa difiinzione nell' atto , che ne infegna la dif- nire all' amore diretto dalla ragione , e allo fregolato. ferenza . Lafciando dunque ftar le parole , e certo , I Grifi, ficcome per la loro calda natura fon dedì- che fecondo la qualità degli Dei era diverfia l' alter- cati al Sole ( fi veda il Buonarroti ne' Medaglioni za delle Are benché ordinariamente giugnejfe all' umbi- p. 13Ó. e feg. ) cosi per la fieffa ragione convengono lieo di coloro , che vi fagrificavano. Si veda il San- anche ad Amore : e l 'uederfi quefii animali tirare il bert de Sacrific. cap. 1 jt. cocchio d'Amore, 0 dinota il dominio d' Amore jopra (14) Tutto quel , che potrebbe dir fi della natura
tutta la natura-, 0 efprime gli amanti generofi, e di de' Serpenti i delle prodigio fé qualità , che loro fi at- fublime e virtuofa indole . U cocchio par che dima- trìbuifcono -, e delle ragioni mijieriofe , per cui fagrt fri l' untone degli animi nell' amante, e nell' amato , e divini faron creduti : 0 e fiato da altri dottamen- e la cornjpondenza ed egualità degli affetti : onde da' te avvertito, 0 è così noto , che non fappiamo , fé 'Delfici la Venere conjugale era detta àppo, carro per vi fia chi pò fifa ignorarlo . Bafta ricordar qui , che tal ragione , Plutarco in Erot. 'Da' Romani il ma- tra le molte altre rìfiefjìoni, onde gli uomini fi mof- ritOy e la moglie eran detti Conjuges, perchè fi fa- fero a creder divino il Serpente , e notabile quella % tea la formalità di porfi amen due fiotto il giogo . Ifi- che fi legge preffo Eufebio I. 7. de Praep. Evang., doro IX. cap. tilt. I pomi convengono a Venere e a cioè il muover fi , e 'l caminare velocijflmamente %«- Amore per molte ragioni generali . Se fi voleffe una pi$ ho$mts , ned yjipw , v\ àXte Tivòg iw l%és» , s% particolar ragione per Vamor conjugale, potrebbe dirfi3 uv rx Xoncà lfi>a làc, mwjtrsiq itoieÌTXi , lènza piedi, e che dinotino la fecondità di quejta unione . Sembra p e- fenza mani, o altra cofa efteriore, con cui gli altri rò più proprio , che fieno qui il dijìintivo di uno animali fanno i loro movimenti. Lo che fembrò ma* degli Amori , ne' quali par , che fi vogliano efprime- ravigliofo allo fi e fio Salomone Proverb. cap. XXX. 19. re le due parti , che compongono il terzo Amore da Sì farà nella nota (17) qualche offervazione sul per- niatone chiamato mifto, come abbiamo fopra ojferva- che foffe il Serpente riputato il Genio de' luoghi, e to . Nel primo Amorino , che tiene in una mano le perchè attribuito al Dio della medicina. frutta , e coli' altra le redini de' due Grifi , fembra (15) Il Bochart Hieroz. P. II. lib. III. cap. 14. rappre-fintato il fenfuale appetito che tira gli amanti fa vedere , che i "Draghi non hanno ne piedi , né ale, al godimento del piacere efprejfo ne' pomi : chiamando e che non dijferìfcano dagli altri Serpenti fuorché fio- un poeta preffo 'Plutarco in Erot. pjXov yùvxù, dolce pratutto nella grandezza , e a qualche altra partico- pomo il diletto amorofo . Nel fecondo Amorino che larità , come farebbe la bocca grande , il collo fquam- fiede sul carro , e fuona la lira , par che fi figuri mofo , 0 pelofo -, e la barba , 0 una certa promi- quel piacere , che nafee dall' unione df cuori, regola- nenza nella mafcella inferiore , a modo di barbai co- fo dalla ragione , la quale fa fervirfi dal fenfo .E me lì deferive Avicenna . E a tali fegnì, che nel così fi fpiega ancora il penfiero di Platone nel Conv., nojiro da chi ben lo efamina fi off erv ano , può que- che chiama V amor volgare ffvvspyàv ajutante e fervo fio rkonofcerjì per Drago . La grandezza de' draghi del celefte . da' Greci , e dagli Arabi fi fa jlerminata , ne vi (ii) Nel Catalogo N DXXXVIh Fu trovata manca , chi ajficuri ejferne veduti dì otto miglia . negli fi avi dì Refina V anno 1749- Avicenna-fcriv e , che in alcuni luoghi la maggior (13) Il primo , che tra gli uomini ìnnalzajfe lunghezza non eccede quattro cubiti. E notabile quel 'Are , fu Noè . Gen. cap/Vili. 20. Gli Autori gen- che dice Lucano nel lib. IX. che i draghi non han tili fono variì tra loro :. convengono in quefto , che veleno , fuorché nell' Affrica. da princìpio le Are s'inalzarono su monti , perchè Vos quoque , qui cunftis innoxia numina terris da prima gli uomini su i monti fagrificarono , e fé- Serpitis aurato nitidi fulgore dracones . cero le loro preghiere dNumì} del qual coftume par- Peftiferos ardens facit Africa . ■ leremo apprejfo , Tra ì Greci il primo, che ergeffe Are Ordinariamente i Dragoni dagli Autori 0 neri , 0 agli Dei, f® Cecrope. Eufebio Chron. Hb. II. in dì color giallo più 0 meno carico , 0 anche cenerk- prooem. Diverfa era la figura delle Are preffo gli ci fon deferìtti . cPer quel, che più fa al nojiro antichi : offendo triangolari , bislunghe , quadrate, propofito, così ferivo del Serpente di Epidauro Tau* e rotonde i e di quejle ultime due forme fpejfijfimo fé fanìa II. 28. Apdxavrsg iè ol XomQÌ Koà hspoy yéwg k
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TAVOLA XXXVIII 203
e in atto di mangiare alcune frutta, che fono sull'ara (»«).
Nell'angolo vicino al ferpente fi legge : GENIVS {}?) HVIVS
Tom.I.Pit. Kk * LOCI
ig tò ZctvOÓTs'po» pévofflè %P^ ■> tepol $9 tS 'Affitti}- parte della pittura . Ma vi fu chi riflette, che 7 fet-
Trùt voytfyvTeu , mi eiffiv dépwntg ijfiepoi : Tutti i pe attortigliato a una colonna ( come non di rado Dragoni , e particolarmente quella fpécie , che ha / incontra ) è creduto per lo più jmboleggiare il 'Dio il colore di giallo più carico, fi ftimano fagri ad Efculapio, 0 anche il vero ferpe Efculapio rapprefan- Efculapio j e fono famigliari con gli uomini. 'Plinio tare : volendofi ( maggiormente qualora il Serpe sul- XXIX. 4. parlando della fteffa razza di ferpenti, /' ara fi vede Mangiar qualche Co fa al co/petto di ri- dice : Anguis Aeficulapius Epidauro Romam adveftus tra figura ) che così un fagrificio alla falute quafi eft, vulgoque pafcitur & in domibus : ac nifi incen- fempre fi efprìma. Onde combinando egli il ferpe rap* diis femina exurerentur, non effet fecunditati eorum preferitale il Genio del luogo col ferpe ■ che ad Efau- refiftere . Adoravafi in Epidauro , come è notijfimo , Imo appartìenfi , credè trovar del miftero nella ptt* Efculapio fiotto la formai'un ferpente, il quale per ciò fi tura > e forino de' penfien , che non furono da tutti diffé ferpente Efculapio , e fu tra/portato in Roma, ève- interamente approvati. 'Biffe egli dunque, che la nerato fotto tal fona di ferpenti T anno di Roma 463. prima idea della divinità nelle menti degli uomini 0 4,62.'(non 478. come per abbaglio fcrive V Ardui- ojfufcatì dall' ignoranza e dal peccato fu quella du no al cit. 1. di Tlinio ) : La caufa , e la maniera dare uri anima alle cofie create j e non fiolamente negte della venuta di tal ferpente in Roma , è deficritta afiri , e ne' corpi grandi del Mondo , ma in ogni piccia- poeticamente da Ovidio Metam. XV. v. 630. e feg. la ancora, e particolar parte della terra , pappone e narrata da Livio lib. X. cap. ult. e da Valerio un' anima, ed un principio di moto e di confiervazio- Maffìmo I. 8. $. x. Or nacque il dubbio, fie il fier- ne , quafi in quel modo fieffo , eh* è_ l' anima al pente qui dipinto fio (fé della razza degli Efculapii. corpo umano, Ter do credettero e [far 1 Gemi lem- Ma fi avvertì , che Lamprìdio nella vita di Elaga- telligenze abitatrici e moventi delle parti del Mon- balo , fcrive , che cofiui Aegyptios dracunculos Ro- do. E in fiamma intendeano per Gemo la natura ftefa mae habuit, quos illi agathodaemonas vocant. E Ser* fa operante colle Juè forze in ciaf cuna co fa,: e a que* vio sul III. delle Georgiche a quelle parole di Vir- fa davano poi corpo e figura . Or effendofi in ogm gilio , caelumque exterrita fugit, nota : idefr. tedis tempo faputo , quanto vaglia nella guarigione de' mor* gaudet , ut funt fy'atid Mpcovsg , quos latine Gè- bi la natura, vale-a dire quella naturai forza aj ut ante nios vocant . Quelli tali ferpenti 0 piccoli Dragoni se fieffa, infita nel corpo di ogni uomo ; ncow&befi Egizj par , chì j'afferò diverfi dalle Serpi Epidau- m quefta il Genio, e la tutela nofira . E quefia non rie 1 |
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èTrovoptd&cr'i : I Fenici chiamano quello animale Agatode- e troncati feguono per molto tempo a sbatterfi , e a
mone ( Genio buono} , e gli Egizii parimente lo nomina- vibrar/i-. Il neceffario concorfo dunque della forza na* no Cnef. Vi fu chi notò ancora , che ne all' Epidau- turale dell' infermo all' arte Efculapia, fece , che al rio, ne all' Egizio potè fife quefto della pittura riferir- 'Dio di quefia fi acconciaffe il ferpente . Così pari- di qual importanza foffe e le acque, e donde ma , 0 falle falde del Monte ," e in luogo remoto : traeafi l' alimento s fiamma venerazione ebbero ancora effendo per altro proprietà de" "Draghi ttjv èptfy/c&v irpò pel Genio del luogo , vale a dire per quella naturai twv àzvmv ìiaTp{[3siV i come notò Eliano VI. 63. H. temperie d'aria, e proprietà del terreno , e delle at- A. Qualunque fia ilpefio di quefte difiìnzioni , fi ve- que di cìafcun luogo. Vitruvio I. 4. ci fempre il ve- drà appreffo , come fi applicaffero a tré diverfe con- ro principio dell' arufpìcìnà , e de' fiagrificii -, fari- getture, che fi formarono su quefia pittura . vendo, che gli uomini nel giugnere a un luogo prima (16) Sono le fierpi ghìottijfime del mele , e di di fiffarvi f abitazione , éfaminavano lo fiato delle
ogni altro dolce : tali appunto fon le frutta , che vifeere degli animali per riconofeere in quelle gli. ef- quì full' ara fi veggono ì fembrarido fichi , e dattili .• fetti de' cibi -, e delle acque del luògo : vale a dir ed a' ferpenti fagri quefti , 0 filmili cibi fi apprefia^ gli effetti del clima, e deIV indole del luogo su ì cor-^ i;ano . $i viventi . Quefia è dunque il Genio del luogo, (17) Ci fi faiega in quefia ifcriziòne, che'l far ^ eh' efijì veneravano b e 7 cui volere die e ano con vii
pente ravvolto alla colonna » che qui fi vede, fia il uufpìcii di efiamìnare , è di fenderfi propiziò co' fa- Genio di quel luogo del monte , ove fituata era la grificii . Quefia interna virtù della terra , e quefto pittura. Non e nuovo , che i ferpenti eran creduti Genio del luogo -, non poteano ejfi poi meglio \fipri-
i Geniì de' luoghi * ove annidavano > Enea m Virgilio merlo, che nel ferpente . Abita la ferpe nelle vifeere
(Aen. V, v. 97. ) vedendo uficir dalla tomba d' An* della terra j non fa ne parte , e cofiantemente vi re-
chifie un fier pente entra nel dubbio , fie quello era il fa: così che può dir fi propriamente l' animale patrio,
Genio del luogo, 0 il miniftro de'paterni Mani l* autoctone ; e in confaguenza proprìijfimo a figura-
Incertus Genìumne loci, famulumne parentifi re il Nume del luogo s p ingenito , /'indigena, il
Effe putet. genio in fomma . Aggìunfe a quefto, che Efculapio s
Faciliffima dunque farebbe V intelligenza dì quefia ed Jgiea faa figlia altro non era ò che V aria , la
bontà
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2o4 TAVOLA XXXVIII.
LOCI (18) MONTIS (i?). Dall' altra parte dell7 ara fi of-
jfèrva rapprefentato un Giovanetto S» coronato di firn- 1 de
bontà della _ quale producea la Sanità negli uomini, de fonti . Tutte quelle co fé fon note, e £ incontrano
e in tutti gli altri animali : cerne efpr eoamente lo foie- da per tutto da altri raccolte, e riferite . ga Taufianta VII. 23. Da tutto ciò conchìudea egli, che (18) Molte fono le iscrizioni , in cui fi trova no- e (fendo dì egual importanza nella medicina e la in- minato il Genio del luogo con quefte parole ifteffe dì terna forza naturale del corpo , e la virtù e if eff- Genio liujus loci. Così Gruferò p. IX. e p. LXXIV. cacio, del clima, e della terra : a buona ragione ve- e così preff'o altri raccoglitori . 'Prefib il Boìjfard fi 4eafi qui , dove un fiagrifido alla filate efiprhneafi^ vede un' ara votiva alle Acque , 0 Linfe , 0 Ninfe, il ferpente, che l' una e P altra cofa rapprefientava : che tutto e lo ftejfo, dì un colle, con quefta i/lrizione Volendo così , che 7 genio del luogo fio (fé anche il Nymphis, quae fub colle font , aruiam ecc. fi veda il ferpente Efculapno. Senza far qui a rapportare le op- Montfaucon To. II. P. IL TI. XLIX. pofiziom, che incontro tutto quefto dificorfo , rejìrin- (19) T>a prima gli uomini fiaccano le loro pre- geremo in tir ève quel, che altri avvertì sul perche ghiere, e i loro fagrìficii a' Numi falle cime de' mon- gli antichi figurafferò ne' Serpenti i Genti de' luoghi, ti: ori ruu iv%u?Jo)ì/ dy%ó§sv ìr.àymw ci deci, perchè Tutto quel ch'^ egli dijfe , 0 che dir fi potrebbe di là gli Dei ricevono le preghiere più da vicino, 0 i Genti , è notiffimo : onde , lafciando ftare se co?ne dice forfè fcherzando Luciano : benché anche
da Zoroaftre t 0 dagli Egìzii foffe venuto il lor Tacito parlando di alcune alte montagne feriva, pre- culto , e come nafcejfe dalla Sagra Scrittura male ces mortalium a Deo nufquam propius audiri. Sì intefia , bafierà ricordare , che i Genìi furono da veda il dotterò Arch. II. z. Comunque fia ciò , i pertutto in fiamma venerazione tenuti . Efiodo , il Terfiani ritennero coft ara emente quefto cofiume, coinè quale tra' Greci il primo ne parlò con diftìnzione, lo nota Senofonte parlando di Ciro lib. Vili, che fa- divìdendo le nature intelligenti in Dei , in Gè- grifi co Ad fixrpoóa ned Fi?d?*) , xal roìg d'JMig 9sd'g irci nii , in Eroi , e in Uomini , e ammettendo tra tùju àxpw, uc Tlspirai Qvxtn , a Giove Patrio, al Sole , e quefte fipecìe una certa comunicazione , e un certo agli altri Dei nelle fommità de' monti, come i Per- P$jj'a&gi° •• 4ef*ì e fiere i Genìi alcune nature pofte tra fiani fagrificano . Onde lo Scoliafte di Sofocle in Tra- la divina, e l'umana , così che fervijfero dì mezza- cliin. nota che ogni monte e flagro a Giove: e Ome- tti tra gli 'Dei, e gli Uomini , portando ì voti e le ro Hymn. in Apollin. dice, che a quefto "Dio freghiere dì quefti a quelli } e gli oracoli, i doni, limai os ffiurmcà ts Qfau , iteti -xpmvsq àapoii
e i caftighì dì quelli a quefti. Ogni Dio avea il 'Tt^jÀwv òpéuv. fino Genio , per mezzo dì cui operava $ e ogni uomo, Amiche fon tutte le vette , e cari e ogni altra cofa il fino % da cui era confiervata , e Son gli alti gioghi degli eccelli monti. diretta . In fomma ì Genìi erano ì miniftri della di- E avverte il Tottero, che generalmente i Monti eran. vinità nel governo } e nella confervazione della na* creduti fiagri agli Dei , perche le are prima , e poi tura . Quindi fi divìfie tutto /* efiercìto de' Genìi in i tempii fi fecero fopra ì monti. E lo Spanemia a Cal- ne flchìere : altri ave ano cura degli aftrì 3 altri del- lìmaco Hym. in Del. v. 70. riflette, che nella Scrìttu- V aria , altri della terra : e tutto ciò , che in quefte ra i falfi Dei fon chiamati Dei delle montagne : onde tre parti della natura faceafi , fi attribuiva a' Gè- Davide Pf. CXXI. 1. dice , che da Dio , non da' mi . E perciò tutte le cofie ( 0 naturali , 0 fatte dal- monti afpetta egli /' ajuto. Anzi da altri luoghi del- l' arte )fi credea che per opera dì un Genio panico- la Scrittura fi ricava , che gV Idolatri adoravano gli lare foff ero prodotte , 0 formate j e che da quefto Gè- ftejfì monti. Ed efprejfamente Luciano de fagrific. xctl nìo fio fiero conferiate , e cuftodite , finche dur afferò, opr) dvé&scrav. Or fé gli altri monti meritarono dagli 1 Greci difiero i Genìi M'Mveeg forfè dal £apere,per- folti. Gentili l'onore d' efier creduti partecipi dì qual-
che erano gì' ifpettori dì tutte le cofie . Da' Latini fi che divinità filinofiro Vefuvio ( lafciando fiar gli effetti chiamarono Gcniiper la ragione altrove detta, e anche del firn fidegno } fi veda Vitruvìo II. 6. Strabone V. Praeitites, perche 3 come nota Marziano^ Capella : prae- p. 247. e ivi Cafiaubono ) , e per la fertilità delfino ter- funt gerundis ( 0 genundis ) rebus omnibus. Or ficcome reno , e per la bontà del clima dobbiamo credere, il Genio univofiale della terra tutta, detto Megalode- che lo meritaffe ancora . Della falubrità del Vefuvio mone, 0 Gran Genio , fi credea che abltaflfe nelle vi- parla Fanone de Re R. I. 6. 'generalmente, e oltre fiere della terra , e quella cuftodiffe ì e confervafe : a Tacito, Tlinìo , Stazio , Marziale, Galeno } e no- così i Genii de' luoghi particolari della terra , anche t abile quel, che Trocopio Bel. Goth. lib. IL dice, che fi
nelle vìficere della medefima , nel difiretto , per dir mandavano ne' luoghi dì quefto monte per rìfianarfi degli
così, alla cura e tutela di cìaficum , affegnato, fifup- attacchi di petto gli ammalati. Eo in monte aer qui-
pofiea, che fi tratteneffero . E perciò naturalìffìma cofa dem nitidifSmus , & fuapte natura omnium faluberri-
era il p enfiar e ? che i Genii de' luoghi fio fiero i fierpen- mas. Ad honc montem & Medici diutina tabe afrecios
ti , vedendoli fiempre dalle buche, e dalle fòtterranee tranfmittunt. Strabene nel cit. 1. dice particolarmente
caverne tifare ^e m quelle ritornare , e annidarfi. dì Et• colano, che falubre n'era l'abitazione: ma dì
Se pur non voglia dtrfi', che ì Genìi de' luoghi altro non quefto fi parlerà difiimamente altrove. E quefta fialu-
fiofiero , che^ quefti mani appunto , detti ancora Dii trita d' aria appunto fece credere , che la noftra pìt-
Patrii , Indigenae : e che gli antichi nel veder uficir tura rapprefieniajfe un fagrificio alla falute in que-
dalle tombe de morii 1 fierpentì , potè-ano immaginar fio luogo ricuperata.
efier quelli le anime , 0 per meglio dire, i mani de* (io) Siprc-pefèro tre congetture su quefta pittura.
Vi
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de (m) 9 con uo ramo (^) nella delira 9 e in atto di ac-
collar II dito della finiftra alla bocca (23) . Quefta pittu- ra per la Angolarità fua può andar del pari co' quattro Monocromi (òpra marino ; e dee con ragione contarli tra |
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le più care e preziofe gioje del riccfaiffimo tefòro del
Mufeo Reale (h) , |
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fofpettare ', che forfè potè a dir fi colui , che aveva
fatta r offerta di frutti stili' ara. (21) U effer coronato e proprio de" fagrìficante.
Anzi Efculapio , e la fieffa Dea Igiea nel Muf. Rom. To. I. Sez. I T. IX. e X. fi vedano coronati. (22) // ramo conviene generalmente a' fagrifican-
ti i e fpecìahnente e a chi fagrìfica alla falute, e a Sacerdoti di Efculapio . (23) §(ttefio gè fio offrirne per lo piti filenzio :
e pereto fi vede fempre Arpocrate in tal atteggia- mento , e la Dea Angerona anche così s* incontra efpreffa : fi veda Muf. Rom. To. I. Sed. II. Tab. XXXIII. XXXIV. e XXXV. (24) L' ifcrìzione , che fi vede in quefla pittura,
la rende pregevoliffima . Non è però il filo intonaco, che abbia il Mufeo Reale con ifcrizioni : Ve ne fin molti con delle ifcrizioni rarijfime , e veramente fin- polari . |
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Vi fu , chi volle che vi fi rapprefentafe un fagrificio
alla falute i e riconofcendo nel "Drago uno de1 ferpen- ti Efculapii , e ne' frutti la fagra libazione, volle che l Giovane fojfe o il mini/iro del fagrificio , o V infermo Jìejfo già rifanato , e fagrìficante } il quale chiamato aveffe col fifchio il divino fervente, e col- la verga lo ineantaffé : giacche il fifchio, e la ver- ga fono le due cofe , che a comandare d ferpi fi of- fervano ufate dagli antichi. Altri volendo 5 che 'l fer- vente fojfe il Buono Genio , o fia il Cnef Egizio, non ebbe difficoltà di dichiarare il Giovane -per Ar- foprate : il quale per altro Jpejfo s'incontra nella ma- niera appunto j che qui fi vede , cosi coronato , col ramo in mano , e vicino a un' ara ? a cui fi avvitic- chia un ferpente. Gli altri ficcarne convennero nel dire che '/ ferpe rapprefentava non altro , che il Genio di quel luogo del monte , chiaramente dalla ifcrì- zione dinotato per tale , così non vollero arrifehiar giudizio sul Giovane : ma alcuni inclinarono fola a |
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TAVOLA XXXI
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209
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TAVOLA XXXIX.
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(0
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quella 0) e nelle altre pitture Umi-
li , che rapprefèntano finte architetture, è generalmente da avvertirli, che i pit- tori 9 o oraamentifti, che voglian dir- li (3), altro per avventura non ebbero in mente nel farle , che di coprire con una certa vaghezza di compofizio- ne, e di colori le mura date loro a dipignere (4) ; fen- Tom.I.Pit. LI .za |
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che più antiche de' fuoi tempi . Ecco le fue parole:
Ceteris conclavibus , i.e. vernis , autumnalibus , aefti- vis , etiam atriis, & periftyKis , conftitutae flint ab an- tiquis certae rationes picturarum .... Ex eo an- tiqui , qui initia expolitionibus inftituerunt, imitati flint primum cruftarum marmorearum varietates & col- locationes -, deinde coronarum, & fiiaceorum, minia- ceorumque cuneorum inter se varias diftributiones . Po- ftea ingreffi funt, ut etiam aedificiorum fio-Uras, co- lumnarumque & faftigiorum eminentes proje&uras imi- tarentur ; patentibus autem locis, uti exedris, propter amplitudinem parietum feenarum frontes. . . defigna- rent : ambulationibus vero propter fpatia longitudine, varietatibus topiorum ornarent. E poi foggiunge : fed haec, qaae a veteribus ex veris rebus exempla fume- bantur, nunc iniquis moribus improbantur . Come dun- que fu Ludio V inventore di tal genere di pitture ? 'Potrebbe dir fi , che Ludio introdujfe il dipignere fui |
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(1) Nel Catalogo N. LXVI.
(2) Quefta , e le altre feguenti furori trovate in
varii fiti negli fcavi di Reflua. (i) Vitruvio nel lib. VII. e. 5. chiama. Expolitio-
iics quefte decorazioni . (4) "Plinio XXXV. ^.fcrive: Non fraudando &
Ludio Divi Augufti aetate , qui primus inftituit amoe- niffimam parietum picìruram , villas ; & porticus , ac topiaria opera , con quel che fiegue . Ludio dunque d tempi di Augufio introdujfe, non già il dipigner fui muro, ( ejfendo ciò antichijfimo e in Italia e in Gre- cia , come lo fiejfo 'Plinio nel mede fimo luogo avverte') ma si bene il gufo di rapprefentar de' portici} de' vi- ticci , ed altri ornati de'giardini ; ^'paefmi} ed al- tre pitture di tal genere . Anche Vitruvio ì. e. chefcrijfe fatto Augufio} parla di tal forta di dipinture : ma par che le diftingm dalle fempiici vedute di architetture: e fé fi vuol, che le con-fonda y le crede certamente an- |
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gufo
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j.%. j.
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TAVOLA
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za darfi la pena d? idear piante di veri, o quali veri
edificii per metterle in giufto profpetto ; ^ anzi lenza né pur curarti ne? loro capricci di offervar femprc lo fteflb orizonte" 9 lo fteffo punto di veduta, la fteffa diftanza (5). E quindi è , che troppo malagevole imprefà fembra che fia il voler ridurre pitture sì fatte a immagini di cofe vere 9 o il volerne efàminare le parti coli' efattezza del- l' arte. Non è però ali3 incontro 9 che per capricciofe e sregolate che fieno quefte pitture 9 non abbiano effe nondimeno il loro pregio 9 e talora non piccolo t Poiché lafciando ftar tutt'altro (9, vi fi contengono certamente fpeffo delle cofe che pòflòno iftruirci , Noi noteremo in ciafcuna quel 9 che fèmbrerà meritare particolar rifle£ fìone. In quella prima troveremo molto da apprendere. E per incominciarla a efàminare , ficconie vede ognuno, che non è intera ; così conofcendo agevolmente a pri- mo colpo d'occhio 9 che 1 filo mezzo è quel colonnato rotondo 9 troverà che manca alia fìniftra tutto quel ? che fi vede di più alla deftra, E confìderando poi tutto io* fero ii quadro, altro non vi conofcerà, che un compiei fo di divertì colonnati (?) graziofamente eompofti più da pittore*
gafto delle grotte/che 9 cioè su quella maniera di rap- in ogni parte a quefte inferiori. E veramente in tutte
p-efentar le cofe ideali e frane in luogo delle vere , quefte noftre fi vede una certa intelligenza di profipet-
0 v erifimili, Ma ne pur ciò pub affermar fi', deficrìven- tiva, la qual fa conoficere, che nafcono gli errori, che
d) lo fteffo Vitmvio la ficena ideata da Apaturio su vi fi offervano 9 ?ion da generale ignoranza negli an-<
quefto gufto appunto , Onde a ogni modo par , che ne fichi ? ma anzi dalla particolar negligenza degli orna-,
refti incerto V inventore. Se pur non voglia riffonderfi, mentifti nella ricerca e nella e fatta efecuzione delle re->
che T tinto intenda dire , che Ludio non inventò, ma gole vere, da" buoni pittori fapute, Ma lafciando ftar
introdujfe in Roma il primo tal gufo di dipignere : ciò da parte, ogni 'ntendente non negherà di ricono*
E ciò rende affai vertfimile il fùb Augufto di TU- fiere in quefte pitture una vivacità d'idee , un fare
nio . Noi /piegheremo apprejfo su quejìa noftra quel fòllecito , una franchezza di pennello , e uno fpirito
che Vitmvio condanna in fimili dipinture . tale ne' tocchi fipecialmente de' chiari, o lumi, che vo-
(5") Vitmvio nel eie. 1. dà la colpa di tal corru- gtiam dire, che non può ejfere a meno 9 che non piaccia-?
gì 'me nella pittura alla ignoranza degli omamentiftì, no a ogni modo , Viiruvio parlando appunto del fare
f quali fenza curar fi dell' arte , face ano fol pompa di di Apaturio dice : Quum aipe&us ejus feenae propter
fi i contrappofto, e vaghezza di colori : Quod enim an* afperitatem ebiandiretur omnium vifus : volendo inten-
tiqui infumentes laborem & induftriam , probare con- der forfè per afprezza quefto fpirito e rifinito} che nel-
tendebant artibus j id nunc coloribus & corani degan- U noftre pitture fi o{ferva ,
ti fpecie confequuntur . (7) Se pur voleffe a qualche co fa raffomigltarfi''yj^ (6) Chi voglia confrontare le pitture di fimil gè- trebbe firfe fuegliarci V idea di un profpetto finale di
nere, che fi fiatino oggi da' noftri omamentiftì -, non pò- giardini, che i Frane e fi dicono Tfeiliage . Le piante ,
tra dire 9 che fien migliori di quefte nelle regole della che fi vedono per gli vani tramezzar da per tutto,
projpettiva; ma ccmfef irà anzi , che moltijfime fieno ajuter ebbene un tal penferò ,
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T A V O L A XXXIX. . . 211
pittore \ che da architetto. Vago è F intreccio de' fefìo-
nì j che con vario capriccio van campeggiando, e unen- do i diverfi pezzi del finto edificio. U ordine fomigìia ali5 Ionico ; ma gli errori e i difetti fon tali , che lo de- formano . Benché poi quefta ifteffa deformità renda la pittura pregevoliffima : mettendoci fotto gli occhi quella maniera di dipingere , contra cui Vitruvio, vedendola ufata a' fuoi tempi, tanto inveifce (8) . Le (proporziona- te colonne (9) ci prefentano i Candelabri (*°) da quel dot- to (8) 'Dopo aver detto Vitruvio nel cit. c.V. La (9) Son note le ordinarie mifure de' fufti delle
pittura è un'immagine di ciò, eh' efifte s o può colonne : e fi sa che nell'ordine Ionico l'altezza lo- efiftere 3 come d' uomini, edificii, navi, e così fat- ro contiene otto \ diametri del più majjlccio del fujìo. te cofe : fiegue a raccontare , come gli ornamenti/li Ma le qui dipinte contendono il lor diametro fino cominciarono prima dal rapprefentare sulle mura co* a fedici , e diciajfette volte . E% vero 5 che nelle me- loro colori le crude di marmo : poi fi avanzarono daglie fpejfo fi rapprefenta qualche tempietto , 0 qual- a dipignervi le figure di edificii s e di colonnati che Ciborio (. così chiamavafi un cuppolino foftenuio colle parti corrìfpondentì, e porti , e fiumi, e monti\ da colonne, forfè dalla forma fimile alla fava Egizzia e paefi', e fomìglievoli cofe: imitando fempre il vero, detta Ciborio) ficcome pure nelle Ghie fé antiche de'Cri- 0 il verifimile . Quindi foggiugne ; Sed haec , quae fiiani anche s' incontra tal cuppolino , ed e detto Con- a veteribus ex veris rebus exempla fumebantur , nunc fellìo ; e che ivi fogliono effere le colonne alte più del iniquis moribus iniprobantur . Nam pinguntur te- dovere [fi veda la Ta? IV". To. II. del fupp. di Mont- dìoriis monftra potius , quam ex rebus finitis ima^ faucon ) non giungono però all' enorme altezza di gines certae , Pro cohimtiis enim ftatuuntur calami, quelle , che in quefta } e in altre pitture nofire fi ve- rno faftigiis Harpaginetuli ftrìati cum crifpis foliis dono , Lo fiejfo potrebbe dìrfi delle colonne, che fi vc- 6c volutis. Item candelabra aedicularum fubftinentia dono traile rovine di Talmira : ma s oltre a quefto, le figuras &c. Trofeguendo a fare tm vivo ritratto di loro altezze fono varie fecondo le varie mifure 3 che quelle, che furono poi dette grottefche. Servirà a que« ce ne han date : e le ultime le ci prefentano di una fio luogo di Vitruvio la nojìra pittura di commento , lunghezza non fuori del regolare . Si veda il libro in- come under emo avvertendo nelle note Tegnenti , Qui titolato Les Ruiiies de Palmyre . farà bene il dir qualche co fa su quefié grottefche, (io) Tra le frane zze del gufo grottej"co <, contro Crede il Signor Terrault nelle note sul cit. luogo di cui fi faglia Vitruvio ■> et nota, che in vece di colonne Vitruvio , che avendo quefto Autore lafciata una vi-* fi vedeano canne, e candelieri, Quemadmodum enim va deferizione delle Grottefche a fol fine di abolir- poteri calamus vere fuftmere tectum , aut candela- ite r abufo , lungi dallo eftirparlo , lo trafmife anzi brum aediculas &c ornamenta faftigii ? Come mai ( di d pittori de' noftri tempi $ poiché fenza l'efatto mo- ce egli ) può nel vero una canna foftenere un tet- dello da lui lafciatone , a neffwao farebbe mai venuto to ; o un candeliere foftener tempietti s ed ornamen- ta mente il dipìgnere a grottefche . Ma quefio pen-» ti del faftigio ? Che le colonne faelte e fiottili fi di- fiero fi oppone al fatto . Toichè primieramente potreb- ceffero canne da Vitruvio , s'intende : ma non era al- be provarfi che quefta maniera di dipingere non fi la- trettanto chiaro , perchè le chiamajfe anche candelie- feto mai. E in vero noi ne troviamo una chiara e lu- ri . Quefta pittura ce ne fa veder la ragione . Non vi fida teftiptonianza in S, Bernardo, riprendendo egli ha, chi non abbia ojfervata la forma de' Candelabri, ì Monaci di Giugni , che a fuo tempo fcandalezza- Nel Mufeo Reale fé ne ofjerva un numero non picco- vano il Mondo col dipingere di grottefche le pareti lo 5 e fon tutti di bronzo . Sono ejfi compofti di tre de' loro Chiofiri , E poi , finz* altro dire 9 ì etimolo- parti : della bafe s che poggia su tre piedi, 1 di un fu- gia fteffa ce ne addita la forgiva , Nelle Lezioni ito alto fino al petto dì un uomo : e del catino . Or del Varchi a carte z 16. fi legge : Delle Pitture ( an- la bafe , e* teatino fon piccoliffima cofa : ma non tiche ) non è rimafa in pie nefluna se non se alcu- così il fufto 9 il quale per lo più è lavorato a far* ne nelle Grotte di Roma , che hanno dato il nome ma dì una colonna fcanalata $ ed è Jottilìffimo s a quelle , che oggi fi chiamano Grottefche . E Raf- giacche ^ V altezza del fufto conterrà quafi trenta fucilo Borghini nel Bipolo cart, %$x. fcrive : Tali diametri , Or chi confronti ì fufti di quefti candelie- forte di Pitture per efferiì trovate in quelle Grotte, ri co' fufti delle colonne qui dipinte , riconofeerà fu- da allora in qua Grottefche fi fono chiamate, Ecco bìto nelle colonne i candelabri : e cosi intenderà, per- dunque che dagli originali ftejjì degli antichi , e non che candelabri fien da Vitruvio chiamate . Si avver- 'dagli fcritti dì Vitruvio , fono fiate imitate da' w* ti * quefto propofito , che quefti fcapi , 0 fufti di can- fori Titt&ri le Grottefche , delieri fi lavoravano in Taranto perfettamente , e di^ là
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TAVOLA
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XXIX.
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to Architetto condannati, e i rampini (") che qui fi ve-
dono, ci fan capire gli arpaginetuli {n) nominati da lui. Son notabili ancora in quella pittura le due buffale , per lo fcoinpartimento y che vi fi oflerva (**}. |
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là mandavanfi negli altri paefi. 'Plinio XXXIV. 3-
IDa ciò fi volle anche dedurre} che forfè Vitruvio nel
chiamar Candelabri le colonne fiottili , lunghe, e fica-
nalate , fii fiervi/fe di un termine afiato volgarmente i
foiche verifimile cofia è , che comunemente Candelabri
Ji chiama/fero quelli fiufìi 3 i quali componeano la
parte principale del candeliere .
(n) Non par che fi pò fifa con altra più acconcia
voce /piegare la parola harpaginetuli . És noto , che harpago vuol dir rampino. Or egli è chiaro, che Har- paginetulus fia diminutivo di harpago . (iz) Confie/fano tutti i CommentaiQri dì Vitruvio ^
che di oficurijfimo fignificato fila quefia parola. Il Fi-. landro ingenuamente confejfa > eh' egli ne pur potè fio- Jpettare qual fihrta di ornato fi fioffe l'arpaginetula : anzi aggiugne di avere con diligenza e fiammate le pit- ture antiche degli ficavi di Roma, e di Tivoli nelle vil- le di Adriano 3 e di Manlio Vopifico , e della noftra 'Pozzuoli , fie per avventura in qualche cofia, che agli Arpaginetuli di Vitruvio potejfe dar lume, fi fiojfie im- battuto : ma il tutto in vano. Altri ricorfiero alle va- rie lezioni) e col mutar la fiarola cercarono uficir d'in- |
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frigo, Si veda il Leffico Vitruviano in Harpaginetuli.
Laficiando dunque fiar gli altrui fio/petti da parte 5 fiembra che quefia pittura ne fiomminifiri lume più chia- ro per illuftrar si fatto oficurijfimo luogo . T>ice Vitru~ vio : Pro columnis ftatuuntur calami, prò faftigiis har- paginetuli ftriati cum crifpis foliis , & volutis. Or fi confideri il colonnato principale della nofira pittura : su quefia non fi vede già un tholus , o fia ciborium, va- le a dire quel cuppolino, che compari/ce nelle medaglie della T>ea Vefia s ma un so che altro di forma circo^ lare e firaordinarìa , inteffuto tutto di certi lavori un- cinati , atti/fimi ad afferrare e tir affi dietro qualun- que cofia, non altrimenti che gli Harpagones , o fieno que' ferri di punta adunca , con cui fi afferrano i na- vigli , o altra cofia. §}uefìi dunque, che nella pittura fi vedono tener luogo di fafligio , par che rapprefienti- no bene quel, che Vitruvio ha voluto/piegarci . (13) Lsaficiavana gli antichi al telaro fiuperiore
due parti , e tre a quello di fiotto : Impagibus diftri- butiones ita fiant, uti divifis altitudinibus in partes . quinque, duae fuperiori, tres inferiori, defìgnentur , di- ce Vitmvio IV". <£, |
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Vanni£)etin
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Scala unius palm. Itoin-
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C e
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ppartilt Vice
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Éfcc
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F
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Et ìxnins p,àhn>Nt-cipoli-t
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TAVOLA X:
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215
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Ejt unius jtalimNeaiiolitr-
TAVOLA XL.()
NCHE quefta pittura è sul gufto del-
la precedente ; ed è ancora mancante, Ha lotto una fa/eia, che a fimiiitudine d'un cornicione foraiiava forfè il zoc- colo della ftanza . Es quefto divifo in tre parti. La prima che fa da archi'tra- ve , è ornata di ale , e viticci vicende- volmente regiftrati. Quella di fopra, che fembra la cor- nice ( o , per dir meglio, un femplice gocciolatojo ) è an- che graziofamente ornata . .La parte di mezzo, eh'è affai più larga delle altre due, può a buona ragione dirli fre- gio r o col termine antico, zaffiro M 9 perchè ornata ap- punto d'animali. Alcune teff e (3) a fimmetria difpofte den- tro alcuni ornati, raffigurane a modiglioni, come a metope quegli uccelletti (4), e que' cigni, che con diverfi fcherzi ToM.I.PiT. Mm reggono (1) Nel Catalogo N. CV. (3) Si credettero poter ejfere mafehert.
(?>) Sé veda il Filandre al cap. 3. lib. III. di Vi- (4) Furori creduti colombi,
tru-vio. 1
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Zi6 T A V O L A XL
reggono or gli uni, or gii altri una coroncìna, quelli su d'un
-padiglione 9 e quelli fopra una conchiglia. Nel quadro poi fi veggono a fìniftra dello fteflb tre pa-
diglioni, per così dirli : uno in mezzo, quadrilatero, più grande e più alto , e due a fianchi fìmili fra loro , più piccoli, e triangolari. Quel di mezzo moftra fòle cinque colonne ; ma perchè è veduto in angolo, fa dall'orlo del- la copertura conghietturare , che dietro a quelle fé ne afcondano tre altre. Le colonne ( fatte sul gufto de' can- delabri ) indicano un Jonico, ma fenza bafe (5) . Pofano su d'un bafamento, il quale tiene alcune aperture, e ter- mina con un cornicione, il cui fregio è ornato di modiglio- ni veduti di fianco, che fi ftendono fin lòtto il gocciolatojo. Quefto portico quadrilatero otiaftilo dee confiderarfi
come il mezzo di tutto il quadro, perchè fi veggono con euritmia corrifpondere le parti della delira alla finiftra: Co- sì in fatti i due portici laterali triangolari fono in tutto fimiìi tra loro: Pofano anche quefti su d'una continuazio- ne dello fteflb primo bafamento, in cui folo fi vedono di fronte qtie' piccioli modiglioni, eh' ivi fi vedono di fianco. Dittante da quefti tre porticati fi vede il principio di un
altro, feoprendofene folo una colonna con un contropilaflro, pofàti fopra un bafamento alquanto diverfo dal primo, ma anche con tre aperture come fineftre. Il vano fra quefti lo ha il pittore occupato con una fpe-
cie di padiglione, o fia palco ornato in fronte d'un riqua- dro con una figura "d'un,animale marino (6). Legano tutte le parti di quella pittura alcuni capricciofi intrecci dì fé- Jìoni. TAVOLA XLI.
(f) Queft0 m vera architettura non Jì vide che di tempio in quefti porticati: e da gli uccelliy dal Grifi-
nel T>orico. fone , e dall' animale marino fi volle nominar Ifide ,
(6) Si vede fiotto quefto palco fiofp e fia una cifta, o o Venere. Altri vi raffigurarono altre immagini s e difi-
vanno , che fila } o altra cofia tale . Or quefta fece fio- fiero, che le colonne fiembravan di legno ficanalate e co*
filettare a taluno , che fiorfie fi accennajfe qualche parte capitelli ì a [orniglianza di colonne vere .
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Sellala hìxìuì
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cj^x- 'e/a ^Yseact *-J/?at?. oelirv p?i ^/orlici.
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2Ip
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Ce/jparuU bici:
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Scala luiius palnx Koiri.
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Et. uni ni' valm:Nccipolit:
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I vede in quefta pittura un intrico ca-
pricciofo 9 che fèmbra a prima vifta pro- mettere un ben ordinato edificio : ma |
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fé vi fi fermi poi attentamente lo fguar-
do ; vi fi confonde Y occhio nell' efami- |
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narne le parti, e nel ricercarne la fini-
metria. Si figura un porticato avvanzato a quattro colonne ( sul fare però de' candelabri ), d'or- |
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dine piuttofto Compofito, se fi riguardi folo il capitello, e
la fua forma e proporzione. Hanno le bafi Attiche, e pe- lano su d'un zoccolo, o bafàmento ornato in parte a foggia di piediftallo, con una grande apertura orizzontale nel mez- zo . Moftra chiudere quefto portico un riparo (2), o fia parapetto di legno di mediocre altezza. Con degrada- zione |
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(i) Nel Catalogo N. XLIX. teis marmoreis, five ex inteflino opere fa&is interclu-
(2) Chiama-vanfi quefti ripari Plutei, e folean farfi dantur, ita ut fores habeant, per quas itmera "Pronao
di marmo 0 di legno. Fitruvio IV. 4.: Item interco- fiant. Si veda anche Fanone de Re R. HI. 1.
lumnia tria, quae erunt inter antas, & columnas,//«-
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%2o .......... T ■;A V O L ' A ■ ILI
zione fi vede dietro un altro porticato , ma d' ordine Jo-
nico. Il Cornicione, benché di gufto grottefco ; pende più al Dorico , che ad altro J perchè è ornato di certa fpecie di Triglifi', e Metope■'. Lega al fòlito tutto il co- lonnato un feftone a delira e un altro a finiftra, che par- tono 9 o per dir meglio, fono attaccati alla foffitta del por- tico pofteriore, facendo quivi corona a un rotellìno, o fal- della-> che dir fi voglia (3), Se fi prefcinde da tutto ciò effe trafeuraggine o ignoranza-(come farebbe il non corri- fpondere le altezze delle colonne, né gli architravi, ne le comici ) potrebbe fòfpettarfi, che 1 pittore aveffe avuto il penflero di fingere un Pronao, o fla veftibulo di tem- pio (4) ferrato attorno dal fòlito riparo di legno : con unirvi la veduta d'una porzione ài foro? di cui ibleano i tempii accompagnarfi (5). (3) E noto /'ufo di fofpender patere, o feudi alle fero Ardì. II. t, dove parla de' tempii, e loro parti,
forte de' tempii. Si 'vedano le note della Tav. XLVTII. Q) Si veda Palladio nel lib. IV. cap. 8. e 9. (4) Si veda il LeìEc. Vitruv, m Pronaos ; e 7Tot-
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TAVOLA XLIL
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JPa.c?.11.1
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^T^ran.. da 'Vey.ci éW. in òPortt-C-
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Scala, unius -pcdm- KfrcL-p ■
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S^
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■Et unius. palm-Jftom-
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223
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'anni Deliri- Scaia unita palm-Rom. Ceppar idi mei:
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...';•"■ ■ —Et unius-palvn-~Neccpolit: • - '''."".'
TAVOLA XLir)
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e grande (3), ornata d' un m?j?ra marino, e di altri ca-
pricci del pittore ; fi veggono a delira del quadro tre co- lonne ( compreikvi anche la più avvanzata, femigliante a un Termine ? o a una Cariatide ) e quelle ne fuppongono altrettante a finift-ra : tutte fei deftinate a reggere il gran ToM.LPiT. Nn falco, Ci) Nel Catalogo N. CXXXVL e CCLXX. Obf. XIV. i. To. III. p. 390. E certo , che 7 vefti-
(2) Vitruvio VI- 8. Nobilibus facienda font vefti- buio era fuor della porta verfo la ftrada , e tal volta buia" repalia , alta atria , periftylia ampliffima. Si ve- era cinto da' portici. E notabile , che quel che Tania da anche il cap. 2. del Hb. I. E nota la controversa ■ nomina veftibulo L. 19. §. 1. Comm.div. Nerazio chia- tta gìi fiejffì antichi sulla differenza dell' Atrio e del ma Portico L.47. de damno inf. Vefibulo-. e le contrarie opinioni de Giure confidi i yfe'l (3) & noto , che foleanfi porre delle fiat uè , e del- veftibulo foffe, 0 nò parte della cafa. Si veda A. Gel- le colonne ne' veftìboli , e avanti le porte de" gran pa- lioN. A. XVI. 5 e *v* Gronovio. Si veda anche Bit- lazzi. Si veda Suetonio in Ner. e. 31. e Cedreno ad </o? sulla L. 7.45. de V. S. * Cujacio sulla fieffa L. 245*. A. XIV. Maurit. Si veda lo Sviserò in v. -RùoxjXm . e sulla U i$y. e T. nel To. 'Vili. p. 5-99- e 55-4. e |
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224 TAVOLA XLIL
palco , che vi fi o(Ferva . Meritano attenzione il capitello
compofito , il cornicione ? e fòprattutto il belliffimo fre- gio di quefto veftibulo . Pel vano poi della porta fi tra- vede un colonnato Jonico, che fveglia l'idea d9un Atrio o fia Cavedio (4). Quella pittura è per ogni riguardo con- fiderabile, facendoci apertamente eonofcere colla degra- dazione degli oggetti, e col corriipondente indebolimen- to delie tinte, che gli antichi intendeano più, che altri non crede (*), quefta fcienza. L'altra pittura par che abbia tre parti tra loro diftinte.
Poiché le tre colonne non avendo corrifpondenza né d'eu- ritmia , né di fimmetria, non pofibno effer confiderate per parti dell' interno edificio ; ma fembran cole del tutto di- staccate , e di capriccio del pittore accozzate per buon effetto della compofizione. Per quel, che riguarda poi V edificio, par che lo dichiarino per un Pronao i txcfca- lini 1% e lpluteo, o parapetto, che vi fi vede, colla buf- fila , o porta che fia, nel mezzo, la quale anche merita attenzione (7). (4) Siccome avanti la porta al di fuori rejlava il quum dextro pede primus gradus adfcendatur , item
veftibulo , così dopo la porta al di dentro feguiva in fummo tempio primus erit panendus .
/' Atrio , che par che Vitruvio VI. 3- 8. confonda col (7) Scrive Vitruvio IV. 6. , che le porte valvate
Cavedio . Si veda il Leflìco Vitruv. v. Atrium , e v. ( come è quella che qui fi vede} aperturas habent in
Cava aedium. exteriores partes . Nota il Sagittario de Jan. Vet.
(5-) Si vedranno ne' feguenti Tomi altre pitture, cap. IV, §. t. che le valve convenivano d Tempii y le
che decideranno chiaramente quefto dubbio così difpu- mi porte dovano aprirft in fuori. Si veda anche Gu- fato tra i moderni. jacio Obf. XIII. %j. T. III. p. 37g. funa differenza (6) "Dice Vitrwvio III. 3. Gradus in fronte ita tra 1 Romani , e t Greci : i primi aprivano le porte
■ funt conftituendi , uti fiat femper impares : namque delle cafe all'indentro , i fecondi all' infuori .
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TAVOLA XLIII.
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Nicolaus Vanni Rom: Regius 3«alp. iortic
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Et invitti ipalirù viecUpaUti
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¥r<Mn. L.chfe&& isioc&n. ìxedvus deUn; ìortic
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Sceda twwtw -palmi-j\> orni
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Nicoldus Vawnl Rom: Reflius Sonivi. Povtic.
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Fr&n.L<tAie,cÉdr IjipOn-Regjhls ieUnt Portic*
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£t -iwMU-s vialmi Neilpolvt:
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Alojcc Incxs.
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'Scala unius pau?ì:Tton
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J?à ttn.1
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TAVOLA XLIII.'
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ON può non guardar/! con piacere que-
lla pittura. Sopra un porticato W Joni- co ( di cui fòltanto fi veggono i capi- Pelli^ e 1 cornicione col fregio ornato di Delfini, di Tritoni, e di qualche altro mèfiro marino ) appoggia un edificio di legno, mezzo chiufò e mezzo aperto, Quella feconda parte può indicare una loggia (3), Il ca- pitello ha piuttofto del Corintio . Il cornicione \ il fronte* fpizio , e '1 tetto hanno del vago e del capricciofo. Di fianco fi fiacca un pezzo di limile lavoro, confluente in due pìlafiri di legno, che trapaffano in giù; e Teflerio- re di quefti regge un' anfora . Dall'altra parte compart- ite un altro edificio , ed una colonna lunghiffima, su cui per
(1) Nel Catalogo N. LXXIV. (3) Si veda Vitruvio lib. II. cap. 8. dove par-
^ (x) E noto il vario ufo de' Tortici prejfo i Gre- landò della necejfitd di far più pani nelle cafe per la
ci , e prejfo i Romani} e come folcano ejfer congiunti moltitudine degli abitanti , dice: Altitudines extruftae,
a Tempii , a Teatri } ed ad altri pubblici 3 e privati contignationibus crebris coaxatae, & caenaculorum fum-
edifaii ancora . mas utilitates perficiunt, &c dejpecjationes.
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Mg T A V O L A., XLÌIL
per ornamento è pofto unvafe. Da tutto ciò potrebbe
nafcere il fofpetto, che avelie qui voluto il pittore rap- prefentare un cenacolo 9 o anzi una torre con fimil edificio (4) 9 fopra Falto d' un atrio di villa: Gli alberi:, che con ca- pricciofo gufto del pittore {tendono i rami per entro l'edi- ficio fuperiore, darebbono qualche pelò a un tal fofpet- to (5). E da oflervarfi il fòlito fefione, fofpefo dal roteili- no (6). La veduta della campagnola co9 diverll animali (7), è graziola. Y4) & "vMa 'Plinto Epift. 17. lib. II. Scena Comica . Si veda Vitruvio V. 8. Tanto piti,
(<f) Vitruvio lib. VI. c,*8. Ruri vero .... atria che gli fembro di vedere , che 'l pittore avefje ten-
habentia circum porticus pavimentatas, ipe&antes ad tato d' indicare pel vano dell' accennata loggia il
paleftras, & ambulationes . Si veda Plinio l.V. Ep. 6. porticato vero fuperiore della gradazione del Teatro,
'Per altro ne' palazzi nobili eranvi fempre : fiivae , /'/ quale era ornato di colonne s e (pia ne comparifco-
ambulationefque laxiores : dice Vitruvio VI. 8. Si ve- no cinque , e fono Jùniche .
da anche V. 2. e p. (7) Nel Catàlogo N. L XXIII.
(6) ^uejìa pittura fveglio in taluno l'idea d'una |
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TAVOLA XLIV
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tS^iewwJs^ J.ct.'TJetjrci- *~/^(^..&&Zìns,in partici.
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Scctlct itilìiij palm-JVéa-uo/ii--
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Et tiniixs palm-- J^oiri, |
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231
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l^a/in/ deà'/i.
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U^ca/tZ l£/UtM~P<z/-Jl&/72.
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JEi- ti/zuiS i?a/-Jirea/?ol,
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TAVOLA XLIV.
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«
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A prima pittura, ehe ci fi preferita in que-
lla Tavola , non è inferiore alle altre nel capriccio, che non è poi fcevero in tutto da una certa vaghezza. Par che fi- guri un Toh W, o anche un Vefiibuh (3), o che altro egli fìafi (4) ; e potrebbe |
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Z.Va/V'iteti,
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JV^IU
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quel quadrilungo di mezzo indicar V en-
trata maggiore , e i due laterali due piccole porte M. Le colonne che fono , sul folito gufto , Joniche , e fen- za bafì ; ne fòftengono la covertura 9 e ?1 cornicione , il Tom.I. Pit. Oo quale |
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(1) La prima pittura è fegnata nel Catalogo
N. C XXXIX. (x) Altri vi riconobbe una fpecìe di Tholus. Ser-
vio sul IX. dell' En. a quelle parole fufpendive tho- ìo dice : Tholus proprie eft veluti fcutum breve, quod in medio tefto ^ft, in quo trabes coeunt , ad quod dona fufpendi donfueverunt .... Alii tholum aedium facrarum dicunt genus fabricae Veftae, Se 'Pantherae. Alii teBum fine parietibus columnis fub- nixum. Or febbene il Tholus di Vejla era rotondo, come dice lo fteffo Servio, e Ovidio Fair. lib. VI. non è però, che'l Tolo non poteffe anche effere d'altra figu- ra : fcutum certamente e un quadrilungo. Il nominar- fi da Servio Tholus Pantherae , e 7 vederfi nella |
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pittura una fimìle fiera , accresceva molto pefo al fo-
fpetto : e fi die e a , che febbene il Voffìo corregga in Servio Tholus Panthei , in luogo di Pantherae} la nofira pittura potè a far vedere , che non era neceffa- ria tal correzione , rapprefentando appunto un tetto fienza pareti foftenuto da colonne con una pantera in mezzo . Ma quefto penfiero fu rigettato. (3) "Della magnificenza de* Vefìibuli de* tempii,
e delle e afe fi e già parlato fopra . (4) Altri volle 3 che foffe una di quelle tribune
che fi veggono nel mezzo , 0 nel fine de* viali di Giardini . {f) AW idea , che foffe un veftibulo , be nijfimo
corrifpondea quefto penfiero : fapendofi, che nelle cafe Greche.
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n% ; T 4 V O LA ^ XLIV,
quale per altro piuttofto par Dorico e per gli quali
triglifi , e per gli modiglioni , che vi fi ravvifano, La LeoneJJa , o altra fiera che fia , e ?1 fòlito fejìone intrecciato co' naftri rodi , e 1 dìfco a color argen- tino: tutto fembra pofto per riempire quel vano, e per dare Ipirito e legamento alla pittura.. Merita attenzione il quadretto (6) 9 che fi vede al di fopra di quefta finta architettura come quafi un fregio o finimento, che voglia dirli, della pittura CO. - ff Degli altri quattro pezzetti di quefta Tavola , i due
Tritoni W coloriti di un rojjb cupo , che pofano fopra due frammenti di cornicione, fonando ciafcuno una buc- cina (9) e coli3 altra mano tenendo una cefi a ài frutti, fono fimili in tutto fra loro ; e fembrano effere quefti due pezzi refidui d'una ftefla pittura. Neil' altro M qua- dretto fi vede il mezzo bufto di una donna di piacevo- le e maeftofo afpetto , colla tefia coronata di fronde ; e a fianco vi fi fcopre parte di un'altra/^. Non aven- do diftintivo alcuno, chi iaprebbe mai darne conto? I Pao- ni , che fi vedono nell'altro pezzetto (») , fono dipinti al naturale, e pofano fopra alcuni gambi di fiori bianchi; Grechete nelle Scene Romane r che ritennero la far* pr opylaeon pingeret, ubi fecit nobilem Parhalum, Se
ma delle e afe Greche 3 ma era la parta principale, Hammoniada , quam quidam Naufìcaam vocant s
che intraducea ali* abitazione del padrone di cafa 3 adjecerit parvulas naves longas in iis , quae Pidlores
e a fianco vi erano le porte , che conduce ano agli par erga appellant. Si veda anche Vitruvio IX. cap.
appartamenti degli Ofpitì , o fieno Forartene. Si 114* ult.
da Vitruvio V. 7. e VI. là, (8) Nel Catal.N.CCCXXXVII.eCCCXXXVIIL (6) E* una veduta, di mare con edifìcii , e per- (9) Si veda Ovidio I. Met, v. 335. e feg. e Apol-
fonaggi , e una barca con dentro di remiganti. ìst'eU Ionio IV. Argon, che deferivono i Tritoni tali , le Tavole feguenti fi vedranno delle navi più grandi, quali qui fi veggono e nella forma , e nel colorito, (7) Quefto quadretto volle annoverarci tra le In Roma sul fajligia del tempio di Saturno era coU
Parerga . Tropriamente parerga dkeanfì nelle pitture locato un Tritone grandijftmo, la cui buccina fonava, quelle ^ cofe , che fi aggiugneano per ornamento e per quando tirava vento , Si veda Nat al Conte Vili. 3. riempire i vani del quadro 5 benché non fodero al- in fine. /' azione principale neceffarie . Tlinio parlando dì (io) Nel Cut al- N. CCCXXXL
fotogene XXXV. ±Gi dice : Argumentum eft , quod (*i) Nel Qatal. N. UCCXXIV quunj Athenis celeberrimo loco Minervae delubro |
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TAVOLA XLV.
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TAVOLA XLV.
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I veggono nella pittura (2) incifa nel pri-
mo rame di quella Tavola due Navi da guerra (3) ? sulle quali fi oflerva un oftinato combattimento ; ed un' altra o rotta npl mafie che le fta vicino ? o mandata a fondo da' nemici 9 ed incen- diata , così che fé ne ravvifmo appena le reliquie notanti sull'onde: e traila fiamma, e l'acqua comparifce una figura, che fembra di donna. Sorge nel mezzo un' ìfoletta con un' ara, e con un piccolo tempio tra due alberi, ove Nettuno è rapprefentato col fuo tri- dente W. Vicino al lido fi Icorge coli' elmo in tefta e col- lo |
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ma loro eran chiamate longae , e quafi fempre da fo-
li remi eran mojfe . 'Plinio VII. 56. riferisce le va- rie opinioni full' invenzione delle navi da guerra, che altri a Giafone $ altri a Semiramide , altri ad altri attribuivano : di bollimenti di trafporto fu in- ventore Ippo di Tiro . (4) È quefla il notiffims difiintìvo del 'Dio del
mare. |
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(1) Nel Catalogo N, CCCCXCVII. e <DXIIL
fx) §lue(lafu trovata ne^li /cavi di Civita a 13 « Luglio 1748.} e a 6. dello fiefo mefe nel luogo me* defimo fi era trovata la feguente . 0) A due forti poff&no principalmente ridurfi le
Navi, che adoperavano gli antichi : altre fervivano del comodo del commercio, altre per l'ufo della guer- ra . Le prime eran dette onerariae, e per lo più af- fai larghe » e di fole vele fornite .Le altre dalla for- |
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TAVOLA X L V.
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^6
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lo feudo e coìVaJìa un Giovane; e preflb a quefto un al-
tro uomo ^ che non ben fi diftingue, armato ancora ài feu- do , e che fembra avanzarli nel mare. Quantunque non fia la pittura molto ben confermata , e moftri oltraciò il pittore non effere ftato de' più eccellenti: egli è però tale quefto pezzo, che merita di effere con attenzio- ne olìervato . E notabile in tutte le tre navi , che iembrano i remi ($) partir tutti dalla fteffa linea W , lafciando però luogo a folpettare 9 le fieno elfi in più ordini divifi (7). Son da confiderai ancora gli feu- di (?) Ff troppo famofa la controversa , che pende re e decìfive, che non ammettono luogo da dubitar e >
ancora indecifa , fé gli antichi avejfero navi a più che gli antichi avejfero navi a due, a tre, a quattro, ordini di remi. A due pojfono ridurfi ì fentimemi de- e fino a cinquanta ordini di remi V uno all' altro fi- gli eruditi. I. Alcuni han creduto ( e quejli formano il periore s ed oltracciò la Colonna Trajana cosi ci rap- numero _ maggiore ) che le biremi avejfero due ordini prefenta le triremi, e così nelle medaglie , e ne' bafi- di remi , /' uno fuperiore all' altro ; le triremi tre, e firilievì ci fi fan veder le biremi , eie triremi , e le così delle altre fino alle cinquantiremì , dì cui fi tro- quadriremi . Tutto fi trova raccolto in Montfaucon va menzione negli autori antichi . Non tutti 'però, To. IV. P. IL lib. II. cap. IV. e XI. e nelle Tav coloro , che fono dì quefto avvifo , penfano ad un CXXXVI. a CXXXVIII. Ma fé al contrario fi voglia modo . Altri non ne ammettono che due , altri rintracciar la maniera, come ciò fi fojfe fatto, o con- tre^ , altri quattro , altri cinque , altri fette , al- fultar la pratica j fi vedrà che fia poco meno che tri nove^, altri finalmente fedici e non oltre . Di più impojfibìle il darne conto. Tutti gli argomenti e le fon varìi nello /piegare , come quejli ordini dì remi ragioni , che ci portano a qMbìtar del fatto , fono fia* fio fero fituatì : volendo alcuni, che l' un remo all' al- te efipofte dal Signor "Deslandes nell' EfFai fur la ma- tro fovrafiaffe a piombo s ed altri dìfponendogli in rine des Anciens . Non è però , che non fi voglia ciò triangolo, ed altri finalmente quafi per una linea diago- non oftante , che in Genova fi foff ero fabbricate delle naie collocandogli. IL La feconda opinione e di coloro, biremi, e in Venezia le quìnqueremì .T>eslandes pud i quali non potendo accordare colle regole della mec- Il Zeno nell* Annot. all' Eloquenza Ital. del Fontanini canica, e colla pratica l' enorme altezza delle navi, To. I. p. 4^. n. <s. -. per non rammentar qui 1 Jijtemt e la lunghezza inconcepibile de' remi, e l' intrigo ine- del Voffio , del Meibomio , dello Schejfero , del Tal- viiabile nella mojfa di ejfi, e /'impojfibilità del ma- mierì, del Fabbretti, e degli altri . neggiarli , e tante altre difficoltà graviffime j ere dono y (6) 1 buchi, che qui fi vedono e per cui (l cac- che un fi4 ordine aveffe ogni nave . Ma anche quejli^ davano i remi, fi die e ano t^meoti Tpv7rjj ijloùtoì ó0@ct\- che ciò dicono, fi divìdono in due partiti : ed altri poi, generalmente symxci. Si veda Tattero Ardi III iV penfano , che per remo^ intendafi\ il remigante ifteffo } (7) Vi furono tre Pentimenti. Altri vollero , che così che la bireme avrà due uomini per ciaficun remo, fafferò le qui dipinte "quinqueremi, perche dì e e ano mia trireme tre , e così fino a quaranta : altri non ejfi, nella nave incendiata , e eh' è in atto dì fbm- vedendo, come poffa un remo effer maneggiato da qua- mergerfi', fi riconofeono chiaramente cinque remi l' uno ranta uomini di linea , fuppongono effervi fiati nelle fuperiore all' altro } nelle tre altre poi il pittore non navi, degli antichi tre ponti, 0 fieno tre piani dijfe- ha dipinti gli ordini , ma fioltanto ha accennata la remi, lungo la nave , l'uno più alto dell'altro in dìvifione . Altri poi non vi ritrovarono , che due or- tal'maniera ? che i remiganti a prora fede fero più dìni foli di remi-, uno nella lìnea , in cui fi vedo- baffo di quei del mezzo della nave , e quefti in Ino- no i remi , e l' altro indicato dalla linea fuperiore, go men alto di quei della poppa: e diftìnguono le bi- ove i foli fori fi offervano : avvertendo , che mi- remi , le triremi , e le altre , fituando i remi a due l'atto del combattimento il primo ordine de' remi fi a due , a tre a tre , e così di mano in mano . Ma togliea, come fi ricava da T lutar co in Antonio. Fi- qual dovrebbe Jupporfi U lunghezza delle navi in nalmente altri un ordine fola fioftennero che foffe } quefio fifiema per jituare quattrocento , 0 mille e {ti- e credettero che poteano quefte navi chiamar fi Libur- cento , e fino ^ quattromila remiganti (per dar con- ne. Si veda Vegezio IV. f*. e 37. E fi notò , che to di quel che m Tirato m Fozio , e in Ateneo fi quefie da' Greci pò fi eriori furono poi dette Galee] leg- kgge ) lungo t due lati deha nave ì In fbmma fé fi gendofi nelle Tattiche: yocXodag fiovypiX: Galee , navi cerchi folamente il fatto , par che non poffa contro- di un ordine di remi. Sì veda Scaligero Adnot. Eu- vertirfi. Le tefiimonianze degli autori fino così ckia- feb. ad Ann. MCXXX, |
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T A V O L A X L V. 237
di (8) 9 che fi vedono appéfi ne'fianchi delle navi: e le va»
tic macchine (?), e le armi de'combattenti (Io) • Nella nave di mezzo 5 oltre alla ^rr^ (°) a poppa 5 e a5 due lunghi travi (I2) a prora; è degna di effere ofTervata Pinfe- gna coli' aquila O3) , ed un piccolo padiglione (*4) ed al» cune donne (15) . Nella feconda pittura fon rapprefentati />£/£i di forti dì-
verfe * |
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(V) Lo fiejfo fi ojferva nette navi rapprefentate nel-
la Tavola fogliente, dove fi parlerà del coftume di fio- fpendere gli feudi a* fianchi delle navi. Qui bafia of- fervare i cheH fofpendere lo feudo dalle navi , era il fegno del combattimento . TlutarCo in Lyfandro . (9) Le navi da guerra erari coverte al di fopra
con un tavolato, il quale rendea ficuri i remiganti, eh? erano fiotto tal covertura -, e fopra di quello i fal- dati combatteano . Diceafi xardcrpcoiACi , KUTd(pparyiisi -, onde le navi così coverte fi chiamavano y.ardppXKToi. In Omero fi chiamano Inpìa vrjSiv . Ma ne' tempi della guerra Trojana folamente la prora e la poppa eran co- verte j e da quelle parti fi combattea . I Tafii i primi covrirono tutta la nave . T Un'io VII.$6. Vi eran anche degli altri ripari , perche i faldati fojfero al coverto dalle armi e dalle macchine nemiche. Vi era ancora il hìpàmov, fatto a modo di torre » donde i faldati lan- ciavano dardi, ed altro falle navi contrarie < Si veda il Tottero \. cit. cap. 16. e 17. (io) Oltre a gli feudi , di cui fi vedono forniti
i combattenti, vi fi diftinguono le lunghe afte dette da Fiacco tela traballa, e da Omero fiscìipà <5fy ara < Ss ve* da Vegezia IV. 44. |
fi t) §}uefte torri folcano alzarfi nell* atto del còm*
battimento su i tavolati delle navi -s e di ciò attribuì*
fcefi l'invenzione ad Agrippa. Ordinariamente foleano
farfi alla poppa : talvolta anche alla prora. Si veda il
Lorenzi de varietà Nav. In alcuni bajfirilievi pubbli*
cati dal Moutfaucon To. II. P. II. FI. CXLII. in cut
fi rapprefenta un combattimento navale 5 fi vedono h
torri nel mezzo delle navi , Totrebbe la torre b che
fi vede in quefia nave, indicarla per la Pretoria, 0 Ca->
pitana 5 giacche le navi Tretorie- foleano per lo più efi
fer turrite, come avverte lo fiejfo Lorenzi *
(tz) Lo fiejfo fi ojferva in una delle navi della
Tav. feg. dove fi veda la nota (7) » (13) Quefia fece credere ad alcuno {non molto prò-»
priamente per altro ) che potejfe qui rapprejentarfi la fa-> mofa battaglia ad Azzio} 0 quella tra Sefto 'Pompeja ed Agrippa tra Melazzo e V promontorio T* eloro . AU tri non vi riconobbero s che un capriccio del pittore. (14) In una delle navi de' bajfirilievi del Mont<
faucon fi vede un fimile padiglione , (if) Anche le donne talvolta falivano full e navi
da guerra , come avverti h Scheffers de MiL $a¥3 lib. II, cap, uk, |
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P p TAVOLA XLVL
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ToM. I. PlT.
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Pt*a. 2 39.
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Niella** Knni Roma^u, ^^f
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R occus Jto-z-1-i -tv, «ri, Anct'di Ci
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yliojft -f?zcr.j.
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Se usitus fiaìm- ■ffiappliti-
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TAVOLA XLVI
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(0
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OLTE e diverfe , e tutte belJiffime
fono le vedute , che ci prefitta la pit- tura india nel primo rame di quella Tavola. Comparifce di prima veduta sul lido un edificio (z), al deliro lato dei qua- le forgono più alberi, ed al finiftro è eret- |
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"T7HT
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X- ■Xfhiiviitfli
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to un Pikjìro affai fvelto (3), avanti a cui
fta un uomo, che guarda verfo il mare . In quefro fi veggono quattro Navi cariche di varii arnefi (4) -, e di faldati W. Più cofe fon da offervarfi in quefte navi. Tutte le prore hanno la forma o di un volto umano, o di un fembiante moftruo- fo (<9. Nella prora della prima poi fi riconofcono due pun- te |
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(1) Nel Cataloga N. "DCXCVtU. mente, che i Cot'mm furono ìprimi adularle Si
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ve-
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(x) Tar che altro non fia , che una cafettd . Vi da Salma/lo Ad jus At, & Rom, p, 693
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fu però, chi vi riconobbe un tempio . ($) Sembra, che fieno ripiene 'di fughe forti
O) Si credè , che potefie efiere un Faro per dar miche : e vi fi ojfervano de' rialti in mezzo |
e ne-
come |
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lume a' naviganti di notte : Il globo , che nella Com- in quelle della Tav. precedente "" *
mitd di quello fi ofierva , potrebbe dir fi eh' era defii* (6) Nelle prore fole ano gli antichi 0 dipìgnere, nato a contenere il lume t Per altro lagrojfezza non 0 fcolptre , 0 foprapporre fi?u% di uomini, 0 di ani- corrifiponde ali altezza . Altri lo volle un' Ara , mah : e quefte effigte firvivan fhpratutto per contraffe- ci Si vollero anche in quefte da taluno ficonofcer gno della nave , onde poteffe ognuna da' marinai e pm ordini di remi : Ma 0 non fi diftmguono , 0 è un da' faldati fuoi rìcoiéofcerfi tra una numerofia fquadra. ordine folo. Si avverti, che l' invenzione delle trire- Quefte immagini davano poi il nome alle navi: ond'è mi da Tlmio VII. f6. e attribuita ad Ammode , ci- che fpefio ritrovanfi denominate Tori , Capri, Mon- tando Tucidide t Ma Tucidide kb. I. £.13. dice fola- toni , e con filmili nomi difiinte : così da Virgilio. Aen.
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TAVOLA XLVI
te di tram (?) ; e nella ftefTa una tal figura , che rafiòmiglia
a un collo d'oca (8). Nella poppa della medefima fi alza un ra- mo 9 che par $ alloro te). Su quel riparo tirato per lungo sulle pareti di quella, e delle altre navi (io), fi vedono lòfpefi dér gli feudi ("), come anche nella precedente pittura fi è offer- vato. L'altra fpiaggia offerifee all'occhio in un'ameniffima proiettiva colline 9 campagne 9 ed edificii in varii luoghi «> e in diverfe diftanze fituati (n) . Fra quefti è degno di particolare attenzione il più grande con un lungo portico fòltenuto da numeralo ordine di colonne, e con due jìa* tue polle fulle loro bafi (13). ■ Degli altri tre pezzetti di quella Tavola il primo (h)
ha dipinti due uccelli- di color verde col petto roffb < Nel fecondo (y) vi fon de' fichi, dell' #z>0 , e delle 2kxe frutta^ Nell'ultimo frfi) evvi una pernice che bezzica un' erbai ed un uccello in atto di pigliare una farfalla. TAVOLA XLVE
Aeri. V. £ X. _/o» variamente nomate Pifirice , G&z- zfez z r^ri faceanfi alti 6 e lunghi, </<?/>0 j£ fecero pik
mera , Scilla ? Centauro., J%rz , ? Tritone . Si veda corti, <? /;iè fermi s e nella parte più bajfa della prora,
anche il Bai fio , £■ '/ Montfaucon , che han raccolto perche ferijfero le ndvi nemiche in parti vicine all' ac~
i pezzi antichi , in cui fi vedono fimili immagini qua, e più difficili a tip arar fi.
filile prore delle Navi. cDiverfa da quefia infogna (8) T)iceafi Cheiù&o da yfìv oca : e fi ponea talfé*
(%cipdcrrjiJi.ov^) era la Tutela : Ovidio Tr. I. El. IX, gno per augurio di profferii »^x%^^^v««-j s*.-&cjf<:ivYL.<5^
Eft mihi , fitque precor fkvàe tutela Minervae (9) È noto il coftume di coronar le navi di
Navis i & a pi&a caffide nomen habet. alloro nelle vittorie . Nota lo Schejfero IV. %. che
Toich'e , oltre all' infogna nella prora , folcano effigiar fi mandava avanti mia nave col ramo di alloro per
nelle poppe delle navi immagini di Ì)ei ^ alla cura, dar l'avvìfio.
e protezzion di quali affidai)anfi \ E diverfi erano, (io) guefta riparò diceafi appunto tftf#S* rnìiro,
fecondo i diverfi popoli > gli T>ei , che davanfi per perchè era come un parapetto ricoperto di pelli s 0 in- enfi odi a' navìgli . Cosi parimente a riguardo de di fi teffuto di altra materia per riparar la gente da' col- ferenti mefiieri, differenti Numi a quelli affegnavanfi: pi delle navi nemiche , e anche dall' empito delle ori' alle navi de' Mercatanti Mercurio , a quelle de' Sol- de , come offerva il Cafaubono a T alieno lib. III. dati Marte . Paride dice ad Elena , che la fiua na-> (11) Si diffe , che qui 0 potè ano ejfere gli fendè ve era governata da Venere . Si veda Tetterò III. 15-. tolti a' nemici 5 0 pure che fi riportaffe ciò' al coftth (7) Si dijfe 5 che poteano ejfer quefie l' iiruTÌ^sg, me dì appiccare le proprie armi a' lati , ed alle pop-
di cui fi fa menzione dagli autori: poiché rapprefen- pe delle navi . Si veda lo S che fero III. 3, Sì ved@
tando la prora una faccia , quefie avèan. tal nome , anche Al ejfandrò G. D. VI. %z.
quafi corrifpondejfero all' orecchie. Si veda lo Schef- (ix) Sembrarono le tante Torri , che qui fi vedo*-
fero de Mil. Nav. II. 5. e 7 "Patterò III. 17. Ma fi con- no , poterfi dire ejferfi cosi figurate per indicar /' ufi, getturò j che all' Epotidi corrifponàeam piuttofto i due che delle Torri faceafi, vale a dire , per ojfet-var travi, che fi vedono in una delle navi della prece- l' arrivo de' nemici i e darne ì avvifio per mezzo delu- dente pittura -.fervendo quefti due travi per riparar le fiaccole accefie : infatti le Torri per tal cagione fu- e tener lontana la nave da* colpi de' roftri delle navi ron chiamate da' Greci fipvxmpia, e perciò fon detti nemiche. Altri diffe, eh era uno fcherzo del pittore tai fuochi ignes praenunciativi da Plinio. di aver così efpreffo il rofiro fteffo, come due corna in (13) Sembrò che foffe un Pretorio , 0 fia ma ma- mezzo alla fronte figurata tn quefta prora ( ficcome gnifica eafia dì campagna. Ma di ciò fi parlerà altrove, mi fimile fcherzo fi vede nel rofiro dì una delle navi (14) Nel Catalogo N. 'DCXCVIh deli altra pittura ) -, e foggiunfe} che proprio era il luo- ( 1 ? ) Nel Catalogo N 'DCXCFL ' go , in cui quefia rofiro vedeafi: giacché dove da pri- (16) Nel Catalogo J\T, %>C£Cp2lt |
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^4d
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iimiiuiiiiiiiiiiiiiina
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ratini, ^e/zn:
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Aloia. Jncìs.-
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Jft uni
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u* jra/m; JVcauo/ie^
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TAVOLA XLVII.
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(0
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ÀR che non abbiano bifogno di fpie-
gazione alcuna le due pitture, che fi ve- dono incife nel rame di quefta Tavola. E così chiaro quel, che vi fi rapprefen- ta , che può da ognuno agevolmente riconofcerfi a prima vifta-. E chi pur vo- glia con occhio più curiofò trattenervi!, avrà occafione di ammirare il gufto e '1 capriccio del di- pintore , Nella prima 00 fi ofierva con bella fantafia gra- ziofamente figurato un Pappagallo te), che tira un picco- Tom.I.Pit, Q^q lo |
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(i) Nel Catalogo N: CCCIV.
(x) Fu trovata a io. Ottobre 1745. negli fcavi
di Refina. (3) 'Plinio X. 41. così defcrive i Pappagalli: Su-
per omnia humanas voces reddunt Pfìttaci & qui- dem fermocinantes. India avem hanc mittit : Pfitta- cen vocant, viridem toto corpore, torque tantum mi- niato in cervice diftinftam . Tale appunto è il qui dipinto. Gli antichi par , che non conofeeffero altra fpecie di Pappagalli , fuorché gì' Indiani : leggendo/? coftantemente chiamato quefto uccello Indiano da Cte- fia , da Arinotele , da Eliano , da Paufania, e da- gli altri preffo il Bochart Hierozoic . P. II. lib. II. cap. XXX. p. 34^. Itti 'Diodoro lì. p. 97. fi legge, |
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che ancora nella Siria vi fojfero de'Pappagallì : ma nota
ivi il Wejfeling. , che debba quel luogo intenderfi del- l' Affiria , ne' confini della quale eravi la Città det- ta Sittace, 0 Pfittace , eh' egli crede così chiamata appunto dal nome di quefti uccelli : benché il Vcjjìo Etyxn. in Pfittacus fofpetti , che l'uccello avejfe il nome dal luogo , e fojje detto Sittaco, perchè la pri- ma volta venne dalle contrade dì Sittaca. Comun- que ciò fia, Arriano in Indicis fcrive , che Nearco, il quale militò con Aìeftandrò , narra come una cofa portentofa che ne II' India nafea V uccello Sittaco , il quale efprima la voce umana. Onde nota il Bochart, che in quei tempi non erano in Grecia ne men per fa- ma conofcinti. Calliffeno Rodio citato da Ateneo IX. p. 387-
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246 T A V O L A XLVII.
io cocchio (4), ed è guidato da un Grillo^ che tiene col-
la tocca le redini. Non è nuovo il vedere si fatti icherzi, o allusioni (<9, che vogliati dirli, sulle gemme (7), e nelle medaglie ancora (3). . . L'altra pittura contiene de' pefci di vane iorti (9).
iocofo nomine Gryllum ridienti habitus pinxit. Un-
Af hoc eenus pifturae Gryllt vocanmr . Vuole ivi |
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l> Arduino , che 7 Grillo dipinto da Antifilo fife un
uomo Ter altro ebbero quefto nome anche gli uomi- ni, e fin famofi il^dre >'e'1 feUo di Sen<>fonte così chiamati. Non è pere», che non ftp offa intender Tlinio anche dell 'animaletto Gryllus .\ onde le pitture ca- priccio fé aveffero il nome di Grilli. Crede il Menagi» Orig.'Ling. Ital. v. Grillo , che grillo in finimen- to di fantafie , e firavaganti ghiribizzi fi dica dal grillo appunto ftravagantiffimo animaletto, che 0 fal- ta, 0 fia fermo : ficcome Capriccio fi dice dalle fira- vaganze della capra. Tutto quefto fi avvertì da tal, che volle fiftenert>, che Tlimo intenda per Grylli an- che quei che fin detti cavallette, del qml genere "è quello, che qui fi vede . Ma tutto ciò , chy egli di (Te non fu interamente approvato. y (6) Tensò taluno , che potefie effer quefta una
fatira parlante , *he avefe allufione a qualche fatto particolare , con efprimerfi fiotto la figura del Grillo e del pappagallo / caratteri de' due perfonaggi , de' quah il primo aveffe il dominio sull'animo deifican- do, con averfiforfè anche rapporto a' nomi loro. Sì fece menzione a quefto fropofito della famofa venefi-
ca chiamata^ Locufta , di cui Nerone fi avvalfi per avvelenar Claudio , e Britannico > e molte donne Ro- mane se ne fruirono per avvelenare i loro mariti, ài veda Tacito Annal. XII. 66. e XIII. 1*. e Gio- venale Sat. I. y. 69. a 7x. (7) /» una gemma prèffo l' Ago (lini P. II. Tav.
ill-ftvede un carro tirato da due Gallio che fon guidati da una Volpe , che tiene tra le zampe le re- dini . ■■ - (8) Si veda Volfango Lazio Graec. Ant. lib. II.
cap. II. Tab. V. n. 9. (9) Si veda il Catalogo N. CCC Abbiamo già
avvertito altrove quel, che dice Tlinio dì fimili |
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rono veduti m Alexandria ùg (jtéyx Qccjptz, come una
gran maraviglia /Pappagalli, /Pavoni, i Faggiani, e altri rari uccelli, In Roma erano a' tempi di Var- rone conofiiuti, ma tariffimi : fcrive egli de Re Ruft. Kb. III. cap. 9. parlando di una forta di Galline non ordinarie: In ornatibus publicis folent poni cum pfit- tacis,, ac merùlis albis , item aliis id genus rebus inufìtatis . Anche Ovidio piangendo la morte del Tap- fagitilo- della fìia Corinna Amor. II. El. 6. lo chiama . . . extremo munus ab orbe datum.
Eranjl però già rendutì meno rari fitto Augufio. Onde e notabile quel , che dice Tlinio VI. 25». // . quale nel riferire l'itinerario da Siene a Meroe, de- gli efploratori mandati da Nerone , defirivendo l' ifila Gagaude , dice : Inde primum vifas aves Tfittacos . (4) Sono degne di ojfervarfi in quefto cocchio le
fìanghe,. Ed e grazio fi il vedere , tome l'abbia efpreffe il pittore attaccate al collare del pappagallo . :(Ù II Bochart nel Hieroz, lib. IV. cap. I. a Vili, parla diffufamen'te di tutte le fpecie di Locufte, delle loro proprietà , e de* varìi nomi prejfo gli Ebrei , gli Arabi ,e i Greci: e tra quefte al eap.I. p. 45-1. numera anche /'/Grillo. J Greci chiamano . TpvKXov il porco dal grunnito di quello : benché Tpv anche chiamino qualunque cofa piccola. Suida in Tpv, Crede I/idoro XII. 3. che Giyllus fia cosi detto dal filano , oftridore y che fa f Tarla egli del Grillo canta- juolo\, di cui fcrive ancheTlinio nel fine del lib. XXIX. Gryllus cum fua terra effoiTus & illitus . Magnam au- toritatem huic animali pcrhibet Nigidius : majoreni Magi, quoniam retro ambulet , terramque terebret,: ftridat no£fcibus . Venantur eum formicae cireumligato cap ilio in cavemam ejus conje&ae, eifìato prius pul- vere, ne sese condat : & ita formicae complexu extrahitur . Lo fiejfo Tlinio XXXV. 4. parlando> dì Anttfilo Egizio difcepola di Ctefidemo dice : Idem |
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pitture.
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TAVOLA XLViì
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249
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1,1 t >,'', , V 'i1,1!1! I|l,'| 1.1, l'.'i'i I
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"Vi^V.'l',!.'.
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Vanni Deliri:
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Cepparmi ine
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Scala un-ius palm-Hom:
Etunius patnvNetxpoUt:
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TAVOLA XLVIII.
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(0
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L campo di quella pittura (*) è ' divifò
in due partirnenti. La veduta fuperiore è molto femplice, fé fi confronti coli'in- feriore, la quale per la varietà e per Ja novità degli oggetti riefee affai grata all' occhio. Nella prima pende fofpefo |
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LVanv
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con un najìro di color paonazzo, come
fi ravvifa da5 due capi che comparirono 5 un Clipeo (3) o fia rotella di color d'oro, in cui (la effigiata la tefta di Medufa (4). Nel mezzo forge una quercia. Preffo al pe- dale |
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(i) Nel Catalogo N TìLXXVIL
(x) Fu trovata colla feguente negli fcavi di Re-
fina . (3) Sol e ano gli antichi da principio fofpender e ne*
tempii gli feudi ? e te arme de' -vinti nimici . T>a que- Jlo coftume ne nacque un altro affai diverfo , e fu quello di porre ne* tempii gli feudi, in cui o le im- magini degli antenati , a di altri uomini illufiri fi •uedeano . Si veda il Buonarroti ne* Medaglioni p. 9. e feg. Comunque ciò fia, fi foleano certamente nelle e afe , e ne' tempii , e in altri pubblici luoghi fofpen- dere per ornamento feudi d' oro , e d' argento > e di altro metallo : ed effigiavano in quefii gli antichi 0 i volti de' loro maggiori t 0 qualche Nume . Augufto |
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ornò le Curie di tali Clipei. , che rapprefentavana ì
volti di coloro , che nelle arti della pace , 0 in Guer- ra fi erano fegnalati . Erano quefii feudi alle volte nudi, e fenza immagine alcuna y ed alle volte , oltre alla effigie , contmemo il nome di chi dedicavali : come fi vedrà nella nota feguente „ (4) Taufania Y. io. rìferifee , che nel tempio di
Giove Olimpio eravi affilio uno feudo d'oro , in cui
era intagliata la tefta diMedufa: àemg àvaKeirai xpurij,
MéSìjffm 7W yopYova ìyxvct sKèipyacryJvw. £A che vi
fi leggeano^ quejìi quattro ver fi
Nixc? (lèv (pid'Acw y>fj7éav e%ei, h. $s T&pdypag
à&jpcv > fai 'A$ysm ma A'&r/j.duv xd t&mv %
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TAVOLA XLVIIL
dale di quefta fi leva su una Ninfa M, la quale ha in ma-
no una/cure (^ , e dal pettignone in giù, in vece della mezza vita, fi ftende , fecondo il gufto rabefco (7), in più radici, che di qua e di là fi allungano, e fi attorci- gliano. A? due lati della quercia fono due arbofcelli di Palma (8) . Neil' altra veduta, eh9 è un quadretto bislun- go , fi offerva in primo luogo un Tempietto 9 a cui fi afeen- de per cinque gradini (9). La porta è ornata da un fe- Jìone : Nel fregio sull' architrave havvi un mezzo bu- Jìo (io) ; e fui faftigio un ferpe 00 a color di bronzo. A'fian- chi della porta fono due bafi lunghe, che foftengono due Coccodrilli («) anche a color di bronzo . Dietro al Coc- codrillo, ch'è a man finiftra del tempio, fopra un'altra ba- fe più alta, fi feorge dentro una nicchia un Idolo Egi- zio (13): Dietro alla nicchia fi vede un edificio ( parte an- cora del tempio ), sul cordone del quale fiede Anubi (h). Si vedono poi più personaggi in varie mofTe . Tra queftì uno,
Tav Sèmràv vkag &em t5 -ko>£^: lunque altro albero . Si veda anche Ateneo III. p. 7 •
tesi tradotti dall'Amafleo (6) La Scure in mano a quefta Ninfa V^frL Ex auro phialam caota pofuere Tanapra, Tornente pofia dal pittore per dinotare , che le Jjr.
Juverat haec bello quod Lacedaemònios , di aveano la cuftodia de' loro alberi : e v™avav ^
Cecropidae, Argivique duces , & Jonica proles gli oltraggi , che a queftì fi facejjero .. o ^w>^,
Vid-ores, partis de fpoliis decimami Apollonio Argon. IL ff™^^a£ *l v. 478. come
Avverte ivi il Kuhnio ,.che l' Amafeo fi e inganna- per tal cagione -.e ne o A ò u rm quercia.
to nel dire , che gli Atemefi , come Mttoriofi figli ^f^ra^f ^^to in aUro luogo quel, che
Spartani quello feudo avean pofto : poiché anzi gli (7) £'* „ td forU di pittura . Benché qui Spartani furon vincitori , come dice Fiutarco, et J^^^*5^/^?^/^?/*''^'mL dell' albero colla
Tanagreiloro confederati pofero lo feudo dalle fpogUe par che alluda pmttoflo f J^lSl/S Nn-
de' vinti nemici e riflette guarnente, che non con- Ninfa > o per dir meglio alla gene, azione «<J*X»*
viene agli Joni il dialetto dorico , in cui fono first- fa figlia della quercia: poiché ™"j£aj£n^
-ti i verfi.Ma lafciando ciò da parte Inabile, che mio nel air. 1. fi cr edeano le Ninfe nate dagli al
Taufania chiami àtrmfa , feudo quel che T epigram- ben. ,
ma dice &cbw , tazza . Se fi riflette alla figura e (8) Nella nofira pittura non vi fi ®PTfn0 JìUfe_
alla forma del Clipeo , eh' e rotondo e concavo -fi ti. Plinio XIII. 4- àove lungamente Pfflf,,^
vedrà che pojfa indifferentemente dirfi e clipeo e taz- fi'albero , avverte, che m Italia, e tn tuna
za . Aratotele Poet cap XXI. efpreffamente nota ropa piantate non producono frutto . v avvitato
che poffa egualmente bene dirfi: tóM^Ap?, (9) .& notabile, come anche fopra flfl
mi fatato] da-Tiìg Aiovutns : lo feudo tazza di rvìarte -, il numero non pari ne'gradini de'tempii .
e la tazza feudo di Bacco . Quindi s' intende ancora (io) "Da' Greci chiamafi vpoTopI ■ lo fcherzo di colui , che chiamava la fua tazza (ir) Forfè per dinotare il Gento^ <> j feudo di Minerva . • (izf Si parlerà nelle note della iaY- • 2 ($) E noto , che le Driadi , e Amadriadi cosi fta beftia flagra prejfo gli Egiziì ^^
chiamavano dalle querce dette da* Greci fpueg ; per- (13) S incontrano flpeflfljfimo fimiiif Co'xrìV*fl de-
che fi credea, che inficine con quelle arbori nafietfero, fintanti Numi di Egitto . Luciano
e mancando quelle morijfero : fi veda Callimaco Hymn. gli Dei grazìofamente li deride . Frìzìi • da
in Pai. v. 81. 83. ove il dottijfimo Spanemio, il qua- (14) E notiffimo quefio "Dio *%<* &o
le avverte, che ìpvg diceafi generalmente ancora qua- Virgilio è chiamato : Latrator Anubis .
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TAVOLA XLVIIL 151
uno, più che gli altri, merita particolar attenzione. Me-
na egli innanzi a se un fomajo carico di vafi di vetro , come fi argomenta dal traiparire il rojfo del liquore che contengono (*5) : Non può non ammirarfi la vivezza, con cui è efpreflò P Afinajo in atto di tirare con tutta la fua forza (*0 per la coda il fòmaro per falvarlo dalle fauci di un Coccodrillo, che fta sulla riva del fiume, il quale a tal diftintivo (fé tutt'altro mancafle ) fi riconofce eflere il Nilo 07). |
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(i)-) Sebbene Erodoto nel Kb. II. feriva, , che in
Egitto non allignavano viti -, foggìugne fero egli ftef- fo , che quella induftriofa gente fapea fupplire la man- canza de* vini con altri liquori medicati . Si veda anche cDiodoro I. 34. (16) £N tale la forza , che fa coftui , eh* efee
affatto di piombo , e non cade , perche l'afìno non arrendendofi ne fofticne tutto il pefo . (17) y//>W"XXXV. 11. commenda fommamente
Nealce , /'/ quale avendo dipinta la battaglia nava- le tra i Terfiani , e gli Egizìi > jper dimojlrare che nel Nilo era fuc-ceduta V azione , Afellum in litore bibentem pinxit , Se Crocodilum infidiantem ei : che appunto e quello , che qui fi vede . Or ciò pofto, fi diffe , che 7 tempietto pofto lungo la riva di quefto fiume era forfè dedicato ad uno de* tanti- Numi, che avea 1' Egitto } poiché a riferva di Ofiride , e bifi- |
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de , eh* erano generalmente da tutti venerati , come
fcrive Erodoto II. 42. e IDamafcio prejfo Fazio Cod. Z4z. j ogni villaggio avea poi il fuo 'Dio particola- re . Si credette verìfimile , che potejfe dirfi dedicato a Terfeo, di cui racconta Erodoto II. 91. che avendo portato dalla Libia in Egitto il tefehio di Medufa da lui uccifa , ( di cui fi veda la favola in Ovidio, e in altri) gli fu edificato un tempio nella Città di Chemmi, circondato da un palmeto, e con due grandi ftatue avanti la porta . Il faperfi oltracio , che in Egitto non fi tene a conto de* Greci , fuorché da' foli Chemmiti, tal congettura era di qualche pefo. La quer- cia dedicata a Giove , padre di Terfeo , e lo feudo colla tefia di Medufa davano anche a quefto penfiero qualche verìfimiglìanza . Ma il vederfi nella pittura della Tav. feg. quefte ftejfe cofe fece fofpendere il giu- dizi» fui nume di queftt tempio. |
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Scala umus palm- liom-
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Et uruus./<*!>»■ jTayofit-
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TAVOLA XLIX
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Tom. I. Pit.
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**?-i$3.
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*55
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*IG/2?ZÌ Deliri'-
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J?e zttzizis r>£*/m. JS&ct&olìé.
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T A V
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-A.jL^A^I.^
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La pittura incifà nel rame di quefta Ta-
vola compagna di quella , che lì è ve- duta nella Tavola precedente . Il fùo campo è divifo parimente in due parti. La fuperiore è fimiliffima al fuperior par- timento dell'altra pittura, fé non quan- to è ancora più femplice : non contenen- do altro , che lo Scudo colla tefta di. Medufa, eia quercia colle due palme laterali, ma fenza la Driade . Diverfa poi, e forfè anche alquanto più vaga della inferior veduta dell'al- tra pittura è la parte inferiore di quefta . Si olferva in primo luogo una conferva d'acqua (2) , difela da un recinto orna- to di merli o palìzate, che fieno : e una macchina per at- tigner l'acqua (3) colla fuajeccòia: 'L'uomo, che l'attigue, è fituato lòtto una gran tenda W formata di varii pezzi. E% fo-
co Nel Catalogo N. "DLXXV. (3) La maniera , con cui fi vede qui attigner (2) Ter la mancanza delle acque piovane era co- V acqua, fi tifa anche oggi fra noi , con una macchi- fiume degli Egizii derivare dal Nilo , e raccogliere na molto fintile. per mezzo de1- canali T acqua nelle cifierne . (4) // Fabretti sulla Col. Traj. cap. VII. p. 2.14.
.'■<.' -, ... parla
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V O L A XLIX.
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%56
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E fofpefa la tenda ad una croce ($) , ed è per gli altri capi
attaccata ad un arbore. Sieguono diverfi cài fidi con torri, una quadrata, altre rotonde, e pofte (6) in varie distanze, fimiliffime in tutto a quelle, che noi offerviamo ne' noftri villaggi. Più in dentro evvi una villa (7) murata , che ter- mina in un cafamento di varii piani. Finalmente in lonta- nanza havvi una cafetta forfè diftinta per officina della macina, come par che dimoftri la mota (8), che vi fi ve- de (9) . Vi fono varii perfonaggì in divede azioni . Merita particolar attenzione quello, che armato di lancia e di feudo fa la caccia a un Coccodrillo M ch'è sulla riva del fiume ("). |
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da Latini propriamefite dìceanfiHorti. Avremo nella
fpiega'zione delle Vignette, e delle Finali occafione di ragionarne .
"(3) Vitruvio X. io. "Plinio XVIII. io. e Pallà-
dio I. 4X. parlano delle ruote de" ruolini ad acqua. Potrebbe dìrfi, che la nofira ruota fia di quelle a tal ujh deftinate : e fi non vi fi ({fervano tutte le parti neceffdrie, 0 nafee ciò per ejfere la pittura patita in quejta parte 3 0 per dinotar la lontananza, in cui e fi- tuata la ruota , il pittore non l'ha diftinta . Può an- che dirfi una macchina da attìgner l'acqua , come in altra pittura fi vede, dove fi noterà qualche cofa . (<?) Effendo , come fi e detto , e come fi vede , pati-
ta la pittura in quel luogo, non vi fi dijììngne /'ac- qua , che dovea toccar la ruota. (io) Parla Erodoto II. cap. 70. p. iif. della
faccia, che faceafi del Coccodrillo ; ma la maniera e affai dìverfa da quefia . Teodoro I. 3?-:riferjfce tre diverfe maniere dì far tal caccia. Atteftano i l sag- giatori, che oggi la caccia del Coccodrillo fi fa colla picca. Si veda Leone Africano lib. IX. p. i<)6. e'I'Signor di Maillet Defcrizion dell' Egitto lett. IX. y. $t-- (11) Al fegno del Coccodrillo fi riconofee ejfere il
Nilo, come fi è notato anche fopra. |
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parla della tejfitura dì quejle tende , e con molta eru-
dizione fa vedere , eh' erano cucite di piti pezzi di cuojo . Perciò gli artefici di sì fatte tende furon det- ti cr/.yjvopcd'pot -f e da Snida cry.rjvoppd^og è /piegato è os'p- pcna cvppcforav cucitoi- di pelli. S. Tao lo fu applicato al meftiere di lavorar tende, come fi narra negli At- ti degli Apoftoli cap. XVIII. dove fi dice, che lavo- ro in Corinto in cafa dì Aquila e di Prifcilla , eh' erano cnirpoTroioì r^j 7£%v/]v. 'Plinio XIII. 4. dice^ che le foglie delle palme, ad funes vitiliumque nexus, & capitimi levia umbracula ( forfè fimili a' noflri cap- pelli di paglia ) fìnduntur j ed è noto , che fé ne fervi- vapo anche per far delle vefiì. (5) Tertulliano-, Apol.cap. XVI. rinfaccia a* Gentili
ch'ejfi in piti rincontri adoravano la croce fenza accor- ger fene , e dopo più efempii figgiunge : fuppara illa ve- xillorum , & labarorum llolae Q ornamenti ) crucium flint. E~ notijjìma fulle medaglie , e ne' bajfirìlìevi la figura del Labaro : Es qui da offervarfi foli auto, che ancora le tende fojfero concegnate allo ftejjo modo. (6) Non vi è quafi pittura alcuna di fimili ve-
dute di paefini , in cui non vi fieno delle torri . 'Di' remo su quejle apprejfo qualche parola- (?) Quefti dipartimenti di terreni erari quelli , che
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TAVOLA L,
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ONTIENE quefta Tavola W tre rami,
e le tre pitture, che vi fi vedono inci- le , fembra che tutte lieoo rapprefentan- ze di cofe Egizie. Nella prima par che il pittore altro non abbia voluto efpri- merci, che la veduta d5 un ruftico edi- |
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1.. Vanvite'Ui
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fìcio (3) filila riva del Nilo . Gli animali
che vi fon dipinti, certamente a quel fiume appartengo- no: e la figura del Coccodrillo (4) è nota egualmente che quella dell' Ippopotamo 0). Vicina all' Ippopotamo fi vede Tom. I. Pit. S s un' |
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e ì littori , e gli Scultori per fingolar di flint ivo dan-
no al Nilo il Coccodrillo. La forma di quefto animale è notijfima : s' incontra anche nelle Medaglie per notare l'Egitto, come neW AEGITTO CATTA di Augufto. (j) Che l'Ippopotamo fia animai del Nilo, lo dice Taufania nel cÀ.e Filoftr. I. Im. 5-. e Luciano in Rhet. praec. danno per diftintivi al Nilo i Coccodrilli, e gì'Ip- popotami . Erod.ll.71. 'Diodoro 1.1$.e Tlinio VIH.Z5. lo deferivano, come qui fi vede, e come s'incontra in qualche medaglia.Spanemio de V. & P'.N.p.27'^fDifferifce quefio dall' Ippocampo , 0 fia dal Cavallo marino . Si veda r Oleario a Filoftrato Her. e. 15», n. 6. Tlinio Vili, e. z6. nota , che gli Egizii prefero dall' Ippopotamo l'ufo
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(1) Nel Catalogo N. LXXII., e TiXLIV. n. 1. e 2,
(z) Furono trovate negli fe avi dì Refina quefta, e le feguenti due pitture l' anno 1748. (3) Altro non par che fa , se fi confiderà quel
tetto , che fembra fatto di canne , e quel rinchiufo e quella torretta, che vi fi ojferva j e tutto fembra di legno 0 di canne . Si vegga Eliodoro Aeth. I. cDio- dorai. 36.Altri vi riconobbero un tempio ad ogni modo. (4) Non è il folo Nilo , che abbia de' Coccodril-
li : Taufania IV. 34. dà i Coccodrilli anche all' Indo : Strabene XX. p. 6$6. e XVII. p. 82Ó. all' Idàfpe, e a' fiumi della Mauritania : ElianoH. A. XII. 41. al Gan- ge : e Stefano e Tlinio ad altri fiumi ancora . Nondimeno |
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TAVOLA
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JU*
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mf anatra o wPO-caify* Negli alberi, e nell'erbe? che vi
fi offervano, febbene vi fia del capriceiofò; vi fi ravvila però della fiiniglianza in alcuna con qualche pianta Egi- zia (?K Nelle altre due pitture par 5 che fi figurino le due princi-
pali Deità di Egitto Ifide 5 e Ofiride (8) con alcuni de' loro fimboìi. Nella prima fi vede Ofiride a delira colla tefta di Jparviere (p)5 e fòpra quella il fior di loto (I0) : e con un afta 00 in mano. A fìniftxa fi ofierva un'altra Deità (**), c^e oltre al loto in tefta, e a un jfè/]p£ (;I3) nella mano , ha vol- to virile e lunga barba (h) ., In mezzo evvi un' ara : e fòpra
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/' #/o del falaffo . Hippopotamus in, quackm meeleìicfi
parte etiam magifter extitit : affidila namque fatietate obefus exit in litus -, recentes arundinum caefuras per- fpeculatus 3 atque ubi acutiiììmum videt ftipitem, im- primens corpus venam quandam in crure vulnerata atque ita prof uvio fanguinis morbidum alias corpus cxonerat-, & plagam limo rurfus obducit. (6) Si crede effe? I' anatra il (imbola dell' inver-
no . Si veda la Chmiffe To. IL Sedi:. V. Tab. XX., Or vi fu chi valle dire.., che il pittore aveffe qm po- fta r anatra col coccodrillo , per efprìmere^ che que- fia beftia i quattro mefi d'inverno non mangia, af- fatto. , come dice "Plinio VIII. %% ed Erodoto II, 6%. Altri dìjfe ,. che P anatra dì fua natura amfikiafElia-* no FI. A. V. 33. ì) dinoti qui, che -abbiati la fteffa natura gli altri due animali con efifa infieme dipinti. Ma ne V uno ne P altro penfiero fidisfece . Si volle da. altri che fejfe mrì'Oca , la quale s' incontra nella Menfa Ifiaca^ e in altri monumenti Egizii non di ra- do . E potrebbe qui dinotare la creduta divinità del Coccodrillo^ e dell''Ippopotamo , ejfendo VQcx fpecìai- mente addetta ad effer vittima ne' fagrificii. Erodoto. I. 45". avverte? che in Egitto potèano fiiamente im- molarfi' i porci -, i buoi-, e i vitelli mondi ^ e le Qche» ■(7) Gli alberi fino Talme .
(%) Tra le molte divinità Egìzie , Ofiride eM
Ifide germani e fpofi^ furono le principali . Si veda Ero- doto II. 4z. Diodoro 1. 13. e T lutar co de Ifi&e, & Ofir, ed altri, che fpiegano tutta la mitologia dì quefte due divinità, (ef) Tra gli animali fagri di Egitto^ vi Ji nume»
rava anche lo Sparviere . Eliana H. A. X. 14. e 24. Ofiride, ch'ara lofteffo,. che*l Sole•, di cui quefto uc- cello era P immagine^ adoravafi tal volta fitto P in- tiera forma d' uno Sparviere} e talvolta coli*, fila te- fta di quefio animale, come è figurato nella Menfa Ifìa- ca: fi veda il Signoria p.62. |
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Greci , e i Romani. Trofpero Alpini, e lo òpane*
mio han raccolto quanto può dirfi sull'ufo , proprietà 9 e mi/Ieri di quefta pianta . (11) Si vollet che foffe una ferula? dì cui abbon-
dantijfimo era l'Egitto; dove le ferule arrivavano ad ■altezza ftraordinaria . Tlinio XIII. x 1. Bacco, ch'era lo fteffa , che Ofiride , con una ferula in vece dì afta particolarmente fi vede a dìftinto . I Gemi benefici, e gli 'Dei Avverrunci-, che allontanavano i mali., fi figu- ravano con flagelli,^ e con baftoni in fnano : e cosi e» fi rapprefinta Ifide , Ofiride, Jnubi s ed altri "Dei be-
nefici dell'Egitto nella Menfa Ifiaca , e in altri fimilt monumenti : fi veda la Chaujfe To. I. Seft.I. Tab. 33. £ nella Sedi II. Tab. XL. e XLII. (12) I fimulacrì d'Ifide erano dagli Egizii coro-
moti di ferpi. Eliano de A. XVII. f. ed è notìjfimo l'ufi d£lb ferpi nelle pompe e ne' mi [Ieri Ilìaci .Si volle » che ma Mero fimboti della falute e che quefte due pit- ture efpr ime ff ero forfè nn vMo-. Ter altro Tibullo par- lando a" Ifide dice .. :• . nam pofTe mederì
iPi&a docet. templis multa tabella tuis ':
m Giovenale Et quuffl votiva teftantur fana tabella
Plurima, pidores quis nefeit ab Ifide pafci.
■.■(13) Ifide era chiamata e creduta ^J^J,,, Sfitto moltijfime forme e diverfe era/a^JJ^yojfio e detta IVIyrionyma? di mille nomi. St wd* .^^ Idolo!. II. y6. e'I Rigalzia ad Minuc.'OJWv. ^^ Apuiejo Met. XI. dice di lei: Cujus m* multiformi fpecie, fitu vario, nomine nwny 6 veneratur Orbis. ^ % (fd~ m* (H) SijolU che» ^f*-fJ;Ze mi-
tabile il vederli qui barbata. Si aijje T te ragioni^ Wforfi ciò ^Jgfu fjTvl
0 a Venere : giacche Ifide era creduta e la Lui» ■ g ErJla Luna r^rejentats nfiznf*
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(io) £s noto , the 7 diftintìvo principale deUe
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divinità di Egitto era il loto, in cui ejji tanti
mifieri ritrovavano . E quindi non filo per ornamen- to degli'Dei, ma anche de'loro Eroi , de"Re , e delle Reim 5 e di' Magìfiratì fervivji.il loto freffb gli-Egì-
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^,, r»,imeme. ara ta i^una '^,f anche diceafiLu-
di donna egualmente e di'uomo , onae m**.™ <-pirno- nus . Sì veda lo Sponio Mifc. Et: A- P- ^e »; «ere rio Menf. If. p.lf. Adoravafi anche m ^^Jl barbata . Servio Aen. II. 63x. E Suida m AW^; |
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f*6l
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TAVOLA
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JLy.
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fopra un vajò (*$) - Nella feconda pittura poi fi vede Ofiri-
de barbuto, e coronato di eìkra (l6) e Ifide che al Iblito ha volto donnefco (*?), e così quefta 5 come Ofiride tengono nella delira mano un' afta , e nella finiftra una tal cofa, che non ben fi diftingue (l8). In mezzo havvi una menfa {^9)y fopra la quale è una colomba M. Gli abiti delle due Dei- tà fon fimili a quelli, con cui fi vedono figurate nella men- fa ifiaca 5 e in altri fimili monumenti («). |
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dove nota , che dd lombi} e nel di fopra figuravafima-
fchio e barbuto -, nel di fitto donna . (15-) Frequentante firn quefte are con tali vafi
nella Menfa Ifiaca, ed in altri monumenti Egìzii. Il Tignorio , il Kirker , il Chijflei ne danno le fpie- gazioni. (16) U ellera cori-venendo a Bacco , conviene an-
che ad Ofiride : ed oltracib Tìiodoro I. ij,dicey che Ofiride trovò quefta pianta , e ne moftrò V ufo} e che perciò chiamavafi in Egitto la pianta di Ofiride. (17) EJfendo rapprefentato Ofiride co' flmboli di
Bacco i potrebbe qui dirfi in Ifide figurata Venere. (18) Sì credette, che foffe l'Ermetica croce detta.
Ifiaca , e anfata , che quafi fempre nelle mani di Ofi- ride e d'Ifide negli antichi monumenti fi vede : e a cu/ tanta virtù dagli Egizii fi attribuiva. Altri in |
mano ad Ifide riconobbe un fecchiello , // quale per
altro anche le conviene, come fi vede nella Menfa Ifia- ca , e prejfo la Chauffe To. I. Se6>. II. Tab. 41. (19) T>elle menfe fagre fi e accennato altrove
qualche cofa : e tutto quel , che può dirfene , è no- tiffimo . Il colore di quefta potrebbe farla credere rapprefentata di argento -, e tale conveniva a Venere 9 eh' era la ftejfa che Ifide , come fi è già detto. (io) La Colomba a Venere era fagra, e potè a con-
venire ad Ifide, di cui eran propie le Rondinelle . Tign. M. I. p.67. (zi) Si vedano raccolte tutte quefie cofe nel
Montfaucon To. II. P. II. e nel fuppl. To.. II. La, Chauffe nella cit. Ta. 3 3- rendendo'ragione di un fimìl veftito reticulato, che ha Ifide in ma gemma, dice, che ciò dinoti la connejfiom e la concatenazione delle cofe. |
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Verrini Jjeliit
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Scalei inxìus ,pahì\!.- Jiotri:
paini: JVectp ùiù |
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Qpparali itici:
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ALCUNE
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Scala tpalm: attor.' Ovvr:
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etduor. JSj' cajpo'lefc
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et wr%it*x JSTect-p olefc.
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2Ó5
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ALCUNE
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SSERV AZIONI.
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UESTE oflervazioni conterranno tre
cofe : Una piccola Ipiegazione delle Te- fiate , e de' Finali occuperà il primo luogo : poi lì difcorrerà brevemente sul merito di tutte le Pitture del Mufeo ge- neralmente, ed in particolare di quelle pubblicate in quello Tomo : e finalmente fi darà ragione dell'ordine da noi tenuto in tutta l'Opera. E per quel che tocca la prima parte, fcorrendo per tut- ti i fregi e' finimenti, avvertiremo di tratto in tratto qual- che cofa traile molte , che ognuno può da se Iteffo of- fervare. Prefazione . Non è neceflario avvertire, che 1 Vesu-
vio9 e VErcole, i quali fervono a quefra di fregio e di fi- nimento , non fieno antichi. Si fono aggiunti que' due rami per alludere coir Ercole alle favolofe tradizioni sulP origine di Er colano , di Pompei, e de' contorni ; e per inoltrar nel Vefuvio, ( la cui orgogliofa tella (0 Non cejfa ancor di minacciar rovina")
l'autore del feppellimento di tanti bei luoghi, la Icoverta de' quali era rilèrvata alla felicità del nollro fecolo, E per metter fotto gli occhi de' Foreltieri tutta la noftra riviera, e quelle parti di quella, dove fi fanno gli fcavamenti, il Tom.I.Pit. Tt cui |
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. . . necdum lethalc miliari
Cefìàt apex. |
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(i) Stazio parlando appunto del Vefuvio lib. IV.
Syl. 4. |
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2ÓÓ ALCUNE OSSERVAZIONI.
cui prodotto è il loggetto di queflf opera ; fi è credut >
proprio aggiugnervi ancora il rame del Cratere * TavXW Nella maggior parte delie tejìate ^ e ad*final*
delle Tavole fi rapprefentano vedute diverfe di ville 9 pe lo più filila riva del mare, E noto fin dove giugnefle prel fo gli antichi il luffo in quello genere di piacere (3). e fi sa , che 1 teatro delle funtuofe delizie de' Ro- mani era , più che ogni altro luogo (4) , il noftro ame- niffimo Cratere (*), Se in quelle dunque e nelle altre pit- ture fimili le vedute appunto de? Cafim? che i noftri li- di cingeano, fi foflero efprelfe ; non può veramente af- fermare , Si potrebbe ? forfè non fensa qualche verifimi- gìianza , in più d' una fofpettar ciò ; in altre raffigurare qualche colà Egizia \ e in molte la fola fantafia del pit- tore riconofeere, che or alcuna, or tutte infieme le par- ti, di cui folcano le ville effer formate W, abbia voluto figurare , Negli edifim , che fi vedono in quella prima te/Ima, par che fieno accennate le tre parti di una vil- la , Son graziofe le mofie de' due animali W • 5 Tav.II.
(z) NelCatalN.CCLXXXIILeN.CQCCLXX.i, ifrpi$t#m **** fP^t ff^jfPTT^
le àgli antichi , e de> tempi fuai :Mx faciebant ad «retw^**, «*» ^ T,7 1 ^Lf Lfyl 1^;
fruauùm radono, hi faeiJnt ad libidi»» indomita Ttffc oixob&ue ™ P***, % ff^S che fcaque «fan* vULe .uiHcae erant major, quam u g***-*^ ^^e^ ; cÌTc &erUrCcli^rtJUSaa *** Tutto è cinto costile fopraddette C**£f<£
Si veda il Cremo de Mie'. & vili Vet, IL 3, Lipffo dq fazzuoli, Napoli, £r^to, Vampe* > a*rrg fo^ ^
Magni*. Rom, III, 14. * V Z^r* ]us Georg. I. 6. me da edificii, e da piantate: e tutte quevee ^^_
*• III. 7. dove parla, anche delle altre nazioni, mente continuate, che par che r°r^1H11 ^ autem mena-
II 'luffa tra' Romani nelle fabbriche delle ville par- (6) Co.lumella de Re R. L 6. ^Qa"* . & dir
talarmente sul mare, par che P introduceffe Lucullo, brorumque numerus aptetur Wy&l%Q?»** & fru-
detta perciò Serfe Togato da Tompeja , «ff* rfr« */ vidatur in tres partes C/r*4**« , ^ *m\ri, r fr
(4) ft* ^^i i C^i «I /?*> . rf &£* ^ **• '"" 7Pr^n°/v ?F "fo V-ff emanata
crino, a Toz/uoU , , >£ ;«ft, // * . JS ^ ^/f^ > ' ^ ^f^J,; ^P- -9- C-g: ; £ ^^ ^ ^« Ep.. n, /dei, HL 2z, ^^ parla della <fr**f*™«*f. ^ ^ar^orfT^etdeJan~ kellWrnaJ* gCf*/«• preffa Ercalanal Marziale dal f^%*J"JJ^"Z ' ^ 7^«« Swmt.Il Gremo. nel cap, i,e 2. hb.II. enumera quafi per riporre: n p j m ddU p flIa
tutte le ville che adomavano aue> luoghi, f* * 1*} t^fZ nel cit Lv 6. e cfp. 4- S-' 7-
(5) StraboneV.p. 247- eosilo deferive : Usyji ^ fi -veda *W"* * f&ff *# pik grmds m Afinel-
ìsvpa ìyei. rìteg è kóXxq$ q K^t^ ^myo?sw}iem (rf St -volle % cm m r 4 lo: |
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ALCUNE OSSERVAZIONI. 2Ó7
Tav. IL (8) Ne'due primi perfonaggì di quella tefiata fi
vedono chiaramente i calzoni fe). La torre con fine/ire , che par deftinata ad ufo di abitazione (io)5 jlnobil^/^^, che pofa fopra archi (u) dentro P ^//^ (12) 5 c'ì ponte (n) fon da notarli . Si vedono con degrada£ìone in diftanza altri edificii 9 tra5 quali una piramide M . . Tav. III. (15) É vaga la tefiata perle diverfe cofe, che
ne occupano il campo. Traile balze fi vede un termine (**); fulla porta fi offerva una /«fi/fa dentata (17). lo : e infatti fi, legge preffo Varrone de Re R, III. Seneca Cont.. V, $.dìce: Maria fummoventur projeftis
2. ^/6<? »0?z meritava il nome di Villa, quella ,, 0W molibus.. Cwi.parla anche Salluftio,. * 'Petronio. Dice
mancava quefto. animale . ikfo. parvero piuttofto un Suetonio di Caligola cap. 17. In. exftmtìianibus praeto-
Giovenco , ed un Cane • animali egualmente necejj'a- riorum , & viliarum . . .. . jecit moles infetto, ac
riì,, e ricercati nelle ville., Varrone de Re R,I. 21. profondo, mari. Orazio IL Ode. 18-
e iS. Columella VII., i-l., Marifque Baiis obftrepentis urges
(8) Nel Catalogo N. CCLXXXIL Summovere litora,
(9) L'ufo de'Calzoni è antichifiimo: lafcìandofia- Parum locuples continente ripa,
re Adamo, gli Sciti, i Terfiani,, e i Medi bufavano: E III. Ode 1. e una parte della Gallio, dal portarli fu detta Braccata. Contrada pifees aequora fentiunt
/ Greci, e i Romani par che non ne avefero l'ufo da Iacìris in altum molibus ..
frima... Vero e,. che Cicerone de off. I. dice : feenicorum Qr di quefti archi ? che qui fi vedono y può intenderli
quidem mos tantam. habuit a vetere difciplinaverecun- Sidonio Apollinare Ep.. I., 5. Pontes , quos; antiquitas
diam, ut in feena fine fubligaculo prodeat uemo.. E a fundamentis. ad' ufque aggerem calcatói^ fìlicc cru-
Ateneo XIII. p., 607, Kcd al Serratùoì; opxqepfàs?,. %%- ftatum. crypticis arcuòus fornicavit. Non par- che fio. da,
Qt&TtSp dvrocìg. s9og kh-,. iv rotìg foacfisacpxLt;;. yvpal wp%&V-, confonderai con quefte fuftruzioni il Criptoportico ,
to: e le ballerine delia TeiTaglia,fecondo il loro coilu- di cui parla ^Plinio. V. Ep., 6. fub.eiì:- cryptoporticus
me, ballavano nude colle diazosfè ..Ma crede il Bai- fubterrancae fimilis . Chiamavafi così un lungo portico
fio de Re Veli, cap.. 20.,, che V fubligaoolo , la, dìazos- deftìnato- alpafeggìo ,. coverto, e chiufo emjmejtre da
fa, /'/ perizoma, non covri/fero , che le fole parti vergo- una parie e dall' altra :■ come lo< defcrive lo Jlej'fo
gnofe r non già le cofee , come le bracae,. e Pdvz£apvcsg. 'Plinio II. Ep. ij-. Si veda, però Cafiiiib.jn Hadrian. p.20,
Suetonio parlando, di Augufto, cap.. 82.. dice , che femi- (12) Non /blamente fui mare , ma anche fu i fin-
nalibus,. & tibialibus muniebatur ... Ma. anche quefie fi mi, e fu i laghi edificavano le loro ville .. E, grandi
vuol che fojfero. fafee, non brache 0 calzoni., Eampri- era l'ufo, x che fiaccano, dell', acqua . Si veda Columel»
àio di Aleffandro Severo e. 40.. dice che. usò le brache, la I. 5. Varrone 111.. 2~._e 5. e: Val.. Majf.JX. 1. §..i.
Si veda ivi: il Salma/lo ., 1)a Onorio fu proibito in Cit- (13), Varrone de Re Ruft.. III.. 5. Quum. habeam
tà portar calzoni'.. L. 2. C: Th. de habitu- quo uti fub oppido Cafiho, flumen,; quod per villani; fluat,
oport. int..Urb.. ove il Gotofredo.. Columella XI. 1. liquidum , & altum, marginibus lapideis , latum pe-
dice , che la famìgli' ruft ica era veft ito l'inverno des • LVII. & e villa, ia viìhm ponfibus tranfeatur.
pellibus; manicatis, & fagatiS; cueullis . Ad ogni mo- (14), Si volle , che foffe un fepolcro . Ter altro
do e chiaro da quefta pittura ,.. che in campagna ufo- nelle ville vi erano fepolcri., Scipione fu fépolPo nel-
vanfiì calzoni dt empi di Tito ,0. anche prima .. la fua Villa,, e Adriano nella villa di Cicerone in
(io} Vedremo fpejfo delle fimi li Torri- in quef}e; Tozzuoli. Si veda il; Lei/èro 1. 7..
pitture'1 frequentiffimo, in. fatti, n': era. P ufo nelle (15), Nel Catal. N.CCLXXIV. e N. CCLXXVL
ville .. Seneca, T Un'io , Giovenale ne parlano , come (16% E" noto,, che Numa ordinò ,, che ft diftin-
anderemo notando a''loro luoghi, .^uh fèmbra> deftinata: guejfero prejjo i. Romani le poffejfioni co'' Termini }
all' abitazione del Villico y, 0 anche per ufo dì grana- mettendovi, delle pietre fàgre a. Giove Terminale .
jo: dice Columella l. 6. Sed- granaria*,, ut. dixl, .fcalis T>ionifio- AlicarnaJJ\, lib. II. Si finge a il 'Dio.- Termine
adeantur, & modicis feneftellis aquilonìbus infpirentur.. con faccia barbuta, 0 una fempl/ce pietra , 0 una co-
(il): Così quefto>,. come il precedènte ,„ e molti, al- lonnetta di legno,. 0- di marmo .. Si veda. Apulejo
tri feguenti edificii nobili 0 urbani > o pretorii , che Florid. 1.. Ovidio, Faft. IL 641.
vogliamo dire , fi. vedono- alzati fopra un terrazzo, Termine , fi ve lapis , live es dèfollùs ili agris
che pofa fopra archi grandi gettati dentro l' acqua. . Stipes >, ab antiquis tu quoque numen habes .
£{uefto era il gufo de' Romani ne W edificar le Ville, i}Ì) Si volle r che fojfe una ruota pet attìgner
l'acqua.
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s6$ ALCUNE OSSERVAZIONI.
Tav. ÌV. (18); Ci fi preferita nella prima pittura una ma-
gnifica villa, o orti, che vogliali dirli (19): sulla.riva fi ve- de um fi ama M fopra un'alta bafe. Tav. V. (2l) Si vedono varii edificii, che formano un
piccolo villaggio. Tav. VI. (22) Nella aj/fttf* è da oflervarfi la fó*^? o co-
vertila , che fi vede foftenuta da colonnette sulP alto di una torre (23) Il tralcio, che forma la pittura del jfow/e, è di una bellezza
tale , che forprende gl'intendenti ed è l'invidia de'Profeflòri,: Tav. VÌI. (24) Nella pittura del finale par che fi rappre-
fenti un tempietto , e le due palme potrebbero indicare qualche cofa Egizia. Tav. Vili. M Nella pittura della t efiata^ fi rappreienta
anche una gran mila (**) sul ?we , in cui fi vede una barca a z?#fe (*?) •
Tav. IX.
? acqua , come fi è incontrata nella pittura della ti ,o ftanze o faffeggi che ffetofdetti %P^hra*
Tav. XLIX. defcritta da Vitruvio X. 9. e di cui 0 hypaethria) con veli. Cw* £%*»* nella L. XII. de Imamente raziona il Salma/lo a Voptfio Bon. c.if. fundo inftr. vel inftr. leg. Itaquc ncque Specularla, p. 47%detta da'Latini ancia, /rota. Lucrezio^. $17- ne1ue w/^> <ìuae frigoris vel umJrae caufFa'" d^°
Ut fluvios v-rfare rotas atque hauftra videmus: funt,deberi... Vela autem «7;rw mftrumenti eiTe Gaihus * tf^M tale ifrrumento anche ufo ne'molini ad ait : quae ideo parantur , ne aedifiaa vento , vel plu- rfw**, <&tti ^' Grm 'npatéTOU. Si veda Salmafo via laborent... De velis , quae m hypaethris extendun- 4 A/»» p. 5§9. b. A. , a Lampridio Heiiog. p. 193. tur : idem de us quae funt circa columnas Celius Cafaubono , * P*Ww a ttrJ»»* XII. p. 834- Afe fcribit magis fupeUedhli annumerala; & ita Sabinum, vedendoli la (lefa rota in altre pitture anche in par- & Caiìium potare . 'Dove difiingue l ufo diverfo, che ti lontane dall' acqua , fi conobbe , eh' era anzi un faceafi de'veli ■ e anche la materia era dtverfa. St riparo , 0 cancello 0 balauftro , che voglia dirfi, veda Budeo alla L. Ex fylva caedua De ufufr .Tt- di legno forfè, avanti le porte, 0 altre *P«*™'_ #f™ ^ Sera P, 468. a A1% e Cremo II 6 (18) Nel Cat N cÓv. %■ e N. <DCCLXXXL Nella Tavol. XLIX. pag. 257.fi vede unfimilvelo. Il Catfinifce al N'<DCCXXXFIII.f veda lanata (S6). Celfo Cittadini nella difert azione dell' antichità dei- fio) Degli Orti funtuofifimi de* Romani , de' le armi gentilizie , fpiega che ne' tempi di mezzo fi Greci, de' Terfiani , degli Ebrei , e degli altri fi chiamarono non veli, ma labari dal pendere, e netta veda ^Leifro III. 7. Anticamente per Horti inten- lingua Italiana pendoni , 0 pennoni . La copertura* deafi tutto il predio ruflico , e in tal fenfo fi prende che qui fi vede ffembra finta di tavola nelle leggi del XII. Tavole . (m) Nei Cat. N. CT>V. 4- e NCCLXXIX (iof Potrebbe dir fi forfè un Ercole. Si veda Stazio (**) Nel Catal. N CT>V. 3. e NCCLXXJLX.
nell' Ercole Sorrentino , che ne deferive il tempio su (16) Oltre a' Tortici, e a Criptoportici ,y. vo
quel lido. 'Potrebbe efere anche il "Dio de' Tefcatori glia» cosi dir fi que' due lunghi porticati c9»efz->J ,
Glauco s ovvero Paianone, 0 fia Portunno ; 0 lo fteffo gran fine frani, che fi offervano m diverj' ueame ^
Nettuno 3 avendo forfè il tempo fatto fuanire le punte la man fimfira della pitturai e notarne puau ^
del forcone , di cui refta [blamente l> afta . Le figure tiffimo , 0 altra fabbrica che fia ^fdro e L m^
pò fon dir fi i Lavoratori ," di cui e il capo il Villico, all' angolo fuha man deftra del quaar •' Sffi
ciò? colui che ha in mano le chiavi . Columbia IX. rotonda full' altro angolo alla JiW*VV "
1.S.17. Si veda Tignano de Servis p, 4of. a 498. i**P ftma verifimiknente una W&— gfe Na.
(zi) Nel Catalogo N. CDV. 1. fr?) Si vedano il Baifio e IV
(22) Nel Catal N.<DXCIX. e N DCLVI. vali, eh'enumerano e chiamano e0 nomi
(23) Ufavano gli antichi di covrire i luoghi aper- fondenti le parti di si. fatte mu .
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ALCUNE OSSERVAZIONI. aó9
Tav.-IX. {^) In quefta pittura, che rapprefenta pari-
mente parte di una villa , e in molte altre pitture è no- tabile quella pertica 5 da cui pende per mezzo di un un- cino > o di un laccio , un pefo , Tav. X. (z9) Nella" prima pittura di quefta tefiata fi
vede in lontananza una gran villa sul #?4?ri 5 nelle due eftreiiìità della quale fon due torri O) : e di prima ve- duta evvi- un'altra torre con féJloni nelle due aperture che comparifcono , e fon chiufe da haìaujìri. NelP altra pittura oltre ad alcuni altri edificii ^ fi vede in lontanan- za una villa, che racchiude un feno di mare ? e a' cine capi di un ponte ha due torri O).' Nella terza pittura ? che ferve di finimento a quefta Ta-
vola, fi vede accennato un pezzo di una parte di atrio (32). Tav. XI.. (33) Nella prima delle tre pitture unite nel
primo rame y fi rapprefentano vedute di mare con due barchette a remi : in mezzo evvi un antro con edifìcio non ignobi! vi fi ofìerva una Ninfa % o Dea che . Tom.I. Pn\ . V u fia
(28) Nel Catalogo N. CDCXIII- T)elreftoi luoghiì pei'cenare eranfempre nella parte più
(29) Nel Cat. N. <DCCX. e <DCCXI1I. e N.LV. amena della cafa ,. ed eran diverfi\ come anche gli ap-
(30) L'altezza di quefte torri è notabile. Lampri- pariamenti, fecondo le fazioni : fiveda il Grenìo II.4. jr*.
dio Heliog. e. 33. Orazio III. 29. Seneca Confol. ad e 6. e'I Leifero I. 7. il quale notay che le elicine eran fi- Helv. cap. 9. Ter altro le ville fi ejfe erano di altezza, tuate prejfo d cenacoli j come crede anche il Minutoli àc fi? a§r dinar ìa ; Giovenale Sat. XIV. Roman, doni. Se£L 2. p. 86. nel Thef. Ant. Rom... del Àedificator erat Cetronius , & modo curva 8allengre To. I. dove nella p. 88. a 9,1. lungamente efia-
Litore Cajetae, fiimma nimc Tiburis arce, mina ancoray se gli antichi avejfero fumajuoli, e con-
Nunc Praeneftinis in montihus alta, parabat chiude, che i Greci gli ave ano> ma non già i Romani',
Culminavillarum. contro il fentimento del Barbaro , e del Ferrari > che
%sl qual luogo è da avvertire ancora ,. che i Romani indifiintamente gli ammettono .. Ma dì ciò fi dirà altro-
avrnno ville hi. più luoghi : Cicerone , che non era ve . Nella pittura della prima tettata, fi offerva tal
de' più ricchi, e che talvolta declama contro il luf- cofia , che potrebbe dir fi fummajuolo.
fio de' fimi tempi nelle ville , ne avea diciotto, come (31} 4) eli' ufo di edificar full' acque fi veda Li
vuole il Servilio de Adm. Ant. Op. II. 47. E nota- nota (12). Si veda anche il Leifero III. 14.
bile , che fien le torri due ne' due eftremi: Seneca Epift. (32) 'Potrebbe anche dir fi un Criptoportico , ofia un
86. parlando della villa di Scipione : Turres quoque paffeggio lungo, diritto* e coverto ,. e forfè non ehinfo,
in propugnaculurrt viliae utrimque fubrecìras . Anche ma riparato ne' lati,. come lo deferìve Sidonìo lib. II.
'Plinio II. Ep. 17. netta definizione delfino Lamenti- Ep. %. iifiinguendelo dall'lpoàroma: come legge ivi il
no nomina due torri . Hicturris erigitux, fub qua diae- Sir mondo . Ave ano gli antichi fimi li luoghi, dove opafi-
tae duae: totidem in ipfa : praeterea caenatio, quae foggiavano , 0 fi facean portare > detti Ambulationcs,
latiffimum mare , longiflìmum litus , amaeniffimas vii- 0 Geftationes : ed erano 0 feoverte, e fiancheggiate da
las profpicit. Eft & alia turris : in hac cubiculum , in Ciprefifi, e da altre arbori fimilì -3 0 coverte, come qui 9
quo fol nafeitur, & occidit. Infatti nelle noftre due e nel precedente finale. Cicerone XIII. Ep. 29. ad Att.
torri da'gran fenefironi 0 colonne , che vi fi difiineuo- TecTra ambulutiuncula addenda eli. E Plinio IX. Ep, 7.
no , fi vedono: accennati cenacoli. Giovenale Sat. VII. Recìa geftatio longo limite fuper litus extenditur . Si
Parte alia longis Numidarum fulta columnis veda il Grenìo II. 8.
Surgat, & algentem rapiat caenatio folem . (33) Nel Catalogo NCCLXXXFIILCCLXXXK
e CCLXXXP1L
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i7o ALCUNE OSSERVAZIONI.
fla (34) : in lontananza altri edificii. Le altre due pitture
fon ville. Nella pittura del fecondo mine è notabile il nimbo 9 che
fi vede intorno alle ielle delle due figure 9 che potrebbe- ro effere due Dee (ss) . Son notabili ancora le tende > o che altro effe fieno 9 coli' Idoktto su d'una pila (3^). : /Tav. XII. (37) e Tav. XIII. (38) . Son vedute di mare con edificii (39) e in tutte due fi vede una barca a ve- le (40). Tav. XIV. (4*) L? Edifìcio a man finiftra di quella pit-
tura potrebbe effere un tempietto (42) ; e 1 pilaftro, o ^ra che fia 9 ne indicherebbe forfè il nume 9 fé fi diftingueffero i [imboli, che vi fono accennati. A man delira in lonta- nanza fi vedono due ordini di portici con fé Iva „ ' :. . : Tav.xv.
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e CCLXXXVIL e N. ODI
(34) Si volle , che foJTe Diana a quel fegno , che
ha in tefta % altri per deboìifjime congetture vollero, che foffe Circe ; Altri p enfiarono 3 che fojfe Minerva, il cui tempio dijfero ejfer quivi accennato, Si veda Strabene V. p. %4-y. Il Priapo fui lido è notabile : era egli il T>to tutelare degli orti. Colum, X. 31. ? feg, lo deferi- ve y e TlinioXlX.^ avverte , che febbene gli orti fof- fero fotto la cura di Venere, nondimeno contra il fafei- no vi fi mette ano Satyrica figna . E per la fzeffa ragio- ne dice S. Ago/lino C. D. VII. 14. che i Gentili facean federe le fpofe full' Itifallo : benché altri credano ciò fat- to per augurio di fecondità $ e per tal riguardo era Triapo il Genio delle donne, anche onefie, che ne por-, tav ano l' immagine d'oro , d' argento , 0 di bronzo fo- fpefa al collo, 0 negli anelli', come nota anche la Chaujfe To. II. Sede. VII. Tab. III. In quefta pittura altri pensò che ìTPriapo alludeffe all' infami piaceri di Tiberio, le cui delizie volle qui, e nel finale dtfegnate. Si veda Sue- ton. Tib. e, 4 3.. Alt ri lo numero tra gli T>et marini-, giacche a lui fi offerivano i pefei . Si veda Tomafino de donar, cap. 3 3. Altri per un Erma femplicemenfe lo confiderò , incanir andofene fpejfo di fintiti . La Chaujfe 1. e Tab. I. (3?) Servio al IL dell' En. v. $7. Nimbo efful-
fens .- nube divina : eft enim fluidurn lumen , quo
Jeorum capita cinguntur : ile etiara pingi folent . E io ftejfo III. Aeneid. v. 5" f. Proprie nimbus eft , qui Deorurn , vel Imperatorum capita quali clara nebula nubere fingitur . Il Tignarlo nota nella Menfa Ilìaca p. 46. e 47. fidla tefta degli T>ei degli Egizii, e de' |
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ftiani refi;offe per diadema des Santi , Si veda anche il
Buonarroti #<?//'Oiìervazioni fopra i Vali antichi di ve- tro p. $9.a 61. il quale avverte, che traile pitture anti- che prefe dalle Terme di Tito 9 e incife dal Santi Bar* foli fi vede un Apollo col nimbo s e in una patera anche una Medea con tal fregio , (3 6) Molte co fé fi dijfero su muftì edificii, che fi
vollero di legno con veli, a giiifa di barracene, 0 ten- toni : fi veda Servio sul v. 701» Aen. I. E fi penso-9 che foff ero gli appartamenti de* piaceri dÀ Tiberio ; e che le due figure co" nimbi foff ero due delle donne, eh* et fam cea traveftir da Ninfe , T enferò affai lontano . Altri volle che foffe mi capriccio del pittore per efprimere qualche cofa Egizia , Si veda la nota (9) della Tav, 3$? p. zoo. (37) Nel Catalogo N, CDX. z,
(38) Mei Catalogo N, CDX. 3.
(39) Soft di quelle cafe , di cui dice Stazio Herc,
Surr. v. 4. , , , . , te£tumque vagis Inabitabile nautis. (40) Solcano le vele effere 0 quadre , 0 triangola-
ri 0 rotonde: fi veda il Gir aldi de Navig. e. 14. e Tet- terò III. 16. (41) Nel Catal. N, CDX *> .
(4*) Sembra di que' tempietti 3 di cui Stazio Herc. Surr. v. 8z. a 85". dice
Stabat di&a facri tennis cafa nomine templi,
Flu&ivagos nautas , ferutatoresque profondi Vix operire capax. Alcuni riconobbero ne'fimboli dell 'altro eaificio un re- mo , e una tromba , e vollero ritrovarvi ilfpolcro di Mifin° ?, di cui dice Virgilio Aen. VI- -2-3Ì, e ieg. At pius Aeneas ingenti mole fepulcrum Imponit, iiiaque arma viro remumq-, tubamq-, Monte lab aeriq, qui mine Hiiavds ab ilio Dicitur. |
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loro animali fimbolici fintili dìfchi di luca e
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crede.
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che
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dagli Egizii pafajfe a' Romani il coftume di porre in-
torno alle tefte delle immagini degli 'Bei i nimbi : e che un tal coftume fi eftendeffe poi alle immagini degl'Impe- ratori s e delle Imperatrici 3 e che finalmente tra' Cri- |
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ALCUNE OSSERVAZIONI., 271
Tav. XV. (43) Le due pitture di quello rame fono an-
che vedute di edificii, e di mare (44).. « Tav. XVÌ. (45) Par che rapprefenti la-pittura della tefiata
tempietti e altri edificii in luogo paludofo, come i /rtó|-
ci 9 e le fldfe dimòftrano : fopra un arco ( che fembra lìar dentro l'acqua ) fi vede un vaje (¥) con una corona di fori (47) i Sopra un altare, o menfa di pietra (48) fi vede la ftatua di un Atotf (49). Il funtuofò edificio a più ordini diportici della pittura
del finale potrebbe anche dinotare una villa: fon però da confiderai le vefii delle figure ? e i lunghi r*«w , che hanno in mano (5°). Tav. XVII. (t1) Son due pitture limili £ erbette, e j?0r
ri full5 acqua con adta, e anatre. Tav. XVIII. (^) Par, che fia un lago o una palude cinta da
torri in), Vi fi vedono varie ^rfe9 e diverfi uccelli d'acqua. Tav. XIX, (54) Son da notarli quelle due cofe, che fi
vedono a traverib sulla fine/Ira a canto al Pavone (5>). . Tav. XX, Or*) Meritano rifleffione nella terza pittura della
(43) Nel Catal. N. CCLXXX. e N. CCIXXXIV fcriverne l'antico ijtituto, "Di queJH Sacerdoti fi veda
(44.) Sembra anche un tempietto quello della fe« Erodoto II, 37. e Diodoro l. 80. e 81.
*W* //tt«r<* , (fi) JNT^/C^. iVT. DCCLXIX. e N DCCLXXXV
(40 Nel Catal. N. <DCLX. i.eN. DCCXLIL (72) ite/ G^%> AT, LXV
(46) Potrebbe dirfi un Gutto1, ovvero un Urceolo. (73) »yi <? £Ìi avvertito il cofiume di fabbricar
Si veda il Baifio de V-afcul. <? 7 Kobierzyck de Lu- J&! i laghi , S'ìdonio IL Ep. 2. Ex hoVtriclinio fir in xu Roman. II. 10. diaeram , leu caenaculum tranfitus , cui fere totus la- (47) Eefio: Panearpiae dicuntur corqnae ex varie» cus, quaeque totalacui patet. 'Dell'ufo delle Torri ni
genere florum fa&ae . luoghi paludofifi veda Strabone IY. p. 184. (48) Tf notabile quefta menfa fagra , per la fua (V4) Nel Catalogo N DCLXXVIII. ?,
forma . (ss) Vi fu chi volle dire ejfer culei : così chiama- (49 ) "Potrebbe ejfer la Dea di' laghi 5 detta vanfi que3 fiacchi di canape , 0 di cuojo per riporre
Juturna da' Latini, e finta fior ella di Turno: Virgilio vino , olio , 0 grano. Nelle L. 1:. de furido inftr. L.
Aen. XII. v. 138. e feg. 17. de ann.leg. §. 1. e h, ult-, §. fin- de pign. ^Qc.fon
Extemplo Turni fìc eft affata fororem nominati. Fefto in Culiola dice : Culiola cortices nu-
Diva Deam , ftagnis quae fluminibufq; fonoris cubi viridium a fimilitudine culeorum . Si dijfe da al-
Praefidet : lume illi Rex aetheris altus honorem tri , che poteano ejfer e de" Sanguinacci, 0 pìuttofto
jupiter erepta prò virginitate facravit. delle Multate , 0 delle Salficce , 0 dì altra firn-ile fpeeìe,
0 altro Nume delle acque palufiri. di cui molte ne aveano gli antichi . Si veda la nota
(5-0) Tar , che rapprefenti un Convitto dì Sa-* (6z). Avverte il Bulengere de Conviv. II **, che le
cerdoti Egizii , Strabone XVII. p. 806. parla degli falficce di Tavoni aveano il primo luogo , poi quelle
edificii Egizii 4 e dice che aveano fisyàxzg, xctl Tifa di Faggiarà, e il terzo quelle di Conigli, Dice Ter-
ùsg KQXv,rtx*Z T«S Wteg colonne grandi, e molte, e di tulliano de Pallio cap. Vili, che Q^ Qrt enfio il primo,
più ordini : Quindi foggìugne di aver vedute in Elio- pavum cibi caulTa occidit.
polì le grandi cafe , in cui abitavano i Sacerdoti , co' (fó) Nel Catal. N CCXCJV CCCV, CCCVU
quali convivettero Platone 3 e Eudoflo : e fiegue a de- e N. CCLXXXIX.
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ALCUNE OSSERVAZIONI,
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della tejlata le due graffe triglie (57) che fi vedono sulla
fimjìra. Tav, XXI. (58) Tra gli altri pefci fi vede una mòre-
m (59) : Ev da notarli quella Jportella (tfo>. . Tav. XXII. (6ì) Qui fi vedono delle frutta 9 e appefe
al muro alcune faìficcè (4%) , Tav, XXIII, (63) e Tav. XXIV. (^4) Son /^i divertì'*.
Il fintile-dì quefta ultima è una veduta di un feno di mare: in lontananza folla riva, e Mie colline fi offendano co/mi: di prima veduta comparifce un tempietto confejìoni (%)3 e [imboli:
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& iflciis oleribufque minutatim concifis . In Apicio p
leggono le falficce di pefci : ma non e fendo- quel libro del vero Apicio,può crederfi, che Eliogabalo jofe Pin- ventore di tali falficce di pefci . Lampridio in Heliog. cap. 19. ove il Cafaubono. 'Del refto ì Grecipofterlori chiamano ferma, ìalma, paÀcrixia : voci pr e fé ddLatini: In Aerane a Orazio lib. II. Sat. IV. fi legge : Inte- ftinum falfum, yel, ut alii dicunt, fartum falficium . Onde il Vojfio Et. in Ificium , crede dette le fai* ficee quafi falla ificia, Si veda il Bulengero de Con- viv. II. cap. X3. dove parla delle Lucaniche e delle va-* rie forti dell' Ificie, tra le quali erano dilicatiffimi i Tuceti, e i Botuli} fi veda anche il Voffio in que- fie due voci. (63) NelCatal. N. CT>XC.
(64) Nel Catal. N.T>CXXXV. e N. CXXXVIL
(65) Si fono 0fervati in più pitture quefli fello-
ni . Crede il Filandro , che corrifpondano a quei , che Vitruvio IV. 1. chiama Encarpi. Fefto dice: Strappi vocantur in puìvinaribus fafciculi de verbe- nis fadli, qui prò Deorum capitibus pommtur. E pri- ma avea detto : Itaque apud Falifcos idem feftultì elle quod vocetur ftruppearìa 5 quia coronati ambu- lent .- & a Tufculanis , quod pulvinari imponatur, ftruppum vocari. cDel refto è noto il coftume di ador- nar con fimili feftoni , 0 frondi le cafè , e i tempii in occafione di fefta , 0 di allegrezza . Virgilio Aeneid. II, Stazio Herc. Sur. v. 69. Si veda il Ber- taldo de Ara cap. 3. S. Gregorio volle introdotta quefto coftume ftejfo tra i Cr-iftiani . Regiftr- J,lb' gl epift. 71. Jl tempietto aperto in tutti l lat? *1iSin® dato e fere un Tolo . Stazio nell'Ercole Sofre v. 3.
Quod coleris majore tliolo. teDeltutU
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(57) F/'# ^btv gìugnefe il gufto di Romani per
quejh pefce può veder fi in Varrone de Re Ruft. III. 17. ^ /'» Seneca Nat. Qu. III. 18. tf&? nell'Epos. av-> verte , r,^ zm# triglia, fi vende cinquemila fejlerzii : e uri altra fu venduta ottomila fejlerzii, vale a d'ire circa duecento ducati , come nota cPlinio IX. 17. Lo fteffo Tlinh nel e. cap. 17. nota parimente chele triglie di rado paffano le due libre . Giovenale Sat. IV. v. 15", dice di un tale .... mullum fex millibus emit
Aequantem fané paribus feftertia lìbris, Lampridio Heliog. cap. io. fa faperci il pregio gran- de , in cui fi teneano le barbe di queftl pefci. Si ve- . da Bulengero de Conv. II. z6. e Meurfio Ro. Lu- xur. e. 14. (58) Nel Catalogo N. TìCLXXVIII. 3*
(59) S^efto Pefce era anche grandemente filmato.
Si veda Bulengero nel cit. 1. cap. 5". (60) Si ufano anche oggi in Napoli.
(61) Nel Catalogo N. <BCLX.
(6x) §)ul fi -vedono, chiaramente le falflcce , fi-
ttili nella figura alle nojire . Ne aveano gli antichi di moltifjìme fpecie . Varrone de L. L. lib.lV. Inficia, ab eo quod infecla caro , ut in Carmine Saliorum eli, quod in extis dicirar Profe&um. Murtatum, a myrto 3 quod eo large fartum inteftinum crafljim , Lucanum dicunt » quod miiites a Lucanis didicerunt , qui & a Faleriis FaUfcum ventrem . Fundtilum a fundo, quod non ut reliquae partes , fed ex una parte fola apertura : ab hoc Graecos puto rv(pAòy eyT.spov appel- lailè . Ab e-adem fartura Farcimina in extis appella- ta : a quo, quod in- eo tenuiffimum inteftinum fartum, Mila ab hilo diéìra , ideft minimo , . . Qiiod in hoc farcimine fummo quiddam eminet, ab co quod in ca- pite apex, Apexabo dicìa . Tertium fartum eft Longa- bo \ quod longius quam duo hila .. Arnablo lib. VII. quid inquam , fibi haec volunt , apexabo , ificia filicernia, longabo ì Quae funt nomina 3 & farcimi- num genera, hlrqumo alia fanguine 3 comminutis alia inculcata pulmonibus . Ifidoro XX. 2. Lucanicae di- £tae , quod prius in Lucania faftae funt , Farcl- men caro concifa 3 & minuta, difta , quod ea inte- ftinum farciatur , h. e. impieatur cum aliarum rerum CQmmixtione, Minutai voeatum, quod fìat de pifeibus, |
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fi
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Nella nota fò' della Tav/XLlV. fi ono P #
i varil fignificati della voce Thohis c°lj tar0'e ,, Servio; e fi è avvertito che 7 Tolo di Vefia , e eie Tanteo ( la congettura della Pantera non fu creau- ta di alcun pefo, ne fu ammefa~) era rotondo , come per lo pìu fToU eferfoleano : bene**fotefero efere anche d'altra figura . SI veda Filandro a Vitruvw IV. 7. e VII. f. Altri volle , che fojje un dtque tempietti che fi erlgea?ia In mezzo alle firade , come |
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era
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' ALCUNE OSSERVAZIONI. 273
e fornitoli: vi fon delle figure in molle diverfe.
Tav. XXV. i66). Il finale di quella Tavola è belliffioio:
comparifcono di prima veduta più figure con rami in mano : fi oflerva un tripode alto con due rami nel mezzo i67):
quindi feguono più e di fidi : e in lontananza fi vede una fuperba villa fui mare. Tav. XXVI. (<*») Nel finale di quella Tavola fi vede
lopra un'alta bafe una fatua , che fembra della Fortuna ih). In mare fi oflerva una nave (?°) : e in lontananza com- parile© appena accennata una villa. Tanto bafti aver detto intorno al lignificato de' Pre-
gi , e de' Finimenti. palliamo ora a confederar gli origi- nali così di quelli , come degli altri rami. Non fu da prima nollro penfiero il dar giudizio sul
merito delie pitture del Mufeo Reale : credendo che ba- rbile prefèntarle al Pubblico difegnate ed incile fedel- mente , con dire al più qualche parola sulla confervazio- ne e sul colorito, per porre ognuno nello flato di efami- narle da se , Ma la fretta, e la vanità di chi ha voluto par lame (o fenza veder né le originali pitture né i rami, o con aver il gufto aliai corrotto) per farne una fvantaggio- fa prevenzione ; ci ha obbligati a produrre, per difingan- no di chi confidafle in alcuni libercoli dati fuora con più Tom. I. Pit, X x ardire
era Varco quadrifronte di Giano t di cui parla Mar- de tra le pitture del Santi E'artolì , creduta la Re-
z,iale X. Ep. 28. già di Apollo , fi ojferva un fimi tripode . To-
Pervius exiguos habitabas ante penates , trebbe creder fi -, che il Nume tutelare della Villa qui
Plurima qua medium Roma tenebat iter„ dipinta fia Apollo : que* due rami forfè di lauro , lo
E Servio VII. Aen. v. 607. Si -veda Nardino Rom. farebbero fofpettare . K noto , che gli antichi aveano
Ver. III. 14. I Griffoni, che fi'vedono fui faftigio pò- nelle ville i tempii di quegli Tiei ^ a cui aveano par*
tremerà indicate , che fia dedicato al Sole , a cui ti col are divozione. Si veda il heiferol.y.^ e*l Gre~
quelli eran fagrì, come altrove fi e detto- : benché al mìo .II. 7. ■
, Ssk fi face ano i tempii fcoverti . Vitruvìo- I. 2. (6S) Nel Catalogo N. CCXII. e N.T>CCLXXXLz.
(66) Nel Cai. N. XXVIII. CLXXIX, e <DLXX. (69f Si di/lingue così poco quefta immagine , che
(67) E~ notabile la grafia chiave „ che ha in ma- non pub farfene un' idea chiara . "Potrebbe dirfi una,
mo la donna di prima veduta . Si volle , che fojfe co- LeucQtea( 0 fia la Matuta de*Latini),, eh*era la T)ea fieì la viiiica 9 di cui parlano Varrone y e Columella, della marmar efea .Sì veda il Buonarroti né" Medaglio- ni? ritorna all' abitazione cogli altri lavoratori dal ni p. IX. nel Proemio, dove fpiega unafimile immagine fra-vaglio . Si noto ancora quel colonnato rotondo , e fopra una colonna in un medaglione di marmo. Potrebbe coverto al difopra , che fi dijfe da alcuni .....un to.- anche dir fi la Fortuna ftejfa , fé l'' iftrumento} che ha
lo ; da altri un tripode . Si veda lo Sponìo Mif. in mano ,fi dtftingaejfeper un timone.
Er.-Ant. p. 118.. e feg. Nella villa , che fi ve- (70) Nella mve fi vede chiaro un ordine di retai.
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274 ALCUNE OSSERVAZIONI,
ardire e precipitazione che attenzione e perizia, un bre-
ve rifchiaramento su quel 5 ch? è certo per fatto, e che da chiunque ha offbrvate con occhio curiolb e intenden- te quefte pitture, non fi controverte. Era noto, che gli antichi dipigneflero sulle mura, e sul-
le tavole (71) : ed era certo ancora, che ufàflero effi il dipi- gnere <& frefco, e a guazzo o a tempera che voglia dirfi (7*). Vitruvio (73) e Plinio (74) non lafciano luogo a dubitar- ne (75). Si controvertiva folamente, fé avellerò gli antichi ufa- to il dipignere a tempera anche fulle pareti (7*). Le pitture del Muleo Reale ci rifchiarano su quefto ancora interamente: Poiché o tutte o quali tutte (77) fono incontraftabilmente di- pinte a tempera. Lafciando Arare la maniera del pennelleg- giare, che al dipigner sul frefco non può convenire, di- moftrano ciò apertamente due cofe : La prima è il ve-
derli (71) Vipìngeano anche sulle pelli: Tlinio XXXV. o erettila, U qual era queir '^^^.f^f'^i
il. UH draconem in longiffima membrana piéhmi ciiv sulle tavole, e fi da oggi sulle tela e tn ci, & cumdedere loco . E lo ftefio Tlinio ci fa fapere, che fi tuffata fi dipmgea , , dipmfero ancora sulle tele: firive egli così XXXV. 7. (7$) Sulla calce fi adoperavano , emeJjK-p.,r Nero Princeps jufferat colloffeum se pingi CXX. pe- aggi , i colori fctolti nelV acqua_ : nel ^^u dum in linteo, incognitum ad hoc tempus; Ea pittura a tempera fi fiemper avariot_ colon con un ^ emum peratta eflèt in Marianis hortis , accenfa falmi- glutine , di cut parla Tltmo x*, " 'òrum , ne cum optima hortorum parte conflagrava. tinum praeftantiffimum fit ex aunous z ^ (72) Si veda il Safari Vite delittori neirintroduz. Se genitalibus . Nec quicquam efhcacm. p pellibus
(73) Nel lib. VII. cap. 3. infegna la maniera di buftis : fed adulterami- mhil aeque qm j^ dia-
f„ l'intonaco, e di darvi pò. fopfa i colon: Colores inveterati* calceamentxfque ^f«f*edlci utun- {utem Udo tedorio quum dingente, funt indutti, ideo cuna vero fiddiffimum, ^f^^^gT^ non remittunt , fed funt perpetuo permanente*, quod tur : id quoque quo candidm. eo prooatms^ ^ & calx , in fornacibus exeotto liquore & fatta raritatibus vivano anche ddla gomma : rumo ai. ^^^ evanida jejunitate , coatta corripit in se quae res for- ex Sarcocolla ( ita vocatur arbor j gu & .^ te eam contigerunt : rnixtionibufque ex aliis poteftati- picloribus , ac medicis : limile ponin u£m qm^ bus collatis feminibus feu principiis , una fohdefcendo candidum, quam rufum &™^'n6 Atramentum li- in quibufeumque membris eft formata, quum fit arida, che dice lo fiejfo Tlmto XXA;', • glutine ad- redigitur, uti fui generis proprias videatur habere qua- branum perficitur gummi ; **" ,, a* ( fuligo ) litates. Itaque tettoria, quae rette funt fatta neque mixto ; E Vitruvio VII. 10- \n^ „d umm atramen- vetuftatibus fiunt horrida , neque, quum extergentur, partim compomtur ex gummi tubalo * dmitotcs m remittunt colores, nifi fi parum diligenter, & in arido ti librarli : reliqua teclores &lltm™Undr0 J,veam fuerint indutti . Quum ergo ita in parietibus tettoria partetwus ntnn^r Si veda tyt ^ ^ mu pareti fatta fuerint , uti lupra fcriptum eft, & finnitatem & dunque gli antichi P ujo di dipmger juue 1 fplendorem & ad vetuftatem permanentem virtutem anche^ tempera^ _ ^ ^^ ^ ^ ^ PT^T ^/Ìib*XXXIII. cap.ult. parlando dì unafpe- degli antichi a frefco fitte mura Ee pitture *J£
\t*ij ,^v , 7. ,./ . J- , ■ ■ £ *nìrro dì C Celilo fi vuol da alcuno, che ji<-vj .
rie di color ceruleo dice : UfuS m creta , calas impa- }»£** Non è peri, *e m tante altre pitture antica
tiens : , nel lib. XXXV. cap. 7. Ex omnibus colonbus *fif?n£% e£n J fofe giÀ cenofciuto, che non era
cretulam amant, udoque ilhm recufant purpunffum, in- WT*>n*™*" "a fS/oauella^hegli antichi ufavano
dicum, caeruleum, mclinum , aunpigmentum, appia- la Jota marnerà a JJ ^ ^ moUa imprim^a Per *1'
num, ceruffa. <Diflmgue egli dunque il dipingere sulla {77) ^ "™ ' R f r calce, in udo , cioe\ frefco, dal dipingere in creta, tro, può crederfi, che fieno a j j
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ALCUNE OSSERVAZIONI. ■ 275
derfi dal tempo, e dall' umidità fiaccati e portati via i co-
lori luperiori, e (coverti quei di fotto (enza fcroflarfi V in- tonaco ; la qual colà nelle pitture a frefca è impoffibile ad accadere, perchè attraendofi i colori dalla calce umi- da f e facendo col muro quali un fol corpo, non poffo- no quelli andar via fé non cadendo 1' intonaco (78) . Da quella olfervazione par che li potrebbe dedurre, che di- pingeffero gii antichi sul muro nella ftefla maniera , che dipingeano folle tavole. Infatti fi vede , che quali tutte quelle pitture abbiano la prima tinta di un sol colore, per lo più rollò, giallo, o verde; e su quefto campo fon dipinte con altro colore o fafce, o rabefchi o figure: ehi alcune li diftinguono lino a tre ftrati, per dir così, di co- lori diverfi ; vale a dire la prima tinta di tutto l'intonaco, per efempio, gialla ; poi una fafcia rolfa, e su quefta una fronda, o una figura d' altro colore ; cofichè fvanito in al- cuni luoghi il terzo colore refta il fecondo, e fcoverto anche quello, rimane la prima tinta (79). L'altra prova di elfere le noftre pitture dipinte a tempera^ è il riconofeer- vifi adoperati indifferentemente tutti i colorì , e partico- larmente quelli, che alla calce frefca non refiftono O). E per quel, che riguarda i colori , è chiaro, che non
/blamente vi fono tutti con tutte quelle mezze tìnte e de- gradazioni , che Farte più raffinata adopera a5 noflri gior- ni; ma ve n'è tale, che oggi non fi Saprebbe fare (80. In alcune pitture fi vede ufato anche Yoro (8*). E qui
(78) Nella nota (?3~) fi vedam le far ole dì Vi- (So) Si veda il luogo dì flffik nella nota (74).
iruvìo su quefto. Anche oggi la biacca , e V cinabro , e altri colori fi (79) Si vedano i luoghi di TUnio , e dì Vitru- sa-, che non pojfono adoperarfi sul fr e fico .
mìo nella nota (jfi) finir ufio del glutine nel dipigne- (81) Tal e un certo raflb cupo , e vivo , e un
re fiulle mura , che confermano quefto penfiero . Si tal violaceo , che fipejf0 s* incontra nelle noftre pitture . potrebbe anche fiofip et tare ^ che gli antichi non dipi- (gz) TUnio XXXIII, 3. In parietes quoque, qui gnefiero a firefico figure , ma fioltanto tinge fiero a fire- jam & ipfi tamquam vafa inaurantur , E (aggiunge ; fico le mura dì un fiol colore, come fi e detto ; 0 al Marmori , & iis , quae candefieri non poffiint , ovi più fiaceffero ftrifce , 0 qualche rabefico . Sì legga Vi-* candido illinitur . Tarla TUnio in quefto luogo del va-* travio nel cit. cap. 3. con attenzione , e fi vedrà, rio ufio, che face ano gli antichi dell'" oro ; e della ma- che parla egli delle fiafice appunta , e delle filmili co- niera di adoperarlo , così sul legno , sul bronzo, sul fie , non già di figure » marmo, ed sltrove $ come per diverfie dire cofie > tra le |
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276 ALCUNE OSSERVAZIONI.
E qui da avvertirli ancora, che quando le pitture efco-
no di fotterra , i colori per lo più fono così belli e vivi, che non hanno invidia alle migliori pitture moderne. Ma dopo effere ftate alcun tempo all' aria foffrono qualche
mutazione, alcune più (83) 9 alcune meno . Ve ne fono pe- rò di molte , che fi mantengono viviffime fenza punto al- terarli. lì difegno non folamente per lo più in tutte è corret-
to ; ma in alcune vi fi oflervano delle finezze, che gì in- tendenti proteftano , che non vi fi giugnerebbe oggi di leggieri da' più eccellenti maeftri. Generalmente ( a riferva di alcune poche,. che fono
evidentemente cattive e groffolane ) in tutte fi ricono- fce una mano dotta 9 efperta e maeftra ; e in tutte fi ri- trova la vivezza e 1 penfiero . In quelle, ove le ultime finiture, e gli ultimi tocchi di pennello fono■ fvaniti, vi fi ravvifa da' Profeflòri un buono , che a gli occhi de» gr ignoranti, o di quei, che non fon molto avanti net me* ftiere , non comparifce . E per addtir qualche efempio fui particolare delle pitture di quello primo Tomo, quel- le di figure grandi hanno gran nobiltà nella maniera, e un tocco di pennello franco e maeftrevole , e fenipre pre- fentano all'occhio qualche finezza, che compenfa i difet* ti, che in alcuna s'incontrano. Così nel Telefo non far no tutte le tede delle figure egualmente belle, ma buo- niffinio n'è il difegno; ed eccellenti fon poi e perfettim* mi la cerva, l'aquila, eì Leone . Nel Tefeo vi è mol- to da apprendere e da ammirare ; e 1 Minotauro è con incomparabile
quali dice : Superque omnia netur , & texitur lanae ch'erannfeìte da /otterrà ,/ ^?Q1l°Jl£^(^
mocjo , & fine lana . . Nos vidimus Agrippmam Or nfendo ciò dalle J^mkta '<„{ ddls ce7ieri
Glauchi PrincipiS , mducam paludamento auro textdi do del terreno , o dd Joverc n» ^
fine alia materie . Nel Mufeo Reale fi confervan due del Vefuvio , e delle materie bfn:^°JJj^un rhard
pezzi diuntalteffutQ d'oro puro fenz''altra materia. Si coverte quefte pitture , non ejac poffibile
leda la nota (6) della T^XXXVI. P.r9o. Va ab fi che baftì . Vi fi ufa pero ™'f fJ^/J?, j,»
feorge quanto erano avanti gli antichi in quefta parte, a confermarle > e può dirji, eia. to> £& £
(83) Così le Navi dello. Tav.XLV. dopopochi giorni, co s 0 mila han perduto .
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ALCUNE OSSERVAZIONI. 277
incomparabile intelligenza dilegnato e dipinto . Se nel
Chirone vi è qualche colà a correggere, vi fon per Poppo- fto tante bellezze, che incantano: L'Achille è la più bella, e più delicata figura, che poffa immaginarli: quella grandio- fità di maniera, che diftingue fempre l'antico dal moderno, rende quella figura inimitabile. La tefta della Bidone, agli occhi degP intendenti, è opera di gran maeftro . Le altre pitture non lafciano molto a delìderare . Maravigliofe fo- no le due Ninfe abbracciate da' Fauni (H) : Perfettiffimi i quattro piccoli Centauri, e le altre otto figurine in cam- po nero: Grazioli i Puttini. Per quel che riguarda le proiettive, se ne riconofcono
per lo più accennate le regole ? ma non efeguite (85). ì Fogliami j le frutta, e gli animali tono tutti di forn-
irla perfezione, e di un guflo e di una finitura ammirabile. I Paefim 9 e le Campagne fon toccate con. fpirito e con
leggiadria : non fon così terminate, come quelle de' mo- derni ; ma fatte con franchezza, e per lo più {blamente accennate. Or li è procurato in quello primo Tomo di dare al Pub-
blico parte di tutti quelli generi di pitture, che fono nel Mufeo Reale, come li era già da noi promeffo nella Pre- fazione : e di dargliene colla miglior maniera (86) , e nel Tom. I. Pit. Y y numero
(84) Quelle jt potrebbono uguagliare alle più belle Luogo forfè non avvertito da quei , che han prontoffa
opere del Caraccì : tanto r adornigli ano a quello file, quefia qtùftione . Egualmente chiaro par che fia l'altro
e a quella delicatezza . luogo dello ftejfo Autore nella prefazione del lib. VII.
(85") La degradazione de* colori, e degli oggetti in Namque primum Agatarchus Athenis , Aefchylo do-
quafi tutte e ojfervata con efattezza . E cosi in quefia, cento tragoediam, fccnam fecit , & de ea commenta- re^ neW altra parte della proiettiva potremmo dire, riunì reliquit . Ex eo moniti Democritus, & Anaxa- che le noftre pitture darebbono gran lume per decidere goras de eadem re fcripferunt , quemadmodum opor- la controversa agitata tra gli Eruditi, fé gli antichi teat ad aciem oculomm, raàiorumque extenfionem, cer- ne avejfero cognizione . Ma i luoghi degli antichi au- to loco centro conftìtuto , lineas ratione naturali re- tori su quefio par che fieno così chiarì , che fa ma- fpondere : uti de incerta re certae imagines aedificioruni raviglia, come fi fia pofio indubbio. Si veda per quel in feenarum picturis reiàderent fpeciem j & <luae ln- che riguarda la prima parte , Filofirato nel libi. Im.IV. dire&is planisque frontibus fint figurata , alia abfce- e XIII. e nel lib. II. Im. XX. e per la feconda , oltre dentia, alia prominentia effe videantur. Altrove avre- alle altre cofe da altri già raccolte , fi offervi quel, mo occafione di efamìnare quefii due luoghi, che hafi<% che dice Vìtruvìo nel libro I. capit.II. Item Scenogra- aver qui folamente traferitti. pliia eft frontis, & laterum abfcedentium adumbratio, (86) Abbiam promeffo nella prefazione dì dare &l
ad circinique centrum omnium linearum refponfus. Tubblìc§ parte dì tutti /' dìverfi generi delle pitture
del
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278 ALCUNE OSSERVAZIONI.
numero maggiore, che fi è potuto : poiché nel difporre i
Rami fi è tenuto conto della grandezza delle pitture fenza trafcurar l'ordine delle cofe, che vi fi rapprefenta- no ; e nel formarli fi fon tramezzati ( nel vuoto che tal- volta le principali pitture lafciavano ) alcuni pezzetti di- velli di tali cofe , le quali eflendo di chiariffimo ligni- ficato dilettano l'occhio per la varietà loro, e non confon- dono , ne diftraggono l'attenzione. Da quello genere ifteffo di pitture diverfe e di non difficile Ipiegazione, le ne fo- no foelte alcune per fervir di Te fiate in ogni Tavola , e al- tre per Finali . Vero è , che non effondo facile il rin- venirne moltiffime delle sì fatte , la cui mifura corrilpon- da a tal ufo ; ed all'incontro , come fono ancora aper- ti gli foavamenti , non fapendofi fin dove giunger pofiano i Rami : per dar Tempre nuove Vignette in ogni tomo , fole ventifei fi fono adoperate in quefto; il quale però ad ogni modo contiene in tutto centotrenta- fei pezzi diverfi di pitture antiche ; e può ricompen- fare baftantemente la lunga efpettazione del Pubblico, e l'impaziente curiofità in parte appagare colla varietà, e col
del Mufeo , che contengono qua/i tutti i varii gufti del ti da Tlinio nel cit. 1. Grilli, di cui fa inventore An~
dipignere degli antichi} come di mano in mano abbiam tifilo Egizio -, e faciles argutiae, facetimmi fales, nel' notato . Non farà forfè inutile il reftrignerli qui tutti le quali cofe commenda Ludio. Lo ftejfo Tlinio ivi lo- infieme . Monocromati diconfi le pitture di un fol colo- da il medefimo pittore per le vedute diverfe , che di- re: Tlinio XXXIII. 7. e altrove . Si veda il T>ati pingea sulle mura, di bofchi, di colline, di fiumi,di Poft.XVI. alla vita di Zeufi. La Megalografia , come lidi , talvolta con perfonaggi in varie azioni , 0 di vien defcritta da Vitruvio VII. $. contiene le immagi- cacciatori, 0 di pefcatori, 0 di vendemmiatori: come ni e le favolofe~ azioni degli 'Dei e degli Eroi , e fi- altresì di ville, e di paefini. Si veda anche Vtttww mìli argomenti dì cofe grandi . La Riparografia al con- VII. 5. che defcrive le fteffe e fimi li cofe , conte Jon» |
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trario rapprefenta al dir di Tlinio XXXV. io. cofe tempietti, greggi, pallori .Siegue Tlinio a tf^^
baile ed umili , per efempio botteghe di artefici , ali- lodando fempre le opere di Ludio, delle ve u t*
nelli, comeftibili: in quefte fu eccellente Tireico,come Giardini, e de* loro ornati diverfi, detti top^t
nota anche Tlinio . Si riducono allo ftejfo genere le Xenia piaria opera . Si veda il LefT. Vitruv. m T- °PIU,m • :
così defcritte da Vitruvio VI. io. Nel primo giorno le architetture capricciofe e delle Gtoff^lamrf):"
(egli dice} i Greci invitavano gli ofpiti a cena s nel- vo ritratto Vitruvio VII. 5". / Rabefcbi pojjono jr~-
l'ultimo mandavan loro polli,uova, ortaggio , frutta, garfi col nome di Meandri , che doli agorajjaronJ
e fimili cofe : perciò i Pittori imitando quelle cofe, fé al pennello . Si veda il Buonarroti ne We<*fh
che fi mandavano agli ofpiti, difiero Xenia le pitture p.9*-a 94- e fi confronti anche con q*ei-chi' a^ -
sì fatte. Si veda Filofirato l.lvam.ii. eli. Imm. 26. la p. 140. e^.%6$. dove riconofce neue_ uote
Le libidini, le quali dice Tltnio nel cit. 1. che Zeufi fiejfa origine. Or di tutti t™fi£^'fJ*f™fA
folea dipignere minoribus tabellis , fon pitture di cofe dato un faggio in quefto Tomo : e l ordine aan
non onefte^e petulantis joci, come fpiegafi Tlinio . Le fiato quefto . <Dopo 1 Monocromia jon (Tu mmdt
caricature, e gli altri fcher&ì di fimil genere fon det- grandi prima e poi le mezzane ejprimw» w« c»2 ^
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ALCUNE OSSERVAZIONI. 279
e col numero, che anche folo uguaglia quafi tutte infìe-
me le altre pitture antiche trovate finora in altri luoghi: e colla confervazione e colla bellezza, nelle quali due co- fe molte delle noftre non cedono ad alcuna , e quali tutte alla maggior parte delle altre fono fuperiori. le altre anche di figure rapprefentanti i varii eferci- Catalogo , il qual e difpofto fecondo ì numeri della
zìi 0 di piacere o d} indujlria : il terzo luogo fi è da- Caflette , in cui fin ripofii i pezzi delle pitture nel
to alle profpettive, e alle altre vedute diverfe, e agli Mufeo. Ed e ancora da avvertire , che per dare al
fcherzi pittorefchi : Infine fifonfituate le cofe Egizie. Tubùlico alcuna delle pitture trovate dal 1754. a que-
Fra tutte quefte ciuffi fi fon tramezzati de* pezzi di fta parte ì vale a dire dopo terminata V edizion del
architetture , di paefmi, di uccelli e di frutta, e di Catalogo , sé rì e tramezzato qualche pezzo nelle
rabcfchi. E perchè potejfe ognuno , cui fojfe a grado , tettate e ne* finali , e fon quelli , che hanno il num&-
riconofcere facilmente le originali pitture nel Mu~ ro , che oltrepajfa il ^DCCXXXVJIF
feo j fi e a eiafcun pezzo aggiunto il numero del |
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"1
INDICE
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I
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N
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D
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C
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I
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DELLE COSE NOTABILI.
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da AlefTandro Severo . p.i83.».3- preflb i Romani
dette fervili > e P°co prezzate ivi,
Arufpicina , fuo vero principio . p. 203. ». 17. Afte. p. 15-9. ».8. p.164. Aftragali. p. 4. ». 20. giuochi diverfi : ivi . nel Mufeo Reale fi vedono . p. 4. rapprefentati. p. 5.
Ateniefì, loro tributo a i Cretefi, fé fone ogni anno. p. 23. ». 11.
Atramentum futorium, p. 186. ». 25-, Averrunci Dei, come rapprefentati. p. 34. ti. 11. Auge p. 27. 0. 5-, B
B Accanali, loro origine, p. 82. »-4.
Baccanti, nudrici di Bacco, e fue feguaci. p. 82. ». 4. loro abbigliamenti : ivi. vefti. p. 83.». p. non fempre con capelli fciolti. p. 112. ». 6. Bacco,lo fteffo che Ofiride . p. 81. n. 4. fue orgie.
p. 82. n. 5-. detto Oreos : ivi. axjidrìfiq . p. 118. ». 8. Tccdpog . p. 76 n, y% alato . p. 71. ». 17. nafeofto nell'edera, p. in. 0. 1. coverto di pelle di pan- tera , o di cervi giovani, p. ni. ». 3. Bajo, p. 144. ». 6.
Ballo,onde detto, p. 112. ». 6. fueparti. p. 98.«.io.
fue divifioni. p. 15-9. n, 9. fua origine, p. 157.». 4. fuo ufo preflb le varie nazioni . ivi. fé difappro- vato da' Romani. ivi. Ballo, di Donne nude. p. 97. ». 2. da chi proibito,
p. 102. 0. 3. Ballo delle Grazie, p. 101. ». 1. con piatti in mano,
p. 102. ». 7. delle Baccanti, p. iof. ». 2. di Ve- nere, p. 102. ». 6. cernoforo . p. 122. 0. 5-. faceafi colla bocca chiufa. p. 94. 0. 5. infieme col canto. ivi. fopra un fol piede, p. 174. ». 6. Bafe, di marmo, in Pozzuoli. p. 12.». 5-.
Baflara, forta diverte . p. 83.0. 9-
Bere, maniere diverfe. p. 76. 0. io.
Bicchieri, a forma di corna di varie materie. p. 76.
». 9. gli ultimi tre nella cena in onor di chi fi be- veano. p. 77. ». 20. |
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AChillc figlio di Tetide, e di Peleo . pag. 40.
nota 9. fua educazione, p. 1 2. n.j. ep.4a.».4. e perchè dipinto fcalzo , p. 40. ». io. luo nu- trimento , ivi. rapprefentato . p. 43. Admeto, p. fó. ».&,
Afrodifio p. 93. 0. 4.
Aglaja, madre diNireo. p. 3.0. 16*. diverfadalla Gra-
zia , ivi . rapprefentata. p. f. Agricultura , fuo pregio. p. 18 3.0.3. autori che ne han
trattato . ivi. Alberi, da efli nate le Ninfe . p. 25-0. 0. f-
Alcmena, madre di Ercole, p. 33.». 3. p. 34. ».8., e
». 14. ornamento della fua tefta. p. 34. ». 9- Ale a quali Numi convengono, p. 28. ». 7-
Aleflandro Ateniefe , pittore non nominato dagli anti-
chi, p. 2. ». io. Alioffi che fieno . p. 4. ». 20. forte di gioco ; ivi.
Altare, fé diverfo dalle are. p. 202. ». 13.
Amadriadi, p. 250.». $.
Ambubaiae . p. 165-.». io.
Amiculo forta di vefte . p. 113.». 8.
Amiftide forta di bicchiere detta Tracia, p. 76. ». io.
Amore, fuo potere . p. 13 2. ». 9. colla lira . p. 199. ». 3•
frutti gli convengono, p. 200.». 8. tre ftatuede'tre Amori. p. 201. ». io. onde detto : ivi . tre forti : ivi. à lui fagrifkavano le mogli nelle fue fefte per ri- conciliarfi co'loro mariti, ivi : lo fteflò che il Sole p. 20 1. 0. 11. infegna la mufica: ivi. Ampro forta di fune. p. 173- »■ 6.
Anelli portati nella mano fmiftra. p. 23.». io.
Anfitruone marito di Alcmena. p. 33. 0.3. p. 34. ». 8.
e 14. Angerona Dea come efprefla. p. zo$\ ». 23.
Anubi. p. 25~o. ». x^.
Apodidrafcinda forta di giuoco, p. 174. ». 8.
Apollodoro, fua Biblioteca .p. 2.0. 14. quando fiorine:
ivi. Apollonio fautore. p. 2. ».s>.
Aquila conviene a tutti gli Eroi.p. 29.». 13.
Ara rapprefentata . p. I f.
Arco quadrifronte di Giano, p. 272.».6f.
Are, da chi prima inalzate, p. 202, ». 13. dove. ivi.
loro forma diverfa. ivi . fpecie diverfe, ivi. Areopagiti. p. 57. ». 6.
Arianna, fua corona, p. 22. ». 9.
Arione cavallo .p. 12. 0.7.
Armi, ed amori, perchè uniti da' poeti. p. 15:4. ». 23.
Armille, loro ufo.p. 98. ». 4. p. 113.». 7.
Arne, nutrice di Nettuno, perchè così detta, p. lì-
ti. 6. Arpocrate come rapprefentato. p. 205". 0. 23,
Arti, quattro forti, p. 179. «.7. manuali onorate,
p. 178. 0.7. come dette: ivi: loro collegii. p.178. ». 6. e 7. iftituiti daNuma. p. 179. ». 7. redimiti TOM.I. PlT.
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C Accia , fua origine . p. 193.». 3. fue forti, e in-
venzioni diverfe, ivi . ufo pretto le nazioni. ivi. fue lodi. p. 194- n- 3- iftrumenti diverfi. p. 194- 0. 4. fùoi varii Numi. p. 194. n. f. Cacciatrici , ninfe p. 294. 0. 5-. Calcei, p. 186. 0. 23. p. 113. ». 9. p. 118. ». il.1 Caleflb, fé corrifponde al Cifio . p. *73- »• 4- Calopodia. p. 186. 0. 24. Caltula forta di vefte . p. 118. ». 4- Calzolai, loro collegio in Roma. p. 186. ». 20. lo- ro iftrumenti. p. 186. ». 19- e feg. loro arte da chi inventata, p. i8<>. ». 2,0. Zz Candelabri,"
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E
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INDI
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Candelabri, per colonne, loro forma, p. 211.72. io.
loro fuili dove fi lavoravano perfettamente , ivi.
quelle li rapprefentano. p. 2-13.
Cani di caccia, loro proprietà, e figura, p. 194. ». 6*.
Canto ne'conviti, p. 97. n- 3- p-.ió?- ». io. appre- fo dalle dame Romane y ivi.
Capelli annodati, p. 138. ». 4. biondi a chi conven- gono, p. 98. ». 8. Capitium . p. 118. ». 4. Capriccio, p. 246. ». f> Capfus . p. ioo. ». <5. Capulatores . p. 18 3. ». 3 • Caratteri greci, prima dell'era Crilliana, p. 5\,.cp. 2. ». 11.
Caraenum. p. 185". »• 17. Carruccio, giuoco che fi faceva con quello.p. 174. n.7.
Cartagine!!, loro abito, p. 70. ». 5». Cafe degli antichi a più piani, p. Z27. ». 3. Cafette di pefeatori. p. 270. ». 39. Calmi, nella noftra riviera . p. 266. ». 4. Caftore , e Polluce . p. 2. ». 14. Callula . p. 118. ». 4. Cavalle ermafrodite . p. 143. ». 2,, Cavalli,loro medicina inventata da Chirone. p. 40. ». 4. loro manti, p. 131. ». 2,, e p, 138, ». 7. p. 144.
». f.
Cavedio, p. 2x4. ». 4. Cedri,se fieno i pomi dell'Efperidi. p, 126. n. 7.
Cembaliitria. p. 109. Cembalo, p. 83. », io. p. iof. ». 5-. differifee da Cym-, balum. p. 112. ». 4.
Cenacoli, su le torri, p. 269. ». 30, Cenacolo . p. 228. ». 5. Cenatoria vette . p. 75. ». 7. Cene, varie fpecie . p. 7$. ». 4.loro Miniilri fervivano a menfa, movendoli alla cadenza degl' iftromenti „
p. ioz. ». 4,
Centaureflè, da chi prima immaginate, p, 137. ». 2. deferitte, ivi. rapprefentate . p. 141. e p. 149.
Centauri, loro origine e nome. p. 132.». 5". forma, ivi. compagni di Bacco, p. 132. ». 6. barbuti, p. 143.
». 2. di Cipro cornuti, p. 143. ». 3. rapitori delle
Ninfe. p. 13 2. ». 7. come rapprefentati. p. 132. ». 7,
e feguenti : difficili a dipingere . p. 147. ». 2-. ce-
lefte . p. 144. », 4.
Cerve, confagrate a Diana, p. 194. ». f finte, erap, prefentate colle corna, ivi.
Cervi, loro pelli ufate dalli baccanti, p. ni. »• 3- Cetera, ed altri iftrumenti di mufica perchè in mano degli Dei , p. 200. ». $. fuo ufo diverfo , ivi t
onde detta , ivi,
Cetera, se convenga a'baccanti. p. 144. ». 6. manie- ra di fonarla . p. 41. ». 12. fua invenzione, ivi . se differifle dalla lira, ivi . ». delle fue corde, ivi,
fue varie fpecie. p. 169. ». 3.
Cetii, detti un tempo i latini, p. 29. ». 12. Chenifco, nelle navi , p. 242.. »• 8. yisipcctyia . p. 94. ». f. XeìpièuTÒg, fpecie dì velie, p. 3$. ». 17. Chirone . p, 144, »• 5". p. 39. ». 4. perchè detto cen-, tauro, p. 40. ». 4- allevò Bacco, p. 132. ». 6.
Chirone, fonava la cetera colle mani. p- 199. ». 4. perchè nella nollra pittura col plettro, ivi.
Ciborio, che ila . p. 211. »• 9- fua forma, ivi. preflo i Crilliani confeflio, ivi .
|
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Ciclopi . p. 49. n. 3.
Cigni , p. 5"x. n. 15".
Cimbali, con maniche , e fenza . p. m, ». f. ufati
nelle felle di Bacco . p. 1 ix. 0. 6. loro figura, p. 112.
». 4. differenti dal cembalo , e da' crotali, ivi .
Cimiero, p. 15-3. n. x6. Circe, p. 269. n. 34. Circenfì, fazioni, p. 121. ». 4. Cifip. p. 173- »• 4- Clava di Tefeo, se fune di ferro, p. zi. ». 8. da chi primo data ad Ercole, p. 28. ». 6,
Clifmo . p. 15" 1. ». 3. Clypeus. p. 5-3. ». 17. Cocchio , varie forti . p. 173. %. 4, Coccodrilli in varj fiumi, p. 159. ». 4. Coccodrillo, fegno del Nilo. p. 25-1. », 17. fua caccia antica, e moderna, p. 2f6.». io.
Colatojo -yloro ufo, e materie diverfe . p. 77. ». 19. Collegii , delle arti aveano i loro Genii . p. 178. ». 6.
Colombe, perchè dedicate a. Venere, p. I5"2. ». 7.
Colonne, v. Candelabri.
Colori, che non pofFono adoperarvi a frefeo . p. 174.
Colori, giallo, e rollò convengono alle velli defe-
canti, p. 83. ». 9- violaceo, p, M7- »• ^- ceru- leo . p. 113. n. 8. bianco diverfo dal candido . p. 106. ». io. ftemperati dagli antichi con un glu- tine . p. 2,74. »• 75- »• io. e con gomma, ivi. Conjuges , perchè detti, pag. 202, ». 11.
Corde, onde dette . p. 200. ». 5.
Corna, ufate per bicchieri, p. 76, », 9.
Cornelia, dama Romana riprefa, perchè fapea trop-
po ben cantare e ballare, p. 165". ». io. Coro tragico, difterifee dalla feena. p. 18. ». 7-
Corone, di fiori, e di frutta . p. 94. ». 8. date a
ragazzi. p. 1 $z. n. 6. Coturni, p. 18. ». io. p. 186. ». 23.
Cratere , feno del noilro mare deferitto . p. 266.
». $. Crembali, forta di ilromenta . p, 148. ». 4. fé fien©
le noltre Cailagnette . ivi. Crepide, p. 1x2. ». 7. , e p. 123,
Criptici, arcus . p. ^67. n. 11,
Criptoportico, p. 167, n. 11,
Xjpo«. p. 144. ». 4.
Croce, ermetica, o ilìaca, p. 261. ». 18.
Crocotula, forta di velie, p. 5)4. ». 6.
Crotalia, forta di perle, p. 112. ». 4.
Crotali, onde detti, p. nx. ». 4. varii lignificati , ivi.
che fiano propriamente, p. 158. », f. Crumati. p. 1,70. ». 6.
Cuffie , varie forte , e nomi diveriì . p. 125. ». 4-
onde dette . p. 126. ». 4. D
DEfrutum . p. 15$. ». 17. .,
Dei, loro volti inalterabili nelle pitture , e nelle
fculture . p. 2. ». 18. s Delfini, dedicati a Venere, e ad Amore, p, 19 f. »•*-
e 9.
A5ÀTc;?,fua forma, p. 5"8. ».n. Ascrzoivu , dea figlia di Cerere . p. i2-- n- 7- Diaconi, colle tonache fciolte , e perchè . p- 122. n' ^'
Diadema antico, che folTe. p. 70. »• °-
Uiana,
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DELLE COSE NOTABILI.
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Efperidi, loro pomi. p. 126. ». 7.
JSTspopóffXP&os , forte di vefte. p. 11. ». z~, Eumenidi, v. Furie . Eurito Centauro 3 uccifo da Tefeo , e come « p« 8, n.6> e io.
Expapillare brachium. p. 122. »• 8» |
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Diana,detta iXa^óXo?. p. 194. n.^.
Diana , fé fi rapprefenti fempre in abito fuccinto.
p. 24». ». 18. Diana Taurica . p. 63. ». 3. fue ftatue p. 64, ». 9.
fuo culto e nomi p. 6f. ». io. Didone, p. 70. ». 7.
àià)y.óxpQc$. p. 143. ». 3-
Dielciftinda, fé diverfa dall' elciftinda, p. 170. ». 8.
Difro . p.i^i. »-3-
Difco . p. 155). », 9.
Dittici, loro forme , p. fi. ». io. amatori! , ivi .
rapprefentati. p, 53, Donne, ammazzate da loro fteflè. p. 70. », 6.
Donne, fedevano a menfa . p. 76. », 12-, talvolta vi
giacevano, ivi. Donne Perfiane , loro ufo di difnudarfi ne' conviti.
p.5)8. ».io, preiTo gli Egizii negoziavano, e gli uo- mini telTevano. p. 190. ». £« Donne, fulle navi da guerra, p- 237. »• i?-
Donne, perchè fieno portate per gli uomini di guer-
ra . p. 154. ». 122, Donne, cambiavano quaft ballando . p. 147. ». io.
Draghi,fé abbiano ale, e piedi, p, xoi. », ij. loro
grandezza, ivi , diftintivi, ivi . Drappi Indiani, tefluti con figure bizzarre , p. 200.
n. 9. jbriadi, onde dette • p. 2 f o- ». 5;., figlie degli alberi,
ivi. è ». 7. aveano in cuftodia gli alberi, ivi-». 6, A/iyff, prefa per qualunque albero- p. 25-0, n.$.
%
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FAbri, diverfi . p. 175». n. 7.
Falarica , forta d'afta . p. 159.». 8. Falbo, mantello di cavallo . p. 144. ». f.
Falegnami, loro collegio . p. 178. ». 6. veneravano il Dio Silvano, ivi ,arte loro da chi inventata . p.175). ». 9. loro iftrumenti . p. 179. n.Z. Fafcette di lana, ufate da' bevitori di vino. p.94. ».8. Faune, come rapprefentate. p, 88, n. 6.
Fauni, difeefi da Fauno, p.81. »-3- in che convenga-
no , ed in che difFerifcano da' Satiri, ivi. Fauni barbuti, detti Sileni . p. 87. ». 3.
Fauni, amanti delle ninfe . p. I32-- n- 7-
Favole Rintoniche, v. Rintone .
Fazioni Circenfi, diftinte per colori. p. 121. «.4.
Febe, madre di Latona . p. 2. ».I2, diverfa dalla figlia
di Leucippo . p. x, n. 14. Febe , figlia di Leucippo, fua mitologia . p. 2. ». 14.
rapprefentata. p^. Fecafii, forta di fcarpe. p. 186, ». 23.
Fenice, educator di Achille . p. n. n. f.
Ferola a che altezza arrivi in Egitto . p.2.60. n.11.
Ferola , ufata per Tirfo . p. 83. ». 7.
Feftoni, detti encarpi . p, 272. »; 6f. loro ufo , ivi.
da chi introdotti tra i Criftiani , ivi . Fichi, da chi ritrovati . p. 118. ». 8.
Fidia fcultore . p. 2. ». 5).
Filare, ufato dalle Dame Romane, ivi . da chi inven-
tato . p. 15)0. n. 7. Filira , mutata in teglia . p. 39. ». 4.
Fiori, tifati nelle cene . p. yj. ». 22.
Fiori, davano i nomi alle vefti. p. 118. ». 4.
Flora, la ftefTa che la Terra . p. 29. ». 9. fuo culto
antichiftìmo . p. 29, n. iz. Fluentes tunicae , p.ixz. ». 6.
Fortuna alata, p. 28. ». 7.
Forum , nel torchio , p. 18?. ». 11.
Forma, delle fcarpe. p. 186. ». Z4.
Frontalia . p. 148. n. 6.
<bpv'/tToópi<z, perchè dette le torri, p. 242. ». iz,
Ftia , abbondante di cavalli . p, 12. ». $.
Fungo della fpada . p. 69. ». 5.
Furie . p. 5-6. n. 6. come rapprefentate , ivi . con fer-
penti la prima volta da Efchilo , ivi . Fufo, da chi trovato . p. 190. n. 7.
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EDera , conviene a Bacco ed alle Baccanti . p.m.
n. z. ritrovata da Ofiride, ivi, e p. 260, ». 15-. É'yx«7ra:. p. 236. ». 6, E'jwyÀ/roJ, forta di corone, p. 5)4- ». 8. Egitto, non vi allignavano viti,. p. 25*1. n. if, Egizii Sacerdoti, loro abitazioni, p. 271. ». 5-0. Egizii, fé - cokivaflèro la mufica. p, 165-. ». io. Elciftinda, forta di giuoco, p. 170. ». 8. Elettra, forella d' Ifigenia- p. 5-8. »• 12. Elmo, da chi inventato, p. 15-3. ». 15-. Embadi , deferita . p. 18. n. io. Epomide, forta di vefte - p-35". »• 18, rapprefentata, ^p. 37-
fl'KiùTidìQ . p. 242. n. 7.
Epfema. p. 185.». 17.
Eraclea , poema di chi - p. 2.8. n. 6.
Erbe , ch'ebbero il nome da Chirone. p. 40- n.j.
Erbide, velli così dette onde, p. 94. ». 6.
Erceo, v. Giove Erceo .
Ercolano, fua abitazione falubre.p. 204. ». 19.^
Ercole , fuq vero nome Alceo , perchè detto HpabiAJfé,
p. 33. ». 7, fua clava , e altre divife . p. 28. ». 6. fua prima fatica . p,'3 3, ». 3. v, Auge, v. Telefo. Ercole, di che età ftrangola i ferpenti . p. 33. ». f.
figlio di Giove , e di Alcmena p. 33. ». 3. fotto- pofto ad Eurifteo per deftino . p. 34. ». 8- durata della notte di fua generazione . p, 33. ». 3- Ercole, fue divife , p. 2-8, n.6,n.j.
Erma. p. 269. n. 34.
Ermafroditi, fé vi fieno , p. 88. ». 6-
Eroi, fé s'introducono piangenti sullafeena .£.18-.
Eroi , veftiti di pelle. p. 11. ». 3.
Eroi, loro ftatura . p. 22. n.j-
Efomide, forta di vefte. p. 122- n- 6>
|
||||||||||||||
rkkodcti. p. 236. ». 7.
Galatea, perchè così detta . p. 5*0. ». f. ama- ta da Poiifemo . p- 50- ivi : amante del medefimo p. 51. »-i3- Genii alati, e coronati di fronde e di fiori, p. 28. »• 7. rapprefentati fotto ambi i felli, &*'■
Genii, figli delle Ninfe, p, 178. ». 6, governano tut- te le cofe, ivi. delle arti, ivi • alati perchè . p. 195-. ». 7. rapprefentati da' ferpenti. p. 203. ». 17. per- chè , ivi. Genii
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I N DI
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Genii de* luoghi, p. 203. ». 17. e p. 204. ». 18.
Genius, onde detto, p. 178- n* 6. Genius loci mon- tis , rapprefentato. p. 207.
Ginnaflica, fue parti. p. 159. ». 8. Ginnopedica. p. 15-9. ». 6. Giogo, che dinoti. p- 202. ». 11. Giove Erceo con tre occhi. p. 5T. ». 8. e perchè, ivi. Giunone, rapprefentata collo fcettro. p. 126. ». 9. e col diadema, ivi .
Giuochi diverfi. p. i/o. ». 8. < Giuoco a nafcondere . p. 174. w, g. rapprefentato. p. 17$.
Glutine , v. colori. '■. Gomma, v. colori.
Grazie, loro nomi . p. 3. ».t6. Grazie, loro velli. p. ior. ». 2. per ltf più nude , ivi. Grazie, dipinte fcalze . p. 102. «., 4. Greci fcalzi per lo più, ecoliatefta1 fcovèrta. p. =22. 71. 6. '■-■' ■ ': \ - "
Greci, fi calzavano in tempo di viaggio, p. 35. ». 21.
Griffone defcritto. p. 200. »: 7. fagro al Sole. ivi. Grillo, capriccio , onde detto . p. 2 fó. ». '5*. Grillo, varie fpecie. p. 246. ». 5. onde detto, ivi. Grylli, forta di pitture, p. 242. ». 5-1 *V ' ' Grottefche, perchè cosi dette . p. 211.». 8. loro in-
troduzzione, ivi. defcritte da Vttruvio, ivi,>'•'
H
Arpaginetuli, che fieno, p.212. »-, 11. ix. detti
da harpago, ivi. •*..
Horti . p. 25-6. ». 7. e p; z6%. nv'19.
Hypaethra . p.268. », 23, coverti con veli, ivi. |
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L Abari , che fonerò ne' tempi di mezzo p. 268.
». 23. loro figura, p. 256. »• f« Labirinto, che folle , e da chi fatto, p. 23. 0.13.
Lacus vinarii, & torcularii. p. 18 f. »• 14-
Laghi, loro Dea. p. 270. »• 49-
Lamie, forte di mafehere . p. 178- ». 4-
Lana penna, p. 94. n. 7.
Lapidem pingere , che fia. p. 1. ». 4.
Latini, chiamati Cetii . p. Z9, ». 12.
Latino , figlio di Ercole, p. 29. ». 11. se ila lo ilef-
fo che Telefo , ivi. Latona , madre , o balia di Apollo , e di Diana.
p. 2. ». 12. rapprefentata . p. f. amica , e poi nemica di Niobe. p. 2. ». 13. e p. 3. ». 17. Leone pacifico, fimbolo della terra, p. 29. n.9.
Leone, fimbolo generale del valore ne' fepoleri de-
gli Eroi . p. 30. ». 14. conviene ad Ercole fpecial- merìte , ivi. AexTxpyol . p. 106. ». 9.
Lettere , o epiftole loro forma cilindrica, p.5-8. ». 11.
Letti per le menfe, detti trlcliniares differenti da'letti
di ripofo detti cubiculares. p. f6> n. 13. Lettifternio, che folle, p. 15"2. »• 8.
Leucippidi, figlie di Leucippo , fpofe di chi, e da
, chi rapite, p. 2. ». 14. loro fimulacri . p. 3. ». 18.
altre donzelle così dette, e perchè . p. 2. ». 14.
Leucotea, Dea de' marinari, p. 273. ». 69-
Liberalia, e Bacchanalia differenti, p.81. #<4-
Libidines, forta di pittura, p. 83. ».i4- P- 93'
Liburne , forta di navi. p. 2 3 6. ». 7-
Limbus, che fia . p. 107. »» n»
Livree, loro ufo onde nato. p. izz. n- 4*
Lixivum . v. molli. , ,. r
Loto, ornamento de' Numi , e de' grandi perfonag*
gi di Egitto, p. 260. ». io.
Lucina, detta èv y'ovari. p. 28. ». 5. Lucuilo detto Serfe togato , p. 266. ». 3. Ludio pittore di mura. p. 209. ». 4. Lunus, e Luna. p. 260. ». 14, ■M
MAnduci. p. 178. ».4.
Mani, ftenderle, o abbaffarle, che dinotafiè'.' p. 159.». 6. Manti diverfi de'cavalli, p. 131. ». 2. Marfia Satiro. p. 4^. ». 3. e feg. confufo col Dio Pan e con Sileno, p. 46. ». 6. fue invenzioni . p. 45"« n. 4. e 5. Marte, fue armi. p. 153. ». if. fuo adulterio con ve- nere . p. 154. »."2 2. Marte Gradivo, nato dalla gramigna, p- if3- n' l8*
o da Giunone, e come, ivi . _
Mafehere di donne, da chi inventate, p- l%- f8 :
Mafehere loro origine . p. 177. ». 3- *Pecie diverie- ivi. »• 4.
Maflìmo , pittore antico, p. 2. ». 9- dtlle Meandri, forta di pittura . p. f9- n' 23' &~ *
velli, ivi.
Megalografia, che fia. p. 21. »• 3- Melanippe, o Menalippe figlia di Eolo. p. ix. ».4- ■ Menfe, loro figure diverfe . p. 77- »■ » »• ^^ dl 2" dere a menfa. p. 7S, ». ^ e ». 8, ufo de' letti nel- la menfa, ivi. .. ' Mercurio >
|
||||||||||||
JAnthina . p. 117. ». 2. ..-.->
Ificlo , figlio di Anfitruone, e di Alcniena ; p<33-
». 3. e p. 34. ». 14, Ifigenia, riconofee Orefte in Tauri. p, -_f6, ». 4. e 5. Ifigenia, adorata come Dea. p, 64* »• io. Igiea , che lignifichi . p. Z03. », 17.. coronata . p. 20J. ». 21. ; - '••:
Ileera, ortografia dei fuo* nome . p.3. ». if- fua mi-
tologia . p. 2. «,4. rapprefentata. p. S\ *-■ Ilonome, Centaureflà . p. 137. ». 2» Inflita . p. 107. ». 11. * '--'• "' v tmutòv fyxuiov, che giuoco folleU p. 174, »<7-
Ximloq, detto Saturno perchè-, p. 12. ». 7. - Ippodamia , fuoi nomi diverfi. p. 8. »» 7- fpofa di Pi- ritoo violentata da Eurito Centauro, p. 8. ». 6.
Ippopotamo . p.X5"9- ». f. diverfo dall'ippocampo,/w. da lui apprefo il falaifo . p. zòo. ». 5%
Ificia . v. falficce . Ifide, fuoi nomi, e forme diverfe. p.260. ». 12,. fua velie reticulata, che dinoti, p. 261. ».zi. la ileilà,
che Venere e la Luna. p. 260* ». 14.
Iffione . p. 39. ». 4. Ifììone , padre de' Centauri, p. 132. ». f.
Iftrumenti di mufica, loro divifione . p. 164. ». io. Iftrumenti di falegnami . v. falegnami . bacchici. p. 144. n.6.
Juturna , Dea de1 laghi, p, %jQ, ». 49. |
||||||||||||
DELLE COSE NOTABILI.
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|||||||||||||||||
Oro , ufo diverfo , che ne facearto gli alitichi. p. 273.
». 82.
Ofiride, lo fteffo che Bacco . p> 81. ». 4. Ofiride ed Ifide adorati in tutto l'Egitto ». p« x6o. n: 8-.
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|||||||||||||||||
Mercurio, in fu© oriore fi bevea 1' ultimo bicchiere.
p. 76. ». 20.
Meretrici , diftinte dalle donne onefte nel veftire . p. \o6. n> io»
Minerva , detta Tromba . p. 2+. ». 19. confufa con Diana alle volte , ivi. ipydvt] . p. 190. ». 5.
Minotauro, tradizioni diverfe . p. 23. n, 14.fua figura, p. 24. ». 16. rapprefentato. p. 25-.
Mirto confagrato a Venere • p- if2» n, 9» Mirto, fua proprietà, p. 159. n. 7. Mifia, abbondante di viti, p. 29, », io, MuKYjg 30. p. 69. ». 5- Myrothecium . p. 76. »> 16. .
Moglie, prefTo gli Egizii comandava al maritò nelle
cofe domeftiche » p io7s ». 9-
Monocromi, pitture di un fol colore, p. 1. ».x. loro ufo . p.,i. n. 3. i noilri quando , e dove trovati,
p. 1. ». 6, p. 7. ». 2-.
Monolinum de albis, p. io'6* n. t>- Monti fagri a Giove , e ad altri Dei * p; 204. », 19* adorati, ivi. f
Mormo , carro su cui giravano le mafcnerate * p. 177,
nt 4.
Mormoiicic. p. 177, ». 4»
Mormone, p. 178. »» 4,
Mofca dì bronzo, folta di giuoco, wn
Morti varie forti 5 e loro nomi» ps i8j. n-. if-.
Muinda * varie forti di giochi così detti = p. 174- n- °«
Multicia, forta di vefte. p. iò(>4 «.9»
Mufica, fue parti. p5 16 f, ». io» fé da Romani tenu-
ta in pregio , ivi , placava la collera de5 Numi. p. 199* ». f« M
NAjadi , compagne di Bacco , p. n8\ »; 5-,
Navi, loro fpecie , p, 2,3?; »• 3; loro inventori 3 w. fé gli antichi ne averterò a più ordini di remo.
p. z$6; ». 5. parti delie navi da guerra; p. X37.
.»• 9. quelle da chi coverte interamente j ivit r Nettuno , fua occultazione . p* 12. n. 6. cangiato in cavallo sforza Cerere fua forella * psi2, nq. detto
cqueftre , perchè , ivi i
Nilo indicato col Coccodrillo » p; 2fi« »< 17* Nimbo . p. £69. ». JT5 Ninfe, loro nomi diverfi . ps88; ?*.y. the €offtró, ivi,
Niobe , fu la prima tra le donne violata da Giove / p* 2. ». 13. diverfa dalla figlia di Tantalo, ivi .
Niobe , figlia dì Tantalo amica e poi nemica di La- tona . p.i. ©.1.3. fuoi figli e figlie, tv ì * e p.3* »»i8;
rapprefentata. p- 5-.
Nireo, figlio di Aglaja ; p. 3- n. 16* Nodo viperino . p. 138. ». 4. Nomi degli artefici pofti nelle opere loro, p. it m 7, nomi delie pedóne dipinte, p. 2. n.%.
O
Biirigiili. p, 113. »* io.
Olimpo , difcepoìo di Marfia .; pi 4f> m 4 e p. 46. ». 6. Orcomeno ballo, p. 102. ». 2, Ore , con vefti, e fenza „ p. 101. ». 2, Orette . p., 57. ». 3., fua avventura in Tauri . p; ^6. ». f. , fuo carattere . p. 57. n. 7. p< <$^ e 64;
Orgie di Bacco . p. 82. »• S- Tom.L Pi*'. |
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iÀce, fuoi lìmboìi. p. 28. n. f>
Pace, veftita di bianco . p. nf- n- %° Pace amica di Bacco, p. lxé. ». 9-
Palla , forte di vefte propria de'tragici . p- 18».». 8.
Pallio proprio de' Greci, p. 3.7. n. 19.
Pan , compagno della gran madre , fuoi Emboli. p.3,9.
». 11. lo ftefiò che Fauno s ivi, Pancarpiae . p- zj0- n- 47^
Pandaro, fue figlie, p. 4. n. tò.
Pantere j loro pelli ufate da'Baccanti. p-, ili. n- t<
Pantofole, rapprefentate . p. 37. p. 115.
Pappagalli- p. 243. n. 3. fé gli antichi ne conofeeflefo
altri, fuorché gì' Indiani, ivi ■ perchè detti patta- ci , ivi ■. cenofeiuti in Roma prima di Nerone, p. 246. n. 3. Parerga, che fofTerO nelle pitture. p;. 2,32* n. f>
Parraiio pittore, p. 83. ». 14.
Pavoni, chi aveffe uccifo il primo per mangiarli » p. ì'f i*
n, 55-. Paufia pittore, p. 24- «• *f*
Pedicinus . p. 184. ri. f.
Pendoni, detti labari, p. 26Ò. 'm 2p
Pennacchio. p; 153. ». 1-6.
Pentalita : forta di giuoco . p. 3. e 4.5 è p. ^ ». 19.
Perifìromi. p. 15-3. ». 13.
Perle confagràte a Venere . p. 98- *■ 6- ^uir° dela
le dame Romane nelle perle . p. 98- n- &■ e p. 106. ». 8. filze di perle di una, o di più file, ivi. Peroni, p-. 186. ». 23.
Perfeo , fuo tempio in Chemniì * p* ^5li n'° I'T-
Pefca,fuo ufo. p. 190. ». 8. varie maniere, p. 19Q.
n& io; iftrirnienti, p, 190. », 9. Pefcatori, loro Dio. pt x<s6< ni 20*
Pefci, non mangiati * dagli Eroi, p- 19ò- n- 8-
Petafo , forta di cappello, p. 3$. ». io. rapprefenta-
to: p. 37» Phalerae e tofquéis , in che differifeanò . p. 139.». 8»,
e fé fieno fimili a'balteis p. 148. ». 6. Pilade. p. 56. n. ?:> e. p. 57. ». io,
Piritoo. p. 7. »• f-
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Pirrkaj forta di ballo , p. tf, ». 4. è p. if9
Pifandro poeta, autor dell'Eraclea, p. 28. n
Pittori eccellenti fé dipìngeiìero fulle mura
|
». 8.
6. p. xi. |
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». 4.
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Pittori e Scultori mettevano il lor nóme nelle opere
loro . p. x. ». 7» "
Pittori e Scultori perchè nelle Opere loro metteano
faciebat, e non già fecit . p, 2. », 9. efempj col fe-
cit' ivi- . i- . a v
Pitture , sii varie materie , e di varie maniere degli
antichi, p. 273^ e »• 71. a frefeo , e a tempera .
p. 273. ». 73- .74'
Pitture coi homi delle perfone dipinte, p. *. n. 8. Pitture fulle mura, loro ufo aritichifiìrno . p. xi. ».4„ Pitture in ifeorcio, dà chi inventate, p. 24. ». 15-. Pitture ofcene , loro ufo antichiifimo . p. 88. ». 7. e 8. rapprefentate in cife le divinità del Gentilefi-
mo . p. 89. », 9.
Ààa Pitture^
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IN DI
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E
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Pitture , pubblicate 'in quello Tomo , loro numero..
p. 277. loro merito, ivi.. Pivoli fulle tibie, p. 164. ». f. rapprefentati .p. 167.
Plauto, fuo Anfitruone notato, p. 34. ». 14.
Plettro, fuo ufo nella cetera . p. 169. ». 4.
Plettro, rapprefentato. p-43-
Plutei, p. 219. ». z.
Polifemo Ciclopo . p. 50. n. 4. amante di Galatea. p. 50.
». f. amato dalla medefima . p. fi. n. 13. quanti occhi avelie, p. fi. n. 8. rapprefentato con tre. p. 5*3. fonava anche la lira. p. fi. ». 9. Pomi delFEfperidi , fé fieno i cedri, p. 126. n. 7.
confagrati a Bacco, ivi 3 e a Venere.p. iz6. ». 9. e a Giunone , ivi . Pomi convengono ad amore, p. 200. ». 8. che dino-
tano, ivi e p. 202. ». 11. Ponto Eufino , perchè così detto, p. 53■ »• 3.
Porte valvate . p. 224. », 7. fi aprivano ali5 infuo-
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nomi, ivi. di pavoni aveano il primo luogo, ivi,
Sandaligerulae. p. 76. ». 16. Sandalo, p. 113. ». n. Sandalotheca, caffetta per conlervar le Icarpe . p. j6a
». 16.
"Sapa. p. 185-, n. 17. Satiri, efpreffa in elfi l'incontinenza, p. Z7. »<4- che
foflèro , ivi. fe efiftefiero , ivi. p. 81. ». 3- Saturno, ingoja i fuoi figli, p. 12. ». 6.
Saturno padre di Chirone . p. 39. ». 4.
Scalini de' tempii, di numero non pari- p. 224. ». 6,
Scaperda. p. 170. n. 8.
Scaphium, forta di cuffia, p. lx6 n^
Scarpe rapprefentate . p. 37.
Scarpe di varj colori, p- 113. ». 9. di forte diverfeJ
p. 113. ». 11. Scena tragica, in che differifea dal coro. p. 18. ». 7.
Scene Romane , lo fieno che le cafe Greche . p.23 r.n.f.
Scettro, conviene propriamente a Giove . p. 34. ». 12.
Scettro, rapprefentato . p. 129. in mano alla Pace fili-
le medaglie , p. 126. ». 9. Sciro, ifola, come rapprefentata . p. 12. »- f-
Scudi, fofpefi alle navi, che dinotafiero. p. 237 n 8«
Scudi, appefi ne'tempii, p. 249- v- 3*
Scudo , colla tetta di Medufa nel tempio di Giove
Olimpio da chi pollo. p. 249. ». 4. Scudo , e tazza fi confondono. p. 25-0. ». 4.
Scytalo-fagitti-pelliger, detto Ercole . p. 28. ». 6.
Secchiello in mano d'Ifide. p. 261. ». 18.
Sedili della contumelia , e dell' impudenza nelP Areo-
pago . p. 57. ». 6. Sega, trovata da chi , p. 179. ». 9.
Serpenti fagri d* Epidauro . p. 202. ». I f. Efculapii,
p. 203. ». 15. familiari, ivi. Servi, loro abiti diftinti fecondo i colori delle fazioni
Circenfi . p. 122. ». 4. onde l'origine delle livree, ivi. Servi praecincli nelle cene . p. 122. ». 6.
Servi ad pedes, perchè detti « p. 77. n. 17.
Sigma, fpecie di letto tricliniare . p. 77. ». 18.
Simulacri antichifiìmi erano di legno, p. fS>* **• 2Q'
folcano dipingerli, ivi . Sindefi, forta di vefte. p. 7f. ». 7.
Sinoefià detta Arne. p. n. n. 6.
Sirene, dette centauricide, e perchè .p. 132" .#• 7'
Sireo, o fifereo vino . p. i8f. ». 17.
Solea, in che dilfenfca dal calceo. p. 118. ». i*«
Solea. p. 113. ». 11,
Sparviero, facro animale di Egitto, p. 260. n.9. lotto
la fua forma rapprefentato Ofiride . ivi. Spiche, fimbolo della Pace « p. 28- ». 7.
Stanghe ne'cocchi » p. 246. ». 4. fi vedono . p« 247*
Statue greche, nude. p. 22.». 6.
Statue veftite . p. f9- ». 17.
Statura degli eroi ftraordinaria. p. 22. »• 7-.
Supparum, forta di velie, p. 76. ». 14-
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ri , ivi.
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Porte de'Tempii fi aprivano in fuori, p. 224. ». 7.
nelle cafe differivano i Greci da Romani, ivi,
Porte delle cafe greche tre. p. 232. ». f. Praetexta . p. 107. ». 11. Praillno, colore, p. 121. ». 4. fazione Circenfe, ivi.
Predella fotto il trono, p. '152. ». 4. Prefericolo forta di vafo . p. 118. ». 6. Prefiche, lor meftiere. p. 17. ». z. Prelo. p. 184, ». 7. Pretorio . p. 266. ». 6. Priapo. p. 269. ». 4. Prore , immagini di animali fu quefte per inlegna, p. 241. ». 6r infegne loro diverfe dalla tutela .
p. 242. ». 6.
Profpettiva , fua fcienza conofciuta dagli antichi . p. 276. ». 85, fé ne vedono accennate le regole
nelle pitture del Mufeo, ivi .
Provvidenza , come rapprefentata . p. 28. ». 7. Protropum v. Modi. Pilla . v. Bacco . Pulvinar e Fulvinus . p; \fz. », 8. e p. 157.». 14. 0.
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Uerce . p. 25-0. ».. f. da quelle nate le Ninfe,
ivi.
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R
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Egtna Dea . p. 12.. n. 7.
Remiganti , moveano i remi alla cadenza degli ftrumenti. p. 102. ». 8.
Reticnium . p. 76. n, 1 f„ rapprefentato , p. 79. Rintone poeta , inventore dell'Ilaro-tragedia ? p. 34. »„I4.
Rintoniche , favole da lui dette ? ivi . Roma, fé detta dalla figlia^di Telefo - p. 29. ». 12. fuo nome arcano , ivi .
Il afe confegrate a Venere . p.98. ». 7. e p, if$. #.14. Roilri nelle navi. p. 242. ». 7. Rote de* mulini ad acqua . p. 1$6. ».8» Rota per attigner Tacqua, e per molini .p.z6y,n.iy, .Rutabulum . p.i8f. ». 1$. |
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TAlis ludere . p. 4, ». 20.
Talus, che fia, ivi . Tamburello , p. 106, n. f* Tarantinidie , forta di verte « p- P4" n- 7* Tazza, prefa per feudo « p. 25-0. n. 4» Telaro, nelle porte come compartito dagli antichi . p, 212. n* il, r _• t
Telefo, perchè così detto * p. ì/^ »• 4- : &a mitol°-
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Alalie*, v. Ippopotamo-
Salficce,ondè dette'.p. .z70.il. SS" .varie forti, e |
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DELLE COSE NOTABILI
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già * p. 27. »• ?'• fig^° di Ercole fimiliftìmo al pa-
dre , ivi , Tempietti , sul lido . p. 270. ». 42,
Tempii, loro fcalini . p. 224. ». 6.
Tende , di che fatte . p, 256. ». 156. n.fa
Tenuiarij . p. 106. ». 9.
Termini. p. 2.67. n. \6.
Terra, detta xxpoTpcQòg < p< 29, », 9. la ftefla. che la
gran madre , ivi. Tefeo, uccide Eurito , e come . p. 8. ». 6. io, figlio
di Egeo fue avventure ili Creta, p. 22. ». f..-c 9,, rapprefentato . p. 25*. Tefeo, fuoi compagni e compagne nella fpedizione di
Creta . p. 23. », 11. fuo anello, p. 21. ». 9. Teflùto di oro puro nel Mufeo . p. 173. ». 82.
Tefte, non proporzionate a i bulli nelle ftatue . p. 22.
». 7.
Tholus, varii fignificati di quefta voce . p, 131. ». *.
p.x/x.». 65-.Pantherae,i^".di Vefta, e del Panteo, ro- tondo , *w . fé poteffe eflère d' altra figura, ivi . Tholus , lo fteftb che ciborium . p. 212. ». 12,
Tiberio, fue ofcenità - p. 88.». 8.
Tibia, da chi inventata. p. 4?. ». S' fìmile al nóftro
flauto . p. 46. , i-fi . Tibicini, loro collegio in Roma. p. 165** »« IO. fé fil-
mato preflò i Romani il lor meftiere , ivi. Tibie , loro ufo diverfo . p. 163. n. 3. varie fpecie .
p. 164. ». 4. Timoni, loro ufo, e numero . p. 173. », $.
Timpani, diverfe fpecie , p. 106. ». f.
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p. 102. ». 6".
Venere, cacciatrice fìmile a Diana, p. 24. ». 18. Murzia, p, 15-2, ». 9. talvolta confida con Giunone, p. 127.». 9. fuo impero fopra tutte le cole . p, 252, |
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V
'
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», 11.
Venere, vincitrice . p, 1^4. n. 22. e Venere armata,, ivi.
Venere, tre ftatue in Tebe . p. 201. ». io. popo-
lare,^, amica, ivi, maritale, ivi . come detta quefta da quei di Delfo . p. 202. ». il. Venere, barbata p. 260. ». 14.
Vefti, liftate à chi convengono. p. 18. ». 9, rappre-
fentate . p. 19, Vefti,.color di quelle delle baccanti. p. 83. ». 9.
Vefti, gialle, e roffe, e verdi , proprie di donne
p. 94. ». 6. Vefti, trafparentì. p. 106. », 9.V. multicia.
Vefti, bianche , ufate nel latto p. 106. n. io. ufate
dalle donne onefte , ivi. differenti dalle candide , ivi. Vefti colorate, ufate dalle meretrici, p. 106. n. io.
Vefti , bianche ufate ne' baccanali p. 107. n. io.
Vefti, orlate di bianco , e vefti bianche orlate di
roffo . p. 107. ». il. |
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Vefti, violacee , se 1* iftefte, che l'Iantine . p. 117.
Vefti bianche , ufate nelle fefte di Cerere . p.
|
». 2,
121,
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Vefti Sciolte, proprie degli effeminati, p. 122. ». 6.
Veftibuio , se differifca dall'atrio p. 223. .». 2. , e pag. 224, ». 4.
Vefuvio, p. 2 6" 5". ». I. Ville, aveano de' tempietti, p. 272. ». 67. Ville, luflo degli antichi in quelle, p. 266. n: 3. e p. 267. » 12. e feg. le fabricavan su l'acque,
ivi. luflò in quefta parte da chi introdotto tra'
Romani, ivi. parti, p. 266. ». 6.
Vinarii, loro collegio, £>. 183. ». 3. Viole, quando, prodotte dalla terra, p. 117. ». 2. violarti, ivi.
Vittime, umane dove, e a chi immolate, p. 63. ». p a Diana Taurica da chi introdotte , ivi.
Unguenti, mifchiati.nel vino. p. 76. ». 16, caflettc per confervarli, rtìi >
Uniformi militari, loro origine, p. 122, ». 4. Volti, di ciafcun nume fatti fempre dagli artefici ad un modo . p. 3. ». 18.
X ' *■ ■
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TvjMravov, fua etimologia, p. 106. ». 6.
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p. 112. v. 4.
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differente dal cymbalum, ivi . ^^^^^^
Tirfo . p. 82. ». 7.
Titiri. p. 164. ». 4.
Torri, fu le navi. p. 237. ». 11.
Torri, per dar V avvifo col fuoco . p. 242. n. 12.
Torri, loro altezza . p. 269. ». 3°- con cenacoii j
ivi . loro ufo nelle ville , ivi . Tragi-comedia, a che corrifponde. p« 34. ». 14.
Triclinia, e biclinia, perchè così detti . p. 76.71. 13.
Triclinio venereo . p. 93. ». 4.
Triglia, p. 271. ». 57.
Trigono, iftnmiento con corde. p. 169. n. 3.
Triremi, da chi inventate, p. 241.».4.
Tritoni, loro forme , e colori. p, 1,32. n. 9.
Trono . p. 1 fi. ». 3. , in che differifca dal cliCnro,
e dal difro , ivi. e dal tranio, ivi. Trono, col fuo panchetto, p. 15-2-»-4«
Tunicae fluentes , folutae, recinftae . p. 122. ». 6.
V
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^ EW , fona di pitture. p. S9- n- 23-
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Y
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T(Uspuw. p. 70. ». 15 •
Ynodvpidfog. p. 139- n< 8- |
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Veli; p. 278. ». 23.
Veli di varie figure . p. 270. ». 40. Velo, nel tempio di Diana Efefina aìzavafl, p. 5-9. |
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Z
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Eufi pittore , fua pittura defcritta . p. 34. »• i f-
^ dipinfe il primo le. Centaureflc , e come . p. 147, |
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». 19.
Venere, ballante, p. 97- ». 3- |
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Venere, come fi rapprefenta. p. 98. ». 4, e 7.
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». 2.
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Venere, detta 'Apyvpofófa- p- 102. ». 4. fuo ballo Zoote, vefti. 201.
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»,o.
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